ATTI DEL CICLO
ATTI DEL CICLO
DI INCONTRI INFORMATIVI
“La normativa sulla sicurezza e conformità dei prodotti”
Gennaio – Dicembre 2003
È consentito l’utilizzo, anche parziale, del contenuto degli interventi riportati, purché venga fatto riferimento alla fonte
INTRODUZIONE AGLI INCONTRI INFORMATIVI
Dott. Renato Chahinian
Segretario Generale della Camera di Commercio Di Treviso
Tra le funzioni svolte dall’Ente camerale per il raggiungimento degli obiettivi fissati nello Statuto e Programma pluriennale, spiccano quelle relative alla regolazione del mercato - in qualità di garante della fede pubblica (intesa anche come tutela della categoria dei consumatori ed utenti)
– e alla promozione economica a sostegno degli interessi generali del sistema delle imprese.
Le funzioni di regolazione del mercato, finalizzate a favorire l’affermazione del mercato, della concorrenza, della trasparenza, della libertà d’impresa, a tutela dei consumatori e degli utenti, nonché a tutela della garanzia della fede pubblica, sono condizioni essenziali per lo sviluppo socio-economico del territorio provinciale, così come le funzioni di promozione economica - attuate attraverso una diversificata gamma di interventi, tra cui l’attività informativa e tese a innescare un processo permanente di sviluppo dell’economia trevigiana.
Le attività di regolazione del mercato e di garanzia della fede pubblica, infatti, tendono ad accrescere le economie di transazione di un sistema economico, le quali attualmente sono più rilevanti delle economie di produzione, in quanto sono note le inefficienze e le disfunzioni del sistema- Paese e dell’ordinamento in relazione alle esigenze di competitività e di sviluppo del sistema produttivo. Attraverso una regolazione dei meccanismi di mercato non presidiati dalle norme (o presidiati in maniera inefficace od ancora scarsamente vigilati) si instaura un clima di fiducia e di consenso per cui l’operare economico diventa più fluido e dinamico e quindi si conseguono, a parità di altre circostanze, risultati migliori a livello complessivo di sistema.
Il ciclo di incontri informativi, intitolato “La normativa sulla sicurezza e conformità dei prodotti”, organizzato per l’anno 2003 dall’ufficio Attività a Tutela del Consumatore, rappresentando un’iniziativa trasversale, ha permesso all’Ente camerale di svolgere entrambe le funzioni sopra descritte, con conseguenti benefici per tutta la comunità economica (compresi i consumatori). Da un lato la valorizzazione della tutela del consumatore, dall’altro l’informazione alle imprese per contribuire a migliorare le loro modalità operative e consentire di rafforzare la competitività delle aziende locali.
Nel corso dei vari seminari sono stati analizzati gli obblighi posti dal legislatore comunitario e nazionale a carico degli operatori economici, al fine di garantire che sul mercato circolino esclusivamente prodotti sicuri e conformi alle prescrizioni di legge, e sono state fornite ai consumatori le
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informazioni necessarie a guidarli nella difficile scelta di acquisto dei prodotti sicuri.
I temi trattati sono stati diversi: la sicurezza dei prodotti in genere, la sicurezza dei giocattoli, del materiale elettrico, degli occhiali da sole, l’etichettatura dei prodotti tessili, fino ad arrivare al tema della normativa relativa alla compatibilità elettromagnetica.
Numerosissime sono pur state le imprese potenzialmente coinvolte dalle normative illustrate nei diversi seminari: si stima che siano oltre 12.000 su un totale di circa 92.000 imprese iscritte al Registro imprese della Camera di Commercio di Treviso.
L’Ente trevigiano è stato il primo a realizzare un’iniziativa organica di questo tipo, che è stata molto apprezzata anche dal Ministero delle Attività Produttive. Altre Camere, tuttavia, stanno ora iniziando percorsi analoghi, consce dell’importanza dell’informazione in materia di sicurezza dei prodotti.
Non è qui il caso di entrare nel merito dei temi illustrati nelle relazioni, ma è soltanto necessario sottolineare che le norme comunitarie e nazionali di recepimento interessano, da un lato, la sicurezza dei consumatori, ma, dall’altro, la competitività e la stessa sopravvivenza di tutta la catena produttiva e distributiva dei prodotti interessati dalla normativa, nonché di tutte le imprese utilizzatrici dei prodotti stessi.
Ogni impresa che applica e controlla le norme della propria produzione, al di là della prescrizione giuridica, si presenta sul mercato come impresa di qualità ed eticamente responsabile. Pertanto essa acquisisce un vantaggio competitivo nei confronti di tutte quelle che non adottano misure di sicurezza adeguate e cercano di attivare azioni di concorrenza sleale, basate su un’offerta a bassi costi ma di prodotti non affidabili. L’arma del rispetto delle norme, soprattutto se supportata da un adeguato controllo da parte delle Autorità competenti, può invece risultare decisiva anche nella competizione internazionale nei confronti dei Paesi in via di sviluppo che presentano costi irrisori di manodopera, ma pure scarse tutele della qualità e della sicurezza dei prodotti.
I seminari informativi sono stati tenuti da esperti qualificati che hanno trattato la materia sia dal punto di vista giuridico, sia sotto l’aspetto tecnico- economico.
Resta infine da sottolineare che la Camera di Commercio di Treviso continuerà l’attività divulgativa in materia di sicurezza dei prodotti con diversi strumenti, quali la pubblicazione di brochure, gli annunci attraverso la stampa, l’aggiornamento del sito camerale.
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INDICE
LA SICUREZZA DEI PRODOTTI: GIOCATTOLI, PRODOTTI ELETTRICI, DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE, PRODOTTI TESSILI, APPARECCHI IN GRADO DI GENERARE E CONTRASTARE EMISSIONI ELETTROMAGNETICHE.
Saluto ai partecipanti Dott. Renato Chahinian Segretario Generale della Camera di Commercio di Treviso | Pag. | 11 |
Il quadro legislativo e la vigilanza del mercato Dott.ssa Simonetta Diamante Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore | Pag. | 15 |
La normativa tecnica: Le direttive comunitarie del nuovo e del vecchio approccio; Gli elementi disciplinati dalle direttive del nuovo approccio Dr. ing. Marco Vigone Presidente Commissione Sicurezza UNI | Pag. | 35 |
La tutela del consumatore: Prodotti conformi alla normativa; Obblighi del produttore e del distributore; Il ruolo attivo del consumatore Avv. Domenico Romito Presidente Consulta Giuridica della Federconsumatori | Pag. | 43 |
La normativa tecnica: La conformità alle direttive; Le procedure di valutazione della conformità; Gli organismi notificati; La marcatura CE; Le responsabilità Dr. ing. Marco Vigone Presidente Commissione Sicurezza UNI | Pag. | 51 |
Analisi scheda sicurezza generale prodotti Dott.ssa Simonetta Diamante Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore | Pag. | 61 |
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LA SICUREZZA DEI GIOCATTOLI | ||
Saluto ai partecipanti Dott. Renato Chahinian Segretario Generale della Camera di Commercio di Treviso | Pag. | 73 |
La normativa sulla sicurezza dei giocattoli La vigilanza del mercato Dott.ssa Simonetta Diamante Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore | Pag. | 77 |
Aspetti particolari della normativa: Marcatura CE di Conformità; Certificazione CE; Presunzione di conformità Prescrizioni informative giocattoli; Principi generali e rischi particolari; Condizioni di sicurezza. Dott. Marco Gherzi Direttore Istituto Italiano Sicurezza Giocattoli | Pag. | 87 |
LA SICUREZZA DEI PRODOTTI ELETTRICI. | ||
Saluto ai partecipanti Dott. Renato Chahinian Segretario Generale della Camera di Commercio di Treviso | Pag. | 97 |
La normativa sulla sicurezza dei prodotti elettrici La vigilanza del mercato; Obblighi dei fabbricanti e degli importatori Dott.ssa Simonetta Diamante | Pag. | 99 |
Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore
Aspetti particolari della normativa: Requisiti essenziali Pag. 109 di sicurezza; Presunzione di conformità; Prescrizioni informative; Marcatura CE
Dott. Roberto Cavenaghi
Account Manager dell’Istituto Italiano del Marchio di Qualità - IMQ
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Analisi scheda sicurezza dei prodotti elettrici Pag. 123
Dott.ssa Simonetta Diamante
Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore
LA NORMATIVA SUI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Dispositivi di protezione individuale: Scenario Pag. 131 comunitario e Scenario nazionale;
DPI di I, II e III categoria
Dott.ssa Simonetta Diamante
Funzionario presso il Ministero Attività Produttive,
Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore | ||
Dispositivi di protezione individuale: Osservazioni di carattere generale; Marcatura CE e direttiva 89/686/CEE sui DPI; Procedure di valutazione della conformità; Schema DPI I,II,III categoria Isp. Franco Celeste Ispettore c/o Ispettorato Tecnico del Ministero delle Attività Produttive | Pag. | 153 |
Guida alla classificazione dei DPI | Pag. | 163 |
LA NORMATIVA RELATIVA AI PRODOTTI TESSILI | ||
Saluto ai partecipanti Dott. Renato Chahinian Segretario Generale della Camera di Commercio di Treviso | Pag. | 185 |
La disciplina dei prodotti tessili; La vigilanza e le sanzioni Dott.ssa Simonetta Diamante | Pag. | 189 |
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Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore
Note tecniche e applicative sull’etichettatura; Pag. 203 Etichetta di manutenzione; Marchi di prodotto
Dott. Gabriele Lualdi
Responsabile certificazione c/o l’Istituto di ricerche e collaudi
M. Masini srl
LA NORMATIVA RELATIVA AI PRODOTTI IN GRADO DI GENERARE E CONTRASTARE I DISTURBI ELETTROMAGNETICI
Saluto ai partecipanti Pag. 221
Dott. Renato Chahinian
Segretario Generale della Camera di Commercio di Treviso
La disciplina dei prodotti nei confronti della compatibilità Pag. 223 elettromagnetica; Le connessioni con altre direttive
La vigilanza e le sanzioni; Gli aspetti tecnici
Prof. M. Farias
Responsabile del Laboratorio di protezione elettromagnetica del territorio di Bolzano
Ing. A. Sona
Ricercatore Universitario presso l’Università degli Studi di Padova
La legge quadro 36/2001 - Le informazioni utili al Pag. 247 consumatore
Prof. M. Farias Ing. A. Sona
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Atti del seminario
La sicurezza dei prodotti: giocattoli, prodotti elettrici, dispositivi di protezione individuale, prodotti tessili, apparecchi in grado di generare e contrastare emissioni elettromagnetiche
31 GENNAIO 2003
Relatori:
Dott.ssa Diamante Simonetta
Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore
Dr. ing. Marco Vigone
Presidente Commissione Sicurezza UNI
Avv. Domenico Romito
Presidente Consulta Giuridica della Federconsumatori
Saluto ai partecipanti
Dr. Renato Chahinian
Segretario Generale della CCIAA di Treviso
Buongiorno a tutti. Benvenuti a nome della Camera di Commercio e del suo Presidente Tessari, che purtroppo non ha potuto partecipare a questo incontro. La Camera di Commercio ha organizzato una serie di incontri sulla sicurezza dei prodotti, perché questo è un tema importante, fondamentale per la nostra economia, ma anche per la vita di tutti i giorni. Infatti la sicurezza dei beni, dei prodotti che noi utilizziamo quotidianamente, ormai fa parte della qualità della nostra vita. In altre parole, la nostra vita può essere condizionata proprio dalla sicurezza di certi prodotti di uso abituale. D'altra parte, la sicurezza è anche la qualità della nostra economia, perché oggigiorno un prodotto che non sia sicuro non può essere definito un prodotto di qualità, un prodotto che va bene e che, quindi, permette un utilizzo normale.
Queste aspirazioni ormai sono diventate per noi delle regole, in quanto il consumatore è sempre più attento. Anche quando un prodotto è bello, attraente, funzionale, può succedere che il consumatore lo guardi con diffidenza e non lo compri più perché lo ritiene non sicuro. E questo ovviamente diventa decisivo nel momento in cui il produttore deve mettere sul mercato il prodotto. Queste regole ormai sono recepite dal nostro ordinamento, prima dall'ordinamento comunitario e poi, a cascata, dall'ordinamento dei Paesi che partecipano all’Unione Europea. Sono stati pertanto previsti dei requisiti essenziali per la sicurezza dei prodotti, e tali requisiti vanno rispettati affinché un prodotto possa essere commercializzato. Ovviamente i prodotti sono tanti e, quindi, anche i requisiti sono svariati. Di qui l'esigenza di conoscerli, perché prodotti sempre più complessi impongono requisiti sempre più elaborati e, di conseguenza, al di là della difficoltà di mentalità, di adeguamento, c'è anche la difficoltà di conoscere i requisiti dei diversi tipi di prodotto.
Questa esigenza è proprio quella che ha fatto sorgere la necessità, l'opportunità di organizzare questo nostro ciclo di incontri. La Camera di Commercio, infatti, ha assorbito i compiti che prima venivano svolti dall'Ufficio Provinciale Industria Commercio e Artigianato (che era un ufficio periferico dell’attuale Ministero delle Attività Produttive), a cui spettava, tra l’altro, vigilare sulla sicurezza dei prodotti. Ora quindi saranno le Camere di Commercio a dover controllare i requisiti essenziali di sicurezza dei prodotti; ovviamente, prima di controllare, è bene prevenire, è bene sensibilizzare, in modo che i produttori fin dall'inizio sappiano quali sono le regole che devono adottare per fabbricare prodotti conformi.
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Questi sei incontri sono quelli che illustreranno nei vari appuntamenti questo percorso conoscitivo. L'incontro di oggi è più un incontro generale sulla sicurezza dei prodotti, poi avremo in marzo un altro incontro sulla sicurezza dei giocattoli, in maggio affronteremo il tema della sicurezza dei prodotti elettrici, in luglio tratteremo la normativa sui dispositivi di protezione individuale, in settembre passeremo alla normativa relativa ai prodotti tessili e in novembre, per concludere, alla normativa dei prodotti in grado di generare e contrastare i disturbi elettromagnetici.
Con questo panorama ci auguriamo di avere tratteggiato un quadro completo delle principali produzioni che possono avere, che devono anzi avere questi sistemi di sicurezza. Il programma di oggi riguarderà il quadro legislativo e la vigilanza del Ministero sul mercato e verrà trattato dalla dottoressa Maria Simonetta Diamante, funzionario del Ministero delle Attività Produttive.
Avremo la relazione dell'Avvocato Domenico Romito della Federconsumatori, il quale illustrerà la tutela del consumatore, i diversi aspetti giuridici e quindi gli strumenti giuridici che ha il consumatore per rilevare eventuali difetti o pericolosità.
L'ingegnere Marco Vigone, che è il Presidente della Commissione Sicurezza dell'Uni, invece affronterà il discorso sotto l'aspetto tecnico e illustrerà quali sono i requisiti tecnici che garantiscono la sicurezza dei prodotti. Poi passeremo all'analisi della scheda sicurezza generale dei prodotti e alle considerazioni conclusive, oltre al dibattito. In questo modo avremo un panorama degli aspetti giuridici e tecnici in questa materia.
Con questi incontri speriamo di dare un apporto concreto ai consumatori, perché sappiano riconoscere meglio i difetti e le carenze di sicurezza, ma anche perché sappiano riconoscere lo stato dell'arte. Oggigiorno la tecnologia è in continua evoluzione e, di conseguenza, quello che è sicurezza oggi potrebbe domani non esserlo più: è dunque importante conoscere lo stato attuale dei requisiti di sicurezza.
D'altra parte abbiamo anche il versante dei produttori che devono prestare la massima attenzione ai requisiti di sicurezza. Anche in questo caso, proprio perché la tecnologia mutua continuamente ci deve essere, da parte del produttore, uno sforzo continuo per conoscere i mutamenti della tecnica e per sapersi adeguare.
Un'ultima osservazione, che riguarda proprio la constatazione che la sicurezza non è ancora tutto, non è la qualità nel suo insieme, ma deve essere soltanto un requisito di base, forse il più importante, ma comunque un requisito minimo. Poi bisogna sforzarsi ancora per perfezionare il prodotto sotto l'aspetto della qualità e della funzionalità, per dare la massima soddisfazione al cliente, cioè al consumatore. E' questo in fin dei conti l'obiettivo della produzione intesa non come produzione per fare affari, ma come contributo alla collettività. In questo campo, ovviamente, non ci sono requisiti minimi, non ci sono limiti, perché la qualità può essere
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elevatissima. Ovviamente sappiamo che la perfezione non è raggiungibile, ma si può sempre raggiungere un grado, un massimo grado di qualità possibile che possa soddisfare al meglio il consumatore, e la società in generale. Con questo augurio vi ringrazio per l'attenzione.
Dimenticavo, la Camera di Commercio, oltre ad essere un Ente pubblico che si avvale soprattutto della partecipazione delle categorie economiche, che sarebbero le categorie produttrici di beni o servizi, ha al suo interno anche un rappresentante dei consumatori, che è qui presente, il dottor De Marco. Scopo della Camera di Commercio è infatti sempre di più mettere assieme le esigenze della produzione con le esigenze del consumo.
Iniziamo questo incontro con la dottoressa Maria Simonetta Diamante, la quale ci parlerà sia del quadro legislativo che delle diverse azioni di vigilanza che il Ministero pone in essere per il controllo del mercato.
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Il Quadro legislativo e la vigilanza del Mercato
Dott.ssa Diamante Simonetta
Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore
Signori, buongiorno, volevo prima di tutto ringraziare il Segretario per la possibilità che ha dato al Ministero delle Attività Produttive di entrare in diretto contatto con la realtà camerale; ciò è un elemento fondamentale affinché si possa portare avanti un’attività di controllo e di vigilanza del mercato con risultati positivi. Volevo anche ringraziarlo per la sinteticità con la quale ha saputo toccare egregiamente tutti gli argomenti più significativi del controllo del mercato, ne ho appuntato qualcuno: una sana produzione quando effettivamente si parte da un produttore informato e, quindi, responsabile di ciò che immette sul mercato fino ad arrivare alla problematica dello sviluppo tecnologico. Abbiamo qui un rappresentante del settore che saprà dirci quanto e come la tecnologia si evolve imponendo requisiti sempre più precisi fino ad individuare un binomio qualità sicurezza. Quindi abbiamo già individuato le tematiche significative di questa giornata. Detto questo mi presento, sono rappresentante del Ministero delle Attività Produttive, della Direzione Generale per l'Armonizzazione del Mercato e la Tutela dei Consumatori, mi trovo a lavorare nell'Area Conformità Sicurezza Prodotti che ha come compito principale quello di creare un collegamento tra l'attività di carattere normativo (nazionale e comunitario) ed il controllo del mercato in ambito nazionale. Sapete bene che c’è stata alcuni anni fa una riorganizzazione della struttura ministeriale che ha portato alla nascita di una serie di Aree all'interno delle Direzioni generali. L'Area che ci interessa è l'Area Prodotti, nella quale si svolge una doppia attività, quella di gestione dell'assetto normativo e quella di verifica circa l'applicabilità di queste disposizioni normative, dando una risposta in ambito comunitario.
In effetti noi realmente cosa facciamo? Svolgiamo attività di recepimento di direttive comunitarie, elaborando disposizioni nazionali, che traducono in un linguaggio più vicino possibile alla realtà italiana gli input comunitari che, nel caso specifico, sono quelli che impongono l'immissione sul mercato di prodotti sicuri, vale a dire conformi ad una serie di requisiti tecnici stabiliti dalle normative stesse.
Per quanto riguarda il discorso sicurezza prodotti, abbastanza complesso, il primo problema è quello di stabilire che cosa è in effetti un prodotto. Il prodotto è quel qualcosa con il quale il consumatore viene in contatto, in modo più o meno diretto, per esempio un phon, che usiamo sia come semplici consumatori presso le abitazioni private, che durante un trattamento in un salone di bellezza. In ogni caso l'elemento sostanziale è che il prodotto
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sia sicuro. Tutti i prodotti devono rispondere a una serie di requisiti di sicurezza stabiliti da normative comunitarie e da disposizioni tecniche particolari, che si differenziano proprio per la natura dei diversi prodotti.
Esiste un duplice aspetto normativo: una legislazione quadro, che è quella oggetto dell'incontro di oggi, la sicurezza generale dei prodotti, che è individuata dalla direttiva comunitaria 92/59/CEE recepita in Italia con il decreto legislativo 115/95, e da una nuova direttiva comunitaria, la 95/2001/CE, che sarà operativa dal 14 gennaio 2004. Questo tipo di normativa di carattere generale, proprio perché di carattere generale, definisce quelli che sono i requisiti comuni a tutti i prodotti e non scende nello specifico dovendo comprendere una serie di categorie merceologiche di diversa natura. A latere esiste anche una normativa di carattere verticale che riguarda prodotti con specificità di progettazione, di costruzione e di utilizzo, che necessitano di una normazione tecnica differenziata. E mi riferisco, poi lo andremo a vedere con alcune schede, a prodotti quali giocattoli, elettrici e quant'altro destinato al consumatore finale.
E’ stata organizzata questa serie di incontri monotematici per tipologia di prodotto: il prossimo, mi diceva la collega, è stabilito per il 28 marzo e riguarderà la normativa sui giocattoli. L'altro il 30 maggio riguarderà i prodotti elettrici. Questo perché? Perché è necessario, oltre alla giornata di oggi che è di carattere generale, scendere anche nello specifico. Perché è opportuno fare questa distinzione? Sostanzialmente perché un prodotto particolare necessita di una normativa particolare. Ora, il problema che si pone in ambito di controllo qual è? E' stabilire effettivamente la natura del prodotto e quindi la normativa da seguire. Stabilire cos'è un giocattolo potrebbe sembrare facile, in realtà non sempre lo è, spesso abbiamo dei problemi per esempio nell'individuare un giocattolo poiché oltre al suo valore ludico, potrebbe presentare altri elementi per i quali definire livelli di sicurezza. I giocattoli sono svariati, non è detto che sia sufficiente la sola normativa 88/378/CEE sui giocattoli. Esiste una sinergia, se vogliamo, tra queste due fonti normative, la normativa di carattere generale e la normativa di carattere verticale. E spesso all'atto del controllo, dobbiamo utilizzare entrambe. Questo perché? Perché il consumatore deve essere tutelato a 360 gradi e non sempre una sola fonte normativa è in grado di coprire tutti gli aspetti di sicurezza che il consumatore legittimamente si aspetta.
Per quanto riguarda il rapporto con le Camere di Commercio è evidente che nel controllo del mercato, diventa necessario un rapporto quotidiano di scambio diretto con quella che è la realtà operativa sul territorio, perché se è vero che il Ministero delle Attività Produttive fa attività normativa e di controllo a livello nazionale, è vero anche che chi esegue i controlli sul campo è la Camera di Commercio che, quindi, è chiamata a rispondere della sua attività in senso stretto, verificando i prodotti presenti sul mercato e poi comunicando alla sede centrale i risultati dell’indagine. La sede centrale
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dovrà poi emanare i provvedimenti specifici a seconda del tipo di risultato ottenuto dalla valutazione presso i laboratori riconosciuti dei requisiti dei prodotti testati.
Perciò chi opera realmente è la Camera di Commercio, sono gli ispettori camerali che entrano nei negozi e fanno attività di vigilanza e controllo. Però vorrei precisare una cosa: è bene che ci sia una nuova visione delle varie responsabilità, è vero sì che esiste una struttura preposta al controllo, ma è vero anche che tutti i soggetti che sono coinvolti in un'attività di tipo commerciale, che ha come elemento significativo la vendita e l'acquisto di un giocattolo, la vendita e l'acquisto di un occhiale da sole, la vendita e l'acquisto di un phon, sono comunque chiamati a rispondere. Il produttore nel momento in cui progetta e costruisce un prodotto, ma anche il consumatore, che deve essere a conoscenza dei suoi diritti e dei suoi doveri. Non è bello che un consumatore acquisti senza avere l'adeguata conoscenza, la necessaria conoscenza di quello che effettivamente è un prodotto sicuro. Non a caso infatti la normativa prevede che il consumatore sia adeguatamente informato su ciò che acquista. Quando stiamo facendo un acquisto di qualsiasi genere dobbiamo trovare e pretendere una serie di indicazioni ed avvertenze particolari, specificate di volta in volta a seconda del tipo di prodotto, a seconda del pericolo legato al prodotto, a seconda del potenziale rischio. E’ necessario un distinguo tra il pericolo ed il rischio legato ad un prodotto: non è sufficiente che il prodotto sia sicuro, ma è importante anche che il prodotto sia utilizzato in modo corretto, coerentemente alla destinazione d’uso, in caso contrario si incorre in un pericolo.
Moltissime le figure di responsabilità che si intersecano nella problematica del prodotto sicuro: dal consumatore al momento dell’acquisto fino al produttore, o all'importatore, o al soggetto che è responsabile dell'immissione sul mercato. Spesso chi produce si trova a non conoscere la fonte normativa che lo investe di nuove responsabilità. Questo incontro in realtà ha proprio lo scopo di richiamare l'attenzione dei soggetti che entrano a far parte della catena di commercializzazione, ognuno con un compito ben preciso. Questa sinergia di figure è l'unico modo per realizzare un mercato pulito. Ricordiamoci che ognuno di noi deve rispondere per le proprie responsabilità.
Per quanto riguarda la normativa di carattere generale vi mostrerò alcuni lucidi con la sintesi delle normative specifiche, poi si esamineranno in generale gli elementi significativi della direttiva 92/59/CEE per poi descrivere gli elementi innovativi della nuova direttiva 2001/95/CE. Questi elementi innovativi sono - questo è molto importante - mirati ad una rivalutazione della responsabilità del produttore, dell'importatore e del mandatario, cioè il responsabile dell'immissione sul mercato di un prodotto;
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ognuno di loro è chiamato a fornire la propria collaborazione in ambito di vigilanza del mercato.
Viene introdotto con la nuova direttiva il concetto di richiamo volontario, significativo di una maturità raggiunta dalla produzione: in precedenza la distinzione tra ritiro e richiamo non esisteva, anzi il richiamo poteva gettare il produttore in cattiva luce agli occhi del consumatore! E’ positivo che il provvedimento adottato per ritirare un prodotto debba essere noto: dimostra maturità, e volontà di contribuire ad un mercato sano. Ecco quanto è importante per i produttori conoscere quali sono i loro obblighi. D'altra parte c’è il consumatore che non deve essere passivo nella sua scelta dei prodotti, deve saper pretendere una marcatura CE, deve saper pretendere una dicitura in italiano, e tante altre cose, non ultimo segnalare, attraverso vie che poi andranno meglio definite, quelle che sono le sue lamentele, quelle che sono le manchevolezze se vogliamo anche della stessa normativa, perché non è detto che questa sia sempre adeguata.
