ISSN 1123-5055
ISSN 1123-5055
Pubblicazione trimestrale
Anno XXXVII
4/2021
Contratto e impresa
Dialoghi con la giurisprudenza civile e commerciale
RIVISTA FONDATA DA XXXXXXXXX XXXXXXX
• Quale modello normativo europeo per l’IA?
Tariffa R.O.C Poste Italiane s.p.a.- Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. I, comma I, DCB Milano
• Responsabilità civile: una lunga storia ancora da scrivere
• Abusiva concessione del credito e azione di massa
• Un tema scottante: il reclutamento docenti universitari
• Obbligazione e contratti
Ancora sull’equità correttiva
• Responsabilità
Responsabilità per danno da farmaco
Risarcimento del danno alla persona e tabelle giudiziali al vaglio della Cassazione
• Impresa e società
Illecito antitrust e private enforcement
Sovraindebitamento e par condicio nel nuovo codice della crisi e dell’insolvenza
Orientamenti dell’ACF su valutazione di adeguatezza
e appropriatezza
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/XX
Xxxxxxxx Xxxxxxxxx
L’EQUITA` CORRETTIVA
SOMMARIO: 1. Il tema d’indagine. – 2. Equita` e buona fede nel codice civile del 1865. – 3. Equita` e buona fede nella relazione al codice. – 4. Il ruolo assunto dalla buona fede e la marginalizzazione dell’equita`. – 5. Esondazione della buona fede dagli argini. – 6. L’equita` ex art. 1374 c.c. come fonte del potere di intervento non mediato del giudice.
– 7. I presupposti dell’intervento: il silenzio del contratto. – 8. (segue) ed il silenzio della legge. – 9. L’intervento equitativo del giudice.
1. – La buona fede e l’equita`, disposizioni geneticamente unite ma separate alla nascita del vigente codice, hanno avuto fino ad oggi un destino diverso.
Il codice del 1865, sulla traccia di quelli preunitari e di quello fran- cese (1), le contemplava nella stessa disposizione, regolatrice degli effetti del contratto, ovvero l’art. 1124, per il quale «i contratti debbono essere eseguiti in buona fede, ed obbligano non solo a quanto nei medesimi espresso, ma anche a tutte le conseguenze che secondo l’equita`, l’uso o la legge ne derivano».
Nel 1942 la buona fede fu espunta dal testo della regola, divenuta l’attuale art. 1374 (2), venendo destinata a disciplinare varie fasi del rap- porto contrattuale, dalle trattative fino alla sua esecuzione, passando per la pendenza della condizione, l’interpretazione e l’eccezione di inadempi- mento.
Quanto all’equita`, il lemma ha trovato posto in varie disposizioni che attribuiscono al giudice il compito di integrare il rapporto laddove le parti non abbiano regolato taluni aspetti, cosı` impedendo che il contratto sia dichiarato nullo per mancanza di accordo sull’oggetto.
(1) La stessa formula dell’art. 1124 c.c. 1865 si trova negli artt. 1185 del c.c. estense, 1226 x.x. xxxxxxxxx, 1089 x.x. xxxxxxxxxx, 1108 x.x. xxxxxxxx, xxxxx xxxxxx xxxx’xxx. 0000 x.x. xxxxxxxx («Xxx conventions obligent non seulement a`ce qui y est exprime´, mais encore a`toutes les suites que l’e´quite´, l’usage ou la loi donnent a` l’obligation d’apre`s sa nature»).
(2) BUTERA, Codice civile italiano commentato, Torino, 1943, sub art. 1374, 340, scrisse che «l’art. 1374 risponde alla tradizione romana: 1. 16, X., xx x. xx xxx., XXXX, 0; l. 31, D., dep., XVI, 3; l. 34, D., de r. i., L, 17».
Contratto e impresa 4/2021
Questo impiego dell’equita` consente di definirla integrativa e su tale specifica funzione non pare che vi sia gran discordia tra gli autori o nella giurisprudenza, salvo indicarne i limiti operativi (3).
Invece ragioni non chiaramente identificabili hanno distinto il ruolo che buona fede ed equita` possono ricoprire nel governo di situazioni patologiche che vanno dai comportamenti maliziosi ed abusivi di una delle parti –come tali riconducibili nell’alveo dell’inadempimento- ed arrivano alle sopravvenienze economiche, che si collocano invece nel perimetro dei rischi della vita.
Com’e` noto, ma poi se ne dara` conto, sia per l’equita` che per la buona fede vi e` stato un forte scetticismo ad utilizzarle come fonti immediata- mente regolative; invece dagli anni ‘90 in poi tale ruolo e` stato coperto con sempre maggior vigore e frequenza dalla buona fede, restando invece l’equita` relegata a disposizione dal ruolo solo integrativo ma non corret- tivo.
Dal profilo formale non vi e` ragione per cui si sia giunti a tanto, giacche´ entrambe le disposizioni possono essere utilmente invocate per tutte queste funzioni, trattandosi di clausole generali (4) intese quali di- sposizioni a trama aperta (5), che consentono una valutazione legata al momento storico in cui il giudice decide (6): anche all’equita` potrebbe
(3) V. ad es. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, nel Comm. Xxxxxxxxxxx-Xxxxxxxx, II, Milano, 2013, sub art. 1374, p. 132 ss.; BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, Torino, 2006, p. 99 ss.; p. 141 ss.
(4) Ma questa indicazione e` controversa, come ricorda XXXXXXXX, op. cit., p. 162; non la riteneva tale ad es. RODOTA` , Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969 (ristampato nel 2004, qui si cita dall’originale), p. 225 o p. 246; diversamente XXXXXXX, Commentario del codice civile diretto da Xxxxxxxxx, Dei contratti in generale, Torino, 2011, sub art. 1374, p. 717-718. Un ampio dibattito sulla distinzione tra clausole generali, norme o precetti generali e principi generali era stato aperto da XXXXXXX, Spunti per una teoria delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv., 1986, p. 9 ss., che si e` ampliato nel tempo (v. ad es. LIBERTINI, Clausole generali, norme di principio, norme a contenuto indeterminato. Una proposta di distinzione, in Riv. crit. dir. priv., 2011) e che vede il suo massimo approfondimento nella monografia di taglio analitico-filosofico di VELLUZZI, Le clausole generali, Milano, 2010, sulla quale si e` aperto un ampio confronto ad opera di Xxxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Xxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxxxx, Moscati ed infine dello stesso Xxxxxxxx negli scritti raccolti sotto il titolo Le clausole generali nel diritto privato, in Giur. it., 2011, p. 1689 ss.
(5) Sul tema si veda la preziosa raccolta di saggi contenuta in Clausole generali nel- l’argomentazione giurisprudenziale degli anni novanta, a cura di Xxxxxxx Xxxx e Nanni, Padova, 1998, a cominciare dal saggio di XXXXXXX, Funzione creativa di diritto della giuri- sprudenza?, ivi, p. 3 ss.; l’argomento e` di una vastita` tale da poter essere qui solo accennato.
(6) «Nelle “clausole generali” vi e` una delega al giudice, xxxxxx´ attinga a qualcosa di estraneo alla formula legislativa letta nei termini e nelle parole che la compongono, e costruita secondo i criteri che l’ordinamento stesso gli prescrive di seguire»: XXXXXXXX, Le clausole generali: dalle codificazioni moderne alla prassi giurisprudenziale, in Clausole generali
infatti assegnarsi il medesimo ruolo coperto dalla buona fede in ragione della sua natura. Infatti «le clausole generali consentono l’adattamento alle esigenze che derivano dalla Costituzione o dal mutato clima politico so- ciale» (7) e «la loro applicazione consente di pervenire – soprattutto nella materia della esecuzione del contratto – a risultati ritenuti impensabili sulla base delle norme specifiche contenute nel codice civile» (8), ruolo che riteniamo parimenti assegnabile, ma nei rispettivi ambiti, ad entrambe.
Non e` dunque da questo punto di vista che puo` giustificarsi quanto accaduto.
Peraltro, ben si potrebbe obiettare subito, per chi non sia scettico sull’impiego della buona fede come avvenuto negli ultimi trent’anni (9), che non avrebbe senso pratico spostare il baricentro della funzione svolta
nell’argomentazione giurisprudenziale degli anni novanta, cit., p. 30; parlano di «nozioni a contenuto variabile» RODOTA` , La tecnica legislativa per clausole generali in Xxxxxx, xxx, x. 00, xx
«xxxxx incomplete, frammenti di norme» MENGONI, op. cit., p. 10-11, di «concetti-valvola» BARCELLONA, op. cit., 16 ss.; di «incremento di creativita`» nell’interpretazione del loro testo PIRAINO, La buona fede in senso oggettivo, Torino, 2015, p. 82. Di recente il S.C., ricondu- cendo la nozione di giusta causa di licenziamento nell’alveo di queste (disattendendo la lettura di MENGONI, op. cit., p. 9, che la intende come «norma generale»), ha detto che «la giusta causa di licenziamento e` una nozione di legge che si viene ad inscrivere in un ambito di disposizioni caratterizzate dalla presenza di elementi “normativi” e di clausole generali (Generalklauseln) – correttezza (art. 1175 c.c.); obbligo di fedelta`, lealta`, buona fede (art. 1375 c.c.); giusta causa, appunto (art. 2119 c.c.) –, il cui contenuto, elastico ed indetermi- nato, richiede, nel momento giudiziale e sullo sfondo di quella che e` stata definita la “spirale ermeneutica” (tra fatto e diritto), di essere integrato, colmato, sia sul piano della quaestio facti che della quaestio iuris, attraverso il contributo dell’interprete, mediante valutazioni e giudizi di valore desumibili dalla coscienza sociale o dal costume o dall’ordinamento giuri- dico o da regole proprie di determinate cerchie sociali o di particolari discipline o arti o professioni, alla cui stregua poter adeguatamente individuare e delibare altresı` le circostanze piu` concludenti e piu` pertinenti rispetto a quelle regole, a quelle valutazioni, a quei giudizi di valore, e tali non solo da contribuire, mediante la loro sussunzione, alla prospettazione e configurabilita` della tota res (realta` fattuale e regulae iuris), ma da consentire inoltre al giudice di pervenire, sulla scorta di detta complessa realta`, alla soluzione piu` conforme al diritto, oltre che piu` ragionevole e consona»: Cass., 4 novembre 2020, n. 24601; in termini analoghi v. id., 9 marzo 2021, n. 6495 o id., 31 ottobre 2019, n. 28098.
(7) XXXXXXXXXX, La “parte generale” delle obbligazioni a 50 anni dall’entrata in vigore del codice civile, in questa rivista, 1993, p. 491.
(8) XXXXX, Ragionevolezza e clausole generali, Milano, 2013, p. 4; non e` pero` il testo in cui sia contenuta la clausola generale ad essere decisivo, ma appunto la sua natura.
