Ufficio Stampa della Corte costituzionale
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Comunicato del 15 ottobre 2018
L’AGENDA DEI LAVORI
1. PRECARI DELLO STATO, CENSURATE LE NORME CHE CONSENTONO L’”ABUSIVA” REITERAZIONE DI CONTRATTI A TERMINE
2. LA SOGLIA DI SBARRAMENTO DEL 4% PREVISTA PER LE ELEZIONI EUROPEE SACRIFICA LA PIENA RAPPRESENTANZA POLITICA?
3. CASO CAPPATO: DUBBI SULLA PUNIBILITA’ (AL PARI DELL’ISTIGAZIONE) DELL’AIUTO AL SUICIDIO DI CHI E’ GIA’ DETERMINATO A MORIRE
4. E’ RAGIONEVOLE SANZIONARE PIU’ GRAVEMENTE (CON LA CONFISCA PER EQUIVALENTE) L’INSIDER TRADING COMMESSO PRIMA DELLA DEPENALIZZAZIONE DEL 2005?
5. PROCESSI LUMACA: L’AMMINISTRAZIONE SOCCOMBENTE PUO’ ESSERE NOMINATA COMMISSARIO AD ACTA PER IL PAGAMENTO DELLE SOMME DOVUTE?
6. DETENZIONE DOMICILIARE: XXXXXX’ DI TRATTAMENTO TRA PADRE E MADRE DI UN FIGLIO DI MENO DI 10 ANNI IN CASO DI ALLONTANAMENTO: PAROLA ALLA CONSULTA
Queste alcune delle questioni di maggior rilievo all’esame della Corte costituzionale nell’udienza pubblica del 23 OTTOBRE e nella camera di consiglio del 24 OTTOBRE.
In allegato le relative sintesi a cura dell’Xxxxxxx Xxxxx.
Ricordiamo, comunque, che tutte le questioni “in agenda” sono consultabili sul sito xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx alla voce “calendario dei lavori”.
Le ordinanze e i ricorsi che pongono le questioni sono consultabili sempre sul sito alla voce “atti di promovimento”.
Roma, 15 ottobre 2018
Palazzo della Consulta, Xxxxxx xxx Xxxxxxxxx 00 Xxxx - Xxx. 00.00000/00.0000000/00.0000000
Aggiornamento del 15 ottobre 2018
UDIENZA PUBBLICA 23 OTTOBRE 2018
REITERAZIONE DI CONTRATTI A TERMINE STIPULATI DA PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI O ENTI PUBBLICI - DIVIETO DI CONVERSIONE IN RAPPORTI DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO.
Impiego pubblico - Personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze di pubbliche amministrazioni o enti pubblici - Successione di contratti a termine - Divieto di conversione in contratti di lavoro a tempo indeterminato.
(R.O. 32/2017)
Il Tribunale di Foggia, in funzione di giudice del lavoro, solleva questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 10, comma 4-ter, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES) e dell’articolo 36, commi 5, 5-ter e 5-quater, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Queste norme, secondo la prospettazione del rimettente, sarebbero ostative al riconoscimento del diritto alla trasformazione a tempo pieno e indeterminato del rapporto di lavoro a tempo determinato, svolto per un periodo superiore a 36 mesi e instaurato, previo espletamento di prove selettive pubbliche, con un ente del servizio sanitario nazionale (nel caso specifico un istituto zooprofilattico).
Il rimettente, ritenendo che tali disposizioni consentono l’utilizzazione di contratti a tempo determinato da parte di pubbliche amministrazioni ed enti pubblici senza limiti e senza la previsione di adeguate misure preventive antiabusive e sanzionatorie e ravvisando anche un differente trattamento rispetto ai contratti a termine stipulati con datori di lavoro pubblici come le Fondazioni lirico-sinfoniche, evoca la lesione di numerosi parametri costituzionali quali gli articoli 3, 4, 24, 35, primo comma, 97, comma terzo, 101, comma secondo, 104, primo comma, 111, comma secondo, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in riferimento alla normativa europea recata dall’accordo quadro concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, come interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Norme censurate
D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368.
Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES
Art. 10. Esclusioni e discipline specifiche (omissis)
[In vigore dal 11 novembre 2012 al 25 giugno 2015]
4-ter. Nel rispetto dei vincoli finanziari che limitano, per il Servizio sanitario nazionale, la spesa per il personale e il regime delle assunzioni, sono esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato del personale sanitario del medesimo Servizio sanitario nazionale, ivi compresi quelli dei dirigenti, in considerazione della necessità di garantire la costante erogazione dei servizi sanitari e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza. La proroga dei contratti di cui al presente
comma non costituisce nuova assunzione. In ogni caso non trova applicazione l'articolo 5, comma 4-bis. (53) (omissis)
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
Articolo 36 Utilizzo di contratti di lavoro flessibile [In vigore dal 31 ottobre 2013 al 21 maggio 2017] (omissis)
5. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente articolo sono responsabili anche ai sensi dell'articolo 21 del presente decreto. Di tali violazioni si terrà conto in sede di valutazione dell'operato del dirigente ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
(omissis)
5-ter. Le disposizioni previste dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 si applicano alle pubbliche amministrazioni, fermi restando per tutti i settori l'obbligo di rispettare il comma 1, la facoltà di ricorrere ai contratti di lavoro a tempo determinato esclusivamente per rispondere alle esigenze di cui al comma 2 e il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato.
5-quater. I contratti di lavoro a tempo determinato posti in essere in violazione del presente articolo sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente articolo sono, altresì, responsabili ai sensi dell'articolo 21. Al dirigente responsabile di irregolarità nell'utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato.
UDIENZA PUBBLICA 23 OTTOBRE 2018
ELEZIONI DEI MEMBRI DEL PARLAMENTO EUROPEO SPETTANTI ALL’ITALIA - SOGLIA DI SBARRAMENTO DEL 4 PER CENTO.
Elezioni - Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia - Previsione che l'Ufficio elettorale nazionale individua le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi e procede al riparto dei seggi tra tali liste in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista - Previsione che l'ufficio elettorale circoscrizionale, ricevute dall'Ufficio elettorale nazionale le comunicazioni prescritte, proclama eletti i candidati in applicazione della richiamata soglia di sbarramento.
(R.O. 93/2017)
Il Consiglio di Stato solleva questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 21, primo comma, n. 1- bis e n. 2, e dell’articolo 22 della legge 24 gennaio 1979, n. 18 (Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia), come modificata dalla legge 20 febbraio 2009, n. 10. L’articolo 21, primo comma, prevede al n.1-bis che l’Ufficio elettorale nazionale individua le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi e al n. 2 che procede al riparto dei seggi tra le liste di cui al numero 1-bis) in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. L’articolo 22 dispone che l’ufficio elettorale circoscrizionale, ricevute dall’Ufficio elettorale nazionale le comunicazioni prescritte, proclama eletti i candidati, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, seguendo la
graduatoria prevista.
Le disposizioni sono censurate nella parte in cui prevedono una soglia di sbarramento del 4% dei voti validi espressi per l’accesso al riparto proporzionale dei seggi nelle elezioni europee. Il giudice rimettente ritiene che la previsione della soglia di sbarramento limiterebbe, innanzitutto, il fondamento democratico delle istituzioni rappresentative espresso dall’articolo 1, comma secondo, della Costituzione. Le norme denunciate, secondo la prospettazione del rimettente, determinerebbero, inoltre, “un regolamento irragionevole dei diversi interessi”, nonché la “sostanziale esclusione dalla rappresentanza politica di ampie fasce dell’elettorato”, così violando gli articoli 3 e 48, comma secondo, della Costituzione.
