MINISTERO DELL’INTERNO
MINISTERO DELL’INTERNO
DIPARTIMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO, DEL SOCCORSO PUBBLICO E DELLA DEIFESA CIVILE
CORPO NAZIONALE DEI VIGILI DEL FUOCO DIREZIONE CENTRALE PER LA FORMAZIONE I E II CORSO DIRETTORI ANTINCENDI
ISTITUTO SUPERIORE ANTINCENDI - ROMA
FIRE SAFETY ENGINEERING: UNA APPLICAZIONE
Direttori Antincendi
X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xx Xxxxx, X. Xxxxx, X. Xxxx,
X. Xxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, F. Vorraro
INDICE
1 – Introduzione 1
2 – La Fire Engineering 3
2.1 – I nodelli a parametri concentrati (o parametrici od a zone) 3
2.2 – I modelli a parametri distribuiti (o numerici o di campo) 6
3 – Le simulazioni numeriche 10
3.1 – La geometria del problema 11
3.2 – Le simulazioni numeriche: i risultati 11
3.2.1 – CFAST run 1: il ruolo di α 12
3.2.2 – CFAST run 2: il ruolo della ventilazione 13
3.2.3 – FDS run 1: la modellazione del focolaio 14
3.2.4 – FDS run 2: l’efficacia degli impianti di protezione attiva 16
4 – Conclusioni 18
Appendice I: Tabelle Appendice II: Figure
1 - Introduzione
La complessa materia della prevenzione incendi può essere approcciata secondo due strategie sostanzialmente differenti.
Da una parte, un approccio di tipo deterministico, imperante in Italia, si concretizza nella emanazione di norme estremamente prescrittive (si pensi, su tutte, alle norme verticali di prevenzione incendi, ove esistenti) e / o nel ricorso a strumenti di calcolo molto semplici (ad es., Circolare n.91 del 1961, curva standard d’incendio ISO 834, norme UNI per la valutazione della resistenza al fuoco degli elementi strutturali). Il pregio maggiore di tale approccio risiede senza dubbio alcuno nella sua estrema semplicità, nella garanzia di una certa omogeneità di applicazione, nella possibilità di erogare in tempi ragionevoli una formazione uniforme ed accettabile ai controllori. Il suo limite più evidente consiste, invece, nella rigidità, talora eccessiva, delle prescrizioni normative e delle procedure di calcolo.
Dall’altra, un approccio di tipo ingegneristico – prestazionale (Fire Engineering), seguito per lo più nei Paesi anglosassoni, si basa sulla predizione della dinamica evolutiva dell’incendio tramite l’applicazione di idonei modelli di calcolo fisicamente basati (physically sound). Punto di forza di questa seconda strategia è la sua estrema flessibilità, che consente la simulazione di incendi di complessità anche molto elavata (in teoria i modelli di campo più evoluti non conoscono limitazioni in tal senso), previa valutazione di un certo numero di dati di input (su tutti geometria del dominio di calcolo, condizioni di ventilazione, tipo e quantità del combustibile, curva HRR vs. tempo), da assegnare con dettaglio variabile con la raffinatezza del modello. Per converso i limiti più evidenti di tale approccio risiedono nella problematica validazione sperimentale dei modelli in argomento, data la natura distruttiva delle prove che andrebbero condotte, nella spinta preparazione richiesta ai professionisti ed, ancor più, ai controllori, dato il proliferare negli anni di modelli anche molto
diversi tra loro, ed, infine, nel caso di raffinati modelli di campo, in un onere calcolativo non sempre sostenibile con i PC di comune diffusione.
Allo stato attuale in Italia il ricorso alla Fire Engineering è di fatto circoscritto alle applicazioni per le quali non esiste una specifica norma prescrittiva, su tutte la valutazione del rischio in attività a rischio di incidente rilevante e la fire investigation; talora essa è impiegata anche per la valutazione della sicurezza equivalente in occasione di richiesta di deroga a norme prescrittive.
Nel presente lavoro gli Autori si propongono di illustrare l’applicazione alla simulazione di un incendio in ambiente confinato dei software CFAST e FDS, ambedue sviluppati e distribuiti freeware dal National Institute of Science and Technology (NIST).
Allo scopo, dopo una breve presentazione degli strumenti adottati (Cap.2) e la definizione della geometria del dominio di calcolo (Par.3.1), sono state eseguite quattro run di simulazioni numeriche.
Nelle prime due il modello a zone CFAST è stato adoperato per investigare in modo parametrico il ruolo dei parametri pendenza della curva HRR vs. tempo (Par.3.2.1) e fattore di ventilazione (Par.3.2.2).
Nelle seconde due il modello di campo FDS, grazie alla sua ben maggiore raffinatezza, ha consentito di indagare l’importanza di una accurata modellazione della sorgente combustibile (Par.3.2.3) e l’efficacia di impianti di protezione attiva nel controllo dell’incendio (Par.3.2.4).
