Dumping contrattuale nel settore
Dumping contrattuale nel settore
dei pubblici esercizi
M A R Z O 2 0 2 2
L'ENTE BILATERALE NAZIONALE DEL TURJSMO (EBNT), è un organismo
paritetico costituito nel 1991 dalle organizzazioni sindacali nazionali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative nel settore Turismo: Federalberghi, Fipe, Fiavet, Faita, Federreti, Filcams - CGIL, Fisascat - CISL, Uiltucs - UIL.
EBNT, è un ente senza fini di lucro e costituisce uno strumento per lo svolgimento delle attività individuate dalle partì stipulanti il CCNL Turismo in materia di occupazione, mercato del lavoro, formazione e qualificazione professionali.
EBNT Xxx Xxxxxxx, 0 00000 Xxxx
Tel. x00 00 00000000
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EBNT svolge e promuove attività di studio e ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione. Fornisce un supporto tecnico‐ scientifico e alla rete degli Enti Bilaterali Territoriali sulle politiche e sui sistemi della formazione e dell'apprendimento continuo, del mercato del lavoro e dell'inclusione sociale, ne coordina il lavoro e ne definisce le linee operative di indirizzo.
EBNT riveste un ruolo determinante nella creazione e consolidamento dell'occupazione di settore e ne studia l’evoluzione, anche in relazione al tema delle pari opportunità, promuovendo interventi mirati volti al superamento di ogni forma di discriminazione nel luogo di lavoro.
L'impegno di EBNT, inoltre, è quello di offrire risposte alle situazioni di crisi congiunturali che si manifestano sul territorio nazionale, intervenendo con forme di sostegno al reddito a favore dei lavoratori dipendenti, salvaguardando l’occupazione e la professionalità degli addetti.
EBNT intende investire molto sul valore della bilateralità, ritenendo le relazioni tra l'impresa e il sindacato come una risorsa.
A cura di
Dumping contrattuale nel settore dei pubblici esercizi
Marzo 2022
Presentazione
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro non è soltanto un mezzo attraverso il quale remunerare il fattore lavoro, ma è anche un insostituibile strumento di democrazia economica attraverso il quale i soggetti della rappresentanza sindacale, sottoscrivono le regole che disciplinano i rapporti tra il datore di lavoro e il lavoratore.
Per questo, la effettiva rappresentatività delle Parti Sociali che sottoscrivono il Contratto Nazionale di Lavoro non solo è una garanzia di legalità, ma anche di corretta competizione tra i diversi attori economici, contrastando anche i dannosi fenomeni di concorrenza sleale.
Il dumping contrattuale è un fenomeno molto esteso nel settore del Terziario di Mercato e in particolare nei pubblici esercizi. Infatti, la c.d. contrattazione “pirata” interessa principalmente quei settori contraddistinti da attività labour intensive, dove le pressioni competitive sul costo del lavoro sono maggiori.
Da fenomeno inizialmente circoscritto solo ad alcuni territori, il dumping contrattuale è andato via via diffondendosi su gran parte del territorio nazionale.
Si tratta di un fenomeno che si realizza principalmente attraverso l’applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni sindacali e datoriali scarsamente rappresentative del settore. Con una finalità ben precisa: ridurre il costo del lavoro e le tutele contrattuali per contrastare la concorrenza di aziende più rispettose delle regole e più virtuose, a danno delle condizioni di lavoro e della qualità dell’offerta.
Proprio il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro deve, invece, continuare ad essere un presidio di legalità, che tuteli non solo i lavoratori, ma anche le aziende da azioni sempre più diffuse di concorrenza sleale, per riaffermare il principio spesso richiamato dalla Federazione: “stesso mercato, stesse regole”.
Per questo motivo abbiamo voluto realizzare, in collaborazione con ADAPT, uno studio che analizzasse le cause e le conseguenze del dumping contrattuale nel settore dei pubblici esercizi, attraverso una comparizione dei contenuti -economici e normativi- dei CCNL che insistono sul settore, evidenziando le maggiori criticità tra il CCNL FIPE e gli altri contratti firmati da organizzazioni concorrenti.
L’approfondimento, oltre che evidenziare le specificità di questi altri contratti collettivi, ha la finalità di sottolineare i rischi del loro utilizzo, che potrebbero emergere dall’opera delle autorità ispettive.
L’auspicio è che questo lavoro possa costituire un utile supporto alle associazioni nella costruzione di percorsi di sensibilizzazione delle imprese, anche attraverso la definizione di appositi presidi territoriali per la legalità e per il corretto utilizzo del Contratto.
Questa attività, inoltre, si inserisce nel solco della riforma del tracciamento dei CCNL che da febbraio 2022 avviene esclusivamente attraverso un codice fornito dal CNEL, passaggio che consentirà la valorizzazione della contrattazione collettiva nazionale più rappresentativa.
Xxxx Xxxxxx Xxxxxxxx Presidente Fipe
Indice
1. Le cause del dumping contrattuale nel settore dei pubblici esercizi 7
2. Le caratteristiche del dumping contrattuale 8
3. Metodologia e campione dell’indagine 16
4. Aspetti qualitativi della c.d. contrattazione pirata nel settore dei pubblici esercizi: i soggetti firmatari i CCNL 19
5. Segue: il trattamento economico-normativo dei CCNL 23
5.1. Il trattamento economico minimo 23
5.2. Le maggiorazioni per lavoro straordinario, notturno e festivo 30
5.3. Il lavoro supplementare e la sua remunerazione 33
5.4. La durata del periodo di prova 36
5.5. La durata del periodo di preavviso 38
5.6. La durata del periodo di comporto 40
5.7. ROL e trattamento del 4 novembre 42
5.8. Xxxxx note su ferie e malattia, nonché sul trattamento economico della lavoratrice madre durante il congedo obbligatorio di maternità 45
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6
1. Le cause del dumping contrattuale nel settore dei pubblici esercizi
Il progressivo allentamento delle barriere giuridiche poste a protezione dei mercati nazionali, unitamente ai progressi scientifici e tecnologici che favoriscono il superamento delle barriere geografiche, hanno realizzato un effettivo mercato globale che, grazie alla libertà di circolazione assicurata dalle merci, ai servizi e ai capitali, sfugge alle legislazioni sociali nazionali. In tale quadro, si è anche parlato di crisi della normativa lavoristica proprio a causa dell’affermarsi su scala planetaria del processo di globalizzazione economica: un processo, che ha consentito alle imprese di andare alla ricerca dei vantaggi offerti da sistemi normativi precari, fuggendo dagli standard regolatori definiti dai sistemi più evoluti (fenomeno noto come law shopping) (1).
La possibilità di mobilità geografica del capitale si è tradotta, in sostanza e in estrema sintesi, nella minore efficacia della norma lavoristica, tradizionalmente riferita a un ambito territoriale circoscritto, coincidente con lo Stato nazione (2). Il dato fattuale è che, nonostante il carattere imperativo e inderogabile della norma lavoristica, già limitato nel nostro paese sul versante contrattuale per via della mancata attuazione dell’art. 39 Cost., la funzione di regolazione della concorrenza del diritto del lavoro è stata messa in discussione non dalla possibilità di deroga sul piano individuale e collettivo di questa, ma da una nuova dimensione della concorrenza diversamente articolata sul piano geografico (3). Questa
(1) M. PALLINI, Law shopping e autotutela sindacale nell’Unione Europea, in RGL, 2008, vol. 2, p. 3 ss.
(2) Sugli aspetti critici conseguenti la separazione tra la “norma” e il “luogo” nell’ambito del diritto del lavoro, si veda M. D’XXXXXX, Diritto del lavoro di fine secolo: una crisi d’identità?, in X. XXXXXX (a cura di), Contrattazione, rappresentatività, conflitto. Scritti sul diritto sindacale, ed. Ediesse, 2000, p. 275 ss.
(3) Il perimetro dell’operatività, e quindi dell’efficacia, della norma giuridica è sempre stato identificato fino ad oggi con i confini dello stato. Tuttavia, l’introduzione di diverse riforme che hanno agevolato, nel tempo, la circolazione del capitale per permettergli di attraversare frontiere e confini nazionali senza eccessiva difficoltà, ha mandato in crisi la funzione del diritto del lavoro, le cui norme erano, infatti, ancorate ad uno spazio di operatività “nazionale” e non “globale”. È in questa prospettiva che Xxxxxx Xxxx-Caen
tendenza, che è alla base del fenomeno conosciuto come dumping sociale, si registra in particolar modo in quei settori dove la produzione può essere agevolmente delocalizzata oltreconfine.
Nel caso dei pubblici esercizi, dove invece la concorrenza tra imprese si gioca principalmente sul piano nazionale ma all’interno delle diverse aree geografiche del paese, le cause che implicano lo sviluppo di pratiche dumping sociale vanno ricercate altrove. In questo settore è principalmente il dumping contrattuale, che altro non è che un sotto- fenomeno di dumping sociale, a degradare le condizioni economico- normative dei lavoratori e di conseguenza a consentire a delle imprese poco virtuose di permanere nel mercato.
