La determinazione dei compensi dopo la riforma forense
La determinazione dei compensi dopo la riforma forense
Le modalità per la determinazione del compenso dovuto per l'attività professionale svolta dall’avvocato continuano ad essere regolamentate dall'articolo 2233 Cc, come modificato prima dalla c.d. legge Bersani (L. 248/2006) e, da ultimo, dall’articolo 9 della legge 27/2012 di conversione del Dl 1/2012. Il nuovo ordinamento professionale forense previsto dalla legge 247/2012 (G.U. del 18/1/2013 n. 15) ha infine fissato le ultime disposizioni che entreranno in vigore dal 2 febbraio 2013.
Riforma forense in “Gazzetta”: il calendario dell’attuazione
Prima di procedere alla disamina della novella dell’ordinamento professionale forense apportata con la legge 247/2012 e dei relativi risvolti operativi sul sistema di determinazione del compenso spettante all’Avvocato per l’attività professionale prestata, pare opportuno delineare un breve excursus storico che ha interessato la materia di cui trattasi.
I criteri “storici”
L’articolo 2233 Cc, da sempre pietra miliare del sistema di determinazione del compenso unitamente ai principi contenuti nella legge professionale del 1936, nella sua originaria stesura, indicava quattro criteri per la determinazione del compenso, ordinati in base ad un sistema gerarchico: in primis l’accordo tra le parti, in mancanza del quale le tariffe o gli usi e, infine, la determinazione giudiziale.
In particolare, la determinazione del compenso dovuto all’avvocato per l’attività professionale svolta era incentrata sui seguenti principi:
- determinazione delle tariffe ogni biennio (il termine però non è stato mai rispettato) a cura del Consiglio nazionale forense con l’intervento del ministero della Giustizia sia con riferimento agli importi sia con riferimento al decreto ministeriale da pubblicare sulla “Gazzetta Ufficiale” (l’ultimo risale al 2004, n. 127);
- minimi tariffari inderogabili;
- divieto del patto di quota lite.
La legge Bersani
La rivoluzione del sistema di determinazione del compenso spettante all’avvocato inizia con la legge n. 248 del 2006 (c.d. legge Bersani), che aveva apportato le prime sostanziali modifiche al sistema tariffario, eliminando il principio dell’inderogabilità dei minimi tariffari e legittimando la stipula del patto di quota lite, da ricondurre nell’alveo dei patti conclusi tra gli avvocati e i loro clienti in ordine alla determinazione dei compensi professionali, da redigersi in forma scritta a pena di nullità.
L’abrogazione delle tariffe
È con la legge n. 27/2012 di conversione del Dl 1/2012 che il sistema per la determinazione del compenso per l’attività professionale, svolta dagli avvocati e dagli altri professionisti appartenenti al sistema ordinistico, ha subìto una radicale trasformazione.
La novella legislativa del 2012 - articolo 9 legge 27/2012 - ha definitivamente abrogatole tariffe previste per le professioni ordinistiche, eliminando il “sistema tariffario professionale” speciale previsto per alcuni professionisti statuendo al comma 1 che “sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico” e al comma 5 che “sono abrogate le disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma .
La nuova normativa, pertanto, in modo netto e preciso, abrogate in via generale le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico, abroga anche il sistema tariffario forense, stabilendo contestualmente che anche tutte le norme collegate a questo sistema di determinazione del compenso devono intendersi implicitamente abrogate.
La pattuizione del compenso
Corollario della novella legislativa del 2012 è, dunque, rappresentato dalla necessità che il compenso per le prestazioni professionali venga pattuito al momento del conferimento dell'incarico nei modi e termini previsti dall’articolo 2233 del codice civile nonché dall’articolo 9 legge 27/2012 e quindi dai parametri ministeriali fissati con il Dm attuativo pubblicato sulla G.U. il 22 agosto 2012, dopo la scadenza dei 120 giorni, prevista per il 24 luglio 2012.
