Corso e-learning - Il Decreto Legislativo n. 81/2008 – L'aggiornamento dei Dirigenti e Preposti
Corso e-learning - Il Decreto Legislativo n. 81/2008 – L'aggiornamento dei Dirigenti e Preposti
Sommario
Modulo 1 - Soggetti del sistema di prevenzione aziendale: compiti, obblighi, responsabilità 3
1. Il datore di lavoro 3
2. Il dirigente 3
3. Compiti e obblighi di dirigenti e datore di lavoro 3
4. La delega di funzioni 5
5. Il Preposto 6
6. Obblighi del Preposto 6
7. Il Principio di effettività 7
8. Sanzioni per il preposto 7
9. Il lavoratore 8
10. I doveri del lavoratore 8
11. Le sanzioni per i lavoratori 9
12. Il Servizio di Prevenzione e Protezione 9
13. Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione 9
14. Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza 9
15. Il Medico Competente 10
16. Altre figure 10
Modulo 2 - La responsabilità civile, penale, amministrativa 11
1. La responsabilità del datore di lavoro 11
2. La responsabilità civile 11
3. La responsabilità penale 11
4. La responsabilità penale del preposto 12
5. La responsabilità amministrativa 13
Modulo 3 - Competenze relazionali e consapevolezza del ruolo 14
1. La competenza 14
5. La competenza relazionale 14
6. Bilancio di Competenze 15
7. Consapevolezza del ruolo 15
Modulo 4 - Modalità di organizzazione e di esercizio della funzione di vigilanza delle attività lavorative 16
1. L’obbligo di vigilanza 16
2. Vigilare sull’operatività 17
3. Il ruolo dei preposti e dei Dirigenti 17
4. Coinvolgere i Preposti 17
5. Formare i Preposti 18
Modulo 5 - I Dispositivi di Protezione Individuale 18
1. Quando e come utilizzare i DPI 18
2. I requisiti dei DPI 18
3. Le tipologie di DPI 18
4. La scelta del DPI 19
5. Conservazione e manutenzione 19
6. L’importanza della formazione 20
7. Procedure da attuare per un adeguato procedimento di valutazione dei rischi in relazione ai DPI da scegliere 20
Modulo 6 - La prevenzione incendi 21
1. La prevenzione degli incendi 21
2. Obblighi del datore di lavoro e del dirigente 21
3. Protezione passiva e attiva 22
4. La collocazione degli estintori 22
5. Prevenzione dei comportamenti a rischio 22
6. Il Piano di emergenza 23
7. Cosa fare in caso di incendio 23
8. Evacuazione ordinata 23
9. Cosa fare in caso di evacuazione 23
10. Organismi aziendali per la sicurezza 24
Modulo 7 - Violenza sui luoghi di lavoro 24
1. Violenza sul luogo di lavoro: i numeri del problema 24
2. Misure di tutela 24
3. Formazione 25
4. Ambienti di lavoro 25
5. Situazioni critiche 26
6. Attività maggiormente esposte 26
7. Conseguenze dell’aggressione fisica 27
8. Prevenzione 28
9. Valutazione del rischio 29
Modulo 8 - Il rischio chimico 30
1. Il rischio chimico nei luoghi di lavoro 30
2. Informazione e formazione dei lavoratori 31
3. Sorveglianza sanitaria 31
4. Etichettatura 31
5. Schede di sicurezza 32
6. Simbologia di classificazione 32
7. Xxxxx H e frasi R 34
8. Consigli P 35
Modulo 9 - Importanza strategica dell’informazione, della formazione e dell’addestramento 35
1. I concetti chiave della formazione 35
2. L’addestramento 35
3. L’affiancamento 36
4. L’ E.C.M 36
5. Il processo formativo 36
6. La formazione obbligatoria 38
7. L’informazione obbligatoria 38
8. L’informazione sull’organizzazione interna 39
9. La valutazione della formazione 39
10. Conclusioni 39
Modulo 1 - Soggetti del sistema di prevenzione aziendale: compiti, obblighi, responsabilità
1. Il datore di lavoro
Il Datore di Xxxxxx è il titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o comunque il soggetto titolare dei poteri decisionali e di spesa per l’impresa. È il responsabile della conduzione dell’azienda e viene comunemente individuato nel legale rappresentante.
Sono obblighi inderogabili del Datore di Lavoro:
• la valutazione di tutti i rischi con l’elaborazione del documento di valutazione;
• la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
2. Il dirigente
L’articolo 2 del D. Lgs. 81/08 definisce il Dirigente come:
”…persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa”
In sostanza il dirigente, in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, è l’alter ego del datore di lavoro.
Il ruolo del Dirigente in sanità è in genere rivestito dal responsabile di un Dipartimento o di un’Unità Operativa Complessa, che organizza le risorse affidategli (persone, tecnologie e strutture) per erogare il servizio sanitario.
Si tratta di un ruolo giuridico, cioè definito dalla legge, che nulla ha a che spartire con l’omonimo ruolo contrattuale.
Il Dirigente è nominato dal Datore di Lavoro.
3. Compiti e obblighi di dirigenti e datore di lavoro
I compiti e gli obblighi del Dirigente condivisi col Datore di Lavoro possono essere raggruppati per semplicità in categorie.
Assegnazione e verifica di Ruoli:
• nominare il medico competente e richiedere l’osservanza dei suoi obblighi;
• assegnare attività/ruoli coerenti con le competenze e con stato di salute e di sicurezza del lavoratore;
• vigilare che i lavoratori con obbligo di sorveglianza sanitaria siano adibiti a mansioni con giudizio di idoneità;
• rendere sicuro l’accesso a zone di lavoro pericolose.
Valutazione dei rischi:
• conoscere i rischi generali dell’azienda e quelli specifici della propria unità (DVR) e il modello di organizzazione e gestione;
• fornire i DPI (sentiti il medico competente e l’RSPP) ai preposti e lavoratori;
• elaborare il documento di valutazione dei rischi da interferenza (DUVRI) in caso di attività in appalto o sub-appalto;
• prevenire rischi alla salute della popolazione o all’ambiente esterno a seguito dell’adozione di nuove tecnologie.
Comunicazione:
• informare i lavoratori sui rischi (specifici e gravi), sulle procedure e attività di prevenzione e protezione, su chi ricopre i ruoli di ASPP, RSPP, di primo soccorso e di prevenzione incendi;
• comunicare all’INAIL l’andamento degli infortuni con assenza di almeno un giorno e con assenza superiore ai tre giorni; comunicare i nominativi dei RLS;
• consultare e informare il RLS sulla valutazione dei rischi e sul modello di organizzazione e di gestione.
Formazione e addestramento:
• formare i lavoratori sui rischi specifici del settore e del comparto di appartenenza e sul modello di organizzazione e gestione, all’inizio del rapporto di lavoro, nei trasferimenti o cambiamenti di mansione; con l’introduzione di nuove tecnologie; periodicamente in relazione all’evoluzione dei rischi;
• addestrare i lavoratori (saper fare) a mezzo di persona esperta all’uso sicuro di impianti, macchine, attrezzature, sostanze e dispositivi (inclusi i DPI) e le procedure di lavoro;
• formare in modo specifico e periodico i preposti al modello di organizzazione e gestione
Programmazione e controllo:
• programmare la prevenzione (interventi tecnici, ergonomici, formativi, manutentivi, buone prassi, codici di condotta) al fine di eliminare o, ove non sia possibile, ridurre i rischi in relazione alle conoscenze acquisite o al progresso tecnico;
• controllare i risultati e riprogrammare gli interventi per garantire nel tempo i livelli di sicurezza.
Organizzazione:
• richiedere l’osservanza dei lavoratori delle norme vigenti, delle misure aziendale e dell’uso dei DPI;
• promuovere la partecipazione e la consultazione dei lavoratori e consentire loro di verificare, mediante l’RLS, l’applicazione delle misure di sicurezza;
• mettere a disposizione dei RLS il documento di valutazione di rischio (DVR);
Emergenza:
• designare preventivamente i lavoratori per la gestione delle emergenze (squadre antincendio, incaricati per l’evacuazione, il salvataggio, il primo soccorso);
• disporre che i lavoratori esposti al rischio di pericolo grave e immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa.
• Adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato (piano di emergenza ed evacuazione).
4. La delega di funzioni
Il Datore di Xxxxxx può delegare alcuni suoi compiti, con l’eccezione di quelli citati all’art.17 del D. Lgs. 81/08, e cioè:
• la valutazione di tutti i rischi (pena un’ammenda dai 1.000 ai 4.000 euro)
• e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (pena l’arresto da tre a sei mesi o l’ammenda da 2.700 a 7.000 euro)
La delega di funzioni al Dirigente da parte del datore di lavoro deve essere attuata secondo quanto previsto dall’art. 16 del DLgs 81/08.
La delega se non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
• che risulti da atto scritto recante data certa;
• che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
• che attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
• che attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate.
• che la delega sia accettata dal delegato per iscritto
Alla delega deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.
La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza da parte del datore di lavoro sul corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite, a meno che non sia stato adottato, ed efficacemente attuato, un modello di verifica e controllo.
Il delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro, delegare specifiche funzioni. In questo caso però il soggetto delegato non potrà a sua volta delegare ad altri.
INTERPELLO N. 7/2015 del 02/11/2015
Perché la delega sia efficace è necessario che abbia tutte le caratteristiche previste dal citato articolo 16, quali la forma scritta, la certezza della data, il possesso da parte del delegato di tutti i gli elementi di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura specifica delle funzioni delegate ed infine la possibilità da parte dello stesso delegato di disporre di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni a lui delegate.
Tra le caratteristiche indicate nell’art. 16, comma 1, il legislatore ha espressamente previsto, alla lettera e) del decreto in parola, che la delega “sia accettata dal delegato per iscritto”, elemento che la distingue dal conferimento di incarico, il che implica la possibilità di una non accettazione della stessa.
5. Il Preposto
Il Preposto è la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa che arriva a diventare potere di interdizione a svolgere un’attività qualora essa non corrisponda alle disposizioni impartite dall’azienda (ad esempio prelievo senza l’uso dei guanti, lavori in altezza superiore a 2 metri senza l’uso della cintura ecc.).
6. Obblighi del Preposto
Il Preposto ha l’obbligo di:
• sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale;
• verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
• richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni in caso di pericolo per l’abbandono della zona pericolosa
• informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
• astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
• segnalare le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, nonché di ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro;
• frequentare appositi corsi di formazione.
Secondo la Suprema Xxxxx (Xxxxx xx Xxxxxxxxxx xxxxxxx XXX xxxxxx, 00 gennaio 1999 n. 1142) “il preposto, privo del potere o dovere di predisporre mezzi e strutture, svolge compiti di controllo e sorveglianza, con corrispettivi poteri organizzativi e disciplinari”:
- “è responsabile, tra l'altro, dell'attuazione delle misure di sicurezza decise dal datore di lavoro ed organizzate dai dirigenti per il concreto svolgimento dell'attività” lavorativa;
- “rende edotti i lavoratori dei rischi cui sono soggetti”;
- “vigila sull'uso dei dispositivi di sicurezza individuali”;
- “verifica se, nelle fasi di produzione, si presentino rischi imprevisti e prende le opportune cautele”;
- “deve attuare il piano di manutenzione delle macchine e predisporre verifiche e controlli sulle stesse per garantirne la perfetta efficienza”.
