LA FLESSIBILITÀ DEL TEMPO DI LAVORO NEI CONTRATTI COLLETTIVI
Flessibilità & Performance
2° Workshop dei Docenti e Ricercatori di Organizzazione Aziendale
Università degli Studi di Padova, 1 e 2 febbraio 2001
LA FLESSIBILITÀ DEL TEMPO DI LAVORO NEI CONTRATTI COLLETTIVI
Xxxxxx Xxxxxxxxxx
Università di Padova
Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx
International Labour Organization, Torino
***
1. Premessa
Il riferimento alla flessibilità del lavoro, e in particolare alla sua dimensione rappresentata dalla flessibilità del tempo, è ormai scontato quando si affronta il tema della regolazione delle transazioni di lavoro. In un contesto caratterizzato da una dinamica retributiva contenuta, le vertenze e gli accordi più significativi in termini di visibilità e di innovatività di questi ultimi anni hanno avuto come tema centrale la regolamentazione della flessibilità degli orari. Ma al di là dei casi più eclatanti raccolti dalla stampa e della centralità assunta nel dibattito politico-economico, qual è effettivamente il grado di pervasività del tema dell’orario di lavoro nella contrattazione? E come questo fabbisogno di flessibilità avvertito dalle imprese si traduce in norme contrattuali?
E’ stato inoltre ipotizzato (Cappellari, 2000) che il problema principale della flessibilità non sia rappresentato solo dalla moltiplicazione di norme che consentono una maggiore varietà di modelli di organizzazione del tempo di lavoro, ma consista invece in un “sistema flessibile” in cui ad un insieme coerente di regole si accompagni
la capacità di gestirle. E’ possibile individuare nella pratica l’esistenza di modelli contrattuali e distinguere in quali di questi modelli trova spazio la regolamentazione delle forme di flessibilità dell’orario?
Questo paper si propone di dare una risposta a questi interrogativi sulla base dell’analisi degli accordi di secondo livello stipulati da aziende metalmeccaniche del Triveneto nel corso dell’ultima tornata contrattuale conclusa.
2. Gli accordi oggetto d’analisi
Questo paper si basa sull’analisi di 642 accordi, sottoscritti tra il 1995 e il 1998, nel corso della vigenza del Contratto Collettivo Nazionale del settore metalmeccanico stipulato nel 1994, raccolti nell’archivio della FIM CISL Triveneto. Si precisa che l’archivio in questione non comprende l’universo dei contratti di secondo livello complessivamente sottoscritti nel Triveneto, né rappresenta un campione costruito secondo opportuni criteri metodologici che garantiscano l’effettiva rappresentatività dell’universo stesso. Si tratta invece della totalità degli accordi che sono stati depositati presso la FIM CISL Nordest tra il 1995 e l’estate del 2000 dai delegati ed operatori che li hanno stipulati in seguito all’invito in tal senso proveniente dalla segreteria della categoriai. Va detto comunque che, pur mancando un censimento preciso di tutti gli accordi stipulati nell’area oggetto di analisi, la valutazione soggettiva degli operatori sindacali in merito alla rappresentatività degli accordi raccolti e il numero degli accordi consentono comunque di effettuare alcune considerazioni.
La ripartizione regionale degli accordi contenuti nell’archivio denota una maggiore presenza di accordi afferenti all’area veneta (80,2%), decisamente superiore
rispetto all’area friulana (12,2%) e trentina (7,6%). Considerando la ripartizione per provincia, inoltre, si nota come la maggiore rappresentatività spetti alle province di Vicenza e Treviso, che annoverano rispettivamente il 24,8% e il 22,3% del totale degli accordi archiviati, per cui insieme rappresentano quasi la metà dell’universo censito. Seguono la provincia di Padova con il 13,2% degli accordi, Verona con il 7,5%, Trento 6,9%, Udine 6,2%, Venezia 5,3% e le altre province con una quota di accordi inferiore al cinque per cento.
Passando all’analisi della distribuzione per dimensione delle imprese interessate dagli accordi, come si può notare la maggiore concentrazione si presenta all’interno delle classi tra i 20 e i 199 addetti, che caratterizzano complessivamente il 76% dell’intero campione. Una esigua consistenza è invece riscontrabile nelle classi estremali: soltanto il 3,2% degli accordi è stato stipulato in aziende con meno di 20 addetti, un dato che certamente non stupisce in relazione al basso tasso di sindacalizzazione e alla limitata attività contrattuale che di solito si riscontra nelle aziende di minore dimensione. All’estremità opposta, solo il 4,7% degli accordi interessa aziende di dimensioni superiori ai 500 addetti, rispecchiando in questo caso la particolare struttura economico-produttiva, in cui prevale la piccola media dimensione.