2 – La Fire Engineering
La dinamica evolutiva di un incendio può essere predetta adoperando una ampia varietà di modelli. Dato il loro numero estremamente elevato, una disamina esaustiva che li passi in rassegna tutti è in tal sede improponibile. Ci limitiamo qui ad osservare che essi possono essere classificati in modelli a parametri concentrati (o parametrici od a zone), se risolvono in modo esatto una equazione od un set di equazioni approssimate, in cui compaiono tipicamente parametri operativi, empirici o semi - empirici, ed a parametri distribuiti (o numerici o di campo), se risolvono in modo approssimato un set di equazioni esatte. In seno a ciascuna di queste categorie una ulteriore distinzione può essere effettuata in base ai principi matematici e / o fisici che li sottendono ed / od in base al loro grado di complessità (modelli parametrici empirici e semi - empirici, modelli numerici euleriani e lagrangiani). La distinzione tra tali categorie, comunque, obbedisce più che altro ad esigenze di classificazione, essendo in realtà spesso assai labile.
2.1 – I modelli a parametri concentrati (o parametrici od a zone)
I modelli a parametri concentrati risolvono in modo esatto un set di equazioni approssimate di conservazione di quantità di moto, energia e materia, algebriche (stato stazionario) o differenziali (transitorio). Il dominio di calcolo è diviso in due o più volumi a perfetta miscelazione, nei quali si assume che le proprietà intensive (pressione, temperatura, concentrazione delle specie) siano omogenee. L’output standard di detti modelli è costituito dal valore delle proprietà intensive allo stato stazionario e / o dai loro profili temporali.
Nel presente lavoro è stato adoperato il software commerciale CFAST, sviluppato e distribuito freeware dal National Institute of Science and Technology (NIST).
La sua applicazione è limitata alla modellazione di incendi in ambiente confinato di geometria semplice. Tipicamente, in incendi di questo tipo, all’interno del compartimento possono identificarsi tre zone (Fig.1) : uno strato caldo superiore, uno strato freddo inferiore ed una zona, detta plume, in cui si ha la combustione e il risucchio dell’aria (air entrainment) dallo strato inferiore allo strato caldo superiore. In CFAST il compartimento viene suddiviso in due volumi perfettamente miscelati: uno superiore a temperatura maggiore (hot layer), caratterizzato dagli effetti convettivi di fumi e gas caldi prodotti dalla combustione, uno inferiore a temperatura minore (cold layer), separati da una interfaccia puramente ideale la cui posizione varia con l’evoluzione dell’incendio. I due volumi scambiano tra loro e con l’ambiente esterno massa ed energia. In particolare, formule semi – empiriche approssimate consentono il calcolo del flusso di energia trasportato per via conduttiva e radiante. La sorgente combustibile è, infine, modellata come una pompa puntiforme di massa ed entalpia. Il tempo caratteristico della combustione τCOMB è assunto molto più piccolo del tempo – spazio τ dell’ambiente: la reazione di combustione è, cioè, ipotizzata infinitamente veloce rispetto al ricambio d’aria.
In tali ipotesi l’incendio è controllato dalla ventilazione, portata in conto tramite il fattore di ventilazione vf, di cui si dirà più diffusamente nel seguito.
Il rapporto tra l’aria richiesta dalla combustione e l’aria effettivamente disponibile è dato dal rapporto di equivalenza Φ, definito nella (1):
Φ = S m A
me
(1)
dove S [=] kgAIR kgCOMB-1 è il rapporto stechiometrico aria – combustibile; m [=] kgCOMB m-2 s-1 è la perdita in massa del combustibile per unità di area; A [=] m2 è la sezione interessata dall’incendio, me [=] kgAIR è la portata di aria che alimenta la combustione. Ovviamente minore è la quantità di aria che partecipa alla combustione me maggiore è Φ.
La generica variabile di cui si simula la dinamica evolutiva (X) è correlata ai valori che essa
assume in ambiente non confinato (X0) dall’equazione di correlazione (2)
0
X = X [1 + α / exp (Φ/β )-ζ ]
(2)
dove α, β, ζ sono coefficienti di correlazione caratteristici della struttura chimica del combustibile.
Il set completo delle equazioni di bilancio implementate in CFAST è riportato nel quadro sinottico di Tab.1.
Il software richiede in input informazioni sulla geometria del compartimento (dimensioni, superficie di ventilazione) proprietà di trasporto dei materiali costituenti le pareti, al fine di stimare la portata termica attraverso esse dispersa, posizione e geometria del focolaio iniziale, curva HRR vs. tempo.
Il modello fornisce in output: i) la temperatura (media) in ciascuno dei due strati;: ii) la posizione dell'interfaccia tra le zone; iii) la concentrazione di ossigeno (O2); iv) la concentrazione di monossido di carbonio (CO); v) la concentrazione di anidride carbonica (CO2); vi) un indice di visibilità; vii) le portate di massa ed energia scambiate con l’ambiente esterno e / o con altri compartimenti.