(9) O almeno sulle motivazioni adottate; v. sul punto GENTILI, Il diritto come discorso, nel Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 2013, p. 401 ss., spec. p. 407 dove, entrando nel merito delle argomentazioni utilizzate dalla giurisprudenza che utilizza la buona fede come rimedio alle sopravvenienze, dice che «questo non si sa proprio dove la Corte lo desuma»; ed infatti non e` dalle regole sulla buona fede che lo si puo` desumere. Tra chi era manifestamente scettico sull’uso delle clausole generali x. XXXXXXXXXX, L’avventura delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv., 1986, p. 22 ss.
dalla stessa all’equita`, gia` operando appunto la buona fede a tal fine; ma e` ovvio che al giurista interessa il corretto impiego delle regole (10), specie in ragione degli sviluppi ulteriori cui il concetto rimasto in disparte potrebbe condurre.
Sicche´ il tema qui in esame e` dunque questo: se davvero la funzione da molti attribuita alla buona fede includa nel suo perimetro anche il compito di rimediare alle sopravvenienze eccezionali o se questo ruolo spetti invece all’equita` e, in caso positivo, entro quali limiti.
2. – Come anticipato, equita` e buona fede erano geneticamente unite prima dell’emanazione del codice vigente e cio` era giustificato sul rilievo che
«l’equita` puo` dirsi in sostanza la buona fede stessa considerata oggettiva- mente, e quindi gli effetti dell’una e dell’altra quasi si confondono» (11). Rarissime, peraltro, le sentenze in tema di equita` e non sovversive, anzi indicative della funzione solo integratrice normalmente attribuitale; ad es. si era detto che «l’equita` qui e` indicata come norma per regolare le mo- dalita` dell’esecuzione delle convenzioni in quanto non siano state discipli- nate dal contratto, il quale forma legge per le parti e deve anche dal
giudice essere rispettato» (12).
Peraltro, anche la letteratura sul tema era poco attenta alla regola; talora veniva semplicemente ignorata o riportata tale e quale.
Occasionalmente si incontra qualche commento, come quello che ri- tiene che gli effetti ulteriori rispetto a quelli testuali o di legge «si debbono considerare virtualmente compresi nella volonta` contrattuale: solo un esplicito animo contrario varrebbe a rimuoverli, ammesso pur sempre ch’esso sia in se´ lecito e non contraddica alla essenziale funzione e natura di quel dato contratto» (13).
Per qualcuno, invece, l’equita` doveva servire a mantenere equilibrato lo scambio (14), mentre vi sono autori che, come anticipato, intendevano
(10) Xxxxx necessita` di separare gli ambiti operativi delle disposizioni x. XXXXXXX, op. cit., p. 8 o BARCELLONA, op. cit., p. 124 ss. ma il punto non e` in discussione e questo senza tacere del problema processuale relativo al n. 3) dell’art. 360 c.p.c.
(11) DEL VITTO, Codice civile del Regno d’Xxxxxx, Xxxxxx, 0000, sub art. 1124, p. 121.
(12) Cass. Torino, 24 febbraio 1888 in Giur. it., 1888, I, 1, 278, riportata anche da XXXXX, Delle obbligazioni e dei contratti, Torino, 1892, p. 350-351.
(13) DE XXXXXXXX, Diritto civile, Messina-Milano, 6a ed., s.d., III, p. 289.
(14) DEL VITTO, cit.: l’equita` serve ad «equilibrare la condizione delle parti per modo che il contratto venga quanto piu` e` possibile ad attuare il concetto dell’identificazione di due interessi prima opposti e di uno scambio di equivalente utilita`».
l’equita` nel modo con cui attualmente si interpreta l’obbligo di buona fede (15).
Insomma, il tema non era centrale nelle opere degli studiosi.
3. – L’intenzione del legislatore del 1942 a proposito del ruolo da assegnare separatamente, da quel momento in poi, alla buona fede ed all’equita` non fu chiara; anzi non emerge affatto.
Nelle parti della Relazione al codice riservate agli effetti del contratto (nn. 628-629) vi e` silenzio totale sulla buona fede nella fase esecutiva del rapporto e la stessa sorte e` riservata dal n. 661 all’eccezione di inadempi- mento.
Di piu` si legge solo a proposito delle trattative precontrattuali: nel n. 612 e` scritto che qui la buona fede «esige dai soggetti di un rapporto contrattuale, nella sfera del rapporto stesso, un comportamento ispirato dal senso della probita`, sia nella rappresentazione leale e non cavillosa dei diritti e degli obblighi che ne derivano, sia nel modo di farli valere o di osservarli, con riguardo in ogni caso allo scopo che il contratto vuol soddisfare, nell’armonia degli interessi delle parti e di quelli superiori della nazione».
Invece il n. 620 accenna solo al dovere di buona fede in pendenza della condizione, in forza del quale «l’interessato non deve ostacolare il libero svolgimento del fatto da cui deve dipendere l’efficacia o la risolu- zione del contratto» pena la finzione di avveramento, mentre il n. 622, riservato all’interpretazione, tace praticamente del tutto sull’art. 1366, sal- vo a dire che «la dichiarazione di volonta` contrattuale deve essere intesa secondo il criterio di reciproca lealta` di condotta tra le parti».
Quanto all’equita`, la relazione e` completamente muta.
E` probabile che questo silenzio derivi dal fatto che la precedente disposizione era stata solo divisa e senza introduzione di regole nuove;
fatto sta che l’intenzione del legislatore non emerge.
4. – Da queste premesse si comprende come entrambe le disposizioni avrebbero potuto seguire un destino parallelo, non risultando una qualsi-
(15) XXXXX, cit., p. 349, ove interpreta gli obblighi letteralmente nascenti dal contratto nel modo meno gravoso per l’onerato: «ed e` percio` che il contratto devesi, nell’ipotesi supposta, eseguire, non in conformita` allo stretto diritto, ma d’accordo con l’equita`», ag- giungendo subito che «i contratti non solo debbono essere eseguiti in buona fede», appunto sovrapponendo i concetti.
voglia scelta di funzioni diverse da attribuire loro, mentre invece le strade si biforcarono.
Probabilmente in cio` ha svolto un ruolo anche la letteratura, che aveva spinto molto sul compito della buona fede fin dagli anni ‘50, laddove i principali studi in tema di equita` arrivarono quasi vent’anni dopo.
Xxxxxx Xxxxx fu infatti tra i fautori del ruolo della buona fede e le sue parole nella Teoria generale delle obbligazioni (16) costituiscono il viatico del percorso seguito 40 anni dopo dalla giurisprudenza.
Nell’opera, dalla critica dell’atteggiamento statico della letteratura e dei giudici si passa al collegamento del principio di buona fede alla regola di solidarieta` contenuta nell’art. 2 della Costituzione (17) ed in altre sue disposizioni (18), per definirla quindi un mezzo di integrazione del con- tratto (19), che funge da «limitazione in senso tecnico dell’autonomia privata» (20).
Di qui si legge poi una costruzione volta a sostenere la capacita` delle clausole generali di «adempiere alla funzione di rendere meno acuta la tensione tra norma giuridica e realta` regolata», sia pure avvisando che
«proprio a causa di queste loro caratteristiche, appaiono pure incompati- bili con i procedimenti dommatici tradizionali, per l’impossibilita` di ridur- le in concetti definitivi una volta per tutte» (21).
Lo studio termina sull’argomento individuando una serie di figure sintomatiche, quali l’obbligo di contrattare, che legittimerebbe anche l’in- tervento integrativo del giudice (22).
La giurisprudenza, nel tempo, ha dato vita operativa a queste indica- zioni.
Inizialmente l’atteggiamento ostile era palese (23), perche´ si riteneva che la buona fede non attribuisse il diritto alla pretesa ad un comporta- mento specifico, giacche´ «la violazione dei doveri di correttezza e buona fede ove non siano considerati in forma primaria ed autonoma da una norma –come nell’ipotesi di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c.- costituisce solo un criterio di qualificazione e di valutazione del comportamento dei contraenti. Pertanto, un comportamento ad essi contrario non puo` essere
(16) Nel vol. I, Milano, 1953, p. 112 ss.
(17) Op. cit., p. 115, p. 143, passim.
(18) Op. cit., p. 152.
(19) Op. cit., p. 175 ss.
(20) Op. cit., p. 178.
(21) Op. cit., p. 189.
(22) Op. cit., p. 193-195.
(23) Per un excursus piu` esaustivo x. XXXXXXXX, op. cit., p. 184 ss.
reputato illegittimo e, quindi, fonte di responsabilita` ove al contempo non concreti la violazione di un diritto altrui, gia` direttamente riconosciuto da una norma giuridica» (24).
Poi questo atteggiamento scettico fu ribaltato.
Sono infatti ormai moltissime le decisioni che, in forza del principio di buona fede, entrano nel merito delle operazioni realizzate dalle parti: ad es. e citando solo tra le decisioni piu` recenti, censurando le deliberazioni della maggioranza nelle societa` (25); impedendo al danneggiato che abbia osta- colato l’assicuratore nell’accertare i danni, di domandarne il risarcimen- to (26); obbligando la p.a. a risarcire all’aggiudicatario di un appalto, poi annullato dal giudice amministrativo, i danni subiti per aver riposto affida- mento nella legittimita` dell’aggiudicazione (27) e, piu` in generale, nella violazione dell’affidamento creato in capo ad altri (28); vietando il fraziona- mento del credito per agire separatamente laddove sia possibile un’unica domanda (29); verificando l’attribuzione di incarichi dirigenziali da parte della p.a. (30); valutando le modalita` di esercizio del diritto di recesso (31); sancendo l’obbligo di protezione del fideiussore che grava sul creditore (32).
Si giunge anzi proprio per la strada della buona fede a configurare il divieto di abuso del diritto (33).
I giudici, sempre di piu` , fondano inoltre il loro intervento sul principio di solidarieta` costituzionale che proprio Xxxxxx Xxxxx aveva invocato (34).
(24) Cass., 20 luglio 1977, n. 3250; cfr. inoltre, anche per altri profili, id., 23 marzo 1979, n. 1690; id., 18 ottobre 1980, n. 5610 e prima id., 16 febbraio 1963, n. 357.
(25) Cass. 28 maggio 0000, x. 00000.
(26) Cass., 25 gennaio 2018, n. 1829.
(27) Cass., 25 luglio 0000, x. 00000.
(28) Cass., 28 gennaio 2020, n. 1934.
(29) Cass., 27 luglio 0000, x. 00000.
(30) Cass., 28 febbraio 2020, n. 5546; id., 2 febbraio 2018, n. 2603.
(31) Cass., 24 agosto 0000, x. 00000.
(32) Cass., 12 dicembre 0000, x. 00000.
(33) Xxxx., 15 giugno 2018, n. 15885: «l’abuso del diritto non e` ravvisabile nel solo fatto che una parte del contratto abbia tenuto una condotta non idonea a salvaguardare gli interessi dell’altra, quando tale condotta persegua un risultato lecito attraverso mezzi legit- timi, essendo, invece, configurabile allorche´ il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalita` non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facolta` sono attribuiti». La sentenza che apre la strada all’utilizzo della nozione e` id., 18 settembre 2009, n. 20106, pubblicata in pressoche´ tutte le riviste (ad es. Foro it., 2010, I, 85) con le contrapposte valutazioni della civilistica italiana. X. XXXXXX, cit., p. 92, riconduce invece all’equita` il divieto di abuso del diritto.