Figura 1 - Ripartizione degli accordi archiviati per dimensione di impresa
24,5
27,2
24,4
16
3,2
3
1,7
50
40
30
20
10
inf 20 addetti
da 20 a 49
da 50 a 99
da 100 a 199
da 200 a 499
da 500 a 999
oltre 1000 addetti
0
3. I contenuti degli accordi
Come era prevedibile il tema di gran lunga più trattato è il premio di risultato, presente in otto accordi su dieci. Relativamente a questa variabile si è analizzata anche la modalità con cui viene regolamentata negli accordi, mettendo in evidenza come i parametri su cui si fonda prioritariamente sono la produttività-efficienza e la redditività che riguardano rispettivamente il 58% e 50% dei premi; la presenza viene utilizzata come riferimento nel 43% dei casi mentre il 36% fa riferimento a indicatori di qualità. Per quanto riguarda il processo di gestione del premio di risultato, il 56% degli accordi contiene esplicitazioni relative alla partecipazione dei lavoratori attraverso le RSU allo scambio di informazioni su variabili attinenti al premio di risultato. Più in particolare il
23% esplicita il ricorso ad azioni di verifica congiunta periodica e il 21% prevede l’obbligo di informazione periodica alle RSU.
Nettamente staccati dal premio di risultato, il secondo e il terzo tema più trattati negli accordi sono i temi dell’ambiente e della sicurezza e le relazioni industriali. Queste variabili sono presenti nel trenta per cento degli accordi con una presenza che cresce al crescere della dimensione d’impresa, manifestandosi più diffusamente nelle aziende con oltre 200 addetti (in cui le due voci sono presenti rispettivamente nel 46% e 36% degli accordi). Come era lecito attendersi, quindi, al crescere delle dimensioni aziendali le transazioni di lavoro acquistano un maggiore grado di formalizzazione e gli accordi acquistano contenuti più articolati rispetto a quello essenziale della retribuzione. Anche se ha un ruolo relativamente marginale, essendo presente solo nel 6% degli accordi, si segnala in 37 accordi il riferimento al tema innovativo della formazione congiunta.
Un discorso a parte merita la flessibilità, tematica oggetto del presente studio. Rispetto alla centralità acquisita nel dibattito politico e sindacale la sua presenza appare tutto sommato contenuta, dal momento che riguarda soltanto il 14% degli accordi considerati. Il problema può però essere analizzato meglio con riferimento alla distribuzione della variabile in relazione alle classi dimensionali (Fig. 3). Mentre nelle aziende con un numero di dipendenti inferiore a 200 la flessibilità viene regolamentata in circa il dieci per cento degli accordi, superata questa soglia dimensionale la sua presenza registra una percentuale più che doppia rispetto alle classi dimensionali inferiori e raggiunge la sua massima incidenza nella classe tra i 500 e i 999 addetti interessando quasi metà degli accordi.
Non va dimenticato che la flessibilità dell’orario rappresenta soltanto una delle leve attraverso cui le imprese ottengono una flessibilità del fattore lavoro (Turati, 1996;
Cappellari, 2000). Nelle imprese di minori dimensioni, quindi, è solitamente prevista una flessibilità organizzativa maggiore che diminuisce il fabbisogno di flessibilizzazione del tempo di lavoro. In secondo luogo è noto che in questo tipo di aziende anche la flessibilità del tempo di lavoro assume di solito una natura meno formalizzata attraverso l’utilizzo della leva dello straordinario anche al di fuori delle previsioni contrattuali.
Figura 2 - Contenuti degli accordi (valori %)
80
31
30
14
6
4
premio di risultato
relazioni industriali
ambiente
flessibilità e orario flessibile
formazione congiunta
salario d'ingresso
0 20 40 60 80 100
36
25
10
10
9
10
50 47
40
30
20
10
inf 20 addetti
da 20 a 49
da 50 a 99
da 100 a 199
da 200 a 499
da 500 a 999
oltre 1000 addetti
0
Figura 3 - Flessibilità e orario flessibile: presenza in funzione della dimensionalità di impresa
4. I modelli contrattuali e la flessibilità
Uno degli obiettivi dell’analisi compiuta è come si è detto quello di verificare se siano identificabili dei caratteristici modelli contrattuali, o se al contrario i temi trattati si presentino casualmente, rispecchiando solo la risposta alle specifiche contingenze presentatesi nel corso della negoziazione. A tal fine si è condotta un’analisi fattoriale, scegliendo tra le variabili di classificazione dell’archivio in primo luogo un insieme di variabili ritenute rilevanti a livello contenutistico e succcessivamente tra queste quelle presenti in un numero significativo di accordi archiviati. Nello specifico le variabili complessivamente considerate sono state 15: premio di risultato, erogazione in unica soluzione, parametri di produttività-effcienza, di presenza, di qualità, di redditività, consegna ed illustrazione del bilancio da parte delle aziende, costituzione del protocollo tecnico, attività informativa e consultazione periodica e di fine anno con le RSU, relazioni industriali, formazione congiunta, ambiente e sicurezza, flessibilità e orario flessibile, salario d’ingresso.