La determinazione del compenso professionale, dunque, deve avvenire, in via preferenziale, tramite l’accordo tra il professionista e il cliente e quindi tramite la stipula di un contratto d’opera professionale, in mancanza della quale essa è rimessa alla valutazione del giudice vincolata all’applicazione dei parametri ministeriali fissati con il Dm 140/2012.
A ben vedere, infatti, nonostante l’articolo 9 legge 27/2012 abbia espressamente inciso sul tenore dell’articolo 2233 Cc
esclusivamente tramite l’abrogazione del rinvio alle tariffe, dalla lettura congiunta della novella e della relativa relazione ministeriale si evincono i seguenti principi innovativi in materia:
- centralità dell’accordo tra il professionista e il cliente;
- non utilizzabilità degli usi, perché non menzionati con la nuova legge speciale;
- non necessità del parere della «associazione professionale» cui si riferisce l’articolo 2233 Cc per la determinazione giudiziale dei compensi, in quanto il mancato richiamo ad esso da parte della legge 27/2012 configura una sua abrogazione implicita.
I criteri gerarchici preferenziali per la determinazione del compenso, alla luce di dette precisazioni, devono essere così individuati:
1) accordo tra le parti;
2) liquidazione da parte del giudice.
Il ricorso ai “parametri”
Un contratto d’opera professionale diventa, quindi, necessario poiché, in mancanza, interviene il secondo criterio, come previsto e regolamentato dal Dm 140/2012. Si ricorda che il contratto d’opera professionale ha la sua collocazione nel codice civile all’articolo 2233 e seguenti. Si tratta di un contratto a titolo oneroso, ma essendo l’onerosità elemento materiale e non essenziale del contratto, è possibile stipulare anche accordi con prestazioni gratuite (Cass. 21251/2007).
Se ne desume, quindi, che il ricorso ai parametri fissati dal Dm 140/2012 quali criteri residuali per la determinazione del compenso, avviene nelle ipotesi in cui:
1) cliente e professionista non hanno previamente pattuito nessun accordo sul compenso;
2) cliente e professionista non hanno previsto nell’accordo alcune attività che vengono successivamente svolte;
3) la parte deve rifondere le spese legali all’altra parte per effetto della condanna alle spese;
4) il professionista e il cliente hanno determinato il corrispettivo con riferimento alle vecchie tariffe.
Poiché il Dm 140/2012 mira a risolvere i casi patologici di rapporti tra professionista e cliente, il criterio residuale deve essere utilizzato anche nei casi in cui il compenso pattuito è impugnato per eccessiva onerosità o per errore o per venir meno di talune caratteristiche del rapporto.
Pertanto, nel momento in cui il rapporto professionale entra in sofferenza per dissenso tra le parti, il giudice, dopo aver accertato che la pattuizione del compenso non è “in vigore”, decide la controversia riferendosi ai parametri e a quanto altro stabilito dal Dm 140/2012.
Così descritto il sistema di determinazione del compenso professionale delineato dalla novella 27/2012, sembrava che la procedura di eliminazione del sistema tariffario forense si fosse conclusa con l’abrogazione generalizzata dei sistemi tariffari delle professioni regolamentate.
Xxxx cambia con la riforma forense
In realtà, l’ultimo intervento legislativo, legge 247/2013, relativo al nuovo ordinamento forense ha reintrodotto un sistema speciale di determinazione e liquidazione del compenso per la categoria professionale degli avvocati.
In generale, la legge 247/2012 conferma i principi previsti dall’articolo 2233 Cc così come riformulato dalla legge 27/2012, introducendo all’articolo 13 per gli Avvocati alcune importanti novità e precisazione in punto di conferimento dell’incarico e determinazione del compenso di seguito evidenziate.
