COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) QUADRI Presidente
(NA) CONTE Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) MAIMERI Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) RUSSO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) XXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXX XXXX
Nella seduta del 01/07/2014 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne l’inadempimento di un contratto di factoring, con conseguente revoca del plafond pro soluto, convenzionalmente pattuito.
Con ricorso del 20 febbraio 2014 – preceduto da reclamo del 7 agosto 2013, riscontrato dall’intermediario il successivo 5 settembre 2013 – il ricorrente esponeva che, giusta contratto del 14 giugno 2012, aveva ceduto in massa alla resistente tutti i crediti vantati nei confronti di un proprio debitore, pattuendo, in particolare, la natura pro soluto della cessione entro un limite massimo stabilito in € 200.000,00; in esecuzione delle obbligazioni contrattuali, aveva provveduto alla regolare consegna all’intermediario di tutte le fatture emesse nei confronti del debitore medesimo. Ciò nonostante, con nota del 28 febbraio 2013 la banca aveva comunicato la revoca del plafond pro soluto concesso sul
debitore ceduto; con il reclamo del 7 agosto 2013, la revoca era contestata dalla ricorrente, che sulla base di controlli effettuati riscontrava il regolare invio di tutte le fatture emesse nei termini contrattuali e, pertanto, richiedeva più volte la verifica della posizione contabile della ricorrente. Queste ultime richieste rimanevano inevase, ma, con nota del 5 settembre 2013, in riscontro al reclamo, l’intermediario motivava la revoca con il mancato rispetto degli accordi contrattuali da parte della ricorrente, che non aveva provveduto alla cessione della fattura n. 84/2013, determinando in questo modo il venir meno della garanzia pro soluto. Seguiva ulteriore corrispondenza tra le parti, nella quale la ricorrente produceva documentazione attestante l’invio della fattura in questione, in data 15 aprile 2013, e ne chiedeva l’anticipo ai sensi degli artt. 14 e 16 del contratto, rilevando, inoltre, che dai controlli contabili emergeva, altresì, che la banca, in violazione delle norme contrattuali, aveva anticipato solo parzialmente altre due fatture, contraddistinte dai nn. 1003/2012 e 1088/2012. Tuttavia, l’intermediario non solo perdurava nell’inadempimento, ma, con successiva nota del 18 dicembre 2013, chiedeva il rimborso per l’esposizione dei conti correnti, per un importo di € 4.722,04, oltre interessi e spese successive.
Accanto alla violazione degli obblighi di pagamento dei crediti ceduti, la ricorrente contestava, inoltre, di avere informato tempestivamente il factor della negativa situazione patrimoniale del debitore ceduto, che, tuttavia, non ne teneva adeguatamente conto, fino a che si apprendeva dell’ammissione del ceduto alla procedura di concordato preventivo.
L’istante deduceva, infine, che, da una lettura degli estratti conto, aveva modo di verificare l’addebito di commissioni dovute per la cessione pro soluto sino a dicembre 2013 per € 716,46, nonostante la revoca del relativo plafond disposta il 28 febbraio 2013.
In forza di tale premessa, la ricorrente chiedeva all’Arbitro bancario finanziario di pronunciarsi “in merito alla richiesta avanzata con il reclamo proposto in data 7 agosto 2013 […] rivolta ad ottenere il rispetto delle condizioni contrattuali di cui all’accordo del 14 giugno 2012, ossia l’anticipo della corresponsione dei crediti di cui alle fatture regolarmente consegnate”.
Con controdeduzioni pervenute il 7 aprile 2014, l’intermediario, dopo avere illustrato lo schema negoziale adottato nello svolgimento della propria attività (su cui infra), precisava di avere stipulato con la ricorrente un contratto di factoring e due connessi contratti di conto corrente preordinati alla disciplina del dare e dell’avere reciproco e recanti annotazioni speculari; in relazione al factoring, su richiesta della ricorrente, veniva concesso un plafond pro soluto di € 200.000,00, con conseguente assunzione in capo alla cessionaria del mancato pagamento da parte della debitrice ceduta. In esecuzione di tale contratto, la ricorrente cedeva i crediti portati da n. 7 fatture (tra le quali la n. 53/13) a
fronte dei quali, su richiesta della ricorrente, venivano effettuati anticipi parziali per € 270.000,00.