Operativamente si è proceduto escludendo via via quelle variabili che non caratterizzavano alcun fattore, in cui cioè le saturazioni risultavano di molto inferiori a valori di accettabilità minima quali 0,30, reiterando il procedimento di analisi sulle rimanenti variabili.
In definitiva l’analisi fattoriale ha identificato tre direttrici lungo le quali si sviluppano i modelli contrattuali. In termini tecnici i fattori individuati spiegano una parte consistente della varianza globale, il 55%, confermando la presenza di orientamenti
caratterizzanti l’universo degli accordi considerati. (in appendice è stata riportata la matrice ruotata dei fattori e le relative saturazioni). I tre modelli evidenziati dall’analisi presentano le seguenti caratteristiche:
⮚ Modello 1 caratterizzato per la presenza del premio di risultato legato a performance produttive specifiche in termini di produttività, efficienza o qualità. E’ un modello che è stato etichettato come modello dell’efficienza, nel senso che denota un’attenzione alle caratteristiche del sistema produttivo specifico dell’azienda; in questo modello il sindacato è quindi “costretto” ad identificare i fattori critici di successo del sistema produttivo aziendale e a confrontarsi con la sua misurazione.
⮚ Modello 2 i cui elementi caratteristici sono espressi da un premio di risultato centrato sulla redditività, versato in un’unica soluzione e collegato ad un’attività informativa verso le RSU; questo modello è stato definito un modello da azionariato dei dipendenti, visto che le variabili che lo caratterizzano tendono ad avvicinare la remunerazione dei lavoratori a quella degli azionisti, prevedendo inoltre anche per i primi un momento periodico di informazione e controllo sull’andamento complessivo dell’azienda prima della distribuzione del “dividendo”. A differenza del modello precedente, il risultato considerato nel premio si basa sulla traduzione contabile dei risultati aziendali e non richiede necessariamente un’analisi delle leve da attivare per il loro raggiungimento.
⮚ Modello 3 la cui specificità è data dalla rilevanza delle relazioni industriali, dalla presenza di formazione congiunta, e dall’interesse per l’ambiente. Si tratta di un modello che rispetto ai precedenti si caratterizza per variabili che riguardano aspetti istituzionali, cioè l’architettura del sistema di governo delle transazioni di lavoro in azienda, oltre a un tema spesso rivestito di contenuti politici come quello
dell’ambiente che è trattato in gran parte degli accordi in modo rituale, con un generico riferimento alla qualità della vita, al rispetto delle normative e alla tutela dell’ambiente interno ma anche esterno all’azienda, secondo una tipica impostazione da sindacato di classe.
Tab. 1
Ripartizione dei modelli (percentuale calcolata rispetto al totale marginale delle rispettive classi dimensionali considerate)
Classi dimensionali | Modello “effcientista” | Modello “lavoratori azionisti” | Modello “politico” |
Inferiore ai 20 addetti | 5% | 0% | 30% |
Da 20 a 49 | 18% | 5% | 10% |
Da 50 a 99 | 19% | 9% | 16% |
Da 100 a 199 | 29% | 10% | 16% |
Da 200 a 499 | 23% | 12% | 21% |
Da 500 a 999 | 37% | 0% | 21% |
Oltre 1000 addetti | 36% | 0% | 27% |
Sul totale degli accordi copre il: | 22% | 8% | 16% |
Sul totale del gruppo, la flessibilità è presente nel: | 21% | 0% | 24% |
Allo scopo di esplicitare come le imprese si suddividano in base ai tre modelli individuati si è proceduto, in forma descrittiva, all’individuazione di quei sottoinsiemi in cui vi fosse la co-presenza degli elementi caratterizzanti i tre modelli (Tab. 1). Vi è un’unica eccezione metodologica da segnalare che riguarda il terzo modello. In questo caso si è infatti scelto di considerare un sottoinsieme più allargato, includendo parimenti gli accordi contenenti o meno la formazione congiunta. Detta scelta è stata operata considerando il carattere ancora sporadico che questa variabile assume negli accordi, circostanza che avrebbe ridotto a un insieme eccessivamente piccolo le imprese nelle quali è riscontrabile il primo modello.
