Contract
SOLUZIONI LAVORO
OSSERVATORIO PERMANENTE IN MATERIA DI LAVORO, SINDACATO E PREVIDENZA SOCIALE COORDINATO DA XXXXX XXXXXXX XXXXXXX DIRETTO DA XXXXXX XXXXXX
I CONTRATTI DI SOMMINISTRAZIONE DOPO IL “ DECRETO DIGNITÀ”
MONOTEMA N. 14/2018
1
I contratti di somministrazione dopo il “Decreto Dignità”
Avv. Xxxxxxxxx Xxxxxx
Il Decreto dignità (D.L. 12.7.2018 n. 87) e la successiva legge di conversione (L. 9.8.2018, n. 96) hanno profondamente mutato la disciplina del contratto di somministrazione di lavoro1, mediante l’introduzione di una serie di novità, specialmente ad opera della legge di conversione, che ha inciso sulla materia de qua in maniera molto più stringente di quanto non avesse già fatto il D.L. n. 87/2018.
1. Estensione
delle regole del contratto di lavoro a termine anche ai lavoratori assunti a termine dall’Agenzia di somministrazione.
Il Decreto dignità ha fortemente inciso sulle esenzioni prima previste dall’art. 34, co. 2, D.LGS. n. 81/20152 in materia di assunzione a tempo determinato da parte delle Agenzia per il lavoro, e in tal modo ha di fatto nuovamente esteso (ovviamente nei soli rapporti interni tra Agenzie e lavoratori) anche a questi contratti quasi tutte le regole del contratto a tempo determinato, con la sola esclusione della disciplina di cui all’art. 21, co. 23, 23 e 24 del D.LGS. n. 81/2015 e dunque con eccezione soltanto delle regole sullo stop and go, sui limiti quantitativi di utilizzo (dunque la percentuale di contingentamento del 20%) e sul diritto di precedenza.
Ciò significa che, a decorrere dal 14 luglio 2018, troverà pressoché integrale applicazione, anche nei confronti dei lavoratori somministrati con contratto a termine, tutta la disciplina di cui al nuovo testo dell’art. 19, D.LGS. n. 81/2015.
Pertanto anche i contratti di lavoro a termine tra Agenzia e lavoratori somministrati dovranno rispettare, a differenza di quanto disponeva il jobs act, le regole relative alle causali, alla durata massima (12 mesi estensibili a un massimo di 24 solo previa apposizione di causale), dei rinnovi e al numero massimo di proroghe (individuate dal legislatore nel numero di 4) che è possibile effettuare nell’arco dei 24 mesi di durata massima del contratto a termine.
Con riferimento alla disciplina della durata massima del contratto di lavoro a termine del lavoratore somministrato, occorre peraltro rilevare che siccome prima dell’entrata in vigore del Decreto dignità era espressamente esclusa, per questa tipologia contrattuale4,
1 Per i primi commenti sul Decreto dignità e la legge di conversione si veda X. XXXXXXXX, Luci e ombre del decreto dignità, xxx.xx.0.xx, 7.8.18; G. MIMMO - X. XXXXX, Il Decreto dignità. Contratti a termine, somministrazione di lavoro, lavoro occasionale e indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo. Commento agli artt. 1-3 e 4-4 bis d.l. 87/2018 convertito nella legge 9 agosto 2018, n. 96, Pacini Giuridica, 2018; P. RAUSEI, Decreto dignità. Come cambia il mercato del lavoro, Ipsoa, 2018; X. XXXXXXXXX, Convertito in legge il “decreto dignità”: al via il dibattito sui problemi interpretativi e applicativi, Xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, 3.9.18.
2 In virtù delle quali, in caso di assunzione con contratto a termine nell’ambito di un contratto di somministrazione, non si applicava né il limite massimo dei 36 mesi (art. 19), né il regime delle proroghe e dei rinnovi (art. 21, co. 1), né lo stop and go (art. 21, co. 2), né la percentuale di contingentamento del 20% (art. 23), né, in fine, la disciplina del diritto di precedenza (art. 24).