Il software CFAST, a fronte di un’interfaccia utente alquanto essenziale (implementato con sistema operativo MS DOS) e di una capacità di modellazione limitata ai soli incendi confinati in compartimenti dalla geometria alquanto semplice, è stato estensivamente validato tramite confronto
delle sue predizioni con dati sperimentali. Pertanto, pur nel rispetto delle citate limitazioni, è considerato attendibile ed accurato dagli operatori di settore.
Va infine notato che CFAST può essere adoperato anche per modellare l’incendio in un dominio di calcolo costituito da più compartimenti comunicanti tramite aperture.
3.2. I modelli a parametri distribuiti (o numerici o di campo)
I modelli numerici euleriani implementati in software commerciali di fluidodinamica computazionale (CFD) costituiscono di gran lunga la più raffinata possibilità di simulazione di incendio attualmente disponibile.
La CFD consente, tramite integrazione numerica delle equazioni differenziali rappresentative dei bilanci accoppiati di quantità di moto, energia e materia, di pervenire al calcolo dei campi vettoriali di velocità e scalari di temperatura e concentrazione. Originariamente concepito per applicazioni prettamente industriali, questo potente strumento di calcolo è stato più recentemente applicato con risultati lusinghieri nei più disparati campi, dall’ambientale al biomedico. I principali pregi della CFD risiedono nella sua estrema flessibilità, ben maggiore rispetto agli altri modelli euleriani (infatti in linea di principio essa può essere adoperata per la modellazione di qualsivoglia fenomeno di trasporto), testimoniata dalla sua citata applicazione ad ambiti anche molto diversi tra loro, e nella capacità di trattare geometrie anche estremamente complesse, con la possibilità di descriverle in minuzioso dettaglio, tramite la costruzione di griglie flessibili molto particolareggiate, e di imporvi una tipologia di condizioni al contorno molto diversificata, grazie all’uso di pre – processori via via sempre più user - friendly. Qualora poi il flusso da modellare sia turbolento, come nel caso della simulazione di incendio seguito da propagazione e dispersione dei
prodotti di combustione, in atmosfera (incendio non confinato), in compartimento delimitato da pareti (incendio confinato), in situazioni intermedie (incendio semi – confinato), la capacità di modellazione, anche abbastanza raffinata, della turbolenza garantita dalla CFD, sconosciuta ai modelli parametrici, costituisce un ulteriore vantaggio che ne rende particolarmente invitante l’uso. Per converso, il più evidente limite di questo strumento di calcolo risiede nel suo onere computazionale, sicuramente ben maggiore rispetto a quello richiesto dagli altri modelli di incendio disponibili. Ciò giustifica come solo in tempi relativamente recenti, con l’avvento di calcolatori sensibilmente più performanti, la CFD abbia conosciuto una più massiccia diffusione.
La struttura dei codici commerciali CFD si articola generalmente in tre parti fondamentali (pre – processore, solutore, post – processore), deputate ad eseguire ciascuna delle tre fasi della simulazione.
Di esse, il pre – processore consente la descrizione geometrica del dominio di integrazione, la sua discretizzazione spaziale tramite la generazione di una opportuna griglia, la specificazione della tipologia delle sue frontiere.
Il dominio così generato può essere poi importato dal solutore, che, come il suo stesso nome suggerisce, permette di assegnare le condizioni iniziali ed al contorno, eseguire tutte le residue scelte, modellistiche e numeriche, richieste per la corretta definizione del problema. Esso poi integra numericamente le equazioni accoppiate di trasporto, approssimando numericamente la variabili di flusso incognite, discretizzando nel tempo e nello spazio le equazioni in argomento e risolvendo, infine, il risultante sistema di equazioni algebriche.
I risultati così ottenuti possono poi essere visualizzati ed / od elaborati grazie al post - processore, il quale, segnatamente, consente, ad es., di visualizzare la geometria del dominio di
integrazione e la sua griglia, di rappresentare graficamente i campi vettoriali e scalari e, nel caso di simulazioni in transitorio, può addirittura permettere di eseguire animazioni filmate che illustrino la evoluzione dinamica delle grandezze di interesse.
Nel caso di applicazione della CFD alla simulazione di incendio, i principali dati specifici richiesti in input sono la geometria del dominio di integrazione, la tipologia di materiali costituenti la frontiera ed i parametri caratteristici della curva HRR (Heat Release Rate: velocità del rilascio termico) vs. tempo.
Riguardo la descrizione della geometria va rimarcato che i comuni software commerciali di CFD consentono di trattare sostanzialmente qualunque tipo di incendio in ambiente non confinato, confinato con eventuali aperture, semi – confinato. La forma del dominio di integrazione, inoltre, fornisce spesso chiare indicazioni sul tipo di griglia più indicato per la discretizzazione del dominio stesso.
Le proprietà di trasporto dei materiali di cui è costituita la frontiera del compartimento sono determinanti per la valutazione della quantità di dispersione termica.
Infine la curva HRR vs. tempo consente di portare in conto, oltre che il potenziale termico totale dei materiali combustibili presente (per la qual cosa sarebbe bastato conoscere i valori del potere calorifico), la velocità con la quale esso viene liberato durante la combustione. Al riguardo va ricordato che i modelli di calcolo attualmente disponibili non modificano il valore di HRR al diminuire del livello di ossigeno. Per tale ragione si deve sempre verificare che HRR sia compatibile con l'ossigeno presente nell'ambiente.