Il modello dell’efficienza raggruppa il 22% della totalità degli accordi, caratterizzando maggiormente le imprese di maggiori dimensioni, ed evidenziando in questo modo una correlazione positiva con la dimensione aziendale. Sono collocabili all’interno di questo gruppo accordi come quello di Electrolux-Zanussi e Whirpool Italia, in cui ad un’analitica descrizione della situazione competitiva dell’azienda fanno seguito l’individuazione degli obiettivi attribuiti al sistema produttivo e del sistema di indicatori da utilizzare per verificarne il raggiungimento.
Il modello dell’azionariato dei dipendenti registra una diffusione minore, pari al 8%, focalizzandosi esclusivamente sulle medie dimensioni. Appartengono a questo gruppo contratti di medie aziende come Colortecnica, Famu, Coelme, e Costa levigatrici. Il modello politico caratterizza il 16% della totalità degli accordi, registrando pesi percentuali più elevati nelle classi dimensionali estremali, ma risultando complessivamente diffuso in modo abbastanza omogeneo in aziende di tutte le classi dimensionali. Appartengono a questo gruppo accordi di aziende come Costan e Riello bruciatori, che dedicano spazio all’individuazione delle sedi istituzionali di scambio delle informazioni sulla valutazione congiunta di alcune scelte aziendali.
Tab. 2
Presenza della flessibilità all’interno dei modelli
Classi dimensionali: | Modello dell’efficienza | Modello “politico” |
Inferiore ai 20 addetti | 0% | 0% |
Da 20 a 49 | 11% | 0% |
Da 50 a 99 | 12% | 0% |
Da 100 a 199 | 20% | 0% |
Da 200 a 499 | 29% | 38% |
Da 500 a 999 | 57% | 100% |
Oltre 1000 addetti | 75% | 50% |
Come trova posto la flessibilità all’interno di questi tre modelli contrattuali? Se a livello aggregato si tratta di un tema trattato nel 14% degli accordi, nel primo e nel terzo modello la flessibilità è presente rispettivamente nel 21% e nel 24% dei casi, ed è quindi mediamente più presente come oggetto di contrattazione. Nel secondo modello invece, è una tematica completamente assente. Un’ipotesi che sembrebbero suggerire questi numeri è che ci siano due scenari contrattuali favorevoli alla negoziazione della flessibilità dell’orario di lavoro: uno in cui la definizione di regole sulla flessibilità si inserisce in un contesto caratterizzato da un coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nell’analisi delle problematiche di efficienza produttiva e quindi nella comprensione dei fattori alla base della competitività del sistema produttivo dell’azienda. L’altro modello contrattuale in cui è più probabile trovare norme sulla flessibilità è invece caratterizzato da un contesto di tipo partecipativo, in cui le parti istituzionalizzano momenti di condivisione dei motivi alla base di determinate scelte aziendali in un’ottica di attenzione alle compatibilità esterne ed esterne all’azienda. Si può allora ipotizzare che sia più facile che vengano generate soluzioni condivise ai problemi come l’utilizzo della flessibilità contrattata.
In base ai risultati dell’analisi sembrebbe invece un terreno meno fertile per la negoziazione di accordi sulla flessibilità quello in cui il modello contrattuale è incentrato su quella che è stata chiamata la distribuzione di un dividendo ai lavoratori, con un’enfasi sulle sintesi della performance aziendale rappresentate dalle misure di redditività.
5. Flessibilità e orario: di cosa si occupano le norme
Per concludere questa analisi occorre interrogarsi su quali sono le regole che trovano posto sotto l’etichetta omogeneizzante di flessibilità dell’orario. Questa parte dell’analisi è stata compiuta analizzando il testo di tutti gli accordi contenenti un riferimento alla flessibilità dell’orario ed evidenziando le linee di tendenza più significative. Va detto innanzitutto che tra le norme che riguardano l’orario di lavoro, la maggior parte riguarda tematiche routinarie, nel senso che si tratta per lo più del recepimento di disposizioni del contratto nazionale, come permessi, traduzione in azienda delle modalità di riduzione di orario di lavoro, recupero ex festività e così via. Anche relativamente al part time i contratti si occupano per lo più di ribadire le previsioni del contratto nazionale o a ritoccarlo in riferimento a casi particolari e solo un paio di accordi prevedono un utilizzo sistematico dello strumento in riferimento a più del dieci per cento della forza lavoro. In una mezza dozzina di casi viene esplicitata l’intenzione dell’azienda di fare ricorso a contratti a tempo determinato, illustrando la logica aziendale che sta alla base di questa scelta. Emblematico da questo punto di vista il caso Aprilia, in cui la segmentazione degli addetti tra personale a tempo indeterminato e pieno, personale a tempo indeterminato e parziale e personale a tempo determinato viene descritta analiticamente con riferimento sia alla dimensione quantitativa delle categorie, sia alle mansioni di inquadramento.
La flessibilizzazione dell’orario giornaliero, con la possibilità di variare l’ora di entrata e di uscita all’interno di una fascia che va da un minimo di mezzora ad un massimo di due ore viene previsto da solo sei aziende. Partendo da questa leva nel caso dell’Informatica Trentina è inoltre consentito variare la durata della giornata in un range
di un’ora, della settimana con un’elasticità di due ore in più o in meno riportando però al mese successivo un saldo non superiore a due ore in più o in meno.
Tra le forme contrattuali innovative di cui spesso si è occupata la pubblicistica non specialistica e sulle quali si sono soffermate diverse analisi di matrice sia giuridica che sociologica, va rilevato che i contratti metalmeccanici del Nordest offrono un quadro assai povero: il solo accordo della Xxxxx Automotive accenna al job sharing, e un solo accordo accenna al telelavoro. Alcune aziende fanno poi genericamente riferimento nell’integrativo al termine flessibilità e negoziano sotto questa etichetta istituti tradizionali come la ROL, la distribuzione delle ferie o integrazioni e precisazioni rispetto al contratto nazionale sull’utilizzo degli straordinari.
I temi che rivestono un ruolo di primo piano sono invece quelli riconducibili al concetto di annualizzazione degli orari, presente in più di metà degli accordi che si occupano di flessibilità. Non si tratta ovviamente di un’annualizzazione “pura”, in cui il riferimento contrattuale è rappresentato dal monte ore di lavoro annuo, ma della possibilità di inserire un ammontare predefinito di ore a disposizione dell’azienda per incrementare (o diminuire) l’orario di lavoro, con recupero in un periodo successivo.
Il monte ore di flessibilità negoziato nei vari accordi varia attorno da un minimo di 16 ore della Kemper (con la particolarità che qui si fa riferimento all’utilizzo di quattro sabati) ad un massimo di 192 ore alla Cantieri Marina di San Giorgio di Nogaro, che rappresenta però un’anomalia legata alla forte stagionalità dell’attività e all’esigenza, esplicitata nell’accordo, di sopravvivere nel confronto con una concorrenza fatta di piccole aziende che fanno un forte ricorso all’esternalizzazione: la flessibilità dell’orario quindi è necessaria per contrastare un'altra forma di flessibilità, la flessibilità dei confini aziendali. Un’esigenza analoga è quella della Thermorossi che prevede un orario di
lavoro di 48 ore settimanali per il quarto trimestre dell’anno con recupero tra febbraio e luglio. Tre quarti degli accordi si colloca comunque tra le 40 e le 100 ore annue e in alcuni casi è previsto un ammontare crescente nei diversi anni di vigenza dell’intergrativo.
Nello stabilire le modalità con cui queste ore possono essere utilizzate, il più delle volte viene stabilito il numero massimo di ore settimanali di flessibilità (tra le 4 e le 8 ore) e in alcuni casi viene prevista esplicitamente la possibilità di introdurre il sabato lavorativo.
Solo nel caso di produzioni stagionali, o che comunque si svolgono secondo una cadenza predefinita, viene indicato il periodo dell’anno all’interno del quale è previsto l’incremento di orario (come si è visto nel caso Thermorossi), mentre nella maggior parte dei casi l’accordo fa riferimento a generiche esigenze di risposta al mercato o a condizioni, anche in questo caso non specificate in modo analitico, che richiedono di variare l’intensità della normale attività produttiva o di completare commesse urgenti.
Diverse sono le procedure previste per attivare la flessibilità. In alcuni casi è previsto un termine di preavviso ai lavoratori e/o alle RSU che può andare da un massimo di una settimana (che nel caso Comefri arriva a dieci giorni nel senso che il preavviso spetta il venerdì di due settimane prima) e a un minimo di 24 ore (Marcegaglia). In alcuni casi è prescritto un incontro preliminare con le RSU per l’esame congiunto della situazione (Criosbanc), mentre un’azienda (Comefri) prevede un doppio regime: una mera comunicazione per aumentare l’orario di un’ora al giorno dal lunedì al venerdì e la necessità di un vero e proprio accordo con le RSU nel caso di sovraccarico ulteriore che preveda oltre a un incremento di un’ora al giorno dal lunedì al giovedì, ulteriori quattro ore al sabato per arrivare a un totale settimanale di 48. Oltre
all’esistenza di procedure diverse, in alcuni casi la lunghezza del preavviso influenza la remunerazione delle ore di flessibilità, che acquisiscono per l’impresa un maggiore valore (a fronte di un maggiore costo per il lavoratore) quando è possibile ottenere variazioni di orario con preavviso breve (Cappellari, 1999). Nel prevedere la possibilità di ricalendarizzare gli orari dei lavoratori a part time, Aprilia prevede ad esempio un costo di flessibilità raddoppiato (10% invece di 5%) per l’impresa quando il termine di preavviso è inferiore ai trenta giorni
La maggior parte degli accordi fa riferimento agli obiettivi aziendali che si intendono perseguire attraverso l’introduzione della flessibilità. Le parti quindi riconoscono che capacità di adeguarsi rapidamente ai volumi e al mix produttivi richiesti del mercato o di garantire tempestività di risposta al cliente rappresentano un obiettivo competitivo irrinunciabile e in alcuni casi (ad esempio Fiat New Xxxxxxx di Breganze) viene detto esplicitamente che si tratta di una delle condizioni essenziali per mantenere l’azienda sul mercato. Lo strumento della flessibilità è così accettato come alternativa preferibile all’alternanza di ore di straordinario e ricorso alla cassa integrazione sia dal punto di vista dei costi per l’impresa che dal punto di vista sociale.
L’acquisto di ore di lavoro che hanno per l’impresa un valore più elevato viene compensato nella quasi totalità dei casi restituendo al lavoratore una parte del maggiore valore prodotto sotto forma di incremento della retribuzione oraria. A fronte delle ore lavorate in flessibilità spetta quindi ai lavoratori, oltre la recupero delle ore stesse, una remunerazione oraria superiore di un importo compreso tra il 10 e il 30% rispetto alla retribuzione ordinaria.
In alcuni casi alla percentuale di maggiorazione si aggiunge un premio in cifra fissa, orario come nel caso della Mangiarotti (che prevede un’indennità di flessibilità di 4.100
lire all’ora), o per giornata di flessibilità come nel caso della Eaton Est (£ 12.000 oltre alla maggiorazione del 10% a fronte di prestazioni di otto ore comprendenti il sabato mattina) . Talvolta il compenso consiste in un importo fisso riferito al monte ore totale di flessibilità che può essere erogato in un'unica soluzione, come nel caso della New Xxxxxxx.
E’ interessante sottolineare come in alcuni casi la remunerazione della flessibilità avviene anche attraverso il premio di risultato. Alla ACME, ad esempio, il premio di risultato comprende una quota legata ad un “indice di flessibilità” dato dal rapporto tra le ore di flessibilità realizzate e quelle massime previste, mentre RITE e Comin prevedono un premio collegato al plafond di ore annue di flessibilità contrattato. In Aprilia l’accordo prevede una remunerazione della flessibilità che per i lavoratori a tempo indeterminato comprende una somma fissa (un milione per il 2000) oltre a una quota oraria di 10.000 lire (13.000 dalle 51 alle 110 ore). Si tratta in questo caso di condizioni che vanno lette in relazione alla dichiarata “necessità di sviluppare la più ampia adesione dei lavoratori all’accentuata mutevolezza della domanda del mercato, nonché di fidelizzare i lavoratori stagionali in un’area dove la vivacità dell’offerta occupazionale comporta un intenso turn over di stagione in stagione e durante la stagione stessa”.
Gli accordi esaminati prevedono sempre il recupero delle ore di flessibilità, per cui ad una remunerazione monetaria si accompagna la restituzione di un ammontare di tempo libero da utilizzare, con una maggiore o minore discrezione per il lavoratore, nei periodi di minore intensità lavorativa. Solo in una minoranza di accordi è prevista la possibilità di accantonare individualmente le ore lavorate in più in flessibilità o in straordinario, riconoscendo quindi, in modo più o meno esplicito, i potenziali benefici in
termini di autogestione del tempo da parte dei lavoratori. Alla Ocean Idroclima, ad esempio, è prevista la possibilità di accantonare le ore di straordinario oltre la centocinquantesima e, a titolo sperimentale, tutte per un ristretto gruppo di cinque lavoratori. Lo strumento che meglio riflette questo orientamento è comunque la cosiddetta “banca delle ore” che consente al lavoratore di gestire con maggiore autonomia il proprio tempo a seconda delle personali esigenze e, nella versione adottata in Zanussi, di scegliere eventualmente anche in un secondo momento se ottenere la monetizzazione delle ore accumulate. La banca delle ore è stata adottata con successo alla Zanussi ma inserita in pochi altri accordi di questa tornata contrattuale come Aprilia e Sandrigarden (la situazione è ovviamente cambiata con l’entrata in vigore del nuovo contratto nazionale che prevede esplicitamente lo strumento).