Si tenga presente che la legge 247/2012 si pone in un rapporto di specialità rispetto alla normativa contenuta nella legge 27/2012, almeno con riferimento agli argomenti comuni, tra cui rientra anche la determinazione dei compensi professionali. A ben vedere, infatti la disciplina dell’ordinamento della professione forense si riferisce esclusivamente alla categoria degli Avvocati, rientranti nella categoria generale delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico. Se ne desume che alcuni aspetti regolati in via generale dalla legge 27/2012 sono derogati dalle disposizioni contenute nella legge 247/2012 relativa all’ordinamento forense.
Caratteristiche dell’incarico
Accogliendo l’orientamento ormai consolidato, si afferma che l’incarico professionale può essere svolto anche a titolo gratuito.
L’avvocato può esercitare l’incarico professionale anche a proprio favore (comma 1 articolo 13). Il tenore di tale disposizione non è molto chiaro, in quanto sembrerebbe alludere ad un interesse precipuo e personale dell’avvocato nell’espletamento dell’incarico professionale conferito dal cliente. Come noto, la partecipazione personale del professionista agli interessi economici sottesi all’incarico conferito è da sempre guardata con sospetto, potendo essa mettere a repentaglio l’autonomia e la dignità della professione oltreché l’effettiva tutela esclusiva dell’interesse del cliente cui la professione forense è preordinata. Questa la ratio dell’articolo 1261 Cc e dell’articolo 2233 comma 3 nella sua formulazione ante legge Xxxxxxx, che vietava agli avvocati di stipulare con i loro clienti patti relativi ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni.
Alla luce di quanto sinora esposto - al di là di quanto di seguito si dirà con riferimento alla reviviscenza o meno del
divieto del patto di quota lite tramite il tenore del comma 4 articolo 13 legge 247/12 e nonostante l’ambiguo disposto del comma 1 – deve concludersi nel senso che per esercizio dell’incarico anche a proprio favore si intende la difesa personale della parte ex articolo 86 Cpc, che consente di stare in giudizio senza il ministero del difensore alla parte che ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giudice adito.
La determinazione del compenso.
Sulla scia dell’articolo 9 legge 27/2012 in punto di determinazione del compenso si ribadisce quanto segue:
- il compenso spettante al professionista è pattuito di regola
1) per iscritto,
2) all’atto del conferimento dell’incarico professionale.
In tal modo, si consigliano al professionista sia la forma che il momento della determinazione del compenso, onde tutelare nel miglior modo possibile il rapporto professionale ed evitare ab origine l’insorgenza di questioni controverse ed il ricorso alla determinazione giudiziale dei compensi (comma 2 articolo 13). Si consideri comunque che la forma scritta rivestita dalla pattuizione sul compenso tra avvocato e cliente integra un vero e proprio onere imposto alle parti dal comma 3 articolo 2233 Cc.
Il costo della prestazione
A richiesta, il professionista è altresì tenuto a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l’incarico professionale la misura del costo della prestazione, prevedibile al momento del conferimento dell’incarico, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale (seconda parte comma 5 articolo 13). Tale onere si aggiunge agli altri obblighi informativi che il comma 5 impone all’Avvocato, nel rispetto del principio di trasparenza: si tratta dell’obbligo di rendere noto al cliente il livello della complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico.
Tale disposizione va letta in combinato disposto con l’articolo 9 comma 4 legge 27/2012 che impone che, in ogni caso, la misura del compenso sia previamente resa nota al cliente con un preventivo di massima. Ne deriva, dunque, che l’avvocato, qualora richiesto, è tenuto a comunicare in forma scritta al cliente la misura del costo della prestazione.
Specificando il contenuto della pattuizione tra cliente ed avvocato, il comma 3 articolo 13 legge 247/2012, ispirato al principio di libertà quale massima espressione dell’autonomia negoziale che connota la stipula di un contratto d’opera professionale per la regolamentazione del rapporto avvocato, ammette anche le seguenti tipologie di accordi:
1) tempo,
2) misura forfetaria,
3) per convenzione avente ad oggetto uno o più affari,
4) in base all’assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l’intera attività,
5) percentuale sul valore dell’affare,
6) percentuale su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione.