COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia (MI) SANGIOVANNI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) GRECO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(MI) ESTRANGEROS Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXX XXXX XXXX
Nella seduta del 07/05/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
I fatti sono stati così ricostruiti dalla ricorrente.
- In data 27/01/2009, la ricorrente stipulava, mediante scrittura privata e con una banca poi incorporata dall’intermediario convenuto, un contratto di transazione in forza del quale le parti, attraverso reciproche rinunce e concessioni, regolavano il possibile sorgere di contenzioso con riferimento a prodotti derivati swap offerti e collocati dalla banca.
- Con la transazione, la banca si impegnava a concedere credito a particolari condizioni ma disattendeva gli impegni assunti.
- In particolare, in violazione dell’art. 2.3 del contratto, l’intermediario convenuto:
- rifiutava la sottoscrizione di nuovi mutui ipotecari (per € 2.463.298,00) nonostante essi fossero contenuti entro il plafond contrattualmente previsto;
- concedeva un’apertura di credito non eccedente € 600.000, nonostante la misura concordata fosse pari a € 850.000;
- metteva a disposizione solo € 400.000 invece di € 800.000 come concordato per “denaro caldo e anticipi fatture”.
- chiedeva la “fattorizzazione” del credito per dar corso all’anticipo fatture.
- La ricorrente tentava una definizione bonaria della controversia, senza esito positivo. Priva di esito rimaneva anche la domanda di mediazione dinanzi all’Organismo forense di Imperia, prima, e di Genova, poi.
- Alla luce di quanto sopra e prima di adire il Tribunale di Genova quale foro convenzionale, la ricorrente chiede la risoluzione del contratto di transazione per inadempimento della banca, con consequenziale declaratoria di reviviscenza.
- La ricorrente lamenta infine “l’applicazione del tasso sui contratti di mutuo in corso (possibile usura), relativamente alla quale ha dato corso ad accertamenti peritali”, nonché la mancata produzione della documentazione integrale riguardante la controversia.
In sede di controdeduzioni l’intermediario ha preliminarmente sollevato le seguenti eccezioni d’inammissibilità del ricorso:
- difetto di competenza dell’ABF posto che la ricorrente “parrebbe richiedere la risoluzione del contratto di transazione ossia una pronuncia avente natura costitutiva e quindi preclusa ad organismi diversi dall’Autorità giudiziaria”;
- difetto di competenza per materia e temporale rispetto alla domanda di una pronuncia relativamente alla reviviscenza (che deriverebbe dalla risoluzione della transazione) della fattispecie relativa a prodotti derivati swap;
- difetto di competenza rispetto a domande di mero accertamento strumentalmente ed esclusivamente volte all’esercizio di azioni di condanna dell’intermediario per importi superiori a € 100.000,00;
- mancanza di preventivo reclamo rispetto alla doglianza circa l’applicazione di tassi d’interesse asseritamente usurari ai contratti di mutuo in essere.
Nel merito, l’intermediario, con riferimento al contenuto della transazione, afferma che nel periodo marzo 2003-febbraio 2007, stipulava con la ricorrente alcuni contratti derivati di swap, di volta in volta estinti anticipatamente, fino al contratto “IRS Range” sottoscritto il 14/2/2007 con scadenza al 16/2/2017.
Determinato l’importo necessario per l’estinzione anticipata del derivato in essere, le parti si accordavano per la stipula di una transazione novativa: la ricorrente, infatti, rinunciava a muovere qualsiasi doglianza circa i rapporti in prodotti derivati e si faceva carico di una quota del costo di chiusura dello swap in essere mentre la banca si faceva carico della restante quota di costo, impegnandosi a concedere credito (per un periodo di 5 anni dalla stipula della transazione) alle condizioni “agevolate” descritte all’art. 2 dell’accordo.
La transazione oggetto di ricorso deve quindi intendersi come transazione novativa, dal momento che le parti non hanno voluto conservare i precedenti rapporti (che infatti sono stati estinti), ma viceversa hanno voluto dar vita ad obbligazioni oggettivamente diverse da quelle preesistenti.