(34) Ad es. tra le piu` recenti x. Xxxx., 23 novembre 0000, x. 00000; id., 25 maggio 2018,
n. 13061; id., 29 gennaio 2018, n. 2057; id., 6 maggio 2015, n. 9006 ecc.; innumerevoli
Invece per l’equita` il percorso fu diverso: inizialmente le voci degli autori furono contraddittorie, in quanto i primi commentatori, aggancian- dosi a discussioni mai sopite, avevano segnalato un ruolo operativo che le si poteva assegnare, facendo emergere subito il tema che avrebbe poi fatto discutere per decenni la letteratura: «l’equita` e` l’uguaglianza nelle obbli- gazioni connesse e corrispettive» (35).
Non tutti erano pero` aperti a questa funzione davvero dirompente dell’equita` dato che, all’esordio del nuovo codice, si era detto al contrario che «l’equita`, che e` menzionata per ultima, per ambo i codici deve assi- stere in ogni applicazione di norme giuridiche, ma la sola equita` non puo` venire in campo, se non quando le altre fonti facciano difetto» (36). In altre occasioni il ruolo integrativo dell’equita` era stato invece acco-
stato pari pari a quello della buona fede (37).
Come detto, passarono quasi vent’anni dagli scritti di Xxxxxx Xxxxx perche´ comparissero gli studi monografici diretti ad assegnare un ruolo all’equita`, ovvero quelli di Xxxxxxx Xxxxxx` (38) e Xxxxxxxxx Xxxxxxx (39), ancora oggi peraltro sottoposti a critiche proprio per aver sostenuto una lettura che “diventa capace non solo di svolgere una funzione integrativa in senso stretto ... ma di limitare altres`ı l’autonomia delle parti” (40). Questi scritti pero` non ebbero seguito pratico, perche´ le applicazioni giurisprudenziali relative all’equita` riguardarono solo il suo ruolo integra- tivo (questa e` la rubrica dell’art. 1374), che si riferisce alle varie ipotesi in cui il codice manda al giudice di determinare aspetti non determinati dalle parti (es. artt. 1349, 1526, 2225, 2233 c.c. ecc.), mai invece quello corret-
tivo del contenuto contrattuale voluto dalle parti.
Il punto di partenza di queste decisioni e` che «la funzione dell’“equi- ta`” richiamata dall’art. 1374 c.c., in forza del quale “il contratto obbliga le
quelle in tema di determinazione dell’assegno divorzile, tra cui ad es. Xxxx., 23 luglio 0000, x. 00000; id., 28 febbraio 2020, n. 5603; id., 16 gennaio 2020, n. 765 ecc.; v. ancora XXXXXXXX, cit., p. 190 ss.
(35) BUTERA, cit., ibidem.
(36) GHIRON, nel Comm. X’Xxxxxx-Xxxxx, Firenze, 1949, sub art. 1374, p. 520; che l’atteggiamento fosse tendenzialmente ostile e` ricordato anche da X. XXXXXX, voce ffquita`, in ffnc. dir., XV, Milano, 1966, 85, 87.
(37) Sia pure in estrema sintesi cosı` ancora BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, nel Tratt. Vassalli, Torino, 1960, 359; che la buona fede sia connotata da indici «che fanno parte dell’essenza dell’equita`» e` stato indicato poi da X. XXXXXX, cit., p. 91.
(38) Le fonti di integrazione del contratto, cit.
(39) ffquita` ed autonomia privata, Milano, 1970 (ristampato nel 0000, Xxxxxx Keyedi- tore, qui si cita dall’originale).
(40) SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, Torino, 2016, p. 1396-1397.
parti non solo a quanto e` nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o in mancanza, secondo gli usi e l’equita`”, e` puramente suppletiva, nel senso che colma le lacune non coperte dagli usi o da altre legittime fonti, ma non e` un canone interpretativo del contratto gia` completo in tutti i suoi elementi» (41).
In questo senso le scarse applicazioni pratiche riguardano per lo piu` la sua ricordata funzione integrativa, ovvero la determinazione di compensi non concordati tra le parti (42), oppure la determinazione del periodo di comporto, per la quale peraltro l’equita` e` gia` prevista nell’art. 2110 c.c. (43): equita` integrativa, quindi, non correttiva (44).
Dal punto di vista del diritto vivente ha quindi ragione chi, anche di recente e molto autorevolmente, nel ricostruirne la storia e le diverse opzioni interpretative, sceglie quella per la quale il rinvio all’equita` conte- nuto nell’art. 1374 «costituisc[e] un’espressione ricognitiva o di sintesi, che val[e] a richiamare tutte le disposizioni contenute nel codice» (45). Ma proprio questo e` il tema d’indagine: si tratta dell’ineluttabile de- stino dell’equita` per l’unica funzione che debba svolgere? Oppure il suo ruolo e` stato usurpato da un impiego oltre confini della buona fede?
Una sentenza, isolata ma per noi sicuramente condivisibile, ci consente di anticipare la risposta.
Infatti Xxxx., 27 novembre 2012, n. 20991, indicando che il notaio e` tenuto agli accertamenti necessari per il raggiungimento delle finalita` vo- lute dalle parti (nel caso, la verifica delle iscrizioni pregiudizievoli in una vendita di immobili) ha detto che «il principio secondo cui l’incarico conferito dalle parti al notaio comprende lo svolgimento, ad opera del professionista, delle attivita` accessorie e successive necessarie per il conse- guimento del risultato voluto dalle parti stesse, riguarda le attivita` che
(41) Cass., 8 luglio 1983, n. 4626; sul punto x. XXXXXXX, op. cit., p. 228 ss.
(42) X. Xxxx., 00 marzo 2008, n. 8092, Giust. civ., 2009, I, 2495; id., 14 gennaio 2003,
n. 458; id., 16 giugno 1989, n. 2908, Foro it., 1989, I, 2447.
(43) Cass., 16 novembre 2001, n. 14337; id., 10 aprile 1996, n. 3351; id., 14 ottobre
1993, n. 10131.
(44) Altri riferimenti in XXXXXXX, in Commentario del codice civile, cit., p. 695.
(45) XXXXXXXX, xxx., x. 000; le disposizioni ivi richiamate sono gli artt. 1371, 1384, 1447, 1467, 1468 ecc.; la tesi e` condivisa ad es. anche da GENTILI, op. cit., p. 408 o da SACCO, op. cit., p. 1381; BARCELLONA, op. cit., p. 29. Cfr. pero` le critiche di RODOTA` , op. cit., 219 ss. e v. altresı` GAZZONI, op. cit., 260 ss. per il quale, in definitiva, la sua funzione consisterebbe nel qualificare imperative le singole disposizioni che si richiamano all’equita` (ivi, p. 262), mentre ritiene che il richiamo ad una «funzione riassuntiva e dunque meramente ricognitiva del richiamo all’equita` operato dall’art. 1374 c.c. (…) cozzerebbe contro la realta` legislativa» (ivi, p. 269 ss.), anche perche´ le singole disposizioni che richiamano l’equita` «sono dunque da riferire alla fonte legale dell’art. 1374 c.c. e non viceversa».
concernono le condizioni di validita` e perfezione dell’atto, ossia quelle necessarie perche´ l’atto possa realizzare il suo scopo tipico e quindi sia idoneo a produrre il risultato pratico perseguito. Tra esse e` compresa la stessa attivita` di consulenza in relazione allo scopo tipico dell’atto. Cio` costituisce l’applicazione della regola dell’integrazione del contratto a nor- ma dell’art. 1374 c.c., che conforma il contenuto delle obbligazioni con- trattuali all’intento voluto dalle parti (Cass. 14 ottobre 1972, n. 3065)» (46).
E` una sentenza rara nel suo genere (47), in quanto le altre riportano
tali obblighi o a quello di esecuzione in buona fede del contratto o al- l’impiego della diligenza quam suis ex art. 1176 c.c., ma e` una decisione che individua correttamente la fonte che integra gli obblighi testuali con quelli che appaiono necessari al raggiungimento dello scopo delle parti, ancorche´ il richiamo all’intento voluto dalle parti riconduca l’intervento dell’equita` ad una volonta` inespressa, elemento di cui si puo` certamente fare a meno.
E` chiaro che anche l’applicazione del principio di buona fede, data la
vaghezza delle parole, puo` portare a quel risultato, come in effetti e` acca- duto, ma la formula letterale dell’art. 1374 c.c. – «obbliga le parti non solo a quanto e` nel medesimo espresso» – dimostra come il legislatore abbia valutato espressamente la possibilita` di integrare i patti, nel silenzio della legge e del contratto, con quanto appaia necessario, individuando pero` nella regola sull’equita` e non in quelle sulla buona fede la disposizione di riferimento (48).
E d’altronde un recente intervento del legislatore, per quanto non dirimente, ci porta comunque sempre nella stessa direzione; infatti l’art. 10 del d.l. n. 118 del 2021 consente all’imprenditore in difficolta` di di-
(46) La massima di Cass., 14 ottobre 1972, n. 3065 e` questa: l’art. 1374 c.c. trova applicazione soltanto in sede di integrazione degli effetti di una gia` manifestata volonta` negoziale. Siffatta funzione integrativa non modifica il contratto, con l’aggiungere ad esso qualcosa, in quanto le ulteriori conseguenze, che se ne fanno derivare secondo la legge, gli usi e l’equita`, corrisponde all’intento voluto dalle parti».
(47) Ma non unica; ad es. Cass., 22 ottobre 2014, n. 22331, indica che «qualsiasi struttura sanitaria, nel momento stesso in cui accetta il ricovero d’un paziente, stipula un contratto dal quale discendono naturalmente, ai sensi dell’art. 1374 c.c., due obblighi: il primo e` quello di apprestare al paziente le cure richieste dalla sua condizione; il secondo e` quello di assicurare la protezione delle persone di menomata o mancante autotutela, per le quali detta protezione costituisce la parte essenziale della cura».
(48) Ha certamente ragione XXXXXXXX, xxx., x. 000, quando scrive che «l’art. 1375 c.c. costituisce una ipotesi nella quale la legge, ai sensi del precedente art. 1374 c.c., integra il contratto»; il punto e` pero` se la buona fede consenta di integrarlo cosı` come vorrebbero le teorie sulla rinegoziazione, di cui si dira`.
scutere la rinegoziazione dei contratti di durata e, in caso di fallimento della trattativa, prevede che il tribunale possa rideterminare “equamente” le condizioni del contratto (49).
Dunque le parti devono comportarsi s`ı in buona fede, xxxxxx´ l’obbligo attiene al loro atteggiamento; ma l’intervento sul contratto opera invece in ragione del potere attribuito al giudice in forza dell’equita` correttiva. Non vi e` quindi diversita`, da questo punto di vista, tra equita` e buona fede nel giustificare l’eventuale necessita` di integrazione; vi e` invece diffe- renza nel testo della legge, perche´ e` solo l’art. 1374 c.c. ad indicarlo
espressamente ed a condizioni predefinite.