Norme censurate
L. 24 gennaio 1979, n. 18
Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia
21. L'Ufficio elettorale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli uffici elettorali circoscrizionali di cui al n. 2) del precedente articolo, facendosi assistere, ove lo creda, da uno o più esperti scelti dal presidente;
1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra è data dalla somma dei voti riportati nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno e, per le circoscrizioni nelle quali sono stati costituiti, a norma dell'articolo 12, gruppi di liste, dei voti riportati dal gruppo nel quale è collegata la lista del partito o gruppo politico presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno;
1-bis) individua le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi;
2) procede al riparto dei seggi tra le liste di cui al numero 1-bis) in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. A tal fine divide il totale delle cifre elettorali nazionali delle liste ammesse alla ripartizione dei seggi per il numero dei seggi da attribuire, ottenendo così il quoziente elettorale nazionale. Nell'effettuare la divisione trascura l'eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide, poi, la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per tale quoziente. Attribuisce quindi ad ogni lista tanti seggi quante volte il quoziente elettorale nazionale risulti contenuto nella cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle liste che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale nazionale; a parità di cifra elettorale nazionale si procede per sorteggio. Si considerano resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale;
(omissis)
22. L'ufficio elettorale circoscrizionale, ricevute da parte dell'Ufficio elettorale nazionale le comunicazioni di cui al penultimo comma del precedente articolo, proclama eletti i candidati, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, seguendo la graduatoria prevista al numero 4) dell'articolo 20.
(omissis)
UDIENZA PUBBLICA 23 OTTOBRE 2018
ISTIGAZIONE O AIUTO AL SUICIDIO - INCRIMINAZIONE DELLE CONDOTTE DI AIUTO AL SUICIDIO IN ALTERNATIVA ALLE CONDOTTE DI ISTIGAZIONE.
Reati e pene - Istigazione o aiuto al suicidio - Incriminazione, secondo “il diritto vivente”, delle condotte di aiuto al suicidio in alternativa alle condotte dell'istigazione (e, quindi, a prescindere dal loro contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito al suicidio) - Sanzione della reclusione da 5 a 10 anni [recte: dodici] delle condotte di agevolazione dell'esecuzione del suicidio, che non incidano sul percorso deliberativo dell'aspirante suicida, senza distinzione rispetto alle condotte di istigazione.
(R.O. 43/2018)
La Corte d’assise di Milano dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale, intitolato “Istigazione o aiuto al suicidio”, nella parte in cui, secondo il “diritto vivente”, incrimina le condotte di aiuto al suicidio in alternativa alle condotte di istigazione e, quindi, a prescindere dal loro contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito di suicidio. Tale interpretazione violerebbe, ad avviso del giudice rimettente, gli articoli 2, 13, primo comma, e 117 della Costituzione, in relazione agli articoli 2 e 8 della CEDU, in forza dei quali il diritto a por fine alla propria esistenza costituirebbe una libertà della persona, facendo ritenere quindi “non lesiva di tale bene la condotta di partecipazione al suicidio che però non pregiudichi la decisione di chi eserciti questa libertà”. Il giudice rimettente denuncia inoltre il medesimo articolo 580 del codice penale nella parte in cui punisce con la reclusione da cinque a dieci [recte: dodici] anni le condotte di agevolazione dell’esecuzione del suicidio che non incidano sul percorso deliberativo dell’aspirante suicida, senza distinguerle dalle condotte di istigazione. Tale previsione sanzionatoria sarebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza della pena in funzione dell’offensività del fatto, espresso dagli articoli 3, 13, 25, comma secondo, e 27, comma terzo, della Costituzione.
Norma censurata
Codice penale
Art. 580. Istigazione o aiuto al suicidio.
Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima [c.p. 29, 32, 50, 583].
Le pene sono aumentate [c.p. 64] se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Xxxxxxxxx, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio [c.p.p. 575, 576, 577].
UDIENZA PUBBLICA 23 OTTOBRE 2018
ABUSO DI INFORMAZIONI PRIVILEGIATE - ILLECITI DEPENALIZZATI DALLA LEGGE N. 62 DEL 2005 COMMESSI ANTERIORMENTE ALL'ENTRATA IN VIGORE DI ESSA - APPLICABILITÀ DELLA CONFISCA PER EQUIVALENTE.