La sentenza aggiunge che “da tale coacervo di funzioni si evince che grava sul preposto, nell'alveo del suo compito fondamentale di vigilare sull'attuazione delle misure di sicurezza, l'obbligo di
verificare la conformità dei macchinari alle prescrizioni di legge e di impedire l'utilizzazione di quelli che, per qualsiasi causa (inidoneità originaria o sopravvenuta), siano pericolosi per l'incolumità del lavoratore che li manovra)”.
7. Il Principio di effettività
L’art. 299 del DLgs 81/08 richiama il principio di effettività nel ricoprire un determinato ruolo. Il principio di effettività, porta a valorizzare i ruoli e i poteri effettivamente conferiti ai soggetti di cui il datore di lavoro si avvale, rendendo quindi irrilevanti le qualificazioni formali.
Questo principio è confermato dalla giurisprudenza.
Corte di Cassazione – Penale Sezione IV – Sentenza n. 19553 del 18 maggio 2011
“In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il conferimento della qualifica di preposto deve essere attribuita, più che in base a formali qualificazioni giuridiche, con riferimento alle mansioni effettivamente svolte nell’impresa. Ne consegue che chiunque abbia assunto, in qualsiasi modo, posizione di preminenza rispetto agli altri lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve essere considerato, per ciò stesso, tenuto a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, articolo 4, all’osservanza ed all’attuazione delle prescritte misure di sicurezza ed al controllo del loro rispetto da parte dei singoli lavoratori”.
Per esempio: in assenza del preposto nominato, un infermiere anziano invia uno giovane ad effettuare una manovra senza accertarsi della sua competenza; a fronte di un incidente, l’infermiere anziano diventa di fatto Preposto e ne assume le relative responsabilità.
8. Sanzioni per il preposto
In base all’art. 56 anche i preposti sono puniti nei limiti dell’attività alla quale sono tenuti in osservanza dei propri obblighi e le sanzioni massime prevedono un’ammenda di 1.300 Euro e l’arresto fino a 2 mesi.
In particolare, è previsto l’arresto fino a 2 mesi o l’ammenda da 400 a 1300 euro per violazione dei seguenti obblighi (art. 19 c.1):
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché
delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione
collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della
inosservanza, informare i loro superiori diretti;
…
c)richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
…
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo
che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
…
È previsto l’arresto fino a un mese o l’ammenda da 200 a 800 euro per la violazione dei seguenti obblighi (articolo 19, c.1)
…
b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li
espongono ad un rischio grave e specifico;
…
d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
…
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall’articolo 37.
9. Il lavoratore
Il lavoratore è la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari.
I lavoratori sono chiamati a collaborare con il datore di lavoro in un sistema di gestione integrata delle attività di prevenzione e protezione dai rischi, ricoprendo così una posizione di primo piano e maggiormente partecipativa per quel che riguarda il fattivo miglioramento delle condizioni di lavoro.
10. I doveri del lavoratore
Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. (art. 20 D. Lgs. 81/08)
In particolare, i lavoratori sono tenuti a:
1. contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
2. osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
3. utilizzare correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;
4. utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi loro a disposizione;
5. segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di sicurezza nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS);
6. non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
7. non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
8. partecipare ai programmi di formazione e di addestramento;
9. sottoporsi ai controlli sanitari.
11. Le sanzioni per i lavoratori
Anche per i lavoratori così come per i dirigenti e i preposti sono previste sanzioni (economiche e sino all’arresto) in caso di violazioni di norme per la sicurezza.
12. Il Servizio di Prevenzione e Protezione
Il Servizio di Prevenzione e Protezione è una struttura composta da tecnici qualificati nel campo della sicurezza, con il compito di individuare e valutare i fattori di rischio, elaborare le misure preventive e protettive per la sicurezza e l’igiene del lavoro indicandone i sistemi di controllo, proporre i programmi di formazione e informazione dei lavoratori, partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro e alla riunione periodica annuale.
13. Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
L’art. 31 del D. Lgs. 81 richiede al datore di lavoro di organizzare il “Servizio di Prevenzione e Protezione”, designando allo scopo 1 o più addetti, tra cui il Responsabile.
Il Servizio di Prevenzione e Protezione provvede a:
• individuare e valutare i fattori di rischio, individuare le misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
• elaborare misure preventive e protettive e i sistemi di controllo delle stesse;
• elaborare procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
• proporre programmi di formazione e informazione dei lavoratori;
• partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza;
• fornire ai lavoratori le informazioni in materia di sicurezza sul lavoro;
• collaborare con il Medico Competente per la valutazione dei rischi.
14. Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, è definito come la “persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro”.
Tra le attribuzioni del rappresentante, elencate nell’art. 50 sono incluse le seguenti:
• accesso ai luoghi di lavoro ed alle informazioni e documentazioni concernenti la valutazione dei rischi;
• consultazione sulla valutazione dei rischi e sulle misure di prevenzione e protezione;
• proposizione di misure in merito all’attività di prevenzione;
• partecipazione alla riunione periodica di cui all’art. 35.
Perciò in ogni azienda i lavoratori dovranno procedere all’elezione del proprio rappresentante; nel caso di più aziende nello stesso ambito territoriale e con meno di 15 lavoratori ciascuna, il rappresentante potrà essere uno solo per più siti lavorativi. La nomina del rappresentante non è obbligo sanzionato, ma rientra bensì nell’insieme di misure volte a tutelare salute e sicurezza dei lavoratori, anche attraverso un comportamento attivo e partecipativo degli stessi, si tratta quindi di un vero e proprio diritto di tutela.
15. Il Medico Competente
Il Medico Competente è nominato dal Datore di Lavoro nei casi previsti dalla legge e ha i seguenti obblighi:
• collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria;
• programma ed effettua la sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici;
• istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria;
• consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell’incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso;
• consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, la documentazione sanitaria in suo possesso;
• invia all’UNI-INAIL, le cartelle sanitarie e di rischio nei casi previsti dal decreto;
• fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti;
• informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria;
• comunica al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata;
• visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno.
16. Altre figure
Altre figure a completamento del sistema di prevenzione e protezione sono:
• per l’area sanitaria, il Medico Addetto alla Sorveglianza Sanitaria dei Radioesposti (una volta definito “Medico Autorizzato”);
• per l’area tecnica, il Tecnico Laser e il Tecnico Addetto alla Risonanza Magnetica oltre all’Esperto Qualificato e al Responsabile Tecnico della Risonanza Magnetica;
• per l’area dell’emergenza, una figura di coordinamento per la gestione dell’emergenza incendio.
Completano la dotazione organizzativa gli Addetti all’Emergenza, in particolare antincendio, e gli Addetti al Primo Soccorso.
Modulo 2 - La responsabilità civile, penale, amministrativa
1. La responsabilità del datore di lavoro
La responsabilità del datore di lavoro per i casi di infortuni o malattie professionali sorge quando egli non ha osservato gli obblighi a lui imposti per la tutela del lavoratore.
In sintesi, al datore di lavoro possono essere riconosciute tre tipi di responsabilità:
• responsabilità civile
• responsabilità penale
• responsabilità amministrativa
2. La responsabilità civile
Norma basilare per il riconoscimento della responsabilità civile è l’articolo 2087 del Codice civile che impone al datore di lavoro di adottare le misure atte a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
La norma rimanda solo in via generica ad alcuni parametri quali la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per imporre, poi, al datore di lavoro le misure di sicurezza da adottare. Ne consegue che vi è ampio margine per riconoscere la responsabilità del datore di lavoro, posto che questi si deve sempre adeguare alla evoluzione della tecnica e della esperienza per ritenersi in regola con le misure di sicurezza adottate.
Altra disposizione del codice civile da esaminare è quella di cui all’articolo 2049 c.c.
In base a tale norma il datore di lavoro è responsabile anche quando l’omissione delle misure di sicurezza sia stata direttamente effettuata da altra persona da lui incaricata nell’ambito delle mansioni a lui conferite. In altri termini, il datore di lavoro risponde dei danni causati da violazione di misure di sicurezza compiuti dai suoi preposti o sorveglianti.
Quello dell’articolo 2049 rappresenta uno dei pochi casi di responsabilità che la legge prevede senza indagare sul comportamento del soggetto, responsabilità che nasce per il solo fatto che il preposto abbia commesso l’illecito nello svolgimento delle incombenze a lui attribuite dal datore di lavoro.
Il riconoscimento di responsabilità civile del datore di lavoro comporta l’obbligo di risarcire i danni causati al lavoratore.
In sostanza, il lavoratore deve, per legge, essere interamente indennizzato dei danni subiti a causa del lavoro, e se vi è colpa del Datore di Xxxxxx deve essere da lui risarcito direttamente o tramite l’ente assicuratore pubblico INAIL.
3. La responsabilità penale
Le norme che impongono l’osservanza di misure di sicurezza nello svolgimento del lavoro, sono norme di rilevanza penale la cui inosservanza comporta commissione di reato.
Le norme di tale natura sono innanzi tutto quelle previste dal Codice Penale.
L’art. 437 cp stabilisce la responsabilità di chiunque ometta di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro ovvero li rimuova o li danneggi.
L’art. 437 cp si rivolge a chiunque compia quei Fatti illeciti, e quindi anche a estranei all’organizzazione del lavoro. La sanzione prevista è la reclusione. Si tratta quindi di “delitto” e non di semplice “contravvenzione” e come tale, deve essere provato il dolo o la colpa del soggetto.
Altro reato previsto dal Codice Penale di cui può essere imputato il datore di lavoro è quello previsto dall’art. 451 cp.: omissione o rimozione di apparecchi destinati alla estinzione di un incendio al salvataggio al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro) .
Anche questo reato è un delitto determinato da omissione, delitto che interessa sia il datore di lavoro sia altri che lo abbiano compiuto. Anche per tale reato occorre provare la colpa
Più specifiche le norme previste dal D.Lgs. 81/2008 che innanzi tutto si rivolgono direttamente al datore di lavoro e che impongono determinati comportamenti la cui inosservanza determina responsabilità penale in capo allo stesso.
Infortuni eclatanti, (come quello presso la ThyssenKrupp) e malattie professionali altrettanto dilaganti in conseguenza soprattutto dell’uso di amianto, hanno portato il legislatore ad inasprire le sanzioni per i datori di lavoro inadempienti.
Si tratta dunque, da un lato, di norme di rilevanza penale la cui inosservanza comporta l’esclusione dell’esonero previsto dalla assicurazione INAIL e dall’altro, di responsabilità penale per reati contravvenzionali per i quali è previsto l’arresto o l’ammenda.