2. Le caratteristiche del dumping contrattuale
Il dumping contrattuale ha la caratteristica di svilupparsi all’interno anche dei confini nazionali. In altri termini, le aziende anziché avvalersi delle differenze tra legislazioni sociali vigenti nei diversi ordinamenti nazionali, attraverso processi di delocalizzazione verso paesi a bassa intensità regolativa – è il già citato law shopping – si avvalgono di un quadro regolativo disomogeneo venuto a crearsi all’interno dell’ordinamento italiano. Da diverso tempo, infatti, in questo ordinamento si assiste ad una destrutturazione della contrattazione collettiva, che trova nella frammentazione contrattuale una delle principali cause. Il disordine al quale facciamo cenno non è dovuto solo al mancato coordinamento tra livelli e alla derogabilità pluridirezionale, ma anche alla presenza crescente di nuovi soggetti sindacali, nonché alla crisi dei settori economici tradizionali, favorita dai processi di terziarizzazione dell’economia e dallo
individua una nuova fase di crisi del diritto del lavoro, a cui sfugge la funzione di regolare la concorrenza tra le imprese, che delocalizzate in diversi paesi, sfruttano i vantaggi che i precari ordinamenti giuridici offrono rispetto a sistemi regolatori più evoluti; si veda X. XXXX-CAEN, Permanenza e rinnovamento del diritto del lavoro in una economia globalizzata, in LD, 2004, n. 2, p. 263, nonché X. XXXXXX, Crisi e diritto del lavoro: la via della sostenibilità, working paper, dattiloscritto, 2012.
sviluppo delle nuove tecnologie, che trasformano le attività economiche e rendono più difficile del passato tracciare linee distintive (ad esempio, tra manifattura, servizi, credito ed altri settori).
Tutto ciò ha comportato che all’interno di un medesimo settore produttivo possano insistere e spiegare efficacia regolativa diversi CCNL, differenziati anche a seconda della natura giuridica e della dimensione dell’impresa (artigianato, cooperazione, piccola industria, ecc.). Lo testimonia l’archivio della contrattazione nazionale del CNEL, che già nel 2018 contava quasi 900 CCNL vigenti (4). Assistiamo dunque al farsi largo di un esercito di contratti stipulati da nuovi soggetti a rappresentatività indefinita (5), che talvolta contaminano il mercato del lavoro per via di una concorrenza giocata solo sull’abbattimento del costo del lavoro, decurtato anche del 40% rispetto a quello negoziato nell’ambito dei sistemi di relazioni industriali istituzionalizzati. In questa prospettiva, il V Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia (2018) conferma che il dumping contrattuale, che si appalesa attraverso la c.d. contrattazione pirata, interessa, oggi, tutti i settori produttivi, con particolare riferimento a quelli contraddistinti da attività prevalentemente labour intensive, dove le pressioni competitive sul costo del lavoro sono maggiori (6).
Con il termine “contrattazione pirata” la dottrina e la giurisprudenza sovente intendono identificare quei contratti «negoziati e poi firmati da sindacati minori, privi di una reale rappresentatività, e da compiacenti associazioni imprenditoriali» con la sola finalità di «costituire un’alternativa rispetto al contratto collettivo nazionale di lavoro, in modo tale da consentire al datore di lavoro di assumere formalmente la posizione giuridica e, quindi, i conseguenti vantaggi di chi applica un
(4) CNEL, Notiziario dell’Archivio Contratti, 2018, n. 29, ne conta 868 nel 2018; sul punto,
X. XXXXX, I contratti nazionali: quanti sono e perché crescono, in DLRI, 2016, n. 151, n. 2,
p. 417 ss.
(5) X. XXXXXXXXXXX, Fisiologia e patologia del pluralismo contrattuale tra categoria sindacale e perimetri settoriali, in LD, 2020, n. 2, p. 185 ss.
(6) ADAPT, V Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva (2018), Adapt University Press, 2019, p. 214.
contratto collettivo» (7). Tuttavia, come è stato evidenziato di recente, questo termine non trova riferimenti normativi espliciti nell’ordinamento giuridico; piuttosto esso è un termine utilizzato nella comunicazione politico-sindacale per identificare «tutte quelle dinamiche contrattual- collettive che non hanno nessun legame con i sistemi di relazioni industriali storicamente ritenuti più importanti e che ledono il principale obiettivo della contrattazione collettiva, cioè quello di togliere salari e condizioni di lavoro dal gioco della concorrenza» (8).
Di recente, si è correttamente parlato di un “parossistico mercato dei contratti collettivi” (9) con l’intento di denunciare una proliferazione incontrollata di accordi, frutto di una libertà, quella sindacale, tutelata dall’art. 39, comma 1 Cost., che oramai potremmo definire “tiranna” e senza argini, sebbene il legislatore, la giurisprudenza e la prassi amministrativa tentino di governarla a più riprese. Davanti a questa varietà, i datori di lavoro, infatti, sono continuamente “tentati” ad uscire da un consolidato sistema di relazioni industriali per entrare a far parte di un’altra compagine contrattuale, talvolta più vantaggiosa e competitiva della precedente (10), confermando in tali casi l’opinione (discutibile) di chi ritiene che sia radicato «nel codice genetico dell’imprenditore» l’obiettivo di «massimizzare gli utili» anche «a spese di tutti gli altri soggetti coinvolti nell’attività produttiva (in primis i lavoratori)» (11).
Il settore dei pubblici esercizi non può dirsi immune da questi processi. Anche in tale settore, infatti, si registra un crescente numero di contratti collettivi che si pongono in netta concorrenza con il CCNL per i dipendenti
(7) X. XXXXXXX, Accordi collettivi separati: tra libertà contrattuale e democrazia sindacale, in RIDL, 2010, n. 1, I, p. 29.
(8) X. XXXXXXXXXXX, Anatomia della contrattazione collettiva pirata. Spunti di riflessione da una ricerca sui contratti Cisal e Xxxxxxx, in DRI, 2021, n. 3, p. 689.
(9) X. XXXXXXXXX, Il parossistico “mercato” dei contratti collettivi, in Labour, 2021, n. 2, p. 135 ss.
(10) X. XXXXXXXXX, Acque agitate per la contrattazione collettiva: una rassegna di giurisprudenza su «uscite» ed «entrate» dei datori di lavoro nei sistemi contrattuali, in RGL, 2021, n. 1, p. 3 ss.
(11) X. XXXXXXXXXX, Il lavoro sommerso, 2002, Xxxxxxxxxxxx, p. 37.
da aziende dei settori pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo, rinnovato l’8 febbraio 2018 da FIPE, ANGEM, LEGACOOP Produzione e servizi, Federlavoro e servizi, Confcooperative e da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil, come emerge dalla Tabella n. 1.
Tabella n. 1 – CCNL applicabili al settore dei pubblici esercizi
Denominazione | Parti firmatarie | Scadenza | |
1. | CCNL per le aziende dei settori Pubblici Esercizi, Ristorazione Collettiva e Commerciale e Turismo | FIPE; ANGEM; LEGACOOP PRODUZIONE E SERVIZI; FEDERLAVORO E SERVIZI CONFCOOPERATIVE; AGCI; FILCAMS CGIL; FISASCAT CISL; UILTUCS UIL | 31/12/2021 |
2. | CCNL per i dipendenti del settore Commercio, Terziario, Distribuzione, Servizi, Pubblici Esercizi e Turismo | FISAPI; ASSIMPRESA; COMPLAVORO; FISALP CONFSAL; CONFSAL | 19/11/2023 |
3. | CCNL per commercio, distribuzione, servizi, turismo e pubblici esercizi | FEDERPARTITEIVA; FID | 30/9/2023 |
4. | CCNL intersettoriale: Commercio, Terziario, Distribuzione, Servizi, Pubblici Esercizi e Turismo | CIFA; Fedarcom CIFA; Uniterziario CIFA; Unipmi CIFA; CONFSAL; Fna CONFSAL; Snalv CONFSAL | 30/6/2019 |
5. | CCNL intersettoriale: Commercio, Terziario, Distribuzione, Servizi, Pubblici Esercizi e Turismo | UAI; UNAPRI; ASSIDAL; ANIF; CONFSAL FASPI; FEDARMEC; CONFSAAP; SIAT; FIRAS SPP; UIPS; ALPPI; IMMEXA | 26/7/2019 |
6. | CCNL per il personale dipendente delle imprese e delle reti d'impresa che operano nei settori turistici alberghieri, B&B, centri | UNIMPRESA; UNIMPRESA Federazione Nazionale Commercio e Turismo; CONFAIL; FIALC CONFAIL | 14/1/2022 |
termali, pubblici esercizi, stabilimenti balneari, agenzie di viaggio | |||
7. | CCNL per i dipendenti delle Aziende del settore turismo e pubblici esercizi fino a 14 dipendenti | CNAI; UCICT; FISMIC CONFSAL; FILCOM FISMIC | 28/2/2017 |