Nel presente lavoro è stato adoperato il software Fire Dynamic Simulator (FDS), versione 4.0, sviluppato dalla Fire Research Division presso il Building and Fire Research Laboratory (BFRL) del National Institute of Standards and Technology (NIST) e distribuito freeware.
La preferenza accordata a tale codice di calcolo è giustificata anzitutto dagli alti livelli di affidabilità dei risultati, garantiti tanto dal suo sviluppo ormai venticinquennale, quanto dalla sua libera distribuzione, che ne ha consentito la grande diffusione e la continua revisione critica.
Esso è particolarmente indicato per la simulazione della dinamica di incendi caratterizzati da evoluzione lenta / media, con particolare attenzione alla propagazione di fumo. La criticità di questo aspetto è dovuta al fatto che, qualunque sia il tipo di combustione, già nelle prime fasi di incendio in ambiente confinato si ha produzione di quantità di fumo tali da invadere in breve tempo l’intero compartimento, fino a rendere impossibile la permanenza dell’uomo, molto prima che vengano raggiunte le temperature limite di 70 – 80 °C. FDS è dotato di un post – processore dedicato, eloquentemente denominato Smokeview.
Purtroppo la validazione sperimentale dei risultati numerici forniti dal software richiede la disponibilità di dati sperimentali su scala reale od, almeno, da laboratorio, non sempre semplici da ottenere, dato il carattere distruttivo delle prove da condurre. Tuttavia la diffusione di FDS a livello mondiale, sicuramente propiziata dalla libera distribuzione dello stesso, più che concorrenziale rispetto a software commerciali con proibitive licenze di uso, ha attenuato la gravità di questa lacuna, consentendo la validazione di questo codice numerico sulla base dei più disparati scenari di incendio.
3 – Le simulazioni numeriche
Nel presente capitolo vengono esposti i risultati di simulazioni numeriche di incendi in locali “adibiti ad esposizione e / o vendita all'ingrosso o al dettaglio con superficie lorda superiore a 400 m2 comprensiva dei servizi e depositi” (D.M. 16 / 2 / 1982 – All.I – attività n.87), ubicati in adiacenza di “alberghi, pensioni, motels, dormitori e simili con oltre 25 posti - letto” (D.M. 16 / 2 / 82 – All.I – attività n.84, normata verticalmente dal D.M. 9 / 4 / 94).
Tale scelta è stata suggerita da considerazioni sulla normativa vigente.
Da una parte, infatti, il citato D.M. 9 / 4 / 94, all’art. 5.2 punto d) precisa che l’attività 84 deve essere compartimentata rispetto ad altre attività ad essa non pertinenti con strutture di resistenza al fuoco ≥ REI 90.
Dall’altra considerazioni circa il materiale stoccato, l’altezza di impilaggio ed il lay - out delle scaffalature inducono a ritenere plausibilmente conservativo un carico d’incendio
q ≈ 40 kglegnaequ.
m2 . In corrispondenza di detto valore, l’applicazione della Circolare n.91 del
1961, anche nel caso di coefficiente di riduzione del carico di incendio unitario (k = 1), fornisce al più classe 45.
La evidente discrepanza tra le due prescrizioni è chiaramente indicatrice della rigidità di un approccio di tipo deterministico.
Per converso si ritiene che una applicazione di modelli di incendio fisicamente basati possa fornire utili indicazioni circa la reale dinamica evolutiva del fenomeno, portando essi in conto il ruolo dei parametri controllanti ventilazione e HRR vs. tempo.
3.1 – La geometria del problema
Le simulazioni di incendio in argomento sono state condotte in un dominio di calcolo di forma parallelepipeda di dimensioni complessive 28.8 m x 14.4 m x 3.6 m, contenente n.7 scaffalature, schematizzate come blocchi di materiale combustibile a base di cellulosa (in blue in Figg.2 - 3). Il compartimento è stato supposto realizzato con pareti in cemento, di densità ρ = 2100 kg m-3, calore specifico cp = 0.88 kJ kg-1·K-1, conducibilità termica kT = 1 W m-1·K-1.
Il dominio considerato è dotato di n.2 finestre sul lato Sud (Fig.4) e comunica tramite una porta con un corridoio (Fig.3), alla fine del quale è presente una ulteriore porta (Fig.5) che conduce all’esterno sul lato Nord.
In tutte le simulazioni effettuate porte e finestre sono state considerate aperte al fine di riprodurre le condizioni più gravose in termini di sviluppo dell’incendio e mancata compartimentazione per il corridoio di esodo.
Infine, allo scopo di monitorare la temperatura nel compartimento, è stata simulata la presenza di termocoppie, poste a soffitto (a quota z = 3.6 m), in corrispondenza della mezzeria di ogni blocco di materiale combustibile (Fig.2).