Ciò vuol dire che per le omissioni commesse dal datore di lavoro la colpa è insita nell’omissione stessa senza doverla provare specificatamente.
Ricordiamo inoltre gli articoli 589 (Omicidio colposo) e 590 (Lesioni personali colpose) che prevedono un inasprimento delle pene per le aggravanti tra le quali troviamo l’inosservanza di norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro:
Art. 589. Omicidio colposo
“Chiunque cagiona, per colpa, la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
…”
Art. 590 - Lesioni personali colpose
Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a € 309.
Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da € 123 a
€ 619; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da € 309 a € 1239.
Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi ad un anno o della multa da € 500 a € 2000 e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.
…”
4. La responsabilità penale del preposto
Le responsabilità penali del preposto si riferiscono agli obblighi derivanti dall’art. 19 del D.Lgs. 81/2008.
Questo aspetto è spesso sottovalutato, o male interpretato, dai preposti. Molti di essi si limitano ad avvisare i lavoratori dei pericoli che corrono e a fornire loro i dispositivi di protezione individuale
dimenticando però, troppo spesso, di esigere che le norme di sicurezza vengano rigorosamente osservate.
Se è vero infatti che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ha il compito di farsi promotore, di coordinare e di gestire le iniziative rivolte a raggiungere il massimo grado di sicurezza, è altrettanto vero che egli deve poter contare sulla collaborazione attiva, e anche autonoma, entro certi limiti, di una più vasta cerchia di persone. Queste persone non possono che essere figure intermedie, responsabili ai quali sono “affidati” gli uomini e i reparti, siano essi di produzione o di servizio.
Al preposto, in quanto competente dal punto di vista tecnico, organizzatore, coordinatore e gestore dei mezzi della propria area di competenza è affidata la sicurezza dei propri uomini.
La Suprema Corte di Cassazione ha quindi scritto in una sua decisione: “La colpa del direttore di uno stabilimento industriale... non può presumersi quando egli diriga un vasto complesso diviso in particolari settori cui siano preposti dei suoi collaboratori con proprie funzioni e responsabilità ed i dipendenti svolgano la loro attività sotto il diretto controllo di costoro (capi-settore, capi-reparto, capi-isola, etc...) a meno che non sussista da parte del direttore la consapevole acquiescenza alle deficienza di vigilanza e di controllo dei suoi collaboratori”.
Non può sfuggire, pertanto, alle sue responsabilità il soggetto che avendo il potere di ordinare un tipo di lavoro non controlli che questo sia compiuto secondo le norme antinfortunistiche; in caso contrario verrebbe meno un anello della catena organizzativa, essendo impossibile per chi non si trovi sul posto di lavoro effettuare tale controllo che costituisce una delle attività più importanti tra quelle dirette ad evitare gli infortuni” (Cassazione Penale, Sez. IV, 21 aprile 2006, n. 14192).
5. La responsabilità amministrativa
Il Decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 ha riconosciuto la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, siano esse società o associazioni, anche prive di personalità giuridica. In effetti, questa responsabilità viene rilevata in sede penale, e si aggiunge a quella della persona fisica che materialmente ha realizzato l’illecito. Per la prima volta nel nostro ordinamento, viene rilevata in sede penale la responsabilità degli enti.
In sostanza, l’ampliamento della responsabilità degli Enti tende a coinvolgere nella punizione di alcuni illeciti penali il patrimonio degli enti stessi e, quindi, tende a coinvolgere gli interessi economici dei soci i quali, prima di tale normativa, non subivano nessuna conseguenza dall’accertamento di reati commessi dagli amministratori o dipendenti, con conseguente vantaggio della società.
Si tratta di una grande innovazione normativa in quanto ora l’ente o la società datrice di lavoro e i soci, non possono considerarsi estranei al procedimento penale per i reati commessi violando norme di sicurezza a vantaggio o nell’interesse dell’ente.
I reati presi in considerazione sono l’omicidio colposo o le lesioni gravi e gravissime commesse con violazione degli obblighi non delegabili del datore di lavoro.
Il D.Lgs. 231/2001 è stato integrato dal Testo Unico salute e sicurezza sul lavoro (l’articolo 300 del decreto sicurezza sostituisce l’art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001)
Esimente per la responsabilità dell’ente è la dimostrazione di aver adottato modelli e misure standard di organizzazione indicate dall’articolo 30 del decreto sicurezza.
Tre sono gli elementi che connessi al SGSSL lo rendono esimente: l’esistenza di un Codice Etico di un Comitato di controllo indipendente e di un sistema sanzionatorio
Modulo 3 - Competenze relazionali e consapevolezza del ruolo
1. La competenza
La competenza può essere definita come “l’insieme strutturato di conoscenze, capacità e atteggiamenti necessari per l’efficace svolgimento di un compito” o come “la qualità professionale di un individuo in termini di conoscenze, capacità e abilità, doti professionali e personali”.
È possibile identificare quattro livelli di competenza:
1. incompetenza inconscia (l’allievo non è consapevole di non saper svolgere un certo compito);
2. incompetenza conscia (l’allievo è consapevole del compito che deve svolgere e di non sapere farlo);
3. competenza conscia (l’allievo sa riconoscere i passi che compongono un certo compito e svolgerli);
4. competenza inconscia (l’allievo sa svolgere un compito senza essere consapevole dei passi intermedi che questo richiede).
La competenza si sviluppa quindi mediante una crescita personale che fa passare l’individuo dall’ignoranza e incapacità, al sapere, saper fare e saper essere integrando infine l’ultima dimensione che riguarda il saper divenire.
5. La competenza relazionale
Dal concetto di competenza possiamo passare a quello di competenza relazionale.
Le competenze relazionali possono essere definite come le capacità associate al comunicare, cooperare, motivare e gestire le interazioni con i propri compagni o colleghi di lavoro.
Gli elementi costitutivi di tale competenza sono:
L’EFFICACIA INTERPERSONALE cioè la capacità di comprendere le percezioni, i bisogni, gli atteggiamenti degli altri e interagirvi in modo costruttivo.
LA GESTIONE DEI GRUPPI E DELLE RIUNIONI cioè la capacità di coordinare più persone intente a operare insieme sulla base di esigenze comuni, ma non necessariamente in sintonia, focalizzando processi di comunicazione incrociata e orientandoli verso i risultati voluti.
Xxxxx PARLARE IN PUBBLICO vale a dire la capacità di imbastire un discorso con parole facili e frasi eleganti, esprimendo chiaramente e correttamente il proprio pensiero di fronte a numerosi e diversificati interlocutori.
LA PERSUASIONE cioè la capacità di mettere insieme e di presentare materiali, suggerimenti, soluzioni in modo da cogliere l'interesse e l'adesione degli interlocutori.
La NEGOZIAZIONE cioè l’orientamento a ricercare e utilizzare margini di trattativa in tutte le situazioni in cui occorre raggiungere un risultato, di qualsiasi natura, in competizione con altre persone o gruppi.
La GESTIONE DELLE RISORSE UMANE ovvero la capacità di orientare, valutare, sviluppare e integrare le attività, i comportamenti del proprio gruppo di lavoro o le unità operative.
La LEADERSHIP, cioè la capacità di organizzare il consenso, di ottenere collaborazione e di guidare singole persone o un gruppo al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Le competenze relazionali sono qui presentate come quei saperi, quelle abilità e quelle soggettive qualità che ci permettono di intrattenere rapporti interpersonali all’insegna della massima soddisfazione possibile, per noi e per chi si relaziona con noi.
A quali saperi, quali abilità, quali qualità soggettive in sostanza si fa riferimento?
All’abilità del saper comunicare, ascoltare, accogliere, stare in contatto, prendersi cura di sé e degli altri.
Alle qualità soggettive del saper essere consapevole e responsabile, presente, affidabile e maturo, empatico, onesto e autentico, assertivo, proattivo e creativo.
6. Bilancio di Competenze
In ultima sintesi, tentando di portare a modello quanto sopra detto, si può tentare di costruire un Bilancio di Competenze basandosi su alcuni Focus e riferendo a essi le competenze strategiche.
Sono stati definiti allo scopo 4 focus e delineate 12 competenze (3 per focus):
1. Gestionale:
Comunicazione, Lavoro di Squadra, Sviluppo Risorse;
2. Operativo:
Decision Making, Orientamento al Risultato, Problem Solving;
3. Organizzativo:
Organizzazione, Pianificazione Attività, Ricerca dell’Eccellenza;
4. Strategico:
Iniziativa, Orientamento al Cliente, Visione.
7. Consapevolezza del ruolo
Una fase fondamentale per costruire il Bilancio di Competenze passa dalla consapevolezza del ruolo dirigenziale; questa consapevolezza può cominciare ponendosi per ognuno dei focus individuati, ad esempio, alcune domande fondamentali.
Focus Gestionale: Come sviluppare un sistema di assegnazione e monitoraggio degli obiettivi stabiliti che permetta una continua crescita dei propri collaboratori?
Focus Operativo: Come strutturare un processo decisionale (priorità, alternative, rischi) anche in situazioni nuove e di incertezza, assumendosene la responsabilità?
Focus Organizzativo: Come saper scegliere con cura e precisione gli strumenti organizzativi più funzionali a un'efficiente organizzazione del lavoro?
Focus Strategico: Come monitorare costantemente le possibilità di ampliamento/miglioramento delle attività (core), riuscendo poi a perseguirle qualora ve ne sia l'opportunità?
Come mettere in campo quindi queste risorse?
Affrontando le situazioni aziendali con mentalità innovativa e responsabile e affrontando il cambiamento della cosiddetta Normalità.
La normalità è qualcosa che ha posto dei limiti, delle regole o delle credenze che permettono al cammino personale e organizzativo di essere funzionale. Per superare sé stessi e raggiungere un nuovo obiettivo, i limiti devono essere superati per creare una nuova normalità, dei nuovi limiti.
Migliorarsi, dunque, per un’organizzazione significa superare i propri limiti per crearne dei nuovi, significa orientare le proprie risorse verso il miglioramento, per raggiungere il successo.
La consapevolezza e la responsabilità sono tra le caratteristiche fondamentali di una persona che, guidando dei processi aziendali, cerca di realizzare pienamente tale obiettivo. Nelle organizzazioni moderne, ai fini di uno sviluppo e di una crescita professionale, con l’obiettivo di formare personale che raggiunga i risultati, sarebbe auspicabile formare, per esempio, con degli stage formativi (similari a quelli degli atleti professionisti) per apprendere a diventare “vincenti”.
Il percorso del professionista consapevole e responsabile è simile al percorso di un campione sportivo, in comune hanno le seguenti caratteristiche:
• Forte motivazione
• Consapevolezza dei propri limiti
• Responsabilità
• Orientamento al risultato
• Abilità nella gestione del cambiamento
• Competenza tecnica
• Tempistica
• Capacità decisionale
Modulo 4 - Modalità di organizzazione e di esercizio della funzione di vigilanza delle attività lavorative
1. L’obbligo di vigilanza
Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti a vigilare in ordine all’adempimento degli obblighi di preposti, lavoratori, progettisti, fabbricanti e fornitori, installatori e medico competente, ferma restando l’esclusiva responsabilità di questi soggetti qualora la mancata attuazione degli obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti.