Borsa - Abuso di informazioni privilegiate - Illeciti depenalizzati dalla legge 18 aprile 2005, n. 62 del 2005 commessi anteriormente all'entrata in vigore della stessa legge - Trattamento sanzionatorio - Applicabilità della confisca per equivalente di cui all'articolo 187-sexies del decreto legislativo n. 58 del 1998, allorché il procedimento penale non sia stato definito, anche quando il complessivo trattamento sanzionatorio generato attraverso la depenalizzazione sia in concreto meno favorevole di quello applicabile in base alla legge vigente al momento della commissione del fatto.
(R.O. 188/2017, 189/2017, 190/2017, 191/2017, 192/2017, 193/2017, 33/2018)
La Corte di Cassazione, con sei ordinanze di analogo contenuto, solleva questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 6, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - legge
comunitaria 2004), nella parte in cui prevede che la confisca per equivalente, disciplinata dall’articolo 187-sexies del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), approvato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si applica, allorché il procedimento penale non sia stato definito, anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 62 del 2005. Secondo il rimettente, sebbene tale legge abbia depenalizzato l'abuso di informazioni privilegiate dell'insider secondario, introducendo l’autonomo illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate, configurato ora dall’articolo 187-bis del TUF, il complessivo trattamento sanzionatorio delineato dalla nuova disciplina risulterebbe in concreto meno favorevole di quello applicabile in base alla legge vigente al momento della commissione del fatto. Ciò, nella tesi del rimettente, sarebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza per eccesso di contenuto sanzionatorio rispetto allo scopo della retroattività della nuova disciplina sanzionatoria, inteso ad evitare che rimanessero impunite, nella fase transitoria della depenalizzazione, condotte comunque illecite. La nuova disciplina violerebbe, inoltre, sostiene il rimettente, l’articolo 25, comma secondo, della Costituzione, avendo il legislatore imposto di applicare retroattivamente la confisca per equivalente solo perché si riferisce ad un illecito qualificato come amministrativo nell’ordinamento interno, mentre, nel regime transitorio, avrebbe potuto consentirne l’applicazione - versandosi in un’ipotesi di depenalizzazione accompagnata dall’introduzione di un corrispondente illecito amministrativo - soltanto ove la nuova sanzione completi un trattamento sanzionatorio nel complesso più mite della pena prevista per l’originario reato. Nell’atto introduttivo è evocato, infine, l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in riferimento al principio di irretroattività della sanzione qualificabile come pena ai sensi dell'articolo 7 della CEDU.
Norma censurata
L. 18 aprile 2005, n. 62
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004.
Art. 9. Recepimento della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato - abusi di mercato - e delle direttive della Commissione di attuazione 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE.
(omissis)
6. Le disposizioni previste dalla parte V, titolo I-bis, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge che le ha depenalizzate, quando il relativo procedimento penale non sia stato definito. Per ogni altro effetto si applica l'articolo 2 del codice penale. L'autorità giudiziaria, in relazione ai procedimenti penali per le violazioni non costituenti più reato, pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, se non deve pronunciare decreto di archiviazione o sentenza di assoluzione o di proscioglimento con formula che esclude la rilevanza penale del fatto, dispone la trasmissione degli atti alla CONSOB. Da tale momento decorre il termine di centottanta giorni per la notifica dell'atto di contestazione delle violazioni.
(omissis)
CAMERA DI CONSIGLIO 24 OTTOBRE 2018
EQUA RIPARAZIONE - NOMINA COME COMMISSARIO AD ACTA DI UN DIRIGENTE DELL’AMMINISTRAZIONE SOCCOMBENTE.
Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Giudizio di ottemperanza - Nomina, da parte del giudice amministrativo, di un dirigente dell'amministrazione soccombente come commissario ad acta.
