Osservatorio Retribuzione variabile e contrattazione decentrata
A s s o c i a z i o n e p e r g l i S t u d i I n t e r n a z i o n a l i e C o m p a r a t i s u l D i r i t t o d e l l a v o r o e s u l l e R e l a z i o n i i n d u s t r i a l i
Osservatorio Retribuzione variabile e contrattazione decentrata
In collaborazione con il Centro Studi Internazionali e Comparati Xxxxx Xxxxx
All’interno
Lo studio Isae 2009 xxxxx sviluppo della contratta- zione decentrata in Italia di Xxxxxxx Xxxxxxxxx
pag. 2
L’accordo sull’occupa- zione tra sindacati del credito ed Intesa San Paolo
di Xxxxxxxxx Xxxxxx
Xxxxxxx variabile
e contrattazione decentrata tra teoria e prassi
a cura di Xxxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxx
pag. 4
Salario variabile e con- trattazione decentrata in edilizia
di Xxxxx Xxxxxxx
pag. 7
Contrattazione decentra- xx x xxxxxxx variabile nel settore metalmeccanico
di Xxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx- va
pag. 10
Riflessioni sull’attuale si- tuazione del salario va- riabile e della contratta- zione decentrata
xx Xxxxx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx
pag. 12
L’orario di lavoro, il flexi-time, la contrattazio- ne decentrata: aspetti di diritto europeo e compa- rato
di Xxxxx Xxxxxxx
pag. 14
Per saperne di più
Per maggiori approfondi- menti si rinvia al sito di Adapt xxx.xxxxx.xx.
Alla sezione Xxxxxxxx xxxxxxx troverete la voce Retribuzione.
l Dossier in pubblicazione oggi si contraddistingue, rispetto xx xxxxx- xxxxx, per la concretezza xxxx’approccio
I
alla tematica.
Invero anche e soprattutto alla xxxx de- gli importanti accordi del 2009, l’anali- si può incentrarsi con maggiore effica- cia sui prodotti contrattuali a livello decentrato: aziendali e territoriali.
L’obiettivo è consentire di tracciare una linea di continuità al fine di indivi- duare la direzione verso cui si sta o- rientando il sistema contrattuale italia- no che, prima con il Protocollo Giugni del 1993 e poi con il recente accordo interconfederale del 22 aprile 2009, attribuisce alla contrattazione aziendale un ruolo sempre più importante all’in- terno del sistema delle relazioni indu- striali italiane, pur risentendo, nel suo sviluppo non uniforme, delle diverse fasi di centralizzazione e decentramen- to del sistema stesso.
Rispetto al 1993 le priorità sono cam- biate e la sfida è puntare ad un incre- xxxxx xxxxx produttività e, insieme ad essa, delle retribuzioni reali affidando un ruolo principe e non più “ancillare”
alla contrattazione decentrata, sia essa aziendale o territoriale. Tanto è ancora più vero xxxx’attuale contesto economi- co dove la promozione di una crescita xxxxx xx xxxxx, tenendo conto dei livelli di produttività assicuri che questi con- tribuiscano alla crescita dei xxxxxx xxxxx e xxxx regolazione sociale, è particolar- mente importante per contrastare i ri- schi di dumping sociale nel quadro del- l’Unione europea.
I contributi, più che utili e abbastanza rappresentativi, si occupano di taluni settori, di alcune specifiche aree geo- grafiche, di specifiche realtà aziendali, concludendosi con uno sguardo xx xx- xxxxx comunitario e xxxxxxxxx circa il rapporto tra contrattazione decentrata ed uno specifico istituto del rapporto di lavoro (orario di lavoro).
Insomma – si potrebbe dire – si entra in medias res, cosa che – nelle inten- zioni del responsabile dell’Osservato- rio e dei xxxxxxxx collaboratori ai diver- si Xxxxxxx, in primis il Redattore capo e il Coordinatore di redazione – do- vrebbe significare a breve, finalmente, l’apertura di una xxxx e propria banca
Dossier Adapt, numero 5 del 17 marzo 2010 – Osservatorio Retribuzione variabile e contrattazione decentrata
dati ragionata ed aggiornata della contrattazione collettiva decen- trata in materia retributiva, ma- gari partendo inizialmente (e mu- tuo qui un’idea di altra prestigio-
sa rivista) dalla contrattazione “che fa discutere”!
Xxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx
concentrata, della diversificazio- ne dei trattamenti xxxx’ambito di un minimo comune denominato- re. A tali istanze e situazioni reali si univa il consenso, pressoché unanime, di una parte della dot- xxxxx sul fatto che la contrattazio- ne decentrata non fosse xxx xxxx-
Lo studio Isae 2009 xxxxx
sviluppo della contrattazione decentrata in Italia
di Xxxxxxx Xxxxxxxxx
xxxxx decollata, contribuendo in tal modo xx xxxxxx legame osser- vato tra crescita delle retribuzioni reali di fatto e andamento della produttività del lavoro (in tale direzione si pone X. Xxxxxxxxxx, Brevi osservazioni sul sistema contrattuale xx xxxxxxx livello nel
La necessità di riformare la strut- xxxx xxxxx contrattazione xxxxxxxx- va per renderla più efficiente e rispondente alle mutate esigenza è stata, negli ultimi anni, oggetto del dibattito economico e accade- mico e da alcuni considerata co- me una priorità per colmare il divario dell’Italia rispetto xx xxxxx dei Paesi UE e per riallinearla agli obiettivi di Lisbona.
Il meccanismo di politica dei redditi messo in atto dal Proto- collo Giugni del 1993 se per un verso, negli anni, ha consentito il raggiungimento di una significa- tiva riduzione delle dinamiche inflazionistiche e l’adesione al- l’Unione economica monetaria europea, dall’altro non ha agevo- lato la tanto auspicata diffusione della contrattazione decentrata. Le ricerche empiriche sull’effet- tivo impatto del Protocollo, ri- xxxxxx xxxx articolazione dei li- velli negoziali, dimostrano come la realtà delle grandi imprese proceda secondo logiche non sempre conformi rispetto al qua- dro di riferimento delineato xxx xxxxxxxxx collettivo nazionale. Inoltre, come rilevato nel 1997 dalla Commissione di verifica sul funzionamento del Protocollo Giugni, la contrattazione decen-
trata che avrebbe dovuto accre- scere la variabilità della retribu- zione, concorrendo ad una mag- giore flessibilità del sistema, si è rivelata «quantitativamente e qualitativamente insufficiente» per una serie di motivazioni. Tra queste la vischiosità delle prassi precedenti, l’impreparazione cul- turale dei soggetti decentrati, la resistenza ad allargare le materie oggetto di contrattazione e la mancanza di strutture anche or- ganizzative appropriate (si pensi alla contrattazione territoriale).
Ciò è stato determinato dalle in- tervenute trasformazioni del tes- xxxx economico-giuridico e so- ciale del nostro Paese influenzato dalle esigenze di modernizzazio- ne delle relazioni industriali ma anche dalla tenuta del modello produttivo e dalle esigenze di un contemperamento fra sviluppo economico e inclusione sociale. Per arginare i vari fenomeni in- xxxxx xxxxx globalizzazione l’uni- ca strada percorribile è stata xxxxxx xxxxx riforma del sistema della struttura della contratta- zione collettiva – avviata con l’accordo quadro del 22 gennaio 2009 e con l’accordo interconfe- derale del 15 xxxxxx xxxxxx – non- xxx xx xxxxxx xxxxx flessibilità
settore artigiano, in Italian Xx- xxxx Law e-Journal, 2006, n. 1). I dati Ocse del 2008 fotografano una situazione italiana poco con- fortante in termini xx xxxxxxx xxxx- xxxxx e con un netto xxxx xxxxx produttività; l’Italia si colloca al 23° posto su 30, dopo Xxxxxx x Xxxxxx. I dati forniti da alcuni studi quali il rapporto Isae 2009 e il rapporto Cnel del 2008 hanno dimostrato che la contrattazione di secondo livello si è sviluppata nelle aziende di dimensioni me- dio-grandi, lasciando scoperto il cuore della struttura produttiva italiana, ossia le piccole imprese. Il rapporto Xxxx ha preso come parametro di riferimento un cam- pione di 3.676 imprese e indaga- to su quattro variabili principali: la presenza di un contratto collet- tivo a livello aziendale o xxxxxxx- xxxxx, le materie oggetto di con- trattazione, il collegamento delle erogazioni contrattate con i pa- rametri aziendali, il peso della retribuzione contrattata a livello decentrato rispetto xx xxxxxxx complessivamente percepito dal lavoratore (per un approfondi- xxxxx xxxxx studio Isae si legga
X. Xxxxxx, La contrattazione inte- grativa nei dati dell’inchiesta Isae, in Quaderni Xxxx, febbraio
2009). I dati sono poco confor- tanti e confermano una scarsa diffusione di tale tipologia di contrattazione: le imprese con contratto integrati-
xxxx rispetto a quella territoriale è praticamente assoluta nelle im- prese di grande dimensione, mentre la diffusione della con-
trattazione xxxxxxx-
no che la percentuale di imprese che affermano di aver introdotto nel proprio contratto voci retribu- tive xxxxxx a parametri aziendali supera il 70% xxx xxxx’industria
vo ammonterebbero a poco più di 1/4 del xxxxxxxx in- tervistato (26,6%), con una consistente differenza fra indu- stria (28,8%) e ser- vizi (19,2%).