Quasi sempre è previsto un termine di compensazione per le ore di flessibilità (qui un’eccezione di rilievo è costituita dal noto caso Xxxxxxx, in cui la banca delle ore non prevede una scadenza) con un range che va dalla settimana successiva al semestre successivo alla settimana in cui si è verificato il superamento d’orario. Alla Eaton Est il termine normale è il trimestre successivo al superamento d’orario, ma la scadenza può essere posticipata di ulteriori quattro mesi in seguito a un incontro con le organizzazioni sindacali.
Alcuni accordi prevedono esplicitamente la sanzione in caso di mancato rispetto del termine di compensazione: Modulblock prevede ad esempio una maggiorazione del 60% per le ore che non vengono recuperate entro il semestre prestabilito, mentre in altri casi (ad esempio Sandrigarden, Kemper) si fa riferimento semplicemente al diritto alla maggiorazione prevista dal CCNL per lo straordinario per le ore non recuperate nei termini.
Per concludere va sottolineata una circostanza che potrebbe sembrare secondaria nell’economia di un contratto, ma che è indicativa dell’ottica con cui viene affrontato il tema della flessibilità nelle aziende studiate. Quando gli accordi esplicitano gli obiettivi perseguiti attraverso la leva della flessibilità, quasi sempre viene fatto riferimento alle necessità tecnico-produttive dell’azienda e in sole quattro aziende, precisamente l’Iniziativa Meccanica, la Necsy, la Techmo Car e l’Aprilia, viene messa in evidenza l’intenzione di adeguare il sistema di orari tenendo conto anche delle esigenze dei lavoratori.
6. Conclusioni
Nonostante i limiti metodologici evidenziati all’inizio di questo lavoro, l’analisi dei contratti stipulati nel Triveneto nel corso dell’ultima tornata contrattuale suggerisce alcune considerazioni: in primo luogo la flessibilità contrattata è presente in modo significativo come materia solo nei contratti stipulati nelle imprese medio-grandi, che rappresentano una quota minoritaria del totale. Questo conferma quindi l’opinione diffusa che, presupponendo ragionevolmente un uguale fabbisogno di flessibilità per tutte le imprese, le piccole aziende utilizzino altre forme di flessibilizzazione del lavoro. In secondo luogo l’analisi compiuta ha messo in evidenza che esistono dei modelli contrattuali all’interno dei quali è più probabile che vengano negoziate forme di flessibilità dell’orario, modelli che sono stati identificati come modello dell’efficienza e modello politico-partecipativo. Questo risultato sembrerebbe confermare l’ipotesi che la flessibilità contrattata dell’orario è uno dei caratteri che compongono più ampi sistemi di norme; il problema per la contrattazione quindi non è quello di introdurre semplicemente maggiore flessibilità attraverso l’introduzione di una norma, ma di
produrre dei modelli di regolazione delle transazioni di lavoro all’interno dei quali la flessibilità dell’orario si trovi in condizioni di coerenza.
Infine passando dall’analisi quantitativa dell’insieme dei contratti alla lettura di come viene intesa la flessibilità dell’orario, si sottolinea come in realtà la tornata contrattuale esaminata abbia, al di là di alcuni casi eccellenti, prodotto regole abbastanza timide. In parte questo è dovuto a una prospettiva ristretta con cui è stato affrontato l’argomento, inteso come risposta a problemi contingenti dei sistemi produttivi senza tentare di cogliere i potenziali benefici per tutte le parti in causa.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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Appendice
Struttura complessiva dell’archivio
Variabili strutturali
• Denominazione dell’azienda
• Data dell’accordo
• Settore
• Numero di addetti
• Numero di operai
• Numero di impiegati
• Totale uomini
• Totale donne
• Numero scioperi per accordo aziendale
• Sede stipula accordo
• Durata dell’accordo
Modalità di erogazione premio di risultato
• Premio di risultato
• Valore economico
• Riparametrato
• Consolidato esplicito
• Acconto più saldo
• Unica soluzione
• Frequenza erogazione da 1 a 4 mesi
Parametri
• Produttività-efficineza
• Presenza
• Qualità
• Soddisfazione del cliente
• Redditivà
• Altri indici
• Altri premi
Tipologia
• Lineare
• Gradini
• Passa-nonpassa
• Premio di risultato anche di area