Inoltre, l’art. 3 della transazione prevede che la ricorrente, “tenuto conto delle facilitazioni e delle condizioni di particolare favore riconosciute dalla” banca, (…) “rinuncia irrevocabilmente e con valenza novativa ad esercitare qualsivoglia diritto e/o azione che possa in ipotesi competerle sulla validità ed efficacia dei rapporti contrattuali citati al punto 1 delle premesse”. Trattasi appunto delle operazioni contrattuali in derivati.
Pertanto, posto che nel contratto di transazione non è previsto il diritto alla risoluzione della transazione stessa, la relativa domanda avanzata dalla ricorrente non può essere accolta, stante il chiaro disposto dell’art. 1976 c.c.
In ogni caso, l’intermediario contesta l’affermazione della ricorrente circa asseriti inadempimenti alle obbligazioni assunte con l’accordo transattivo.
In primo luogo, l’intermediario osserva che l’art. 2.3 della transazione specifica che la stipula di nuovi contratti di mutuo, nell’ambito del plafond ivi indicato, è subordinata a “iniziative immobiliari proposte dalla [ricorrente] alla banca e favorevolmente valutate da
quest’ultima a seguito di debita istruttoria volta ad accertare, secondo il principio della buona fede, il rispetto delle forme tecniche, della normativa e del merito creditizio delle medesime operazioni”.
Alla luce di detta pattuizione sono state valutate le richieste della ricorrente, sfociate, di volta in volta, in mutui ipotecari nei casi in cui l’istruttoria sul rispetto delle forme tecniche, della normativa e del merito creditizio, lo ha consentito.
In secondo luogo, l’intermediario sottolinea che all’apertura di credito in c/c di € 850.000, già in essere al momento della sottoscrizione della transazione, veniva applicato il tasso agevolato dell’euribor 6 mesi + 0,50, esattamente come previsto dall’art. 2.3 dell’accordo transattivo.
La somma indicata è stata messa a disposizione della ricorrente la quale poteva utilizzarla in una o più volte e ripristinare la disponibilità con successivi versamenti.
In terzo luogo, l’intermediario precisa che l’anticipo su fatture consegue operativamente alla cessione del credito portato dalla fattura presentata secondo quanto disposto dagli artt. 1260 e ss. C.c. e, nel caso di credito verso la Pubblica Amministrazione, attraverso le peculiari forme richieste dalla legge (scrittura privata autenticata da notaio o atto pubblico) oppure attraverso la “Piattaforma per la certificazione dei crediti” in ottemperanza al D.M. 22/5/2012.
La ricorrente, pur potendo beneficiare della linea di credito in questione, ha di fatto unilateralmente deciso di non avvalersene temendo, da un lato, il “discredito” nei confronti della propria clientela in ragione della notifica della cessione del credito e, dall’altro, lamentando l’eccessiva laboriosità di legge relativa ai crediti verso la Pubblica Amministrazione.
Infine, l’intermediario afferma che i tassi di interesse applicati ai mutui in essere con la ricorrente sono pienamente conformi alla normativa anti-usura e alle disposizioni della Banca di Italia.
Ciò premesso, la ricorrente chiede di “dichiarare la risoluzione del contratto per inadempimento della banca, con ogni consequenziale declaratoria e pronuncia anche relativamente alla reviviscenza della pretesa quanto alla fattispecie derivati”. “Contesta altresì l’applicazione del tasso di interesse sui mutui in essere (possibile usura)”.
L’intermediario chiede di respingere il ricorso perché inammissibile e comunque infondato.
DIRITTO
La ricorrente lamenta l’inadempimento dell’obbligazione di erogare credito (a determinate condizioni “agevolate”) assunta dall’intermediario convenuto con un contratto di transazione stipulato per regolare una lite in materia di contratti derivati (swap). Chiede quindi la risoluzione del contratto di transazione “con ogni consequenziale declaratoria anche rispetto alla reviviscenza della pretesa” relativa ai contratti derivati oggetto di transazione.
Circa le questioni pregiudiziali sollevate dalla convenuta, il Collegio ritiene che possa essere accolta, in primo luogo, quella relativa all’assenza di reclamo circa l’applicazione di tassi di interesse asseritamente usurari sui mutui in essere. Parimenti il Collegio ritiene che, visto il tenore della domanda, tesa a ottenere la reviviscenza dei contratti derivati, sia degna di pregio la tesi della convenuta, secondo la quale l’ABF difetterebbe di competenza per materia. Nel complesso, quindi, il ricorso deve dirsi inammissibile.
Ciò premesso, il Collegio osserva che, nel merito, non parrebbero comunque sussistere elementi sufficienti per l’accoglimento del ricorso. In particolare:
- il punto n. 1 della premessa dell’accordo transattivo descrive la vicenda oggetto della transazione, rappresentato da una serie di contratti derivati (swap) in precedenza
conclusi tra le parti e via via estinti, sino all’ultimo contratto derivato, stipulato a febbraio 2007 con scadenza febbraio 2017 ed estinto contestualmente alla transazione;
- il punto n. 6 della premessa indica l’intenzione delle parti, “anche al fine di preservare pro futuro i rapporti commerciali tra loro intercorrenti” di “definire transattivamente ogni possibile contenzioso circa la validità e/o efficacia” delle operazioni contrattuali descritte nella premessa;
- l’art. 2 della transazione descrive le “reciproche rinunce e/o concessioni”: in sintesi, da un lato la ricorrente rinuncia a far valere qualsivoglia diritto/pretesa circa la validità e/o efficacia delle operazioni contrattuali descritti in premessa e si fa carico di una quota del costo necessario ad estinguere anticipatamente l’ultimo contratto derivato, in essere al momento della transazione; dall’altro lato, l’intermediario si obbliga a concedere credito nelle forme e alle condizioni “agevolate” indicate in dettaglio all’art.
2.3 e si fa carico dell’altra quota di costo per l’estinzione anticipata dell’ultimo derivato (avvenuta contestualmente alla transazione, come si evince dalla documentazione versata in atti con le controdeduzioni);
- l’art. 3 della transazione esplicita espressamente la “valenza novativa” della transazione;
- nel contratto di transazione non risulta pattuito il diritto alla risoluzione per inadempimento.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr., da ultimo, Cassazione civile, Sez. III, sentenza del 24/02/2015 n. 3598), occorre distinguere la transazione novativa da quella semplice: “nella prima si verifica l'estinzione del rapporto preesistente e la sostituzione di esso con altro oggettivamente diverso per contenuto e fonte costitutiva; nella seconda rimangono fermi il precedente rapporto e la relativa fonte, ma si introducono mutamenti dell'assetto sostanziale dei diritti e degli obblighi che sul piano processuale si configurano come fatti modificativi, impeditivi o estintivi del diritto azionato”.
Esaminato il contratto di transazione di cui al ricorso in esame e le pattuizioni in esso contenute, il Collegio ritiene che esso abbia contenuto novativo, il che esclude in ogni caso la reviviscenza dei contratti derivati, da considerarsi definitivamente estinti e sostituiti dal nuovo rapporto concluso con la transazione, costitutivo di autonome e oggettivamente diverse obbligazioni (cfr. 15444/2011, Cass. 4455/2006, 7830/2003).
Ciò premesso, quanto all’asserito inadempimento dell’intermediario circa il contratto di transazione, dalla documentazione versata in atti risulta un prospetto con le varie linee di credito in conto corrente concesse dall’intermediario (tra cui un’apertura di credito a revoca per € 850.000). I tassi di interesse originariamente pattuiti (nel giugno 2008) sono stati modificati a mano, con sottoscrizione specifica da parte della ricorrente, in attuazione dell’accordo transattivo. Circa la mancata erogazione di nuovi mutui entro il plafond contrattualmente indicato, l’art. 2.3 lett. a) del contratto di transazione subordina l’accoglimento delle richieste di mutuo all’esito positivo della relativa istruttoria da condurre secondo il principio di buona fede, la cui violazione non appare provata. Per quel che concerne, infine, la linea di credito per anticipazioni di fatture, non risulta parimenti provata la presentazione di fatture per importo complessivamente eccedente il plafond esistente (per € 400.000) e, quindi, l’esistenza di un rifiuto ingiustificato della banca all’incremento della linea esistente.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio dichiara il ricorso inammissibile.
IL PRESIDENTE
firma 1