8. | CCNL per aziende con più di 14 dipendenti, associate all'UCICT, ed esercenti l'attività nel turismo e nei pubblici esercizi | CNAI; UCICT; FISMIC CONFSAL; FILCOM FISMIC | 30/4/2018 |
9. | CCNL del settore turismo e pubblici esercizi | SISTEMA COMMERCIO E IMPRESA SCI; FESICA CONFSAL; CONFSAL FISALS; CONFSAL | 31/10/2020 |
10. | CCNL per i dipendenti del settore Turismo e Pubblici esercizi | FEDERDAT; AEPI; ARCO; CONFASI; CONSIL | 27/1/2022 |
11. | CCNL per le imprese, anche cooperative, operanti nel settore turismo e pubblici esercizi | UNSIC; UNSICOOP; ANAP; CONFIMPRESEITALIA; SELP; SNALV CONFSAL; CONFIAL | 31/1/2018 |
12. | CCNL di rinnovo del CCNL "SERVIZI" per i settori "Turismo", "Agenzie di viaggio" e "Pubblici esercizi" | ANPIT; AIAV; CIDEC; UNICA; CONFIMPRENDITORI; PMI ITALIA; UAI TCS; CISAL Terziario; CISAL | 30/4/2020 |
13. | CCNL per i dipendenti da Aziende esercenti attività del settore e per i dipendenti e soci lavoratori da cooperative esercenti attività di TURISMO e PUBBLICI ESERCIZI | ADLI; COOPITALIANE; FAMAR; CONFAMAR | 31/12/2022 |
14. | CCNL per le aziende del | FAPI; CESAC; FILDI CIU | 30/3/2020 |
settore turismo e dei pubblici esercizi | |||
15. | CCNL per i dipendenti del settore Turismo e Pubblici Esercizi | FIDAP IMPRESE; FISAL ITALIA | 31/12/2025 |
16. | CCNL Turismo, Pubblici Esercizi, Ristorazione Collettiva e Commerciale, Alberghi | CONFLAVORO PMI; FESICA CONFSAL; CONFSAL FISALS; CONFSAL | 11/9/2021 |
17. | CCNL INTERSETTORIALE - Commercio, Terziario, Distribuzione, Servizi, Pubblici Esercizi e Turismo | CNL; CONFSAL; FILD CONFSAL | 31/5/2023 |
18. | CCNL per il personale dipendente delle imprese, cooperative e consorzi che operano nei settori dei servizi, pubblici esercizi, commercio e terziario e delle reti di impresa | AIIE; COMPIE; CONFSAEI; EDAFOS; SILSE; SIA; ULE | 31/12/2021 |
19. | CCNL per i dipendenti dalle aziende del terziario, commercio, pubblici esercizi e turismo | UNILAVORO PMI; CONFSAL FISALS | 30/11/2024 |
20. | CCNL per i dipendenti delle PMI esercenti attività nel settore Commercio, Servizi, Turismo e Pubblici Esercizi | CONFIMPRESAITALIA; CONFINTESA; CONFINTESA TUCS | 31/7/2023 |
21. | CCNL intersettoriale: Commercio, Terziario, Distribuzione, Servizi, Pubblici Esercizi e Turismo | PMI ITALIA; SELP; ANAP; ALIM | 23/7/2018 |
22. | CCNL intersettoriale: Commercio, Terziario, Distribuzione, Servizi, Pubblici Esercizi e Turismo | LEGA IMPRESA; FILAP | 31/7/2018 |
23. | CCNL Commercio, Terziario, Distribuzione Servizi, Pubblici Esercizi e Turismo | ERSAF; CEUQ | 1/2/2024 |
24. | CCNL per i dipendenti del settore turismo, pubblici esercizi e sale bingo | CONFIAP; SELP | 26/7/2022 |
25. | CCNL del settore turismo e pubblici esercizi | NORD INDUSTRIALE; FAMAR | 31/12/2018 |
26. | CCNL per il settore Pubblici Esercizi - Operatori Turistici - Strutture Ricettive - Operatori Artistici - Assistenti alla Cura della Persona/Casa - Operatori in ambito Sicurezza | CONFIMPRENDITORI; USIL | 8/3/2018 |
27. | CCNL per il settore turismo e pubblici esercizi | UAI; CONFAE; UNIAP; CONFENAL; FSE COBAS | 31/12/2019 |
28. | CCNL per i dipendenti dei settori: Turismo - Pubblici Esercizi - Agenzie di Viaggi - Sale Bingo | PMI ITALIA; SELP | 3112/2020 |
29. | CCNL per i lavoratori dipendenti delle aziende e cooperative esercenti attività di Multiservizi, Pulizie, Logistica, Trasporti e Spedizioni, Commercio, Terziario, Servizi, Turismo e Pubblici Esercizi | CONFIMITALIA CIU; CONFAEL; FAL CONFAEL; SNALP CONFSAL | 30/4/2022 |
30. | CCNL multisettoriale per i dipendenti delle micro, piccole e medie imprese del settore Commercio, Terziario, Servizi, Pubblici Esercizi e Turismo, Trasporti e Logistica | CONFIMPRESAITALIA; LEGA IMPRESA; CIU | 31/10/2020 |
Fonte: Archivio Nazionale CNEL, consultato il 10 dicembre 2021
Dalla denominazione dei contratti collettivi, è possibile notare come la proliferazione dei contratti collettivi nel settore sia espressione di quella frammentazione contrattuale alla quale abbiamo in precedenza accennato, che talvolta erode il campo di applicazione del CCNL sottoscritto dalle organizzazioni più rappresentative del settore attraverso la tecnica della “sottrazione”, «cioè identificando una specifica categoria di attività di impresa all’interno del più ampio campo di applicazione di un contratto collettivo già vigente, consolidato e applicato» (12). In altri casi, invece, diversi CCNL tendono ad inglobare il settore in una più ampia organizzazione dell’attività d’impresa e quindi generando campi di applicazione molto più ampi (si fa riferimento ai c.d. contratti collettivi intersettoriali).
Box n. 1 – Definizione del campo di applicazione del CCNL CCNL per le aziende dei settori Pubblici Esercizi, Ristorazione Collettiva e Commerciale e Turismo (FIPE)
Sfera di applicazione |
Ristoranti, sia di tipo tradizionale che self-services, fast foods, trattorie, tavole calde, osterie con cucina, pizzerie, rosticcerie, friggitorie e similari; piccole pensioni, locande, piccole trattorie ed osterie con cucina, che abbiano non più di nove camere per alloggio; caffè, bar, snack bar, bottiglierie, birrerie, fiaschetterie, latterie ed ogni altro esercizio ove si somministrano e vendono alimenti e bevande di cui agli articoli 3 e 5 |
(12) X. XXXXXXXXXXX, La funzione del consulente del lavoro. Nuove prospettive di raccordo tra ordinamento statuale e ordinamento intersindacale, Adapt University Press, 2020, p. 188.
della legge 25 agosto 1991 n. 287 e successive modifiche e integrazioni; chioschi di vendita di bibite, gelati e simili; gelaterie, cremerie; negozi di pasticceria e confetteria, reparti di pasticceria e confetteria annessi a pubblici esercizi; locali notturni, sale da ballo e similari, sale da biliardo, sale bingo e altre sale giochi autorizzate dalla vigente normativa; laboratori di pasticceria e confetteria anche di natura artigianale; posti di ristoro sulle autostrade; posti di ristoro nelle stazioni ferroviarie (buffets di stazione), aeroportuali, marittime, fluviali, lacuali e piscinali, servizi di ristorazione sui treni, ditte appaltatrici dei servizi di ristorazione sulle piattaforme petrolifere; spacci aziendali di bevande (bar aziendali e simili); pubblici esercizi sopra elencati annessi a stabilimenti balneari, marini, fluviali, lacuali e piscinali, ad alberghi diurni, a palestre e impianti sportivi; aziende per la somministrazione al domicilio del cliente; ogni altro esercizio in cui si somministrano alimenti e bevande; parchi a tema.
3. Metodologia e campione dell’indagine
Tratteggiate le principali cause del dumping contrattuale nel settore dei pubblici esercizi, nei successivi paragrafi si passerà ad una comparazione dei contenuti dei CCNL che insistono nel settore oggetto della presente indagine. Se da un lato i CCNL in vigore registrati presso il CNEL che riportano nella propria denominazione il riferimento ai pubblici esercizi sono in totale trenta (cfr. Tabella n. 1), dall’altro solo uno di questi è stato sottoscritto dalle federazioni di settore aderenti alle confederazioni sindacali ritenute storicamente più rappresentative quali Cgil, Cisl e Uil (si tratti di Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil). Inoltre, cinque CCNL sono espressamente definiti come contratti intersettoriali. Tuttavia, ai fini della presente analisi, si prenderanno in considerazione solo nove dei CCNL registrati presso il CNEL e afferenti al settore in analisi poiché sono questi ad essere presenti anche nel database realizzato congiuntamente con l’INPS nel 2018 (cfr. Tabella n. 2) e dunque utilizzati anche ai fini della determinazione della retribuzione imponibile per la determinazione dei contributi previdenziali (cfr. art. 1, comma 1 del decreto-legge n. 338/1989; art. 2, comma 25 della legge n. 549/1995). Questa scelta metodologica d’indagine si spiega alla luce del fatto che attraverso il database congiunto, creato dall’INPS e dal CNEL, si riesce ad avere
contezza dell’applicazione effettiva dei contratti collettivi e quindi di una reale portata del fenomeno del dumping contrattuale (13).