3.2 – Le simulazioni numeriche: i risultati
Nel presente studio sono state effettuate quattro run di simulazioni numeriche: le prime due, più semplici, utilizzando il software CFAST; le altre, più complesse, adoperando il software FDS.
3.2.1 – CFAST run 1: il ruolo di α
Dalla letteratura tecnica è ben noto che la potenza termica rilasciata al procedere della combustione (HRR : Heat Release Rate [=] W) esibisca il caratteristico andamento in funzione del tempo t [=] min riportato in Fig.6.
Si individuano chiaramente: i) una fase di crescita; ii) una fase di mantenimento; iii) una fase di decadimento. La fase i) è analiticamente descritta da una relazione del tipo
HRR = α t2 (3)
Orbene, scopo della prima run, condotta con CFAST, è l’analisi di sensitività, a parità di carico di incendio, della dinamica dell’incendio rispetto a valori di α plausibili per il caso in esame. Tale scelta, lungi dall’obbedire ad una oziosa curiosità, consente di valutare parametricamente l’effetto sortito sulla evoluzione dell’incendio da una variazione, permanente o provvisoria, del tipo di merce stoccata in deposito (infatti a specie diverse competono, in generale, valori diversi di α).
In genere si suole definire lenta la evoluzione di un incendio che arriva alla potenza termica
di 1055 kW in 600 s e media quella di un incendio che attinga tale valore di potenza dopo 300 s. Dalla (3) i valori di α corrispondenti sono rispettivamente αl = 0.0029 kW s-2 ed αm = 0.0117 kW s-2. I valori di α esplorati nella run 1 per effettuare l’analisi di sensitività sono riportati in Tab.2; i parametri caratteristici della curva HRR vs. t (Fig. 6) corrispondenti a ciascun valori di α [=] kW s- 2 sono riportati in Tab.3.
In appendice II si riportano alcune schermate di output di CFAST, relative alle simulazioni numeriche con α2 = 0.0049 kW s-2 (Fig.7), α3 = 0.0069 kW s-2 (Fig.8), α4 = 0.009 kW s-2 (Fig.9), α5 = 0.0110 kW s-2 (Fig.10), α6 = 0.0200 kW s-2 (Fig.11).
Infine un quadro sinottico dei risultati più significativi è riportato in Tab.4, con h1 [=] m altezza dei fumi all’interno del compartimento 1, h2 [=] m altezza dei fumi all’interno del compartimento 2, Tu1 [=] °C temperatura del layer superiore del compartimento 1, Td1 [=] °C temperatura del layer inferiore del compartimento 1, Tu2 [=] °C temperatura del layer superiore del compartimento 2, Td2 [=] °C temperatura del layer inferiore del compartimento 2, t600 [=] min istante in cui il layer superiore del compartimento 1 raggiunge la temperatura di 600 °C.
Una ispezione di Tab.4 conferma l’intuizione fisica secondo cui, all’aumentare di α (i.e., in corrispondenza di più rapidi rilasci termici), vengono attinte, a parità di tempo di osservazione, temperature più alte oppure, dualmente, una pari temperatura viene raggiunta in un tempo minore.
3.2.2 – CFAST run 2: il ruolo della ventilazione
Un secondo set di simulazioni eseguito con CFAST ha permesso di valutare l’influenza della ventilazione sull’evoluzione dell’incendio. Quantitativamente essa è stata portata in conto tranite il fattore di ventilazione vf [=] m1/2 definito come
vf = Aw h1/2 At-1 (4)
Per il significato dei simboli adoperati si veda Fig.12. La variazione della ventilazione è stata simulata variando il numero e le dimensioni delle aperture verso l’esterno. In tutte le simulazioni condotte è stato ipotizzato α = α6 = 0.0200 W s-2.
I risultati ottenuti, al variare del fattore di ventilazione, sono riportati in Tab.5. Da una sua
ispezione si evince chiaramente che la ventilazione favorisce l’incendio.
In Fig.7 si riporta la schermata di output relativa alla simulazione con vf = 0.046. In tal caso la temperatura di 600 °C (flash – over, secondo la terminologia impropria adottata in CFAST), è stata raggiunta a t = 28 min circa. La massima temperatura raggiunta nel layer superiore del compartimento 1 è stata Tu1MAX = 813.8 °C.
3.2.3 – FDS run 1: la modellazione del focolaio
I modelli di incendio a parametri concentrati, pur essendo fisicamente basati (physically sound), non consentono una schematizzazione molto raffinata del problema da modellare: ad es., il focolaio di incendio viene assunto concentrato in un punto. In situazioni come quella in esame, tuttavia, l’importanza della distribuzione del carico di incendio può essere non trascurabile: l’innesco potrebbe avvenire in una o più delle pile di materiale imballato, con evoluzione del fenomeno anche radicalmente diversa rispetto al caso di coinvolgimento dell’intera massa combustibile. Ai fini di una realistica modellazione il ricorso ad un modello a parametri distribuiti può essere, pertanto, può rappresentare un’esigenza inderogabile.