Relazioni premio di risultato
• Consegna-illustrazione dei bilanci
• Protocollo tecnico
• Informazioni-consultazioni a fine anno alle RSU
• Verifica-esame congiunto a fine anno alle RSU
• Informazioni periodiche alle RSU
• Verifica periodica con RSU
• Premi concordati (competitività e premio di risultato)
• Formazione congiunta
• Comitato paritetico
• Comitato misto-congiunto
• Gruppo di lavoro
Altri premi
• Una tantum
• Maggiorazione/indennità di turno
• Anticipi TFR
• Anticipo INAIL
• Anticipo mensilità
• Indennità diverse
• Premio di produzione
• Premio preferiale
• Premio di anzianità
• Terzo elemento-superminimo
• Premio aziendale annuo 14°
• Aumenti individuali
• Trasferte
• Pagamento assemblee
• Indennità/reperibilità
• Pagamento ferie residue
Relazioni industriali
• Relazioni industriali-informazioni
• Prevenzione conflittualità
• Organigramma aziendale
• Gruppi di lavoro
• Formazione congiunta
• Commissioni paritetiche
• Commissioni miste
• Presenza nel consiglio di amministrazione
• Com. aziendale/coordinamento di gruppo
• Comitato congiunto
• Comitato di controllo
• Consiglio sorveglianza-comitato garanzia
• Ore retribuite per commissioni
• Comitato di coinvolgimento
• Quota contratto
• Provvedimenti disciplinari
• Locale RSU
• Soluzione contenziosi pendenti
• Regolazioni interne & disciplinari aziendali
• Diritti sindacali
• Pari opportunità- azioni positive
• Impiegati
Ambiente&Sicurezza
• Ambiente&Sicurezza
• Indumenti di lavoro
• Malattia
Professionalità
• Professionalità&inquadramento unico
• Passaggi di categoria
• Premio di professionalità
• Rotazioni mansioni
Orario di lavoro
• Aspettativa
• Turni/orario di lavoro
• Gestione ferie anni precedenti
• Calendario e procedure
• Straordinario
• Permessi industriali procedure
• Part time
• Lavoro notturno
• Flessibilità&orario flessibile
• Festività
• Soppressione pause
• Riposi compensativi
• Permessi retribuiti (eventi familiari)
• Permessi retribuiti (visite specialistiche)
Studio
• Formazione professionale- addestramento
• Diritto allo studio
Organizzazione
• Mobilità/organizzazione del lavoro
• Decentramento
• Privatizzazione
• Appalti
Servizi
• Mensa/indennità/buono
• Fondo sanitario aziendale
• C.R.A.L.
• Fondo previdenziale/assistenza
Altro
• Parziale abrogazione acc.az.prec.
• Semplificazione busta paga | • Salario d’ingresso | |
• Procedure/altre parti normative | • CAT+CFL | |
• Xxxxx.xx tratt. Società diverse | • Assunzione da liste di mobil | ità |
• Apprendistato | ||
• Organici |
Matrice ruotata dei fattori (saturazioni)
Variabili | Fattore 1 “effcientista” | Fattore 2 “lavoratori azionisti” | Fattore 3 “politico” |
Premio di risultato | 0,64187 | 0,48506 | 0,06420 |
Produttività-effcienza | 0,77847 | 0,08794 | 0,03154 |
Qualità | 0,75161 | -0,01301 | 0,05226 |
Redditività | 0,26803 | 0,59054 | 0,13979 |
Informazioni alle RSU | -0,28058 | 0,75721 | 0,03468 |
Erogazione in unica soluzione | 0,28302 | 0,60588 | -0,17233 |
Relazioni industriali | 0.00435 | 0,13073 | 0,75568 |
Formazione congiunta | 0,08924 | -0,06632 | 0,64397 |
Ambiente | 0,00753 | -0,01557 | 0,70524 |
i Il metodo di formazione dell’archivio potrebbe quindi contenere delle distorsioni rispetto ad alcune variabili, visto che la mancata consegna potrebbe essere motivata dalla presenza nell’accordo di contenuti in parziale contrasto con la linea strategica del sindacato, o dal desiderio di consegnare solo gli accordi ritenuti, a torto o a ragione, più significativi. Anche se in una seconda fase anche la FIOM CGIL ha contribuito alla formazione dell’archivio, inoltre, c’è una concreta probabilità che i contratti stipulati dalla FIM abbiano un peso percentuale maggiore nell’archivio rispetto a quello effettivo.
Un’ulteriore cautela sui risultati dell’analisi deve essere adottata in riferimento all’organizzazione dell’archivio, che è stato strutturato su un ampio insieme di variabili (l’intera struttura dell’archivio è riportata in appendice) perlopiù rilevate in forma dicotomica. La strutturazione dell’archivio e la lettura dei contratti con l’imputazione delle informazioni contenute negli accordi è stata effettuata da persone diverse nel corso degli anni, ragione per cui non è garantita una totale omogeneità nei criteri di classificazione.