L’organizzazione del Lavoro e l’adozione delle misure necessarie a tutelare la salute e la sicurezza gravano sul Datore di Lavoro e sul Dirigente, mentre il Preposto sarà tenuto alla mera sorveglianza sull’esecuzione dei lavori rispetto alle direttive ricevute.
È dovere del Datore di Lavoro e del Dirigente accertarsi del comportamento nello svolgimento di una prestazione lavorativa, in relazione all’osservanza delle misure antinfortunistiche.
Non sempre, pur se un lavoratore ha un comportamento negligente, la catena delle responsabilità viene interrotta sicché il Datore di lavoro, il Dirigente e il Preposto possono essere, ciascuno secondo le proprie competenze ed attribuzioni, considerati responsabili.
In particolare, il Datore di lavoro deve adempiere a Doveri di Prevenzione Tecnica ed Organizzativa, all’Informazione ed alla Formazione, ed alla Vigilanza e Controllo. Certo potrebbe essere data una delega per distribuire le responsabilità ma in base all’art 16 “La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.” L’obbligo di vigilanza si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del Sistema di gestione di salute e Sicurezza sul lavoro.
2. Vigilare sull’operatività
Uno degli aspetti chiave che devono essere tenuti sotto controllo dal modello di gestione è l’obbligo di vigilare sull’effettivo rispetto delle procedure aziendali e quindi di verificare che tutti i soggetti interessati operino concretamente secondo il modello.
Come è noto, il problema della vigilanza non è un problema che riguarda immediatamente l’alta direzione e neanche la dirigenza, che sono spesso lontane dalla situazione sul campo e che, quindi, non hanno gli strumenti pratici per attuare direttamente un’opera di promozione e vigilanza del rispetto delle procedure.
Le figure chiave in questo processo sono talvolta i quadri intermedi, per esempio i capi reparto; in quanto anch’essi spesso sono coinvolti in attività di pianificazione, che non li tengono sufficientemente a contatto con la realtà operativa.
3. Il ruolo dei preposti e dei Dirigenti
La vera vigilanza, quella che impedisce o almeno riduce i comportamenti non sicuri è quella che può essere attuata dai preposti, quali Coordinatori Sanitari, Capitecnici, Capi settori di determinati servizi. Questi soggetti, per il fatto stesso che operino strettamente a contatto con i lavoratori, che le loro prestazioni e i relativi compensi aggiuntivi siano legati al buon rapporto che sanno instaurare con i lavoratori, possono orientare questi ultimi a comportarsi secondo procedure che hanno sequenze definite e regolamentate.
Per attuare questa situazione e coinvolgere i preposti nelle attività di vigilanza, i Dirigenti devono conoscere gli obblighi di sicurezza ed accertarsi che i preposti li perseguano in modo corretto.
Occorre quindi che le aziende si impegnino nel coinvolgimento nel processo di miglioramento della sicurezza dei preposti e anche dei lavoratori stessi, attraverso una gestione che veda i Dirigenti responsabilmente coinvolti.
Secondo quanto già illustrato in relazione alle responsabilità dei Dirigenti e dei Preposti in tema di sicurezza, la relazione fra Dirigenti e Preposti è fondamentale per garantire attraverso la Formazione, l’Informazione e l’Addestramento l’attuazione dei processi di lavoro corretti e le verifiche di sicurezza contribuendo in tal modo a collaborare con il Datore di Lavoro nell’adempimento di un preciso obbligo.
4. Coinvolgere i Preposti
Il punto principale da prendere in considerazione, per coinvolgere i preposti prima di tutto nella vigilanza, è la chiara definizione delle loro mansioni all’interno dell’azienda. Se l’azienda non traduce l’art. 19 nella sua realtà, dando ad ogni preposto e categoria di preposti un’indicazione precisa su quello che l’azienda medesima richiede loro in materia di organizzazione aziendale, non è in grado di far funzionare il modello istituito. Occorre pertanto distribuire fra preposti di diverso grado l’impegno e la conduzione dell’attività lavorativa, i controlli di impianti e mezzi di produzione, la vigilanza; questa distribuzione deve essere governata con equilibrio e a nessuno devono essere richieste prestazioni in materia di sicurezza superiori alle sue effettive possibilità. Quindi la mappatura delle attività dei preposti e un’attenta distribuzione delle responsabilità che entri nei dettagli operativi, senza però avere una pretesa di esaustività, deve essere il primo passo dell’azienda che deve chiarire a sé stessa e cioè quale effettivamente è la propria organizzazione, quale effettivamente è la richiesta che fa ai suoi collaboratori. Attraverso il coinvolgimento dei Dirigenti.
5. Formare i Preposti
Se si costruisce un “mansionario” logico e ben articolato e lo si propone a dei preposti, è molto probabile che esso venga ritenuto un arbitrio da parte dell’azienda, un tentativo di attribuire ai lavoratori e ai preposti delle responsabilità che a loro non spettano, con il solo fine di preservare i vertici aziendali dalle loro responsabilità.
È quindi necessaria un’attività di formazione, di coinvolgimento, di crescita culturale dei preposti che deve essere impostata dall’azienda sin da subito, quando essa decide di instaurare un modello organizzativo: solo così arriverà ad avere una platea di lavoratori e preposti ricettiva, pronta ad iniziare il percorso di adozione del modello del sistema di gestione.
Non è infatti sufficiente dire a un preposto che ciò, che gli si chiede, era la stessa cosa che gli si chiedeva in precedenza e che ora è messa in forma esplicita; la questione non viene recepita in questi termini e viene, anzi, considerata una scusa per mascherare un’imposizione impropria ed ingiusta da parte dell’azienda.
Solo facendo così, si può arrivare al loro coinvolgimento e alla convinzione che il loro ruolo svolga effettivamente in azienda una funzione determinante sotto il punto di vista della sicurezza.
Modulo 5 - I Dispositivi di Protezione Individuale
1. Quando e come utilizzare i DPI
I DPI devono essere prescritti solo quando non sia possibile attuare misure di prevenzione dei rischi (riduzione dei rischi alla fonte, sostituzione di agenti pericolosi con altri meno pericolosi, utilizzo limitato degli stessi), adottare mezzi di protezione collettiva, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro; in altri termini, il DPI va utilizzato solo quando non è possibile eliminare totalmente il rischio e si è di fronte ad un rischio residuo.
Il lavoratore è obbligato a utilizzare correttamente tali dispositivi, ad averne cura e a non apportarvi modifiche, segnalando difetti o inconvenienti specifici. Per alcuni DPI è fatto obbligo di sottoporsi a programmi di formazione e di addestramento.
2. I requisiti dei DPI
L'art. 76 del D. Lgs. n. 81/08 indica le caratteristiche che devono avere i DPI per poter essere utilizzati:
• devono essere adeguati ai rischi da prevenire e alla loro entità senza comportare di per sé un rischio aggiuntivo
• devono essere rispondenti alle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore
• devono essere adattabili all'utilizzatore secondo le sue necessità
• devono essere in possesso dei requisiti essenziali intrinseci di sicurezza, cioè essere conformi alle norme di cui al Regolamento (UE) 2016/425.
3. Le tipologie di DPI
I DPI sono classificati in base alle parti del corpo che devono proteggere; in particolare sono classificati come di dispositivi di protezione:
• della testa,
• dell'udito,
• degli occhi e del viso,
• delle vie respiratorie,
• delle mani e delle braccia,
• dei piedi e delle gambe,
• della pelle,
• del tronco e dell'addome,
• dell'intero corpo.
4. La scelta del DPI
Si deve sempre tenere presente che il requisito della certificazione CE non è da solo sufficiente a definire come idoneo un DPI in quanto il Datore di Xxxxxx, e con lui i Dirigenti, deve confrontare le caratteristiche del dispositivo con quelle necessarie nel contesto in cui si opera prima di destinarlo all’uso; in particolare:
CARATTERISTICHE GENERALI DEI DPI:
COMFORT: dovrebbero essere leggeri, adattabili, tali da assicurare comfort termico, traspirabilità, dimensioni limitate |
ECONOMICI: il costo unitario non deve essere troppo elevato. Devono essere di alta durata ed efficienti |
REQUISITI INFORMATIVI: devono esserci indicazioni su limiti d’uso, tempo utile prima della scadenza, istruzioni per l’uso, corretta manutenzione ed immagazzinamento |
REQUISITI DI SICUREZZA: deve esserci assenza di rischi aggiuntivi, innocuità, solidità, efficienza protettiva, adeguata durata della potenziale protezione, e data di scadenza utile |
REQUISITI PRESTAZIONALI: ridotto disagio nell’indossarli, funzionalità pratica, compatibilità con altre protezioni |
È comunque di fondamentale importanza il ruolo del medico competente nella loro scelta, il quale esprime l’idoneità tenendo conto della compatibilità al loro utilizzo da parte del soggetto.
5. Conservazione e manutenzione
“Il Datore di lavoro mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie.”
I lavoratori devono inoltre avere cura dei DPI messi a loro disposizione (art. 20 c. 2 d sanzionato dall’art. 59 in caso di inadempienza).
Per tutti i dispositivi che necessitano di manutenzione, deve essere tenuto un apposito registro relativo all’immagazzinamento e alla manutenzione.
È opportuno che il sistema di manutenzione sia codificato nel DVR attraverso la predisposizione di un programma che comprenda (sulla base della nota informativa del fabbricante):
1. L’ispezione per l’accertamento di eventuali difetti
2. La pulizia e la disinfezione
3. La manutenzione generale
4. La documentazione delle attività e il mantenimento della documentazione
5. L’immagazzinamento.
6. L’importanza della formazione
È necessaria una formazione corretta, esaustiva ed efficace condotta anche sul posto di lavoro. Particolare attenzione deve essere posta alla formazione al corretto uso in lavori atipici (apprendisti e minori, extracomunitari, lavoratori temporanei, donne, artigiani, lavoratori indipendenti, lavoratori in corso di addestramento, studenti, portatori di handicap/invalidi) con la compartecipazione del Medico Competente.
Un addestramento è indispensabile in particolar modo per i DPI di CATEGORIA III e per i dispositivi di protezione dell’udito; in ogni caso, oltre alla scheda informativa dei DPI utilizzati, un’istruzione adeguata per i lavoratori dovrebbe riguardare le caratteristiche e gli effetti delle sostanze nocive/agenti pericolosi per le quali vi è esposizione nell’ambiente, le caratteristiche di funzionamento e di possibile disfunzione delle apparecchiature utilizzabili con i loro pregi ed eventuali difetti, i limiti d’uso particolarmente per gli APVR (Apparecchi di Protezione delle Vie Respiratorie), l’effetto protettivo, la durata, la sostituzione dei filtri, le modalità con cui devono essere correttamente indossati e regolati, la pulizia, la conservazione, le situazioni di emergenza.