Allo scopo di verificare l’importanza della distribuzione spaziale del carico, forti della più raffinata modellazione assicurata da FDS, dopo avere discretizzato il dominio di integrazione riportato in Fig.2, è stato simulato un innesco localizzato nel solo stack 1.
E’ stato preso come riferimento il caso di incendio medio (α = 0.0069 kW s-2), in corrispondenza del quale si ha HRRMAX = 36900 kW, e fattore di ventilazione vf = 0.031 m1/2.
Dal momento che il materiale combustibile presente nel compartimento è stoccato in 7 blocchi di uguali dimensioni, si è ipotizzato che abbiano tutti la stessa curva HRR vs. t, caratterizzato da HRRMAX,DISTR = HRRMAX,CONC / 7 = 36900 kW /7 = 5271 kW e α = 0.0069 kW s-2.
Come anticipato, sfruttando le più raffinate tecniche di modellazione messe a disposizione da FDS, si è simulato il caso, probabilmente più realistico, di incendio che parta dal solo blocco 1 (all’estrema sinistra in Fig.2):la eventuale combustione degli altri blocchi è subordinata al raggiungimento della temperatura di ignizione (T = 200°C).
Sulla base dei risultati forniti dai set di simulazioni effettuati precedentemente con CFAST, si è stimato che un tempo di simulazione di 2000 s sia sufficiente per monitorare l’evoluzione dell’incendio originatosi nel blocco 1 e l’eventuale innesco e combustione di altri blocchi, garantendo al contempo l’ottimizzazione delle risorse di calcolo.
In buon accordo con le predizioni di CFAST, la massima temperatura al soffitto TMAX = 649
°C è stata raggiunta al tempo t = 338 s, ovviamente in corrispondenza della termocoppia virtuale Tc1, collocata sul blocco 1. In Fig.14 si riporta un quadro sinottico delle curve temperatura al soffitto vs. tempo relative a ciascuna termocoppia virtuale. In Fig.15 si riporta il profilo di temperatura al soffitto (z = 3.6 m) all’istante t (TMAX) = 338 s in cui la prima termocoppia rileva T = TMAX.
I dati ottenuti suggeriscono che la combustione abbia interessato esclusivamente il blocco 1 dal quale è partito l’incendio, senza propagarsi agli altri stack ed / od ai materiali posti nelle sue adiacenze. Questa dinamica evolutiva, assolutamente non prevedibile con un modello a zone come CFAST, evidenzia la grande flessibilità dei modelli di campo: stavolta un diverso dettaglio della descrizione dell’input ha comportato non solo una determinazione più puntuale della dinamica dell’incendio, ma addirittura una dinamica diversa.
Il fumo invade l’ambiente molto rapidamente, come si può vedere dai suoi profili spaziali di concentrazione (Fig.16): già dopo i primi tre minuti (Figg.16a ÷ c) la sua propagazione ha
significativamente interessato tutto l’ambiente, fino ad arrivare alla saturazione completa al momento del raggiungimento della massima temperatura (Fig.16d).
3.2.4 – FDS run 2: l’efficacia degli impianti di protezione attiva
Lo studio della dinamica evolutiva dell’incendio nel dominio di calcolo descritto in par.3.1 è stato completato da una ultima simulazione condotta con FDS, relativa al caso in cui, ferme restando tutte le ipotesi adottate in FDS run 1 (par.3.2.3), sia inoltre prevista la presenza di un impianto automatico sprinkler.
Dato il valore del carico di incendio assunto, indicativo di un rischio di incendio elevato, l’area operativa di competenza di ciascuna testina erogatrice è stata posta ≤ 9 m2. Il lay – out completo dell’impianto è riportato in Fig.17. Le principali specifiche tecniche delle testine erogatrici scelte sono: i) pressione operativa P = 0.483 bar; ii) coefficiente K = 79 l min-1 bar-1/2;
iii) Temperatura di attivazione T = 74 °C; iv) Response Time Index RTI = 110 m1/2·s1/2.
Data la complessità del caso in esame, ancora maggiore rispetto a quello riportata in par.3.2.3, e considerato che, come riscontrato in par.3.2.3, il fenomeno non evolve in modo significativo dopo un certo tempo, al fine di ottimizzare le risorse di calcolo la simulazione della dinamica dell’incendio è stata ristretta ai primi 600 s.
In Fig.18 si riporta un quadro sinottico delle curve temperatura vs. tempo relative a ciascuna termocoppia virtuale. Stavolta il valore massimo di temperatura TMAX = 309 °C è stato rilevato dalla termocoppia virtuale Tc1 al tempo t = 288 s.
Un confronto tra le curve temperatura al soffitto vs. tempo ottenute senza e con impianto automatico sprinkler (Figg.19 ÷ 25) è chiaramente indicatore della efficienza della misura di protezione attiva adottata: nel secondo caso (tratto rosa), a partire dall’attivazione della prima
testina erogatrice (t = 111.6 s), la temperatura si mantiene a livelli apprezzabilmente inferiori rispetto a quella rilevata nel primo caso (tratto blue) da ciascuna termocoppia virtuale: l’incremento di temperatura dovuto all’incendio viene circa dimezzato!