Tabella n. 2 – CCNL applicabili al settore dei pubblici esercizi
Denominazione | Parti firmatarie | Sottoscrizione | Copertura contrattuale aziende | Copertura contrattuale lavoratori | |
1. | CCNL per le aziende dei settori Pubblici Esercizi, Ristorazione Collettiva e Commerciale e Turismo | FIPE; ANGEM; LEGACOOP PRODUZIONE E SERVIZI; FEDERLAVORO E SERVIZI CONFCOOPERATIVE; AGCI; FILCAMS CGIL; FISASCAT CISL; UILTUCS UIL | 8/2/2018 | 58.395 | 399.483 |
2. | CCNL Turismo, Pubblici Esercizi, Ristorazione Collettiva e Commerciale, Alberghi | CONFLAVORO PMI; FESICA CONFSAL; CONFSAL FISALS; CONFSAL | 12/9/2018 | 4 | 6 |
3. | CCNL per le aziende del settore turismo e dei pubblici esercizi | FAPI; CESAC; FILDI CIU | 5/4/2017 | 35 | 144 |
4. | CCNL di rinnovo del CCNL "SERVIZI" per i settori "Turismo", "Agenzie di viaggio" e "Pubblici esercizi" | ANPIT; AIAV; CIDEC; UNICA; CONFIMPRENDITORI; PMI ITALIA; UAI TCS; CISAL Terziario; CISAL | 23/5/2017 | 455 | 6.305 |
5. | CCNL intersettoriale: Commercio, Terziario, Distribuzione, Servizi, Pubblici Esercizi e Turismo | CIFA; Fedarcom CIFA; Uniterziario CIFA; Unipmi CIFA; CONFSAL; Fna CONFSAL; Snalv CONFSAL | 20/7/2020 | 258 | 1.350 |
6. | CCNL del settore turismo e pubblici esercizi | SISTEMA COMMERCIO E IMPRESA SCI; FESICA CONFSAL; CONFSAL FISALS; CONFSAL | 26/10/2017 | 255 | 1428 |
7. | CCNL del Terziario (Commercio, Turismo, Servizi, Pubblici Esercizi e Distribuzione) | CONFIP; CONFDIPENDENTI | 11/9/2018 | 4 | 4 |
(13) Su tali aspetti, si rinvia ancora all’indagine di X. XXXXXXXXXXX, op. cit.
8. | CCNL per i dipendenti del settore Turismo e Pubblici Esercizi | FIDAP IMPRESE; FISAL ITALIA | 24/11/2021 | 54 | 251 |
9. | CCNL Lavoratori dipendenti delle aziende e cooperative esercenti attività̀ di Multiservizi, Pulizie, Logistica, Trasporti e Spedizioni, Commercio, Terziario, Servizi, Turismo e Pubblici Esercizi | NORD INDUSTRIALE; ESAARCO; FAL | 1/4/2017 | 166 | 3.613 |
Fonte: Archivio Nazionale congiunto INPS-CNEL, aggiornato al 31 dicembre 2018
Gli aspetti oggetto della comparazione riguarderanno: il trattamento economico minimo (cfr. par. 4.1); le maggiorazioni per lavoro straordinario, notturno e festivo (cfr. par. 4.2); il lavoro supplementare e la sua remunerazione (cfr. par. 4.3); la durata del periodo di prova (cfr. par. 4.4); la durata del periodo di preavviso (cfr. par. 4.5); la durata del periodo di comporto (cfr. par. 4.6); ROL e trattamento del 4 novembre (cfr. par 4.7). La scelta di questi aspetti non è casuale. Essa si spiega, infatti, alla luce della recente circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), la n. 2 del 28 luglio 2020, nella quale, seppur nel rispetto della libertà di scelta del CCNL da parte del datore di lavoro, ai fini del riconoscimento dei benefici normativi e contributivi l’INL precisa che l’art. 1, comma 1175 della legge n. 296 del 2006 non impone l’applicazione di un determinato CCNL; piuttosto questa norma sembrerebbe richiedere il soddisfacimento di uno standard minimo. Standard che può essere verificato anche attraverso la comparazione tra il CCNL applicato dal datore di lavoro in concreto e il CCNL individuato dalla norma. Ai fini di una sostanziale uguaglianza tra le due fonti – e, quindi, ai fini della sussistenza dei requisiti richiesti dalla norma per poter consentire all’impresa di accedere alle agevolazioni contributive e normative – l’INL ha fornito una prima sintetica tabella (suscettibile di integrazioni) contenente gli istituti retributivi e un elenco riportante nove trattamenti normativi inderogabili in senso peggiorativo, sui quali gli ispettori dovranno effettuare una verifica di equivalenza rispetto al CCNL c.d. leader. In particolare, la circolare fa riferimento:
a) alla disciplina concernente il lavoro supplementare e le clausole elastiche nel part-time;
b) alla disciplina del lavoro straordinario;
c) alla disciplina compensativa delle ex festività soppresse;
d) alla durata del periodo di prova;
e) alla durata del periodo di preavviso;
f) alla durata del periodo di comporto in caso di malattia e infortunio;
g) alla malattia e infortunio;
h) alla maternità ed eventuale riconoscimento di un’integrazione della
relativa indennità per astensione obbligatoria e facoltativa;
i) al monte ore di permessi retribuiti.
Alla luce dei parametri indicati, il disconoscimento di eventuali benefici economici e normativi per violazione dell’art. 1, comma 1175 della legge n. 296 del 2006 avviene solo qualora si evidenzi uno scostamento da parte di almeno due istituti normativi o, diversamente, nel caso in cui si riscontri l’erogazione di retribuzioni non uguali a quelle previste dai CCNL leader. È solo in questa prospettiva, secondo l’INL, che possono essere riconosciuti i benefici ai datori di lavoro che applicano contratti diversi, oppure che non applicano nessun contratto collettivo, purché rispettino almeno sette dei nove punti sopraelencati.
4. Aspetti qualitativi della c.d. contrattazione pirata nel settore dei pubblici esercizi: i soggetti firmatari i CCNL
Prima di addentrarci nell’analisi del trattamento economico-normativo prescritto dai CCNL in questione, appare utile prestare la dovuta attenzione al chi sottoscrive tali contratti, al fine di ricavarne utili indici relativi alla capacità e idoneità a rappresentare un interesse sindacale che deve poi convergere nella stipula del CCNL.
I contratti collettivi che si pongono in concorrenza con il CCNL FIPE vedono, sul versante sindacale, la firma di undici organizzazioni: Confsal, Fesica-Confsal, Fisals-Confsal, Snalv Confsal, Cisal, Cisal Terziario, Ciu, Fildi- Ciu, Confdipendenti, FAL, e Fisal Italia. Tra le organizzazioni sindacali firmatarie emergono sia confederazioni che federazioni. Le prime hanno generalmente un ambito di rappresentanza molto ampio, che comprende
lavoratori impiegati con diverse tipologie contrattuali, pensionati, disoccupati, inoccupati e casalinghe (come Cisal e Confsal). Fa eccezione la Ciu, che si rivolge in particolare alle alte professionalità. Per quanto riguarda le federazioni, esse tendono ad organizzarsi intorno a uno o più settori produttivi. È il caso, ad esempio, della Fesica-Confsal, che riunisce lavoratori (dipendenti, parasubordinati nonché soci di cooperative) impiegati in settori diversi come quello chimico, alimentare, edile, tessile, turistico, metalmeccanico, ecc. o della Fisal Italia che riunisce i lavoratori dei settori artigiano, commercio, turismo, pubblici esercizi, lavoro domestico, agricolo e florovivaistico, industriale, terzo settore. Vi sono anche casi in cui le associazioni organizzano l’azione di rappresentanza dei lavoratori in relazione alla loro provenienza geografica (come la Fisals- Confsal che rappresenta i lavoratori stranieri). Dal punto di vista organizzativo, le confederazioni si articolano sia orizzontalmente (generalmente dal livello provinciale a quello nazionale) che verticalmente (aggregando diverse federazioni sindacali che spesso si organizzano intorno ai settori economici). A tal proposito, però, il caso della Ciu appare singolare poiché ad essa aderiscono non soltanto organizzazioni o altre confederazioni sindacali (come Usil o Onaps), ma anche associazioni datoriali (come Federdat). Al contrario, le federazioni, che spesso aderiscono a più ampie confederazioni, tendono ad articolarsi solo orizzontalmente, benché siano possibili ulteriori articolazioni per comparti (come nel caso della Fesica-Confsal). L’adesione a ulteriori organismi interessa, però, anche le confederazioni, come la Confsal e la Cisal che aderiscono al sindacato europeo Cesi.
Relativamente all’organizzazione sindacale Confdipendenti non si hanno notizie in quanto il sito internet (xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx) risulta in costruzione e privo di documentazione utile a comprendere la struttura organizzativa (14). Diversamente la FAL (Federazione Autonoma Lavoratori) dichiara di essere un sindacato autonomo, non aderente a nessuna
(14) Il sito è stato consultato il 2 marzo 2022.
confederazione, di recente costituzione nella città di Torino e attiva, ad ora, nel settore del terziario e del commercio (15).
Dalla consultazione della documentazione istitutiva delle organizzazioni e dai portali internet emerge che le organizzazioni sindacali firmatarie dei CCNL analizzati siano coinvolte in diverse attività: la contrattazione collettiva e l’erogazione di servizi in primis, ma anche lobbying presso le istituzioni pubbliche nazionali ed europee. In particolare, quest’ultima attività riguarda più frequentemente le confederazioni sindacali, come Confsal e Ciu. Guardando, invece, all’ambito dei servizi, è riscontrabile una variazione della tipologia dei servizi offerti in relazione all’oggetto di rappresentanza dell’organizzazione sindacale. Ad esempio, la Fisals- Confsal offre, tra i diversi servizi, assistenza nelle pratiche di rilascio del permesso di soggiorno, in quelle per il ricongiungimento famigliare e nell’assunzione di colf e badanti. Servizi comuni a diverse organizzazioni sindacali investono l’ambito della formazione professionale, dell’assistenza legale, fiscale, sociale e previdenziale. Meno diffusi sono i Centri studi interni alle organizzazioni di rappresentanza e le attività di ricerca e analisi condotte dalle stesse. Ampia è anche l’offerta di servizi in ambito fiscale e previdenziale, che un elemento qualificante della mission di molte organizzazioni. Infatti, tanto la Cisal che la Confsal si avvalgono di vere e proprie società, denominate rispettivamente Cisal Servizi e Consulenze
S.r.l. e Confsalservizi per garantire le suddette prestazioni.