3 L’eccezione alle regole di cui all’art. 21, co. 2, D.LGS. 81/2015 è stata reintrodotta con la legge di conversione
n. 96/2018 mentre il D.L. n. 87/2018 l’aveva eliminata.
4 Sulla base della precedente formulazione dell’art. 34, secondo co., D.LGS. 81/2015.
l’applicazione delle norme di cui all’art. 19 del D.LGS. n. 81/2015, per i soli rapporti di lavoro somministrato non dovevano computarsi, per calcolare il tetto massimo di 36 mesi all’epoca previsto5, i precedenti eventuali periodi di lavoro a tempo determinato svolti dal medesimo lavoratore presso la medesima azienda poi divenuta utilizzatrice.
Non si applicava, quindi, alla sola somministrazione a tempo determinato, la regola della sommatoria dei periodi lavorati presso l’utilizzatore nell’ambito della somministrazione a tempo determinato con quelli lavorati sempre presso la stessa azienda ma sulla base di un contratto a termine diretto6, invece valevole nel caso del lavoratore inviato in missione nell’ambito di una somministrazione a termine che veniva poi assunto direttamente dall’utilizzatore con contratto a tempo determinato.
Poiché il Decreto dignità ha eliminato dal testo dell’art. 34, secondo co., D.LGS. n. 81/2015, l’esclusione della disciplina di cui all’art. 19 del D.LGS. n. 81/2015, deve, quindi, ritenersi che la predetta modalità di calcolo per sommatoria della durata massima del contratto, oggi pari a 24 mesi fatta salva una diversa previsione dei contratti collettivi7, si applichi necessariamente anche alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.
La commistione tra la disciplina del contratto di lavoro a termine e il contratto di lavoro dei lavoratori somministrati, fa si che il limite temporale dei 24 mesi massimo8 vada calcolato avendo riguardo alla durata della missione presso il medesimo utilizzatore a prescindere dall’eventuale modifica dell’Agenzia e, dunque, a prescindere dal fatto che il rapporto di lavoro intercorso con il lavoratore nell’arco dei 24 mesi abbia fatto capo a due o più soggetti diversi9.
Ciò detto, occorre, tuttavia, sottolineare che l’art. 34, co. 2, del D.LGS. n. 81/2015 non è stato, per il resto, riformato, continuando a prevedere apertis verbis, al secondo periodo del citato secondo co., che: “il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore”.
Alla luce di quanto sopra e segnatamente dell’espressa riserva di legge appannaggio della contrattazione collettiva di settore, riteniamo che, ove il ccnl applicato dall’Agenzia di somministrazione preveda un numero di proroghe superiori a 4 (come previsto, ad esempio, dal vigente ccnl Agenzie di somministrazione che ammette un numero di proroghe pari a 6) sarà fatta salva, permanendo nei suoi effetti, la disciplina pattizia ivi prevista.
Anche in questo caso, deve ritenersi che i contratti stipulati in data anteriore all’entrata in vigore della norma (14 luglio 2018) potranno continuare a fare il loro corso fino alla naturale scadenza e ferma restando, in caso di proroghe e/o rinnovi stipulati a decorrere
5 In proposito merita segnalazione il fatto che già nella disciplina anteriore al jobs act era in ogni caso esclusa l’applicabilità al rapporto di lavoro a termine nell’ambito del contratto di somministrazione, del limite dei trentasei mesi massimo di cui ai contratti a termine. Infatti, l’art. 22, co. 2, D.LGS. 276/2003, sanciva proprio che: in caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministrazione e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al D.LGS. 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’art. 5, commi 3 e seguenti” (tra cui, quindi, anche il limite dei trentasei mesi disciplinata al co. 4 bis del menzionato art. 5).
6 Come del resto ampiamente chiarito dal Ministero del lavoro nella circolare n. 18/2012 e nella risposta ad interpello prot. 37/0018938 del 19 ottobre 2012.
7 Il CCNL per le Agenzie di somministrazione prevede per i contratti a tempo determinato stipulati dalle Agenzia, una durata massima di 36 mesi e un massimo di sei proroghe.