5. – Le applicazioni pratiche della buona fede, almeno fino a prima dell’epidemia Covid, sono state dirette tendenzialmente a paralizzare com- portamenti maliziosi o a stabilire il diritto al risarcimento del danno, ma non a modificare il contenuto del contratto.
La proposta di Xxxxx, formulata al tempo senza indicazioni di confine, era ben chiara: a proposito della buona fede definita “integrativa”, preci- sava anche che questa serve a costringere chi deve la prestazione ad ese- guire «tutto quanto e` necessario – sia stato o non sia stato detto – per assicurare alla controparte il risultato utile della prestazione», imponendo
«al debitore di fare non soltanto quel che egli ha promesso, ma tutto quello che e` necessario per far pervenire alla controparte il pieno risultato utile della prestazione dovuta» (50).
La latitudine ormai avallata dalla giurisprudenza e` invece piu` conte- nuta: «la buona fede oggettiva o correttezza la quale, oltre che regola di comportamento e di interpretazione del contratto, e` criterio di determi- nazione della prestazione contrattuale, impone il compimento di quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio» (51).
(49) La disposizione del secondo comma e` questa: «l’esperto puo` invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione e` divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2. In mancanza di accordo, su domanda dell’im- prenditore, il tribunale, acquisito il parere dell’esperto e tenuto conto delle ragioni dell’altro contraente, puo` rideterminare equamente le condizioni del contratto, per il periodo stretta- mente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuita` aziendale. Se accoglie la domanda il tribunale assicura l’equilibrio tra le prestazioni anche stabilendo la corresponsione di un indennizzo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle prestazioni oggetto di contratti di lavoro dipendente».
(50) Teoria generale delle obbligazioni, cit., p. 94 ss.
(51) Si tratta di un criterio ribadito anche di recente in questi termini: “la buona fede o
Insomma ed anzitutto, l’apprezzabile interesse del soggetto obbligato costituisce l’argine oltre il quale la buona fede non dovrebbe operare. Gli autori hanno pero` configurato una sua funzione ulteriore, ritenen-
do che la buona fede imponga nondimeno alle parti di rimettere mano al contratto ogni volta che cio` appaia necessario in ragione del mutamento delle circostanze originarie (52) e la recente emergenza Covid, in cui il silenzio del legislatore ha costituito una delle ragioni di necessario inter- vento dei giudici, ha visto le prime applicazioni pratiche concrete (53).
correttezza oggettiva costituisce regola (artt. 1337, 1358, 1375 e 1460 c.c.) di comporta- mento (quale dovere di solidarieta` fondato sull’art. 2 Cost. (x. Xxxx., 10 novembre 2010, n. 22819; Cass., 22 gennaio 2009, n. 1618; Cass., sez. un., 25 novembre 2008, n. 28056) che trova applicazione anche a prescindere alla sussistenza di specifici obblighi contrattuali, in base al quale il soggetto e` tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonche´ volto alla salvaguardia dell’utilita` altrui nei limiti dell’apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilita`: x. Xxxx., 6 maggio 2020, n. 8494; Cass., 27 aprile 2011, n. 9404; Cass., sez. un., 25 novembre 2008, n. 28056; Cass., 24 luglio 2007, n. 16315; Cass.,
13 aprile 2007, n. 8826; Cass., 15 febbraio 2007, n. 3462; Cass., 27 ottobre 2006, n. 23273;
Cass., 20 febbraio 2006, n. 3651. X. xxxxxxxx Xxxx., 00 xxxxxxxxx 0000, x. 00000; Cass., 20 aprile 1994, n. 3775, e regola (art. 1366 c.c.) di interpretazione del contratto (x. Xxxx., 23 maggio 2011, n. 11295), la buona fede oggettiva o correttezza e` invero anche criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo invero fonte – altra e diversa sia da quella eteronoma suppletiva ex art. 1374 c.c. (in ordine alla quale v. la citata Cass., 27 novembre 2012, n. 20991) che da quella cogente ex art. 1339 c.c. (in relazione alla quale cfr. Cass., 10 luglio 2008, n. 18868; Cass., 26 gennaio 2006, n. 1689; Cass., 22 maggio 2001, n. 6956. V. altres`ı Cass., 9 novembre 1998, n. 11264) – di integrazione del comportamento dovuto (x. Xxxx., 30 ottobre 2007, n. 22860), la` dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio (che non si sostanzi cioe` in attivita` gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (x. Xxxx., 30 marzo 2005, n. 6735; Cass., 9 febbraio 2004, n. 2422))”: Cass., 2 aprile 2021, n. 9200; in precedenza tra le piu` recenti x. Xxxx., 6 maggio 2020, n. 8494; id., 29 gennaio 2018, n. 2057; id., 15 ottobre 2012, n. 17642 ecc.
(52) XXXXX, op. cit., p. 1400, 1711; DOLMETTA, Il problema della rinegoziazione (ai tempi del coronavirus), in Giust. xxx.xxx, ffmergenza Covid-19, 2020, p. 4 ss.; XXXXXXX, Le locazioni commerciali e gli effetti giuridici dell’epidemia, in ffmergenza Covid-19, Giust. xxx.xxx, 2020, p.
236. Il tema generale della rinegoziazione e` amplissimo e nemmeno ricostruibile in questa sede. Si vedano ex multis (ed in direzione talora contrapposta) GALLO, Sopravvenienza contrattuale e problemi di gestione del contratto, Milano, 1992, il cui sunto e` nella voce Revisione del contratto, Dig. civ., XVII, Torino, 1998, p. 431 ss.; XXXXXXX, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Napoli, 1996, su cui v. la recensione di XXXXXXX Xxxxxxxxx e tempo. Note a margine di un libro sulla rinegoziazione contrattuale, in questa rivista, 1998, p. 619; CESARO, Clausole di rinegoziazione e conservazione dell’equilibrio contrattuale, Napoli, 2000; SICCHIERO, voce Rinegoziazione, in Dig. civ., Aggiornamento, II, Torino, 2003, p. 1217; TRAISCI, Sopravvenienze contrattuali e rinegoziazione nei sistemi di civil e di common law, Napoli, 2003; XXXXXXX, voce Rinegoziazione, in ffnc. giur. Treccani, Roma, 2007, 10; XXXXXXX, Vincolativita` dell’accordo e clausole di rinegoziazione. L’importanza della resilienza delle relazioni contrattuali, in questa rivista, 2016, 182; ZORZI, op. cit., p. 77 ss.
(53) Alcuni di questi provvedimenti cautelari sono ricordati daZORZI, Impatto del
Ad es. il tribunale di Roma (54), di fronte al tema del pagamento del canone di un immobile non utilizzabile per i divieti posti dai provvedi- menti emergenziali, ha prospettato un rimedio fondato sulla “buona fede integrativa”, ma questo (nelle forme) non ci pare corretto, sebbene rispec- chi inconsapevolmente il pensiero di Xxxxx.
Per noi infatti, come subito diremo, la buona fede e` un atteggiamento doveroso che riguarda il comportamento delle parti, mentre la correzione (cave: non solo l’integrazione) (55) coattiva spetta invece al giudice.
La cronaca parla poi di altri interventi fondati sempre sulla buona fede; quella di Venezia riporta il caso (56) di un immobile in piazza San Marco di proprieta` del demanio, concesso in locazione ad un canone mensile di 36.500 euro ad un commerciante che ha visto le proprie entrate calate del 95% stante il lockdown.
Il tribunale di Venezia, indica la notizia, avrebbe ridotto il canone dell’80% per i primi tre mesi di lockdown totale, scalando la riduzione fino al 40% a dicembre 2021.
Sono proprio queste applicazioni pratiche che inducono a rimeditare sul corretto impiego del principio di buona fede perche´, siamo convinti,
Covid-19 sul sistema del codice: impossibilita` sopravvenuta o eccessiva onerosita`?, in Contr. impr. ffuropa, 2021, p. 55 ss.
(54) 27 agosto 2020, in Giur. it., 2020, p. 2436.
(55) Si ha integrazione secondo equita` il giudice sia chiamato a determinare in tal modo un elemento mancante, come nei casi indicati ad es. dagli artt. 1349, 1447, 1733, 1748, 1755 o 2110 c.c.; non e` pero` integrazione equitativa quella prevista, ad es., dagli artt. 1709, 2225 e 2233 c.c., perche´ in queste disposizioni difetta proprio il richiamo all’equita`. Qui si parla invece di correzione, perche´ si modifica il contenuto degli obblighi stabiliti nel contratto, in assenza di un patto che regoli questa specifica sopravvenienza; e` inoltre correttiva l’equita` prevista dall’art. 1384 c.c. per la riduzione della penale. Cfr. XXXXXXX, Trattato di diritto civile, II, Padova, 2010, p. 176.
(56) Corriere del Veneto, 30 dicembre 2020; in rete (dal sito dello studio che ha curato la causa) si legge che sarebbe l’ordinanza 2 ottobre 2020, nella causa r.g. n. 4324/20 e si riportano queste parti della motivazione: «la societa` intimata non ha potuto utilizzare – o quantomeno ha potuto in maniera ridotta – i locali oggetto di locazione ai fini della loro destinazione turistico – ricettiva a causa delle restrizioni imposte dalla normativa sanitaria in materia di Covid-19» e che «occorre stabilire la riduzione del canone per il periodo di interesse e quindi per il periodo suddetto di lockdown (nonche´ı` in quello precedente di acqua alta) pare opportuno trovare un accordo sulla quota di riduzione, e cio` anche a fronte del pagamento integrale dei canoni scaduti ai fini della valorizzazione della gravita` dell’ina- dempimento lamentato dall’intimante». Tale scelta sarebbe motivata sulla scorta del fatto che «non era di certo intenzione della conduttrice recedere dal contratto di rent to buy» e stigmatizzando la condotta del locatore che, notificando l’atto di intimazione di sfratto “in piena emergenza COVID”, non ha tenuto un comportamento ispirato ai canoni solidaristici ex art. 2 Cost.
era ed e` invece quello che compete all’equita` correttiva prevista dall’art. 1374 c.c.
6. – Ma perche´ non dovrebbe essere la buona fede a costituire la corretta giustificazione del potere correttivo del giudice, xxxxxxxxx per chi ritenga che un tale potere possa configurarsi?
La ragione e` che la buona fede non e` la disposizione deputata ad attribuirglielo (57).
Solo l’art. 1366 c.c. e` diretto (anche) al giudice, nell’imporgli di leggere il contratto come se fosse scritto da persone di buona fede, quando le stesse non lo abbiano gia` fatto.
Le altre ipotesi attengono sempre al comportamento che i contraenti devono adottare nella specifica fase contrattuale, rispetto al quale il giudice puo` intervenire solo valutandone la conformita` o meno, ex art. 1218 c.c., allo specifico obbligo che venga in considerazione, censurandolo con la condanna al risarcimento del danno o paralizzandone gli effetti ove questi esorbitino dai diritti del debitore stesso (58).