Sul versante datoriale, i nove contratti collettivi presi in rassegna vedono la presenza delle seguenti organizzazioni: Cifa, Fedarcom, Unipmi, Uniterziario, Cidec, Anpit, Confazienda, Fedimprese, Unica, Confimprenditori, Pmi Italia, Uai-Tcs e Uai-Terziario. Alcune di queste, presentano una struttura confederativa, anche molto ampia (alla Cifa, ad esempio, aderiscono circa 30 associazioni); altre, invece, presentano una struttura federativa. Con riferimento alle federazioni, è bene precisare che queste non insistono mai su un singolo comparto: la federazione Fedarcom, ad esempio, si rivolge ai rappresentanti, commercianti, artigiani
(15) E’ possibile leggere informazioni al riguardo sul sito xxx.xxxxxxxxx.xx.
e operatori del turismo. Questa “varietà” trova riscontro anche nei CCNL sottoscritti: ogni federazione datoriale esaminata ha firmato accordi applicati in diversi settori, a volte anche distanti dalle categorie che dichiarano di rappresentare. Ciò si verifica parimenti tra le confederazioni. Dal punto di vista organizzativo, le confederazioni si articolano sia orizzontalmente presentando, oltre al livello nazionale, articolazioni regionali e provinciali (come Cifa) sia verticalmente, aggregando differenti settori economici. Una simile organizzazione si riscontra anche nella Fedarcom; questa federazione infatti, presenta sia una struttura orizzontale (che dal livello nazionale arriva a quello provinciale) sia verticale (aggregando sotto di sé diverse associazioni suddivise per comparti, pur essendo già essa stessa una federazione con proprio ambito di rappresentanza).
Rispetto alle attività svolte, si evince come sia le confederazioni che le federazioni offrano servizi comuni volti a favorire la formazione professionale e manageriale, l’assistenza e la consulenza in primis sotto il profilo sindacale nelle attività di contrattazione collettiva e di conciliazione, ma anche contabile (ad esempio, attraverso l’elaborazione di cedolini). Anpit, invece, stipula convenzioni con società di servizi per agevolare l’attività delle imprese associate. Frequente è anche l’offerta dei servizi rientranti nel campo della consulenza legale (amministrativa, sindacale, finanziaria, societaria, a tutela del credito; servizi, questi, offerti ad esempio da Cesac e Uai), servizi di patronato e fruizione del CAF.
Altro tratto caratterizzante è la diffusa offerta di servizi attraverso gli Enti Bilaterali: ad esempio, l’Epar, costituito da Cifa e Confsal, propone la certificazione dei contratti e la validazione dei percorsi di apprendistato. Insieme a Fedarcom, invece, Xxxx ha promosso l’ente di addestramento professionale Eap-Fedarcom. Le attività di lobbying – riscontrate esplicitamente solo in Cifa e Fedarcom – si traducono in accreditamenti presso organismi istituzionali (Ministeri, Regioni, Province e Comuni) e nella cura dei rapporti con organizzazioni politiche e sociali sia di livello nazionale che internazionale al fine di tutelare gli interessi dei propri associati.
5. Segue: il trattamento economico-normativo dei CCNL
5.1. Il trattamento economico minimo
Passando agli aspetti qualitativi del trattamento economico-normativo dei CCNL considerati (cfr. Tabella n. 2), si osserva che saranno di seguito analizzati i livelli retributivi previsti dai diversi CCNL di cui alla Tabella n. 2 per individuare il salario di un cameriere di ristorante. Nel descrivere le risultanze dell’analisi, per brevità si userà solo il nome della principale associazione datoriale firmataria dei CCNL considerati (cfr. sempre Tabella
n. 2). Inoltre, si rende noto che le cifre indicate per quantificare gli importi retributivi previsti dai CCNL sono al lordo dei contributi e delle imposte fiscali da applicare.
Grafico n. 1 – Trattamento economico di un cameriere di ristorante secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
2.000,00
1.600,00
1.200,00
800,00
400,00
0,00
1.562,69 1562,7
Cameriere di ristorante
1.265,59 1288,49 1.447,76 1.454,28 1434,58 1474
1340,56
Dal Grafico n. 1 si evince che i CCNL sottoscritti da FIDAP, SISTEMA IMPRESA, CIFA e CONFIP mostrano una differenza retributiva mensile rispettivamente di 88,69 euro, 108,41 euro, 114,93 euro e 128,11 uro rispetto al CCNL FIPE. Le differenze maggiori si riscontrano con i CCNL ANPIT, FAPI ed ESAARCO con rispettivamente 274,20 euro, 297,10 euro e 222,13 euro di risparmio retributivo mensile per le imprese che applicano questi contratti.
Infatti, mentre il trattamento economico minimo per il profilo indicato nel CCNL FIPE è composto dalla paga base (1.017,75 euro) sommata all’indennità di contingenza (524,94 euro), nel CCNL ANPIT, la paga base nazionale conglobata mensile, in sigla “PBNCM”, da erogare per 13 mensilità annue, è già comprensiva dell'ex indennità di contingenza e dell'ex EDR. Inoltre, nonostante il CCNL ANPIT preveda un elemento perequativo mensile regionale – si è scelto in xxx xxxxxxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxx xxxxxx xxxxx xxxxxxx Xxxxxxxxx (xxxx a 113,07 euro) – i livelli retributivi non si equivalgono. Il CCNL FAPI, invece, prevede anche 8 euro mensili per la bilateralità a carico dell’azienda. In quest’ultimo CCNL (e anche in relazione al CCNL ESAARCO) si è rivelato piuttosto complesso individuare il livello retributivo di riferimento per la figura professionale considerata, data la genericità dei livelli di inquadramento, mancando infatti una esemplificazione di profili professionali ad essi riconducibili.
La parità di trattamento salariale tra il CCNL FIPE e il CCNL Conflavoro è solo apparente. Infatti, il divario salariale può aumentare in peius se si pensa che il CCNL Conflavoro prevede dei minimi tabellari ancor più bassi in caso di lavoratori di primo ingresso o in regime di reimpiego (dinamica riscontrabile anche nel CCNL CIFA e CONFIP), di aziende situate aree svantaggiate (CCNL CIFA e CONFIP), nei primi 12 mesi di inserimento del lavoratore (CCNL FAPI) o nei primi 12 mesi di applicazione del CCNL (SISTEMA IMPRESA).
Grafico n. 2 – Trattamento economico di un cameriere di ristorante secondo il CCNL FIPE e il CCNL Conflavoro
1.600,00
1.562,69
Cameriere di ristorante
1.562,70
1.550,00 1.523,63
1.500,00
1.484,57
1.450,00
1.400,00
FIPE
CONFLAVORO CONFLAVORO (I anno) CONFLAVORO (II anno)
Dal Grafico n. 2 si evince che i Il CCNL Conflavoro permette alle aziende di nuova costituzione o in fase di avvio di una nuova attività, e per un massimo di due anni, di poter corrispondere ai propri lavoratori dipendenti (limitatamente ai livelli III, IV, V, VIS e VI) delle retribuzioni ridotte (risparmiando 78,12 euro al mese per il primo anno e 39,06 euro al mese per il secondo anno).
Cameriere di ristorante
2.000,00
1.600,00
1.200,00
800,00
400,00
0,00
FIPE
FAPI
FAPI (primi 12 mesi)
Grafico n. 3 – Trattamento economico di un cameriere di ristorante secondo il CCNL FIPE e il CCNL FAPI
1.562,69 | ||||||||
1.265,59 | 1.159,50 | |||||||
Dal Grafico n. 3 possiamo notare che un cameriere, assunto da un ristorante che applica il CCNL FAPI, nei primi 12 mesi (durante i quali sarà remunerato come un lavoratore del livello immediatamente inferiore) guadagna 403,19 euro in meno di un cameriere assunto da un ristorante che applica il CCNL FIPE. Successivamente, dal tredicesimo mese percepirà 297,10 euro in meno.
Grafico n. 4 – Trattamento economico di un cameriere di ristorante secondo il CCNL FIPE e il CCNL CIFA
Cameriere di ristorante
2.000,00
1.562,69
1.447,76
1.500,00
1.158,21
1.085,82
1.230,60
1.000,00
500,00
0,00
FIPE
CIFA
CIFA (aree CIFA (primo
svantaggiate) ingresso o reimpiego - I
anno)
CIFA (primo
ingresso o reimpiego - II anno)
Dalla lettura del Grafico n. 4 notiamo come, anche se inizialmente le differenze retributive in situazioni standard erano molto minori, per le specifiche casistiche cui è destinato un regime retributivo diversificato la forbice aumenta notevolmente.
Il regime retributivo speciale per le aree svantaggiate si applica: a) alle aziende fino a 15 dipendenti aventi la sede produttiva nelle Regioni del Mezzogiorno (Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania e Puglia); b) a tutte le aziende con sede produttiva in Comuni con popolazione residente inferiore alle 10.000 unità e definiti montani o rurali ai sensi di legge, purché non possiedano i requisiti di comune turistico ai sensi delle normative vigenti; c) a tutte le aziende aventi sede produttiva nei territori in stato di calamità dichiarato. Dunque, un cameriere assunto da un ristorante situato a Napoli che applica il CCNL CIFA guadagnerà 404.48 euro mensili in meno rispetto a un cameriere assunto da un ristorante di Napoli che applica CCNL FIPE e 289,55 euro al mese in meno rispetto a un cameriere assunto da un ristorante di Milano che applica lo stesso CCNL CIFA.