Scarsa diffusione
della contrattazione decentrata e
delle materie oggetto
di negoziazione
xxxxx appare signifi- cativa (intorno al 30%) nelle aziende xx xx xxxxx xxxxx so- glia dei 20 xxxxx- denti e nelle Regio- ni meridionali (ci- rca il 14%).
che nei servizi. In particolare, circa il 62% delle imprese con contratto integrativo ha afferma- to di prevedere nel proprio accor- do somme che risultano effetti- vamente variare in funzione del- l’andamento aziendale. La prima impressione che si ricava da que-
Uno dei principali ostacoli allo sviluppo della contrattazione de- centrata è la bassa dimensione che, nella media, hanno le azien- de italiane. Nelle imprese indu- striali la probabilità di avere un contratto aziendale o territoriale aumenta di circa il 16% quando si passa dalla classe dimensiona- le n. 10-19 a quella n. 20-49, ed accelera ulteriormente (circa il 20%) quando si supera la soglia dei 100 dipendenti. Analogamen- te, anche se in modo meno ac- centuato, la probabilità di con- trattare a livello decentrato cre- sce con la dimensione d’impresa nel comparto dei servizi. Sempre dai dati del rapporto emerge un dato interessante: la diversa loca- lizzazione geografica sembra che acquisisca un ruolo rilevante solo nelle imprese industriali, situate nelle Regioni centrali o meridio- nali del Paese mentre si riducono rispettivamente del 10 e del 18% le probabilità di avere un contrat- to aziendale o territoriale, rispet- to a chi opera nel Nord. L’87,5% delle imprese intervistate ha di- chiarato di possedere un contrat- to di tipo aziendale. La percen- tuale risulta inferiore di circa 10 punti percentuali (78,4%) nel terziario mentre sale di ulteriori 2 punti nel settore manifatturiero ed estrattivo (89,4%). La preva- xxxxx xxxxx contrattazione azien-
Le differenze osservate fra im- prese industriali e imprese dei servizi non si xxxxxxx solamente al diverso grado di diffusione dei contratti collettivi di xxxxxxx xx- xxxxx, ma riguardano anche alcu- ne caratteristiche specifiche degli accordi quali ad esempio le ma- xxxxx oggetto di negoziazione. I dati mostrano ad esempio che, accanto all’argomento meramen- te retributivo, una percentuale relativamente elevata di imprese del terziario xxxxxxxx di affronta- re all’interno dei contratti inte- grativi anche tematiche inerenti alla flessibilità oraria (49,7%) e la formazione professionale (53,9%). Nelle imprese manifat- turiere ed estrattive tale percen- tuale sembrerebbe essere signifi- cativamente più bassa (rispettiva- mente 29,2% e 32,1%), anche se i dati evidenziano un forte grado di eterogeneità fra singoli settori di attività economica.
Per quanto riguarda infine le re- tribuzioni, seguendo le regole del Protocollo del 1993, uno dei fat- tori fondamentali per il funziona- xxxxx di questo specifico seg- xxxxx di negoziazione è costitui- to dalla concreta possibilità di ancorare una parte del salario contrattato all’effettivo andamen- to dell’impresa o del territorio in cui ha luogo la contrattazione. Sotto questo aspetto i dati indica-
sti numeri è quindi quella di una contrattazione collettiva di secondo livello che, pur non es- sendo diffusa nel territorio e tra imprese di diversa natura e di- mensione, nei luoghi dove viene fatta riesca a soddisfare l’obietti- vo di fare crescere le retribuzioni eccedenti i minimi nazionali set- toriali in funzione dell’andamen- to aziendale, prevedendo xxxx xxx una parte del salario possa essere flessibile. Tale impressio- ne può rivelarsi tuttavia fuorvian- te se non si conosce contestual- mente quanto xxxxxx xx xxxx re- tributive integrative rispetto xx xxxxxxx complessivamente perce- pito dal lavoratore. Le informa- zioni raccolte su questo punto appaiono poco promettenti: esse indicano infatti che nella mag- gior parte (53,3%) delle imprese che praticano la contrattazione integrativa la quota xx xxxxxxx xx- xxxxxxxxx a livello decentrato non supera il 5% della retribuzio- ne complessiva, mentre circa il 26% prevede voci retributive in- tegrative che oscillano tra il 5 e il 10% dell’intera retribuzione.
Il dati forniti dal rapporto solleci- tano delle riflessioni sul tema della contrattazione decentrata. Spostare il baricentro della con- trattazione collettiva dal centro alla periferia consentirebbe an- che di riguardare la distribuzione
della produttività con aumenti variabili del salario (una analisi dettagliata degli effetti economi- xx x xxxxx da C. Xxxx’Xxxxxx, Xxxx- xxxxx dei redditi e ruolo xxxxxxxx- xx delle politiche retributive, in DRI, 2003, n. 1, e in X. Xxxxxxxx (a cura di), Teoria e prassi delle relazioni industriali. Letture di Diritto delle Relazioni Industria- li, Giuffrè, Milano, 2008, 425-
429, spec. 429, il xxxxx sostiene che più semplicemente «se i dif- ferenziali salariali non si muovo- no, si devono muovere i xxxxxx- xxxx, con tutti i problemi relativi connessi alla mobilità territoriale della forza lavoro. Nel nostro Paese questa mobilità esiste. Esi- ste ancora un certo flusso di for- za lavoro dal sud xx xxxx, ma è
insufficiente per svolgere un’ef- ficace funzione di riequilibrio. Se i differenziali territoriali di costo del lavoro fossero lasciati liberi di aggiustarsi, si assisterebbe an- che ad uno spostamento della domanda di lavoro. Aumentereb- be la probabilità di vedere le im- prese localizzarsi nelle regioni meridionali»).
Le ragioni di una scelta di questo tipo sono documentate anche dal- la letteratura economica sia teori- ca che empirica in base xxxx xxxxx le retribuzioni e il costo del lavo- ro svolgono una importante fun- zione allocativa e aiutano ad u- guagliare domanda e offerta nei vari mercati del lavoro. Se le re- tribuzioni sono rigide questa fun- zione non viene svolta e il fatto-
re di equilibrio si scarica sulle “quantità”. Orbene il decentra- xxxxx consentirebbe la differen- ziazione delle retribuzioni fermo restando che un ruolo importante è svolto comunque dalle parti sociali dei vari settori produttivi e delle diverse Regioni che pos- sono decidere se aumentare o diminuire le retribuzioni rispetto alla media nazionale.
Xxxxxxx Xxxxxxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Università degli Studi di Modena e Xxxxxx Xxxxxx
L’accordo sull’occupazione
tra sindacati del credito ed Intesa San Paolo
di Xxxxxxxxx Xxxxxx
Il 2 febbraio 2010 è stato sotto- scritto un accordo sindacale di gruppo tra Banca Intesa San Pao- lo e i sindacati del credito Dircre- dito FD, Fabi, Fiba-Cisl, Silcea, Sinfub, Ugl credito, Uilca. L’ac- xxxxx, xxx non è stato sottoscritto dalla Fisac-Cgil, Sallca Cub e dalla Falcri, è risultato subito sot- to i riflettori nazionali perché è forse la prima applicazione, su larga xxxxx, xxxxx clausola di de- rogabilità della contrattazione nazionale prevista – in situazioni di crisi, start up aziendali e di specifici comparti – dall’accordo quadro sugli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 (punto 16) e dall’accordo applicativo del 15 aprile 2009 (punto 5). Va subito sottolineato che tali intese non
sono certamente una novità asso- luta (si pensi, ad esempio, nel settore automobilistico, alle dero- ghe firmate negli anni Novanta in occasione dell’apertura dello stabilimento Fiat-Sata xx Xxxxx), ma assumono un contorno orga- nico e strategico proprio in con- seguenza della già citata riforma degli assetti contrattuali.
L’accordo stipulato prevede la stabilizzazione di circa 550 lavo- xxxxxx x xxxxxxx in scadenza, in stragrande maggioranza nelle Regioni meridionali e la creazio- ne di tre nuovi centri servizi a L’Aquila, Potenza e Lecce che assorbiranno attività potenzial- mente destinate al centro servizi di Intesa San Paolo situato a Bra- sow, in Romania. Un ulteriore
centro servizi verrà aperto in una delle sedi strategiche del gruppo, Torino, dove verranno assunti esclusivamente lavoratori in Cas- sa Integrazione o fruitori di in- xxxxxxx di disoccupazione. Com- plessivamente i lavoratori coin- volti sono oltre mille dei quali circa 500 a Torino, i restanti nel- le Regioni meridionali. Con l’ap- plicazione del meccanismo di start up, previsto dal citato accor- do del 22 gennaio 2009, ai nuovi assunti xxxx applicato, per 4 anni, il contratto di apprendistato con garanzia di trasformazione a tem- po indeterminato alla scadenza. Nei quattro centri servizi verrà, infatti, applicato un contratto di sito con deroghe al Ccnl del cre- dito, firmato l’8 dicembre 2007,
in materia salariale (-20%), con maggiori flessibilità di orario (aumento monte ore di circa il 5%) e la decurtazione del 20% del contratto inte-
to del doppio xxxxxx xxx mercato del lavoro e come argine alla pre- carietà che «sta precipitando nel- l’assenza di futuro un’intera ge-
nerazione».
olo una resa ad un “ricatto occu- pazionale” che sfrutterebbe il disperato bisogno di lavoro, in tempo di crisi, di giovani e disoc- cupati, introducendo xxxxxx e con-
grativo aziendale. Le reazioni ed i commenti all’accor- do sono stati molto variegati e, conside- xxxxx xxx la dero- gabilità del contrat- to nazionale, previ-
Un accordo aziendale
sotto i riflettori nazionali
Altre due sono state le ragioni portate a sostegno dell’ac- xxxxx xxx sindaca- ti firmatari: l’atten- zione solidaristica al Sud del Paese e la solidarietà inter-
dizioni di lavoro fortemente infe- riori ai minimi garantiti dal con- tratto nazionale e aprendo perico- losissimi varchi peggiorativi in vista del rinnovo del prossimo contratto nazionale di settore. A queste accuse hanno replicato tutti i sindacati firmatari ritenen-
sta dal nuovo sistema degli asset- ti contrattuali, era stata una xxxxx xxxxxxxxxx ragioni addotte dal Se- gretario generale della Xxxx Xx- xxxxxxx Xxxxxxx per motivare la mancata firma della propria orga- nizzazione all’intesa del 22 gen- naio, la divisione sindacale era abbastanza prevedibile.
Di seguito si cercherà di esporre le differenti valutazioni.
I sindacati firmatari dell’accordo sottolineano come a differenza dei contratti complementari pre- visti dal Ccnl del credito – le cui deroghe salariali, inquadramenta- li e di orario sono permanenti – le deroghe previste del contratto occupazionale di sito siglate con Intesa San Paolo sono tempora- nee. Dopo 4 anni, infatti, ai lavo- ratori si applicheranno integral- mente le norme del contratto na- zionale e del contratto integrativo aziendale.
Il Segretario generale della Fiba- Cisl, Xxxxxxxx Xxxxx, si è spinto a dichiarare che «in Intesa San Paolo si sta di fatto sperimentan- do concretamente quel contratto unico di cui tanti studiosi e poli- tici discutono accademicamente e sui mezzi di comunicazione». L’accordo, quindi, creando occu- pazione xxxxx aggiuntiva e realiz- xxxxx, in una sperimentazione di flexsecurity, il x.x. xxxxxxxxx uni- co, si porrebbe come superamen-
settoriale ai lavoratori di Torino, una tra le città italiane maggior- mente colpite dalla crisi econo- mica, non solo nel settore del credito, e il presidio dei confini dell’area contrattuale definita dal Ccnl, come argine per impedire le potenziali esternalizzazioni xxxx’ambito del gruppo europeo di Intesa San Paolo.
Il tema xxxxx xxxxx finanziaria e della responsabilità sociale delle banche è rimasto xxxxx sfondo, ma le organizzazioni firmatarie non hanno rinunciato a lanciare una riflessione per tutto il siste- ma bancario e per quelle imprese che continuano ad esternalizzare, su larga scala planetaria, in xxxxx- xxxx xxxx il costo del lavoro è infimo e i diritti e le tutele sociali e sindacali scarsi o del tutto ne- gati.
Ben diverso è stato il commento di Fisac-Cgil che ha sottolineato come, da mesi, avesse denuncia- to all’azienda una xxxxx xxxxxxx del personale. Ha dichiarato inol- tre che, «effettuando assunzioni di cassaintegrati ed in aree de- presse, l’Azienda beneficia di incentivi fiscali e contributivi e, ciò nonostante, tagli quasi del 40% il trattamento complessivo di questi lavoratori».
La categoria del credito del sin- dacato di Corso d’Italia ha defi- nito l’accordo con Intesa San Pa-
do il contratto firmato in Intesa San Paolo «un importante e re- sponsabile contributo delle parti sociali; una breccia, un’uscita di sicurezza dal disagio, dalla pre- carietà, dall’ingiustizia sociale, che esprime xx xxxxxx più profon- da e autentica del sindacalismo xxxxx xxx origini: l’unità solidale del lavoro come presidio di spe- ranza e di futuro».
Al di là della vivace dialettica tra le organizzazioni sindacali appa- re opportuno, analizzando il pre- sente accordo, rimanere sul meri- to e considerare il contesto xxx xxxxx si inserisce.
I dati recentemente diffusi da Svimez, Istat e Banca d’Italia su occupazione e sviluppo nel Mez- zogiorno sono a dir poco dram- matici e una tale pluralità di xxx- xxxx ci consegna l’immagine con- solidata di una crisi che ha au- mentato ulteriormente le disu- guaglianze territoriali nel nostro Paese. Al tempo stesso tutte le organizzazioni sindacali del cre- dito hanno sottoscritto unitaria- mente lo scorso 16 dicembre 2009 insieme all’ABI una intesa con oggetto il rafforzamento del Fondo di solidarietà di settore introducendo una xxxx e propria indennità di disoccupazione (fino ad un massimo dell’80%, per 24 mesi) con progetti specifici di riconversione professionale ed
outplacement per le numerose situazioni di crisi aziendale nel settore.
Le condizioni di crisi e di start up alla base di questo accordo aziendale appaiono quindi asso- lutamente reali e non basate su xxxxxxx xx invenzioni imprendito- riali. Il testo dell’accordo pone inoltre una serie xx xxxxxxx inte- ressanti, non solo di principio: primi fra tutti gli intenti, condivi- si dalle parti, di «realizzare con- dizioni occupazionali peculiari che, nel rispetto xx xxxxxxxx di responsabilità sociale, assicurino trattamenti economico-normati- vi complessivamente migliorativi e competitivi con il mercato di riferimento», rispondendo al
«principio generale di proporzio- nalità e sufficienza della retribu- zione».
Le attività cui potranno essere adibiti i lavoratori assunti con le nuove regole temporanee saran- no: lavorazioni tempo per tempo svolte nel back office; approvvi- gionamento deposito e gestione amministrativa/contabile dei ma- gazzini, nonché archivio dei ma- teriali più vari, ivi comprendendo il trattamento della corrisponden- za; sicurezza fisica e informatica; trattamento dei xxxxxx x xxxxxxxx trasporto; attività di supporto tec- nico/funzionale/operativo all’e- lectronic banking e telephone banking. Qualora il personale lavorativo venisse adibito a man- sioni differenti da quelle espres- samente stabilite, gli specifici trattamenti economico-normativi stabiliti dall’accordo per un qua- driennio dalla data di assunzione verrebbero a decadere. Un limite, presente xxxx’accordo, appare il mancato computo del quadrien- nio in deroga per la maturazione degli scatti di anzianità e degli automatismi economici.
Qualche considerazione finale. Il tema della derogabilità della con- trattazione nazionale, presente non solo xxxx’ambito nazionale ma centrale, anche in altri xxxxx- sti di relazioni industriali (si pen- si, ad esempio, alla Germania), è indubbiamente un aspetto molto delicato e lungamente discusso nel nostro Paese fin dalle analisi della Commissione Giugni del 1997 cui si affiancarono, fra gli altri, i contributi di Xxxxxxx X’Xxxxxx e Xxxxx Xxxxx e le sperimentazioni (assolutamente unitarie, dal punto di vista xxxxx- xxxx) nei contratti dell’industria agro-alimentare e chimica.
Appare oggettivamente irrealisti- ca un’opposizione di xxxxxxxxx xx unilaterale ad una logica di dero- gabilità che non deve essere inte- sa come una sorta di “contratta- zione peggiorativa”, ma come un approccio puramente sindacale di scambio xxx xxxxx, di volta in volta, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative possono valutare i xxxxxxxx xx i rischi di tali interventi. Al tempo stesso la realizzazione di accordi trasparenti e valutabili dai lavo- ratori è certamente una strada xxxxxxxx rispetto alle tante “dero- ghe” di fatto che nel complesso e variegato sistema delle relazioni industriali italiano si sono venute a realizzare xxx xxxxx di questi anni. La forza contrattuale del sindacato si misura anche nel sapere accompagnare il cambia- mento senza esserne travolto e senza difendere esclusivamente chi già si trova nel mercato del lavoro.
Non tutte le clausole d’uscita dalla contrattazione nazionale sono accettabili e non tutte le si- tuazioni di crisi occupazionale possono essere risolte attraverso queste modalità, ma l’accordo a-
ziendale siglato con Intesa San Paolo appare, allo stesso tempo, una sperimentazione coraggiosa e un’opportunità per molte centi- naia di giovani. L’esperienza sin- dacale, anche xxxxxx xx Xxxxx, insegna che la derogabilità non può essere permanente: la durata quadriennale appare quindi un compromesso ragionevole, pas- sato il xxxxx xxxx fondamentale monitorare la corretta applicazio- ne xxxxx xxxxx trasformazione a tempo indeterminato, a xxxxxx xx xxxxxxx e regole normative, dei lavoratori coinvolti.
Xxxxxxxxx Xxxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Università degli Studi di Modena e Xxxxxx Xxxxxx
Per maggiori approfondimenti po- tete consultare i Dossier già pub- blicati sul tema:
Dossier n. 21/2009
Sulla contrattazione e i suoi livelli
a cura di Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxx
Dossier n. 11/2009
Aspettando (ancora una volta) Xxxxx!
a cura di Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx
Dossier n. 5/2009
La riforma degli assetti contrattuali
a cura di Xxxxxxx Xxxxx
Dossier Adapt
Salario variabile e contrattazione decentrata in edilizia
di Xxxxx Xxxxxxx
Come già nel Protocollo del 1993 e come auspicato dalla rela- zione finale della Commissione Giugni, l’accordo quadro del 22 gennaio 2009 e la successiva in- tesa interconfederale del 15 apri- le 2009 si propongono di rendere più efficienti le esperienze di re- tribuzione legata agli obiettivi rendendole effettive e maggior- mente diffuse. L’obiettivo di co- niugare l’azione di ripristino del- la politica dei redditi e di incre- mentare la produttività e compe- titività aziendale per rafforzare il sistema produttivo viene risolto nel senso di dare maggior impul- so al livello decentrato – azien- xxxx o alternativamente xxxxxxx- xxxxx, laddove previsto, secondo l’attuale prassi – xxxxxx a sede di contrattazione del salario di pro- duttività. Per la parte economica, si conferma che il contratto col- lettivo nazionale deve tutelare la retribuzione contrattuale dall’in- flazione, mentre il secondo livel- lo deve definire la quota di in- cremento salariale collegato alla produttività. Espressamente ri- guardo al premio di risultato l’accordo interconfederale del 15 aprile 2009 stabilisce che, nel caso di contratti territoriali, i cri- xxxx di misurazione e valutazione economica della produttività, della qualità e degli altri elementi di competitività devono essere determinati sulla base di indica- tori assunti a livello territoriale con riferimento alle specificità delle imprese di settore, xxxx’au- spicio che la contrattazione de- centrata meglio possa rispondere
alle esigenze dei lavoratori mo- dulando le tutele in rapporto alla concreta realtà produttiva.
Il riferimento a componenti sala- riali di tipo variabile contrattate a livello territoriale evoca l’imme- diato xxxxxxx xxxx contrattazione decentrata del settore dell’arti- gianato, in generale, e dell’edi- lizia, in particolare. Fino dall’ap- plicazione del Protocollo del 1993, sia nel comparto artigiana- to sia nel comparto industria del settore edile, infatti, è stata de- mandata alla contrattazione xxxxx- toriale la determinazione dell’e- lemento economico territoriale entro il tetto xxxxxxx xxxxxxxxx dai Ccnl, ovvero la negoziazione delle integrazioni retributive va- riabili xxxxxx all’andamento del settore. Xxxx’edilizia si registra una notevole xxxxxxxx xxxxx con- trattazione territoriale la cui dif- fusione è strettamente correlata alle specificità strutturali del set- tore caratterizzato da elevata frammentarietà/flessibilità per stagionalità del ciclo produttivo, mobilità dei cantieri, elevata mo- bilità interaziendale dei lavorato- ri, influenza delle condizioni at- mosferiche.
Il fatto che il livello territoriale costituisca il xxxxxx dello svilup- po produttivo del xxxxxxxx xxxx- xxxxx e del settore edile è stato ribadito, anche nelle more della riforma degli assetti contrattuali, dalle confederazioni dell’artigia- nato e delle piccole imprese. Du- rante l’audizione del 17 xxxxxx- bre 2008 presso la Commissione lavoro della Camera che aveva
promosso un’indagine conosciti- va sulle prospettive della contrat- tazione collettiva Xxxxxxx Xxxxxx- ni, Presidente di Confartigianato, affermava che «in una logica di federalismo contrattuale ed in attuazione del principio di sussi- diarietà, il baricentro della con- trattazione dovrà necessariamen- te trasferirsi a livello territoriale, dove si misurano la competitivi- tà, la produttività, la dinamica del mercato del lavoro, le esigen- ze di flessibilità delle imprese e le condizioni sociali e economi- che dei lavoratori e dove è possi- bile interpretare xx xxxxxx le esi- genze di sviluppo locale». L’in- tesa sottoscritta dalle confedera- zioni artigiane e da Cisl e Uil il 21 novembre 2008 al punto II.4 stabilisce che «per quanto con- cerne la parte economica, la con- trattazione regionale avrà il com- pito di ridistribuire la produttività del lavoro sulla base di parametri congiuntamente concordati fra le parti a livello regionale. L’eroga- zione salariale di secondo livello corrisposta sulla base del presen- te modello ha le caratteristiche necessarie per consentire l’auto- matica applicazione degli sgravi previsti dalle vigenti xxxxx xx xxxxx».
La peculiarità del settore edile emerge ove si consideri che xxx- xxxx attenzione al livello xxxxxxx- xxxxx è prestata anche nei Ccnl sottoscritti dall’Ance, ovvero dall’Associazione nazionale dei costruttori edili aderente a Con- findustria. L’inciso del punto 1.1 dell’accordo interconfederale
dell’aprile 2009 laddove si pre- cisa «o alternativamente xxxxxxx- xxxxx, laddove previsto, secondo l’attuale prassi» è ripreso dalle linee-guida di Con-
co territoriale – EET) specifican- do i parametri ai quali xxxxxx il premio, il peso da attribuirsi a tali parametri nella valutazione e
la determinazione
l’Inail per il settore edile. Nei due diversi accordi per il rinnovo del contratto collettivo integrati- vo del Ccnl del 20 xxxxxx 2004 nella Provincia di Bologna siglati
findustria e coniuga l’esigenza manife- stata da tale parte datoriale di evitare il rischio di prolife- razione dei livelli con la necessità di preservare la realtà
Si registra
una notevole xxxxxxxx xxxxx contrattazione territoriale
dei periodi di riferi- xxxxx. In sede di rinnovo della parte economica dell’ac- xxxxx, in molti casi si rimanda all’inte- sa precedente senza adeguare il xxxxx-
da Ancebologna il 6 luglio 2006 e da Aniem/Confapi il 20 ottobre 2006 vengono aggiunti ulteriori indicatori economici, ovvero il numero complessivo dei permes- si a costruire/concessioni edili- zie, delle denunce di inizio attivi- tà e delle asseverazioni ex art. 26
di quei settori in cui la contratta- zione decentrata territoriale è or- mai fisiologica.
Un breve e non esaustivo excur- sus fra gli accordi territoriali ap- plicativi del Ccnl industria edili- zia del 20 xxxxxx 2004 e della successiva intesa del 23 marzo 2006 o del Ccnl artigianato edili- zia del 1° ottobre 2004 e dell’in- tesa del 5 luglio 2006 evidenzia xxx xxxx, già prima della riforma della disciplina degli assetti con- trattuali del 2009 e dei rinnovi che ad essa seguiranno xxxx’anno in corso, prevedevano nella strut- tura retributiva una componente variabile negoziata di anno in anno entro la soglia stabilita dal- la contrattazione collettiva xxxxx- xxxx e determinata in base a indi- catori di produttività e competiti- vità che debbono tener conto del- l’andamento congiunturale del settore nel territorio (Regione, Provincia) di riferimento.
Con riguardo alla contrattazione decentrata in edilizia precedente alla riforma del 2009 e riferita alle Province venete, lombarde e dell’Xxxxxx Romagna (archivio Cnel e archivio Filca-Cisl), la maggioranza degli accordi xxxxx- toriali stipulati, sia nel comparto industria sia in quello dell’arti- gianato, tendono a indicare gli elementi costitutivi del salario di produttività (elemento economi-
nuto della clausola istitutiva del- l’EET a sopravvenute modifica- zioni dell’andamento dell’econo- mia, riportando soltanto le tabel- le con i valori dell’EET aggior- nato.
Con riguardo agli indicatori da monitorare ai xxxx xxxxx determi- nazione dell’EET negli accordi territoriali stipulati dall’Ance o da altre xxxxx datoriali del com- parto industria (indicatori ripresi anche negli accordi del comparto artigiano) si fa riferimento al nu- mero delle imprese e dei xxxxxx- xxxx iscritti alla Casa edile della Provincia interessata, al numero di ore e al xxxxx xxxxxx denuncia- to xxxx Xxxxx edile, al numero di ore xx Xxxxx Integrazione Ordi- naria autorizzate dall’Inps, al nu- mero complessivo e all’importo complessivo dei xxxxx xx xxxx e degli appalti di opere pubbliche aggiudicati, al numero delle noti- fiche preliminari inoltrate ai sen- si del d.lgs. n. 494/1996 xxxxx ricavabile dai dati in possesso xxxxx Xxxxxxx e xxxxx rete degli Spisal del territorio provinciale. Xxx xxxxxxxxx collettivo del lavo- ro per la Provincia di Verona per i dipendenti delle imprese edili e affini del 12 dicembre 2006 inte- grativo del Ccnl del 20 xxxxxx 2004 oltre agli indicatori di cui sopra è inserito quello del nume- ro degli infortuni denunciati al-
della l. n. 47/1985, nei principali Comuni della Provincia. Un’altra particolarità dei due accordi ora citati consiste nel fatto xxx xxxx stabiliscono che nella determina- zione dell’EET si xxxxx xxxxx xxxxx dell’andamento del setto- re e dei suoi risultati nonché del- l’andamento degli indicatori xxxx- xxxx agli ultimi 5 anni. Altri con- tratti, al contrario, circoscrivono il periodo fisso di riferimento all’anno o al biennio precedente la stipula del nuovo accordo (si veda, ad esempio, il contratto collettivo per la Provincia di Vi- cenza del 27 ottobre 2006). Talo- ra sono assunti quali indicatori dell’andamento del settore e dei suoi risultati anche il numero delle imprese secondo i dati for- niti dalla Cassa xxxxx x xxxx’Inps nonché la qualità delle costru- zioni (accordo collettivo per la Provincia di Como del 27 luglio 2006). In ambito nazionale si se- gnala la scelta degli indicatori operata, nelle prime avvisaglie xxxxx xxxxx economica, xxxx’accor- do sottoscritto il 1° luglio 2008 da Aniem, Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil per il rinnovo del Ccnl dell’11 giugno 2004 per gli addetti delle piccole e medie im- prese edili (i medesimi indicatori compaiono anche nel Ccnl sotto- scritto dall’Ance il 18 giugno 2008). In tale contratto si privile-
giano i seguenti indicatori: il nu- mero dei lavoratori edili iscrit- ti nelle liste di mobilità e in CIG Straordinaria o Ordinaria per mancanza di lavoro, l’attiva- zione di finanziamenti compresi quelli derivanti da fondi struttu- rali, il prodotto interno xxxxx del settore delle costruzioni a livello territoriale.
Gli accordi territoriali del settore edile prevedono, altresì, che le parti rilevino e determinino i dati relativi al periodo fisso di riferi- xxxxx per l’analisi dell’xxxx- xxxxx dei parametri/indicatori di settore per tutta la vigenza del contratto integrativo, così da pro- cedere alla verifica e determina- zione annuale dell’EET. Una dif- ferenziazione fra i vari contratti territoriali in punto di elemento economico territoriale si nota con riguardo al peso da attribuire ai dati raccolti: alcuni accordi con- siderano verificati i presupposti per l’erogazione dell’EET ove si registri l’esistenza di andamenti positivi in almeno 2 degli indica- tori territoriali oppure nel caso in cui 2 degli indicatori si attesti- no con flessioni non superiori al 10%. Altri contratti territoriali, invece, richiedono l’andamento positivo in almeno 4 o 5 degli indicatori assunti a parametro di riferimento del settore.
Per quanto attiene alle modalità di erogazione dell’EET, gli ac- xxxxx prevedono l’attribuzione xx xxxxxxxxxx di un acconto xxxxx anticipo sull’EET, salvo succes- xxxx conferma ovvero, sulla base dei dati parziali e delle linee ten- denziali di crescita del settore, l’EET viene definito, per ogni anno di vigenza contrattuale, in via presuntiva entro la soglia sta- bilita dal Ccnl. In seguito, la de- terminazione annuale in via defi- nitiva del valore dell’EET accon-
tato viene effettuata in uno speci- fico incontro tra le parti, raffron- tando l’andamento del settore con l’andamento del periodo fis- so di riferimento così da verifica- re l’esistenza di un trend positivo degli indicatori fissati contrat- tualmente.
I contratti territoriali, tenuto con- to delle decorrenze fissate nel Ccnl, per la corresponsione del- l’EET possono prevedere l’ero- gazione di una una tantum, talora stabilendo espressamente la per- centuale spettante agli apprendi- sti e ai lavoratori con contratto a tempo xxxxxxxx nonché l’erogabi- lità pro quota in caso xx xxxxxx- zione lavorativa limitata ad una parte del periodo lavorativo as- sunto a riferimento. In tali ipotesi xx xxxxx corrisposta a titolo di una tantum non potrà essere computata ai fini del Tfr e nem- xxxx xxxx incidenza su altri isti- tuti contrattuali e/o xx xxxxx xx- xxxxx e/o indiretti dandosi atto le parti sottoscriventi l’accordo di aver xxx xxxxxx xxxxx dell’inci- denza delle maggiorazioni per ferie, gratifica natalizia e riposi annui (si veda, ad esempio, il Protocollo di intenti interprovin- ciale per la contrattazione inte- grativa del settore edile del Ve- neto del 24 luglio 2006).
Gli importi erogabili a titolo di EET vengono differenziati se- condo la categoria di appartenen- za dei singoli lavoratori. Alcuni contratti territoriali indicano gli importi del salario variabile solo con riferimento agli operai, altri con riguardo a operai e impiega- ti, altri ancora con riguardo agli apprendisti e agli apprendisti professionalizzanti e ai lavoratori con contratto di inserimento. Co- sì xxx xxxxxxxxx collettivo regio- xxxx di lavoro per i dipendenti delle imprese artigiane edili ed
L’iscrizione xx Xxxxxxxxxx è gratuita. Si
Bollettino speciale
Attivo dal novembre 2005, è una newsletter di approfondimento, a carattere monografico, su singole tematiche di attualità in materia di diritto del lavoro, relazioni indu- striali, formazione. Segue il mo- dello della struttura in sezioni del
Bollettino ordinario.
Bollettino ordinario
È una newsletter settimanale di aggiornamento sui temi del lavoro e delle relazioni industriali. Offre un’ampia documentazione inter- nazionale, comunitaria, nazionale, nonché regionale e locale suddivi- sa per sezioni. Particolare atten- zione viene dedicata alle temati- che: certificazione e interpelli, giurisprudenza italiana, agenzie del lavoro, servizi per l’impiego, somministrazione, istruzione, for- mazione, apprendistato, ricerca, università, mobilità dei lavoratori, immigrazione, contrattazione col- lettiva, salute e sicurezza, orario di lavoro, lavoro sommerso. Inol- xxx xxxxx a disposizione raccolte statistiche, note economiche e rapporti istituzionali, segnalazioni xx xxxxx, concorsi e premi, attività
Adapt/Centro Studi Xxxxx Xxxxx.
Frutto della collaborazione con il Centro Studi internazionali e com- parati Xxxxx Xxxxx, comprende due newsletter di aggiornamento sui temi del lavoro e delle relazioni
industriali.
Bollettino Adapt
affini del Veneto del 29 marzo 2007 all’art. 7 si precisa che
«agli apprendisti, pur non essen- do direttamente coinvolti nella produttività aziendale o in forme produttive di incentivo, come condizione di miglior favore, l’E.E.T. xxxx comunque corrispo- sto in percentuale, secondo gli scaglioni previsti dal Ccnl appli- cati sul valore dell’E.E.T. dell’o- peraio qualificato di xxxxxxx xx- xxxxx». In xxx xxxx pur rimanendo l’EET un elemento di flessibilità salariale legata e condizionata al- la performance positiva del setto-
re, con riguardo alla categoria dei lavoratori apprendisti, diviene u- na specie di elargizione. Sembra che il vizio xxxx xxxxx premessa, ovvero nel ritenere che la forma- zione dell’apprendista non costi- tuisca un investimento che incide xxxxx sviluppo del comparto. Al contrario, la capacità di investire in formazione, il numero e la qualità degli apprendisti formati dall’impresa e il numero degli apprendisti che acquistano la qualifica di lavoratori specializ- zati del settore, trovando colloca- zione lavorativa xxxxxxx xxxxx
stesso, dovrebbero costituire da un lato un indicatore dello stato del settore interessato, da un altro lato la giustificazione dell’eroga- zione, in corso di apprendistato, di una percentuale dell’EET an- che a tale categoria di lavoratori in ragione dell’apporto concreto xxx xxxx forniscono all’azienda in termini di competitività/produtti- vità.