La buona fede non autorizza pero` il giudice a modificare il contenuto del contratto integrandolo con ulteriori comportamenti doverosi ed e` per questo che la giurisprudenza non l’ha mai usata per aggiungere obblighi che vadano al di la` dell’apprezzabile interesse della parte tenuta.
Occorre semmai verificare quali siano i veri ostacoli che impediscono all’equita` di svolgere il ruolo impropriamente assegnato alla buona fede, perche´ qui l’integrazione degli obblighi e` facilmente riconducibile alla formula della disposizione.
L’idea piu` diffusa, che l’art. 1374 c.c. costituirebbe solo una fonte ricognitiva delle altre disposizioni che rinviano all’equita`, ci pare infatti insoddisfacente.
Anzitutto ne sterilizza la funzione, in violazione del canone ermeneu- tico magis valeat quam pereat (59).
In secondo luogo ci pare dar vita ad un inestricabile groviglio logico: se l’art. 1374 c.c. rinvia all’equita` quando manchi la legge, a che titolo dovrebbe valere come ricognizione delle ipotesi in cui la legge esiste? Le
(57) Cosı` gia` MENGONI, Spunti per una teoria delle clausole generali, cit., p. 8, 13, ma anche XXXXXXX, Il diritto come discorso, cit., p. 407 ss.
(58) Lo notava gia` XXXXXXXXX, La formazione del contratto, Milano, 1974, II, p. 126.
(59) Su cui x. XXXXXXX, The interpretation of contracts, Londra, 1989, p. 127 ss., 140 ss.; sulla necessita` di attribuire un significato operativo alle disposizioni cfr. inoltre per tutti, MESSINEO, Variazioni sul concetto di rinunzia alla prescrizione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, p. 505; BOBBIO, Teoria generale del diritto, Torino, 1993, p. 227.
gia` ricordate disposizioni del codice che richiamano l’equita` funzionano anche senza l’art. 1374 c.c. e dunque, con quella lettura riduttiva, si creerebbe una contraddizione tra la formula testuale dell’art. 1374 c.c. ed il senso che le si ascrive.
Siamo invece ben piu` convinti della bonta` della tesi per cui «l’equita` contrattuale si presenta cosı` come uno dei due pilastri sui quali poggia quella funzione di “governo giudiziale della discrezionalita` contrattuale” che da qualche tempo la giurisprudenza riconosce a se´ stessa» (60).
In fondo l’equita` opera come fonte integrativa ma anche correttiva del contratto a prescindere da qualsiasi impegno di una delle parti a giungere ad una ridefinizione dei propri obblighi; anzi, il giudice –beninteso se ricorrono i presupposti di cui diremo nei prossimi paragrafi- e` legittimato ad intervenire subito, ovvero senza dover in alcun modo chiedere ai con- traenti di fare qualcosa prima che provveda lui (61).
Un suggerimento antico sembra recuperabile proprio in quest’ottica:
«in virtu` dell’equita` il giudice e` investito del potere di ridurre in vari casi le pretese esorbitanti» (62) e quindi e` legittimato a superare il limite dell’ap- prezzabile interesse del debitore che l’obbligo di buona fede non puo` comprimere (63).
7. – Come anticipato, il ruolo dell’equita` non e` quello di consentire al giudice di metter mano al contratto senza alcun argine: e` anzi proprio la lettera dell’art. 1374 c.c. ad indicare che l’equita` opera solo se manchino la volonta` delle parti e la legge nel disciplinare il caso di specie (64).
Seguendo l’ordine dell’art. 1374 c.c., la prima limitazione indicata e` quanto stabilito nel contratto: l’equita` opera solo se le parti non abbiano gia` regolato il caso (65).
(60) XXXXXXX, op. cit., p. 177.
(61) «Non si potra` di certo discutere circa la legittimita` dell’intervento giudiziale, almeno finche´ resta in vita, con la presente dizione, l’art. 1374 c.c.»: XXXXXXX, op. cit., p. 269.
(62) BUTERA, ibidem; v. altres`ı RODOTA` , op. cit., p. 225.
(63) Solo per evitare equivoci: l’equita` ex art. 1374 c.c. qui in esame nulla ha a che vedere con il giudizio equitativo ex art. 113 c.p.c. e non attiene nemmeno al concetto di equita` del diritto cui e` dedicata la monografia di XXXXX, L’equita` nel diritto privato, Milano, 2010.
(64) Xxxxx, op. cit., 1394; invece XXXXXXX, op. cit., p. 249 ss., 256-257 nega, al pari di RODOTA` , op. cit., p. 93 ss., 101, che occorra una lacuna per il funzionamento dell’equita` ex art. 1374 c.c. e cio` perche´ ritiene la norma imperativa, al pari di RODOTA` , op. cit., x. 000 xx. x, xxx, x. 000-000. Ma anche ad intendere la disposizione come imperativa, il testo da applicare e` quello!
(65) Cfr. XXXXXX, Il contratto, Milano, 2019, p. 472, ma anche SACCO, op. cit., p. 1711 o
La norma va intesa nel senso che l’equita` non costituisce una fonte deputata a valutare l’equilibrio originario del contratto, ne´ a sterilizzare even- tuali clausole che regolino le sopravvenienze, ma serve invece solo se l’effetto iniquo della sopravvenienza eccezionale non trovi risposta nel contratto. In altre parole, l’equita` puo` operare solo in presenza di un evento ecce- zionale ed imprevedibile che non sia stato contemplato dai contraenti (66), giacche´ altrimenti diverrebbe uno strumento di controllo dell’autonomia con-
trattuale rimesso nelle mani del giudice anziche´ del legislatore (67).
E` a tal fine appena il caso di richiamare in tal senso il pensiero di chi riteneva che il legislatore, nel regolare il contratto, fosse stato mosso «dalla
visione di una idilliaca societa`, nella quale, i conflitti di interesse fra i singoli parrebbe possano sempre eliminarsi: anzi, addirittura non sorgere: visione la quale, pur se auspicabile, e` egualmente chimerica» (68). Non era pero` cosı` nemmeno nel pensiero del legislatore, perche´ il contratto resta il terreno di scontro delle contrapposte pretese (69) e se l’accordo non
XXXXX, Il contratto, nel Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 2011, p. 462 o CARRESI, Il contratto, nel Tratt. Cicu-Messineo, II, Milano, 1987, p. 577 (che cita Xxxx., 22 luglio 1966, n. 1995, in Giust. civ., 1966, I, p. 1654). In giurisprudenza v. ad es. Cass., 14 giugno 2002, n. 8577:
«puo` darsi luogo all’integrazione del contratto, secondo quanto previsto dall’art. 1374 c.c., solo quando le parti non abbiano disciplinato alcuni aspetti del rapporto, e non quando, secondo l’insindacabile apprezzamento del giudice di merito che abbia fatto corretto uso dei criteri di interpretazione del contratto, le parti con le loro pattuizioni abbiano compiuta- mente ed univocamente previsto il contenuto delle obbligazioni loro derivanti dal contratto stesso e ne abbiano regolato gli effetti»; cosı` anche Cass., 17 giugno 1994, n. 5862.
(66) XXXXXXX, op. cit., p. 249 ss., 256-257 nega, al pari di RODOTA` , op. cit., p. 93 ss., 101, che occorra una lacuna per il funzionamento dell’equita` ex art. 1374 c.c. (e cio` perche´ ritiene la norma imperativa – al pari di RODOTA` , op. cit., p. 102 –, es. ivi, p. 259-260, senza peraltro che si chiarisca se la scelta preventiva delle parti sia per cio` solo iniqua); presuppo- sto che al tempo era condiviso (cfr. XXXXXXX, in Commentario del codice civile cit., p. 685 ss.). Cfr. comunque le indicazioni di XXXXXXX, ivi, p. 296 ss., ove appunto precisa che l’intervento dell’equita` opera in assenza di predeterminazione delle parti, purche´ meritevole (spec. p. 301-302), tanto che puo` intervenire «eventualmente contro tale regolamentazione» (ivi, p. 322, 328 ss.).
(67) Ad es. XXXXXX, op. cit., p. 470 ss., parla di equita` intesa come criterio di giustizia sostanziale che pero` non riguarda lo squilibrio economico elle prestazioni ma il giusto contemperamento degli interessi delle parti e che potrebbe essere disatteso dai contraenti, diversamente dalla buona fede.
(68) MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, III, Milano, 1959, p. 27, tesi (letteralmente) condivisa ad es. da XXXXXXX, Gesamtunwirksamkeit und Teilgu¨ltigkeit recht- sgescha¨ftlicher Regelungen, in Festschrift Stxxxxxxx, 0000, 5, p. 48, per il quale l’idea che ogni parte debba perseguire con il contratto l’interesse dell’altra «stellt eine ridiku¨le Chimere dar, die fu¨r einen Basar passt, aber nicht fu¨r eine moderne Markt – und Wettbewerbswirtschaft». (69) SACCO, op. cit., p. 1397. Il tema era stato affrontato nel passato gia` da CATAUDELLA,
Sul contenuto del contratto, Milano, 1966, p. 303 ss., contro la diversa lettura di X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, che si leggono anche nell’ed. del 1985 (Na- poli), p. 180-000 xx xnche da RODOTA` , op. cit., p. 223 ss. Contro le tesi che sostengono la
sconfini nel patologico, il giudice non e` autorizzato a mettervi mano so- stituendosi alla volonta` sia pure faticosamente raggiunta dalle parti, ma appunto raggiunta con l’accordo sul suo contenuto (70).
Il tema della giustizia contrattuale, se questa fosse la funzione che neghiamo si possa ascrivere all’art. 1374 c.c. (71), sarebbe quindi mala- mente invocato se veda in uno dei contraenti colui che deve rispondere alle esigenze dell’altro; a ben vedere, infatti, questa lettura sostituisce il vero soggetto che deve rimuovere gli ostacoli – il potere pubblico (72) – al singolo affinche´ abbia la possibilita` di accedere ai beni primari della vita, mistificando le categorie ben oltre i compiti che le carte superiori ed il codice affidano ai privati.
L’equita`, dunque, non costituisce lo strumento per ridiscutere il con- tenuto economico dei patti (73) e la miglior conferma si trova nella disci- plina delle clausole nei contratti con i consumatori, che non saranno mai abusive in ragione del loro contenuto economico, potendosi solo imporre, come deve essere, la chiarezza del linguaggio.
Insomma, l’equita` non e` il cavallo di Troia per rimettere mano ai patti.
8. – Il secondo requisito che l’art. 1374 c.c. impone perche´ operi l’equita` correttiva e` che manchi una disposizione che regoli il caso (74).
giustizia contrattuale v. poi ad es. MONATERI, Ripensare il contratto: verso una visione antagonista del contratto, in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 409 oppure ROPPO, op. cit., p. 363 ss., 462 ss., ma gia` oltre 60 anni fa Xxxx scriveva del contratto quale accordo che consacra il
«conflitto formale» tra gli opposti interessi dei contraenti (voce Contratto, in Nvss. dig. it., IV, Torino, 1959, p. 471), spiegando appunto che «il contratto si costituisce fra (almeno) due parti, come conciliazione degli interessi opposti delle medesime. Ciascuna delle parti naturalmente tende alla soddisfazione dell’interesse proprio, e cioe`, piu` precisamente, tende a realizzare col contratto il proprio fine particolare, e si assoggetta a subire le conseguenze svantaggiose che dal contratto derivano (…) solamente in quanto il subirle costituisce il mezzo per realizzare il fine. (…) ma il contratto si forma, appunto, solo quando ciascuna delle parti vuole tanto il fine quanto il mezzo, ossia quando ciascuna vuole, ed entrambe concordano nel volere, l’effetto complessivo del contratto».
(70) Si vedano sul tema anche le recenti riflessioni di XXXXXXX, voce Rescissione (equili- brio contrattuale), in ffnc. dir., I tematici, I 2021, p. 975 ss.
(71) Cfr. XXXXX, op. cit., p. 20 ss.
(72) Cfr. XXXXXXX, op. cit., p. 211, p. 536.
(73) Cfr. CATAUDELLA, op. cit., p. 310-312.
(74) BARCELLONA, Clausole generali, cit., p. 99 ss. Non ci pare pero` che la questione si ponga in termini di scelta della regola prevalente nel rapporto tra autonomia contrattuale ed integrazione del contratto laddove le disposizioni in conflitto siano gli artt. 1322 e 1374 c.x. (XXXXXXXXXX, xx. xxx., x. 00 xx.), xxxxxxx xx xxxxxx xx xhiara; altro e` invece se il fondamento dell’eterointegrazione debba individuarsi nelle disposizioni sulla buona fede, che a nostro modo di vedere non hanno la funzione che spetta all’equita` nei limiti indicati dal codice.
In tal senso una delle obiezioni che si muovono e` che la legge non e` muta (75), ma appresta una soluzione di fronte alle evenienze che colpi- scono lo scambio originariamente voluto dalle parti: si tratterebbe della risoluzione per eccessiva onerosita` sopravvenuta (art. 1467 c.c.), al di sotto della quale il contratto non si potrebbe modificare ed oltre la quale si potrebbe solo risolvere (76).
Peraltro tale disposizione considera il riequilibrio certamente possibile, ma rimesso alla scelta di una delle parti, rispetto alla quale l’altra non ha potere di imporsi, dato che dovrebbe anzi accollarsi il rischio di attivarsi chiedendo proprio la risoluzione, ottenendo magari l’assenso della contro- parte e perdendo cosı` il bene della vita che agognava, essendo pacifico che la disposizione non le consente di proporre direttamente la riconduzione ad equita` degli effetti della sopravvenienza (77).
Insomma, un rimedio solo demolitorio, la cui possibile efficacia con- servativa e` del tutto aleatoria, laddove al sistema non sono invece estranee regole che prevedano invece rimedi conservativi e manutentivi, come ad es. gli artt. 1453 e 2932 c.c.
Tuttavia, anche a percorrere quella strada, si puo` dire che la scelta del convenuto di non proporre di ricondurre lo squilibrio ad equita` sia insin- dacabile solo a patto di ritenere che manchi nel sistema un principio di solidarieta` costituzionale, che invece e` ormai pacificamente acquisito e che consente di valutare il merito delle decisioni dei privati (78).
Non e` vero, infatti, che nel diritto privato ogni scelta di volonta` sia sempre insindacabile, proprio perche´ una disposizione di rango superiore, che deve orientare nell’interpretazione delle disposizioni, impone una let- tura diversa (79).
Dove sta infatti la solidarieta` nel buttare tutto all’aria e la gente per strada?
Le applicazioni del principio di solidarieta` costituzionale sono invece cosı` ampie e disparate (80) da potersi dare per certo che soluzioni un
(75) XXXXXXX, op. cit., p. 178 precisa pero` che il riferimento dell’art. 1374 c.c. va inteso all’equita` integrativa, non a quella correttiva.
(76) V. ad es. FICI, Il contratto “incompleto”, Torino, 2005, p. 136 ss.
(77) V. per tutti SACCO, op. cit., p. 1706.
(78) Il principio di solidarieta` costituzionale quale fondamento della buona fede e` richiamato ad es. da Cass., 25 maggio 2018, n. 13061; id., 29 gennaio 2018, n. 2057; id., 6 maggio 2015, n. 9006 ecc.
(79) Cfr. ad es. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalita` costituzionale, Fonti ed inter- pretazione, Napoli, 2020, p. 78 ss., spec. p. 84-85, 368-369, 376 ss., passim.
(80) Oltre a quelle ricordate nel par. 4, anche e ad es. in tema di assegno divorzile (Cass., 23 luglio 2020, n. 15774), di esposizione volontaria ai danni (Cass., 26 maggio 2014,
tempo pacificamente ammesse, perche´ appartenenti alla liberta` di decidere cio` che si voglia, oggi devono cedere il passo ad una valutazione di ragio- nevolezza fondata appunto sul rispetto di questo principio.
Cio` che manca e` infatti ed appunto proprio una regola generale di carattere conservativo all’interno del titolo II del libro quarto del codice, salvo pero` esattamente l’art. 1374 c.c., se non confinato al ruolo di super- fetazione di altre disposizioni: e gia` queste considerazioni spiegano la ragione di rivalutarne la funzione tramite una lettura costituzionalmente orientata (81).
Ma, va detto, la proposta non e` certo una novita` in letteratura (82) e si affaccia ora anche nelle regole, solo a ricordare ancora l’art. 10 del d.l. n. 118 del 2021, che consente al tribunale di rideterminare “equamente” le condizioni dei contratti conclusi dall’imprenditore in difficolta`; la necessita` che il contratto non debba necessariamente sciogliersi in casi simili e` anzi prospettata da tempo (83), essendosi ritenuto sindacabile, ovviamente senza confondere le ipotesi, anche l’esercizio del diritto di recesso (84). Insomma, «se il codice civile italiano non menziona espressamente la sopravvenienza generica, il sistema preso nel suo insieme non lascia l’in-
n. 11698), di tolleranza delle lesioni minime (Cass., 31 dicembre 2020, n. 29982), di abuso del diritto (Cass., 23 novembre 2020, n. 26568), di riduzione della penale (Cass., 19 giugno 2020, n. 11908), di abuso del processo (Cass., 25 maggio 2018, n. 13061), di barriere architettoniche nei condomini (Cass., 12 aprile 2018, n. 9101) ecc. Gia` da tempo, comun- que, si ricorda che «l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce, infatti, un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarieta` sociale, la cui costituzionalizzazione e` ormai pacifica»: Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, cit.
(81) Non e` vero allora che l’equita` sia estranea alle questioni connesse alla risoluzione (BARCELLONA, op. cit., p. 130): nei termini indicati nel testo ne costituisce un’alternativa.
(82) Cfr. ad es. di RODOTA` , op. cit., p. 115, 143, passim.
(83) Nota PERLINGIERI, Nuovi profili del contratto, in Riv. crit. dir. priv., 2001, p. 244, che «il fenomeno dell’integrazione contrattuale, ben collegato al principio di conservazione, si traduce sempre piu` nella prevalenza del raggiungimento del risultato e quindi dell’esecu- zione specifica rispetto alla risoluzione e al risarcimento»; cfr. anche XXXXXX, Novita` norma- tive sostanziali del diritto “emergenziale” anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale, Relazione n. 5ł pubblicata dalla Coxxx xx xxxxxxxxxx – Xxxxxxx xxx xxxxxxxxxx x xxx xxxxx, 0 xuglio 2020, 6.
(84) Cosı` la gia` ricordata Cass., 18 settembre 2009, n. 20106: «punto di partenza dal quale conviene prendere le mosse e` quello che non e` compito del giudice valutare le scelte imprenditoriali delle parti in causa che siano soggetti economici, scelte che sono, ovviamen- te, al di fuori del sindacato giurisdizionale. Diversamente, quando, nell’ambito dell’attivita` imprenditoriale, vengono posti in essere atti di autonomia privata che coinvolgono – ad es. nei contratti d’impresa – gli interessi, anche contrastanti, delle diverse parti contrattuali. In questo caso, nell’ipotesi in cui il rapporto evolva in chiave patologica e sia richiesto l’inter- vento del giudice, a quest’ultimo spetta di interpretare il contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti. Cio` vuoi significare che l’atto di autonomia privata e`, pur sempre, soggetto al controllo giurisdizionale».
terprete completamente senza aiuto» (85): e` infatti proprio il potere di intervento equitativo del giudice che ci fornisce la risposta, in ragione della situazione specifica dei diversi contraenti (86).
Se poi si cerchi un fondamento ulteriore rispetto alla disposizione del codice, lo si potra` trovare – al pari della buona fede – nel piu` volte sopra ricordato collegamento al principio di solidarieta` di cui all’art. 2 Cost. (87): quel che vale infatti per l’un caso, e` pacificamente invocabile nell’altro (88) e ci pare davvero illuminante, in tal senso, la funzione che la corte costi- tuzionale tedesca attribuisce alle clausole generali, ovvero di costituire «le porte (ffinbruchstellen) che l’ordinamento privatistico tiene aperte per i valori della Costituzione» (89), soluzione che vale per l’interpretazione della legge in generale e del codice civile in particolare (90).
(85) SACCO, op. cit., p. 1710.
(86) Cfr. XXXXXXX, op. cit., p. 36 ss.
(87) Lo ha gia` segnalato GAZZONI, op. cit., pp. 391 ss., sia pure in nuce, proponendo il
«favore per il contraente piu` debole» (ivi, p. 394); e` la necessita` di valutare le circostanze cui si riferisce RODOTA` , op. cit., p. 238-239: «di volta in volta, allora, il giudice potra` attribuire rilevanza, ad es., anche a motivi comuni ai contraenti, alla loro situazione patrimoniale, alle prospettive offerte dalle attivita` che essi svolgono (…): tutte circostanze che non sono certamente riconducibili al regolamento, quale fu configurato dalle parti e che, quindi, non potrebbero essere apprezzate in via interpretativa; ma che, qualora appaia evidente la loro utilita` in relazione a un punto non risolto del regolamento contrattuale, il giudice potra` rendere rilevanti, assumendole sotto il profilo regolamentare grazie ai poteri equita- tivi». Oggi v. ad es. Xx XXXXX, Xxxxxxxx e contratto: in tema di impossibilita` sopravvenuta della prestazione, in ffmergenza Covid-19, Giust. Civ. Com., 2020, p. 229-230; CUFFARO, Le locazioni commerciali e gli effetti giuridici dell’epidemia, in ffmergenza Covid-19, ivi, p. 235.
(88) Che il richiamo alla regola della solidarieta` sia una costante del dibattito in corso sulla regolazione degli effetti della pandemia e` ricordato e condiviso, per tutti, da X. XXXXXXXXXXXX, L’emergenza Covid-19: quale ruolo per il civilista?, in Giust. xxx.xxx, ffmer- genza Covid-19, 2, 2020, p. 161 ss.