I lavoratori di “Primo ingresso” che cioè alla data di assunzione risultino
privi di esperienza professionale pregressa e/o di conoscenze specifiche
relative alle mansioni ad essi assegnate (art. 39 del CCNL CIFA) e i lavoratori cui si applica regime speciale di “reimpiego” e cioè quelli con più di 50 anni di età, di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, di lavoratori di qualsiasi età disoccupati di lunga durata privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, di soggetti espulsi dal mercato del lavoro e percettori di ammortizzatori sociali e di soggetti che rientrano in specifiche misure di politiche attive di ricollocazione messe in atto da operatori pubblici o privati per l'impiego (art. 40 del CCNL CIFA) guadagnano, nel primo anno dalla loro assunzione, 476,84 euro mensili in meno rispetto a coloro i quali vengono assunti da un’azienda che applica il CCNL FIPE.
Cameriere di ristorante
1.800,00
1.600,00
1.400,00
1.200,00
1.000,00
800,00
600,00
400,00
200,00
0,00
FIPE
CONFIP
CONFIP (aree CONFIP (xxxxx XXXXXX (primo
svantaggiate) ingresso o ingresso o
reimpiego - I reimpiego - II anno) anno)
Grafico n. 5 – Trattamento economico di un cameriere di ristorante secondo il CCNL FIPE e il CCNL CONFIP
1.562,69 | ||||||||||||||
1.434,58 | ||||||||||||||
1.147,32 | 1.219,02 | |||||||||||||
1.075,61 | ||||||||||||||
Analogo ragionamento si può applicare ai dati che emergono dalla lettura del Grafico n. 5, che mette a confronto CCNL FIPE e CCNL CONFIP. In particolare, al primo anno di ingresso il lavoratore riceverà 487,08 euro al mese in meno del lavoratore a cui si applica il CCNL FIPE. Al secondo anno dall’ingresso, invece, riceverà 343,67 euro al mese in meno rispetto a
quanto avrebbe percepito se fosse stato applicato il CCNL FIPE. Mentre per il lavoratore in aree svantaggiate la differenza mensile sarà di 415,37 euro.
Cameriere di ristorante
1.600,00
1.500,00
1.400,00
1.300,00
1.200,00
1.562,69
FIPE
SISTEMA IMPRESA
SISTEMA IMPRESA (primi 12
mesi applicazione)
Grafico n. 6 – Trattamento economico di un cameriere di ristorante secondo il CCNL FIPE e il CCNL SISTEMA IMPRESA
1.454,28 | ||||||||
1.371,75 | ||||||||
Il Grafico n. 6 ci mostra come il CCNL sottoscritto da SISTEMA IMPRESA permette alle aziende che applicano per la prima volta tale contratto di corrispondere una retribuzione inferiore per 12 mensilità (82,53 euro al mese in meno rispetto al minimo tabellare). Anche in questo caso il divario retributivo con chi applica CCNL FIPE diventa consistente (190,94 euro mensili).
Inoltre, si evidenzia che il CCNL ANPIT e il CCNL ESAARCO prevedono delle indennità di mancata contrattazione di II livello (che decresce, fino ad azzerarsi, all’aumentare delle ore di assenza mensili del lavoratore), ma, come si evince dal Grafico n. 7 e dal Grafico n. 8, anche in questi casi comunque permangono delle retribuzioni inferiori rispetto al CCNL FIPE.
Cameriere di ristorante
2.000,00
1.500,00
1.288,49
1.000,00
500,00
0,00
FIPE
ANPIT
ANPIT (Compresa IMC)
Grafico n. 7 – Trattamento economico di un cameriere di ristorante secondo il CCNL FIPE e il CCNL ANPIT
1.562,69 | 1.361,49 | |||||||
Cameriere di ristorante
1.600,00
1.550,00
1.500,00
1.450,00
1.400,00
1.350,00
1.300,00
1.250,00
1.200,00
FIPE
ESAARCO
ESAARCO (Compresa IMC)
Grafico n. 8 – Trattamento economico di un cameriere di ristorante secondo il CCNL FIPE e il CCNL ESAARCO
1.562,69 | ||||||||
1.398,56 | ||||||||
1.340,56 | ||||||||
In definitiva, attraverso l’individuazione di trattamenti retributivi differenziati per particolari territori, per determinate tipologie di lavoratori o aziende, i CCNL “minori” (16) abbattono ulteriormente i costi relativi alle retribuzioni da corrispondere ai lavoratori.
(16) Con tale espressione, si indicano quei CCNL sottoscritti da organizzazioni sindacali dotate di un minore grado di. Rappresentatività rispetto alle altre o scarsamente rappresentative. Sul punto, cfr. sempre X. XXXXXXX, op. cit.
5.2. Le maggiorazioni per lavoro straordinario, notturno e festivo
Comparare le maggiorazioni per lavoro straordinario non è agevole, in quanto alcuni contratti prevedono delle maggiorazioni differenti in base al numero di ore di straordinario (CCNL ANPIT, CIFA, CONFIP e ESAARCO) oppure in base al preavviso fornito dal datore di lavoro (CCNL ANPIIT).
Lavoro straordinario: maggiorazione (%)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
Grafico n. 9 – Maggiorazioni retributive per lavoro straordinario secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
30% | 30% | |||||||||||||||||||||||||
20% | ||||||||||||||||||||||||||
15% | 14% | 15% | 15% | 15% | 15% | |||||||||||||||||||||
A titolo esemplificativo per alcuni CCNL (ANPIT, CIFA, CONFIP, ESAARCO) è stata ipotizzata un’ora di straordinario che va dalla 41esima alla 48esima ora. Con particolare riferimento al CCNL ANPIT si è preso come riferimento l’ipotesi di uno straordinario prolungato con preavviso normale.
Volendo fare un raffronto globale (cfr. Grafico n. 9), relativo al trattamento di lavoro straordinario, senza addentrarci in particolari casistiche, vediamo che chi applica il CCNL FIPE (pareggiato in questa circostanza dal CCNL SISTEMA IMPRESA) riconosce una maggiorazione doppia rispetto a chi applica gli altri CCNL del settore analizzati (ad esclusione del CCNL CONFLAVORO).
Lavoro straordinario: maggiorazione (%)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
41° A 48° ORA
OLTRE 48° ORA
ANPIT CIFA CONFIP ESAARCO FIPE
Grafico n. 10 – Maggiorazioni retributive per lavoro straordinario secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
30% | 30% | ||||||||||||||||||||
17% | 20% | 20% | 20% | ||||||||||||||||||
14% | 15% | 15% | 15% | ||||||||||||||||||
Dal Grafico n. 10, possiamo notare che, anche in caso di straordinario oltre la 48esima ora, i CCNL osservati restano comunque ampiamente al di sotto della percentuale di maggiorazione riconosciuta nel CCNL FIPE.
In particolare, il CCNL ANPIT ricorre alla tecnica della “frammentazione della maggiorazione” per abbattere i costi e remunerare in maniera inferiore le ore di lavoro aggiuntive rispetto all’orario ordinario. La stessa molteplicità delle disposizioni, fra l’altro, pare consenta ampi margini di manovra al datore di lavoro per fini elusivi. Il datore, ad esempio, potrebbe rendere la richiesta di straordinario pratica di routine, per poi smentire la propria esigenza il giorno stesso della prestazione.
Lavoro notturno: maggiorazione (%)
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
Grafico n. 11 – Maggiorazioni retributive per lavoro notturno secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
25% | 25% | |||||||||||||||||||||||
20% | ||||||||||||||||||||||||
15% | 11% | 15% | 15% | 15% | ||||||||||||||||||||
Anche per quel che concerne la maggiorazione per lavoro notturno, il CCNL FIPE garantisce una maggiorazione più elevata degli altri contratti, pareggiato soltanto da SISTEMA IMPRESA (cfr. Grafico n. 11). Con riferimento al lavoro festivo (cfr. Grafico n. 12), invece, riscontriamo che ben 4 dei CCNL analizzati (CIFA, CONFIP, SISTEMA IMPRESA, FIDAP)
assicurano una maggiorazione uguale o superiore al CCNL FIPE.
Lavoro festivo: maggiorazione (%)
40%
30%
20%
10%
0%
Grafico n. 12 – Maggiorazioni retributive per lavoro festivo secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
30% | 30% | |||||||||||||||||||||||||
20% | 18% | 20% | 20% | |||||||||||||||||||||||
10% | 11% | 10% | ||||||||||||||||||||||||
Tabella n. 3 – Maggiorazioni retributive complessive secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
CCNL | Straord. | Notturno | Festivo | Straord. notturno | Straord. festivo | Festivo notturno | Straord. notturno festivo |
FIPE | 30% | 25% | 20% | 60% | |||
CONFLAVORO | 20% | 20% | 18% | 48% | |||
FAPI | 15% | 15% | 10% | 30% | 30% | 20% | 50% |
ANPIT | 14% | 11% | 11% | 22% | 14% | ||
CIFA | 15% | 15% | 30% | 35% (40% oltre 48° ora) | 30% | 50% | |
SISTEMA IMPRESA | 30% | 25% | 20% | 60% | |||
CONFIP | 15% | 15% | 30% | 35% | 30% | 50% | |
FIDAP | 15% | 20% | 25% | 20% | 28% | ||
ESAARCO | 15% | 15% | 10% | 30% | 25% | 15% | 35% |
In conclusione, la Tabella n. 3 dimostra come nei CCNL “minori” si ricorra alla scomposizione dell’alveo delle ipotesi di lavoro straordinario, festivo e notturno al fine di retribuire in misura inferiore parte delle ore lavorate in tali circostanze.
5.3. Il lavoro supplementare e la sua remunerazione
Anche la remunerazione del lavoro supplementare (cfr. Grafico n. 13) assurge a opportunità di scavalcamento, sul piano della convenienza economica per l’impresa, nei confronti del contratto FIPE. In particolare, meritano una segnalazione due casistiche. La prima riguarda una serie di contratti, fra cui il contratto CIFA, SISTEMA IMPRESA e CONFIP. I testi
contrattuali sono accomunati da una previsione: quella con cui è stabilita la maggiorazione del 15% per la remunerazione del lavoro supplementare. A ben vedere, questa previsione non aggiunge nulla a quanto già disposto di default dal legislatore (D.Lgs. n. 81/2015) per il caso del mancato intervento regolatore della contrattazione collettiva. Merita poi di essere segnalato il contratto FAPI, il quale contiene una disciplina tanto scarsa sul lavoro supplementare, che la stessa maggiorazione da applicare (la maggiorazione del 15%) dev’essere ricavata dalla stessa lettera della legge. L’esame delle due casistiche pare suggerire la seguente cosa: l’inconsistenza pratica delle discipline contrattuali collettive, ai fini del raggiungimento di soluzioni di miglior favore per i prestatori di lavoro.
Lavoro supplementare: maggiorazione (%)
40
35
30
25
20
15
10
5
0
Grafico n. 13 – Maggiorazioni retributive per lavoro supplementare secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
La disciplina delle clausole elastiche è senz’altro tematicamente contigua alle norme sulla remunerazione del lavoro supplementare. Sul lato del lavoro, infatti, i principali interessati rimangono i part-timer. Se allora, nel corso di uno studio empirico sulla contrattazione pirata oggi, si apprezza dovutamente che il dumping può realizzarsi non (solo) sul versante dei minimi retributivi, ma sul campo più vasto dei trattamenti normativo- economici relativi all’organizzazione del lavoro e alle tipologie contrattuali
flessibili, diventa evidente il rilievo sistemico assunto dalla questione dei prestatori di lavoro a tempo parziale. Questi prestatori molto spesso – specie quando il part-time non è scelta volontaria legata a istanze di conciliazione, ma strada obbligata dall’assenza di alternative – si rivelano working poors, lavoratori poveri. I contratti ritenuti “pirata”, nell’ambito merceologico dei pubblici esercizi, confermano l’intuizione sulla gravità del gioco al ribasso nei confronti dei part-timers. Nuovamente, va evidenziata in negativo la disciplina contenuta nel contratto ANPIT. Secondo i sottoscrittori di detto contratto, le clausole elastiche attribuirebbero al datore di lavoro la facoltà di variare non solo in aumento, ma anche in diminuzione l’orario contrattuale del lavoratore a tempo parziale. Il rischio conseguente è l’“assottigliamento” di rapporti di lavoro di per sé già poco consistenti. Ulteriori aspetti problematici possono riconoscersi, poi, pure rispetto alle maggiorazioni disposte per retribuire le ore prestate in aumento sull’orario concordato nel contratto individuale (cfr. Grafico n. 14). Solo i contratti FIDAP ed ESAARCO ripetono esattamente la maggiorazione del 30 + 1,5 % disposta nel contratto FIPE. I contratti FAPI, CIFA e CONFIP stabiliscono una maggiorazione del 15%, inferiore di più di un mezzo. Il contratto ANPIT, infine, dispone la percentuale estremamente bassa del 5%.
Variazione in aumento della prestazione:
maggiorazione (%)
35
30
25
20
15
10
5
0
Grafico n. 14 – Maggiorazioni retributive per variazione temporale della prestazione secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
5.4. La durata del periodo di prova
Di estremo interesse sono quindi le disposizioni sulla durata del periodo di prova. Come risaputo, l’istituto della prova riguarda un tempo circoscritto del rapporto di lavoro dipendente. Detto istituto serve a che le parti (in specie il datore di lavoro) possano recedere liberamente dal contratto appena instaurato: non applica il generale principio di giustificatezza del licenziamento, introdotto legislativamente dalla Legge 604 del ’66. L’istituto della prova pare giustificarsi in virtù di un duplice interesse di auto-tutela: il lavoratore deve poter valutare, in concreto, se le proprie attese professionali saranno soddisfatte; il datore di lavoro deve poter verificare la rispondenza tra la professionalità del lavoratore e la propria organizzazione d’impresa. Pare che proprio questo duplice interesse stia a monte dell’intervento regolatorio della contrattazione, che ammette e disciplina la prova. Questa rimane in ogni caso un istituto di delicatezza, visto che, nel frattempo che decorre, il lavoratore è sprovvisto dal
fondamentale riparo contro il recesso ingiustificato del datore di lavoro. Non sorprende, quindi, che la contrattazione distingua nelle durate massime apponibili al periodo di prova a seconda dell’inquadramento professionale del prestatore. In genere, periodi di prova più lunghi sono applicabili per i lavoratori inquadrati più in alto. E ciò non solo per il fatto che, nei loro confronti, l’esigenza di tutela potrebbe dirsi più tenue (dovrebbero avere maggiore forza sul mercato del lavoro); ma soprattutto perché nel loro caso si fa più complessa e grave la valutazione del datore di lavoro sul loro inserimento nell’organizzazione d’impresa.
Queste note preliminari servono a dirigere il ragionamento, sulle evidenze tratte dalla comparazione fra la disciplina della prova nel contratto FIPE (preso a benchmark) e le norme omologhe dei contratti pirata. Rispetto al contratto FIPE, i suoi “concorrenti” si caratterizzano per la previsione di durate massime dei periodi di prova sensibilmente più lunghi. Così riesce aumentata la precarietà sofferta dal lavoratore nella fase iniziale del rapporto. La differenza più forte, peraltro, balza all’occhio quando ci si sofferma sui livelli d’inquadramento medio-bassi. Si guardi al IV livello d’inquadramento FIPE e ai livelli d’inquadramento comparabili presso i contratti pirata. Come noto, per le organizzazioni del lavoro di bar e ristoranti, il IV livello di inquadramento (e i connessi trattamenti economici e normativi) sono cruciali. In FIPE, al IV livello sono classificati il cameriere, il barman, il pizzaiolo. A maggiore ragione, quindi, ha peso osservare che la durata massima stabilita per il 4° livello in FIPE (30 giorni) arriva ad essere triplicata nel contratto CONFLAVORO, e addirittura quadruplicata nei contratti FAPI e SISTEMA ITALIA. È evidente, così, dove i contratti “alternativi” al sistema confederale vogliano attrarre le realtà aziendali più piccole e meno strutturate. I pubblici esercizi formano un settore economico labour intensive, con forti tassi di turnover e alta discontinuità nella domanda. Perciò, allungare oltre misura un periodo, in cui il lavoratore non altamente qualificato si avverte come precario, può servire a dotare l’impresa di un’inedita flessibilità organizzativa, oltre che di una rafforzata posizione di vantaggio con cui rafforzare le proprie pretese. Come mostrato di seguito (cfr. Grafico n. 15) la sensibile maggiore durata massima dei periodi di prova, specie per i lavoratori classificati nella parte
medio-bassa dei sistemi di inquadramento, acuisce la competizione portata dai contratti pirata nei confronti di XXXX.
Grafico n. 15 – Durata media del periodo di prova secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
Durata media del periodo di prova
160
140
120
100
80
60
40
20
0
5.5. La durata del periodo di preavviso
L’analisi comparata sui periodi di preavviso fornisce ulteriori elementi d’interesse per il ragionamento. Come evidenziato sotto (cfr. Tabella n. 4; Grafico n. 16), nel complesso i contratti concorrenti rispetto a quello FIPE stabiliscono durate del preavviso più contenute. È emblematica la messa a confronto delle durate medie del preavviso riferite a lavoratori variamente inquadrati, ma raggruppati per anzianità di servizio (anzianità inferiore ai 5 anni, compresa fra i 5 e i 10 anni, superiore ai 10 anni). La riduzione apprezzabile più di frequente (contratti FAPI, CIFA, SISTEMA IMPRESA, CONFIP) è costante e trasversale fra i raggruppamenti per anzianità di servizio: 8 giorni in meno rispetto alla durata media FIPE. Il che dà lo spunto per almeno due considerazioni. Innanzitutto, è di per sé da sottolineare che la contrattazione pirata disponga, nel complesso, termini di preavviso più ristretti. Ciò, per i casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, comporta maggiore vicinanza fra il momento di comunicazione del recesso e quello di cessazione del rapporto, ovvero il pagamento di una minore indennità sostituiva del preavviso. In seconda
battuta, colpisce proprio il fatto che la riduzione media si mantenga sugli 8 giorni, a prescindere dal raggruppamento per anzianità di servizio. Così, le disposizioni sul preavviso della contrattazione pirata riescono più sfavorevoli per i lavoratori con minore anzianità di servizio: per costoro, 8 giorni di riduzione incidono di più sul totale. E poiché non pare sbagliato sostenere che proprio questi lavoratori costituiscano il grosso della manodopera disponibile presso le aziende attratte dalla contrattazione pirata (per numerose ragioni, fra cui le ridotte possibilità di avanzamento professionale) è chiaro che la disciplina del preavviso si rivela uno dei maggiori aspetti del dumping contrattuale realizzato ai danni del sistema di relazioni industriali FIPE.