7. Procedure da attuare per un adeguato procedimento di valutazione dei rischi in relazione ai DPI da scegliere
Per un adeguato procedimento di valutazione dei rischi in relazione ai DPI da scegliere:
1) Definire esattamente il pericolo e prendere nota dell’effetto potenziale degli agenti chimici (composizione, quantità, etichettature, penetrazione cutanea, effetti acuti o ritardati, vie di assorbimento, effetti cumulativi e potenziati)
2) Accertare esposizione in relazione alle condizioni operative (circostanze specifiche, fatica, contaminazioni accidentali, ecc.)
3) Effettuare verifiche:
• Autocontrollo (anche mediante check list)
• Adeguatezza barriera contro i tossici
• Valutare esito prove pratiche
• Valutazione possibilità di intralcio (minimo)
• Possibili interferenze con altri DPI
• Ipotetici svantaggi (riduzione visuale, ecc...)
• Necessità di requisiti speciali
• Adeguatezza della manutenzione, della gestione, della supervisione e delle procedure
Utilizzo dei criteri procedurali previsti dal DM per la scelta dei DPI oltre ai riferimenti già contenuti in norme specifiche:
• Descrizione gravità del pericolo di esposizione alla pelle
• Valutazione pericolo di inalare agenti chimici
• Descrizione e motivo della necessità di occhiali, copricapi e stivali speciali
• Valutazione tipo di resistenza e tempo di difesa del materiale degli indumenti ai tossici
• Verificare altri requisiti di resistenza utili del materiale degli indumenti (es. durabilità)
• Stabilire necessità di permeabilità all’aria
• Verificare accettabilità di coperture parziali (grembiuli)
• Stabilire adeguatezza di indumenti “usa e getta”
• Verificare necessità di massimo isolamento
Riferimenti minimi (D. Lgs. 81/08) per la scelta dei DPI indumenti di protezione.
L’ allegato VIII del D.Lgs. 81/08 indica uno schema semplificato per l’inventario dei rischi, un elenco delle condizioni non esaustive di rischio e degli schemi di riferimento per la scelta dei diversi DPI.
Dopo una scelta preliminare bisogna:
• Valutare impedimento, intralcio sforzi o scomodità determinate dai DPI usati
• Stabilire se occorre una protezione aggiuntiva contro altri pericoli (es.: incendio)
• Determinare la compatibilità con attività ed utensili in uso
• Stabilire un addestramento adeguato per qualsiasi procedura
• Verificare se vi è possibilità di contaminazione per altri lavoratori
• Giudicare l’adeguatezza delle procedure di pulizia manutenzione e sistema di gestione.
Modulo 6 - La prevenzione incendi
1. La prevenzione degli incendi
La prevenzione degli incendi è quella disciplina che studia le possibili soluzioni tecniche e organizzative, destinate a proteggere dai rischi del fuoco, garantendo comunque la sicurezza delle persone, il normale svolgimento delle attività lavorative e la conservazione dei beni in caso di incidente.
A tal fine l’azienda si è dotata di un regolamento che definisce obblighi, divieti e norme comportamentali di prevenzione e protezione incendi.
Il rispetto del regolamento consente di:
• minimizzare la probabilità di incendio;
• garantire l’efficienza e l’efficacia dei sistemi di protezione incendi;
• limitare le conseguenze qualora un incendio si sviluppi;
• assicurare la possibilità che gli occupanti lascino l’istituto indenni;
• garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza
2. Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
Il Datore di Lavoro deve inserire nel Documento di Valutazione dei Rischi la valutazione del rischio di incendio e le conseguenti misure di prevenzione e protezione, e individuare i nominativi dei Lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione dell’emergenza.
Il dirigente ha l’obbligo di vigilare sulla corretta applicazione nel suo reparto del regolamento per la Prevenzione e Protezione Incendi.
In particolare, i dirigenti devono:
• informare e istruire i propri collaboratori circa il contenuto del regolamento;
• porre in atto tutte le misure organizzative affinché il contenuto del regolamento sia applicato;
• sorvegliare che gli obblighi, i divieti e le norme comportamentali di prevenzione e protezione incendi siano osservate;
• intervenire sui propri collaboratori per correggere le eventuali inadempienze;
• segnalare tempestivamente al RSPP eventuali anomalie.
La vigilanza sull’attuazione delle norme antincendio è demandata esclusivamente al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
3. Protezione passiva e attiva
I principali sistemi di prevenzione degli incendi consistono fondamentalmente nella protezione passiva e attiva.
La protezione passiva consiste nella progettazione ed esecuzione di opere e strutture capaci di opporre elevata resistenza agli effetti del fuoco; questa può essere ottenuta:
• attuando la compartimentazione dei locali;
• riducendo il carico d’incendio;
• scegliendo materiali di arredamento poco combustibili;
• prevedendo adeguate vie di esodo e luoghi sicuri.
La protezione passiva si integra generalmente con provvedimenti di protezione attiva che consistono ad esempio in:
• estintori, idranti, ecc.;
• un impianto di rilevazione o segnalazione automatica degli incendi;
• un impianto di estinzione degli incendi, manuale e/o automatico (obbligatorio nelle attività in cui esistono specifici rischi di incendio e sottoposte al controllo dei Vigili del Fuoco);
• un impianto di evacuazione dei fumi naturale o forzato;
• ecc.
4. La collocazione degli estintori
Particolare importanza assume, nella gestione degli incendi, la collocazione degli estintori portatili; infatti, perché questi possano effettivamente essere utilizzati in caso di necessità, è fondamentale che ne sia sempre garantita:
• la visibilità per mezzo di idonea segnaletica e verniciatura di colore rosso;
• l’accessibilità, intesa sia come assenza di ingombri sottostanti che ne impediscono il prelievo, che altezza di collocazione che dovrebbe essere sempre compresa fra 130 e 150 cm dal pavimento (per permettere il facile e immediato distacco dal gancio);
• la fruibilità intesa come protezione contro urti accidentali e cadute per garantirne comunque l’effettivo funzionamento.
Gli estintori a polvere o ad anidride carbonica (CO2), data la loro idoneità all’intervento sui fuochi di classe A, B, C, e sulle apparecchiature elettriche (E) sono di solito largamente impiegati.
5. Prevenzione dei comportamenti a rischio
La prevenzione degli incendi ovviamente può e deve essere ottenuta per mezzo dei sistemi citati in precedenza come la protezione passiva; questo tipo di soluzione però può considerarsi quasi completamente inutile se i comportamenti e le abitudini delle persone non sono mirati a prevenire già in partenza l’insorgenza degli incendi.
Di seguito si illustrano alcuni comportamenti che possono contribuire a ridurre o eliminare il rischio di incendio e sui quali di fondamentale importanza è l’atteggiamento e l’attenzione dei Dirigenti e dei Preposti:
• non fumare o usare fiamme libere ove esista pericolo per la presenza di materiali, gas, vapori o polveri infiammabili (es. depositi bombole, archivi cartacei, falegnameria, ecc.), in generale in ospedale e nelle strutture pubbliche è comunque vietato fumare;
• non gettare mozziconi di sigaretta all’interno di depositi o in ambienti dove sono presenti materiali combustibili o nei vani ascensori;
• evitare di accumulare materiali combustibili (es. legno, carta, stoffa, ecc.) in luoghi non appositamente predisposti,
• non causare spandimenti di liquidi infiammabili; se ciò dovesse accadere provvedere immediatamente alla raccolta e smaltimento;
• non esporre le bombole di gas (es. ossigeno, acetilene, ecc.) a fonti di calore;
• mantenere sgombre da ostacoli le vie di accesso ai presidi antincendio e le uscite.
6. Il Piano di emergenza
Qualora, nonostante le precauzioni e le misure adottate, si verificasse un principio di incendio, tutti gli operatori dell’Organizzazione devono mettere in atto il “Piano per la gestione dell’emergenza incendio” specifico del proprio sito lavorativo e, in caso di incendio, attenersi scrupolosamente alle procedure.
7. Cosa fare in caso di incendio
In caso di incendio:
• mantenere la calma;
• dare l’allarme attraverso i NUMERI DI EMERGENZA ed eventualmente anche attraverso i pulsanti manuali di segnalazione;
• non limitarsi al solo uso dei pulsanti manuali di segnalazione: comporre sempre anche il numero di emergenza;
• proteggere e soccorrere degenti e visitatori e occuparsi dell’evacuazione sicura del proprio reparto;
• se si è addetti alla squadra antincendio o se ci si ritiene in grado di farlo, tentare un primo intervento con xxxxxxxxx;
• nel tentare un primo intervento di spegnimento: non impiegare acqua per estinguere fiamme su apparecchiature, quadri elettrici e altri componenti che potrebbero essere sotto tensione elettrica;
• non usare gli ascensori in caso di incendio.
È bene ricordare che, in linea di massima, il tempo a disposizione per fronteggiare e spegnere un principio di incendio è di circa 15 minuti, dopo di che la temperatura che si può raggiungere nel luogo è tale (può superare i 300°C) da consentire solo interventi di contenimento.
Sono molto importanti la tempestività e la correttezza delle comunicazioni di chi scopre l’incendio.
8. Evacuazione ordinata
La necessità di evacuazione da un reparto dipende dalla natura dell’emergenza in corso e dalla sua gravità; va sempre dichiarata in occasione di pericolo grave o immediato come ad esempio: incendio non controllabile, scoppio, crollo interno di strutture portanti.
9. Cosa fare in caso di evacuazione
Qualora fosse necessario procedere all’evacuazione di un reparto, di un piano o dell’intero edificio, si raccomanda di attenersi scrupolosamente a quanto riportato nel “Piano per la gestione dell’emergenza incendio” specifico del proprio sito lavorativo e in particolare:
• mantenere la calma;
• non correre;
• prima di evacuare il reparto verificare che nessuno sia rimasto in locali non presidiati (bagni, depositi, etc.)
• uscire dai locali, dirigendosi verso le uscite di emergenza e seguendo le indicazioni della segnaletica di emergenza e delle planimetrie;
• non usare gli ascensori;
• aiutare chi si trova in difficoltà e aiutare ad allontanare i pazienti e visitatori;
• in presenza di fumo, camminare abbassati il più vicino possibile al pavimento e proteggere le vie aeree con stoffa inumidita;
• coprire la testa e il corpo con indumenti di lana (cappotti, sciarpe, scialli, etc.);
• non ostruire gli accessi allo stabile permanendo in prossimità di essi dopo l’uscita;
• non tornare indietro;
• non prendere iniziative che potrebbero compromettere la propria e l’altrui incolumità;
• non perdere tempo a raccogliere oggetti personali, non portare con se oggetti ingombranti;
• giunti all’esterno, dirigersi verso il luogo di raduno.
10. Organismi aziendali per la sicurezza
La gestione complessiva delle possibili emergenze ospedaliere è attuata mediante l’istituzione di uno speciale organismo aziendale denominato Unità di Crisi; di cui devono far parte le figure che hanno la massima capacità gestionale ed operativa per governare efficacemente l’Emergenza e per comunicare in modo appropriato con tutti gli interlocutori interni ed esterni.