(89) Cosı` XXXXXXX, Il ricorso dei giudici alle clausole generali in Germania, in Clausole generali nell’argomentazione giurisprudenziale degli anni novanta, cit., p. 57-58; sulla lette- ratura tedesca in argomento v. anche Xxxxxxx, Spunti per una teoria delle clausole generali, cit., p. 8-9; XXXXXXXXXX, op. cit., p. 22 ss. e l’intero scritto di DI MAJO, Clausole generali e diritto delle obbligazioni, Riv. cit., dir. priv., 1984, p. 539 ss.
(90) Va in tal senso ricordata anche Xxxx., sez. un., 14 maggio 2020, n. 8906: «l’inter- pretazione della legge, invero, ha ad oggetto non norme fatte e definite, ma enunciati linguistici – quelli che costituiscono le disposizioni legislative di cui il giudice deve cogliere il significato non solo attraverso il ricorso alle regole semantiche del linguaggio comune e di quello giuridico, ma anche in rapporto a tutte le norme del sistema nel quale le singole disposizioni si collocano e con le quali interferiscono (a partire dalle norme costituzionali e dai principi generali dell’ordinamento giuridico). Tale complessa attivita` ermeneutica chia- ma il giudice ad una ponderazione dei valori sottesi alle norme giuridiche da applicare e degli scopi perseguiti dal legislatore: il giudice, nell’interpretazione della legge, deve deter- minarne il significato ponderando i valori, segnatamente quelli costituzionali, immanenti nell’ordinamento».
In questo senso ed entro questi limiti e` allora possibile argomentare che la parte colpita dall’evento eccezionale ed imprevedibile che scon- volga in modo inaspettato il rapporto, non abbia come rimedio la sola domanda di risoluzione per eccessiva onerosita` sopravvenuta. Potra` in- vece chiedere che l’effetto che stravolge il rapporto sia in qualche modo attenuato, in ragione dell’equita` sottesa dall’art. 1374 c.c. (91) e che si fonda sulla solidarieta` intesa come meccanismo di riallocazione degli effetti negativi di queste sopravvenienze «nell’ottica dell’equilibrio fra i detti interessi» (92).
La necessita` di ridiscutere l’esecuzione del patto e` stata pero` ripetu- tamente fondata sull’obbligo di rinegoziazione, che a propria volta pog- gerebbe sull’obbligo di buona fede ma, oltre al richiamo proprio alla buona fede, e` anche il meccanismo stesso della rinegoziazione a non convincere (93), perche´ gli accordi si fondano sul consenso, non sull’ob- bligo di accordarsi e scontano comunque la valutazione del giudice ogni volta che falliscano.
L’obbligo di rinegoziazione che obblighi ad un risultato costituisce all’evidenza un ossimoro, senza dimenticare l’aspetto tutto empirico della fattispecie, che impedisce di delinearne i contorni con la chiarezza che gli istituti pretendono (94).
In quel modo si imporrebbe infatti alle parti di trovare un rimedio che una non vuole cosı` come l’altra lo pretende, rimettendo poi al giudice il compito di subentrare ogni volta che la rinegoziazione fallisca: esattamente quello che ha previsto il gia` ricordato art. 10 del d.l. n. 118 del 2021, che in quei casi impone infatti al giudice di decidere “equamente”.
(91) In ogni caso, va precisato e scanso di equivoci, occorre la domanda di parte, come ha indicato Trib. Treviso, 21 dicembre 2020, in Giur. it., 2021, p. 589, condividendo espressamente le nostre proposte. In generale sulla necessita` della domanda di parte x. XXXXXXX, op. cit., p. 579.
(92) E` sempre Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, che precisa che «il problema non e`
politico, ma squisitamente giuridico ed investe i rimedi contro l’abuso dell’autonomia pri- vata e dei rapporti di forza sul mercato, problemi questi che sono oggetto di attenzione da parte di tutti gli ordinamenti contemporanei, a causa dell’incremento delle situazioni di disparita` di forze fra gli operatori economici»; a proposito dell’equita`, basta eliminare il riferimento all’abuso, che attiene al comportamento delle parti, ed adeguare l’indicazione alle sopravvenienze oggettive.
(93) Non convince in questo frangente ad es. X. XXXXXXXXXXXX, op. cit., p. 165; sul rilievo comparatistico che gli ordinamenti non contemplano obblighi di rinegoziazione v. X. XXXXXXXXX, Xxxxxxxx e rimedi nella sopravvenienza contrattuale, in Studi sulle tutele contrat- tuali, Milano, 2017, p. 112-113.
(94) XXXXXXX, La replica della stipula: riproduzione, rinnovazione, rinegoziazione del contratto in questa rivista, 2003, p. 704 ss.
Ma questa via, se non sia la legge ad imporla (95), va evitata perche´ inutilmente tortuosa: inutile perche´ se le parti vogliono accordarsi lo fa- ranno senza essere tenute a farlo mentre se non vogliono non ci xxxx` modo di imporre una volonta` assente; tortuosa perche´ l’intervento del giudice dovrebbe giustificarsi in via indiretta, ovvero quale criterio di valutazione delle ragioni dell’assenza dell’accordo (96) anziche´ in forza dei poteri che l’art. 1374 c.c. gli assegna.
Perche´ allora tutto questo, quando l’intervento e` possibile in forza della sola richiesta della parte che lamenti l’iniquita`, che l’adempimento completo o il totale inadempimento porterebbero con se´ in ragione degli eventi eccezionali del caso?
9. – Ma come opera l’intervento equitativo del giudice?
Il timore, che ha ragioni non manifestamente infondate, e` quello del giudice che valuti secondo le proprie personali tendenze (97), come se si trattasse di una “delega in bianco” (98) ed e` proprio di fronte a questo disagio che si puo` pensare, in alternativa ed a legislatore attuale silente (99), a che la
(95) Oltre alla disposizione citata vi e` anche l’art. 9 novies del d.l. n. 41 del 2021, aggiunto dalla legge di conversione e poi subito modificato dal d.l. n. 73 del 2021, in base al quale «nei casi in cui il locatario non abbia avuto diritto di accedere, a partire dall’8 marzo 2020, ad alcuna delle misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 ovvero non abbia beneficiato di altri strumenti di supporto di carattere economico e finanziario con- cordati con il locatore anche in funzione della crisi economica connessa alla pandemia stessa, il locatario e il locatore sono chiamati a collaborare tra di loro in buona fede per ridetermi- nare temporaneamente il canone di locazione per un periodo massimo di cinque mesi nel corso del 2021». Il legislatore non ha detto pero` cosa accada se questa rideterminazione non avvenga.
(96) L’obbligo di rinegoziazione viene ricondotto anche al criterio dell’equo contem- peramento degli interessi delle parti previsto dall’art. 1371 c.c. (XXXXXXXX, cit., p. 5); senonche´ questa disposizione riguarda l’interpretazione del contratto, che puo` essere del
tutto agevole pur di fronte all’iniquita` sopravvenuta dello scambio, mentre l’intervento del giudice ex art. 1374 c.c. non presuppone problemi ermeneutici.
(97) E` un timore secolare e trasversale: si veda la ricostruzione operata da XXXXX riferita
proprio all’equita`, Riflessioni comparatistiche sulla funzione creativa della giurisprudenza, in Clausole generali nell’argomentazione giurisprudenziale degli anni novanta, cit., p. 13 ss.; DI MAJO, op. cit., p. 545 ss.; XXXXXXXXX, op. cit., p. 371; il che porta a ritenere che «il fondamento della giustizia sia procedurale»: XXXXXXX, Il diritto come discorso, cit., p. 401 ss., ove un attacco frontale e deciso alla piu` volte ricordata Xxxx., 18 settembre 2009, n. 20106.
(98) Su questo dubbio e sulle critiche x. XXXXXXXXX, op. cit., p. 349 ss.
(99) ALPA, La completezza del contratto: il ruolo della buona fede e dell’equita`, in Il contratto e le tutele a cura di Xxxxxxxxx, Torino, 2002, p. 239-240, scrive che «nell’Otto- cento e ancor oggi molti ritengono (facendone professione di giuspositivismo) che il giudice non possa che rimettersi alle vedute accolte dalla maggioranza e che debba fare cioe` un semplice restatement, una fotografia dei comportamenti osservati; ma questa soluzione non e`
soluzione debba essere non solo rispondente ad una regola astratta ma anche concretamente equa (100). Infatti l’equita` appartiene al novero delle clausole generali a trama aperta e queste costituiscono “una tecnica di formazione giudiziale della regola da applicare al caso concreto senza un modello di decisione precostituito da una fattispecie normativa astratta” (101).
Vale a dire: il giudice deve applicare l’equita` tenendo conto della specificita` di ogni caso della vita, riallocando il costo della sopravvenienza
in modo diverso dall’accollo integrale ad una sola delle parti contrattuali. E` chiaro fin da subito che questo ipotizzato utilizzo dell’equita` e`
diretto solo a trovare un rimedio concreto ed individuale all’evento ecce- zionale, che chiami il giudice ad esaminare quel che e` accaduto a quei due contraenti, in quel caso specifico (102), alla luce delle conseguenze che la decisione puo` portare in ragione della diversa forza economica che le caratterizza.
Con l’ovvia conseguenza che cio` che risulti meno gravoso per entram- be in quel caso, potrebbe tranquillamente non essere utilizzabile in altra ipotesi astrattamente uguale nella configurazione del rapporto, ma concre- tamente differente in ragione della situazione specifica dei diversi con- traenti (103).
Per meglio chiarire il senso dell’intervento suggerito, si puo` parlare di iniquita` sopravvenuta, per evitare qualsivoglia riferimento all’equita` origi- naria, evidenziando invece la ragione tutta eccezionale che giustifica un riassetto dello scambio.
Un conto, ad es., e` che il proprietario di una grande catena di negozi chieda al piccolo conduttore di pagare tutto il canone; altra ed opposta questione e` che il titolare di un negozio di grande firma non intenda pagare alcunche´ al pensionato proprietario di quell’unico immobile.
accolta da quanti (a cui mi unisco anch’io) ritengono per contro che il diritto abbia una funzione direttiva del mutamento sociale e che questa funzione possa essere assolta dalla giurisprudenza (e quindi dal giudice) e dalla dottrina (e quindi dagli interpreti) e non solo dal legislatore». V. altresı` XXXXXXX, op. cit., p. 26 ss.
(100) CARRESI, op. cit., p. 577-578; parlava di «un mezzo per temperare la rigida applicazione della legge quando non appaia congrua alle particolari esigenze del singolo rapporto» OSTI, voce Contratto, op. cit., p. 529.
(101) MENGONI, Spunti per una teoria delle clausole generali, cit., p. 10; BARCELLONA,
Clausole generali, cit., p. 32 ss.
(102) Una valutazione concreta perche´ altrimenti un giudizio di equita` «e` uguale a se´ stesso in ogni ipotesi»: XXXXXXX, op. cit., p. 132; CARRESI, op. cit., 578; XXXXXXX, sub art. 1374 x.x., xxx., x. 000, 000-000.
(103) Cfr. XXXXXXX, op. cit., p. 36 ss.