La normativa a volte non contempla tutte le possibili eventualità di rischio. Chi, se non il consumatore può metterle in evidenza? Un consumatore ovviamente responsabile, un consumatore che sa esattamente cosa deve cercare, e soprattutto che sa anche che esistono delle strutture preposte a ricevere le sue lamentele. Lamentele intese, nel contesto della nuova direttiva, come un albo dei reclami. Esisterà cioè un sistema che permetterà di catalogare le tipologie di non conformità, di irregolarità, di poca sicurezza, reale o presunta, che poi verranno poste all'attenzione dell'Autorità di controllo e saranno oggetto di esame a livello comunitario. Una piccola precisazione per quanto riguarda il nostro ruolo nel contesto comunitario.
La nostra attività di controllo, che viene esplicata attraverso azioni di vigilanza sul mercato poste in essere direttamente dalla Camera di Commercio, in realtà ha e deve avere un ritorno in ambito comunitario. La direttiva, l'attuale direttiva sulla sicurezza generale prevede, tra le altre cose, un sistema di scambio rapido di informazioni. In che cosa consiste? Consiste nell'acquisizione da parte della Commissione Europea di tutti i provvedimenti che sono stati presi a livello nazionale relativamente a prodotti non conformi. Quindi ogni Stato, ogni Paese dell'Unione Europea ha un sistema di controllo del mercato, che per noi si concretizza nella realtà camerale. Questa testa il prodotto, verifica la sua conformità ad una normativa, e sulla base del risultato di questo esame svolto presso laboratori accreditati, manda il risultato al Ministero delle Attività Produttive, che emana i relativi provvedimenti, che esamineremo più tardi.
Questi provvedimenti che scopo hanno sostanzialmente? Quello di far sì che siano presenti sul mercato soltanto prodotti conformi, prodotti sicuri. Quando il consumatore nazionale è tutelato significa anche che lo è il consumatore comunitario, si parla sempre di cittadino europeo. In che senso?
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Nel senso che l'attività di controllo relativamente al mercato nazionale, ovviamente, si traduce in un libero mercato a livello comunitario. In altre parole: tutte le attività di controllo in ambito nazionale che si concretizzano con provvedimenti di ritiro dal mercato, di divieto di commercializzazione, di divieto di immissione sul mercato e quant'altro, vengono poi notificati alla Commissione Europea, la quale, valutando le motivazioni tecniche che sono alla base del provvedimento emanato dallo Stato membro, dà poi notizia in tempo reale agli altri Stati membri. Un prodotto riconosciuto non conforme, quindi non sicuro in ambito italiano, in ambito francese o quello che sia, viene poi ad essere patrimonio comune dell'intera Unione. I criteri applicati sono gli stessi, per cui ogni qualvolta ci troveremo ad esaminare un prodotto è chiaro che dovremo parlare un linguaggio comunitario, non più limitarci a quella che è la realtà nazionale. Il problema, ed ecco quindi la necessità di un ritorno di quella che è l'attività della Camera verso il “centro”, perché è vero sì che c'è un input che parte dal “centro” verso la Camera per il controllo del mercato, quindi per l’applicazione di una normativa, ma è vero anche che quest’attività ha motivo di esistere e trova un ritorno concreto soltanto nel momento in cui dalla Camera, quindi dalle strutture operative, si hanno i risultati di quello che è realmente il mercato, e quindi altra incombenza - concedetemela - del “centro” qual è? Quella di far sì che a livello comunitario sia nota la realtà italiana, perché non possiamo pretendere di poter sanare il nostro mercato senza poi rapportarci con il mercato estero. Non è affatto vero, e questo spesso lo dobbiamo purtroppo o per fortuna (non lo so) pensare, che il mercato nazionale sia meno valido dei mercati di altri Paesi comunitari. Tutt'altro, spesso e volentieri noi abbiamo dei buoni prodotti, il problema non è tanto la produzione nazionale, quanto l'importazione da Paesi dell'Est.
Per questo la produzione nazionale deve, proprio grazie a questa attività di controllo posta in essere dalla Camera, valorizzare il proprio prodotto e cercare di arginare il problema dell'importazione di prodotti da Paesi non appartenenti all'Unione Europea. C'è un fatto molto importante e significativo, che è il problema dell'importazione del Made in Cina, Made in Taiwan e quant'altro, non è un problema ovviamente italiano, è un problema dell'intera Comunità. Non a caso esiste un regolamento comunitario che ha proprio il significato di bloccare o in qualche modo di regolamentare il mercato appunto di questo particolare tipo di prodotto. A livello nazionale noi, insieme all'Agenzia delle dogane, Guardia di Finanza, e quindi a tutti i soggetti in qualche modo collegati all'importazione da Paesi terzi, cerchiamo, stiamo tentando, e dovremo riuscire finalmente, a creare un sistema di collaborazione diretta a livello delle dogane. Ma questo sistema a livello delle dogane ovviamente deve essere tradotto nel programma dogane 2000-2004, che è appunto nella realizzazione dell'Unione Europea.
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Tutto questo per dire sostanzialmente cosa? Che sia il produttore, sia il consumatore, sia la Camera, sia il Ministero delle Attività Produttive, l'Ufficio di coordinamento, sicurezza e qualità dei prodotti, ognuno ha un compito ben preciso. Quindi la conoscenza, l'informazione su quelle che sono le fonti normative è il punto di partenza. Bisogna comunque coinvolgere tutti quanti, perché soltanto con una responsabilizzazione precisa, mirata, si può riuscire ad avere un buon lavoro di collaborazione. Se lo volete intendere così, fatelo pure, l'Amministrazione da sola, la Camera da sola non possono tutelare un mercato senza confini. Addirittura stiamo pensando di coinvolgere e le Associazioni dei consumatori e i produttori, le Associazioni di categoria, proprio nell'individuare, anche in modo informale, i mezzi per poter dare una procedura alle attività di controllo. Perché nessuno meglio di un produttore che vede messo sul mercato un prodotto simile al suo può dare una mano alla Camera denunciando che quel prodotto assomiglia al suo, ma non lo è, c'è il problema della contraffazione, problema grossissimo, che potremmo collegare alla sicurezza. Questo è un SOS: ognuno di noi deve essere responsabile, l'attore di questo controllo. Volevo appunto passare un attimo a verificare quelle che sono le normative di carattere settoriale e dare poi un quadro generale alla nostra normativa, alla normativa della giornata che appunto è la 92/59/CE.
Ci sono domande? Dubbi in proposito? Possiamo continuare. Vorrei che il discorso della responsabilità sia molto sentito, una specie di messaggio fiducioso che rivolgo a tutti i presenti, questo è molto importante perché nell'arco degli anni la presa di coscienza da parte di tutti quanti ha portato a dei buoni risultati. L'attività di collaborazione con le Associazioni dei consumatori ha dato dei risultati significativi, e quindi credo molto nel consumatore informato. Questo è molto importante.
Intervento
L'ente locale, ad esempio il Comune, non ha nessun ruolo?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Il rapporto che esiste tra il Ministero delle Attività Produttive e la struttura camerale è diretto. La struttura camerale può, a seconda di quelli che sono i suoi orientamenti interni, organizzare delle attività di controllo chiamando anche altri soggetti che possono collaborare. E' un discorso diciamo di collaborazione a livello locale. Io ho potuto notare come siano diverse le modalità con le quali le singole Camere realizzano il controllo, dipende dalla produzione, quindi da ciò che è maggiormente richiesto, da quali sono i soggetti più disponibili anche come mole di lavoro, certamente. Si è visto che una collaborazione diretta tra le varie strutture locali, nel rispetto di quella che è la realtà operativa locale è elemento imprescindibile. La Camera
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può, in maniera autonoma e sulla base delle sue possibilità, procedere in modo autonomo.
Dott.ssa Simonetta Diamante
La normativa di carattere verticale investe diversi settori, i giocattoli, il materiale elettrico, i dispositivi di protezione individuale, i tessili. Quindi sono diverse le tipologie di prodotto che possiamo vedere direttamente normate. Il problema è, come dicevo, riuscire a stabilire quando effettivamente un prodotto è un giocattolo, oppure non lo è. Per quanto riguarda la normativa dei giocattoli abbiamo una direttiva comunitaria con il relativo decreto legislativo di recepimento che è il 313 del 1998 ed un decreto successivo, il 41 del '97, che apporta delle modifiche. Non scenderò nel particolare, questo serve soltanto per dare un quadro preciso dei settori che dobbiamo esaminare. In linea di massima la struttura di una direttiva è sostanzialmente la stessa, quindi avremo un campo di applicazione, definizioni, ecc. ecc.. Abbiamo degli allegati molto importanti per la nostra attività, che ritroviamo tutti nella normativa nazionale di recepimento. In più nella normativa di recepimento noi troviamo la parte sanzionatoria, con cui quindi chi è preposto all'attività di controllo dovrà portare a termine il procedimento amministrativo.
Per quanto riguarda la cosiddetta bassa tensione, ugualmente qui abbiamo una direttiva, la 73/23, una legge di recepimento, la 791, poi abbiamo il decreto legislativo 626 di ulteriore modifica, e ancora di nuovo un'ulteriore modifica. Tutta la normativa via via subisce dei cambiamenti significativi, questo perché c'è uno sviluppo tecnologico tale da imporre un adeguamento tecnico della normativa. Poi verrà descritto in modo più dettagliato il significato specifico dello sviluppo tecnologico, l'importante è individuare alcuni requisiti essenziali sulla base dei quali si può valutare di volta in volta la conformità del prodotto.
Un'altra tipologia di prodotti che ricade sotto la competenza della Camera sono i dispositivi di protezione individuale, che sono suddivisi in tre categorie. Quelli più comuni, più diffusi sono gli occhiali da sole (forse qualcuno non conosce questo binomio: occhiale da sole, dispositivo di protezione individuale). Queste tre categorie, una piccolissima parentesi, sono definite sulla base del livello del grado di pericolosità che il soggetto che li indossa è in grado o meno di percepire. Il danno che un soggetto può percepire relativamente a un DPI di prima categoria, è minimo, un occhiale da sole serve esclusivamente per proteggere dai danni dovuti alla luce, ma non certo per proteggere da altri pericoli, quali quelli in situazioni lavorative particolari, come maschere di protezione, guanti isolanti, ecc., scarponi e quant'altro.
Altra normativa, corposa e complessa, riguarda i tessili, partiamo dall'etichettatura fino ad arrivare alle norme di manutenzione e lavaggio.
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Non vi tedio ulteriormente con la lettura, voglio soltanto darvi un minimo di conoscenza della materia. Il tessile è un argomento delicato poiché le importazioni da Paesi terzi, come nel campo dell'occhiale o del giocattolo, sono veramente motivo di serie preoccupazioni per il consumatore italiano e per quello comunitario.
Detto questo volevo passare, fermo restando il campo d’applicazione della normativa verticale che tratta questioni specifiche e che sarà oggetto di incontri futuri, a quella che è la normativa di carattere generale. Quando e come si usa l’una, quando e come si usa l'altra. Questa è una premessa importante. La normativa di carattere verticale, quindi giocattoli, occhiali da sole, phon, ecc. ecc., si usa quando si individua il prodotto: un giocattolo, un occhiale da sole, ecc.. Dicevo prima che non sempre si può avere la certezza che il giocattolo sia soltanto tale o un occhiale da sole altrettanto.
Mi viene in mente un esempio banale ma forse significativo: l'occhiale da sole destinato al bambino, l'occhiale da sole che ha una fattezza un po' particolare. Vedete la difficoltà, la delicatezza di comprendere bene la differenza. Un produttore che cosa fa? Decide di produrre un occhiale da sole e quindi decide di seguire la normativa del DPI di prima categoria, però al tempo stesso produce un oggetto che è anche destinato al bambino, e il bambino come tale può usare l'occhiale da sole anche in un'altra maniera, può metterlo in bocca, può giocare magari con delle guarnizioni, palline, fiocchetti che appaiono sull’occhiale stesso. Quindi non è sufficiente seguire una sola normativa, ma è importante sapere che è necessario avvalersi anche di un’altra normativa, anch’essa specifica.
Quando si fa controllo del mercato e quando si produce un oggetto, devo sempre tenere presente la possibilità che quel prodotto ricada contemporaneamente sotto più di una direttiva, il caso specifico dell’esempio dell'occhiale da sole per bambini. Molti altri sono i prodotti con analoghe problematiche, adesso non mi sto a dilungare. Il produttore deve sapere che esistono prodotti di un certo tipo e che esistono anche delle normative specifiche e che non sempre un prodotto ricade solo ed esclusivamente sotto la normativa giocattoli. Può ricadere anche sotto la normativa dispositivi di protezione individuale, o sotto altre direttive, bassa tensione, ad esempio. Quindi le possibilità sono diverse.
In più, se ci troviamo di fronte alla possibilità di una sovrapposizione, di una contemporaneità tra normative verticali, può capitare il caso che nessuna di queste mi garantisca sia se applicata da sola, sia se applicata contemporaneamente ad altre, il raggiungimento della sicurezza e della garanzia per il consumatore. C’è comunque l’obbligo di tutelare il consumatore, di immettere sul mercato un prodotto sicuro, il consumatore pretende che il prodotto sia sicuro. E allora che cosa ha creato il legislatore? Ha creato una normativa di carattere orizzontale, che è appunto la direttiva
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92/59 e il decreto 115 del '95, che viene a essere utilizzato per coprire quelli che sono gli aspetti non specificamente individuati dalla direttiva verticale.
Non a caso la direttiva di carattere generale può essere applicata nel momento in cui una direttiva verticale non garantisce la totalità della sicurezza. Ma non perché ci sia un difetto nella normativa in senso stretto, ma perché, l'industria lo insegna, la possibilità di creare prodotti sempre più diversi, sempre più complessi, sempre più utilizzabili in modi differenti, impone necessariamente la coesistenza di diverse normative e anche la necessità di creare una specie di copertura totale grazie ad una direttiva di carattere orizzontale. Nella direttiva specifica troveremo per i giocattoli alcune caratteristiche, per gli occhiali da sole altre; nella direttiva 92/59/CEE invece solo requisiti di carattere generale che individuano per altro delle responsabilità specifiche in capo al produttore, o all'importatore, alle Amministrazioni preposte al controllo; parlo di Ministero delle Attività Produttive, parlo di Camera di Commercio in ambito di controllo.
La direttiva di cui si sta trattando è la direttiva 92/59/CEE recepita in Italia con il decreto legislativo 115 del '95. Questa direttiva quali obiettivi si propone? Prima di tutto quello di armonizzare le misure degli Stati membri per una commercializzazione di prodotti sicuri in un mercato comune e sicuro. Dobbiamo attenerci a quelle che sono le disposizioni comunitarie, in ambito di armonizzazione del mercato, non a caso la nostra Direzione si chiama Armonizzazione del mercato, perché è chiaro che il livello di sicurezza che esiste Italia deve essere lo stesso di quello che esiste in Francia, in Inghilterra, ecc. ecc., quindi parliamo di una uguale sicurezza del consumatore dell'Unione Europea. Naturalmente il tutto è possibile soltanto se esiste una libertà nel mercato. Non possiamo e non dobbiamo creare alcun ostacolo al libero mercato, anche se purtroppo in sede comunitaria a volte accade.
Da qui la necessità di una normativa di carattere orizzontale nel momento in cui una direttiva, una normativa di carattere verticale non copre tutti gli aspetti legati alla sicurezza. Diciamo che in ogni caso le direttive comunitarie e i decreti di recepimento hanno lo scopo di individuare quelle che sono le caratteristiche indispensabili e comuni a tutti quanti i prodotti immessi sul mercato. Si è parlato più volte di immissione sul mercato, di commercializzazione, concetto abbastanza difficile, sia per chi fa controllo, sia per chi produce. In realtà il prodotto per essere immesso sul mercato, deve essere sicuro. Il consumatore deve essere tutelato non solo quando acquista un prodotto, per esempio gli occhiali da sole, ma anche quando lo stesso gli viene fornito dentro un fustino di detersivo, dentro una rivista, cioè tutto quello che arriva nelle mani del consumatore deve essere sicuro, indipendentemente dal fatto che l'acquisti o gli venga dato come gadget.
L’attività di controllo a che punto deve iniziare? Si tratta di una questione abbastanza difficile e non chiarissima. Alcuni prodotti prima di essere
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utilizzati devono essere montati, oppure devono essere precedentemente sottoposti ad una serie di prove abbastanza complesse. In linea di massima il momento in cui il prodotto arriva al consumatore coincide con l’immissione sul mercato. In questo contesto il funzionario camerale svolgerà le proprie attività di controllo nel momento in cui il prodotto è sul mercato o è pronto per esservi immesso.
Per quanto riguarda il campo d'azione della nostra direttiva, quali sono i prodotti che vengono ad essere compresi? In generale tutti i prodotti presenti sul mercato sono oggetto di controllo da parte della struttura camerale. Per quanto riguarda nello specifico la materia della sicurezza dei prodotti, e quindi la direttiva 92/59, c'è un esplicito riferimento all'esclusione dei prodotti alimentari. Quindi, possiamo intervenire su molteplici prodotti ad eccezione degli alimenti perché normati separatamente. Vengono inoltre fatte esclusioni per l'usato, ecc., fermo restando che si interviene su tutte le tipologie di prodotto, sia utilizzato direttamente, sia utilizzato all'interno di un servizio. La nuova direttiva, la 95/2001/CE, quella che dovremo recepire entro l'anno, fa un'esclusione precisa per quanto riguarda i servizi, poiché l'Unione Europea ha in essere la predisposizione di una direttiva specifica sui servizi, in questo caso il prodotto verrà ad essere seguito da una normativa specifica. Al momento però tutti quanti i prodotti devono ricadere dentro questo tipo di normativa, o la 92/59, o le direttive verticali.
Il problema è definire quando un prodotto è sicuro. Diciamo che un prodotto si intende come prodotto sicuro nel momento in cui è conforme alle normative nazionali. Esiste una gradualità delle fonti normative poi oggetto di discussione, per cui dalla normativa di carattere generale posso scendere via via verso livelli più bassi e specifici. Va aggiunta la necessità di avvalersi del principio per il quale è necessario rispettare cosa si attende il consumatore per quanto riguarda la sicurezza. Cioè l’Autorità di controllo deve far sì che il prodotto presente sul mercato sia sicuro, coerentemente alle aspettative dell’acquirente. Nel momento in cui lo sviluppo tecnologico è tale per cui si elaborano riferimenti normativi nuovi per poter coprire prodotti di nuova tecnologia, in attesa che lo sviluppo tecnologico dia una risposta concreta, va comunque assicurato che il grado di sicurezza che il consumatore ragionevolmente si aspetta, venga in ogni caso rispettato.
Faccio un esempio: il provvedimento sui giocattoli relativo al divieto d’uso "ftalati", nei giocattoli in plastica morbida, fu emanato con l’intento di intervenire preventivamente, introducendo alcune limitazioni. Ciò fu necessario a causa della mancanza di una precisa disposizione tecnica che individuasse dei limiti massimi non pericolosi, dei valori di riferimento precisi, superati i quali è legittimo parlare di pericolosità. A quel punto, non avendo una prova tecnica inoppugnabile, non è lecito che il prodotto sia presente nel mercato. Allora che cosa si fa? Si lavora in termini di
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precauzionalità, si lavora in termini di tutela che comunque viene ad essere ragionevolmente assicurata al nostro consumatore.
Una volta che si è stabilito che cosa significa prodotto sicuro, ecco che compare la figura del produttore, cioè di colui che progetta, produce il prodotto, ma anche del soggetto che comunque si fa carico dell’immissione sul mercato.
Da una parte c’è il produttore come fabbricante o come rappresentante legale, dall’altra l'importatore, se manca il rappresentante, o qualsiasi altro soggetto che fa parte di questa catena. In effetti la responsabilità non è soltanto di un soggetto, ma di tutti dal momento della fabbricazione fino all'immissione diretta del prodotto sul mercato. Per cui se io, importatore, acquisto un prodotto dall'estero e lo immetto sul mercato italiano, devo essere sicuro di quello che ho acquistato in modo tale che, se richiesto, possa proprio perché responsabile nel territorio nazionale e comunitario, dimostrare la conformità del prodotto alla normativa specifica. La figura del fabbricante è significativa sotto diversi aspetti: sia per colui che fa il prodotto in senso stretto, ma anche per colui che acquista da un fabbricante qualsiasi e poi immette sul mercato, quindi la stessa catena di distribuzione. E’ perciò necessario un contatto diretto, una continuità tra tutti i soggetti che entrano nella catena di distribuzione. Il fatto che all'interno di una catena di distribuzione sia assicurata l’informazione è sostanziale, nel senso che non è solo ed esclusivamente il soggetto iniziale, quello che ha progettato e fabbricato ad essere responsabile. Il responsabile può trovarsi in ogni stadio a livello della distribuzione; ecco perché l'informazione deve coinvolgere tutti.
I responsabili di una grande catena di distribuzione devono avere la certezza che i prodotti acquistati siano conformi alla normativa. In sede di controllo è indispensabile risalire via via a tutti i soggetti successivamente coinvolti.
Quali sono gli obblighi dei fabbricanti? Tralasciamo ovviamente quello di immettere sul mercato prodotti sicuri, pensiamo che devono invece fornire al consumatore tutte le informazioni che gli consentano di valutare il rischio associato al prodotto. Vedete, se il fabbricante ha quest'obbligo, cioè quello di informare il consumatore circa i rischi legati all'utilizzo del prodotto, è evidente che lui per primo deve essere a conoscenza di tutta una serie di informazioni. Ecco perché è molto importante che ci sia responsabilità e conoscenza, e naturalmente il fabbricante è tenuto ad adottare tutte le misure affinché, quand'anche sia necessario arrivare al richiamo, sia possibile che tutto quello che è presente in commercio risponda non solo ad un'etica di produzione ma anche ad una corretta utilizzazione: il fabbricante deve garantire un prodotto sicuro e deve far sì che il consumatore sia informato in modo da utilizzare correttamente il prodotto.
Un esempio utile potrebbe essere quello del prodotto che, per poter funzionare, deve essere assemblato. Le informazioni fornite devono essere
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tali da far sì che qualsiasi consumatore sia sufficientemente informato, e che gli vengano garantite le condizioni indispensabili per un corretto assemblaggio e un corretto utilizzo del prodotto.
Un altro concetto importante è la collaborazione nella sorveglianza della sicurezza dei prodotti. Non è un messaggio teorico, è un messaggio concreto, un messaggio che significa una corretta applicazione della fonte normativa. Attualmente la normativa dà meno responsabilità al produttore, nel senso che lui deve assicurarsi che il prodotto sia conforme, poi immetterlo sul mercato se rispondente alla norma, informare il consumatore, ecc. ecc.. Mi riferisco ad esempio al richiamo volontario. Quando parlavo di albo dei richiami, mi riferivo ad un sistema di codificazione delle azioni volontarie del produttore, del distributore, a garanzia di una maggiore e più facile individualità del soggetto. Questo albo sarà disponibile sia per l’Autorità centrale che per le strutture locali, attraverso un adeguato sistema di informatizzazione. Questo farà si che colui che immette sul mercato o che fabbrica, sia più facilmente individuabile, proprio per questo suo aspetto di collaborazione diretta; il richiamo volontario adesso viene considerato come atto di parte dell'Amministrazione, ma ancora non ha un significato normativo di carattere operativo. A breve sarà anche questo, quindi ecco perché è importante che ci sia fin da adesso, cioè fin da prima che la direttiva entri in vigore, la capacità da parte di colui che opera di intervenire attivamente in modo responsabile.
Per quanto riguarda gli obblighi degli Stati membri non mi soffermo ulteriormente perché è evidente che li abbiamo più o meno trattati. Naturalmente la marcatura CE è uno degli elementi che contraddistinguono la conformità del prodotto. Fino ad ora si è parlato di direttive verticali che presuppongono l'obbligo dell'apposizione della marcatura CE sul prodotto. Quindi un prodotto che ricade sotto una direttiva verticale, un giocattolo, un occhiale da sole, un phon, presumono l'apposizione della marcatura CE. Un prodotto che non ricade in nessuna direttiva verticale, e che quindi genericamente viene gestito con la direttiva orizzontale, non ha l'obbligo dell'apposizione della marcatura CE. Quindi la marcatura CE ha un significato relativamente a quei prodotti per i quali è obbligatoria, ma attenzione, una marcatura CE apposta su un prodotto che non la deve avere, è un atto illegittimo. Il consumatore quando cerca la marcatura, attenzione non il marchio, la marcatura CE, deve sapere se il prodotto la deve avere o no. Può sembrare una banalità, perché tutti cerchiamo il CE su tutti i prodotti. Nel pomeriggio potremo approfondire il significato della marcatura CE e dei marchi.
Esiste un sistema di informazione rapido, il “rapex”, di informazione sui prodotti pericolosi; i soggetti attivi sono Commissione Europea e Stati membri, con la nuova direttiva e anche adesso nell'ottica di revisione generale, i soggetti che vengono chiamati attivamente a partecipare non sono
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più soltanto Commissione e Stati membri, ma anche Associazioni dei consumatori e Associazioni di categoria. Da un paio d'anni a questa parte le riunioni che si tengono a Bruxelles si svolgono in due giornate: ci sono soltanto Commissione e Stati Membri per discutere le questioni interne, ed un'altra aperta ad Associazioni di consumatori e Associazioni di categoria, per assicurare un confronto. Esiste un rapporto di sinergia tra questi soggetti. Il controllo, secondo me, la vigilanza del mercato e il controllo del prodotto non è un atto di repressione, ma di prevenzione realizzato nel momento del controllo del mercato. Il consumatore deve essere tutelato, così come il produttore che lavora correttamente. Una mancanza di controllo oltre a danneggiare il consumatore, danneggia anche chi produce. Non a caso vediamo in sede comunitaria che le Associazioni di categoria premono perché ci sia un controllo, proprio per il fatto che questo è l'unico modo per evitare l'introduzione di prodotti contraffatti, di prodotti non conformi da Paesi terzi. Produrre un prodotto conforme costa, produrre un prodotto senza marcatura CE è molto più facile, perché la conformità non è una cosa banale da realizzare.
Per quanto riguardava le procedure, come si interviene dal punto di vista operativo nel controllo? Ci sono domande per questa prima parte? Dicevo, come si opera per quanto riguarda la metodologia di controllo? Abbiamo visto quali gli elementi basilari dal punto di vista normativo: esiste il Ministero delle Attività Produttive che fino a qualche tempo fa dava input fornendo alla Camera la segnalazione così come ricevuta da parte di un consumatore, un'Associazione di consumatori, Guardia di Finanza, Magistratura, Unione Europea, un altro Stato. Qualsiasi soggetto poteva segnalare, può segnalare, deve segnalare la presenza sul mercato di un prodotto che presume non conforme.
Una volta che viene trasmessa la segnalazione, il Ministero comunica alla Camera di Commercio, all'allora Upica, di acquisire il prodotto. A seguito di un trasferimento di competenze che ha coinvolto tutte queste strutture, il rapporto di chiarezza tra il Ministero delle Attività Produttive, allora Ministero dell'Industria, e Camera di Commercio, o meglio allora Upica, si è reso meno chiaro, da una parte è rimasto il Ministero delle Attività Produttive come struttura centrale, e dall'altra la Camera di Commercio con ulteriore competenza. Spesso, e anche questa mattina ne ho avuto dimostrazione, la Camera di Commercio si è trovata a fare anche controllo del mercato senza avere la certezza di potersi muovere in maniera autonoma oppure dover aspettare l'input del Ministero. Le realtà operative sono abbastanza diverse: alcune Camere si muovono in maniera autonoma e altre Camere no. E’ stato di nuovo affrontato questo problema sostanziale, ritengo che questa situazione dovrà essere chiarita, nel senso che è evidente come il Ministero delle Attività Produttive dovrà dare delle indicazioni di massima a che possa essere realizzato un controllo del mercato abbastanza uniforme,
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lasciando alla Camera di Commercio la libertà di scegliere i modi operativi con cui perseguire questo obiettivo.
Quindi, a seconda delle capacità di ogni singola Camera questa può muoversi e fare attività di controllo, fermo restando che ci deve essere uno scambio continuo di informazioni con la struttura centrale e anche con le altre Camere. Il raggiungimento dell'obiettivo è ovviamente quello di avere un mercato comune, pulito, ma ogni Camera può realizzarlo così come meglio si addice alla propria realtà. L'acquisizione del prodotto, i tecnici me l'hanno insegnato, non è una cosa così semplice, a seconda della tipologia di prodotto è necessario averne un certo numero di esemplari, le prove di laboratorio a volte sono distruttive e quindi è necessario disporre di un numero minimo di esemplari. Ovviamente questo numero minimo di esemplari deve essere tale da consentire anche prove future in caso di contestazione. Una volta che il prodotto è stato acquisito, questo viene inviato secondo modalità di volta in volta da definire o già definite, è un aspetto procedurale che eventualmente possiamo vedere, viene inviato ad un Istituto, riconosciuto, notificato a Bruxelles sempre dal Ministero, che ha particolari caratteristiche ed è in grado, ai sensi delle direttive specifiche, di testare quel prodotto e verificare che risponde ai requisiti tecnici stabiliti dalla direttiva, o dalle direttive, perché può ricadere contemporaneamente sotto fonti normative diverse.
Fatto questo il risultato viene rimandato al “centro”, eventualmente attraverso la Camera di Commercio che è sempre soggetto attivo: acquisisce il prodotto, ha rapporti con il laboratorio, qualora il prodotto debba essere trasportato dal punto in cui è stato acquisito al laboratorio. Il risultato arriva al Ministero delle Attività Produttive, il quale valuta il risultato di questo rapporto; qui vorrei sottolineare una cosa, la valutazione da parte del Ministero delle Attività Produttive non è e non deve essere una valutazione passiva, nel senso che, e spero di trovare conforto negli esperti, spesso una non conformità può non essere strettamente legata ad una pericolosità. Cito un fatto realmente accaduto: un ventilatore presentava una vite che secondo la progettazione poteva essere svitata dal consumatore, quando invece questa manovra non era possibile; in realtà il fatto che non si svitasse era un elemento di sicurezza per il consumatore. A volte ci sono delle situazioni particolari. Tutto questo per dire cosa? Per dire che la valutazione da parte del Ministero delle Attività Produttive è o dovrebbe essere una valutazione più ampia e soprattutto critica.
Fatto questo che succede? Ci si può trovare di fronte a delle non conformità sanabili, in questo caso viene emanato un provvedimento di obbligo di conformazione del prodotto ai requisiti di sicurezza. Solitamente ci si trova di fronte ad una non conformità di tipo formale (quindi una mancata iscrizione, un'indicazione non corretta), in generale ad una non conformità che può essere sanata e che comporta quindi l'obbligo, da parte del
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fabbricante appunto, della regolarizzazione del prodotto, cosa che lui deve fare entro un termine impostogli e che prevede la verifica da parte della Camera successivamente all’avvenuto adeguamento.
Se il soggetto non provvede nei tempi stabiliti all'adeguamento del prodotto, il provvedimento di divieto temporaneo di commercializzazione si traduce in un divieto di tipo definitivo. Questo divieto di tipo definitivo si può avere anche senza passaggio intermedio, e cioè quando la non conformità rilevata non è sanabile. In questo caso la Struttura centrale che cosa fa? Emana un provvedimento definitivo con il quale viene vietata la commercializzazione, il prodotto non può più essere venduto e ne viene vietata anche l'immissione sul mercato. Una cosa è vietare di commercializzare in futuro il prodotto che è già presente sul mercato e ritirarlo, e un'altra cosa è vietarne la successiva immissione, posso ritirarlo dal mercato ma se non ne vieto l’immissione non si risolve il problema. Una volta emanato il provvedimento, quel prodotto deve sparire dal mercato.
C'è un atto finale importantissimo: la verifica da parte delle stesse Autorità che all'inizio hanno trovato il prodotto, di accertarsi che effettivamente sia stato fatto. Quanto è complicata e lunga la serie di fasi che portano al ritiro di un prodotto dal mercato! L'emanazione del provvedimento da parte dell'Autorità, va - come dicevo - notificata alla Commissione Europea. Questo perché? Perché un prodotto se non è commercializzato nel territorio nazionale, non deve esserlo nemmeno negli altri Paesi dell'Unione Europea. Questo a sommi capi è quello che succede nell'ambito del controllo, poi magari ci dilungheremo nel pomeriggio in aspetti più specifici. Lascio ora la parola tecnica all'ingegnere.
Dr. Renato Chahinian
Su questo argomento c'è già qualcuno che ha bisogno di sapere o di precisare qualcosa?
Intervento
Volevo chiedere: la normativa di riferimento dello Stato Italiano può essere differente da quella di un altro Stato membro?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Sì, questa è una domanda molto interessante, il recepimento tiene conto delle regole nazionali dello Stato, ad esempio introducendo rispetto alla direttiva altri elementi. Vale a dire, se lei prende una direttiva e la confronta con il decreto di recepimento, troverà in quest’ultimo una parte in più che riguarda le modalità delle azioni di vigilanza e di controllo e gli aspetti sanzionatori. Questo perché? Perché l'Unione Europea lascia allo Stato membro le modalità per effettuare ed eseguire i controlli e le modalità per sanzionare chi non rispetta la legge. Prima che l'atto di recepimento nazionale diventi
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effettivo, ritorna alla valutazione da parte dell’Autorità europea, dopodiché diventa operativo. Diciamo c'è un controllo finale tale da assicurare che il livello di sicurezza garantito a livello nazionale sia esattamente lo stesso di quello che viene garantito da un altro Stato membro.
Intervento
La garanzia non è la stessa?
Dott.ssa Simonetta Diamante
No, assolutamente, il livello di sicurezza deve essere lo stesso, quindi le modalità di recepimento sono le stesse. La differenziazione che esiste è semplicemente operativa nel senso che l'Italia opera mediante le Camere di Commercio ad esempio, strutture locali comparabili a strutture federali, come quelle che ci sono a livello comunitario. La modalità di svolgimento dei controlli è diversa, però il fine ultimo nell'ottica del nuovo approccio è assolutamente unitario cioè lo stesso livello di sicurezza.
Prima si poteva esportare prodotti non conformi al di fuori dell'Unione Europea, con la nuova direttiva c'è questo specifico divieto perché come il consumatore europeo che deve essere tutelato, anche qualsiasi altro consumatore del mondo, deve vedersi garantito lo stesso livello di sicurezza. C'era un'altra domanda, mi sembra.
Intervento
Io volevo capire un attimo ... il consumatore segnala ...
Dott.ssa Simonetta Diamante
Non necessariamente, può farlo anche al Ministero, ad un’ Associazione di consumatori, il consumatore ha per sé diverse possibilità, si rivolge all'Associazione, si rivolge alla Camera di Commercio, all'Ufficio preposto, si rivolge direttamente al Ministero, si rivolge insomma al soggetto che è a lui più vicino, che gli è più comodo da contattare.
Intervento
Cosa fa la Camera di Commercio?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Questo è il problema, diciamo che l'azione della Camera di Commercio consiste nell’acquisire il prodotto presso il luogo dove è stato individuato, secondo modalità ben precise. Inoltre si deve avere la certezza che il prodotto sia esattamente lo stesso. Più dati si hanno relativamente ad un prodotto e meglio si opera: dove è stato comperato, il nome del prodotto, la confezione del prodotto, ecc.. La Camera acquisisce il prodotto e poi lo invia con gli esemplari necessari per le prove al laboratorio. Lei dice “la Camera si
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può muovere da sola oppure deve aspettare, deve comunicarlo al Ministero?”. E’ questo che intende dire?
Intervento
Sì, inoltre mi rivolgo a Treviso per i prodotti acquistati a Treviso o per qualunque prodotto fabbricato in Italia?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Certo, la logica vuole che se io compro il prodotto a Treviso io mi rivolga alla Camera di Treviso, perché a me più comoda. Se però il prodotto l'hanno fabbricato, che ne so, in Campania o in Cina?
Intervento
Ma il controllo lo fa la Camera di Commercio competente per territorio.
Dott.ssa Simonetta Diamante
Competente per territorio, per forza. Il primo esame del prodotto lo fa la Camera di Commercio che è stata contattata, che è stata investita della problematica. Poi si valutano le altre informazioni a disposizione. Se il prodotto è Made in Cina è difficile: si cerca di capire qual è la via di ingresso, si esamina il carteggio, e da lì ci si rivolge all'altra Camera di Commercio. Ricordiamoci che è necessario che le Camere comunichino tra di loro, ciò sarà più facile usando strumenti informatici per avere una comunicazione in tempo reale.
Intervento
E comunque dove vengono fatti i test?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Sono fatti da laboratori che possiedono una struttura tecnica riconosciuta a tal fine. Non mi addentro in questo argomento per altro interessantissimo, l'ingegnere ci darà informazioni più dettagliate.
Intervento
Le spese a carico di chi sono?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Alcune normative aiutano, ci salvano perlomeno in parte, in alcune direttive, per esempio nell'88/378/CEE, quella sui giocattoli, c'è scritto che se il prodotto risulta non conforme, le spese sono a carico del produttore, e lì siamo salvi: se invece il prodotto è conforme, mi trovo esattamente nello stesso caso in cui mi trovo con gli elettrici dove la normativa non prevede chi paga. Chi paga? La prova fatta presso i laboratori è a carico o della
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Camera o del Ministero. Le prove sono costose, questo sta a dimostrare tra l’altro che la realizzazione della conformità non è una sciocchezza. Perché il prodotto Made in Cina costa poco? Perché non è stato sottoposto alle prove di conformità, vi invito a porre attenzione a quanto sia complesso, l'ingegnere poi ce ne darà ragione, testare un prodotto. Io ho visto per esempio testare un ferro da stiro: è una procedura particolarissima.
Intervento
A Treviso è molto di moda portare fuori le produzioni. In questi casi il prodotto, che poi si rileva difettoso, e che risulta costruito in Romania, deve avere il marchio CE oppure no?
Dr. Renato Chahinian
L'impresa è italiana, diciamo trevigiana, padovana, generalmente sono operatori veneti, che delocalizzano le produzioni in Romania o in altri Paesi, più o meno generalmente dell'Est europeo, e poi importano nuovamente i prodotti in Italia; a volte li assemblano in Italia, a volte no, e poi li vendono in Italia o nel resto del mondo.
Dott.ssa Simonetta Diamante
Il produttore, cioè l'importatore, l'assemblatore nel momento in cui appone la marcatura CE, si fa carico di tutte le responsabilità ad esso connesse, il che significa che se lui l'ha comperato in Romania, deve accertarsi che quel prodotto sia conforme, prima di apporvi la marcatura CE.
Ing. Marco Vigone
A prescindere dall'esempio rumeno che conosco bene poiché ho avuto l'incarico di aiutare il governo rumeno a implementare le direttive europee, non può entrare nulla attraverso le frontiere dell'Unione Europea che non sia marcato CE. Quindi esiste il grosso problema del coordinamento europeo delle dogane, proprio perché non può entrare nessun prodotto non marcato. Se entra, non può essere commercializzato. E in questo caso l'importatore deve assumersi la responsabilità della marcatura prima dell'immissione sul mercato, altrimenti non può venderne neanche mezzo pezzo. Può succedere il contrario. E' chiaro che se io vado a vendere in Sudafrica non marco CE. Quindi posso costruire a Treviso dei prodotti che non sono assolutamente conformi alle direttive europee e venderli in Giappone, in Cina, perché là non è in vigore la legislazione europea.
Intervento
Volevo sapere, a livello statistico, quanti sono gli interventi realizzati.
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Dott.ssa Simonetta Diamante
Cioè quanti provvedimenti di ritiro dal mercato sono stati emanati? Guardi, diciamo moltissimi, perché l'ultimo anno dovrebbero essere stati circa 100 e qualcosa per quanto riguarda prodotti di tipo definitivo, tenga presente che molti di questi vengono pubblicati in Gazzetta e molti altri non vengono pubblicati; quindi quantificare con precisione.... parlo di quelli nazionali. Comunque, è importante fare questa distinzione: i provvedimenti non sempre sono uguali, cioè dire un numero preciso è difficile perché un provvedimento può essere emanato relativamente a due diversi tipi di giocattoli, per cui un unico provvedimento può comprendere diversi tipi di giocattoli.
Comunque in generale sono circa un centinaio, tenga presente che riguardano diversi prodotti: prevalgono comunque occhiali da sole e giocattoli. Questi sono i prodotti con le non conformità più frequenti. Esistono altre questioni, i tessili, per esempio. Gli elettrici non conformi rappresentano un problema grossissimo, che, purtroppo, è sottovalutato; sui giocattoli pericolosi si pone maggiore attenzione vuoi anche in considerazione del loro destinatario, mentre non ve n'è abbastanza per l'elettrico.
Recentemente c'è stato un incidente ad una signora con una coperta elettrica, non so cosa di preciso le sia successo. Il settore degli elettrici è comunque delicatissimo e anche lì abbiamo emanato una serie di provvedimenti disparati. C'è da dire che esiste un, per così dire, andamento stagionale nell'emanazione dei provvedimenti. Mi spiego: ci sono delle campagne di informazione sui requisiti degli occhiali da sole fatte durante il periodo che precede l’estate, si potenziano i controlli nel settore e per quel prodotto risultano più numerosi in quel periodo. Poi c'è il caso delle candele luminose sotto Natale che impegnano molto le Camere di Commercio nel periodo invernale. Sostanzialmente i provvedimenti emanati riguardano giocattoli, occhiali da sole e particolari tipologie di elettrici.
Intervento
Anche macchinari elettrici?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Sì, anche, certo, quando parlo di elettrici parlo di dispositivi a bassa tensione, quindi di stufe, di scaldasonno, di apparecchiature di questo genere, elettrico non nel senso proprio semplicemente lampadine, anche apparecchiature usate nell'ambiente domestico. Non dimentichiamoci che l'ambiente domestico è uno di quelli più a rischio; la statistica sugli incidenti nell'ambito domestico è particolarmente significativa.
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Intervento
Ritorno sulla prima domanda. Il problema di allineamento delle normative nazionali, è un problema ancora oggi oppure, come lei diceva, il processo di armonizzazione è già concluso?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Ritengo che questo argomento sia talmente importante e interessante che forse è il caso di affrontarlo più tardi.
Questa iniziativa è molto importante: perché informare e formare non è che il punto di partenza, dopodiché si deve intervenire e rispondere alle richieste che siamo tenuti a dare all’utenza. Quindi direi che su questo argomento, su cui poi confrontarci, si debba parlare e non poco, certamente.
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La normativa tecnica: le direttive Comunitarie del nuovo e vecchio approccio;
Gli elementi disciplinati dalle direttive del nuovo approccio
Ing. Marco Vigone
Presidente Commissione Sicurezza UNI
Se mi permettete, faccio un passo indietro, perché credo sia importante capire come vengono emanate le direttive e quale significato hanno. Partiamo da Adamo ed Eva. In Italia le leggi sono emanate dal Parlamento e dal Governo se ha una delega dal Parlamento. In Europa invece è il contrario, cioè chi legifera è il Consiglio dei Ministri, non è il Parlamento.
E allora vediamo innanzitutto quali sono i documenti che il Consiglio dei Ministri europeo può emanare, che valore hanno, secondo quale iter. Innanzitutto vorrei chiarire che il simbolo CE non si chiama marchio, ma marcatura. La differenza è sostanziale, poiché la parola marchio indica la corrispondenza ad una norma, mentre qui stiamo parlando di corrispondenza alle leggi. Marchio è, per esempio, il marchio di qualità IMQ: IMQ accerta la corrispondenza di un prodotto ad una norma tecnica ed il marchio lo mette il produttore portando il suo prodotto in un Istituto che fa le prove e garantisce che quel prodotto è conforme a quella norma tecnica.
La marcatura invece è un obbligo di legge, non è volontaria, e dimostra che un certo prodotto rispetta la legge.
Torniamo ai documenti legislativi che possono essere emessi dall'Unione Europea. Il più importante documento legislativo che può essere emesso dall'Unione Europea è il regolamento. Nella legislazione italiana un regolamento è un atto di spiegazione di una legge, non può cambiarla ma soltanto spiegare come si applica. In Europa invece la vera legge sovranazionale è il regolamento. Un regolamento quando è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Europea supera tutte le legislazioni nazionali, non ha bisogno di recepimenti, ed entra immediatamente in vigore, il giorno dopo la pubblicazione, o alla data scritta sul regolamento. Per esempio, sull’argomento che ci interessa, nel febbraio del '93 è uscito un regolamento su come devono comportarsi le dogane sul problema della marcatura CE. E quella è una legge sovranazionale. Non c'è stato bisogno di recepirla da parte dell'Italia.
Quindi, i regolamenti entrano in vigore direttamente e devono essere attuati da tutti i cittadini. Le direttive invece di cui stiamo parlando, non sono leggi europee per tutti i cittadini, sono delle leggi europee il cui obbligo di attuazione è nei confronti degli Stati membri. Per diventare operative le direttive devono essere trasferite da ogni singolo Stato nella legislazione nazionale, e da quel momento il cittadino di quella nazione è obbligato
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ovviamente a seguirne i contenuti, perché è diventata una legge della nazione. In Italia, poiché sempre in ritardo nel recepimento delle direttive, la Corte Costituzionale ha emanato delle sentenze che consentono ad un singolo cittadino danneggiato dal non recepimento di una direttiva europea, di applicare la direttiva europea anche se non è ancora legge dello Stato.
Per esempio: nella direttiva macchine, che è una direttiva emanata nell'89 che doveva entrare in vigore in Europa il 1° gennaio del '93, che poi è entrata in vigore in Europa il 1° gennaio '95, recepita in Italia nell'agosto del '96, quindi entrata in vigore il 21 settembre del '96, esiste un punto sulle funi dei carroponti dove il coefficiente di sicurezza della fune nell'ambito della legge europea è 5, ovverosia viene considerata sicura una fune che può sollevare 5 volte la portata dichiarata del mezzo.
Nella legge nazionale del '55, ovverosia il famoso D.P.R. 547 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, il coefficiente richiesto è 6. E’ evidente che un costruttore italiano se doveva costruire fuori dall'applicazione della direttiva macchine, perché in Italia non era ancora attuata, era costretto ad usare la legge del '55, e quindi la sua fune avrebbe dovuto avere un coefficiente di sicurezza 6. Il costruttore tedesco poteva chiaramente costruire il carroponte con una fune con un coefficiente di sicurezza 5 che gli costava meno, perché più piccola.
Altro documento legislativo europeo sono le decisioni, che sono vincolanti soltanto nei confronti di coloro per cui sono state prese. Visto che stiamo parlando di sicurezza di prodotti anche se non alimentari, facciamo un esempio che capiamo tutti. Quando è emerso il problema della mucca pazza l'Unione Europea, cioè la Commissione Europea e il Consiglio dei Ministri dell'Unione, ha preso la decisione di vietare la vendita nel resto d'Europa della carne inglese. Quella era un decisione presa nei confronti dell'Inghilterra. Ci sono poi le raccomandazioni e i pareri che sono documenti non vincolanti per gli Stati membri.
Vediamo qual è l'iter a questo punto per approvare questi documenti. La Commissione Europea presenta una sua proposta al Consiglio dei Ministri, che la valuta e poi può accettarla totalmente o elaborare alcune modifiche. Questo documento viene inviato al Parlamento Europeo che in base all'art. 251 del Trattato dell'Unione Europea entro tre mesi deve pronunciarsi. Il Parlamento può approvarlo o non pronunciarsi, e quindi silenzio-assenso, oppure chiedere che venga modificato, oppure ancora respingere la proposta. Vediamo cosa succede nei tre casi. Se il Parlamento approva o non si pronuncia, il Consiglio dei Ministri non fa più niente; il documento viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e diventa testo legislativo europeo. Se invece il Parlamento Europeo propone delle modifiche e, quindi, degli emendamenti, possono essere seguite due strade. Considerato che è sempre il Consiglio dei Ministri ad attuare e promulgare le leggi, il Consiglio dei Ministri può accettare tutte le modifiche che il Parlamento ha richiesto,
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cambiare il testo e emanare la disposizione legislativa. Se invece il Consiglio dei Ministri non accetta tutte o parte delle osservazioni che sono state fatte dal Parlamento, interviene il Comitato di Conciliazione, composto dal Consiglio dei Ministri e dal Parlamento con l’obiettivo di trovare un accordo sul testo definitivo.
Se il Comitato congiunto trova l’accordo su un testo questo è approvato e viene mandato in Gazzetta Ufficiale. Se invece nel Comitato di conciliazione le due parti, Consiglio e Parlamento, non trovano un accordo, l'atto può non essere adottato, oppure il Consiglio dei Ministri può ritornare al documento che lui ha presentato al Parlamento e approvarlo all’unanimità. Nel caso invece il Parlamento respingesse la proposta, il Consiglio non può convocare il Comitato di conciliazione, perché il Parlamento si è espresso negativamente escludendo la possibilità di un accordo. Se in seconda lettura il Parlamento si esprime di nuovo negativamente a maggioranza assoluta dei suoi membri il documento non esce.
Questo è l'unico momento in cui il Parlamento può bloccare un iter legislativo; però deve farlo a maggioranza assoluta dei parlamentari, che credo sia quasi impossibile da raggiungere. Non mi risulta sia mai capitata una cosa di questo genere, mentre è capitato che il Consiglio dei Ministri sia andato avanti su procedimenti legislativi con parere contrario del Parlamento.
Tutte le disposizioni legislative di cui stiamo parlando non sono state scritte per tutelare la salute delle persone, ma per consentire il funzionamento del mercato interno. L'art. 95 (ex 100A) del Trattato istitutivo dell'Unione Europea, da cui derivano tutte le direttive di cui stiamo parlando recita: "Il Consiglio (deliberando in conformità alle procedure che abbiamo visto prima), sentendo il Comitato economico sociale - un'organizzazione parallela che esprime un parere -, adotta le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative regolamentari amministrative degli Stati membri (notate) che hanno per oggetto l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno".
Quindi queste disposizioni servono unicamente per eliminare le barriere economiche tra le 15 Nazioni dell'Unione Europea. Il rischio poteva essere che in una Nazione, per esempio la Germania, ci fosse una legislazione più restrittiva che in Italia e di conseguenza il costruttore italiano fosse costretto a costruire dei prodotti specificatamente per l'area tedesca. Ciò avrebbe limitato il libero scambio nell'Unione Europea e la libertà di movimento delle merci. Quindi tutte le direttive di cui stiamo parlando sono state elaborate unicamente a fini commerciali per permettere alle varie imprese europee di far circolare senza ostacoli i prodotti nei Paesi dell'Unione e in quelli dell’EFTA. L’EFTA è un’organizzazione di libero scambio composta da Svizzera, Liechtenstein, Norvegia e Islanda (Svezia, Finlandia e Austria che prima vi facevano parte ora sono entrati nell’Unione Europea) che ha
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sottoscritto con l'Unione Europea un trattato proprio per la libera circolazione delle merci e quindi tutte queste disposizioni legislative di prodotto, valgono anche per le nazioni dell'EFTA eccetto la Svizzera.
In seguito a un referendum popolare la Svizzera continua tutt'oggi a essere Paese fuori dai confini di questo che si chiama lo Spazio economico europeo.
Nell'ambito dell'art. 95 però, esiste un paragrafo che impone alla Commissione, nelle sue proposte di elaborazione di direttive ai fini del libero mercato, di mantenere un alto livello di protezione in materia di sanità, sicurezza, protezione dell'ambiente e protezione dei consumatori.
In base a questo paragrafo è evidente che una direttiva di prodotto ai fini della libera circolazione del mercato deve “fare sicurezza”, perché altrimenti non rispetterebbe questo paragrafo.
Un problema sorge con l’allegato tecnico alla direttiva che normalmente è titolato: “Requisiti essenziali di sicurezza” intendendo con questo termine le condizioni di sicurezza che devono essere rispettate e non i requisiti minimi che devono essere garantiti ma che possono anche essere superati.
Da qui sorge la difficoltà di vigilare il mercato, perché ogni costruttore tende ad ottemperare la direttiva in maniera soggettiva anche se i requisiti sono inderogabili.
Questo non garantisce che i prodotti marcati CE rispettino al 100% i requisiti di sicurezza.
Con una risoluzione dell'89, e poi con una direttiva del '98, è stato definito tutto il sistema di normazione e di armonizzazione tecnica a livello europeo. In Italia esistono due enti di normazione tecnica, uno è l'UNI e l'altro è il CEI. Il CEI si occupa della normazione tecnica in campo elettrico, l'UNI si occupa della normazione tecnica in tutto il resto dello scibile umano. Per riuscire ad avere un'armonizzazione legislativa e di prodotto è stato però necessario creare Enti di normazione tecnica superiori a quelli nazionali. A livello europeo sono nati tre Enti di normazione.
Il CEN, che sarebbe il corrispondente europeo dell'UNI in Italia, il CENELEC, che è il corrispondente europeo del CEI e l’ETSI, che non esiste in Italia, e si occupa di tutta la normazione tecnica nel campo delle telecomunicazioni.
In Italia non esiste il corrispondente perché si occupa di questo direttamente il Ministero delle Poste o il Ministero delle Comunicazioni come si chiama oggi.
Il corrispondente mondiale del CEN e dell'UNI è l'ISO, il corrispondente del CEI e del CENELEC è l'International Electrical Comunity, cioè ILC. Esistono quindi tre livelli di normazione tecnica: uno mondiale, uno europeo ed uno nazionale.
Quando si parla di marcatura CE ci si riferisce a documenti che devono essere analoghi in tutte le Nazioni europee e che devono essere citati sulle
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dichiarazioni CE di conformità dei prodotti. Visto che i prodotti possono circolare in Europa, gli unici documenti che devono essere citati sui prodotti sono i documenti europei.
La norma è un documento prodotto mediante consenso, quindi discusso, votato e accettato dalle parti interessate, da uno degli Enti preposti, che fornisce per usi comuni regole, linee guida o caratteristiche relative a determinate attività o ai loro risultati al fine di ottenere il migliore ordine in un determinato contesto.
Per fare un esempio sull’importanza delle norme, pensate che se non ci fossero le norme tecniche che hanno standardizzato le viti e i bulloni, non saremmo capaci a riparare nulla se non andando dal costruttore.
Tutta la normazione tecnica è sempre di utilizzo volontario, cioè non c'è nessun obbligo ad usare una norma tecnica, a meno che quella norma tecnica sia citata in una legge. Se utilizzo le norme UNI o le norme CEI sono sicuro di costruire a regola d'arte, però se io dovessi usare le norme di un altro Stato per esempio le norme BSI inglesi, i miei prodotti sarebbero a norma lo stesso. Io devo solo dimostrare di aver usato un altro sistema tecnico di altrettanta validità, perché le norme tecniche sono sempre di utilizzo volontaristico.
Invece esiste un vincolo di cogenza, quindi di obbligatorietà nel momento in cui esce una norma tecnica europea nei confronti degli enti di normazione nazionali, cioè se esce una norma tecnica a livello di CEN o di CENELEC entro sei mesi obbligatoriamente tutti gli enti di normazione nazionali devono cancellare le norme tecniche su quell'argomento che esistono e recepire nelle norme nazionali la norma europea; cioè non è possibile che esista sullo stesso argomento una norma nazionale ed una norma europea. Quindi se esce la norma tecnica europea, è solo lei che ha valore, tutte le altre vengono cancellate. Quindi è un obbligo per l'Ente di normazione recepirla, ma non è un obbligo per l'utente usarla, questo deve essere chiaro. Non esistono, invece, obblighi con le norme mondiali, cioè le norme ISO o le norme BEC mondiali in campo elettrico sono norme tecniche che se uno vuole le usa, se non vuole non le usa, ma non c'è obbligo di trasferirle nelle varie normazioni nazionali: per sapere se una norma è una norma europea è necessario leggere se prima del numero ci sono le lettere “EN”.
Un’ultima precisazione. Le norme tecniche armonizzate, che leggiamo su tutti i documenti, sono una cosa ben particolare e ben precisa:
1°- sono norme tecniche che vengono studiate dagli Enti normatori europei in applicazione di disposizioni di legge, quindi sono sempre norme tecniche che servono per applicare una direttiva;
2°- sono norme che vengono elaborate dell'Ente di normazione su richiesta specifica del potere politico europeo, cioè della Commissione. Quindi esiste un preciso mandato, si chiama proprio così, da parte della Commissione Europea all'Ente di normazione di elaborare quella norma;
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3°- queste norme tecniche, dopo che sono state elaborate, ritornano al potere politico che controlla se il contenuto della norma tecnica è allineato al contenuto della legge. Se è così lo pubblica sulla Gazzetta Ufficiale Europea. Le singole Nazioni dovrebbero riprendere sulla Gazzetta Ufficiale Nazionale questo elenco. Quindi norma europea armonizzata è solamente la norma che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Europea, non tutte le norme europee possono prendere questo nome. Anche queste, che sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale Europea, sono comunque di utilizzo volontaristico. Nelle direttive di prodotto si dice sempre che, se il costruttore utilizza una norma armonizzata ha la certezza di aver ottemperato ai requisiti essenziali della direttiva, ma non è obbligato ad usarla. Perché non è obbligato ad usarla? Perché spesso e volentieri la norma tecnica contiene degli errori. Spesso e volentieri gli Stati membri invocano la clausola di salvaguardia, ovverosia chiedono all'Unione Europea di bloccare, di vincolare, togliere dall'elenco o far modificare una norma tecnica perché ritenuta non corretta oppure incompleta.
Intervento
L'UNI recepisce le norme europee trascorso il tempo necessario, solo che le norme europee sono pubblicate in inglese, francese e tedesco. L'UNI poi ha dei tempi di traduzione che vanno anche oltre l'anno. Quando entrano in vigore le norme in Italia? Parlo di norme tecniche.
Ing. Marco Vigone
La normazione tecnica è elaborata nella lingua inglese. Quindi le versioni in lingua francese e in lingua tedesca, le altre due lingue ufficiali, sono traduzioni di norme scritte ufficialmente in inglese fatte prima della pubblicazione della norma in Europa. Visto che spesso e volentieri le traduzioni in francese o in tedesco sono in ritardo, è stato deciso che se le traduzioni in francese e in tedesco non ci sono, la norma viene comunque pubblicata in inglese.
L'obbligo dell'UNI è quello di tradurre in italiano tutte le norme armonizzate, quindi le norme europee armonizzate, cioè quelle sotto mandato devono essere tradotte comunque in italiano. Le altre possono anche non essere tradotte. La validità della norma è data dall'uscita della norma in Europa; quindi quand'anche mancasse la traduzione in italiano, la norma ha comunque la sua validità in Europa.
L'UNI, poiché tutti gli Enti normatori devono recepire le norme entro 6 mesi, ha stabilito che la norma è recepita nel momento in cui c'è la traduzione del titolo in italiano, cioè nel momento in cui il titolo viene pubblicato sul bollettino quindicinale dell'UNI. Quello è il momento in cui la norma è comunque parte integrante del catalogo nazionale.
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E allora in quel momento si può comprare quella in inglese, quella in francese, quella in tedesco, se non esiste la traduzione in italiano.
Intervento
Ho verificato che gli Enti pubblici preposti non hanno in mano le norme tecniche perché non costano poco. L'UNI non potrebbe dare in modo gratuito ai Ministeri, e agli altri Enti preposti, questi norme?
Ing. Marco Vigone
Questa è una battaglia persa perché io l'ho fatta tante volte.
Io ritengo che sarebbe meglio vendere 10 mila norme a 10 lire che non una norma a 100 mila. Poi succede questo, ce n'è una venduta e 10 mila fotocopiate, nonostante il divieto. Quindi lì sfonda una porta aperta. Vorrei però completare il suo ragionamento perché è pericoloso. Se il costruttore non ha dichiarato di avere seguito una norma, il controllo del prodotto non può essere fatto seguendo la norma. Perché altrimenti modifica l'atteggiamento del costruttore. Quindi chi fa vigilanza del mercato deve prendere i requisiti essenziali della legge e andare a vedere se i requisiti sono ottemperati, perché altrimenti compie una forzatura. Cioè il costruttore deve garantire la conformità del prodotto alla legge, non alla norma. La norma può essere usata dal costruttore per attuare la legge, e bisogna dichiararlo.
L'Organo di vigilanza, e quindi il mercato, gli Organismi notificati, devono controllare che la legge sia rispettata, non la norma tecnica, questa è la differenza.
Intervento
Il Ministero attualmente applica ancora la normativa UNI 2500 e UNI 7869 perché non ha le nuove normative.
Ing. Marco Vigone
Non è neanche vero perché poi il Ministero è parte integrante dell'UNI e le norme le ha. Che forse non circolino, questo è un altro paio di maniche.
Dott.ssa Simonetta Diamante
Il problema della disponibilità della norma al Ministero come anche credo alla Camera, è un problema che esiste, nessuno lo nega, ma da qui a dire che addirittura siamo completamente sprovvisti, mi sembra eccessivo, anche perché basta farsi dare una copia ed apporci la dicitura copia per uso interno. Ma è necessario non soltanto disporre della norma in senso cartaceo ma saperla anche leggere, mi corregga ingegnere se sbaglio, perché vero è che il fabbricante deve arrivare a un livello di sicurezza così come meglio crede, seguendo le vie tecniche che a lui sono già date, questa è l'ottica del nuovo approccio, con la libertà di seguire delle tecnologie sempre più avanzate,
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altrimenti verrebbero ad essere ridotti i principi fondamentali di sviluppo tecnologico. Per quanto riguarda la mia Amministrazione ribadisco che c'è effettivamente la difficoltà di disporne materialmente, ma se vogliamo c'è anche la difficoltà di darne un'esatta lettura. Volevo soltanto richiamare la vostra attenzione su questo: quando la Camera richiede ai produttori una documentazione tecnica, e il produttore la fornisce in lingua inglese, francese, o tedesca, è legittimata a chiedere la traduzione in lingua italiana limitatamente alle parti di specifico interesse.
Ing. Marco Vigone
Non è sempre vero che le norme non siano utilizzabili a titolo gratuito, perché spesso sulla Gazzetta ufficiale italiana viene riportato il testo intero delle norme UNI.
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La tutela del consumatore: prodotti conformi alla normativa;
Obblighi del produttore e del distributore; il ruolo attivo del consumatore
Avv. Domenico Romito
Presidente Consulta Giuridica della Federconsumatori
Buongiorno, desidero ringraziare preliminarmente la Camera di Commercio per questa iniziativa.
Mi presento. Sono responsabile della Consulta Giuridica, gli Avvocati della Federconsumatori, che operano nelle azioni di difesa dei diritti dei consumatori.
Il ringraziamento è per l’approfondimento di un argomento, la sicurezza, di cui non si parla molto, e poco in ambito di prevenzione, si dà molto per scontato e per acquisito il dato che la normativa tecnica, correttamente esposta dall'ingegner Vigone, sia pedissequamente osservata da parte delle imprese che si limitano a rendere l’apposita dichiarazione di conformità ed immettono, poi, nel mercato dei prodotti.
Questo sistema basa sulla responsabilità del produttore, cioè una sorta di affidamento nei confronti del produttore e della serietà con cui rispetterà questa normativa.
Il sistema europeo è completamente diverso da quello americano.
Il sistema americano, invece, si basa sulla verifica dei prodotti che, prima di essere immessi nel mercato, devono essere verificati da un ente, una Commissione federale, la NHSA, Ente che si occupa della sicurezza dei prodotti.
Questa scelta del legislatore americano ha portato il sistema americano ad essere particolarmente protetto dall'esistenza di prodotti pericolosi.
A tale riguardo Vi citerò due casi risalenti agli anni '60 restati emblematici nella storia del consumerismo. Il primo è dell'autovettura Chevrolet Convair, che agli inizi degli anni '60 fu oggetto di un'azione da parte di un Avvocato, poi diventato molto famoso, Ralph Nader, che riuscì a dimostrare la pericolosità di questa autovettura a prescindere anche dalla velocità. L’azione che ottenne il ritiro dell’auto, determinò una soglia di attenzione molto elevata e soprattutto preventiva nei confronti dei prodotti pericolosi.
Ma fu possibile anche per la differente impostazione giuridica del common law americano. Negli Stati Uniti infatti non è il consumatore che deve dimostrare che il prodotto è pericoloso, è l'azienda che deve dimostrare di aver realizzato un prodotto assolutamente privo di pericoli per chiunque.
Il secondo caso famoso che risale anch’esso agli anni '60, si riferisce alla FIAT 600 che praticamente ha fornito materia per numerose cause nel corso del tempo per il sistema di apertura dello sportello controvento.
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Praticamente ci sono state schiere di Avvocati dei consumatori e consumatori che si sono arricchiti su queste auto FIAT 600, cause andate avanti fintanto che esistevano FIAT 600 in circolazione.
Dunque, nonostante i costi giudiziari siano più elevati, negli USA è più facile dimostrare la responsabilità del produttore.
La normativa europea è restata invece molto sulla carta.
Può sembrare un’affermazione un po' sopra le righe, ma difficilmente ha fornito uno strumento valido per il consumatore per far valere i propri diritti in sede giudiziaria, cosa che è accaduta pochissime volte.
Il motivo è appunto questo: che il consumatore deve non solo dimostrare l'esistenza del danno ricevuto, ma anche l'esistenza del difetto del prodotto e il nesso eziologico che, appunto, sussiste tra queste due circostanze, cioè il collegamento, il nesso di casualità che esiste tra questi due eventi.
E vi posso assicurare che è cosa particolarmente difficile e che passa anche, e soprattutto, attraverso delle perizie tecniche che sono a carico normalmente della parte attrice, cioè del consumatore.
Questo è uno dei motivi per cui questa normativa difficilmente è stata applicata. Naturalmente vi parlo della normativa dell'88, cioè quella che individua la responsabilità per danno pericoloso. Questo lo stato dell’arte. Si può pensare che anche in Europa ci sarà una maggiore, come posso dire, possibilità nell'accertamento della pericolosità del prodotto di chi agisce e chi chiede, quindi, sostanzialmente che venga accertata la pericolosità di un prodotto, però la situazione è questa.
Resta molto, quindi, da fare e sicuramente fa bene chi richiama l'attenzione del consumatore, perché poi, in realtà, l'espulsione dal mercato di questi prodotti, che sono prodotti che falsano il gioco della concorrenza, e quindi danneggiano non solo il consumatore, ma anche le imprese, è una necessità, che passa attraverso una maggiore presenza del consumatore all'interno del mercato.
Il consumatore è peraltro appena un neonato nel senso che l'ordinamento italiano, soltanto da poco più di tre anni lo ha identificato come soggetto. Oggi si sa quindi chi è il consumatore e di quali diritti dispone e sicuramente, tra i diritti fondamentali del consumatore c'è proprio il diritto alla sicurezza, alla salute e il diritto all’educazione e all’informazione.
Questi due diritti sono ancora da scrivere, perché da un lato raggiungere il consumatore con una qualificata attività informativa è particolarmente oneroso e, dall’altro, l'Unione Europea ha posto tale onere a carico degli Stati membri.
L'articolo 153 del Trattato dice proprio che gli Stati membri devono assicurare - non solo l'articolo 95 dice - un elevato livello di protezione, ma anche devono promuovere gli interessi dei consumatori. Su questo penso che ci sia ancora molto da fare, parecchio cammino e, ripeto, il consumatore stesso non sa neppure di essere titolare di diritti e difficilmente, tra l'altro,
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potrebbe esercitarli questi diritti, non conoscendoli neppure. Quindi il percorso, secondo me, è particolarmente lungo, però la cosa importante è che si stia acquisendo non solo in ambito camerale e quindi nella “casa del mercato”, preferisco chiamarla casa del mercato rispetto a chi, invece, la definisce casa delle imprese.
Io penso che sia più una casa del mercato laddove gli interessi e la difesa di questi è comune, attraverso l'applicazione di regole comuni.
Sicuramente la Camera di Commercio è uno dei luoghi principali che possono svolgere questa attività di informazione e di educazione, però anche il livello dei controlli è un livello di difficile attuazione, anche perché un altro aspetto è quello della mancanza di una sorta di filo rosso che colleghi le varie competenze in tema di regolazione del mercato oggi disperse all'interno di diversi Ministeri, perché se è vero che il Ministero delle Attività Produttive si occupa in modo specifico della normativa, come ha spiegato stamattina la dottoressa Diamante, ci sono una serie di altri Ministeri che si dovrebbero occupare di verifiche: ad esempio per quanto riguarda le autovetture se ne occupa il Ministero dei Trasporti, per gli integratori alimentari o farmaci se ne occupa il Ministero della Sanità. In sostanza per i prodotti che girano all'interno del mercato, ogni Ministero ha un proprio modo di intendere e di applicare poi la normativa riguardante anche la sicurezza.
Vi cito, per quanto riguarda il caso dei prodotti apparecchi elettromedicali, che, per esempio, sono tali quando è il produttore che li definisce come tali, per cui praticamente due apparecchi identici, possono essere trattati in modo differente.
Vi faccio l’esempio di prodotti che adesso sono molto diffusi, soprattutto le televendite sono piene di questi prodotti, e un po' per la verità sono stati tolti dalla circolazione perché non rispettavano la normativa in tema di pubblicità. Gli elettrostimolatori ad esempio, due identici prodotti: uno che viene dichiarato con caratteristiche elettromedicali, quindi che ha uno scopo terapeutico, un altro no perché il produttore non l'ha dichiarato come tale. Risultato: il primo può fare la pubblicità che crede, quindi praticamente dire di tutto e di più, salvo poi naturalmente violare la normativa sulla pubblicità ingannevole, e l'altro, invece, che lo ha dichiarato prodotto elettromedicale non può promuovere il prodotto se non attraverso una verifica preventiva da parte del Ministero della Salute.
Cosa accade? Che la stessa promozione pubblicitaria venga considerata ingannevole da parte dell'Autorità Garante e non da parte del Ministero che l'ha, invece, ritenuta perfettamente idonea e quindi l'ha anche autorizzata.
E’ un caso che evidenzia l’inadeguatezza dell’attuale sistema.
Sempre a proposito dei controlli, quando accade un incidente purtroppo, e quindi ci sono dei feriti, c'è ancora un altro soggetto che si preoccupa di
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registrare questi dati e di accertare per esempio se un determinato veicolo resta coinvolto in incidenti analoghi.
Purtroppo non è così in quanto questo tipo di verifiche rimane chiuso nel carteggio penale, se c'è un carteggio penale, se c'è una situazione di danni alla persona e quant'altro, cioè nessuno va a fare una verifica per collegare questi fatti tra loro e capire: vediamo, dipende da un prodotto che è un prodotto difettoso, un prodotto pericoloso, per esempio macchine che hanno dei battistrada che non funzionano.
Questo non succede e comunque la normativa prevede che queste verifiche vengano fatte attraverso una sorta di rilevazione delle cause degli incidenti; cause di incidenti che poi sono rimesse un po' alla contingenza del momento. Il risultato è che l'ISTAT, l'organismo che si occupa di fare questo monitoraggio, solo nello 0,36% dei casi attribuisce la causa dell'evento, e quindi dell'incidente stradale, alla difettosità del prodotto.
Però, attenzione, nella difettosità del prodotto rientra anche la possibilità che quel prodotto sia reso difettoso da una mancanza di manutenzione; quindi risalire praticamente alla pericolosità del prodotto in sé diventa praticamente impossibile, a parte il fatto che poi comunque questi dati rimangono confinati a questa situazione di carattere generale, nella quale non vengono messi in evidenza i veicoli coinvolti e la causa particolare, per es. l'impianto frenante anziché l’airbag che non funzionano, cose di questo genere. Quindi, voglio dire, anche per quanto riguarda l'incidente domestico, l'eventuale denuncia .. il frullatore che non funziona e che quindi è scoppiato (come è successo, purtroppo, di frullatori che sono scoppiati, per cattivo funzionamento) .. dovrebbe l'ASL poi fare delle segnalazioni per dire: attenzione.
In buona sostanza, quello che sto cercando di dire è che manca un organismo che abbia delle antenne sul territorio e che poi faccia ogni possibile segnalazione o intervento.
Faccio una proposta, siamo in una Camera di Commercio. E’ proprio la Camera di Commercio, che dovrebbe rilevare e coordinare quest’attività perché altrimenti, voglio dire, questo tipo di notizie rimangono assolutamente circoscritte, ripeto, all'interno delle carte dei singoli processi. Anche la stessa normativa prevede delle sanzioni nei confronti di chi immette nel mercato dei prodotti difettosi. Ma è una sanzione piuttosto modesta, di tipo amministrativo che colpisce il produttore o il distributore che omette di fornire agli organi di controllo le informazioni richieste dalla norma dell'articolo 6, comma 3, con importi da 1 a 6 milioni di lire.
Sotto l'aspetto penale, invece, salvo che il caso non costituisca più grave reato, il produttore che immette sul mercato prodotti pericolosi, ovvero che non ottempera ai provvedimenti emanati a norma dell'articolo 6, comma 3, ecc., è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno, oppure con l'ammenda da 5 a 30 milioni.
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Questo è tutto quello che praticamente il produttore può rischiare per quanto riguarda il nostro ordinamento. Probabilmente per questo i casi più importanti di prodotti pericolosi ritirati dal commercio avvengono negli Stati Uniti. L’ultimo riguarda il battistrada della Bridgestone pericoloso perché praticamente scoppiava improvvisamente, l'hanno scoperto negli Stati Uniti e hanno ritirato dal mercato tutti i battistrada di quel tipo.
In Europa, il sistema è quello dei richiami, cioè praticamente il produttore che vigila e verifica l'autovettura o il prodotto se si accorge che effettivamente è pericoloso, fa una campagna di richiamo, e quindi pubblica su riviste e giornali la notizia dicendo: “chi ha acquistato questo prodotto è pregato di mettersi in contatto con l'assistenza perché ci sono dei problemi”. Chiaramente lo fa anche per un altro scopo, oltre che per correttezza nei confronti dei propri consumatori, anche per evitare che le conseguenze dannose possano essergli addebitate.
C'è stato un caso di recente che ha visto opposti consumatori e impresa, si trattava praticamente della LANCIA, e ha riguardato un prodotto, la Lancia Dedra, che si è accertato in sede giudiziaria addirittura difettoso per quanto riguarda l’immissione di gas all’interno dell'autovettura.
Questo però la FIAT lo sapeva, perché è stato acquisito agli atti del processo che praticamente la scelta era stata invece quella di tranquillizzare la clientela e di dire che, tutto sommato, non era un grande problema e che riguardava quantità minimali di gas di scarico che si potevano anche sopportare. Questo è quanto accade.
Volevo aggiungere a questo proposito che la 281, che è la legge quadro dei diritti dei consumatori prevede strumenti importanti per gli stessi consumatori e le loro Associazioni (un caso veramente eccezionale), per agire autonomamente in giudizio.
Questo è l'unico caso nel nostro ordinamento in cui un soggetto, che non è direttamente titolare del diritto, può agire per far valere un diritto collettivo. Dunque le Associazioni dei consumatori possono inibire al produttore determinati comportamenti in violazione di questi diritti fondamentali (sicurezza e salute). L'Associazione dei consumatori, dopo avere diffidato l'azienda a continuare nella diffusione di quel determinato prodotto, può intraprendere un'azione giudiziaria.
Questa azione giudiziaria poi ha ad oggetto il ritiro di quel prodotto dal mercato, quindi l'effetto finale è questo qui. Il caso che vi citavo prima appunto è il frutto di un'azione inibitoria in base alla 281 del '98. Le Associazioni dei consumatori adesso oggettivamente dispongono di strumenti validi e che potrebbero, in astratto, consentire la difesa di questi diritti.
Si tratta appunto adesso di vedere se sono in grado, se hanno i mezzi appunto per poter attuare questo tipo di difesa.
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Intervento
Una domanda al dott. Romito, che citava prima l'airbag: a seguito di incidente stradale un airbag non si aziona. L'utente che cosa può fare?
Avv. Domenico Romito
Dicevo prima, comincia un percorso abbastanza in salita, che coinvolge intanto il costruttore che ha prodotto il veicolo del quale fa parte questo dispositivo di sicurezza.
Intervento
Può darsi che l'airbag non sia fatto dal costruttore dell’automobile (es. la BMW).
Avv. Domenico Romito
Io ho acquistato la BMW, non ho acquistato l'airbag, quindi praticamente è il produttore quello che risponde di qualsiasi componente interna del mezzo che possa presentare dei difetti di sicurezza. Quindi, dicevo, se succede una cosa di questo genere devo agire nei confronti del produttore, ho l'onere di dimostrare che quell'airbag non è scattato nonostante il fatto che la velocità fosse piuttosto elevata (tale cioè, in base anche a quelle che sono le specifiche tecniche dell'airbag, da consentirne l'apertura), e tutta una serie di altre questioni fintantoché riesco poi a dimostrare anche che se ho subito un danno questo danno sia collegato direttamente alla mancata apertura dell'airbag. Quindi questi sono gli aspetti che, detti così in due parole, possono sembrare abbastanza semplici ma vi posso assicurare che non sono affatto semplici. Non so se sono stato chiaro.
Intervento
Quindi l'onere della prova spetta al consumatore.
Avv. Domenico Romito
L'onere della prova spetta al consumatore.
Intervento
Quale garanzia bisogna offrire?
Avv. Domenico Romito
Per quanto riguarda la garanzia, bisogna distinguere il discorso della conformità del prodotto rispetto a quello della pericolosità del prodotto, sono cose ben diverse. Cioè, nel momento in cui il prodotto viene venduto e presenta un difetto di conformità rispetto al modello che il produttore ha presentato, e quindi si dovrebbe accendere e invece non si accende - le faccio un esempio stupido qualunque - io posso agire entro due anni
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dall'acquisto, entro 2 mesi dal momento in cui scopro l'esistenza di questo vizio. Questa garanzia riguarda la conformità del prodotto, non la pericolosità del prodotto. Qui parliamo invece dell'aspetto del prodotto pericoloso e quindi in grado di arrecare danni alla sicurezza del consumatore, e quindi il caso del frullino che esplode, o l'airbag che non si apre e quant'altro. Sono due cose completamente diverse.
Tra l'altro la normativa, la 24 del 2002, ha esteso a due anni la garanzia del post vendita, mentre in passato la garanzia era quella legale, era soltanto di un anno; quindi è stata notevolmente ampliata la possibilità di far valere il difetto e quindi la non conformità però al prodotto.
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La normativa tecnica: la conformità delle direttive; le procedure di valutazione della conformità; gli organismi notificati; la marcatura CE; le responsabilità
Ing. Marco Vigone
Presidente Commissione Sicurezza UNI
Continuiamo il discorso di questa mattina e vediamo quali sono i contenuti che le direttive devono avere, e qual è il rapporto fra le singole direttive.
Innanzitutto mi sono dimenticato stamattina di spiegarvi la differenza fra le direttive di nuovo approccio e quelle di vecchio approccio. Per esempio la direttiva sulla bassa tensione, che è stata emessa nel lontano 1973, e credo sia stata la prima direttiva da prodotto in assoluto, è stata emessa nel '73 e si chiama 73/23, quindi il numero della direttiva è la numero 23 del 1973, direttiva di vecchio approccio. Perché? Perché nei requisiti tecnici delle direttive di vecchio approccio c'erano le specifiche tecniche precise, cioè il prodotto doveva essere fatto così. Quelle di nuovo approccio, invece, danno delle linee guida, danno le indicazioni di come si vorrebbe che un prodotto fosse, ma non forniscono la soluzione da adottare. La soluzione la deve trovare il costruttore.
Certamente il nuovo approccio è più difficile per il costruttore, per questo ci sono le norme tecniche che cercano di aiutarlo.
Esiste un libro blu della Commissione sul nuovo approccio dove sono spiegate tutte queste cose ed esiste un sito della Commissione dell'Unione Europea proprio su questo settore che si chiama WWW.NEWAPPROACH.ORG. Sul sito si trovano: la legislazione di prodotto, le norme armonizzate già pubblicate prodotto per prodotto, i testi di spiegazione.
Quindi, tornando alle direttive, l’armonizzazione si limita ai requisiti essenziali. Per esempio la direttiva sulla sicurezza del giocattolo ha i requisiti di sicurezza del giocattolo. Se il giocattolo ha un motore elettrico o ha un radiocomando, nell'ambito della direttiva giocattoli la funzione di "conformità" elettromagnetica non è compresa perché non fa parte della direttiva giocattoli.
Allora il giocattolo dovrà soggiacere, visto che esiste, ad un'altra direttiva sulle onde radio. E, quindi, il giocattolo dovrà ottemperare quantomeno a due direttive. Poi se ha dei pezzi che si muovono perché ha un motorino, è soggetto anche alla direttiva macchine. Quindi il costruttore deve andare a leggere tutte le definizioni delle direttive per verificare se il suo prodotto rientra oppure no nel campo di applicazione. Però per ogni singola direttiva l'armonizzazione è prevista solo sui requisiti che ci sono in quella direttiva. Solo i prodotti che rispettano i requisiti essenziali possono essere immessi sul mercato e messi in servizio. Le norme armonizzate, come abbiamo detto,
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pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, sono norme di utilizzo volontaristico che però mi garantiscono la conformità ai corrispondenti requisiti essenziali che loro interpretano. I fabbricanti possono scegliere fra le varie procedure di valutazione della conformità che sono previste in ogni singola direttiva.