Modulo 7 - Violenza sui luoghi di lavoro
1. Violenza sul luogo di lavoro: i numeri del problema
Secondo European Foundation for Improvement of Living and Working Condition, l’1.9% delle donne e l’1.2% degli uomini riferiscono di essere stati soggetti a violenza fisica sul luogo di lavoro da parte di persone appartenenti alla stessa organizzazione. Sembrano essere particolarmente colpiti i settori della sanità e dei servizi sociali (5.3%).
La stessa fonte riporta tuttavia una maggiore frequenza di episodi di violenza fisica sul luogo di lavoro da parte di soggetti esterni alle organizzazioni. Il 4.5% delle donne e il 3.5% degli uomini riferiscono di essere stati vittima di tali forme di violenza negli ultimi 12 mesi. La percentuale è sensibilmente maggiore nei settori lavorativi in cui il contatto con la clientela è più frequente: circa il 13% nel settore della sanità e dei servizi sociali, l’8% nella pubblica amministrazione.
Sebbene gli atti di violenza non abbiano esito mortale e consistano sostanzialmente in aggressione o tentativo di aggressione fisica e/o verbale, una stima del Bureau of Labor Statistics statunitense indica per gli operatori ospedalieri un tasso d’incidenza di aggressione molto elevato.
2. Misure di tutela
La complessità del rischio è tale che si deve partire da tre concetti fondamentali:
• non sempre è possibile mettere in atto adeguate misure preventive, proprio per l’imprevedibilità delle azioni;
• non sempre quindi è possibile ridurre la probabilità che l’evento accada;
• non sempre è possibile ridurre le conseguenze avverse dell’evento. Le azioni di tutela che si possono mettere in atto riguardano molteplici fattori:
• formazione e informazione del personale;
• organizzazione degli ambienti;
• misure di carattere organizzativo;
• provvedimenti ergonomici negli acquisti e nella progettazione degli ambienti.
3. Formazione
La formazione deve curare gli aspetti relativi all’accoglienza degli utenti e alla loro puntuale informazione e comunicazione mediante relazioni basate sull’empatia.
In particolare è importante sviluppare:
• la capacità di leggere situazioni di tensione e mettere in atto azioni correttive volte a tranquillizzare le persone;
• la capacità di distogliere l’attenzione dell’interlocutore e l’uso della comunicazione non verbale;
• le tecniche di decompressione (controllo e interventi terapeutici delle situazioni di crisi).
4. Ambienti di lavoro
In situazioni di pericolo non sempre è possibile raggiungere tempestivamente segnali di allarme. È quindi buona norma dotare il personale di telefoni cellulari o altri dispositivi che prevedano l’attivazione di allarme mediante la pressione di un pulsante, soprattutto nelle attività di assistenza domiciliare o nelle aree critiche. Inoltre nelle attività esterne è necessario rendere sempre nota la propria posizione o indirizzo.
È importante curare con attenzione la segnaletica dedicata alla comunicazione con i visitatori e i pazienti. Devono essere chiare: le regole, la garanzia di uguali diritti per ogni paziente verso le cure, le regole che il personale è obbligato a rispettare (uso dei DPI, priorità negli interventi, ecc.).
Le vie di accesso ai singoli reparti devono essere indicate chiaramente con esposizione di tempi di attesa e percorsi.
In caso di proteste o lamentele devono essere immediatamente forniti i moduli previsti, invitando cortesemente a compilarli in ogni dettaglio e garantendo una risposta adeguata da parte dei responsabili.
È importante che siano bene evidenti i provvedimenti che l’Azienda intende adottare a tutela dell’incolumità fisica e psichica degli operatori.
Nei reparti a rischio si raccomanda di prevedere un ambiente dove, in caso di situazioni particolarmente critiche, il personale possa trovare rifugio chiudendosi all’interno e comunicando alla struttura preposta la situazione di emergenza. se possibile, il locale dovrà essere dotato di telefono e di pulsante antipanico che attivi l’emergenza, possibilmente con una uscita secondaria di emergenza.
Nelle portinerie dove esistono barriere protettive, è necessario mettere in atto adeguate strumentazioni, attrezzature e procedure volte a favorire la migliore comunicazione possibile.
Le aree di attesa nell’area di Pronto Soccorso dovrebbero essere isolate dall’area assistenziale, se possibile con porte chiudibili e adottando altre precauzioni come per esempio: i vasi per le piante, dove presenti, dovrebbero essere in plastica; televisori e tavoli, quando possibile, dovrebbero essere fissati; sono preferibili le sedie con supporto ad esse continua evitando i modelli a 4 gambe che potrebbero essere facilmente usate come arma.
I sistemi video a circuito interno non garantiscono comunque lo stesso standard dell’attenzione sensoriale; postazioni infermieristiche e portinerie dovrebbero essere posizionate in modo da consentire la più ampia visione possibile degli spazi circostanti e delle aree di cura dei pazienti.
Le aree esterne, e in modo particolare le zone parcheggio, devono essere ben illuminate garantendo la più ampia visuale possibile.
Adottando circuiti interni è bene prevedere anche dei monitor ben visibili che rendano evidente la registrazione e i relativi tempi di attesa, con particolare attenzione negli atrii e aree di accesso all’edificio.
Nell’area dedicata a intervistare i pazienti le porte devono consentire la visione dall’esterno; se possibile, installare un pulsante antipanico; la postazione dell’operatore deve essere quella più vicina alla porta e possibilmente avere sempre un tavolo tra paziente e operatore.
Xxxxxxxx e forchette devono essere gestiti con cura, evitare sempre modelli molto taglienti e appuntiti.
5. Situazioni critiche
Il tardo pomeriggio, la sera, la notte, i periodi festivi, il periodo estivo sono spesso fonte di accentuazione di fenomeni violenti legati all’abuso di alcol, droghe e comunque variazioni nella vita comunitaria. Proprio in queste fasi l’organizzazione tende a una riduzione del personale attivo determinando quindi un rischio ulteriore per gli operatori sanitari.
L’aggressione con armi è indubbiamente la circostanza più pericolosa. Ogni qualvolta vi siano situazioni particolarmente tese è consigliabile adottare un insieme di provvedimenti cautelativi (è preferibile che gli operatori operino in coppia), fino a quello di incontrare i pazienti in una struttura sanitaria piuttosto che in abitazioni o altre strutture ove il paziente particolarmente critico può diventare un ulteriore elemento di rischio.
Comunque l’assistenza domiciliare deve sempre prevedere per l’operatore sanitario la disponibilità di telefono cellulare con predisposto segnale di emergenza, e l’operatore dovrà concordare frasi in codice di allarme, o utilizzare un sistema con frasi preregistrate.
Evidentemente dovrà esserci uno staff adeguatamente preparato per accogliere i segnali di emergenza e attivare tempestivamente l’intervento di operatori preposti.
6. Attività maggiormente esposte
Le attività che comportano una maggiore esposizione al rischio violenza sono quelle a diretto contatto con i pazienti. Pensiamo in modo particolare al personale dedicato alle attività di Pronto Soccorso, a tutti coloro che si trovano ad affrontare pazienti in fasi acute e al personale dedicato alle informazioni, spesso considerato causa di lunghe attese soprattutto nei casi in cui debba imporre limiti negli accessi.
Si individuano quindi delle grandi aree di interesse:
• neurochirurgia;
• lungodegenti;
• portinerie e vigilanza;
• URP, CUP, accettazione;
• accettazione reparti.
Gli operatori che lavorano nel settore sanitario possono subire, nel corso della loro attività lavorativa, aggressioni fisiche da parte di utenti, cittadini o accompagnatori.
Le strutture sanitarie, inoltre, sono spesso oggetto di azioni vandaliche da parte di teppisti. Particolarmente a rischio sono da considerarsi gli operatori che:
• manipolano danaro o beni di valore;
• distribuiscono o gestiscono farmaci che hanno notevole valore economico nel mercato illegale dei farmaci stessi (metadone, stupefacenti ecc.);
• devono assistere pazienti aggressivi o psicolabili;
• hanno frequenti rapporti con l’utenza (specie se trattasi di utenza sottoposta a stress per varie cause quali lunghe attese, difficoltà a muoversi nelle strutture, ecc.)
• svolgono lavori di ispezione, controllo o esercizio di attività di pubblica autorità.
Tra gli operatori di cui sopra sono poi da considerarsi particolarmente sottoposti a rischio gli operatori:
• di sesso femminile;
• portatori di handicap;
• che lavorano da soli o isolati;
• che lavorano in strutture non idoneamente attrezzate contro il rischio di aggressioni;
• non idoneamente formati, dal punto di vista professionale, a gestire il rischio violenza.
7. Conseguenze dell’aggressione fisica
Le aggressioni fisiche possono comportare a carico dell’operatore lesioni varie (contusioni, fratture, ecc.).
Particolarmente gravi possono essere le lesioni causate da pazienti portatori di patologia trasmissibile per via ematica.
Non sono poi da sottovalutare, dal punto di vista psicologico, le conseguenze traumatiche che possono subire gli operatori che hanno subito aggressioni fisiche. Inoltre occorre considerare che lavorare in ambienti a rischio di aggressioni fisiche può determinare, a carico del lavoratore, patologie causate da stress.
L’operatore oggetto di episodi violenti deve essere adeguatamente seguito da personale specializzato, come pure i colleghi dell’operatore esposto.
È sempre necessario fare un Report a seguito di un episodio violento.
È importante registrare adeguatamente ogni evento avverso, comunicare se l’evento ha comportato un infortunio e comunque segnalarlo ai servizi aziendali preposti.
8. Prevenzione
Per prevenire il rischio di aggressioni fisiche o verbali è opportuno mettere in atto misure di tipo strutturale e organizzativo.
Dal punto di vista strutturale è necessario:
• verificare che la struttura sia dotata di validi sistemi di chiusura delle porte e delle finestre, al fine di limitare il rischio aggressioni a danno del lavoratore che opera da solo o in orari di non apertura al pubblico;
• installare un videocitofono al fine di consentire al lavoratore che opera nella struttura, da solo o in orari di non apertura al pubblico, di poter colloquiare con un paziente interponendo una barriera fisica (la porta di ingresso del locale) tra se e il paziente a rischio;
• mantenere adeguati livelli di illuminazione artificiale nella struttura e nelle aree annesse (parcheggi, vie di transito esterne, ecc.) al fine di limitare il rischio di aggressioni;
• opacizzare i vetri delle finestre al fine di impedire a malintenzionati di prendere visione della situazione interna;
• assicurare la presenza nei locali di telefoni e/o altri ausili per dare l’allarme in caso di bisogno;
• eliminare, per quanto possibile, oggetti o attrezzature che possono essere utilizzate come corpi contundenti o taglienti (ad es. posacenere pesanti, tagliacarte, forbici, vasi, ecc.).