Qui adottare la medesima soluzione risponderebbe alle esigenze di simmetria dell’interprete e ad una applicazione formalmente e rigorosa- mente costante della regola, quale che sia la soluzione da adottare; ma urta contro il normale senso di giustizia il trattamento uguale di situazioni tra loro opposte, cosı` com’era per la regola del gigante Procuste (104).
Se si conviene sulla premessa che manchi s`ı una disposizione di detta- glio ma non difetti invece un meccanismo che il giudice possa utilizzare in concreto (105) –l’equita` come fonte integrativa ex post del contratto ap- punto- allora l’attenzione si sposta solo sul suo utilizzo adeguato (106) che pero`, come ovvio in presenza di una clausola generale, si puo` solo valutare a decisione emessa, rispetto alla quale il sistema di controllo e` il redde rationem che si consacra nella motivazione della sentenza, nel dialogo che si aprira` poi anche con la letteratura (107).
E` un meccanismo cui siamo abituati (108), perche´ lo si e` utilizzato per
dire quando il danno sia xxxxxxxx, quando il comportamento sia in mala fede, quando l’adempimento sia negligente e cosı` via: infatti «i concetti- valvola costituiscono in realta` norme per la produzione di norme generali- concrete» (109).
(104) «Si dimentica spesso che la solidarieta` e` bilaterale. E che dall’altro lato possono stare esigenze di egual peso. Dipende dai casi»: GENTILI, Una proposta sui contratti d’impresa al tempo del coronavirus, par. Un profilo assiologico ed uno macroeconomico, in ffmergenza Covid 19 Speciale Uniti per l’Italia, Giustizia xxxxxx.xxx, 2020.
(105) In questo senso «il sistema ha bisogno, per decidere, di un supplemento di cognizione»: BARCELLONA, Clausole generali, cit., p. 40.
(106) «Qui l’equita` non e` adoperata nel senso di una determinazione che il giudice deve “equitativamente” adottare; bensı` il giudice deve individuare, in un certo senso accertare, di quali elementi concreti si compone l’equita`, che in casu si sostiene essere stata violata»: X. XXXXXX, op. cit., p. 97. La paura del c.d. «decisionismo giudiziale del caso per caso, compromettendo la certezza delle relazioni giuridiche» era stata segnalata ad es. da DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, nel Comm. Scialoja e Branca diretto da Xxxxxxx, Bologna-Roma, 1988, p. 313 o da BESSONE, Adempimento e rischio contrattuale, Milano, 1975, p. 343 ss.; ma che sia da escludere un «libero esercizio di poteri creativi» era detto gia` da X. XXXXXX, op. cit., p. 93; XXXXXXX, op. cit., p. 317.
(107) Entro questi limiti – ovvero nel reciproco scambio di idee – ritengo sia utilizzabile il richiamo all’«opera della dottrina» cui spetterebbe il «compito di guidare la dinamica giurisprudenziale attraverso costruzioni razionali, teleologicamente ed assiologicamente coe- renti con i valori presenti nelle fonti formali espressamente riconosciute nell’ordinamento» (LIBERTINI, op. cit., p. 354 ss.). E negli stessi limiti supera il dubbio su come procedere alla
«eventuale traduzione di queste clausole generali in norme di azione» (XXXXXXXXX, op. cit., p. 377), perche´ il criterio di decisione, se convincente e concretamente utilizzabile, varra` poi per i casi analoghi. Su questo meccanismo, cui questa rivista ha dedicato la propria funzione,
x. XXXXXXXX, op. cit., p. 195 ss.
(108) Ed a proposito dell’equita` e` gia` stato suggerito da XXXXXXX, op. cit., p. 30. (109) BARCELLONA, op. cit., p. 38.
Si tratta solo di farne altrettanto buon uso spiegando, con tutte le indicazioni che servono, perche´ ad es. nel caso di specie i costi dell’emer- genza vadano divisi in un modo o nell’altro, cosı` che l’argomentazione del giudice convinca della bonta` di quella scelta, fondata sulla regola che lo autorizza a rendere equo cio` che non lo sarebbe piu` , se disciplinato sulla sola base delle decisioni formali assunte quando la vita non aveva fatto ancora nemmeno balenare il rischio di cio` che abbiamo vissuto fino ad oggi.
Nel passato, valutando come far operare l’equita`, si era detto che il richiamo alla stessa operasse quale «elemento sussidiario (...) per derivar- ne, oltre e in aggiunta alla volonta` manifestata dalle parti, elementi di apprezzamento al fine di determinare i limiti e il contenuto delle obbliga- zioni contratte» e questo «secondo criteri di logia giuridica, perche´ se ne possano esattamente determinare gli effetti» (110), posizione assunta in testuale contrapposizione a «valutazioni sociali nell’attuazione del contrat- to» (111).
Senonche´ la logica giuridica si pone in perfetta antitesi ad un criterio equitativo: non perche´ la legge sia iniqua, ma perche´ la legge e` astratta (112): se il legislatore non vuole un certo contenuto del contratto lo vieta, oppure ne impone un contenuto diverso (art. 1339 c.c.), ma non chiede al giudice di valutarne l’equita` (113). Questa operazione successiva e` concessa solo quan- do i fatti della vita scompigliano le decisioni delle parti e non a caso nelle rare scelte del legislatore di intervento ex post o non e` indicato il rimedio concreto che il giudice dovrebbe adottare (es. nell’art. 9 novies del d.l. n. 41 del 2021) oppure questo rimedio rinvia all’equita` (nell’art. 10 del d.l. n. 118 del 2021).
Tuttavia nemmeno il richiamo ad astratte valutazioni sociali e` criterio idoneo, perche´ queste non esistono (114): da nessuna parte si trovano documenti che attestino quali siano le valutazioni sociali e tantomeno
(110) XXXXXXXXX, Dei contratti in generale, nel Comm. al codice civile, Torino, 1980, sub
art. 1374 c.c., p. 307.
(111) XXXXXXXXX, ivi, nt. 6; espressamente contro questa lettura x. XXXXXX` , op. cit., p.
52; 217.
(112) Lo ha evidenziato XXXXXXX, xx. xxx., x. 000, x. 00.
(113) Cfr. RODOTA` , op. cit., p. 225.
(114) Ho dedicato gran parte del commento alla nozione di diligenza contenuta nell’art. 1176 c.c. per contestare l’esistenza sia di standards oggettivi che di qualsivoglia riferimento documentale ed oggettivo che consenta di delineare –al di fuori di astrazioni iperboree- il senso del termine “diligenza” o la concretezza di richiami come quelli al buon padre di famiglia, alla nozione sociale di diligenza e cosı` via: SICCHIERO, Dell’adempimento, nel Comm. Xxxxxxxxxxx-Xxxxxxxx, Milano, 2016, sub art. 1176 c.c.
esiste una valutazione sociale unica e condivisa, giacche´ ognuno pensa i rapporti sociali come crede: di fonte alle sopravvenienze eccezionali il locatore – o locatori in generale – non vorranno pagare i canoni interi; il proprietario – i proprietari in generale – vorranno ricevere i loro canoni integralmente, innescando cosı` i conflitti di cui l’ultimo biennio e` pieno. Inutile ed impossibile cercare quindi soluzioni astratte o che invocano valutazioni sociali inesistenti: ci si puo` solo affidare ad indicazioni che fanno comprendere il senso di cio` che deve avvenire, un obiettivo di massima: ad es., secondo le ipotesi, si potra` dire che «l’equita` e` semplicemente la nega- zione, il contrario, della sproporzione», cio` che pero` non comporta la ne-
cessita` di dar vita all’equivalenza obiettiva tra le prestazioni (115).
Questa indicazione non costituisce una fuga dal compito di essere precisi nell’indicare i rimedi; e` che questi non sono ipotizzabili astratta- mente, altrimenti avremmo la regola bella e pronta per l’uso.
Si puo` solo ribadire che il percorso da intraprendere e` quello gia` seguito nel passato per la buona fede: solo le argomentazioni solide e ragionevoli della sentenza consentiranno di costruire una casistica di buo- ne applicazioni che poi si consolideranno nel tempo, il resto sono solo proposte che possono apparire convincenti nella loro formulazione, ma non tramutabili in meccanismi operativi concreti.
Per chi ad es. rileva che ogni contratto porta con se´ una qualche misura di alea, come tale necessariamente tollerabile, “puo` considerarsi equo il parametro che erode la sola sproporzione eccedente la normale tollerabilita`”: il che e` condivisibile (116), ma non misurabile.
Xxxx` quindi compito solitario del giudice – ma questo e` il suo lavoro – esaminare le domande delle parti, valutare la concretezza del rapporto, le diverse forze economiche in campo, l’incidenza concreta che ha la sua decisione sulla diversa capacita` di sopportare l’evenienza straordinaria; spendersi quindi per spiegare, redde rationem appunto, perche´ in quel
(115) DE POLI, La rescissione del contratto, in Tratt. dir. civ. del Consiglio nazionale del notariato, Napoli, 2011, p. 285.
(116) XXXXX, op. cit., p. 1707, che cita Xxxx., 11 gennaio 1992, n. 247, in Vita not., 1992,
p. 548, per la quale «L’art. 1467 c.c. non impone al convenuto che voglia evitare la pronuncia di risoluzione del contratto, di offrire una modifica delle condizioni contrattuali tale da ristabilire esattamente l’equilibrio tra le rispettive posizioni esistenti al momento della stipulazione, atteso che dalla combinazione logica dei tre commi dell’articolo in riesame si evince che la sopravvenuta onerosita` della prestazione considerata da` diritto alla risoluzione soltanto se e` eccessiva (1s¸ comma) e non rientra nell’alea normale del contratto (2s¸ comma), con la conseguenza che l’offerta di modifica e` da considerare equa se riporta il contratto in una dimensione sinallagmatica tale che, se fosse sussistita al momento della stipulazione, la parte onerata non avrebbe avuto diritto di domandarne la risoluzione».
caso sia equo adottare quella soluzione che l’art. 1374 c.c. gli consente di prendere di fronte alle contrapposte invocazioni dei litiganti.
E qui l’equita` avra` un fondamento solidissimo: la solidarieta` costitu- zionale, che consente la distribuzione delle conseguenze dell’evento ecce- zionale, una tantum, in ragione dell’incidenza concreta che determina su quei contraenti specifici, ogni volta che loro stessi non ne abbiano in precedenza regolato la possibilita` (117).
Xxxx` poi compito della letteratura evidenziare le soluzioni che condi- vide e criticare cio` che paia scorretto, dando vita anche qui all’osmosi tra diritto applicato e diritto teorico che consente di migliorare nel tempo le soluzioni adottate, raffinando gli strumenti e i concetti che verranno nuo- vamente a mettere ordine nei rapporti sociali (118).
La soluzione contraria, ovviamente argomentabile sulla base dello scetticismo sul lavoro dei giudici, lascerebbe invece tutti in balia dei casi della vita senza rimedio alcuno.
(117) Che il richiamo alla regola della solidarieta` sia una costante del dibattito in corso sulla regolazione degli effetti della pandemia e` ricordato e condiviso, per tutti, da X. XXXXXXXXXXXX, cit., p. 161 ss.
(118) V. ancora XXXXXXXX, cit., p. 195 ss.