Più precisamente, il primo sprinkler si attiva all’istante t = 111.6 s (Fig.26): a seguito del suo intervento la pendenza delle curve temperatura al soffitto vs. tempo si inverte bruscamente e la temperatura inizia a diminuire.
Successivamente si attivano in successione gli sprinkler posizionati lungo le quattro file più vicine allo stack incendiato, che coprono meno della metà dell’area del compartimento. L’ultimo di essi interviene al tempo t = 330 s. La situazione osservabile in termini di concentrazione dei fumi ed intervento dell’impianto sprinkler automatico è riportata in Fig.27.
4 - Conclusioni
Nel presente lavoro sono state condotte simulazioni di incendio in ambiente confinato adoperando i codici di calcolo CFAST e FDS, afferenti ai modelli rispettivamente a zone e di campo.
Il modello a zone CFAST, coerentemente con la realtà evolutiva degli incendi reali confinati, è risultato alquanto sensibile ai parametri controllanti di input (fattore di ventilazione e pendenza della curva HRR vs. tempo): modesti scostamenti di questi parametri hanno indotto scenari anche molto diversi.
Il modello di campo FDS, invece, si è rivelato molto sensibile, oltre che ai suddetti parametri, alla definizione delle sorgenti combustibili: il maggior grado di dettaglio permesso dal codice di calcolo ha consentito una più realistica simulazione della dinamica dell’incendio, nonché la possibilità di simulare scenari complessi (incendio di un solo stack di materiale combustibile, attivazione di impianti automatici di protezione attiva) improponibili con CFAST. Ovviamente ciò ha richiesto tempi di calcolo sensibilmente superiori.
Le curve temperatura vs. tempo fornite da CFAST, infine, sebbene diverse da quelle fornite al solaio da FDS, sono risultate ad esse qualitativamente alquanto simili, con particolare riferimento alla pendenza dei tratti maggiormente significativi.
Ulteriori sviluppi del lavoro presentato possono muoversi in due direzioni principali.
Anzitutto, avendo a disposizione risorse computazionali adeguate, si potrebbe condurre un set di simulazioni con FDS, parametriche nelle variabili controllanti, allo scopo di realizzare un più puntuale confronto tra i risultati forniti dai modelli a zone e di campo impiegati.
Inoltre un confronto tra i risultati ottenuti dimensionando il solaio tramite le curve di incendio naturali specifiche del compartimento in esame e la curva nominale standard ISO 834 può fornire interessanti spunti di riflessione circa le ulteriori potenzialità di indagine offerte dell’approccio prestazionale rispetto a quello deterministico.
Appare, invece, estremamente problematica una validazione sperimentale dei modelli adoperati, dato che essa richiederebbe prove di tipo distruttivo di realizzazione assai complessa e dispendiosa.
Tabella 1 - Equazioni differenziali di conservazione implementate nel modello a zone CFAST
Equazione differenziale della massa nel piano i-esimo | dmi = m˙ dt i |
Equazione differenziale della pressione | dP = γ −1 (h˙ + h˙ ) dt V L U |
Equazione differenziale della energia nel piano i-esimo | dEi = 1 (h˙ + V dP ) dt γ i i dT |
Equazione differenziale del volume nel piano i-esimo | dVi = 1 ((γ −1)h˙ −V dP ) dt γP i i dT |
Equazione differenziale del densità nel piano i-esimo | dρi = − 1 ((h˙ − c m˙ T ) − Vi dP ) dt c T V i p i i γ −1 dT p i i |
Equazione differenziale del temperatura nel piano i-esimo | dTi = 1 ((h˙ − c m˙ T ) + V dP ) dt c ρ V i p i i i dT p i i |
Tabella 2 – CFAST run 1: valori di α [=] kW s-2
α1 | 0.0029 |
α2 | 0.0049 |
α3 | 0.0069 |
α4 | 0.0090 |
α5 | 0.0110 |
α6 | 0.0200 |
Tabella 3 – CFAST Run 1: parametri caratteristici della curva HRR [=] MW vs. t [=] s
α1 | α2 | α3 | α4 | α5 | α6 | |
HRRmax [=] MW | 27.55 | 32.83 | 36.90 | 40.22 | 42.97 | 52.39 |
t0 [=] s | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