(R.O. 18/2017, 19/2017, 20/2017)
Il Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria solleva, con tre ordinanze di analogo tenore, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 5-sexies, comma 8, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (“Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile”, c.d. “Xxxxx Xxxxx”), introdotto dall’articolo 1, comma 777, lettera l), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, che disciplina le modalità di pagamento delle somme dovute a titolo di equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo. La censura investe la norma nella parte in cui prevede che, nel caso di proposizione dell’azione di ottemperanza da parte dei creditori, il giudice amministrativo nomina, ove occorra, come commissario ad acta un dirigente dell’amministrazione soccombente.
Il rimettente sostiene che la disposizione, ispirata da esigenze di risparmio di spesa in quanto i compensi del commissario rientrano nell’onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, sarebbe contrastante con i principi sulla terzietà ed imparzialità del commissario ad acta nella sua funzione di ausiliario del giudice e sul potere discrezionale del giudice dell’ottemperanza nella sua nomina e, pertanto, determinerebbe la violazione degli articoli 3, 24, 104 e 108 della Costituzione.
Norma censurata
L. 24 marzo 2001, n. 89.
Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile.
Art. 5-sexies Modalità di pagamento In vigore dal 1 gennaio 2016 (omissis)
8. Qualora i creditori di somme liquidate a norma della presente legge propongano l'azione di ottemperanza di cui al titolo I del libro quarto del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il giudice amministrativo nomina, xxx xxxxxxx, commissario ad acta un dirigente dell'amministrazione soccombente, con esclusione dei titolari di incarichi di Governo, dei capi dipartimento e di coloro che ricoprono incarichi dirigenziali generali. I compensi riconosciuti al commissario ad acta rientrano nell'onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti.
(omissis)
CAMERA DI CONSIGLIO 24 OTTOBRE 2018
ALLONTANAMENTO DAL DOMICILIO DEL PADRE DI PROLE DI ETÀ INFERIORE AI DIECI ANNI IN REGIME DI DETENZIONE DOMICILIARE - PUNIBILITÀ AI SENSI DELL’ARTICOLO 385 DEL CODICE PENALE.
Ordinamento penitenziario - Detenzione domiciliare concessa al padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole - Allontanamento dal domicilio - Mancata previsione della punibilità, ai sensi dell'articolo 385 del codice penale, nel solo caso di ritardo che si protragga per più di dodici ore.
(R.O. 196/2017)
La Corte d’appello di Firenze dubita della legittimità costituzionale dell'articolo 47-ter, commi 1, lettera b), e 8, della legge 26 luglio 1975 n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui - disciplinando le conseguenze
dell’allontanamento non autorizzato dal domicilio del padre di prole di età inferiore ai dieci anni, ammesso al regime di detenzione domiciliare ordinaria - non limita la punibilità ai sensi dell’articolo 385 del codice penale al solo allontanamento che si protragga per più di dodici ore. Il giudice rimettente ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 177 del 2009, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 47-ter, commi 1, lettera a), seconda parte, e 8, della legge n. 354 del 1975, che regola la detenzione domiciliare della madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente, nella parte in cui non limita la punibilità ai sensi dell'articolo 385 del codice penale al solo allontanamento, che si protragga per più di dodici ore. La diversità di trattamento tra padre e madre nel regime di detenzione domiciliare determinerebbe, quindi, secondo il rimettente, la violazione dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza, tenuto conto anche dell’analogo regime di tolleranza di ritardo previsto dall’articolo 47-sexies per il padre ammesso, ai sensi dell’articolo 47-quinquies, comma 7, al regime di detenzione domiciliare speciale.
Norme censurate
L. 26 luglio 1975, n. 354
Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà.
Art. 47-ter Detenzione domiciliare In vigore dal 24 dicembre 2013 (omissis)
1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell'arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza ovvero, nell'ipotesi di cui alla lettera a), in case famiglia protette, quando trattasi di:
(omissis)
b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;
(omissis)
8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 0, xx xx xxxxxxxxx, è punito ai sensi dell'art. 385 del codice penale. Si applica la disposizione dell'ultimo comma dello stesso articolo.
(omissis)