Con comunicazione del 28 febbraio 2013, la banca comunicava la revoca del plafond pro soluto concesso. Successivamente, nel mese di luglio 2013, la ricorrente tramite il proprio legale rendeva nota la propria intenzione di dare avvio a procedure di recupero dei crediti portati dalle fatture nn. 53 del 31 ottobre 2013 e 84 del 28 febbraio 2013; in tale occasione, la banca apprendeva che la ricorrente, contravvenendo agli obblighi contrattuali, aveva omesso di cedere la fattura n. 84 per € 60.897,32, cosicché, con nota del 2 agosto 2013, veniva pertanto comunicata alla ricorrente, ai sensi dell’art. 15 lett. a) delle condizioni generali di contratto, la decadenza dalla copertura pro soluto con conseguente riassunzione in capo alla ricorrente della garanzia della solvenza del debitore ceduto.
Il successivo 9 agosto veniva depositato ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti dell’impresa ceduta; il decreto, concesso l’8 novembre 2013, non poteva tuttavia essere posto in esecuzione a cagione dell’ammissione della società debitrice alla procedura di concordato preventivo.
Dopo aver ricostruito i fatti come sopra esposti, la resistente ha richiamato le disposizioni normative (art. 4 della L.52/1991) e contrattuali (artt. 12-15) relative alla prestazione della garanzia pro soluto entro i limiti del plafond eventualmente concesso, a condizione che il fornitore ceda indistintamente tutti i crediti nei confronti di un determinato debitore. Nel caso di specie, rilevava che la mancata consegna della fattura n. 84/2012 era circostanza riconosciuta dal legale della ricorrente, né, d’altra parte, la documentazione fornita dalla controparte, attestante diversamente l’invio, era idonea a darne adeguata dimostrazione.
La conseguenza dell’applicazione delle norme contrattuali è stata che, venuto il carattere di rotatività, connesso alla concessione del plafond, i crediti a tale data non rientranti nello stesso sono stati ricondotti al regime proprio della cessione pro solvendo; in particolare alla data della revoca, i crediti ceduti e non ancora incassati ammontavano a € 449.857,60, di questi ne venivano incassati € 189.688,83 che la banca legittimamente imputava ai crediti ancora risultanti garantiti (art. 14); tale importo veniva contabilizzato sui conti della società a deconto dell’esposizione debitoria. Alla luce di ciò la resistente ha precisato di ritenere legittimo il diniego alla corresponsione del credito portato dalla fattura
n. 84, così come la richiesta di restituzione delle anticipazioni erogate (art. 10) in considerazione tra l’altro dell’intervenuto stato di insolvenza della debitrice.
Quanto alla contestazione relativa al mancato anticipo di alcune fatture, ha
precisato che tale anticipo, previsto dall’art. 10 delle disposizioni contrattuali, non costituisce un diritto del cliente ma una facoltà che la banca può esercitare, su richiesta del cedente, dopo aver valutato i profili di rischio dell’operazione; e che, comunque, non erano mai pervenute richieste ulteriori rispetto a quelle relative alle tre anticipazioni concesse.
Quanto all’asserita sottovalutazione della situazione del debitore ceduto, negava di aver mai ricevuto alcuna comunicazione nel gennaio 2013, né di potere desumere aliunde elementi di criticità di cui è venuta a conoscenza solo nel luglio 2013, allorquando, su richiesta della ricorrente, come contrattualmente previsto (art. 1, lett. C), si era provveduto ad attivare in sede monitoria i crediti ceduti e impagati.
Infine, in relazione all’illegittimo addebito di commissioni, aveva rilevato effettivamente l’esistenza di un errore e, pertanto, aveva provveduto a porre rimedio procedendo allo storno delle commissioni non dovute.
Concludeva, quindi, per il rigetto del ricorso.
La società ricorrente formulava repliche alle controdeduzioni, nelle quali ribadiva di avere idoneamente provato l’invio della fattura n. 84, insisteva nell’imputare alla banca il mancato diligente avvio delle iniziative di recupero coattivo dei crediti inadempiuti, e contestava lo storno delle commissioni indebitamente applicate.