Xxxxx Xxxxxxx
Avvocato
Contrattazione decentrata e salario variabile nel settore metalmeccanico
di Xxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx
Il peggio è alle spalle ma la ri- presa sembra lentissima. Queste le prime considerazioni che bal- zano in mente osservando i dati dell’indagine congiunturale pre- sentata da Federmeccanica lo scorso 16 febbraio. Numeri che delineano un quadro del settore metalmeccanico xxxx’altro xxx xxxxx, sebbene il quarto trimestre del 2009 abbia fornito dati per così dire incoraggianti, con una diminuzione della produzione, rispetto all’anno precedente, pari
ca: dall’auto alla metallurgia, dalle macchine e apparecchi meccanici all’industria del bian- co, gli elettrodomestici. Si è xx- xxxxxxxxx, pertanto, un sotto- utilizzo degli impianti che, nel quarto trimestre 2009, hanno rag- giunto un grado di utilizzo del 64,7%, molto lontano dall’80% del 2007.
Le ripercussioni xxx xxxxxxx occu- pazionali sono note e l’indagine di Federmeccanica non xxxxxx- glia, in tal senso:
grazione richieste all’Inps dalle imprese del settore, con un incre- xxxxx del 480% rispetto all’anno precedente.
Quali ripercussioni genera, per la contrattazione decentrata, un quadro di simile portata? Eviden- temente mutano i termini e i temi su cui le parti possono contratta- re, venendo meno – o diminuen- do considerevolmente – un ele- xxxxx decisivo in sede di trattati- va sindacale, nonché una delle
leve fondamentali
solo all’1%. Il 2009, tuttavia, verrà ricordato come l’anno nero del settore metalmeccanico, con una diminuzione della produzio- ne industriale di 27,1 punti per- centuali rispetto al 2008; 5 punti in più rispetto xx xxxx medio regi- strato xxxx’Unione europea a 27,
solo il 4% delle imprese interpellate prevede di tornare ad assumere nel primo semestre di quest’anno, contro un 30% che è con- vinto, invece, di
La crisi
ha portato
ad una riduzione degli spazi della contrattazione aziendale
utilizzate, a turno, dagli attori negozia- li: le risorse econo- miche.
La crisi ha portato, indubbiamente, ad una riduzione degli spazi della contrat-
stando sempre alle elaborazioni di Federmeccanica su dati Istat e Eurostat. Una crisi che ha colpito tutti i settori della metalmeccani-
ridimensionare l’organico. Il ri- corso agli ammortizzatori sociali è stato massiccio: 480 milioni sono state le ore xx Xxxxx Inte-
tazione aziendale ma soprattutto, appunto, per quanto riguarda gli aumenti monetari. E cambiano i termini, come si accennava pri-
ma, nel senso che, frequentemen- te, da premi di risultato e remu- nerazione legata all’andamento dell’impresa, si passa a parlare di welfare aziendale,
trattenere i dipendenti provengo- no da realtà come Tetra Pak. Il piano benefit del gruppo svedese prevede una offerta medica am-
pia che si integra, a
verso una crescente personalizza- zione dei servizi, in grado di sup- portare specifici bisogni. Una sorta di rapporto diretto, che met- te talvolta in allarme il sindacato,
ossia di sistema in cui l’impresa garan- tisce ai propri di- pendenti l’accesso a beni o servizi rite- xxxx indispensabili. Questo è il cosid- detto “modello Lu-
Il peggio
è alle spalle ma la ripresa è lentissima
discrezione del di- pendente, con servi- zi di supporto al- la famiglia articolati in asilo nido e scuo- xx xxxxxxx, baby- sitter, xxxx e badan- ti, copertura delle
timoroso di essere “bypassato” e dunque privato di un tema su cui trattare.
La crisi del settore metalmecca- nico, tuttavia, ha spostato l’atten- zione della contrattazione decen- trata anche su temi legati stretta- xxxxx xxxx difficile congiuntu-
xottica” che consente, a fronte di uno stesso esborso da parte a- ziendale, di trasferire ai dipen- denti un beneficio economico, in beni o servizi, di valore moneta- rio pari a quello che gli stessi avrebbero percepito in xxxxxx ma solo se l’impresa avesse investito una cifra considerevolmente su- periore, per via delle disposizioni presenti negli artt. 51 e 100 del Testo Unico delle imposte sui redditi. Un modello che è stato definito in Luxottica il 28 feb- braio del 2009 con un Protocollo d’intesa sul programma welfare siglato anche dal sindacato, che siederà insieme alla direzione aziendale all’organo di rappre- sentanza paritetica denominato Comitato di governance. Iniziati- va che si sta espandendo in di- verse realtà metalmeccaniche e che riesce a ottimizzare costi per l’impresa da un lato e benefici per i dipendenti dall’altro, in ter- mini di aumento del loro potere d’acquisto effettivo, proprio at- xxxxxxxx l’offerta di beni e servi- zi: elemento non da poco, specie in questo periodo.
Altri esempi dal settore metal- meccanico che, oltre ad avere il pregio di rappresentare strumenti di attuazione di quello che gli economisti definirebbero lo stato del benessere, costituiscono degli elementi in grado di attirare e
spese scolastiche e sportive. Diminuiscono le risorse moneta- rie da un lato, mentre cresce l’in- teresse dei lavoratori per una quota di retribuzione in servi- xx xxxx’altro: le aziende, specie quelle di grandi dimensioni, pro- xxxx ad assecondare queste esi- genze anche perché un altro o- biettivo di fondo è sicuramente quello di provare a migliorare il clima aziendale e la produttività dei propri collaboratori. In que- sto filone si inseriscono tutte quelle iniziative, concordate in sede di contrattazione di secondo livello, volte alla conciliazione dei tempi casa-lavoro. Si parla di forme di flessibilità su orari di lavoro, con turni agevolati per personale con figli piccoli e fa- miliari a xxxxxx, bonus bebè, faci- litazioni al trasporto, disbrigo di pratiche burocratiche e acquisto di generi alimentari. La fantasia delle imprese italiane, in questo campo, non manca e tanti altri potrebbero essere gli esempi di accordi sindacali su questi temi, così come evidenziato anche dal- l’ultima ricerca condotta da Al- tis, l’Alta scuola d’impresa e so- cietà xxxxx Xxxxxxxxx di Milano. Quello xxx x xxxxx, come certifi- ca una recente indagine di Gfk- Eurisko, Welfare aziendale e benefit, condotta per Tower Wat- son, è che si va sempre di più
ra economica. Le rappresentanze dei lavoratori sono state chiamate ad affrontare, insieme alla dire- zione aziendale, esuberi, mobili- tà, ristrutturazioni, Cassa Integra- zione, contratti di solidarietà. Non sono mancati, anche in que- sto ambito, esempi di patti inno- vativi siglati con il sindacato, proprio per affrontare il xxxx del- la domanda: è il caso del gruppo Marcegaglia, che nel gennaio 2009 ha siglato un accordo con il sindacato per evitare il ricorso xxxx Xxxxx Integrazione Ordina- ria. Anche quando la produzione è stata rallentata o fermata, i la- voratori xxxxx xxxxxxxx uno sti- pendio integrale; in parte hanno consumato ferie o Par (permessi annuali retribuiti), in parte hanno alimentato una sorta di banca ore. Le ore non lavorate sono state recuperate nella seconda metà del 2009 con, in aggiunta, il minimo previsto per xx xxxxxxxx- zione dello straordinario.
C’è voluto poco tempo, al con- trario di molte trattative sindaca- li, per raggiungere questo accor- do – anche perché, va detto, tale iniziativa tutela il reddito dei di- pendenti ma incide sui costi a- ziendali – ma oggi più xxx xxx il sistema delle forze sociali ha bi- sogno di coesione, specie in un settore, quello metalmeccanico, così centrale per le sorti dell’eco-
nomia mondiale.
Va dunque xxxxx xxxxxx direzione l’accordo tra il CEEMET (Coun- cil of European Employers of the Metal, Engineering and Tech- nology-Based Industries), che rappresenta 200 mila imprese con 12,7 milioni di lavoratori e
l’EMF (European Metalworkers’ Federation), il sindacato europeo dei metalmeccanici che riunisce
75 sindacati provenienti da 34 Paesi, xxx xxxxx xxxx xxxx al Co- mitato per il dialogo sociale del- l’industria metalmeccanica, con l’obiettivo di monitorare i cam-
biamenti del mercato in questo settore.
Xxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Università degli Studi di Modena e Xxxxxx Xxxxxx
Riflessioni sull’attuale situazione del salario variabile e della contrattazione decentrata
xx Xxxxx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx
La principale strategia impostata dal Trattato di Lisbona risulta essere l’obiettivo di fare dell’Eu- ropa l’economia della conoscen- za più competitiva e più dinami- ca al mondo. Anche l’industria europea globalmente competitiva è, infatti, indispensabile per rag- giungere gli obiettivi comunitari economici, sociali e ambientali e garantire quindi un miglioramen- to della qualità di vita dei cittadi- ni comunitari. Seguendo anche questo deciso input comunitario le associazioni industriali nazio- nali e locali promuovono modelli efficaci di competitività a tutti i livelli. Per raggiungere, dunque, gli obiettivi fissati dalla UE, una valida opportunità può essere colta a livello contrattuale azien- xxxx xxxx molto può essere fatto grazie alla stipula di premi di ri- sultato attraverso i quali xxxxxx parte del compenso dei xxxxx- denti a obiettivi aziendali, target che solitamente riguardano pro- duttività, qualità, efficienza e redditività. Le suddette perfor- xxxxx, riguardanti sostanzial- mente la produzione di beni e servizi, oltre a essere utili alle aziende e, in parte, al reddito dei loro dipendenti, contribuiscono a realizzare l’obiettivo xxxxx xxxxx-
mizzazione del benessere della comunità tutta.
Tali obiettivi sono entrati a far parte, a pieno titolo, anche delle relazioni industriali e attraverso numerosi fattori favorevoli a li- vello locale la competitività più spinta era stata già ottenuta in parte grazie alle migliori espe- rienze dei distretti produttivi e, in particolare, alla formazione di un mercato del lavoro specifico, buone infrastrutture dedicate, sviluppo di una rete servizi spe- cializzati, ecc. Più precisamente nei contratti integrativi aziendali, ultimo step di trattativa collettiva con i sindacati, la competitività viene misurata solitamente attra- verso due indici: redditività e produttività. I due indicatori, tut- tavia, devono essere presi in con- siderazione anche con riguardo al lead time di sviluppo, alla qualità del prodotto finito e al suo costo, tutti parametri che incidono sulla competitività dell’azienda insie- me al prodotto, xxxxx risultato finale dell’attività di impresa e xxxxxxx ultimo di misura su cui far riferimento e su xxx xxxxxx la me- trica della competitività azienda- le.
Gli accordi relativi alla retribu- zione variabile possono essere
distinti in due grandi categorie:
• profit sharing (che utilizzano come parametro di misurazione della retribuzione variabile la redditività aziendale desumibile xxx xxxxxxxx, il xxxxxxx operati- vo, l’utile operativo e l’utile net- to), e
• gli accordi di gain sharing (che utilizzano come parametro di mi- surazione la produttività, la satu- razione degli impianti e le per- centuali di scarti).
Tali accordi, entrati da tempo nelle relazioni sindacali delle a- ziende più strutturate, hanno di- mostrato che i compensi legati a miglioramenti di qualità e pro- duttività sono idonei, tramite il premio di risultato, sono uno strumento positivo per di ridistri- buire gli “utili” dell’impresa ri- conoscendo così ai dipendenti la possibilità di aumentare la loro retribuzione.
Si ritiene altrettanto necessario specificare che quanto sopra det- to è utilizzabile in numerosi con- testi produttivi dislocati in tutto il territorio nazionale. Nel territorio xxxxxxxx e nel modenese poi, la retribuzione variabile e lo svilup- po del sistema premiante azien- xxxx xxxxx già caratterizzato la contrattazione di secondo livello
La Rivista, profondamente rinnovata nella struttura e nei xxxxx- xxxx ma xxxxxx xxxx tradizione di apertura ai contributi di carattere interdisciplinare e alla prospettiva di confronto internazionale e xxxxxxxxx, è stata arricchita di Osservatori di aggiornamento e monitoraggio attenti ai profili immediatamente applicativi del diritto del lavoro, relativamente alle seguenti aree:
• giurisprudenza costituzionale;
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Diritto delle Relazioni Industriali
degli ultimi dieci anni. In questo eccezionale periodo congiuntura- le di crisi, l’attività svolta dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni datoriali, piuttosto che dare vita a fruttuose trattative di rinnovo dei contratti aziendali, è soprattutto volta a riuscire a ridurre al minimo i danni provo- cati da una recessione storica del mercato globale e, dunque, a ge- xxxxx la riduzione di attività pro- duttive e le crisi aziendali. In questo periodo, inoltre, i contratti integrativi aziendali, anche se in scadenza, spesso vengono per volontà delle parti prorogati al fine di poter rivedere successiva- mente i contenuti economici, in un momento che si xxxxx possa vedere migliori performance da parte dell’azienda. Nonostante la recessione economica, quasi tutte xx xxxxx sindacali e le associazio- ni datoriali hanno voluto porta- re a termine, tramite l’accordo interconfederale del 15 aprile 2009, un percorso iniziato da tempo che promuove sempre più, in linea con le strategie comuni- tarie, gli accordi di secondo livel- lo. Un accordo interconfederale voluto delle parti, xxx xxxxx rite- nuto il vecchio modello non più applicabile all’attuale realtà so- cio-economica del Paese.
Premesso ciò non è, però, possi- bile affermare quanto il nuovo accordo interconfederale abbia influenzato una contrattazione di secondo livello che, al momento, non è possibile far decollare a causa xxxxx xxxxx economica che ha colpito il Paese. La mancanza di riscontri statisticamente rile- vanti di quanto stipulato dalle parti sociali e i pochissimi con- tratti aziendali conclusi non per- mettono ancora di fare analisi complete.
Non dimentichiamo anche la
mancata firma della Cgil all’ac- xxxxx interconfederale del 15 aprile 2009 che ha inciso sui po- chi tavoli di trattativa rendendoli ancora più complessi. In effetti la mancata firma della Cgil è xxxxx- tata uno dei problemi oggetto di discussione nei tavoli di trattativa aziendale e viene vista sempre più come una questione cruciale per xx xxxxx le parti possono scontrarsi. Motivo di conflitto e discussione è anche la durata dei contratti – 3 anni piuttosto che i 2 + 4 precedenti – a cui la Cgil si oppone in virtù dei precedenti Ccnl che seguivano la linea trac- ciata dal Protocollo Giugni; la Fiom-Cgil, ad esempio, non ha nemmeno sottoscritto l’ultimo rinnovo del Ccnl dell’industria metalmeccanica. Questa presa di posizione della Cgil sull’accordo interconfederale del 15 aprile 2009 ha portato a definire in mo- do diverso i rinnovi dei vari Ccnl. Alcuni contratti sono stati firmati da tutte le parti, altri con accordi separati. A volte, infatti, non è stato possibile evitare il mancato accordo della Cgil e le stesse trattative hanno dato, inol- tre, la possibilità di assistere a continue provocazioni tra le di- verse xxxxx sindacali che non so-
no riuscite a trovare un punto di incontro con gli altri interlocutori del tavolo.
Riconosciamo comunque il ruolo fondamentale dei sindacati xxxxx- toriali durante le trattative nei tavoli aziendali in quanto, mentre a livello nazionale le xxxxx xxxxx- cali si muovono soprattutto su un piano politico che si sviluppa in approcci conflittuali e poco utili per le parti, localmente i sindaca- ti si muovono, nei limiti a loro concessi, a favore dei lavoratori concludendo anche contratti di secondo livello.
Si conclude evidenziando che è stata rilevata nei tavoli sindacali una certa difficoltà a negoziare argomenti tra loro contrastanti – la questione xxxxx xxxxx, il nego- ziato sulla contrattazione di se- condo livello, gli argomenti sin- dacali di natura più “politica” – e che molte realtà produttive del territorio stanno gestendo queste problematiche per la prima volta con approccio e soluzioni sempre diverse.