Dal punto di vista organizzativo:
• le Unità operative dovranno dotarsi di un protocollo/procedura di gestione del rischio aggressioni fisiche mirato agli eventi già accorsi all’interno della struttura stessa nonché a prevedibili scenari;
• gli operatori dovranno essere debitamente informati delle procedure con appositi incontri formativi;
• mettere a conoscenza i cittadini e i pazienti degli orari del Servizio e, per quanto possibile, esigere il rispetto degli stessi;
• garantire sempre la presenza di due operatori;
• chiamare le forze dell’ordine in caso di situazioni non gestibili dagli operatori.
È inoltre opportuno che agli operatori vittime di aggressione fisica o verbale, siano garantiti (di concerto con il Medico Competente) opportuni percorsi di aiuto (assistenza psicologica, allontanamento momentaneo o permanente dalla struttura). È infatti possibile che, a seguito di grave di aggressione fisica (una rapina, una aggressione, ecc.), l’operatore sia afflitto da stress e da sindrome post-traumatica.
9. Valutazione del rischio
Il metodo adottato per la valutazione del rischio si basa su due diversi livelli di analisi:
1. una valutazione del rischio "a priori" condotta su ogni struttura operativa dell'Azienda e per ogni figura professionale interessata dal rischio, tenendo conto della tipologia degli ambienti lavorativi e del contatto con l'utenza assistita. L’ambiente gioca infatti un ruolo importante in quanto può provocare stress psichico nelle persone e indurre alterazioni nello stato di salute dei lavoratori;
2. valutazione del rischio per analisi degli infortuni avvenuti e registrati.
Per ognuna delle due analisi si introduce un indice di rischio che tiene conto del contributo parziale di ogni parte (statistica con analisi infortuni - indagine valutativa a priori).
Obiettivo finale della valutazione sarà quello di individuare un indice numerico, ottenuto dal contributo di entrambi gli indici parziali, che quantifichi il rischio da aggressione relativo a ogni gruppo omogeneo di lavoratori individuato all'interno dell'Azienda.
LIVELLI DI RISCHIO
1) RISCHIO TRASCURABILE e RISCHIO BASSO | Si ritiene applicabile, come informativa generale sui rischi, l'opuscolo interno di informazione (informazione ex art. 37 D.Lgs. 81/2008) e la procedura contenuta in allegato ai piani di emergenza (PE). |
2) RISCHIO MEDIO | Oltre a quanto previsto per il rischio trascurabile e medio si propongono specifici percorsi di Informazione - Formazione per i lavoratori sulle seguenti tematiche: • Accoglienza dei clienti, relazioni di empatia, puntuale informazione e comunicazione; • capacità di leggere situazioni di tensione e mettere in atto azioni correttive volte a tranquillizzare le persone; • Capacità di distogliere l’attenzione dell’interlocutore, uso della comunicazione non verbale; • Tecniche di decompressione, attraverso il controllo e interventi terapeutici delle situazioni di crisi; • Uso di indumenti ed ornamenti adeguati: cravatte bloccate con appositi fermacravatta, evitare collane, sciarpe, scialli. |
3) RISCHIO ALTO | Oltre a quanto previsto per il rischio medio si propone un secondo corso sulla gestione dell’aggressività vera e propria. Argomenti: |
- prove pratiche di gestione dell’aggressione - la gestione con due operatori - la valutazione degli spazi, delle attrezzature e le cautele da adottare nella predisposizione del locale e dell’abbigliamento - l’eccesso di legittima difesa (con la partecipazione di un legale) - test di apprendimento e certificazione della informazione e formazione. |
Modulo 8 - Il rischio chimico
1. Il rischio chimico nei luoghi di lavoro
Per rischio chimico in ambiente di lavoro si intende l’insieme di rischi per la Sicurezza e per la Salute, connessi alla presenza di agenti chimici pericolosi nell’ambito dello svolgimento dell’attività lavorativa.
Le norme per la protezione dei lavoratori contro tali rischi sono contenute nel Titolo IX - Capo I del D.Lgs. 81/08 e s.m.i..
Esso stabilisce i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che possono derivare dagli effetti degli agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o risultato di un’attività lavorativa che comporti la loro presenza.
Sono quindi contemplate tutte le attività lavorative che prevedano, a qualunque titolo, l’utilizzo di agenti chimici (impiego, immagazzinamento, trasporto) o che derivino, in maniera intenzionale o meno, da processi di lavorazione.
Il decreto, ad esempio, è applicabile a numerose sostanze frequentemente in uso in ospedale o in laboratori di analisi o ricerca, quali:
• antisettici e disinfettanti
• detergenti
• reagenti e coloranti di laboratorio
• formalina
• etc.
Non si applica invece a:
• Medicinali per uso umano e veterinario;
• Cosmetici;
• Alimenti;
• Mangimi;
• agenti chimici contenenti radionuclidi (soggetti alle sole disposizioni del D.Lgs. 230/95 e s.m.i., relative alla radioprotezione dei lavoratori);
• Amianto.
2. Informazione e formazione dei lavoratori
Il Datore di Lavoro è tenuto, ai sensi dell’art. 227 del D.Lgs. 81/2008, a mettere a disposizione dei lavoratori, o dei loro rappresentanti, i dati e le informazioni ottenute dalla valutazione del rischio da sostanze pericolose.
In particolare egli mette a diposizione informazioni sulla tipologia delle sostanze pericolose, sui pericoli per la sicurezza e la salute, sui valori limite esistenti e sulle azioni che devono essere intraprese per proteggersi sul luogo di lavoro.
Ai sensi dell’art. 37 comma 4 del D.Lgs. 81/2008 la formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico dei lavoratori devono avvenire in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscele pericolose.
3. Sorveglianza sanitaria
Il Datore di Xxxxxx sottopone a sorveglianza sanitaria i lavoratori esposti ad agenti chimici particolarmente pericolosi per la salute qualora la valutazione del rischio abbia identificato una situazione di rischio per la salute non irrilevante (art. 229 D.Lgs. 81/08)
La sorveglianza sanitaria è effettuata dal Medico Competente, nominato dal Datore di Lavoro, e prevede, oltre alla visita medica, anche l’effettuazione di esami ematochimici indicati nel programma di sorveglianza sanitaria.
Il Medico Competente, in accordo con il Datore di Xxxxxx e motivandone la ragione, può sottoporre a sorveglianza sanitaria anche i lavoratori per i quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio chimico irrilevante per la salute.
4. Etichettatura
Elemento chiave per l’immediata identificazione dei rischi correlati all’impiego delle sostanze chimiche è l’etichetta del contenitore originario e la scheda di sicurezza.
L’etichetta segnala i rischi più gravi con i simboli di pericolo e riporta:
✓ Denominazione o nome commerciale della sostanza
✓ Nome, indirizzo, numero telefonico completi del produttore
✓ Nome chimico delle sostanze al di sopra del limite di pericolosità
✓ Simboli ed indicazioni di pericolo
✓ Frasi di rischio (Frasi H o R)
✓ Consigli di prudenza (Consigli P)
✓ Disposizioni speciali
✓ Quantitativo nominale espresso in massa o in volume
5. Schede di sicurezza
Le schede di sicurezza sono uno strumento di informazione, destinato all’utilizzatore professionale che deve essere fornito, da parte dell’azienda produttrice, prima dell’acquisto del preparato pericoloso.
In Europa la struttura e il contenuto tecnico delle schede di sicurezza sono stabilite dal regolamento n. 1907/2006 del Parlamento Europeo del Consiglio del 18 dicembre 2006 concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH).
La scheda di sicurezza, normalmente in lingua italiana, deve contenere 16 punti obbligatori all’interno dei quali è possibile reperire importanti informazione sulla sostanza: dai rischi correlati alle modalità di intervento in caso di emergenza. Ad esempio, al punto 2 sono normalmente elencate le frasi di rischio, le indicazioni di pericolo e i consigli di prudenza.
1. Identificazione della sostanza/preparato e della società/impresa
2. Identificazione dei pericoli
3. Composizione/informazioni sugli ingredienti
4. Misure di primo soccorso
5. Misure antincendio
6. Misure in caso di rilascio accidentale
7. Manipolazione e immagazzinamento
8. Controllo dell'esposizione
9. Proprietà fisiche e chimiche
10. Stabilità e reattività
11. Informazioni tossicologiche
12. Informazioni ecologiche
13. Considerazioni sullo smaltimento
14. Informazioni sul trasporto
15. Informazioni sulla regolamentazione
16. Altre informazioni
Le informazioni contenute nella scheda di sicurezza costituiscono la base per i provvedimenti da adottare, da parte dei datori di lavoro e lavoratori, per la prevenzione e la minimizzazione dei rischi nelle varie fasi di utilizzo.
Tali schede costituiscono base per corsi di formazione del personale, per l’assolvimento dei controlli sanitari, il contenimento delle dispersioni degli agenti chimici negli ambienti di lavoro, l’immagazzinamento, la scelta dei DPI, etc. ed è pertanto fondamentale che una copia della scheda di sicurezza sia sempre reperibile in tutte le aree dove viene utilizzata una sostanza, al fine di poterla consultare prontamente in caso di necessità.
6. Simbologia di classificazione
Sia sulla scheda di sicurezza sia sull’etichetta possono essere presenti i pittogrammi, figure a forma di rombo che indicano la natura dei pericoli associati all’uso di una sostanza o miscela pericolosa. Ve ne sono di 9 diverse tipologie di seguito elencate.
C – CORROSIVO
Classificazione: questi agenti chimici causano la distruzione di tessuti viventi e/o materiali inerti.
•Acido cloridrico
E ESPLOSIVO
•Classificazione: sostanze che possono esplodere a causa di una scintilla o che sono molto sensibili agli urti o allo sfregamento.
Nitroglicerina
GAS SOTTO PRESSIONE
Bombole di ossigeno
O COMBURENTE
•Classificazione: sostanze che si comportano da ossidanti rispetto alla maggior parte delle altre sostanze o che liberano facilmente ossigeno atomico o molecolare, e che quindi facilitano l'incendiarsi di sostanze combustibili.
•Ossigeno
F INFIAMMABILE
•Classificazione: agenti chimici che possono surriscaldarsi e successivamente infiammarsi al contatto con l'aria a una temperatura normale senza impiego di energia
•solidi che possono infiammarsi facilmente per una breve azione di una fonte di fiamma e che continuano ad ardere
•liquidi che possiedono un punto di combustione compreso tra i 21 e i 55 ºC. Benzene
F+ ALTAMENTE INFIAMMABILE
•Classificazione: agenti chimici il cui punto di combustione è inferiore ai 21 ºC.
•Idrogeno
•Acetilene
Xi IRRITANTE
•Classificazione: agenti chimici non corrosive che, al contatto immediato,prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose possono espletare un'azione irritante.
Cloruro di calcio
Xn NOCIVO
•Classificazione: agenti chimici che, per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono implicare rischi, per la salute, di gravità limitata, non mortali
•Precauzioni: i vapori non devono essere inalati e il contatto con la pelle deve essere evitato.
•Toluene - Xilene
N PERICOLOSO PER L'AMBIENTE
•Classificazione: il contatto dell'ambiente con queste sostanze o preparazioni può provocare danni all'ecosistema a corto o a lungo periodo.
•Fosforo
T TOSSICO
•Classificazione: agenti chimici che, per inalazione, ingestione o penetrazione nella pelle, possono implicare rischi gravi, acuti o cronici, e anche la morte.
•Precauzioni: deve essere evitata l’interazione, per qualunque via.
•Metanolo
T+ MOLTO TOSSICO
•Classificazione: agenti chimici che, per inalazione, ingestione o assorbimento attraverso la pelle, provocano rischi estremamente gravi, acuti o cronici, e facilmente la morte.
Dannoso a lungo termine, Cancerogeno, Mutageno, Tossico per la riproduzione
• Può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie
• Può provocare danni agli organi
• Può nuocere alla fertilità o al feto
• Può provocare il cancro
• Può provocare alterazioni genetiche
• Può provocare sintomi allergici o asmatici o difficoltà respiratorie se inalato Es.: Rosso congo
7. Frasi H e frasi R
Sono chiamate frasi H, “Indicazioni di Pericolo” (Hazard statements), alcune frasi convenzionali, che rappresentano indicazioni di pericolo relative a sostanze chimiche o miscele.
Esse sono composte da tre numeri di cui il primo indica il tipo di pericolo (2 pericolo fisico, 3 pericolo per la salute, 4 pericolo per l’ambiente).
Le frasi H sono state introdotte dal Regolamento (CE) n. 1272/2008, in sostituzione delle frasi R, a partire dal 1° giugno 2015.
Le frasi R (frasi di rischio) descrivono i rischi per la salute umana, animale e ambientale, connessi alla manipolazione di sostanze chimiche.
Ad ogni frase è associato un codice univoco composto dalla lettera R seguita da un numero. Sebbene le frasi R siano state sostituite dalle indicazioni H, sulle etichette delle sostanze chimiche e sulle schede di sicurezza sarà comunque possibile anche trovare frasi R, fino al 2017.
È inoltre possibile che sostanze acquistate prima dell’introduzione del nuovo regolamento, riportino ancora sull’etichetta frasi R o vecchi pittogrammi.
8. Consigli P
Sono chiamati consigli P (Precautionary statements), le prescrizioni di natura sanitaria, introdotte dal Regolamento (CE) n. 1272/2008 e aggiornate poi dal Regolamento (UE) n. 487/2013 nel 2013, che rappresentano consigli di prudenza relativi a sostanze chimiche. Ad ogni consiglio è associato un codice univoco composto dalla lettera P seguita da un numero.
Nel 2008, i consigli P hanno sostituito le frasi S (frasi di sicurezza), oggi abrogate.
Modulo 9 - Importanza strategica dell’informazione, della formazione e dell’addestramento
1. I concetti chiave della formazione
Formazione in senso lato è l’attività volta a sviluppare:
• le conoscenze (sapere);
• le competenze (saper fare);
• il comportamento (saper essere).
In altri termini, essa è volta a sviluppare le conoscenze "informazioni" (sapere), le competenze o "addestramento" (saper fare), le capacità di comportamento o "formazione" (saper essere).
Il processo di informazione, formazione e addestramento si svolge usualmente attraverso le seguenti fasi:
• Individuazione del fabbisogno
• Pianificazione e programmazione
• Discussione e approvazione del Piano
• Organizzazione/Comunicazione
• Esecuzione
• Audit
2. L’addestramento
L’addestramento è la modalità di formazione e preparazione del personale tramite corsi e iniziative atte a fornire al personale le richieste conoscenze teoriche e pratiche.
Prevede, di norma, una fase teorica e, necessariamente, una fase pratica (generalmente realizzata attraverso periodi di affiancamento).
3. L’affiancamento
La progettazione della formazione e la sua erogazione devono essere estremamente accurate. Occorre sempre prevedere un affiancamento sul luogo di lavoro durante il quale esaminare le varie situazioni e definire i relativi comportamenti sicuri.
L’impegno risolutivo dovrà essere realizzato infatti da parte di coloro che comunque passano 8 o più ore della loro giornata lavorativa in reparto o a stretto contatto col reparto, l’impegno sarà quello di rispondere pacatamente e tranquillamente ai quesiti posti e di impegnarsi in caso di errore ad insegnare il corretto modo di comportarsi ai preposti medesimi, senza incorrere nella tentazione di intervenire direttamente sui lavoratori saltando il ruolo di preposto e di fatto togliendo dignità e funzione a queste figure che poi potrebbero sentirsi del tutto deresponsabilizzate.
4. L’ E.C.M.
I programmi di Educazione Continua in Medicina (E.C.M.) comprendono l'insieme organizzato e controllato di tutte quelle attività formative, sia teoriche che pratiche, promosse da chiunque lo desideri (si tratti di una Società Scientifica o di una Società professionale, di una Azienda Ospedaliera, o di una Struttura specificamente dedicata alla Formazione in campo sanitario, ecc.), con lo scopo di mantenere elevata ed al passo con i tempi la professionalità degli operatori della Sanità.
5. Il processo formativo
Il processo formativo è composto da 6 fasi.
1. Individuazione del fabbisogno
Le necessità di informazione, formazione e addestramento in materia di salute e sicurezza sul lavoro vengono stabilite in base a:
• obblighi di legge
• risultati della valutazione dei rischi
• problematiche emergenti dalle schede cliniche del personale
• non conformità da sopralluoghi, audit, meeting, incidenti
• modifiche tecniche, organizzative e procedurali
• clima organizzativo
• necessità specifiche dell’area di lavoro
2. Pianificazione e programmazione
Il fabbisogno di informazione, formazione e addestramento, può essere raccolto in una matrice che riporta, su un asse, i “luoghi” dell’azienda e, sull’altro, i corsi da effettuare.
La casella di incrocio fra le due voci indica la necessità, in quel luogo, del corso in questione.
Per ogni attività di informazione, formazione e addestramento deve essere elaborato un piano che indichi:
• rischio specifico
• risorse economiche e organizzative:
• docente
• discenti
• testi
• tempi di esecuzione
Una formazione specifica è poi pianificata per coloro che hanno particolari compiti per quanto riguarda la sicurezza, come ad es.:
• Interfacce con Imprese Esterne
• Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza
• Componenti del Servizio di Prevenzione e Protezione
• Addetti al primo soccorso
• Addetti all'emergenza e al salvataggio
• Terzisti
• Lavoratori temporanei fra cui anche stagisti e studenti
3. Discussione e Approvazione del Piano
La matrice di cui al paragrafo 2 ed i piani vengono in genere fatti circolare anticipatamente alla Direzione Generale e agli RLS.
In un incontro organizzato ad hoc i piani vengono discussi, modificati, nel caso, e infine approvati dalla Direzione Generale.
4. Organizzazione/Comunicazione
Per i corsi approvati vengono organizzati in termini più dettagliati i seguenti punti:
• tempificazione (sentite le esigenze delle varie aree organizzative)
• convocazione dei docenti
• comunicazione agli interessati
• preparazione dei testi e dei questionari
• prenotazione delle aule e delle attrezzature necessarie
• comunicazione alla U.O. che si occupa della gestione dei crediti E.C.M. Per quanto riguarda i tempi del training, l’art. 37 del DLgs 81/2008 sancisce:
… “4. La formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.”
5. Esecuzione
Tutti i partecipanti ai corsi vengono registrati e ad ogni partecipante, dopo l’effettuazione del corso, viene somministrato un questionario per:
• la verifica di apprendimento
• il gradimento
Il relativo attestato di partecipazione al corso, viene redatto dall’ente che certifica i crediti E.C.M. (Educazione Continua in Medicina) ottenuti.
6. Registrazione dei Corsi
Per la registrazione dei corsi e relativi partecipanti si può utilizzare un Database in cui occorre inserire i seguenti dati:
• nome del corso
• nome partecipante
• sede/U.O. d’appartenenza
• qualifica
• data del corso.
6. La formazione obbligatoria
Per quanto riguarda la formazione e l’addestramento obbligatori per legge è importante leggere l’art. 37 del D.Lgs. 81/08.
“1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.
…
5. L’addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro.
…
7. I dirigenti e i preposti ricevono a cura del datore di lavoro e in azienda, un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione. Omissis…”
7. L’informazione obbligatoria
Per quanto riguarda le attività informative obbligatorie per legge (art. 36 D.Lgs. 81/08):
“1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale;
b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro;
c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure relative al primo soccorso e alla prevenzione incendi;
d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente.
2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
b) sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate….”
8. L’informazione sull’organizzazione interna
Oltre a quanto previsto per legge, per un’organizzazione che abbia attuato un sistema di gestione della salute sicurezza sul lavoro, il programma di informazione riguarda anche la Politica della sicurezza sul lavoro, i ruoli e le responsabilità, le procedure, le istruzioni operative, le norme e i regolamenti vigenti all'interno dell’organizzazione; in dettaglio:
• la legislazione fondamentale sulla salute e sicurezza, le regole generali dell’Azienda, la politica, le procedure ed i requisiti del Sistema di Gestione.
• i ruoli e le responsabilità nel raggiungere la conformità alla politica, alle procedure e ai requisiti del Sistema di Gestione
• la preparazione e la risposta all' emergenza
• i benefici ottenuti dal perseguimento di prestazioni personali, in materia di salute e sicurezza, continuamente migliorate, e, per contro, le potenziali conseguenze di scostamenti comportamentali, rispetto alle procedure operative
• le problematiche sanitarie
L’informazione è rivolta a tutto il personale dell’organizzazione e assimilato e, quando necessario, agli operatori delle imprese esterne.
L’informazione può essere episodica (mediante depliants, cartellonistica, segnaletica, manuali) o strutturata (con l’organizzazione di seminari o incontri).
9. La valutazione della formazione
Il tema della Valutazione della Formazione ha un ruolo centrale e per questo esistono metodologie e strumenti di valutazione e misurazioni oggettivi, efficaci in termini di misurazione e più descrittivi dell’oggetto di valutazione.
L’efficacia dell'azione formativa è data dalla coerenza tra:
• Formulazione corretta degli obiettivi formativi
• Risorse adeguate agli obiettivi
• Metodologie coerenti con gli obiettivi. La formazione agisce su quattro livelli:
Reazione: ovvero il “gradimento” dei destinatari della formazione nei confronti del programma. Apprendimento: ovvero l'acquisizione di conoscenze (sapere), capacità (saper fare), atteggiamenti (saper essere).
Comportamento: ovvero l'esercizio effettivo di conoscenze, capacità e atteggiamenti. Risultati: ovvero il conseguimento degli effetti desiderati di performance come conseguenza dell'assunzione di comportamenti.
10. Conclusioni
Il Dirigente deve consapevolmente governare i processi di formazione come parte della sua responsabilità congiunta a quella del datore di lavoro ed avvalersi di collaboratori (Preposti e Lavoratori) capaci di interpretare le regole della Sicurezza non solo come obbligo ma come elemento di professionalizzazione e di qualità.