DIRITTO
Ad avviso del Collegio il ricorso non può essere accolto.
Preliminarmente, appare opportuno sintetizzare le pattuizioni del contratto di
factoring stipulato tra le parti in data 14 giugno 2012.
L’oggetto del contratto è costituito dalla cessione da parte del cliente alla banca, in unica soluzione, secondo quanto previsto dall’art. 3 della L. 52/91, dei crediti sorti e insorgendi nei confronti di clienti previamente selezionati sull’accordo delle parti; successivamente, all’effettivo insorgere dei crediti, in corrispondenza con le prestazioni via via eseguite dal cedente, quest’ultimo ne conferma la cessione. La banca, acquistato il credito per un prezzo pari al suo valore nominale, ne cura la gestione e l’incasso, potendo altresì erogare anticipazioni (produttive di interessi) in favore del cedente; incassato il credito la banca provvede infine all’accredito della differenza tra l’anticipato (oltre competenze) e l’incassato in favore del cliente. Su questo schema si innesta la possibilità
– realizzata nel caso di specie – per il cliente di richiedere al factor l’assunzione del rischio
del mancato pagamento di un determinato debitore; in caso di accettazione, il factor indica al fornitore l’importo del plafond pro soluto accordato (nella presente controversia pari a € 200.000,00); superato il tetto massimo delle anticipazioni i successivi crediti ceduti si intendono con garanzia pro solvendo. Si tratta, peraltro, di un limite munito del carattere di rotatività, atteso che l’incasso dei crediti da parte del cessionario rende, di volta in volta, nuovamente disponibile l’accordato pro soluto.
E’ opportuno, a questo punto, segnalare, nel fascio dei reciproci obblighi delineati a carico delle parti, le clausole rilevanti per la decisione della presente controversia: il fornitore è obbligato inderogabilmente a cedere tutti i crediti vantati nei confronti del debitore determinato (art. 12), e la sanzione per l’inadempimento di tale clausola è la revoca retroattiva del plafond pro soluto da intendersi come mai concesso (art. 15); in ogni caso, la cessione pro soluto è assoggettata ad un termine di scadenza e, comunque, alla facoltà di revoca della banca, con la conseguente vigenza della garanzia pro soluto per le fatture emesse in data antecedente alla cessazione, anche se inviate successivamente, entro il termine contrattuale di trenta giorni (art. 14); quanto all’inadempimento del debitore ceduto, solo su richiesta del fornitore il factor è tenuto all’esperimento delle azioni opportune per il recupero del credito.
Ciò premesso, la domanda proposta dalla ricorrente, volta ad ottenere l’accertamento dell’obbligo dell’intermediario di provvedere all’anticipazione dei crediti recati dalle fatture trasmesse, presuppone la verifica della illegittimità della revoca della garanzia pro soluto su tutti i crediti ceduti, disposta dalla banca.
Va ricordato, preliminarmente, che, con lettera del 28 febbraio 2013, l’intermediario aveva comunicato di revocare il plafond pro soluto, peraltro, in data coincidente con la naturale scadenza dello stesso, in forza del termine stabilito nella nota del medesimo intermediario del 31.7.2012, che concedeva la garanzia pro soluto richiesta dalla società ricorrente. In quella stessa data, la società ricorrente emetteva nei confronti del debitore ceduto la fattura contraddistinta dal n. 84/2013, la quale, pertanto, secondo le condizioni contrattuali – che estendevano la garanzia pro soluto ai crediti portati da fatture solo se emesse antecedentemente alla data di cessazione – sarebbe stata oggetto di una cessione pro solvendo. Il profilo dirimente della controversia, però, si colloca a monte del regime contrattuale cui assoggettare il credito di cui alla fattura in questione, giacché è contestata tra le parti la sua stessa consegna al factor: un aspetto di decisiva rilevanza, giacché è su tale circostanza che l’intermediario ha motivato la non operatività della garanzia pro soluto (nota del 2 agosto 2013).
Il punto è che era stata la stessa ricorrente a riconoscere nei confronti della banca
la circostanza del mancato invio: sono state prodotte dall’intermediario due comunicazioni (del 10 e del 17 luglio 2013), con le quali – a mezzo di un legale – l’odierna istante affermava di voler procedere al recupero dei crediti relativamente a due fatture, tra cui la
n. 84, che dichiarava di non avere mai trasmesso al factor: da qui l’applicazione da parte di quest’ultimo della decadenza dalla copertura pro soluto. Successivamente, in sede di reclamo, così come di ricorso introduttivo del presente procedimento e di replica alle controdeduzioni dell’intermediario, la ricorrente ha modificato tale prospettazione ed ha sostenuto di avere provveduto al regolare invio anche della fattura n. 84. Produce, a fondamento della sua diversa asserzione, la modulistica compilata e sottoscritta dal proprio rappresentante legale per la conferma della cessione dello specifico credito (così come previsto dall’art. 3 del contratto di factoring), e una mail del 15 aprile 2013, con la quale – tuttavia – si accompagna un generico invio di documentazione relativa ad un credito ceduto in alcun modo identificato. Non può, peraltro, attribuirsi rilievo probatorio della circostanza controversa al fatto che il factor aveva inviato la modulistica per la determinazione del credito ceduto in data 12 aprile 2013, né che i precedenti invii di cessioni e relative fatture erano avvenute sempre a mezzo mail dal contenuto generico: sta di fatto che per gli altri crediti ceduti non vi era stata contestazione, mentre, ad avviso del Collegio, in presenza della perdurante eccezione dell’intermediario, il riconoscimento della stessa ricorrente del mancato invio, in uno alla genericità della mail del 15 aprile, fa ritenere inevasa la prova contraria, di cui l’istante stessa si era onerata in virtù delle sue precedenti ammissioni. Ne deriva la legittimità della condotta tenuta dall’intermediario.
Peraltro, va rilevato che quest’ultimo aveva provveduto a corrispondere alla società ricorrente – a titolo di anticipazioni sui crediti ceduti – l’importo di Euro 270.000,00, in forza delle uniche tre richieste inoltrate dal fornitore (che l’anticipazione fosse subordinata alla specifica richiesta era previsto nell’art. 10 del contratto e la ricorrente non ha prodotto documentazione attestante l’inoltro di ulteriore richieste inevase), ed ha precisato, altresì, che l’importo complessivo dei crediti ceduti alla data della cessazione della garanzia pro soluto era pari ad € 449.857,60, e, quindi, ad un importo di gran lunga superiore al tetto massimo previsto; di tale importo ne sono stati recuperati successivamente € 189.688,83, contabilizzati a credito del fornitore, riducendone l’esposizione debitoria. Tale circostanza
– che non è stata contestata dalla ricorrente nelle repliche alle controdeduzioni dell’intermediario (dove impugna altri e diversi profili) – determina, in ogni caso, l’infondatezza della pretesa della ricorrente che invoca il disposto degli artt. 12 e 16 del contratto, a tenore dei quali il factor si obbligava a corrispondere l’importo dei crediti ceduti decorsi duecentodieci giorni dalla scadenza della fattura. Ciò in quanto la garanzia pro
solvendo, alla luce dell’inadempimento del debitore, comportava il venire meno dei diritti patrimoniali del cedente; ma, anche a volere considerare, in via di ipotesi, vigente l’obbligo del factor di prestare la garanzia pro soluto, parimenti la ricorrente non aveva diritto ad ulteriori anticipazioni oltre quelle già percepite.
Quanto al problema dell’insolvenza del debitore ceduto, molte delle affermazioni delle parti non sono sostenute da adeguata dimostrazione, mentre, in ogni caso, la documentazione prodotta non appare sufficientemente significativa per la valutazione della rispondenza al vero dei reciproci addebiti e della conseguente formulazione di un giudizio di responsabilità.
Per quanto concerne, poi, l’illegittimo addebito delle commissione previste a fronte della concessione della garanzia pro soluto, la banca ha riconosciuto l’errore e ha dichiarato di avere provveduto al relativo riaccredito. Nelle repliche alle controdeduzioni, la ricorrente ha contestato tale circostanza che, in realtà, risulta documentalmente provata dagli estratti conto prodotti dall’intermediario, non contestati dall’odierna istante.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1