Xxxxx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Università degli Studi di Modena e Xxxxxx Xxxxxx
L’orario di lavoro, il flexi-time, la contrattazione decentrata: aspetti di diritto europeo e xxxxxxxxx
di Xxxxx Xxxxxxx
Con direttiva n. 93/104/CE l’U- nione europea xx xxxxxx introdur- re norme generali per tutti gli Stati membri in materia di ora- rio di lavoro. La direttiva è stata modificata successivamente dal- la direttiva n. 2000/34/CE e n. 2003/88/CE. Tutto questo corpus normativo regola ogni ambito dell’orario di lavoro, compren- dendo sia gli aspetti relativi alla sicurezza e xxxx xxxxxx xxxxx salute sia i tempi di riposo (giornalieri, settimanali, annuali), il lavoro notturno e le turnazioni. Fin dal 1993 le norme s’indirizzano sia al settore pubblico che privato, pur stabilendo una disciplina spe- ciale per taluni settori lavorativi, quali le attività di c.d. offshore, sorveglianza, ricerca e sviluppo, agricoltura, lavoro aeroportuale o del settore postale e via discor- rendo (art. 1 della direttiva n. 2000/34/CE, che modifica l’art. 17 della direttiva n. 93/104/CE). In ossequio xx xxxxxxxx sottesi al dialogo europeo, tuttavia, la nor- mativa deve essere interpretata essenzialmente come linee-guida minime di condotta generale, cui gli Stati membri dell’Unione eu- ropea e le parti sociali possono apportare deroghe più favorevoli. Infatti l’art. 15 della direttiva n. 93/104/CE sancisce: «La presen- te direttiva non pregiudica la fa- coltà degli Stati membri di appli- care od introdurre disposizioni legislative, regolamentari o am- ministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire l’applicazione di
contratti collettivi o accordi con- clusi fra le parti sociali, più favo- revoli alla protezione della sicu- rezza e della salute dei lavorato- ri». La xxxxx viene sostanzial- mente ripetuta, anche dall’art. 15 della direttiva n. 2003/88/CE, xx xxxxx all’art. 18 sancisce ancora:
«Si può derogare agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 [riguardanti la disci- plina dei permessi, pause e lavo- ro notturno] mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti xxxxx- xx, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti so- ciali ad un livello inferiore. Gli Stati membri in cui, giuridica- mente, non esiste un sistema che garantisca la conclusione di con- tratti collettivi o di accordi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale, per i settori contem- plati dalla presente direttiva, o gli Stati membri in cui esiste un qua- dro legislativo specifico a tal fi- ne, e nei limiti di tale quadro, possono, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, consentire deroghe agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello xxxxxxxx- xx adeguato. Le deroghe di cui al xxxxx x xxxxxxx comma sono consentite soltanto a condizione che ai lavoratori interessati xxxxx accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di ripo- so compensativo non sia possibi-
le per motivi oggettivi, a condi- zione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione ap- propriata». Quest’ultima diretti- va, proprio alla xxxx del principio per il xxxxx l’orario di lavoro at- tiene a beni indisponibili, quali la sicurezza e la salute, impone dei periodi di riposo compensativo proporzionali alle deroghe peg- giorative, ovviamente, per garan- tire il pieno xxxxxxxx psico-fisico dei lavoratori. Da queste premes- se si può trarre un principio im- xxxxxxxx per la tematica che si intende indagare con il presene contributo. L’orario di lavoro de- ve trovare un’equa armonizza- zione tra xx xxxxxx di beni primari (sicurezza e salute dei lavoratori) e le esigenze dell’economia. Pro- prio intorno all’attuazione con- creta di tale principio la contrat- tazione decentrata ha un ruolo primario. Una strategia interes- sante, che xx xxxx xxxxx risultati, è stata l’introduzione di forme di orario flessibile, il c.d. flexi-time. Questa modalità d’orario può essere definita come un sistema d’organizzazione del lavoro, in cui vi è un core time (tempo in cui tutti i lavoratori devono esse- re presenti sul luogo di lavoro), normalmente pari al 50% del tempo orario totale, e un periodo in cui il lavoratore è libero di la- sciare il lavoro o prolungarlo, pur in armonia con le necessità del- l’ufficio, facendo confluire le ore a credito o a debito in una banca dati. Come è xxxxxx dalle norme europee citate la contrattazione decentrata viene legittimata nella
sua più ampia portata operativa e, si direbbe, interpretativa. Infat- ti essa assurge a fonte di produ- zione, comprendendo in senso pieno gli accordi aziendali x x xxxxx stipulati a livello di sedi di contrattazione locale scaturiti in seno agli uffici periferici della pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda il settore privato sulla base del primo Working Time flexibility in Euro- pean companies pubblicato dal- l’Institute for Labour Studies nel 2007, «La necessità per una mag- giore flessibilità è un elemento chiave nel dibattito politico cor- rente in ordine al presente e futu- ro dell’economia europea e del mercato del lavoro. […] Ciò ap- pare xxxxxx xxxx’esaminare i cor- rettivi a favore della flessibilità che sono correntemente in atto: le aziende mirano ad ottenere un vantaggio competitivo, rendendo il tempo di produzione e libero più flessibile, per esempio con la predisposizione di tempi lavora- tivi non-standard, contratti di la- voro overtime o flessibile; men- tre i lavoratori desiderano avere più flessibilità in termini di tempi lavoro attraverso strumenti quali il flexi-time, part-time e altre for- me di lavoro». La flessibilità per- mette tra l’altro alle organizza- zioni di lavoro di adattarsi effica- cemente ad una realtà economica sempre più in rapido mutamento, impedendo che l’organizzazione aziendale si trasformi in una sor- xx xx xxxxxxx rigida, incapace di cogliere l’evoluzione dei merca- ti. Nel 2009 è stato pubblicato il secondo European Company Survey da cui si desume ancora come nelle aziende la flessibilità dell’orario di lavoro e il dialogo sociale debbano divenire obietti- vi principali tra l’altro anche per la realizzazione del Trattato di
Lisbona (2007). I dati del rappor- to, peraltro, dimostrano che il fenomeno è già diffuso un po’ in tutti i Paesi europei. Per esempio il 56% delle aziende con 10 o più dipendenti presenti xxxx’Unione europea usa forme di flexi-time; nei Paesi del Nord-Europa, Ger- mania, Repubblica Ceca e Au- stria sono previste forme di accu- mulo di time credits (ore di lavo- ro in più), che confluiscono in banche ore. In tali dati sono com- prese anche organizzazioni pub- bliche. La Danimarca è lo Stato che più usa accumuli ore anche a lungo termine. Il rapporto mette in xxxx importanti differenze in tema di dialogo sociale, rilevan- do che i Paesi nordici sono molto più attenti a forme di contratta- zione rispetto a Stati del Sud- Europa.
Più complessa è la situazione del settore pubblico. Ciò per diversi motivi. Innanzitutto perché tra i vari Stati europei non vi è una disciplina uniforme del settore pubblico. Si va da una definizio- ne molto ristretta, che limita fon- damentalmente la pubblica am- ministrazione alla burocrazia del- xx Xxxxxx, xxxxx xxx Regno Uni- to, a Stati quali l’Italia che al contrario comprendono xxx xxxxx- re pubblico c.d. allargato aziende e società pubbliche. Peraltro nel- l’ordinamento europeo i confini tra pubblico e privato sono molto labili e spesso nei rapporti uffi- ciali i due concetti coincidono. In secondo luogo il settore pubblico non è stato completamente con- trattualizzato in tutti gli Stati. Si pensi xx xxxx xxxxx Xxxxxxx. Pur tuttavia tendenzialmente si può affermare che in tutta Europa le pubbliche amministrazioni pre- vedono forme di orario flessibile. Il caso, però, per eccellenza in tal senso è la Svezia. Il settore pub-
blico in Svezia assorbe circa 1/3 della popolazione attiva (negli Stati membri dell’Ocse nel 1980 la media è di 1/5). Il primo con- tratto collettivo con xxx xxxxx lasciato libero il datore di lavoro di assumere o licenziare con giu- sta causa, a patto che questi aves- se permesso ai lavoratori di or- ganizzarsi in sindacati, risale al 1906. Attualmente esistono due livelli di contrattazione: naziona- le e locale. Negli anni Settanta l’ordinamento svedese ha previ- sto una serie di norme volte a garantire la massima partecipa- zione dei lavoratori ai processi lavorativi (xxxxx sulla co-decisio- ne sul lavoro del 1977). In mate- ria di orario gli accordi xxxxxxxx- vi svedesi stabiliscono un orario settimanale che va dalle 35 alle 40 ore mentre i contratti xxxxxxxx- vi e individuali di lavoro preve- dono forme di orario flessibile, normalmente con la possibilità dei lavoratori pubblici e privati di entrare al lavoro tra le 7.00 e le 9.00 e di uscire tra le 15.00 e le 17.00. In realtà si prevedono anche accordi individuali che permettono ancor meglio di adat- tare esigenze individuali e azien- dali.
Al di là delle varie forme xxxxx- tive, però, è xxxxxx xxx la contrat- tazione decentrata attraverso po- litiche di divulgazione di forme di flexi-time, se usate con razio- nalità, può diventare uno straor- dinario strumento per ottenere aziende più efficienti e competi- tive sul mercato globale e pubbli- che amministrazioni maggior- mente sensibili xx xxxxxxx dell’u- tenza.
Xxxxx Xxxxxxx
Direttore dell’Archivio di Stato di Asti
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Dossier Adapt – Pubblicazione on-line xxxxx Xxxxxxx Adapt
Approfondimento sui temi delle relazioni industriali e di lavoro – Numero 5 del 17 marzo 2010 Registrazione n. 1609, 11 novembre 2001 – Tribunale di Modena