E’ necessario prendere ogni singola direttiva per individuare quali sono le procedure di attuazione previste. Tali procedure si differenziano sulla base delle fasi di sviluppo del prodotto prese in considerazione, ovverosia progettazione, prototipo, produzione intera e sul tipo di valutazione effettuata.
In alcuni casi il produttore stesso è il responsabile della valutazione. Facciamo un esempio. Gli occhiali da sole vengono considerati DPI di categoria 1 e quindi la valutazione della conformità è sotto la responsabilità del fabbricante, e non deve intervenire - per quelli da sole - un Organismo terzo per controllare quello che ha dichiarato il fabbricante. E' lui che sotto la sua responsabilità li immette sul mercato dichiarando di avere seguito le disposizioni della direttiva. Se invece la lente dell'occhiale fosse quella per proteggere dalle radiazioni di una saldatura, gli occhiali diventerebbero dispositivi di protezione di categoria 2, e allora dovrebbe intervenire un Organismo per controllare il prototipo.
Questo secondo tipo di valutazione è chiamato l'esame del tipo, perché il prototipo è controllato da terzi, mentre il controllo della produzione viene fatto unilateralmente dal costruttore. Un altro modo di valutare la conformità è l’esame della macchina, cioè del tipo, del prodotto, o della progettazione del prodotto da parte di un ente terzo, e poi l’approvazione del prodotto, del sistema di garanzia della qualità, impostato dal costruttore, o verifica del prodotto costruito da parte di un terzo. Quindi posso avere l'esame del prodotto o della sua progettazione da parte di un'organizzazione, esame continuo o del prodotto o del sistema di gestione della qualità, cioè del modo di produrre, da parte dello stesso Organismo. Oppure posso costruire un unico esemplare del prodotto e poi venderlo. In questo caso la procedura è diversa per ogni direttiva ma sostanzialmente consiste in una verifica sul prodotto unico sia in fase di progettazione sia di fabbricazione.
L'ultimo elemento su cui si basa questa valutazione di conformità è proprio l'approvazione da parte di un terzo del sistema di garanzia della totale qualità del sistema di produrre. L'Organismo che interviene verifica il modo di progettare, di costruire, di collaudare, di vendere, di fare assistenza postvendita e alla fine rilascia l'autorizzazione, e poi continua periodicamente a controllare che il sistema di gestione della qualità sia mantenuto nei termini che erano stati autorizzati. La verifica della conformità è molto articolata a livello europeo. Ci sono momenti in cui la sorveglianza di Enti terzi, cioè dell’Ente certificatore, è molto pesante, e va ben oltre la definizione e l'approvazione del prodotto.
Ritorniamo agli elementi fondamentali delle legislazioni europee.
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Il primo di questi è il campo di applicazione, che definisce il prodotto, la serie di prodotti a cui la direttiva si riferisce che non può dar luogo a interpretazioni. Se non esiste una direttiva specifica il prodotto rientra nel campo di applicazione della direttiva generale sulla sicurezza dei prodotti, perché quella è la direttiva orizzontale di sicurezza dei prodotti.
Se esiste una direttiva specifica su un prodotto non è applicabile la direttiva generale, perché la direttiva specifica contiene tutti gli elementi che consentono di vendere quella macchina sul territorio europeo secondo le condizioni che l'Europa vuole.
Se, viceversa, più direttive sono applicabili allo stesso prodotto, queste devono essere applicate.
Il secondo elemento inserito nelle direttive è l’immissione nel mercato e la messa in servizio. E’ necessario che all'interno delle direttive ci siano le modalità e i contenuti dell’immissione, cioè cosa si intende con immissione e con messa in servizio. Con un bene di tipo industriale, dove magari è necessario un montaggio, si considera l'immissione sul mercato quando la macchina è montata.
Il terzo elemento è costituito dai requisiti essenziali, per cui ogni direttiva deve contenere negli allegati quelle che sono le regole che il costruttore deve rispettare, per immettere sul mercato il bene, per marcarlo CE. Tali requisiti, normalmente quindi sono elencati nell’allegato 1 delle direttive e dei recepimenti italiani che non possono essere modificati e sono uguali in tutti i Paesi dello Spazio economico europeo.
Le direttive devono anche contenere, quarto elemento, le indicazioni della libera circolazione di merci sul territorio comunitario.
Il quinto elemento è la presunzione di conformità alle norme tecniche di cui abbiamo già parlato.
Il sesto sono le clausole di salvaguardia: cioè deve essere specificato all'interno delle direttive quali sono le modalità per i singoli Stati di adottare le misure necessarie per vietare o limitare l'immissione nel mercato di prodotti che hanno la marcatura CE, oppure per ritirarli dal mercato quando ritengono che l'utilizzo di questi prodotti possa compromettere la sicurezza delle persone o degli interessi. Nel momento in cui scatta questo tipo di situazione, lo Stato deve comunicarlo immediatamente a livello europeo, alla Commissione e a tutti gli altri Stati, perché ovviamente questa è una limitazione della circolazione delle merci. In questo momento, soltanto per le direttive DPI e macchine, ci sono 70 clausole di salvaguardia in corso che devono essere decise. Fin quando non saranno decise, lo Stato non può vietare la vendita del prodotto.
Il settimo elemento è la valutazione di conformità. Ogni direttiva deve contenere le modalità, le procedure che il costruttore deve seguire per valutare se il suo bene è o non è conforme ai famosi requisiti essenziali in
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modo tale da poter poi mettere la marcatura CE e applicare la relativa procedura.
L’ottavo elemento è il riferimento agli Organismi notificati. Nell'ambito di ogni direttiva deve esserci scritto qual è il compito degli Organismi notificati, come devono intervenire nell’ambito di quella direttiva. L’attività di un Organismo notificato ha valenza su tutto il territorio europeo.
E' chiaro che sui prodotti di largo consumo, nel momento in cui il CE è messo su uno stampo di materie plastiche, non appena ho costruito la carcassa del prodotto, il CE l'ho di sopra, però il filo logico di questo simbolo è che non posso mettere quel simbolo fintantoché io non ho rispettato tutte le procedure. Quindi il simbolo CE è l'unico che garantisce il consumatore e l'utilizzatore finale che quel prodotto dovrebbe rispettare le disposizioni di legge. Il simbolo CE è sempre messo dal fabbricante e mai dall'Ente terzo. L'Ente terzo controlla il prodotto, ma il simbolo CE e la dichiarazione CE di conformità sono sempre firmate dal costruttore, facendo riferimento agli atti dell'Organismo. Per cui è sempre e solo lui che ha la responsabilità della marcatura CE e della dichiarazione che quel prodotto è conforme. Questo conferma quello che si diceva a proposito della differenza fra marchio e marcatura.
Spesso e volentieri il marchio riporta il simbolo dell'Ente che ha fatto la verifica. Il simbolo CE no, perché quello è posto comunque e sempre dal costruttore.
Ribadendo quanto già detto il marchio è la corrispondenza ad una norma tecnica; la marcatura è la corrispondenza ad una legge. Può succedere che venga chiesto a un Ente di marchiatura, cioè ad un Ente di controllo sulla norma tecnica, di apporre il marchio su un prodotto per il quale non esiste la norma tecnica di riferimento, perché magari il prodotto è talmente innovativo che non è ancora normato. In tal caso l’Ente non può apporre il marchio perché non c'è la norma tecnica di riferimento.
Pertanto, se la norma tecnica fosse cogente, in questi casi si bloccherebbe il mercato e l'evoluzione tecnologica dei prodotti e tutto il venduto sarebbe sempre e solo allineato ad una norma tecnica. Questo sarebbe impensabile e improponibile. Specialmente poi se si pensa che una norma tecnica impiega come minimo tre anni ad uscire, usualmente dai 5 agli 8.
E’ impensabile che in 5 anni non ci sia un'evoluzione tecnologica, che qualcuno non inventi un prodotto che non è contenuto in quella norma. Dall’esigenza di tutelare questa possibilità nasce la differenza tra marchio e marcatura. Anche nell'ambito legislativo si è cercato di riprendere questa impostazione. Infatti mentre il vecchio approccio chiedeva di rispettare regole precise, eliminando tutta l’evoluzione tecnologica, il nuovo approccio ponendo dei requisiti essenziali di principio non specificatamente tecnici, supera questa impostazione.
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Se una direttiva di prodotto relativa ai giocattoli impone che ogni pezzo di un giocattolo indicato per bambini con meno di 3 anni non deve essere ingoiabile, non blocca l’evoluzione tecnologica del giocattolo. Il principio che deve essere rispettato è che ogni suo pezzo non deve essere ingoiabile da un bambino che ha meno di tre anni, però si possono inventare tutti i giocattoli che si vuole, purché tutti i componenti di quel giocattolo rispettino quel principio.
Se il costruttore fosse serio la marcatura mi garantirebbe che i beni marcati CE sono rispettosi dei requisiti essenziali delle direttive di riferimento che non sono i requisiti minimi, ma sono gli obiettivi che, se raggiunti, garantiscono il massimo della sicurezza. Purtroppo è sotto gli occhi di tutti la quantità di giocattoli che arrivano da Paesi extra europei marcati CE ma non conformi alla direttiva giocattoli. Quindi non è sempre vero che la marcatura è una garanzia di sicurezza.
Da qui deriva la grande necessità della sorveglianza del mercato e il problema delle sanzioni commisurate al danno che tali prodotti non conformi, ma marcati CE, possono arrecare.
Per ritornare al discorso delle sanzioni, nessuna direttiva europea contiene sanzioni, perché al momento non esiste uniformità nei sistemi giudiziari in Europa. Per cui l'unica cosa che può variare nel recepimento delle direttive all’interno degli Stati, sono le sanzioni.
In Italia per esempio è molto sviluppato il sistema penale, mentre in altri Paesi è molto sviluppato quello amministrativo, cioè le multe. Attualmente la Commissione e il Consiglio dei Ministri, quando modificano direttive di questo genere, introducono un riferimento alle sanzioni con queste parole: “che devono essere rapportate all'evento lesivo che può causare la non ottemperanza e devono essere dissuasive”.
Se uno Stato membro o la Commissione si accorgono che una norma tecnica armonizzata ha qualche stortura all'interno, intervengono portando il problema all’attenzione del Comitato istituito nell’ambito della direttiva 98/34 sulla normazione, modificata.
Se la Corte di Giustizia stabilisce che ha ragione la Commissione, lo Stato è costretto a cambiare la legge.
Nel caso lo Stato sia dichiarato inadempiente è costretto a pagare multe salatissime.
Per concludere il discorso di carattere generale, le direttive di nuovo approccio sono direttive di armonizzazione totale, nel senso che tutto quello che è scritto deve essere rispettato. Quindi le disposizioni in esse contenute prevalgono su tutte le disposizioni nazionali corrispondenti su quell'argomento. E' chiaro che i requisiti essenziali fissati nelle singole direttive, possono sovrapporsi e integrarsi.
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Intervento
C'è la direttiva macchine ...
Ing. Marco Vigone
La Commissione e il Parlamento europeo, in occasione dell’elaborazione della nuova direttiva macchine, si sono espressi a favore di un atteggiamento diverso nell’applicazione delle direttive nuovo approccio. La proposta è di richiedere al costruttore per prima cosa l’analisi dei rischi. Se la macchina non presenta rischi, la direttiva non deve essere applicata, ma può apporre comunque la marcatura CE. Se dovesse essere approvata tale impostazione sarebbe necessario potenziare il controllo del mercato poiché il rischio che costruttori poco seri immettano sul mercato macchine pericolose sarebbe molto alto.
Al momento, semplificando molto, per macchina si intende qualunque cosa che è composta almeno di due pezzi, uno dei quali si può muovere e l’insieme serve a fare qualche cosa. Se per far muovere uno di quei due pezzi devo usare la forza allora non è più una macchina. Se non fosse stata fatta quell'esclusione, le forbici sarebbero state una macchina, perché sono fatte di due pezzi di cui almeno uno si muove e servono per fare qualcosa. L'orologio è certamente una macchina, perché ha più di due pezzi, più di uno si muove e serve a segnare l'ora, e non è nelle esclusioni, perché l'orologio non funziona con la forza umana, ha una molla dentro o una batteria, per cui chiaramente è una macchina, anche se rischi non ne ha.
Anche un videoregistratore oggi rientra nella definizione di macchina come pure una telecamera. Queste però sono storture ed è per evitarle che la Commissione e il Parlamento suggeriscono di cambiare impostazione. Il discorso può essere molto pericoloso se applicato a macchine solo apparentemente senza rischi.
Prendiamo il compressore della strada, silenziato, tutto carenato, tutto chiuso. Il costruttore può dichiarare che non presenta rischi, perché è tutto chiuso, non si può toccare niente e non ci si può fare male. Ma un rischio esiste. Se scoppia il serbatoio il compressore salta in aria. Quindi se dovesse essere approvata l’impostazione che non prevede la verifica dell'analisi dei rischi da parte di qualcuno, il livello di sicurezza dei prodotti si abbasserebbe notevolmente.
In funzione dell'analisi dei rischi il costruttore deve decidere quali direttive deve applicare, perché alcuni rischi possono essere previsti da una direttiva, altri da un'altra. Il costruttore però non deve rilasciare 25 dichiarazioni di conformità se sono 25 le direttive che lui deve applicare. Ne rilascia una all'interno della quale cita tutte le 25 direttive. La dichiarazione di conformità è una e su quella il costruttore deve dichiarare che il prodotto è conforme a tutte le direttive applicabili a quel prodotto.
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Il prodotto può essere immesso sul mercato soltanto se rispetta, se è conforme alle disposizioni di tutte le direttive applicabili. La direttiva generale di prodotto si applica laddove non esista la direttiva speciale, questo è chiaro. E' ovvio che queste direttive garantiscono la sicurezza del prodotto, perché così sono state costruite dal legislatore, nell'ambito di un utilizzo normale e corretto del prodotto stesso o con l'utilizzo prevedibile.
Il problema, però, è che se si considera soltanto un utilizzo normale del prodotto, e non quello potenzialmente prevedibile, si rischia di apporre una marcatura CE su un prodotto non conforme e avere poi problemi con chi si occupa di salvaguardare il mercato, o subire cause civili per richieste di danni o addirittura cause penali nel momento in cui l'evento fosse lesivo con feriti, morti.
Ing. Marco Vigone
Vediamo allora le procedure di valutazione di conformità. E' stata emanata una direttiva apposita che descrive le otto possibilità (moduli) di valutazione della conformità e le loro combinazioni. Ogni direttiva però deve espressamente scrivere al proprio interno quale possibilità di valutazione può essere applicata. La direttiva sugli apparecchi a pressione, per esempio, prevede tutti e 8 i moduli, ma a seconda del tipo di prodotto o di categoria di prodotto, si potranno utilizzare alcuni moduli e non altri. Il fabbricante non è obbligato a usare il modulo più basso anche se è quello che deve garantire. Può scegliere anche di usare uno degli altri. Esempio del perché c'è scritto questo. E' evidente che se tra i moduli di valutazione di conformità è prevista sia la garanzia totale della qualità del prodotto, sia il controllo del prodotto, e il fabbricante ha in produzione 500 tipi di prodotti diversi che rientrano nel campo di applicazione di qualche direttiva, questi sceglierà il livello più alto, ossia la garanzia totale della qualità del prodotto perché altrimenti dovrebbe fare 500 certificazioni di prodotto, con dei costi folli.
In questo caso se l’industria produce tanti tipi diversi di prodotto ha convenienza ad utilizzare il più alto grado di valutazione, quello della gestione totale della qualità, e quindi certificare il sistema di produzione di quel prodotto sul massimo modulo di valutazione perché gli costa meno.
Il primo modulo di valutazione della conformità, il più semplice, si chiama A e prevede il controllo di fabbricazione interno. Questo modulo di fabbricazione interno riguarda la progettazione e il controllo di fabbricazione all'interno dello stabilimento, non richiede l'intervento di un’organizzazione terza e, quindi, è l'unico modulo che esiste fra gli otto che è a totale carico del costruttore. Quindi per tutti i prodotti che sono dichiarati di questo tipo nell'ambito delle direttive di prodotto, la responsabilità della marcatura è solo e sempre del fabbricante.
Il modulo B che è l'esame CE del tipo, è quello che riguarda sia la fase di progettazione sia quella di produzione, e deve intervenire un Organismo
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terzo, fermo restando che la marcatura CE e la dichiarazione CE di conformità sono firmate dal fabbricante. L'Organismo terzo rilascia un attestato di conformità che deve essere citato nella dichiarazione CE di conformità dal costruttore.
In questo caso l'Organismo deve controllare tutte le fasi progettuali e il fascicolo tecnico, i disegni, il materiale e poi collaudare il prodotto.
Il modulo C, conformità al tipo, riguarda la fabbricazione, quindi deve essere collegato, laddove richiesto dalla direttiva, al modulo B, nel senso che sancisce la conformità del prodotto al prototipo che è stato omologato.
Il modulo D garantisce la qualità in produzione, quindi in questo caso si riferisce alla fabbricazione ed è di nuovo collegato al modulo B e necessita dell’intervento di un Organismo notificato ossia un’organizzazione cogente. La certificazione della qualità di prodotto è diversa da quella di sistema. Ecco perché le aziende certificate secondo le ISO 9000 o la nuova serie 2000 non sono automaticamente certificate anche sulla qualità di prodotto. Nell'ambito di un modulo D, E, F, H ……………… la Commissione che accredita il sistema di gestione della qualità del prodotto, non può essere composta solo da sistemisti, ovverosia di esperti di sistema, com'è oggi, ma deve esserci anche l'esperto del prodotto della tecnologia di produzione. Allora è solo in quel modo che il sistema di gestione della qualità tocca il prodotto, perché altrimenti diventerebbe una pura e semplice autorizzazione burocratica e cartacea.
Come conseguenza o le società di certificazione volontarie diventano Organismi notificati, o il sistema di certificazione volontario morirà, quantomeno per i settori di questo tipo, perché nessuna azienda vorrà avere doppia vigilanza sul sistema di qualità, uno per legge e l'altro volontario.
Quindi applicando il modulo D l'Organismo notificato deve controllare e approvare il sistema di qualità istituito dal fabbricante per la fabbricazione, e poi effettuare ispezioni del prodotto finale attraverso prove di controllo e di collaudo. Con il modulo E siamo di nuovo nel campo della garanzia della qualità del prodotto, sulla base però della vecchia ISO 9003. Si tratta della più bassa delle certificazioni dei sistemi di qualità, quella soltanto del sistema di controllo finale di produzione. In questo caso l'Organismo deve approvare e controllare il sistema istituito dal fabbricante per l'istruzione del prodotto finale e delle prove di collaudo.
Con il modulo F si ha la verifica sul prodotto, ed è di nuovo un modulo che si collega al modulo B: l'Organismo controlla la conformità al tipo certificato nel modulo B, e rilascia un attestato di conformità. Quindi controlla che il prodotto costruito sia conforme al prodotto che lui aveva autorizzato a costruire. In questo caso si ha una forma di sorveglianza del mercato perché, prima di uscire, il prodotto deve essere in parte o statisticamente controllato. Esiste infine il modulo H che è quello della qualità totale dove l’Organismo verifica tutto dalla progettazione alla verifica finale.
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In sintesi i moduli sulla progettazione sono: A, D, G e H, tutti gli altri sono sulla fabbricazione. Al termine di queste procedure è possibile apporre la marcatura CE con il simbolo grafico a tutti noto.
In alcuni casi, specialmente sul controllo della gestione del sistema qualità, le direttive richiedono che dietro al simbolo ci sia il numero dell'Organismo che fa la vigilanza del sistema, non di quello che ha approvato il sistema.
Chi sono gli Organismi? Gli Organismi intervengono in alcune di queste procedure di valutazione e sono enti terzi. Gli Organismi notificati svolgono funzioni di interesse pubblico, e pertanto rispondono all'Autorità nazionale competente.
L'Organismo notificato deve essere un'organizzazione che interviene serenamente per controllare l’attività di un’azienda e in questo caso non dovrebbe svolgere attività di consulenza presso la stessa azienda.
Allora, per essere notificato un Organismo deve essere un'entità giuridica strutturata, deve essere costituita da un'organizzazione dotata di strumenti, attrezzature, ecc.. E’ un'entità giuridica che può operare nei Paesi della Comunità Europea e nei 4 Paesi dell'Efta, rientra nella giurisdizione dello Stato nel quale ha la propria sede e dovrebbe essere totalmente indipendente. Inoltre gli Organismi notificati sono tenuti al segreto professionale e alla imparzialità rispetto alle persone direttamente o indirettamente interessate al prodotto. Quindi, non possono essere il progettista, non possono essere il fabbricante, non possono essere un rappresentante autorizzato dal fabbricante, ecc. ecc.. A questo proposito sarebbe bello andare a vedere gli azionisti di queste società prima di dare loro le notifiche, perché spesso e volentieri sono società a lato di Associazioni di categoria, quindi l'indipendenza a questo punto diventa un po' difficile.
Intervento
Se ne può parlare?
Ing. Marco Vigone
Bisognerebbe forse avere anche l'assetto societario per capire chi ci sta dietro. Non faccio nomi perché non si fanno mai. Dovrebbe esserci competenza tecnica del personale, quindi non è detto che tu hai 50 persone e sei bravo, bisogna vedere se quelle 50 persone sono capaci a fare quel tipo di mestiere, se sono esperte nel prodotto che devi andare a certificare o controllare. Non è da poco il discorso della segretezza, perché un Organismo va a casa di tutti i concorrenti fra loro. Quindi il discorso di mantenere a casa tua quello che hai visto a casa dell'altro è fondamentale, proprio perché, vi dicevo prima, la legge non mi dà delle indicazioni fisse e precise per cui l'evoluzione tecnologica qui esiste. Quindi certe soluzioni di sicurezza possono essere risolte in un certo modo da uno, in un altro modo dall'altro, uno magari con più sicurezza e meno costo, l'altro invece con pari sicurezza
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ma con costi più elevati. Per cui nel momento in cui tu vedi le due soluzioni se incominci a fare circolare le notizie, non è una grande bella cosa. Per cui segretezza totale su quello che devi fare, e ovviamente la sottoscrizione di una polizza di responsabilità civile che garantisca, per eventuali problemi che possono essere causati da una certificazione sbagliata.
L’Organismo notificato si chiama così perché, dopo aver ricevuto l’autorizzazione a certificare dal Ministero competente questo notifica, quindi comunica a Bruxelles, alla Commissione e agli altri Stati, che ha autorizzato quell'organizzazione a fare quel tipo di lavoro. Il numero identificativo che alcune direttive richiedono dietro al CE, viene rilasciato da Bruxelles. Quindi l'elenco e la codifica degli Organismi notificati è fatto a Bruxelles. L'Organismo può offrire il proprio servizio a qualsiasi operatore economico, in qualunque parte del mondo. Perché se un produttore di un Paese terzo vuole vendere in Europa un prodotto che ricade sotto la vigilanza di un Organismo notificato, deve farlo controllare da un Organismo notificato europeo.
Esistono delle eccezioni. Gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone, la Nuova Zelanda, l'Australia e la Svizzera hanno sottoscritto con la Comunità europea un accordo di reciprocità in base al quale i laboratori americani, giapponesi, ecc. sono autorizzati a controllare l’applicazione delle leggi europee così come i laboratori europei possono controllare l’applicazione delle leggi dei Paesi partners nell’accordo.
Se un Organismo ritiene non conforme un prodotto, deve adempiere ad alcune procedure, diverse nell'ambito delle singole direttive, che generalmente implicano la modifica del prodotto.
Nel caso il produttore rifiuti di adempiere alle modifiche suggerite dall’Organismo e questo sia costretto a rifiutare la certificazione ha il dovere di segnalare la cosa al Ministero competente e a tutti gli altri Organismi notificati.
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Analisi scheda sicurezza generale prodotti
Dott.ssa Simonetta Diamante
Funzionario presso il Ministero Attività produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore.
Volevo fare alcune precisazioni cui avevo già fatto cenno, anche per rispondere a qualche domanda che era stata lasciata in sospeso, cercherò di essere comunque sintetica. L'ingegnere ha parlato molto a lungo in modo molto interessante di tutta quella che è la responsabilità del produttore, di quello che è tenuto a fare. A questo riguardo volevo dire che il produttore decide di sottoporre, di mettere sul mercato un prodotto dicendo “bene, questo è un giocattolo”. Qualcuno si potrebbe porre il problema: “io sono un produttore, sono un importatore di un prodotto, come lo voglio commercializzare?”. Nel momento in cui decido di commercializzarlo come un giocattolo, devo seguire la normativa del giocattolo. Se decido di non commercializzarlo come tale, posso dire “guardate, questo non è un giocattolo”, quindi non applico l'88/378/CEE ma applico la 92/59/CEE, cioè non applico la direttiva verticale ma applico la direttiva di carattere orizzontale.
Questo è un problema molto sentito sia per chi fa il controllo sia per chi immette sul mercato dei prodotti, perché spesso ci sono delle importazioni di oggetti che possono essere intesi sia come giocattoli - faccio l'esempio del giocattolo perché è abbastanza diffuso - sia come portachiavi, ad esempio. Il prodotto è costituito da un gancio, un anello dove si possono mettere delle chiavi, e da un pupazzetto. L'anello potrebbe servire come portachiavi ed il pupazzetto potrebbe essere un giocattolo. Allora a quel punto che cosa succede? Il problema esiste se vogliamo sia per chi importa o produce sia per chi fa il controllo. Al momento dell’immissione sul mercato il fabbricante decide di commercializzarlo “come un giocattolo”, e quindi segue la normativa sui giocattoli. Nulla esclude che all'interno di un detersivo, ad esempio, possiamo trovare un portachiavi con un pupazzetto che potrebbe essere benissimo utilizzato per gioco da un bambino, anche se in realtà l'importatore, il fabbricante sostiene che non è un giocattolo ma un portachiavi e quindi non ricade nella direttiva giocattoli, non deve avere il “CE”, ecc. ecc.. La questione è controversa sia a livello comunitario che a livello nazionale, per esempio nella revisione della direttiva giocattoli, si è posto il problema di definire che cos'è un giocattolo. So esattamente che cos'è un giocattolo se ho dei criteri per individuare il prodotto, questo facilita il fabbricante che può attenersi alla normativa corrispondente. Questo non sempre è così facile e quindi colui che immette il prodotto nel mercato deve essere ben certo di quanto afferma.
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D'altra parte il problema si pone anche per il consumatore, anzi direi che esiste in tutti e due i casi, nel senso che comunque giocattolo o non giocattolo, portachiavi o non portachiavi deve comunque avere un prodotto sicuro. Tale difficoltà esiste anche per chi fa il controllo, per il funzionario della Camera, che può trovarsi di fronte a un prodotto che riconosce come giocattolo mentre asserisce il contrario. Come ci si comporta in questo caso? Durante un controllo quali parametri si possono utilizzare per operare serenamente?
Un altro esempio è il monopattino. Il monopattino inteso come un giocattolo o il monopattino inteso come uno strumento utilizzato per l’attività ginnica, per spostarsi? Anche in questo caso devo individuare dei criteri, uno dei quali potrebbe essere il prezzo di vendita, oppure il luogo in cui lo si commercializza. Se si trova un oggetto con caratteristiche ludiche in un negozio di giocattoli, ed il venditore dice che non è un “giocattolo", si hanno buoni motivi di pensare che non abbia le idee chiare.
In effetti l’individuazione della natura merceologica del prodotto è un momento importante sia per quanto riguarda l'immissione sul mercato, sia per quanto riguarda il controllo stesso. E l'esperienza - questo lo dico soprattutto per i soggetti preposti al controllo - è importante, vedere la provenienza, il luogo di attività dell’importatore stesso. E’ inoltre utile confrontarsi con altri soggetti, e comunicare spesso con la Camera in modo che la Camera stessa sappia dare indicazioni più precise sull'orientamento da seguire. In ogni caso la distinzione va fatta anche tenendo conto della destinazione del prodotto.
Ne approfitto per fare una precisazione su quanto riguarda la struttura interna al Ministero, perché quando si parla di Ministero delle Attività Produttive si parla di Ministero in generale. Esiste il Ministero delle Attività Produttive diviso in Direzioni generali; in particolare due sono le Direzioni generali collegate alla “Sicurezza dei prodotti”, di cui una, la Direzione dello Sviluppo Produttivo – Ispettorato Tecnico, ha rapporti con gli Organismi notificati, comunica a Bruxelles l’elenco degli Organismi riconosciuti, effettua i controlli presso gli stessi, ecc. ecc., e l'altra, la Direzione Generale, Armonizzazione e Tutela del Mercato, controlla i prodotti una volta immessi sul mercato.
Per cui se un produttore decide di immettere sul mercato un determinato prodotto che cosa fa? Può rivolgersi all'Ispettorato Tecnico e chiedere conferma circa la normativa da seguire. Riceverà una serie di informazioni. Se vuole far testare un prodotto per avere una certificazione, può consultare il sito del Ministero, a cura della Direzione Generale per lo Sviluppo Produttivo e la Competitività, per conoscere l’elenco degli Organismi, dettagliato sia per direttiva che per prodotto. Una volta che il prodotto è stato oggetto di questa serie di controlli, viene immesso sul mercato. A questo punto l'altro soggetto del Ministero delle Attività Produttive che interviene è
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la Direzione (parlo della Direzione Generale Armonizzazione del Mercato e Tutela dei Consumatori), che ha rapporti diretti con la Camera di Commercio per il controllo del mercato, in particolare l'Ufficio D4 dell'Area Prodotti. Questo Ufficio che attività svolge? E' un ufficio che opera un collegamento tra Europa, Stati membri, e struttura nazionale. E’ anche la struttura che ha più rapporti diretti con il mondo del consumatore, in realtà il consumatore è più interessato a conoscere ciò che gli viene dato direttamente, non ha interesse a sapere che cosa c'è a monte dell'immissione del prodotto sul mercato. In ogni caso queste due Direzioni, in sinergia tra di loro, devono collaborare attivamente.
Poi un'altra distinzione va fatta in base al momento di utilizzo del prodotto, cioè sostanzialmente i prodotti li possiamo genericamente suddividere in due grandi categorie, i prodotti destinati al consumatore finale (che sono i prodotti che compero io quando vado in un negozio, ad es. il phon che uso per asciugarmi i capelli), e i prodotti utilizzati nel contesto di un servizio. La differenza c'è e non c'è, nel senso che comunque come consumatore devo essere tutelato, quindi o mi asciugo i capelli da solo, o qualcuno me li asciuga, io comunque devo essere al sicuro.
Però non è così semplice. Perché? Perché in effetti, mentre quando compero il prodotto come consumatore finale devo essere assicurato direttamente da colui che lo ha immesso sul mercato (quale fornitore di, ad esempio, elettrodomestici), se invece subisco un danno a seguito di un prodotto elettrico, di un phon mal funzionante all'interno di un centro di estetica, la situazione cambia leggermente. Dal punto di vista della sicurezza del prodotto in sé e per sé no, perché comunque il phon ha una normativa alla quale rispondere sia che lo usi io, sia che lo usino in un salone di bellezza, però nel salone di bellezza intervengono altri fattori che tendono a tutelare ulteriormente. Però in ogni caso io posso e debbo come consumatore pretendere questo tipo di rispondenza alla norma. Questo per dire che cosa? Per dire che comunque bisogna fare attenzione anche in sede di controllo e in sede di immissione nel commercio del prodotto, nel senso che se ho dei rapporti di fornitura con una struttura, con un centro di bellezza, io so anche che lì poi dovrà essere portata a termine la risposta anche ad una normativa più complessa. Se invece produco e distribuisco dei phon attraverso, che ne so, un grande centro di distribuzione, so che quel prodotto viene ad essere utilizzato da un consumatore finale, il quale può essere un utente qualsiasi (ripeto, fermo restando che la normativa è alla base la stessa).
L'altra cosa che volevo dire riguarda poi un altro aspetto un po' più amministrativo, e cioè il problema dell'informazione. Si parlava appunto di necessità di informazione intesa come conoscenza da parte del produttore di quelli che sono gli obblighi di legge, conoscenza da parte della Camera di Commercio di tutta una serie di strutture, quali ad esempio l'esistenza di questi Organismi che sono di supporto nella valutazione tecnica.
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Però bisogna fare anche molta attenzione che l'informazione data sia precisa, non sia eccessiva, perché se l'informazione va intesa come un elemento positivo, è vero anche che un eccesso di informazione o un’informazione non chiara, è dannosa tanto quanto un'informazione limitata o, come dire, deviante. Per cui, quando noi parliamo di contenuto informativo da dare al consumatore, dobbiamo anche fare attenzione a quello che esattamente la direttiva di settore impone (la direttiva sul prodotto elettrico impone che ci sia la marcatura CE e una serie di indicazioni, le direttive sui DPI e sui giocattoli idem). Poi dovrà esserci anche un'informazione da dare e questo, ripeto, lo dico a doppio senso, cioè lo dico al produttore che la deve mettere ma lo dico anche al consumatore che la deve leggere. E’ la stessa cosa, soltanto che nasce da una parte, dal produttore, ed è finalizzata alla formazione e informazione del consumatore stesso.
Deve essere, ad esempio, posta in lingua italiana. Allora ci si pone questo problema. Le informazioni secondo alcune direttive devono essere messe utilizzando la lingua del Paese in cui l'oggetto viene commercializzato. Quando questo non c'è (quindi se mi arriva in Italia un prodotto che ha il manuale d'uso che non è in italiano), allora che cosa devo fare? Se la normativa lo impone non ci sono problemi. Lo debbo fare. Ma se la normativa non lo impone? Ecco quindi perché è necessario sempre leggere comunque non solo il corpo normativo ma anche gli allegati tecnici, e questo lo dico prevalentemente al produttore. Quando osserveremo ad esempio la normativa sui DPI ci accorgeremo di quanto è complicato fare una banale, dicono, nota informativa che accompagna gli occhiali. Lì c'è la possibilità di intervenire proprio sanzionando la commercializzazione dell'occhiale se non è munito di un'adeguata nota informativa. Quindi diciamo che devo vedere che cosa mi dice la direttiva, se però la direttiva non menziona questa cosa particolare, cioè se nella direttiva non è indicato l'obbligo di un'indicazione in lingua italiana, mi devo sempre ricordare che comunque esiste una disposizione legislativa di carattere generale che riguarda l'informazione al consumatore, per cui comunque il consumatore deve essere messo a conoscenza di quello che compera e dei rischi che possono essere legati a quel prodotto, indipendentemente dall'aspetto tecnico. Quindi se io ho intenzione di commercializzare un determinato prodotto che non ricade in una direttiva verticale, devo cercare comunque nella 92/59, cioè nella direttiva sulla sicurezza generale, un modo per assicurarmi il trasferimento dell'informazione al consumatore. Diversamente farò appello ad una legge specifica sull'informazione al consumatore che riguarda tutti gli aspetti, e che quindi mi tutela come soggetto che immette sul mercato un prodotto destinato a un consumatore qualsiasi. Un'ultima cosa: mi sembra che purtroppo non sia chiaro il concetto della Conferenza dei servizi. Si è parlato un paio di volte di scollamento di azioni fra i vari dicasteri, il Ministero delle Attività Produttive, il Ministero della Salute, il Ministero delle Infrastrutture
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e via discorrendo. Non è vero questo, nel senso che ai sensi proprio della direttiva 92/59 così come è stabilito, perlomeno due volte all'anno si incontrano. L'ultima Conferenza di servizio è stata fatta il 20 dicembre ed è stata fatta ovviamente non solo per lo scambio degli auguri di Natale, ma anche per fare un punto della situazione sulle attività relative al controllo del mercato che coinvolgono le varie Amministrazioni, quindi, ripeto, il Ministero delle Attività Produttive (che è il capofila in questo contesto), e gli altri dicasteri tra cui appunto il Ministero della Salute, Infrastrutture e Trasporti, Agenzie delle dogane, ecc.. Ora, in questa fase (e questa è la cosa con cui voglio concludere), in questa Conferenza di servizi in cui si parla di sicurezza di prodotti, a cui partecipano diverse Amministrazioni, è ammessa anche la partecipazione e delle Associazioni dei consumatori e delle Associazioni di categoria proprio perché, a seconda ovviamente delle problematiche che sono affrontate, a seconda delle modalità (che saranno gli stessi Ministeri che partecipano a stabilire di volta in volta) è ammesso, è possibile che ci siano i rappresentanti di categoria a chiedere direttamente spiegazioni, a manifestare direttamente perplessità. Questo ancora una volta che cosa significa? Significa che comunque tutti quanti abbiamo determinati doveri da rispettare. Gli strumenti ci sono, la nota dolente purtroppo è che spesso non vengono opportunamente utilizzati. Però, ripeto, la Camera che cosa fa? La Camera ha il compito di tastare il terreno: è vero anche che a livello centrale ci sono delle organizzazioni, delle strutture, delle conferenze come questa di cui stiamo parlando, che sono un momento di incontro, di confronto, e a volte anche di scontro fra le diverse Amministrazioni, ma è anche vero che c'è chi vuole prendere tutte le competenze e c'è chi le vuole lasciare. Alla fine non si sa bene che cosa fare. Quello è un momento di confronto e se vogliamo anche di scontro, perché comunque sia ognuno deve farsi carico delle proprie responsabilità. Quindi ben vengano osservazioni dal luogo dove si opera, dal consumatore che le vede sul territorio, attraverso la Camera che, secondo me, è la struttura più immediatamente a contatto con l'utenza (produttore e consumatore), per poi arrivare in sede centrale. Quindi ecco perché vi prego comunque di utilizzare, di valorizzare secondo me la struttura della Camera proprio come momento di incontro, per tutte le figure e i soggetti che partecipano a questa tutela del mercato (e ricordiamoci poi che siamo comunque anche noi degli utenti).
Intervento
Quali esami, controlli, deve fare la Camera di Commercio?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Diciamo che il primo esame è di tipo formale, quindi la verifica della presenza della marcatura CE e delle indicazioni obbligatorie per legge, poi l'utilizzo della lingua italiana. Si tratta di attività di controllo che possono
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essere fatte, e vengono fatte, anche dalla Guardia di Finanza, dalla Polizia municipale. E' chiaro che poi quando si scende nel tecnico, così come quando si tratta di stabilire quanti prodotti è opportuno acquisire (l'acquisizione del prodotto va intesa come perquisizione del prodotto e non sequestro in senso stretto), si è di fronte ad attività che ovviamente sono a capo delle strutture appositamente preposte. Però questo primo tipo di controllo, ripeto, di carattere formale, si può fare tranquillamente. E' chiaro poi che il tutto verrà reso noto all'Autorità.
Avv. Domenico Romito
Volevo solo precisare una cosa: intanto volevo prendere atto pubblicamente della Conferenza dei servizi, non sapevo neanche dell'esistenza di questa Conferenza dei servizi e quindi come rappresentante di un’Associazione dei consumatori, come parte consumerista, non posso che essere contento dell'esistenza della Conferenza dei servizi. Forse questa Conferenza dei servizi potrebbe funzionare meglio, visto che, per esempio, c'è la norma del '95 che prevede l’istituzione di una authority super partes (per quanto riguarda il meccanismo dei prodotti richiamati) che dovrebbe essere un'authority che in qualche maniera dovrebbe pubblicare e rendere noti a tutti (quindi tra l'altro ai consumatori) i prodotti difettosi che sono oggetto di richiamo. Mi risulta che dal '95 non sia stata istituita, eppure è prevista dalla normativa. Quindi tra l'altro non sapevo neanche che questo tipo di Conferenza di servizi fosse aperta alle Associazioni dei consumatori, e allora noi ci candidiamo, siamo disponibili a partecipare. Ci farebbe piacere, in occasione della prossima Conferenza di servizi avere la possibilità di dire le poche cose che ho così sinteticamente detto stamattina. Comunque, soprattutto sotto il profilo della banca dati e sotto il profilo dell'effettività dei controlli, io ritengo che ci sia ancora molto da fare.
Non ultimo anche questo ragionamento sulle Camere di Commercio: dovrebbero essere definitivamente chiariti le modalità operative con cui la Camera di Commercio può compiere quest’attività di controllo sul territorio, e i poteri di cui dispone il personale della Camera di Commercio che materialmente poi accede ai controlli. Questo credo che sia nell'interesse del mercato, senza una logica di contrapposizione, sempre con una logica di tipo propositivo e costruttivo.
Dott.ssa Simonetta Diamante
In occasione dell'ultima Conferenza di servizi è stata posta all'ordine del giorno l'individuazione, così come viene definita mi sembra dall'art. 5 della 92/59, dei criteri e delle modalità partecipative delle Associazioni interessate. In occasione poi del recepimento della nuova direttiva credo sia possibile non solo dare una migliore definizione della Conferenza dei servizi, dell'aspetto della vigilanza e del controllo, ma anche (forse sono un
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po' troppo ottimista ma ci voglio credere), introdurre proprio una procedura non dico rigidissima, ma che comunque individui una serie di paletti che delimitino proprio i compiti, il famoso “chi fa che cosa”. Un'occasione migliore, secondo me, del recepimento di questa direttiva non ce l'abbiamo, perché nel decreto legislativo 115 c'è proprio un articolo che riguarda la vigilanza e il controllo, dove si individuano le Autorità preposte ai controlli, dove si individuano i soggetti, dove si individuano anche le sanzioni. Dovendo fare una cosa simile e trovandoci in questa situazione di incertezza con Camere di Commercio che si muovono in maniera autonoma, e Camere di Commercio che invece aspettano un input da parte di una Struttura centrale, credo che momento migliore non ci possa essere. Quindi ritengo che in sede di recepimento della direttiva la partecipazione attiva di Associazioni di categoria di consumatori sia ovviamente auspicabile.
Ing. Marco Vigone
Questa è la home page del sito NEWAPPROACH.ORG. Da questa home page potete accedere al sito ufficiale della Commissione, al sito ufficiale dell'EFTA, al sito dell'Ente di normazione europeo in campo elettrico, quindi del CENELEC, del CEN e dell'ETSI. Andiamo a aprirne uno. Qui c'è il famoso libro blu della Commissione che spiega la filosofia del nuovo approccio. Se noi entriamo qua, troviamo l'elenco di tutte le direttive di prodotto. Visto che parlavamo prima di sicurezza dei giocattoli, se noi entriamo sulla parte della sicurezza dei giocattoli (vedete che ci sono tre colonne) possiamo trovare il testo della direttiva, possiamo entrare dentro al CENELEC e vedere tutto l'elenco delle norme che sono in fase di elaborazione, quindi non ancora quelle pubblicate su quella direttiva, e sulla terza colonna invece l'elenco delle norme già armonizzate, cioè pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale.
Dott.ssa Simonetta Diamante
Avrei una precisazione da fare, rivedendo un attimo le questioni che erano state trattate, perché una mi sta particolarmente a cuore. Si è parlato di intervento di tipo penale, quando c'è un sequestro, quindi di intervento della magistratura. Volevo fare questa precisazione, e cioè che se anche c'è la figura di un magistrato, perché è stato fatto un sequestro di prodotti pericolosi (questo è un problema che operativamente si è presentato più di una volta), non è che l'iter amministrativo si fermi. L'aspetto diciamo penale viaggia, comunque per proprio conto. La questione amministrativa legata alla sicurezza del prodotto avrà un proprio iter. Per cui se è stato fatto il sequestro di una partita di prodotti presunti pericolosi, noi comunque amministrativamente procediamo chiedendo il dissequestro di quel numero minimo di pezzi che servono per fare il controllo, procediamo con la valutazione, procediamo con l'emanazione di un provvedimento di ritiro dal
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mercato, divieto di commercializzazione, e procediamo anche con la sanzione amministrativa pecuniaria che per certi prodotti (per esempio mi vengono in mente gli elettrici), ha importi piuttosto elevati, addirittura una sanzione per ogni pezzo. Se i pezzi sono tanti si moltiplica, quindi il produttore comunque è sanzionato significativamente. Questo comunque va detto, cioè se si pone il problema di un intervento penale, la parte amministrativa proprio per esperienza ormai consolidata, continua comunque a procedere. Quindi in ogni caso sono tenuta a chiedere il dissequestro, la Camera deve chiedere il dissequestro e deve procedere con la valutazione dei pezzi; quindi il fatto che la partita sia stata sequestrata non ci legittima a non chiedere comunque, a non esercitare il nostro intervento amministrativo di tutela del consumatore per quanto riguarda gli aspetti legati alla salute e alla sua sicurezza, ecco perché lo dobbiamo fare.
Ing. Marco Vigone
Io vorrei che fosse chiaro che non sempre un procedimento penale va a finire in una condanna. Quindi non è detto che un procedimento penale e un sequestro sia corretto e sia giusto, può esserci anche un processo penale totalmente sbagliato. Quindi non sono così convinto che l'azione penale debba interrompere un'altra azione di tipo amministrativo che magari dimostrerebbe che quel prodotto assolutamente non doveva essere sequestrato perché era conforme alla legge. Quindi deve poter esistere un processo penale e un iter amministrativo. Se l'iter amministrativo finisce prima del processo penale e magari con esito positivo, è facile che abbia significativi effetti anche sul processo penale.
Intervento
A cosa è legata la presunzione di conformità?
Ing. Marco Vigone
Non può esserci norma tecnica armonizzata se non esiste direttiva specifica, quindi se esiste direttiva specifica possono esserci norme armonizzate, non ci saranno mai norme armonizzate fuori da una direttiva specifica. Per cui la presunzione di conformità non può essere legata a una norma europea, può essere solo legata a una norma europea pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
La norma tecnica non armonizzata è un documento tecnico che il costruttore può usare per dimostrare che ha seguito la direttiva generale ma ciò non gli garantisce che il suo prodotto è conforme alla legge. Se c'è la direttiva specifica il costruttore ha l'obbligo di rispondere dei requisiti essenziali della direttiva. La dichiarazione CE di conformità è la dichiarazione che sono stati rispettati i requisiti della direttiva. Lo strumento può essere la norma armonizzata, anche se non sempre c’è la norma armonizzata di prodotto totale. Può succedere che il costruttore utilizzi 7 norme armonizzate per
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coprire 7 requisiti specifici e gli altri 23 non siano coperti da norme ma debba trovare lui il modo di conformare il suo prodotto alla legge.
Quindi la dichiarazione del costruttore è sempre e solo di avere rispettato la legge. Inoltre se non esiste legge specifica non esistono neanche norme armonizzate. Per esempio sui mobili ci sono norme tecniche europee, ma non sono sulla Gazzetta Ufficiale per cui non sono armonizzate, e quindi non danno la conformità alla direttiva generale prodotti.
Intervento
Se un'azienda produce un prodotto destinato all’edilizia?
Ing. Marco Vigone
Dunque, visto che quello è un prodotto da costruzione lei deve prendere la direttiva dei prodotti da costruzione, e vedere in quale modulo rientra il suo prodotto.
Se sceglie quello della garanzia di qualità totale chiamerà un Organismo notificato. Attualmente non esiste alcun Organismo notificato italiano sulla direttiva prodotti da costruzione, quindi un costruttore italiano deve rivolgersi all'estero dove sono pochissimi anche lì.
Intervento
Cos’è l’Ente unico di accreditamento?
Ing. Marco Vigone
Il 12 dicembre 2003 è stato firmato un protocollo fra tutte le Organizzazioni interessate, le tre Organizzazioni di accreditamento Sincert, dei sistemi delle società che certificano sistemi di gestione, Sinal, la società che certifica i laboratori, e il Sit che certifica i laboratori di taratura, assieme ai Ministeri, alla Confindustria, alla Confartigianato, ecc. ecc. che ha costituito un Ente unico di accreditamento, che inizierà la sua attività il 30 giugno 2004 quando termineranno gli attuali Enti di accreditamento. Con il SIT, però, potrebbero sorgere dei problemi, perché il SIT è regolato da una legge emanata nel 1991 che ha istituito il servizio nazionale di taratura e quindi ha materialmente regolato il Sit.
Una delle grandi novità dell'Ente unico è che prevede che nel suo Consiglio di Amministrazione siano presenti tutte le parti interessate, di conseguenza ci saranno i Sindacati, ci saranno le Associazioni dei consumatori, ecc., che oggi non ci sono.
Dott.ssa Simonetta Diamante
Comunque sì, bisogna che tutti i soggetti che sono coinvolti debbano vedere riconosciuta la propria legittimità a partecipare. Vedremo come questo sistema andrà a funzionare.
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Atti del seminario
La sicurezza dei giocattoli
28 MARZO 2003
Relatori:
Dott.ssa Diamante Simonetta
Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore
Dott. Marco Gherzi
Direttore Istituto Italiano Sicurezza Giocattoli
Saluto ai partecipanti
Dr. Renato Chahinian
Segretario Generale della CCIAA di Treviso
Questo seminario organizzato dalla Camera di Commercio rappresenta la seconda tappa di un percorso che faremo assieme sulla sicurezza e conformità dei prodotti. Il 31 gennaio ci siamo trovati per il primo incontro e abbiamo parlato in generale della sicurezza dei prodotti, da oggi cominceremo un percorso, invece, più specifico che riguarda singoli prodotti o tipi di prodotto. Più specificatamente l’incontro di oggi riguarda il settore dei giocattoli, di prodotti particolarmente delicati perché si rivolgono a un consumatore che è molto piccolo (e quindi più indifeso di altri), da tutelare maggiormente, sia sotto l’aspetto fisico che psichico.
Diciamo che i destinatari sono i bambini, ma è compito degli adulti proteggerli in tutti i modi possibili. C’è da un lato la responsabilità del consumatore, quindi del genitore, del parente, dell’amico che acquista il giocattolo, e dall’altro la responsabilità di chi vende, cioè dei fabbricanti, dei distributori ed anche degli importatori.
Abbiamo voluto fare un breve monitoraggio per individuare questi responsabili - o comunque questi interessati che devono tutelare il piccolo consumatore - che devono sapersi organizzare per adempiere a tutta una serie di normative che poi vi verranno esposte.
Ovviamente abbiamo fatto l’indagine sulla Provincia di Treviso e abbiamo riscontrato che ci sono 23 produttori di giocattoli; c’è poi un assieme di agenti e rappresentanti che provvedono a promuovere la vendita di questi giocattoli presso altri operatori economici (di questi purtroppo non riusciamo ad avere il numero esatto); poi abbiamo 27 grossisti, aziende commerciali all’ingrosso che commerciano anche giocattoli, e tra questi c’è un importatore abituale (certo, è probabile che gli importatori siano più di uno, però nei nostri registri vengono registrati soltanto gli importatori abituali, non tutti coloro che operano occasionalmente con l’estero). Poi, nell’ambito della grande distribuzione abbiamo 86 unità locali di grande distribuzione e sappiamo benissimo che la grande distribuzione vende un po’ di tutto, compresi i giocattoli. I dettaglianti (che vendono generi in cui sono compresi i giocattoli) sono moltissimi, dalle nostre statistiche ne risultano ben 343. In più ci sono gli ambulanti, sia a posteggio fisso che a posteggio mobile: i venditori ambulanti a posteggio fisso di giocattoli sono 10, quelli a posteggio mobile sono molti di più, anche se non ne conosciamo il numero preciso, perché l’ambulante può vendere vari generi oltre ai giocattoli.
Relativamente alle importazioni di giocattoli (i nostri relatori ci diranno che l’importatore è proprio una delle figure responsabili, perché nel momento in cui acquista dall’estero deve stare bene attento alla presenza di certi requisiti), è stato accertato che importiamo principalmente dalla Cina (da cui
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nel 2002 abbiamo importato 2.876.635 euro di giocattoli). Il secondo Paese da cui importiamo giocattoli è, invece, un paese dell’Unione Europea: la Germania (da cui importiamo 1.259.351 euro di giocattoli).
Ovviamente dobbiamo tener presente che potremmo trovarci ad acquistare dei giocattoli che sono importati non dalla Provincia di Treviso, ma dalle altre Province italiane.
Venendo agli adempimenti, dobbiamo tener presente che il nostro incontro prevede delle informazioni relative all’etichettatura del prodotto, che riguardano soprattutto il consumatore, perché è chiaro che il consumatore non è un tecnico e non può quindi mettersi ad esaminare le caratteristiche del giocattolo. Il consumatore deve basarsi soprattutto sull’etichettatura del prodotto, in particolare sulla marcatura CE, che ci verrà meglio descritta dai relatori.
Invece, a carico degli operatori del settore ci sono molte prescrizioni (relative all’etichettatura corretta, alla predisposizione del certificato di conformità e della documentazione tecnica a corredo di questa) e, di conseguenza, c’è la responsabilità qualora non vengano valutati questi elementi. Ovviamente, la tipologia dei giocattoli vi verrà descritta, perché i giocattoli possono essere di diverso tipo; in più, la stessa definizione di “giocattolo” è molto labile.
Poi va tenuto presente che esistono degli Organismi di controllo e, quindi, di vigilanza sui requisiti di sicurezza di questi prodotti.
Nella documentazione che vi è stata consegnata c’è anche un CD-Rom, che viene fornito dall’Eurosportello Veneto: l’Eurosportello è una struttura del sistema camerale a livello regionale, che ha direttamente i contatti con la Comunità Europea per tutta la normativa esistente e per l’aggiornamento relativo.
Il nostro programma riguarda, allora, innanzitutto, l’intervento della dottoressa Simona Diamante, che è funzionario del Ministero delle Attività Produttive e che cura quotidianamente l’applicazione delle diverse normative, sia italiane che comunitarie. La dottoressa tratterà l’aspetto legato alla tutela del consumatore.