8 Per computare il quale occorrerà tener conto, ai sensi dell’art. 19, secondo co., D.LGS. 81/2015, sia dei periodi di lavoro a tempo determinato svolti alle dipendenze dell’utilizzatore, sia dei “periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti nell’ambito di somministrazione a tempo determinato”.
9 Così anche X. XXXXX - X. XXXXX, Il decreto dignità, cit., 67.
dal 14 luglio 2018 in poi, l’applicazione delle regole dei contratti a tempo determinato con la relativa disciplina intertemporale sopra esaminata.
Nessun dubbio, invece, per le ragioni già espresse in precedenza, che i contratti a termine stipulati in data successiva al 14 luglio 2018 dall’Agenzia con i propri dipendenti dovranno seguire la nuova disciplina dei contratti a termine dettata dal Decreto dignità.
Anche l’Agenzia, in qualità di datore di lavoro, sarà tenuta a pagare il contributo addizionale aumentato dello 0.5 punti percentuali previsto dall’art. 3, co. 2, del Decreto ogni qual volta procederà con il rinnovo di un contratto a termine. Il contributo addizionale in parola andrà versato a prescindere dal fatto che il rinnovo del contratto a termine serva per l’invio del lavoratore presso il medesimo utilizzatore o presso un nuovo utilizzatore.
2. Nuovo regime delle causali riferite all’utilizzatore
Il Decreto dignità si era limitato ad estendere il nuovo regime delle causali anche ai lavoratori assunti a termine dall’Agenzia, espungendo dal regime delle esclusioni di cui all’art. 34, co. 2, del D.LGS. n. 81/2015, anche le previsioni di cui all’art. 19 del D.LGS. n. 81/2015 dettate, appunto, in materia di causali e di durata massima del contratto a termine.
Il che aveva sollevato non poche critiche da parte, in primis, degli operatori del settore, i quali avevano giustamente rilevato la sostanziale difficoltà di applicare le causali al lavoratore somministrato assunto a termine essendo irrealistico pensare che un Agenzia di somministrazione, la cui ordinaria attività è proprio quella di fornire lavoratori in via temporanea ad imprese che ne abbiano bisogno in virtù di loro specifiche e sempre diverse esigenze circoscritte nel tempo, possa stipulare contratti a termine per far fronte a esigenze “temporanee ed oggettive estranee all’ordinaria attività” o per “esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria”.
La legge di conversione, anziché eliminare la necessità della causale per i lavoratori somministrati a termine com’era auspicabile, ha, di converso, introdotto una norma piuttosto incomprensibile che si porrà di notevole impatto specie per gli utilizzatori, e che per come è scritta e per dove è collocata, risulta di assai difficile interpretazione e non mancherà di aprire, anch’essa, nuovi fronti di contenzioso.
Si tratta, in particolare, del nuovo co. 1-ter, aggiunto all’art. 2 del Decreto dignità dalla Legge di conversione, il quale sancisce che: “le condizioni di cui all’art. 19, co. 1, del Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, come sostituito dall’art. 1, co. 1, lettera a) del presente decreto, nel caso di ricorso al contratto di somministrazione di lavoro, si applicano esclusivamente all’utilizzatore”.
La norma, nonostante il rilievo dei suoi contenuti rispetto agli utilizzatori, non va ad integrare la disciplina sulla somministrazione (e dunque gli artt. 31 ss. del D.LGS. n 81/2015) ma rimane all’interno del Decreto dignità, ponendosi in evidente controtendenza con le semplificazioni introdotte dal jobs act e non agevolando l’interprete a comprenderne il contenuto.
Per come è scritta, la norma andrebbe letta necessariamente in combinato disposto con l’art. 34 del D.LGS. n. 81/2015 (afferente il rapporto di lavoro tra Agenzia e lavoratori da inviare in somministrazione) dal momento che tale disposizione è stata incisa dalla riforma proprio nel senso di far soggiacere nuovamente il rapporto dei lavoratori assunti a termine dall’Agenzia (anche) alla regola delle causali, della durata massima del contratto (anche per sommatoria con precedenti contratti a tempo determinato svolti dallo stesso lavoratore presso il medesimo utilizzatore) di cui all’art. 19 D.LGS. n. 81/2015, oltre che alla nuova disciplina delle proroghe e dei rinnovi.
Di converso riteniamo che la nuova norma non vada ad incidere direttamente sul contratto commerciale di somministrazione di cui all’art. 31, secondo co., D.LGS. n. 81/2015, il quale, del resto, anche nella sua nuova formulazione, nulla sancisce in punto di causali, ciò che lascia intendere necessariamente che il contratto commerciale di somministrazione a termine resta acausale.
Depone in tal senso, del resto, anche il fatto che la novella non ha inciso direttamente sul testo dell’art. 33 del D.LGS. n. 81/2018 dettato in materia di forma del contratto commerciale di somministrazione, che continua, conseguentemente, a non prevedere la necessità di indicare causali di alcun genere.
Tale situazione determina, a nostro avviso, un’incongruenza normativa poiché, da un lato, l’utilizzatore e l’Agenzia potranno continuare a sottoscrivere contratti commerciali di somministrazione a termine acausali, dall’altro, ove l’Agenzia intenda inviare in missione lavoratori da essa assunti a termine, dovrà necessariamente coinvolgere l’utilizzatore (di per sé estraneo al rapporto di lavoro) per la predisposizione di causali atte a giustificare, con riferimento alle esigenze dell’utilizzatore stesso, il ricorso al contratto di lavoro a termine.
È probabile che di fatto, allorché l’Agenzia deciderà di assumere lavoratori a termine da inviare in missione nell’ambito di un contratto commerciale di somministrazione a termine, le parti (Agenzia e utilizzatore), pur se non obbligate a farlo, saranno portate ad inserire direttamente all’interno del contratto commerciale le causali – relative all’utilizzatore – che dovranno, poi, essere trasferite all’interno dei singoli contratti di lavoro. Tale soluzione, tuttavia, sarà perseguibile solo nei rari casi in cui sarà possibile riscontrare effettivamente le specifiche esigenze sottese alle causali introdotte dal nuovo testo dell’art. 19 per i singoli contratti di lavoro.
Se tale interpretazione è corretta, allora deve necessariamente ritenersi che il citato co.1-ter introdotto dalla Legge di conversione, afferisca esclusivamente al contratto di lavoro a termine dei lavoratori somministrati e di fatto introduca una anomala traslazione sull’utilizzatore dell’obbligo di individuare le causali che l’Agenzia dovrà inserire nel contratto di lavoro a termine con il proprio dipendente, probabilmente riscrivendole tal quali a quanto al riguardo pattuito dalle parti in termini di causali nell’ambito del contratto commerciale di somministrazione; ciò che non è escluso finirà probabilmente anche per ribaltare direttamente sull’utilizzatore le conseguenze di eventuali causali non fondate o formulate in maniera troppo generica nel contratto di assunzione tra Agenzia e lavoratore a termine10.
Con la conseguenza che il lavoratore somministrato potrà far valere i suoi diritti direttamente nei confronti dell’utilizzatore11 per il caso di illegittimità o di nullità della causale inserita nel contratto di lavoro (intercorrente solo tra il lavoratore e l’Agenzia).
È vero, infatti, i vizi del contratto di lavoro intercorrente tra Agenzia e lavoratore possono essere fatti valere da quest’ultimo solo nei confronti dell’Agenzia, ma è anche vero che ciò vale fatte salve le ipotesi in cui il vizio sia imputabile all’utilizzabile.
Come già detto, la norma in parola non pare incidere – come pure alcuni Autori sostengono – sul contratto commerciale di somministrazione a termine che resta, dunque, acausale.
10 Esclude, invece, tale possibilità X. XXXXXXXXX, Convertito in legge il “Decreto dignità”, cit., 18 ss., il quale ritiene che in ogni caso l’eventuale sanzione di conversione a tempo indeterminato del contratto per vizio della causale si potrà realizzare sempre solo a carico dell’Agenzia e non all’utilizzatore, non essendo espressamente compreso tra i casi di somministrazione irregolare di cui all’art. 38 D.LGS. 81/2015.
11 In tal senso anche X. XXXXX – X. XXXXX, Il decreto dignità, cit., 77 ss.; Contra, invece, X. XXXXXXXXX,
Convertito in legge il “decreto dignità”, cit., 18.
In conseguenza della novità in commento è evidente, quindi, che la formula meno rischiosa sarà, nell’ambito dei contratti commerciali a termine, quella di inviare in missione, ogni 12 mesi, lavoratori sempre diversi (dunque da formare di volta in volta) ciò che, da un lato, renderà meno accattivante per gli utilizzatori il ricorso a tale forma contrattuale, dall’altro aumenterà la precarietà dei lavoratori assunti a termine dall’Agenzia.
In proposito occorre, infatti, ribadire che l’Agenzia sarà tenuta a pagare il contributo addizionale per i rinnovi indipendentemente dal fatto che il rinnovo sia stipulato per inviare il lavoratore presso lo stesso utilizzatore o presso un altro utilizzatore.
Altra possibilità utile ad azzerare i rischi potrebbe essere quella del ricorso allo staff leasing (cioè alla somministrazione a tempo indeterminato), nell’ambito del quale, come noto, l’Agenzia può oggi assumere solo lavoratori a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 31, primo co., D.LGS. n. 81/2015 oppure, ancora, quella di richiedere all’Agenzia, anche nell’ambito di un contratto commerciale a termine, l’invio in missione unicamente di lavoratori assunti a tempo indeterminato. È molto probabile, tuttavia, che la prassi non porterà a sposare neppure questa via, trattandosi di soluzioni certamente molto meno rischiose ma anche molto più onerose per l’utilizzatore.
3. Percentuale di contingentamento “cumulativo” per contratto a termine e somministrazione a termine.
La disciplina del contratto commerciale di somministrazione a termine così come disciplinata dall’art. 31, co. 2, del D.LGS. n. 81/2015 non prevedeva alcun limite al ricorso a tale tipologia contrattuale, eccetto quelli eventualmente previsti dalla contrattazione collettiva. Di converso, per lo staff leasing, il legislatore aveva introdotto all’art. 31, primo co., del D.LGS. n. 81/2015, un tetto legale del 20%.
La Legge di conversione n. 96/2018, lascia intatta la disciplina afferente il tetto legale posto allo staff leasing e va ad incidere, però, su quella del testo del secondo co. del citato art. 31, introducendo, come già accennato, per il solo utilizzatore, dunque non anche per i lavoratori assunti a tempo determinato dalle Agenzie (per i quali, come già visto in precedenza, è escluso qualsiasi limite percentuale nell’assunzione di lavoratori a tempo determinato, non applicandosi l’art. 23 D.LGS. n. 81/2015), un limite quantitativo massimo del 30% di lavoratori utilizzabili dallo stesso soggetto come sommatoria di contratti a termine diretti e lavoratori inviati in missione con contratti commerciali di somministrazione a tempo determinato (vedi il nuovo testo dell’art. 31 D.LGS. n. 81/2015).
Poiché, come detto, nell’ambito del contratto commerciale a termine l’Agenzia è libera di assumere tanto lavoratori assunti a termine tanto lavoratori assunti a tempo indeterminato, è chiaro che la sommatoria in parola deve ritenersi operante con riferimento a tutti i lavoratori inviati in missione dall’Agenzia nell’ambito del contratto commerciale a termine, siano essi lavoratori assunti a tempo determinato o assunti a tempo indeterminato12.
La percentuale del 30% è da calcolare con riferimento ai contratti a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del contratto di lavoro, con arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia uguale o superiore a 0,5.
Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro.
00 X. X. XXXXXXX, Xxxxxxxxxxxxxxxx: niente limiti e causali se l’Agenzia stabilizza il lavoratore, in
xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx, 8.10.18; X. XXXXXXXXX, Convertito in legge il “decreto dignità”, cit., 21.
È in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo determinato dei lavoratori di cui all’art. 8, co. 2, L. n. 223/1991 (lavoratori in mobilità assunti con contratto a termine di durata non superiore a 12 mesi), di soggetti disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei nn. 4 e 99 dell’art. 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministerro del lavoro e delle politiche sociali.
Questo tetto opera in maniera autonoma rispetto a quello dell’art. 23 D.LGS. n. 81/2015 sui (soli) contratti a tempo determinato. Ciò significa che, in ogni caso, l’utilizzatore non potrà superare la soglia massima del 20% di lavoratori a tempo determinato assunti direttamente o la diversa soglia, eventualmente anche più bassa, prevista dalla contrattazione collettiva. Tanto l’art. 23 D.LGS. n. 81/2015, tanto l’art. 31, secondo co., D.LGS. n. 81/2015, anche nella sua nuova formulazione, continuano, infatti, a far salva in ogni caso, la diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore.
È sempre fatta salva, anche per questo limite quantitativo del 30% per sommatoria, la derogabilità ad opera della contrattazione collettiva, anche di secondo livello (cfr. art. 51, D.LGS. n. 81/2015), nonché l’esenzione per i lavoratori svantaggiati. Di non semplice soluzione comprendere come orientarsi nel caso in cui un’ azienda applichi un contratto collettivo che preveda due diverse e tra loro autonome percentuali di contingentamento per l’assunzione diretta a tempo determinato e per la stipula di contratti di somministrazione a termine che, sommate tra loro, portino a un tetto maggiore o inferiore al 30 %.
In questo caso, mentre è certo che la previsione contrattuale prevalga rispetto alla autonoma disciplina della percentuale di contingentamento dei contratti di lavoro a termine, giusto il disposto dell’art. 23 D.LGS. n. 81/2015, che fa salva la disciplina dei contratti collettivi, non è affatto sicuro che analoga deroga operi con riferimento alla percentuale per sommatoria di cui al nuovo testo dell’art. 31, secondo co., D.LGS. n. 81/2015.
È vero, infatti, che anche questa norma fa salva una diversa previsione dei contratti collettivi, ma è probabile che la deroga operi solo nel caso in cui la contrattazione contenga una diversa disciplina afferente la percentuale di contingentamento “per sommatoria” e non anche nel caso in cui il contratto collettivo contempli, come detto, due diverse percentuali di contingentamento (una per i contratti a termine e una per la somministrazione a termine) tra loro autonome. In ogni caso, per cautela, riteniamo più prudente, in attesa quanto meno che arrivino gli attesi chiarimenti del Ministero del lavoro con l’emanazione della circolare interpretativa delle nuove norme, attenersi in ogni caso al tetto massimo del 30 % per sommatoria con riferimento ai nuovi contratti di somministrazione a tempo determinato.
In caso di sforamento della percentuale di contingentamento (legale o contrattuale) previsto con riferimento ai lavoratori assunti “direttamente” a tempo determinato, la sanzione resta quella, solo economica, di cui all’art. 23 D.LGS. n. 81/2015, il quale prevede una sanzione: a) pari al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non sia superiore a 1; b) pari al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale sia superiore a 1.
Di converso, lo sforamento del limite di contingentamento con riferimento ai lavoratori somministrati a termine, è sanzionato, giusto il disposto dell’art. 38 D.LGS. n. 82/2015
(che richiama proprio l’art. 31, co. 2, D.LGS. n. 81/2015), con il riconoscimento – in capo ai lavoratori somministrati – del diritto a chiedere la costituzione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato anche nei confronti del solo utilizzatore, oltre che con la sanzione economica da 250 a 1.250 euro.
La percentuale di contingentamento per sommatoria del 30% è stata introdotta, come detto, dalla Legge di conversione n. 96 del 2018, che ha modificato il secondo co. dell’art. 31, D.LGS. n. 81/2015. La previsione normativa in parola è, dunque, in vigore, dal 12 agosto 2018 e sono, quindi, i contratti di lavoro a termine o di somministrazione a termine stipulati successivamente a tale data che bisogna considerare ai fini del computo della nuova percentuale di contingentamento, cosicché con riferimento ai contratti in corso alla data dell’11 agosto 2018 che dovessero eccedere il 30%, riteniamo corretto ritenere che essi possano legittimamente arrivare fino alla scadenza prevista senza incorrere in sanzioni per superamento della percentuale di contingentamento.
Ciò posto, è evidente che tale disciplina sarà indirettamente coinvolta dal regime intertemporale sopra ricordato afferente le proroghe e i rinnovi dei contratti a termine posto che per calcolare la citata percentuale del 30% occorrerà tener conto, appunto, anche delle proroghe e dei rinnovi dei lavoratori in servizio al 12 agosto 2018.
Al limite del 30% di cui all’art. 31, secondo co., D.LGS. n. 81/2015 riteniamo possa ancora essere aggiunto il limite del 20% (o quello, diverso, pattuito dalla contrattazione collettiva) di somministrazione a tempo indeterminato.
4. La reintroduzione del reato di somministrazione fraudolenta
La Legge di conversione n. 96/2018, ha previsto un nuovo art. 38 bis al D.LGS. n. 81/2015 contenente la reintroduzione13 del reato di somministrazione fraudolenta, afferente i casi in cui “la somministrazione è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore” ed a fronte del quale, ferme restando le sanzioni di cui all’art. 18 del D.LGS. 10 settembre 2003, n. 27614, previste per somministrazione abusiva (ovvero esercitata in assenza delle autorizzazioni prescritte ex lege ovvero al di fuori dalle ipotesi previste espressamente ed autorizzate) e per l’utilizzazione illecita si prevede a carico sia del somministratore che dell’utilizzatore, la pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto per ciascun giorno di somministrazione.
I primi commentatori della norma ricostruiscono la fattispecie, da un punto di vista soggettivo, come reato plurisoggettivo proprio in cui le due parti del contratto commerciale di
13 Già a suo tempo prevista, negli stessi identici termini contemplati da questo nuovo art. 38-bis, dall’art. 28 del D.LGS. 276/2003, poi abrogato dall’art. 55, primo co., D.LGS. 81/2015
14 L'esercizio non autorizzato delle attività di cui all' articolo 4 , co. 1, lettere a) e b), è punito con la pena dell'ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell'arresto fino a diciotto mesi e l'ammenda è aumentata fino al sestuplo. L'esercizio non autorizzato delle attività di cui all' articolo 4 , co. 1, lettera c), è punito con la pena dell'arresto fino a sei mesi e dell'ammenda da euro 1500 a euro 7500. Se non vi è scopo di lucro, la pena è dell'ammenda da euro 500 a euro 2500. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell'arresto fino a diciotto mesi e l'ammenda è aumentata fino al sestuplo. L'esercizio non autorizzato delle attività di cui all'articolo 4, co. 1, lettere d) ed e), è punito con l'ammenda da euro 750 ad euro 3750. Se non vi è scopo di lucro, la pena è dell'ammenda da euro 250 a euro 1250. Nel caso di condanna, è disposta, in ogni caso, la confisca del mezzo di trasporto eventualmente adoperato per l'esercizio delle attività di cui al presente co. (2).
2. Nei confronti dell'utilizzatore che ricorra alla somministrazione di prestatori di lavoro da parte di soggetti diversi da quelli di cui all'articolo 4, co. 1, lettera a), ovvero da parte di soggetti diversi da quelli di cui all'a articolo 4 , co. 1, lettera b), o comunque al di fuori dei limiti ivi previsti, si applica la pena dell'ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell'arresto fino a diciotto mesi e l'ammenda è aumentata fino al sestuplo (3).
somministrazione (somministratore ed utilizzatore) rispondono penalmente di una condotta elusiva specifica e posta in essere intenzionalmente ad di fuori degli schemi tipici della legalità. Gli autori del reato possono essere sia l’utilizzatore, sia il somministratore, intendendosi per tale non solo l’ Agenzia di somministrazione iscritta all’Albo e munita di tutte le autorizzazioni, ma anche il soggetto che ha esercitato abusivamente la somministrazione pur essendo privo delle necessarie autorizzazioni e non essendo iscritto all’Albo.
Il reato in parola è configurabile solo a fronte di un dolo specifico dei due responsabili della condotta, e quindi nel caso in cui venga provata non solo l’intenzionalità del reato e, dunque, la consapevolezza dolosa ma anche la specifica finalità elusiva del reato. Si tratta, inoltre, di un reato di pericolo poiché l’illecito potrà considerarsi perfezionato con la sola prova della finalità elusiva, dunque a prescindere dal fatto che tale elusione abbia poi effettivamente condotto a esiti concreti per chi l’ha posta in essere.
Quanto alle ipotesi concrete in cui è possibile riscontrare la predetta ipotesi di reato, i primi commentatori della nuova disposizione normativa15 hanno ritenuto sussumibile nel reato di somministrazione fraudolenta ipotesi quali quella di un datore di lavoro che, rivolgendosi all’Agenzia autorizzata alla somministrazione, utilizzi, senza soluzione di continuità, quali lavoratori somministrati a termine, i medesimi soggetti già assunti direttamente a tempo determinato nei periodi di obbligatoria interruzione tra un contratto di lavoro subordinato a termine e il successivo ovvero il caso in cui un datore di lavoro, rivolgendosi all’Agenzia autorizzata alla somministrazione, utilizzi, senza soluzione di continuità, quali lavoratori somministrati a termine, i medesimi soggetti già assunti direttamente a tempo determinato per 12 mesi eludendo l’obbligo di individuare la causale giustificativa che incombeva nel rinnovo o nella proroga del rapporto di lavoro a termine.
È evidente che alla luce della nuova fattispecie di reato introdotta dal legislatore gli utilizzatori saranno certamente fortemente dissuasi dal ricorrere alla somministrazione con i medesimi lavoratori che hanno già prestato servizio presso di loro e magari già presso di loro ampiamente formati, ciò che sicuramente aumenterà senza dubbio la precarietà dei lavoratori somministrati.
5. Regime delle
decadenze
Allorché il lavoratore somministrato intenda chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro nei confronti del solo utilizzatore, esso – ai sensi di quanto disposto dall’art. 39, D.LGS. n. 81/2015, sarà tenuto ad osservare i termini di decadenza di cui all’art. 6, L. n. 604/1966 e, dunque, dovrà spiegare impugnazione stragiudiziale entro 60 giorni dalla cessazione della propria attività presso l’utilizzatore e proporre l’azione giudiziaria nei 180 giorni successivi.
L’art. 39 non è stato modificato né dal Decreto dignità né dalla Legge di conversione.
Quando il lavoratore intenda, invece, contestare questioni afferenti il proprio rapporto di lavoro con l’Agenzia, il regime di decadenza applicabile sarà necessariamente quello proprio del rapporto di lavoro di riferimento.
Da ciò consegue che se il lavoratore intende impugnare il contratto di lavoro a termine, esso sarà tenuto ad osservare i termini di decadenza previsti dall’art. 28 del D.LGS. n 81/2015, come modificati dal D.L. n. 87/2018 e, dunque, avrà un termine di 180 giorni per
15Cfr. in particolare P. RAUSEI, Il reato di somministrazione fraudolenta, in xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx, 3.10.18, che ha formulato tutte le ipotesi di reato riportate nel testo; ma sul tema si vedano anche X. XXXXXXX, Somministrazione fraudolenta con accordo tra utilizzatore e Agenzia, Quotidiano del lavoro, Il Sole 24 Ore, 8.10.18; G. MIMMO - A. XXXXX, Il Decreto dignità, cit., 78 ss.
l’impugnazione stragiudiziale e un ulteriore termine di 180 giorni per l’impugnazione giudiziale.
Ove, quindi, il lavoratore intenda impugnare tanto nei confronti dell’utilizzatore, tanto nei confronti dell’Agenzia, un medesimo contratto di lavoro a termine, esso avrà due differenti termini di decadenza da osservare, dovendo, nel primo caso, proporre la contestazione stragiudiziale entro 60 giorni e nel secondo caso entro 180.
Come condivisibilmente osservato da una parte dottrina16, tale regime differenziato si appalesa del tutto ingiustificato e rischia di creare non poca confusione in capo ai lavoratori, con possibile compromissione della possibilità di far valere in giudizio il loro diritto.
16 X. XXXXX, in G. MIMMO – A. XXXXX, Il Decreto dignità, cit., 80 ss.