t1 [=] s | 3080 | 2585 | 2300 | 2110 | 1975 | 1620 |
t2 [=] s | 0000 | 0000 | 0000 | 6330 | 5925 | 4860 |
t3 [=] s | 12320 | 10340 | 9200 | 8440 | 7900 | 6480 |
Tabella 4 – CFAST run 1: i risultati
α1 | α2 | α3 | α4 | α5 | α6 | |
h1 [=] m | 1.21 | 1.21 | 1.21 | 1.21 | 1.21 | 1.21 |
h2 [=] m | 0.89 | 0.88 | 0.87 | 0.86 | 0.86 | 0.86 |
Tu1 [=] °C | 670 | 654 | 643 | 636 | 630 | 610 |
Td1 [=] °C | 585 | 567 | 554 | 546 | 538 | 514 |
Tu2 [=] °C | 000 | 000 | 000 | 275 | 272 | 265 |
Td2 [=] °C | 61 | 60 | 59 | 59 | 58.7 | 58 |
t600 [=] min | 107 | 99 | 92 | 87 | 84 | 77 |
Tabella 5 – CFAST run 2: i risultati
vf [=] m1/2 | t600 [=] min | h1 [=] m | h2 [=] m | Tu1 [=] °C | Td1 [=] °C | Tu2 [=] °C | Td2 [=] °C |
0.0310 | 77.8 | 1.21 | 0.86 | 000 | 000 | 000 | 58 |
0.0340 | 56.2 | 1.21 | 0.92 | 665 | 564 | 271 | 54 |
0.0366 | 46.3 | 1.22 | 0.99 | 704 | 596 | 273 | 50 |
0.0460 | 28.1 | 1.27 | 1.11 | 813 | 707 | 282 | 44 |
Figura 1 – Incendio in ambiente confinato: le zone del compartimento
Figura 2 – Dominio di calcolo: vista in pianta con posizionamento delle termocoppie virtuali
Figura 3 – Dominio di calcolo: sezione trasversale
Figura 4 – Dominio di calcolo: prospetto lato Sud
Fig.5 – Dominio di calcolo: prospetto lato Nord
HRRMAX
t0 t1 t2 t3
Figura 6 –Curva HRR [=] W vs. t [=] min: andamento caratteristico
Figura 7 – CFAST run1 : output per α = α2 = 0.0049 kW s-2
Figura 9 – CFAST run1 : output per α = α4 = 0.0069 kW s-2
Figura 11 – CFAST run1 : output per α = α6 = 0.0200 kW s-2
Figura 13 – CFAST run2 : output per α6 = 0.0200 kW s-2 e vf = 0.046 m1/2
Andamento temperature soffitto
720,0
620,0
520,0
Tc1 Tc2 Tc3 Tc4 Tc5 Tc6
Tc7
Temperatura [#C]
420,0
320,0
220,0
120,0
20,0
0,0 200,0 400,0 600,0 800,0 1000,0 1200,0 1400,0
Tempo [s]
1600,0
1800,0
2000,0
Figura 15 – FDS run 1: profilo di temperatura al soffitto (z = 3.6 m) all’istante t (TMAX) = 338 s
a) t = 60 s b) t = 120 s
c) t = 180 s d) t = 338 s
Figura 16 – FDS run 1: la concentrazione dei fumi al progredire dell’incendio
Figura 17 – FDS run 2: lay - out dell’impianto sprinkler
Andamento temperature a soffitto
370,00
320,00
270,00
Tc1 Tc2 Tc3 Tc4 Tc5 Tc6 Tc7
Temperatura [°C]
220,00
170,00
120,00
70,00
20,00
0,00 100,00 200,00 300,00 400,00 500,00 600,00
Tempo [s]
Figura 18 – FDS run 2: quadro sinottico delle curve temperatura a soffitto [=] °C vs. tempo [=] s
Andamento temperature Termocoppia Tc1
700
600
500
Caso "no sprinkler"
Caso "con sprinkler"
Temperatura [°C]
400
300
200
100
0
0 000 000 000 400 500 600
Tempo [s]
Figura 19 – FDS run 1 - 2: confronto delle curve temperatura al soffitto vs. tempo - Tc1
500
450
400
350
Caso "no sprinkler"
Caso "con sprinkler"
300
250
200
150
100
50
0
0 000 000 000 400 500 600
Te mpo [ s]
Figura 20 – FDS run 1 - 2: confronto delle curve temperatura al soffitto vs. tempo – Tc2
Andamento temperature Termocoppia Tc3
400
350
300
250
Caso "no sprinkler"
Caso "con sprinkler"
200
150
100
50
0
0 000 000 000 400 500 600
Te mpo [ s]
300
250
200
Caso " no sprinkler" Caso " con sprinkler"
150
100
50
0
0 000 000 000 400 500 600
Tempo [ s]
Figura 22 – FDS run 1 - 2: confronto delle curve temperatura al soffitto vs. tempo – Tc4
Andamento temperature Termocoppia Tc5
300
250
200
Caso "no sprinkler"
Caso "con sprinkler"
150
100
50
0
0 000 000 000 400 500 600
Te mpo [ s]
300
250
Temperatura [°C]
200
Caso "no sprinkler"
Caso "con sprinkler"
150
100
50
0
0 000 000 000 400 500 600
Tempo [s]
Figura 24 – FDS run 1 - 2: confronto delle curve temperatura al soffitto vs. tempo – Tc6
Andamento temperature Termocoppia Tc7
300
250
200
Caso " no sprinkler" Caso " con sprinkler"
150
100
50
0
0 000 000 000 400 500 600
Tempo [ s]
Figura 26 – FDS run 2: propagazione dei fumi ed intervento del primo sprinkler (t = 111.6 s)
Figura 27 – FDS run 2: propagazione dei fumi ed intervento dell’ultimo sprinkler (t = 330 s)