Poi abbiamo, invece, un esperto dell’Istituto Italiano Giocattoli, il signor Marco Gherzi, il quale, invece, ci parlerà più specificatamente dell’aspetto tecnico, cioè dei requisiti tecnici che devono avere i prodotti per soddisfare le normative della sicurezza (non solo requisiti minimi, ma anche requisiti ulteriori di sicurezza e di qualità per valorizzare la tutela del consumatore).
Questo nostro incontro è informativo perché, ovviamente, il Ministero con la collaborazione delle Camere di Commercio ha anche poteri di controllo e poteri sanzionatori, ma certamente è importante prima di tutto prevenire le infrazioni e quindi informare i consumatori, i produttori, i distributori e gli importatori, su tutto quello che occorre fare per essere in regola.
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Io ringrazio tutti per la partecipazione e comunico che il prossimo incontro riguarderà la sicurezza dei prodotti elettrici. Grazie.
La dottoressa Diamante vi parlerà della normativa sulla sicurezza e dell’attività di vigilanza che si può fare sul mercato.
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La normativa sulla sicurezza dei giocattoli – La vigilanza del Mercato
Dott.ssa Simonetta Diamante
Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore
Signori, buongiorno. Voglio prima di tutto ringraziare la Camera di Commercio, che ci dà ancora una volta l’opportunità di uno scambio di informazioni. Io sono qui in rappresentanza del Ministero delle Attività Produttive con lo scopo, forse un po’ presuntuoso, di iniziare una concreta attività di collaborazione, nello specifico per quanto riguarda la materia dei giocattoli, che ha l’intendimento, indispensabile, di far sì che tutti i soggetti coinvolti in una attività di commercializzazione siano consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri. Prima di tutto vorrei precisare che è fondamentale, per arrivare ad un mercato sano, la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti, a partire dal produttore, dall’importatore, dal distributore, fino al consumatore. Dal punto di vista normativo esiste sì una fonte giuridica molto ben strutturata, sia a livello nazionale che comunitario, però è vero anche che una corretta e consapevole applicazione, è una condizione indispensabile perché si possa arrivare a dei risultati soddisfacenti.
Dal punto di vista normativo il giocattolo è normato a livello comunitario da una direttiva, la 88/378/CEE, che è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo 313 del 68, che sostanzialmente traduce nel nostro ordinamento nazionale le direttive comunitarie in materia di sicurezza e conformità dei giocattoli. Troveremo nella direttiva e nel decreto di recepimento, alcuni allegati che andranno ad individuare quelli che sono i requisiti essenziali di sicurezza a cui il giocattolo deve rispondere prima che venga ad essere immesso sul mercato.
Per quanto riguarda la normativa comunitaria, esiste questa direttiva e una decisione del Consiglio, in virtù della quale è stata introdotta una limitazione per quanto riguarda la presenza di ftalati nei giocattoli. Questa decisione risale al 1999 e, come tale, non ha il valore né di una direttiva, né di un regolamento; è una indicazione che viene data a livello comunitario per quanto riguarda la produzione di giocattoli contenenti questi esteri dell’acido ftalico, una sostanza che permette al giocattolo di essere morbido. L’Italia, su input della stessa Commissione, ha emanato un Decreto ministeriale nel ‘99 in virtù del quale ha reso fonte normativa nazionale questo input comunitario facendo sì che i nostri giocattoli siano ancora più sicuri, al di là di un obbligo in senso stretto (infatti abbiamo una produzione piuttosto sicura). Questo perché? Ci tengo molto a dirlo: la produzione nazionale è buona e quindi il problema purtroppo non è tanto il giocattolo che viene
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prodotto in Italia, quanto il giocattolo che viene ad essere importato. La produzione non comunitaria è purtroppo scadente. Rispetto ai primi anni, cioè al 1998, in sostanza, anno in cui si è venuta a costituire la Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela dei Consumatori, la qualità e la sicurezza dei prodotti importati è un pochino migliorata, per cui, mentre prima avevamo - l’esperto tecnico mi darà conforto - ad esempio una marcatura CE apposta e non apposta, adesso c’è più sensibilità, anche se quello che sta dietro una marcatura CE non sempre è corrispondente al vero. Quindi abbiamo dato sicuramente un segnale, questo è molto importante, però c’è ancora molto da fare in questo senso. Nostro dovere è quello di tutelare in primis, ovviamente, il consumatore, soprattutto il bambino, in questo caso. Qui chiamo al dovere non soltanto chi produce e chi commercializza, ma anche chi regala e compera i giocattoli. Poi vedremo per quale motivo. Comunque dobbiamo porre molta attenzione all’acquisto che facciamo di un giocattolo, dobbiamo essere molto attenti. La normativa ci aiuta in questo senso, perché il Decreto Legislativo 313 prevede che il giocattolo prima che venga ad essere immesso sul commercio, (momento molto importante soprattutto per chi svolge attività di controllo), debba presentare una serie di indicazioni, tra cui ovviamente la marcatura CE - di cui avrete sicuramente sentito parlare - il nome, l’indirizzo, cioè tutti gli elementi che mi permettono di individuare il responsabile del giocattolo. Devono poi essere presenti, in virtù di quanto individuato negli allegati al Decreto Legislativo 313, una serie di indicazioni particolari che vanno ad evidenziare quelli che sono i rischi legati al giocattolo. Poi il dottor Gherzi ci darà indicazioni precise sulle diverse tipologie di indicazione e sul loro significato.
Quindi, dal punto di vista normativo, in realtà, noi abbiamo tutto quello che occorre per avere un giocattolo sicuro. Allora, che cosa bisogna fare? Ovviamente, chi produce o importa il giocattolo nel momento in cui appone la marcatura CE vuole indicare al mercato che il prodotto che lui ha realizzato o che ha importato è conforme alla normativa. Ricordiamoci infatti che è vero sì che il produttore ha una serie di responsabilità, ma è vero anche, ed è questo ancora più marcato dalla nuova direttiva sulla sicurezza generale che andremo a recepire il prossimo gennaio 2004, che la figura dell’importatore e anche del distributore viene via via sempre più ad essere evidenziata. Questo che cosa significa? Significa che io che distribuisco, io che acquisto da altri soggetti, devo essere certo che l’oggetto del mio acquisto corrisponda alla normativa di settore. Parlo del giocattolo, come parlo ovviamente anche di altri prodotti. Il giocattolo, devo dire, dal punto di vista delle indicazioni è forse più facile da controllare se non altro perché lo stesso 313 indica una cosa che in altre normative di settore non viene indicato e cioè l’obbligo dell’utilizzo della lingua italiana. Questo è un elemento importantissimo: non è possibile commercializzare un giocattolo se
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non ho delle indicazioni in italiano e non devo comperare un giocattolo se non trovo scritto quello che deve esserci scritto. Devo prestare molta attenzione anche alla destinazione d’uso, alle fasce di età, perché il giocattolo viene presentato e costruito rispettando una serie di requisiti; la destinazione e l’età del bambino al quale è rivolto il giocattolo è uno dei parametri costruttivi più importanti.
Perché prima dicevo che è importante anche che il genitore sia attento? Un giocattolo destinato ad una fascia di età è sicuro per quella fascia di età. Faccio un esempio banale, ma secondo me significativo: in una famiglia ci sono bambini di diverse età, c’è un bambino che ha meno di 36 mesi e un bambino che è più grande; allora, un giocattolo è sicuro per il bambino più grande, ma può non esserlo o non lo è per quello più piccolo. Allora io che cosa faccio? Evito la commercializzazione di tutto? No, chi usa, chi fa usare il giocattolo, deve essere particolarmente vigile, non ci si può aspettare né da chi produce, né da chi vende, né da chi controlla la totale sicurezza se non c’è un adeguato utilizzo del giocattolo. Il giocattolo è uno strumento molto bello, ma altrettanto pericoloso, se non adeguatamente gestito.
Questo per dire semplicemente che è importante che la normativa venga applicata a monte, ma è vero anche che è fondamentale il sano e corretto utilizzo del giocattolo. L’indicazione che troviamo sui giocattoli “non destinato a” oppure “prestare attenzione, il giocattolo deve essere utilizzato in presenza di adulti” oppure “togliere l’involucro perché potrebbe creare problemi”, non sono delle indicazioni casuali, sono sostanziali. E’ molto importante che ci siano e che vengano cercate all’atto dell’acquisto.
Ritorniamo un attimo alla normativa sugli ftalati: lo sviluppo tecnologico ci porta ovviamente alla presenza sul mercato di giocattoli nuovi. Il problema degli ftalati era un problema molto sentito, devo dire, da diversi anni. Si è arrivati a questa decisione proprio per una serie di necessità di commercializzazione molto sentite a livello comunitario. Purtroppo c’è un ostacolo pratico che impedisce a livello comunitario di elaborare una fonte giuridica obbligatoria: non è stato ancora possibile individuare un metodo validato per la valutazione del rilascio dall’oggetto di ftalati. Sono delle sostanze liposolubili, si sciolgono nei grassi, possono essere liberate secondo modalità diverse e in modo altrettanto diverso possono essere assunte dal bambino. Questo crea a livello tecnico dei problemi per riuscire a stabilire e individuare un metodo validato per il rilascio di questa sostanza. La Commissione ha ritenuto opportuno intervenire poiché il destinatario del giocattolo è il bambino, è evidente che deve essere garantita la massima sicurezza; sono state date delle indicazioni sui valori massimi che possono essere ammessi per questi ftalati nei giocattoli di plastica morbida. Noi l’abbiamo recepito con il Decreto del ‘99, con dei limiti più restrittivi rispetto a quelli UE. Questo perché la produzione nazionale è di buona qualità, abbiamo raggiunto un livello produttivo elevato. I limiti restrittivi
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introdotti in Italia sono più bassi rispetto a quelli della Commissione, ciò perché, a seguito di una serie di consultazioni si è appurato che la produzione nazionale è una buona produzione e quindi possiamo permetterci limitazioni maggiori. Questa regolamentazione non danneggia nessuno, anzi dà una garanzia ulteriore per quanto riguarda il giocattolo in plastica morbida.
La direttiva e il Decreto di recepimento individuano un campo di applicazione, degli obblighi, gli allegati contengono le indicazioni e i requisiti tecnici che devono essere rispettati prima della immissione in commercio. Una piccola parentesi per quanto riguarda il concetto di immissione in commercio: le strutture di controllo svolgono la loro attività nel momento in cui il giocattolo è commercializzato.
Che cosa intendo per commercializzato? Questo è un orientamento seguito a livello comunitario, tutte le attività nazionali sono intese in un’ottica di armonizzazione a livello comunitario. Viene immesso in commercio quando il destinatario ne viene a contatto, lo può utilizzare. Mi riferisco ad una vendita, come anche ad una distribuzione a titolo gratuito, per cui un giocattolo che viene commercializzato con un altro qualsiasi prodotto - un giornale, una scatola di detersivi - deve rispettare tutti i requisiti di sicurezza. Attualmente non esiste in senso stretto una fonte giuridica che possa permettere all’Autorità di controllo di rivolgersi al soggetto che distribuisce per eventuali sanzioni, il distributore del giocattolo non conforme doveva prima di immetterlo accertarsi della sua conformità, salvo poi l’azione di rivalsa nei confronti del soggetto che glielo ha dato. In ogni caso è l’ultimo soggetto che immette sul commercio il giocattolo ad essere responsabile di quello che si sta commercializzando. Quindi intendo per commercializzazione l’arrivo del giocattolo all’utente, all’acquirente, attraverso una qualsiasi via, quindi sia l’acquisto in senso stretto e sia la distribuzione a titolo gratuito.
L’immissione in commercio dovrebbe essere un momento abbastanza chiaro, purtroppo non lo è, soprattutto per chi svolge attività di controllo a livello preventivo. Tenete presente che il controllo va inteso in due sensi: uno preventivo del mercato (non svolgiamo azioni di repressione, peraltro anacronistiche), un secondo di tipo correttivo con diretta ripercussione nel mercato. Questo incontro ha fondamentalmente lo scopo di chiarire le idee. La produzione deve essere informata di quelli che sono i suoi obblighi e quindi una corretta informazione è il punto di partenza per una sana commercializzazione. Il punto d’arrivo qual è? E’ un consumatore tutelato. Quindi il circolo si viene a chiudere. L’azione dei soggetti vigilanti si svolge secondo due momenti: controllo del prodotto presente sul mercato e anche controllo di tipo preventivo, indipendente da una segnalazione. Sostanzialmente l’attività è la stessa: acquisizione del prodotto, secondo delle modalità oggetto di procedure più o meno specifiche, e valutazione
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della rispondenza del giocattolo a quelli che sono i requisiti essenziali di sicurezza (condizioni che riguardano la progettazione e la fabbricazione). La non conformità può essere dipesa da una serie di fattori, non ultimo anche una non corretta indicazione presente sul giocattolo, per cui il giocattolo può essere paradossalmente a posto dal punto di vista tecnico, ma non esserlo per quanto riguarda le iscrizioni obbligatorie. Appurato che dal punto di vista progettuale e costruttivo il giocattolo è a norma, l’Amministrazione si attiva con degli interventi di tipo correttivo finalizzati a sanare l’irregolarità formale. Si tratta di obbligo di conformazione entro un periodo prestabilito. Ci sono poi delle irregolarità che, invece, non possono essere sanate e allora in quel caso il divieto di commercializzazione, il ritiro dal mercato, diventano provvedimenti di carattere definitivo e con azione immediata.
In sostanza, come si può controllare il mercato?
Prima di poter apporre la marcatura CE è necessario realizzare una serie di procedure tecniche di valutazione della conformità, e il dottor Gherzi ci darà informazione precisa sulla complessità di queste prove, dopo di che si procede all’ apposizione della marcatura CE. In sostanza il fabbricante, in un’ottica di autocertificazione, appone la marcatura assumendosi la responsabilità che il giocattolo risponde alla norma di settore.
Una volta che le Autorità di controllo hanno eseguito le verifiche sul mercato, acquisendo un certo numero di giocattoli, si procede alla loro valutazione tecnica, si esaminano poi i risultati, i rapporti di prova che sono il risultato finale di queste verifiche e, infine, si decide il tipo di provvedimento che deve essere emesso da parte dell’Amministrazione. Il provvedimento, come dicevo prima, può essere duplice: può essere semplicemente un provvedimento di natura temporanea, si chiede semplicemente una messa a norma del prodotto, cioè di sanare l’irregolarità; oppure si dispone il ritiro immediato del prodotto, perché non può essere conformato e perché fonte di pericolo.
Tutte le azioni fatte a livello nazionale - quindi i provvedimenti presi nei confronti dei responsabili italiani e non - vengono, a cura del Ministero delle Attività Produttive, notificate a Bruxelles, in modo tale che il divieto di immettere sul mercato prodotti non conformi non sia limitato e circoscritto soltanto al territorio nazionale, ma interessi l’intero territorio comunitario. E’ da segnalare un fatto particolare: esistono Stati che notificano più di altri, non si è capito bene perché, forse perché sono particolarmente attenti, oppure, a mio modestissimo parere, perché i genitori non sanno fare i genitori, per cui non esiste un uso responsabile del giocattolo. Tra i prodotti riconosciuti non sicuri a livello comunitario, i giocattoli sono al secondo posto. Sempre a livello di statistica, che può riguardare in particolare la sicurezza del giocattolo, vengono fatte delle casistiche sulle tipologie di rischio: i rischi più riscontrati riguardano il soffocamento, uno dei grandi problemi legati ai giocattoli (tecnicamente abbiamo dietro una problematica
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notevolissima). Il giocattolo è comunque uno tra i prodotti che deve essere sicuramente più seguito, sia nella stretta applicazione della fonte normativa e sia nell’utilizzo stesso.
In ogni caso, sulla Direttiva 88/378/CEE e sul relativo Decreto di recepimento, sul cui contenuto nello specifico credo vi siano state distribuite delle slide, io non mi soffermo più di tanto perché sono un riassunto di quello che si trova scritto nella fonte normativa in senso stretto.
Volevo, invece, dire magari alcune cose più innovative per quanto riguarda l’applicazione del 313. Il 313, come dicevo, è la fonte normativa da applicare. A fianco vi sono norme tecniche specifiche che vengono ad essere aggiornate perché lo sviluppo tecnologico lo impone e quindi il produttore deve essere costantemente informato in questo senso. In linea di massima le procedure che sono individuate nella Direttiva e nel 313 di recepimento sono esaustive. Ci sono, purtroppo, per chi poi si trova o si troverà o si è già trovato ad operare nella produzione e nel controllo del mercato, una serie di problemi che la normativa non aiuta a risolvere, tant’è che la stessa Commissione si è posta il problema ormai da due anni di procedere a una revisione della normativa 88/378/CEE, per cui con una certa periodicità ci si incontra a Bruxelles proprio per far sì che le problematiche nate a livello nazionale sull’applicazione dei Decreti di recepimento, nel nostro caso parlo del Decreto Legislativo 313, siano messe in evidenza. Queste riguardano la produzione, la commercializzazione ed i controlli.
Giusto per informazione voglio precisare che a queste riunioni partecipano non soltanto i rappresentanti della Commissione e degli Stati membri, ma anche i produttori e i consumatori. Questo perché siamo tutti chiamati in causa.
Uno dei primissimi problemi posti e che si pongono, più per chi produce che non per chi compera, perché chi compera dovrebbe trovare il problema risolto in questo livello, è la definizione del giocattolo. La famosa “area grigia” che oltre a rendere grigia Bruxelles rende grigi pure tutti quelli che cercano disperatamente di risolvere il problema. Che cosa significa? Come per tutte le Direttive viene individuato un campo di applicazione; nello specifico e nella Direttiva 88/378/CEE come campo di applicazione viene dato, per motivi tecnici non casuali, un elenco al negativo dei prodotti, cioè si dice: “questi non sono giocattoli”. Ciò non è casuale: la definizione di giocattolo è una cosa molto complessa, tant’è che, come dicevo, ci si discute moltissimo.
Che cos’è un giocattolo? La normativa mi dice: “è quella cosa destinata a bambini di età fino ai 14 anni”. Già qui ci sarebbe molto da dire, nel senso che la tipologia del giocattolo, ovviamente, varia in sé e per sé, ma varia anche la persona, quindi per un bambino di 14 anni ci si può chiedere con che cosa giochi e quindi quali siano i requisiti che deve avere il giocattolo. Detti requisiti sono individuati negli allegati che possono essere aggiornati
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con una certa frequenza, proprio nel rispetto dello sviluppo tecnologico. Fatto sta che comunque il problema della definizione del giocattolo esiste. Il problema non è risolto: vengono date delle linee guida, e vi posso citare alcuni esempi pratici sui quali, appunto, la Commissione ha dato queste linee guida per cercare di aiutare chi produce. Sostanzialmente, si è deciso che chi stabilisce se un oggetto è un giocattolo o no è chi lo immette sul mercato, quindi il produttore. Per cui in prima battuta è il produttore che dice: “va bene, allora questo è un giocattolo”, poi vediamo sulla base di quali criteri va a decidere questo, ferma restando la validità dell’elenco degli esclusi. Deciso che è un giocattolo, viene sottoposto ad una serie di prove previste, etc. etc., e quindi immesso sul mercato. Dopo di che si passa al controllo e a quel punto intervengono gli altri soggetti: le Autorità preposte al controllo. Non è detto che la decisione presa dal produttore sia la più esatta, possono nascere dei dubbi. Allora a quel punto si ritorna indietro e il produttore può in questa sua decisione, o se è particolarmente attento addirittura farlo prima, avvalersi del parere tecnico degli Organismi notificati, cioè di quelle strutture che eseguono le prove. Deve esistere una collaborazione tra chi produce e chi testa il prodotto, addirittura a monte della commercializzazione in senso stretto. Quando un prodotto nasce come un giocattolo, è opportuno il supporto tecnico da parte dell’Organismo che conferma tale assunto. Ma non basta, perché potrebbero esserci divergenze anche tra produttore ed Organismo. A quel punto interviene l’Autorità di controllo nazionale: nel nostro caso il Ministero delle Attività Produttive, Ufficio Sicurezza Prodotti, che potrà dare un consiglio. Se non soddisfatti è possibile rivolgersi alle Autorità comunitarie, cioè confrontarsi con gli altri Stati membri e con la Commissione, soggetto cui spetta la decisione finale.
Tutto questo per dire che la commercializzazione di un giocattolo è una cosa difficile, perché prima di tutto è difficile avere la certezza assoluta che il giocattolo risponda, non solo, alla 88/378/CEE, ma anche ad altre Direttive. Nel momento in cui viene apposta la marcatura CE in un giocattolo si ha la certezza che il giocattolo risponde a quanto prescritto dalla legge. Bisogna però tenere conto che ci possono essere delle correlazioni tra il prodotto come giocattolo e il prodotto che può svolgere anche qualche altra funzione. Le Linee guida – io qui ne ho portata qualcuna, poi se vi interessa possiamo approfondire – pubblicate e che non hanno valore normativo, non sono un obbligo. La Commissione le produce come indirizzo comune e se tutti i produttori si attengono a queste, quanto meno abbiamo la garanzia di una produzione abbastanza coerente con la Francia, ne dico una a caso, con la Germania, con gli altri Paesi membri. Si è ritenuto opportuno, vista la delicatezza del destinatario e la molteplicità di utilizzo da parte del bambino (che gioca con tutto), far sì che, nel caso in cui un oggetto possa essere al tempo stesso un giocattolo ed avere qualche altra funzione - e conseguentemente dover rispondere ai requisiti prescritti da un’altra direttiva
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o da altre direttive - comandi, tra virgolette, la direttiva giocattoli, perché questa è una direttiva ben strutturata ed adeguata a garantire un elevato livello di sicurezza.
Sono state fatte moltissime discussioni, ad esempio sugli scooter (quando dico scooter intendo dire monopattino), per i quali gli operatori del settore hanno incontrato diversi problemi; gli occhiali da sole, un certo tipo di biciclette; i giocattoli gonfiabili. Facendo il controllo vado a verificare che il prodotto mi risponda alla 88/378/CEE o ad un’altra normativa specifica? Potrei dovermi preoccupare che il prodotto non sia né un giocattolo, né un DPI, o un’altra cosa, che non debba addirittura avere la marcatura CE? La marcatura CE è un obbligo che esiste e che deve essere apposto solo su determinate categorie di prodotti. Il giocattolo è uno di queste. La marcatura CE è un obbligo imprescindibile per il giocattolo, mentre ci sono altri prodotti che non impongono la marcatura CE. E’ importante fare attenzione: tutti i prodotti che non ricadono sotto una direttiva specifica, ma nella Direttiva Sicurezza Generale, non devono avere la marcatura CE. Questo per dare più significato alla marcatura, perché se la si mette dappertutto indiscriminatamente se ne riduce il valore che già, detto tra noi, è abbastanza discutibile. La marcatura CE, che deve essere indelebile, chiara, rispettare i limiti dei 5 millimetri, etc. etc., spesso viene apposta con un adesivo .....
quindi figuriamoci! Ciò nonostante la marcatura CE deve poter accertare la conformità.
Il problema del campo di applicazione è un problema su cui voglio soffermarmi. Quando si produce un giocattolo ci si deve assicurare che questo risponda alla 88/378/CEE. Ci sono situazioni particolari in cui non si può avere questa certezza, in tal caso ci si deve rivolgere alla Commissione. Per commercializzare un monopattino, come ci si deve comportare? Cioè è un giocattolo? Non è un giocattolo? E’ l’uno e l’altro?
Si è cercato di elaborare una serie di criteri per uniformità di comportamento. Ad esempio, si è pensato di valutarne il prezzo, il luogo dov’è distribuito, ed altri parametri. Alla fine si è arrivati a questa conclusione: è necessario che venga elaborata una norma particolare, proprio perché è particolare il prodotto e il dottor Gherzi mi darà conferma di quanto può essere complicato fare ciò. Intanto che non siamo arrivati a un qualcosa di specifico, si deve comunque garantire il consumatore. La Commissione ritiene di doverlo considerare come giocattolo, pur facendo delle eccezioni: quando il monopattino viene utilizzato in un contesto sportivo (in questo caso non viene considerato come un giocattolo, quindi non deve rispondere all’88/378/CEE) e, altra eccezione, quando viene utilizzato dagli adulti come mezzo di trasporto. In generale e in attesa che vengano elaborate disposizioni tecniche specifiche, va considerato sempre come un giocattolo ad eccezione dei due casi citati.
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Un altro esempio gli occhiali da sole, oppure i proiettili per le pistole, le pistole giocattolo, che di per sé costituiscono un giocattolo sicuro solo se vengono utilizzati proiettili adeguati, cioè quelli prescritti dal fabbricante. Su indicazione della Commissione, il produttore è tenuto ad informare il consumatore che l’oggetto usato è sicuro solo usando quel determinato tipo di proiettili.
Concludo. Non mi sono soffermata sugli aspetti tecnici, poiché saranno affrontati dal dottor Gherzi. A conclusione di questa prima parte voglio ribadire che la commercializzazione di un prodotto sicuro è una responsabilità non solo di chi progetta, di chi produce, ma anche di chi commercializza e per ultimo, ma non meno importante, di chi compera, oltre, ovviamente, delle Autorità di controllo. Grazie.
Intervento
Gli anelli da dentizione sono giocattoli?
Esperto
Sono giocattoli e sono definiti dalle Norme EN 71/1 – Anelli da dentizione e sonagli.
Dott.ssa Simonetta Diamante
Lo scopo è quello di trastullare il bambino, quel prodotto è utilizzato per dilettare ed alleviare il bimbo da certi piccoli problemi, quindi non può essere inteso come un medicamento.
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Aspetti particolari della Normativa: - Marcatura CE di conformità - Presunzione di conformità - Prescrizioni informative gioccatoli - Principi generali e rischi particolari - condizioni di sicurezza
Esperto sig. Marco Gherzi
Direttore Istituto Italiano Sicurezza Giocattoli
Vorrei entrare subito in merito agli avvertimenti riportati sulla EN 71/1 – Controlli fisico-meccanici. Come si potrà notare di seguito, gli avvertimenti sono importanti, stiamo parlando di bambini.
Iniziamo dalle capsule a percussione, così da introdurre anche l’argomento acustico. Le capsule, utilizzate comunemente nelle armi giocattolo anche se vendute sfuse, devono riportare dei precisi avvertimenti: “Non sparare in ambienti chiusi, vicino agli occhi e alle orecchie. Non tenere le capsule sciolte in tasca”. Sono indicazioni che devono essere riportate sempre. L’utilizzatore deve essere sempre allertato, perché abbiamo un problema anche acustico: ”Attenzione: non usare vicino alle orecchie. Un uso scorretto può causare danni all’udito”. L’EN71 dà indicazioni - e noi dobbiamo controllare articoli come i trillini e i sonagli -, e dà indicazione per gli articoli da mettere vicino all’orecchio, il telefonino, senza o con l’auricolare, con dei valori in decibel ben precisi che non devono essere assolutamente superati. Pertanto chi fabbrica o vende questi prodotti deve tenere presente che ci sono delle indicazioni ben precise. Le capsule come rivoltelle rientrano in questa categoria; c’è stata una lotta poi a livello europeo per portare i valori a 125 decibel. Una volta, ai miei tempi, facevano un rumore infernale, adesso fanno: “S-cec! S-cec! S-cec!”, proprio per questa ragione. Le biciclette giocattolo, come gli skateboard, devono avere un’indicazione: “Attenzione: devi utilizzarla con il casco”.
I giocattoli indirizzati ai bambini piccoli, come i peluche, non devono riportare nessuna scritta, se non il CE e il nome di chi li immette sul mercato. Io vedo tanti peluche con su scritto: “Non adatto a un bambino di età inferiore a 36 mesi”, si vede che chi l’immette, non so, pensa di risolvere i problemi di un eventuale inconveniente; sbaglia, perché l’articolo è per antonomasia destinato a bambini da 0 a 99 anni. Il peluche, proprio per norma, è un articolo destinato a bambini di tutte le età, pertanto deve riportare solo il CE e il nome di chi lo immette sul mercato. State attenti alle etichette, che siano cucite bene se non sono in tessuto, possono diventare dei piccoli pezzi. L’etichetta, se non è cucita sul prodotto, si deve richiamare a conservarla. L’unica variante che c’è nel discorso degli avvertimenti per i peluche è quando il pelo è superiore a 5 centimetri. In questo caso dobbiamo richiamare l’utilizzatore: “Attenzione: non adatto a un bambino di età
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inferiore a 10 mesi”. E’ un po’ particolare, però è anche comprensibile, cioè una certa massa portata in bocca causa anche senso di vomito, etc..
Il discorso dei giocattoli contenenti sostanze pericolose è piuttosto vasto, per antonomasia cito “Il piccolo chimico” ( ultimamente una nuova normativa si è aggiunta alla 71.4 A1, A2, la A3, che sono per quei pochi ingredienti per gli esperimenti le chiusure antibambino, tipo quelle dei medicinali per intenderci). Questo prodotto è fonte di grossa preoccupazione a livello europeo, e per questo motivo si pretendono scritte a non finire! Più che la scatola con i pochi prodotti che occorrono per fare le prove chimiche indicate, preoccupa quello che il bambino riesce a trovare in casa e a mettere insieme, combinando dei disastri paurosi (manca poco che riesca a fare la bomba atomica!). Vi parlo con cognizione di causa: qualche anno fa ho assistito all’Ospedale Gaslini a un dibattito su questi giochi perché alcuni bambini si erano ustionati con prodotti che avevano trovato in casa.
Comunque l’avvertimento deve essere sempre molto chiaro, si richiama l’utilizzo a bambini superiori ai 10 anni, sempre con la sorveglianza di un adulto, ci devono essere degli occhiali, se ci sono certi particolari esperimenti, deve averli anche l’adulto. La norma vi dà tutte le indicazioni, se avete piacere ve le leggo tutte. Allora, l’imballaggio esterno: “Avvertimento: solo per bambini di età maggiore ai 10 anni. Utilizzare esclusivamente sotto la sorveglianza di un adulto. Contiene prodotti chimici che sono classificati come pericolosi per la sicurezza. Leggere le istruzioni prima dell’uso, seguirle e prenderle come riferimento. Evitare qualsiasi contatto del corpo con i prodotti chimici, in particolare la bocca e gli occhi. Tenere i bambini piccoli e gli animali lontani dalla zona degli esperimenti. Tenere il set chimico fuori della portata dei bambini piccoli”. Se necessario “non contiene la protezione degli occhi per l’adulto che sorveglia”. I recipienti di vetro se non sono in vetro borosilicato devono riportare: “Non riscaldare”, perché il vetro borosilicato resiste al calore, l’altro vetro si romperebbe, con tutti gli inconvenienti del caso.
Facciamo una carrellata nel mondo della parte elettrica, altro punto molto interessante. Quando io tratto un giocattolo elettrico prima di tutto mi devo assicurare che questo sia perfettamente allineato alle norme e devo avere la massima sicurezza di avere eseguito un minimo di controllo, perché il giocattolo elettrico può essere anche complesso. Vedi l’elettronica, etc.. Abbiamo il giocattolo elettrico cavalcabile, non so se conoscete tutti le motorette e via discorrendo, che sono, al di là del volume, discretamente semplici; abbiamo anche giocattoli elettrici che fanno i suoni per i bambini piccoli, luci e cose di questo genere, ed è elettronica; e abbiamo il giocattolo elettrico che può essere anche collegato al computer o alla televisione. Pertanto i giocattoli elettrici sono piuttosto articoli indirizzati a una certa fascia d’età, però anche ricchi di pericolo, cioè il bambino può
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cortocircuitare, può inserire le pile in modo errato. Vanno controllati e devono essere visti da un organo competente.
La preoccupazione della norma è anche negli avvertimenti per l’utilizzatore: si deve riportare la tensione nominale della batteria all’interno o sopra il comparso delle batterie. Questo è molto importante, molti giocattoli elettrici non le riportano. Quando si usa più di una pila, si deve riportare come vanno inserite le pile, polo negativo, polo positivo, e mettere il valore in V. Insomma, bisogna richiamare l’utilizzatore a utilizzare correttamente il prodotto. Inoltre si deve riportare come rimuovere e inserire le pile. Le batterie ricaricabili devono essere rimosse dal giocattolo prima di essere ricaricate; le batterie ricaricabili devono essere ricaricate sotto la supervisione di un adulto. Una pila normale oggi è veramente fatta molto bene. Ma la pila ricaricabile, credetemi, può scoppiare, se ricaricata in modo errato. Di conseguenza è molto pericolosa.
Secondo punto: diversi tipi di batterie o batterie nuove e usate non devono essere mischiate (sembrano cose banali, però sono fondamentali per la buona funzionalità del gioco); devono essere usate solo batterie equivalenti a quelle raccomandate; le batterie devono essere inserite rispettando la corretta polarità; le batterie scariche devono essere rimosse dal giocattolo, i morsetti di alimentazione non devono essere cortocircuitati.
I giocattoli a pila, come dicevo nella mia introduzione, hanno un obbligo verso una direttiva dello smaltimento. Pertanto quando si acquista una confezione di pile c’è su un cassonetto, che serve per lo smaltimento differenziato delle pile; se io acquisto un giocattolo e all’interno ho già le pile, cioè mi è già stato consegnato funzionante, e generalmente oggi lo fanno, deve essere riportato sull’iscrizione anche questo cassonetto per lo smaltimento.
I giocattoli elettrici possono essere anche a trasformatore, sempre che non superino i 24 Volt. I trasformatori devono essere trasformatori per giocattoli, perché la preoccupazione di chi fa le norme, e di conseguenza di chi deve farle applicare (come noi), è che il prodotto sia adatto alla destinazione prevedibile e che pertanto il bambino non abbia inconvenienti durante il momento di gioco. Allora il trasformatore deve riportare: la tensione nominale in Volt; il simbolo per la corrente continua o corrente alternata; potenza nominale in Watt o in Volt Ampère, se superiore a 25 Watt o 25 Volt Ampère; simbolo per trasformatore per giocattoli anche sull’imballo. Il simbolo per il trasformatore per giocattoli, è una specie di trenino. E’ importante che ci sia questo simbolo, perché questo vuol dire che è un trasformatore adatto, e inoltre deve essere chiaro che il trasformatore non è un giocattolo e deve essere utilizzato solo dall’adulto, perché lo inserisce nella spina di casa (220 Volt). Il bambino deve giocare sempre con un prodotto che non superi i 24 Volt.
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Per quanto riguarda i giocattoli elettrici, che funzionano con le pile a bottone che essendo molto piccole possono essere ingerite, per questo tipo di pile c’è l’obbligo di renderle inaccessibili, cioè il vano della pila o ha una vite o ha un intervento doppio, non simultaneo, in modo da consentire di estrarre le pile solo dopo una certa manovra, proprio perché si vuole proteggere la prima fascia più a rischio.
Giocattoli che incorporano lampade. Le lampade se sono sostituibili devono dare tutte le indicazioni; il fabbricante, l’importatore o il distributore deve dare tutte le indicazioni, cioè: che tipo di lampada, come deve essere sostituita. Anche queste sono informazioni utili al bambino o a chi lo segue nel gioco.
I giocattoli dotati di radiocomando – e questo l’avevo accennato – devono rispettare la direttiva 99/05. E’ doveroso un chiarimento. Anche nel radiocomando è ammessa l’autocertificazione, cioè io immetto un prodotto sul mercato, faccio controllare, o controllo da solo, che la banda sia perfetta, che non crei disturbi attraverso la compatibilità elettromagnetica, etc., e anche se faccio questo io devo sempre rivolgermi alle Autorità del Paese dove commercializzo l’articolo e avvisarle che immetto un prodotto. Se invece mi avvalgo di un notify body dovrò riportare sulle mie istruzioni, sul mio giocattolo, il numero del notify body e il simbolo dell’attenzione, che è un cerchio sottolineato con un punto esclamativo al centro. Questo è molto importante e di prestigio e di massima garanzia.
Per quanto riguarda l’infiammabilità c’è un particolare molto importante: se durante la prova di infiammabilità la velocità di propagazione della fiamma è compresa da 10 millimetri e 30 millimetri, sia il giocattolo che l’imballaggio devono essere dotati del seguente avvertimento - stiamo parlando dei costumi di carnevale -:“Attenzione: tenere lontano dal fuoco”. Abbiamo segnalato solo i casi più pericolosi, un abito si fa fatica a toglierlo se si incendia, un peluchino se si incendia lo butti, è più immediato. Un altro problema è quelle casette dove il bambino può entrare. Allora, se durante la prova di infiammabilità la velocità di propagazione della fiamma è compresa sempre tra 10 e 30, bisogna riportare il solito avvertimento: “Tenere lontano dal fuoco”.
Io ho fatto una carrellata, le norme sulla sicurezza dei giocattoli sono ormai norme che sono a livello di 100 pagine, sono molto, molto interessanti, trattano il prodotto sotto ogni punto di vista, ci danno le indicazioni su come si devono controllare i giocattoli, ci danno delle spiegazioni su come vanno interpretati i punti di controllo. Pertanto non sono al servizio dell’UNI, non voglio essere frainteso ma chi tratta giocattoli è bene che abbia le norme ben in vista e che qualche volta le controlli, le consulti, che senz’altro sono d’aiuto, perché le norme sulla sicurezza nei giocattoli sono diventate ormai uno strumento indispensabile per chi produce e tratta giocattoli. Ricordiamoci che stiamo parlando di bambini (e scatta subito l’allarme,
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come diceva la dottoressa Diamante), e si è tutti un po’ in apprensione, perché poi se si hanno in casa dei prodotti che vengono bloccati ... ci sono anche dei danni.
Intervento
Per quanto riguarda le normative, il mio problema è quello di reperirle, insieme ai relativi aggiornamenti.
Esperto
Può andare in una sede UNI.
Moderatore
Presso la Camera di Commercio di Treviso è disponibile per la consultazione la raccolta UNI. Inoltre presso l’Ufficio Tutela del Consumatore è possibile chiedere informazioni.
Dott.ssa Simonetta Diamante
Diciamo che a livello centrale c’è il Ministero delle Attività Produttive, che comprende in particolare la Direzione del controllo, che è quella che io rappresento, e la Direzione che notifica gli Organismi a Bruxelles e dà indicazioni sugli Organismi che eseguono le prove. Presso il sito del Ministero delle Attività Produttive troverete l’elenco degli Organismi ai quali ci si può rivolgere per chiedere informazioni di natura tecnica. Per le norme va detto che è possibile averne l’elenco scaricandolo dai siti dedicati. E’ opportuno che chi produce sia informato. Alcune Camere di Commercio, e dovrebbero averle tutte, dispongono di queste norme, che sono costose, che cambiano in continuazione, quindi bisogna aggiornarle costantemente. C’è un sito, che ora vi dico, www.europa.eu.int/com/enterprises, della Comunità Europea gestito dalla DG Imprese, dove vengono indicate tutte le ultime informazioni di carattere giuridico per quanto riguarda i giocattoli. E’ di libero accesso fino ad un certo punto, oltre il quale con la necessaria password accedono solo le Autorità di controllo. Lì potete trovare le informazioni aggiornate per quanto riguarda la normativa comunitaria sui giocattoli. La normativa nazionale l’abbiamo già esaminata. Per quanto riguarda le norme è opportuno disporre dell’elenco degli Organismi qualificati per poi contattarli, onde acquisire il supporto tecnico che ritengo doveroso.
Esperto
Volevo appunto far presente che abbiamo un nostro sito, che è sempre molto aggiornato, che è www.giocattolisicuri.com.
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Moderatore
Volevo precisare che qui a Treviso c’è l’azienda speciale Treviso Tecnologia, dove sono in vendita le norme UNI.
Dott.ssa Simonetta Diamante
La Camera di Treviso, non perché siamo qui, è un fatto proprio operativo, io questo lo devo dire proprio come soggetto che si trova ad operare, è una delle Camere che per fortuna è ben organizzata, ben sensibile a questo problema. Quindi è sicuramente un ottimo punto di riferimento.
Intervento
Volevo chiedere: se il giocattolo viene venduto, per esempio, in Olanda, c’è pericolo che cambi qualcosa?
Esperto
E’ una preoccupazione che abbiamo noi, tanto è vero che nella domanda d’esame, che si trova sul nostro sito, facciamo anche questa richiesta: dove intendi poi commercializzare? Generalmente, a livello europeo un laboratorio notificato in Germania, come in Italia, rilascia l’attestato e lei dovrebbe commercializzare liberamente in tutta l’Europa con quell’attestato, senza avere altri problemi. Ovviamente bisogna stare attenti ad alcuni particolari che sono legati a disposizioni magari interne di alcune Nazioni. Per esempio la Francia è stata la prima sui salvagenti a mutandine, ha creato dei problemi sulle ventose, sta creando dei problemi sullo Yo-Yo. Cioè con queste indicazioni, ovviamente, lei non può andare in Francia con quei giocattoli, perché non li potrebbe più commercializzare, capisce? Per esempio, se lei fabbrica dei pennarelli in Inghilterra, deve applicare anche la BSI 7272 per l’aspirazione dei cappucci. Questo mi fa venire in mente una cosa molto importante: cosmetici giocattolo, che è un argomento molto importante che può chiarire altri settori. Quando io ho un giocattolo che va a interessare un altro settore, devo controllare un articolo per il giocattolo e per quest’altro settore, cioè il mio articolo deve rispondere a due normative o a tre o a quattro, cioè a quelle previste per il tipo di prodotto che sto commercializzando o produco.
Intervento
A proposito di questo, prima parlava dei giocattoli destinati esclusivamente a parchi pubblici, scuole. La normativa specifica qual è?
Esperto
Allora, tutte le attrezzature per uso pubblico non hanno la marcatura CE. Attenzione, non siamo nel mondo del giocattolo, perché si tratta di prodotti che devono rispondere alla 95/2001, Sicurezza Generale del Prodotto, e sono
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normati, ed è una continua evoluzione, con le EN1176. C’è la 1, la 2, la 3, la 4, la 5, la 6, e la 1177 che tratta dell’impatto sul suolo; la 1 sono i requisiti generali, la 2 altalene, 3 scivoli, 4 teleferiche, 5 giostre, 6 giochi a molla.
Intervento
Rappresento una ditta che produce giocattoli. Volevo riallacciarmi un attimo al discorso dei parchi o degli asili. Noi facciamo tricicli che di solito vengono utilizzati per uso privato, a volte però vengono utilizzati anche negli asili.
Dovremmo adottare una normativa particolare?
Esperto
No, non potete far altro che dare l’articolo con attestato CE giocattolo, e portare a conoscenza che sono per uso privato. Siete un attimino aiutati: il triciclo è personale, cioè non possono andare su in 12. Se lei invece mi fa uno scivolino su cui possono andare 3 o 4 bambini, ecco che la cosa comincia a essere diversa.
Intervento
Noi nelle confezioni, nelle scatole, solitamente utilizziamo sacchetti forati. Volevo chiedere: c’è una misura minima prevista per i sacchetti?
Esperto
Sissignore. Allora, prima di tutto lei deve dare un’indicazione molto importante: “Attenzione: l’articolo deve essere montato da un adulto”. La seconda cosa da fare è realizzare il sacchetto con uno spessore superiore a 0,038 millimetri, se l’apertura ha un perimetro superiore a 380 millimetri (per evitare che il bambino se lo possa calzare in testa). Si consiglia uno spessore di 0,040 per essere un pochettino più abbondanti, perché siccome sono prodotti calandrati, sono fogli, cosa succede? Non c’è uniformità. Noi li controlliamo in diagonale: dopo l’apertura in 10 punti, dobbiamo trovare tutti i 10 punti superiori a 0,038. Inoltre potete comunque, per risparmiare, fare un sacchetto più leggero; se lo fate più leggero dovete pensare che in ogni 30X30 ci deve essere minimo un foro da 2 millimetri e mezzo. Pertanto vuol dire diventare un colabrodo, per poterli lasciare respirare, sì. Non è obbligo da parte del fabbricante riportare nessuna scritta, però, come dice un vecchio adagio, più spiego e meglio è, se volete mettere: “Attenzione, tenerlo lontano dal bambino”. Gli americani hanno questa scritta riportata sui sacchetti, e scritte di questo tipo si trovano anche in Italia, anche nelle confezioni non giocattolo.
Intervento
Il triciclo qui in Italia ha l’obbligo di avere una sterzata massima?
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Esperto
No, l’obbligo è solo per le biciclette superiori a 435 millimetri, sino a 635 millimetri (che sono normate dall’8096 ISO), che danno una sterzata non superiore a 60 gradi.
Intervento
Noi produciamo anche monopattini, non quelli in alluminio, ma quelli classici per bambini. E’ necessario consigliare l’uso dell’elmetto, del casco?
Esperto
Come le ho detto, io sarei per “Si consiglia ..” sempre.
Intervento
Ne giocattoli la marcatura CE la appone sempre e solo il fabbricante rispettando i requisiti essenziali?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Le procedure di accertamento della conformità sono diverse in base al modulo che viene seguito: se questo modulo prevede l’intervento di un Organismo terzo, dovrà comparire anche il numero, etc. etc.. Ci si chiede se per quei giocattoli, per i quali esiste un rischio un po’ più elevato, c’è la necessità di introdurre l’obbligo della certificazione da parte di un N.B..
Intervento
Relativamente alle norme tecniche a cui avete accennato, queste norme tecniche sono recepite dalla normativa stessa, dal Decreto Legislativo? Sono obbligatorie oppure sono norme volontarie?
Dott.ssa Simonetta Diamante
Come no! Sì, all’art. 3 si parla proprio di presunzione di conformità e si fa riferimento specifico alle norme, leggo testualmente, armonizzate, comunitarie o ai recepimenti o comunque, se non esiste una norma specifica, c’è sempre la possibilità mediante il supporto dell’Organismo di trovare una soluzione tecnica che garantisca la sicurezza. In sostanza, lo spirito delle direttive del nuovo approccio è questo: definire il livello di sicurezza che deve essere garantito, poi sta al produttore la libertà di scegliere, ovviamente entro certi limiti stabiliti dalla direttiva in esame, qual è la tecnica produttiva che meglio si adatta alla sua produzione. E’ importante la figura dell’Organismo notificato, cioè la struttura che materialmente opera applicando quel modulo di valutazione di conformità. Da lì ne deriva poi l’obbligo dell’indicazione del numero dell’Organismo.
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Atti del seminario
La sicurezza dei prodotti elettrici
30 MAGGIO 2003
Relatori:
Dott.ssa Diamante Simonetta
Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore
Dott. Roberto Cavenaghi
Account Manager dell’Istituto Italiano del Marchio di Qualità - IMQ
Saluto ai partecipanti
Dr. Renato Chahinian
Segretario Generale della CCIAA di Treviso
Diamo inizio a questo nuovo incontro che fa parte di un ciclo più vasto di incontri sempre finalizzati alla prevenzione e alla sicurezza dei prodotti. L'argomento di oggi riguarda i prodotti elettrici, e quindi i destinatari del nostro incontro sono sempre da una parte i consumatori e dall'altra le imprese. I consumatori vanno informati affinché siano sempre più consapevoli, durante i loro acquisti, della necessità che i prodotti siano sicuri; le imprese (che producono, distribuiscono, e importano tali prodotti) affinché - messe al corrente della normativa vigente - possano adeguarsi ai principi di sicurezza (i quali garantiscono la tutela dell’utilizzatore).
Sappiamo che l'energia elettrica oggigiorno è presente in tutte le attività umane: tutti noi, in qualità di consumatori, nell’utilizzare beni che funzionano elettricamente, veniamo a contatto con i prodotti elettrici. D'altra parte le stesse imprese che producono prodotti elettrici a loro volta utilizzano strumenti che comunque richiedono l'impiego dell'energia, impiego che deve sempre essere fatto secondo le norme di sicurezza.
Oltre chiaramente alla categoria dei consumatori (siamo tutti consumatori), abbiamo nella Provincia di Treviso circa 3600 imprese che hanno un interesse specifico all’argomento di oggi. Di tali imprese il 13% è costituito da produttori, il 6% da commercianti all'ingrosso, il 4% da commercianti al dettaglio, il 2% riguarda la grande distribuzione (che ovviamente tratta anche i prodotti elettrici), il 57% riguarda l'installazione di tanti prodotti che funzionano con l'elettricità, il 7% riguarda gli agenti, i rappresentanti, altro 7% i riparatori di prodotti elettrici, e un ulteriore 4% è costituito da altre categorie, come gli ambulanti, ecc..
Quindi pensiamo alla grande diffusione che devono avere queste norme, che devono essere note (almeno nei principi essenziali) per poter essere applicate. Senza contare poi che le stesse imprese che producono, distribuiscono, importano prodotti elettrici sono anche utilizzatrici di tali prodotti. Di conseguenza queste imprese devono essere avvedute e devono acquistare prodotti a norma. Tutti i datori di lavoro per il fatto che gestiscono imprese, enti, associazioni, hanno la responsabilità di acquistare e di far funzionare in maniera corretta i prodotti elettrici che l'impresa, l'ente o l’associazione usa.
Un accenno particolare poi va fatto ad una categoria molto delicata, la categoria degli importatori. In realtà chi compra da produttori italiani o comunque da produttori dell’Unione Europea è più sicuro della qualità dei prodotti che successivamente distribuisce. Diversamente per chi importa da Paesi al di fuori dell’Unione, perché in quei Paesi potrebbero essere previsti e, quindi, potrebbero essere effettivamente applicati certi sistemi di
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sicurezza, ma potrebbero anche non esserlo. E allora l'importatore deve impegnarsi e deve verificare che effettivamente i prodotti che importa sono conformi.
Il programma di oggi, che riguarda la sicurezza nel campo dei prodotti elettrici, vede l'esposizione principale da parte della dottoressa Simona Diamante (che ormai conosciamo per l'esperienza fatta negli incontri precedenti), funzionario del Ministero delle Attività Produttive ed esperta nel settore da molti anni. La dottoressa metterà in luce tutti gli aspetti che devono essere tenuti presenti proprio per la tutela del consumatore.
D'altra parte abbiamo il signor Roberto Cavenaghi che è account manager dell' IMQ - Istituto italiano del marchio di qualità -, il quale invece ci illustrerà le singole caratteristiche sotto l'aspetto tecnico e, quindi, ci indicherà come riconoscere i prodotti che sono più o meno conformi alle norme.
Per quanto riguarda la normativa dei prodotti elettrici, dobbiamo ricordare che abbiamo due direttive della Comunità Europea che hanno precisato gli elementi essenziali, le caratteristiche essenziali che devono essere presenti nei prodotti per la loro sicurezza. Poi c'è tutta la legislazione nazionale che ha recepito queste direttive comunitarie, ha dettagliato le regole e ha individuato gli Organi preposti alla vigilanza e all’emanazione delle eventuali sanzioni.
Da tener presente che la nostra attività divulgativa ha lo scopo di diffondere la normativa per responsabilizzare sia i produttori che i consumatori. Ovviamente abbiamo anche delle funzioni di controllo e delle funzioni sanzionatorie. In particolare l’attività di vigilanza viene svolta soprattutto dal Ministero delle Attività Produttive attraverso controlli più o meno vasti, più o meno diffusi, per verificare che i prodotti siano effettivamente a norma.
Termino qui la mia breve introduzione e cedo la parola alla dottoressa Simona Diamante esperta del settore.
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La normativa sulla Sicurezza dei prodotti elettrici – La vigilanza del Mercato – Obblighi dei fabbricanti e degli importatori
Dott.ssa Simonetta Diamante
Funzionario presso il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore
Volevo innanzi tutto darvi il benvenuto e ringraziare il dottor Chahinian per la sua sempre precisa e puntuale introduzione, ha una grande capacità: quella di sintetizzare in brevissimo tempo quello che io non riesco mai a dire nel tempo che mi viene dato a disposizione. Vedo con piacere alcune persone che hanno partecipato ad incontri precedenti, questo è estremamente positivo perché dà la continuità e soprattutto il senso a questo intervento molto pregevole, devo dire, posto in essere dalla Camera di Commercio. Si è riusciti a colpire il centro, cioè a sensibilizzare, sensibilizzare sia il consumatore che il produttore, perché se è vero che il produttore è chiamato a rispondere ad una serie di obblighi, di imposizioni nate a livello comunitario, poi recepite a livello nazionale, è pur vero che il consumatore nel momento in cui fa il suo acquisto, fa la prima scrematura del prodotto. Non mi stancherò mai di dire che se il produttore ha i suoi obblighi, così li ha il consumatore, sono entrambi chiamati ad intervenire per un mercato pulito.
Quando parlo di produttore uso un termine piuttosto generico nell'ottica della nuova impostazione che viene data dalla direttiva sulla sicurezza generale, che è in fase di recepimento e che sarà operativa il gennaio del prossimo anno. In questa si dice che sono tutti chiamati a rispondere alla norma, e quando si dice tutti si dice produttore, si dice importatore, si dice distributore. Quindi, il distributore non è meno responsabile di colui che ha materialmente realizzato il prodotto, tant'è che lui stesso deve rispondere delle cose a cui appunto è tenuto a conformarsi il produttore. Dal punto di vista quindi delle responsabilità ecco che è importante il coinvolgimento di tutti i soggetti, ognuno con la sua parte di specifica competenza. Anche le grandi catene di distribuzione erano e saranno oggetto di controllo da parte della Camera di Commercio, in maniera autonoma, o direttamente su input del Ministero e non si dovrà sentir dire: “va bene, io l'ho acquistato da un importatore, non mi ha dato nulla”, perché purtroppo sarà poi il distributore a doverne rispondere. Quindi l'importatore, ripeto, o il distributore deve comunque accertarsi, prima di acquistare un prodotto da un determinato soggetto, che il prodotto sia corredato da tutto quello che la legge prescrive. E’ fondamentale conservare la documentazione per dieci anni, così come stabilisce la normativa.
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