Tabella n. 4 – Durata media del periodo di preavviso secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
Grafico n. 16 – Durata media del periodo di prova secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
Durata media del periodo di preavviso
80
70
60
50
40
30
20
10
0
<5 5<10 >10
5.6. La durata del periodo di comporto
Il periodo di conservazione del posto nel caso della malattia del dipendente (c.d. periodo di comporto) è un altro istituto su cui concentrarsi ai fini della comparazione. Esso costituisce tema sindacalmente delicato. Nel diritto delle relazioni industriali, il decorso del periodo di comporto attribuisce al datore di lavoro la facoltà di recedere dal rapporto. Pare che il licenziamento in questa casistica, e rispetto al licenziamento disciplinare, esponga meno il datore di lavoro ai rischi insiti nell’(eventuale) successivo contenzioso. Pare infatti, che da un lato la disciplina giuridica del comporto si presti a minore discrezionalità interpretativa, per il riferimento a indicatori oggettivi e numerici; dall’altro lato, che lo stesso apprezzamento dei casi di specie (almeno nelle situazioni più piane) lasci poco spazio a letture divergenti. Il periodo di comporto costituisce allora un tema sindacalmente delicato: il suo decorso
apre ad una situazione di particolare vulnerabilità per il prestatore interessato a conservare il posto di lavoro (pur rimanendo disponibile, di solito, un’ulteriore strategia come la richiesta di un periodo di aspettativa non retribuita). È quindi alla luce di queste considerazioni, che s’è qui deciso di porre l’accento sull’eventuale divergenza fra la pertinente norma FIPE e le norme provenienti dalla contrattazione pirata.
Nel contratto FIPE, il periodo di conservazione del posto nel caso di malattia del dipendente è quantificato in 180 giorni nell’anno di calendario civile (1° gennaio – 31 dicembre). La stessa previsione si apprezza poi nei contratti CONFLAVORO, SISTEMA IMPRESA, FIDAP ed ESAARCO. Questi
contratti non fanno dumping contrattuale sulla materia del comporto. Il riferimento ai “180 giorni”, pure riscontrabile in altri testi contrattuali, riesce però mutato di senso quando cambia l’arco temporale di riferimento. A parte il caso del contratto CONFIP (la cui lettera contrattuale, poco chiara, potrebbe comunque permettere di ricondurlo nel novero dei contratti che ripropongono la disposizione FIPE), meritano di essere evidenziati i casi contrattuali FAPI e CIFA. Nel contratto FAPI, il periodo di conservazione del posto è sì di 6 mesi (cioè 180 giorni di calendario), e tuttavia questi non vanno riferiti al singolo anno di calendario civile, ma al biennio. La misura del comporto, così, riesce di fatto dimezzata. Nel contratto CIFA, è curiosamente conservato il riferimento ai 180 giorni (quasi a dare l’idea, a primo acchito, di una disciplina che aderisce allo standard FIPE); e tuttavia, questi 180 giorni non debbono essere superati nell’arco di un periodo mobile di 17 mesi. In tal modo, la misura del comporto nel sistema CIFA riesce al più di 127 giorni nell’anno di calendario civile.
Come già capitato nel corso di questo studio, una nota del tutto particolare dev’essere dedicata alla disciplina del contratto ANPIT. Sul tema della conservazione del posto in caso di malattia del dipendente, questo contratto attribuisce al prestatore di lavoro una “dote” di 90 giorni (esattamente la metà rispetto ai 180 del contratto FIPE). E però, va precisato che il computo dei giorni di malattia, ai fini del comporto, non si “azzera” decorso un certo periodo di tempo (che sia l’anno civile di
calendario, o un diverso arco temporale mobile). Piuttosto, il “consumo” dei giorni disponibili per la conservazione del posto prosegue senza soluzione di continuità durante tutto il corso della vita lavorativa del prestatore. Peraltro, trascorsi i primi due anni di anzianità di servizio, i 90 giorni inizialmente attribuiti sono incrementati, per previsione contrattuale, di ulteriori 30 giorni per ciascun nuovo anno di servizio prestato. In tal modo, può arrivarsi fino a un massimo di 365 giorni utilizzabili ai fini del comporto. Questa disciplina del contratto ANPIT pare riproponga nuovamente il tema della poca tutela nei confronti dei prestatori con scarsa anzianità di servizio. Come già ripetuto altrove in questo studio, proprio questi prestatori formano un frequente bersaglio del dumping realizzato dalla contrattazione pirata.
Grafico n. 17 – Durata media del periodo di prova secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
Periodo di comporto (breve)
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
Comporto "breve"
5.7. ROL e trattamento del 4 novembre
La comparazione svolta finora, fra contratto FIPE e contratti meno rappresentativi, ha evidenziato come la contrattazione pirata costituisca un’insidia reale nel settore dei pubblici esercizi. Standard di trattamento
deteriori verso i lavoratori, del resto, formano sia un vulnus sul versante dell’equità, che un elemento falsante della libera competizione di mercato. Questo genere di impressione è a maggior ragione confermata, quando ci si soffermi sulla diversità di previsioni in tema di permessi per riduzione dell’orario di lavoro (ROL).
Il Grafico n. 18 offre una rappresentazione immediata a riguardo. Si segnalano le discipline CONFLAVORO e FAPI. Esse riconoscono, rispettivamente, 32 ore e 24 ore di permesso ai dipendenti. Nessuna altra disposizione di miglior favore è stata rinvenuta. La pochezza dei dati CONFLAVORO e FAPI colpisce. Le misure di 32 e 24 ore, infatti, riescono particolarmente modeste se ne si considera la ratio compensativa delle
c.d. ex festività. Vista questa ratio compensativa –variamente declinata all’interno di tutti i CCNL in Italia – si stenta a comprendere quali effettive dinamiche negoziali siano potute stare a monte di misure di ROL così esigue. Fra l’altro, anche i contratti pirata non ancora citati sono deludenti in quanto a monte ore complessivi di permessi. ANPIT, CIFA, CONFIP riconoscono 48 ore, FIDAP 56. Fanno eccezione il contratto SISTEMA IMPRESA e, come al solito, il contratto ESAARCO, che copiano pedissequamente le 104 ore di FIPE.
Totale ROL previsti
120
100
80
60
40
20
0
Totale ROL previsti
Grafico n. 18 – Durata media del periodo di prova secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
Sul fronte tematicamente contiguo del trattamento delle ex festività, la comparazione porta a evidenziare il divario normativo in tema di compensazione del 4 novembre. Come evidenziato nella Tabella n. 5, nel settore dei Pubblici esercizi (compreso anche il CCNL FIPE) solo 4 contratti riconoscono il diritto del lavoratore al riposo compensativo in caso di lavoro il 4 novembre; 5 contratti rimangono invece silenti.
Tabella n. 5 – Riposo compensativo per lavoro prestato il 4 novembre secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
Può apprezzarsi una situazione solo in parte dissimile, per la casistica del 4 novembre su cui cada un giorno di riposo. I numeri dicono che solo 6
contratti dei Pubblici esercizi (compreso il CCNL FIPE) garantiscono per tale casistica il trattamento in busta paga di un ventiseiesimo della retribuzione; 3 contratti, invece, rimangono silenti (cfr. Tabella n. 6).
Tabella n. 6 – Riposo compensativo per lavoro prestato il 4 novembre secondo i CCNL di cui alla Tabella n. 2
5.8. Xxxxx note su ferie e malattia, nonché sul trattamento economico della lavoratrice madre durante il congedo obbligatorio di maternità
Va detto che, in generale, non ha offerto “brutte sorprese” la comparazione fra contratto FIPE e contrattazione pirata, rispetto alla questione se la malattia interrompa o meno il godimento delle ferie. Nella totalità dei casi considerati, la risposta è stata positiva. Probabilmente, l’unica cosa che merita di essere segnalata è un’espressione piuttosto “ambigua” usata nel contratto FAPI. In questo contratto si prevede che, perché il periodo di ferie riesca interrotto, la malattia sia di gravità tale da
«impedire il recupero delle energie psico-fisiche» al lavoratore. La disposizione è poco chiara e allarma, soprattutto perché non è dato sapere chi dovrebbe compiere la suddetta valutazione e secondo che standard. Di certo, negli ambienti di lavoro in cui maggiore è il timore del prestatore nei confronti del datore di lavoro, la norma esaminata si presterà ad abusi e strumentalizzazioni.
Va aggiunto, poi, che nemmeno sul versante del trattamento economico della lavoratrice madre durante il congedo obbligatorio di maternità, la comparazione ha offerto un quadro davvero problematico. In generale, la gran parte dei contratti ricalca, a proposito, la previsione FIPE. La gran
parte dei contratti, cioè, prevede in capo al datore di lavoro l’obbligo di corrispondere alla lavoratrice madre un’integrazione economica della indennità INPS, fino a concorrenza del 100% della retribuzione giornaliera altrimenti percepita in caso di normale svolgimento del rapporto. Va criticata, però, la scarsa chiarezza di alcune disposizioni testuali, che a differenza che nel contratto FIPE mancano di fare puntuale riferimento alla retribuzione “netta” della lavoratrice. Infine, solo due contratti (il contratto FAPI e il contratto ANPIT) vanno segnalati in negativo, per il fatto di non prevedere alcuna integrazione.
Bibliografia essenziale
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48