Parte teorica
Parte teorica
La vendita a rate con riserva della proprietà
Elementi essenziali della disciplina della vendita con riserva della proprietà sono la consegna immediata della cosa al compratore, che ne acquisterà la proprietà con il pagamento dell’ultima rata, e l’assunzione da parte dello stesso dei rischi per il perimento ed il deterioramento della cosa fin dal momento della consegna (art. 1523 c.c.). Si tratta di una deroga ad un principio fondamentale del nostro ordinamento, espresso dal noto brocardo latino res perit domino e ricavabile dalla disciplina dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione di cui all’art. 1465 c.c. Questo principio generale, che comporta un abbinamento dell’effetto reale con il passaggio del rischio, soffre due rilevanti eccezioni: i) nella vendita sottoposta a termine iniziale l’acquirente assume il rischio del perimento del bene anche se l’acquisto della proprietà non si è ancora realizzato; ii) nella vendita con riserva di proprietà l’acquirente, pur non essendo ancora proprietario, assume i rischi fin dalla consegna del bene1.
Va valutato, inoltre, il problema della responsabilità del proprietario dell’edificio per danni causati a terzi (art. 2053 c.c.), soprattutto nei casi in cui l’acquirente intenda effettuare lavori di ristrutturazione dell’immobile.
La responsabilità del proprietario di edificio o di altra costruzione per i danni cagionati dalla loro rovina è qualificata come un’ipotesi di responsabilità oggettiva in quanto «sono considerati imputabili a chi abbia disponibilità del bene e ne tragga utilità, i rischi connessi al suo intrinseco e connaturato dinamismo o all’insorgenza al suo interno di agenti dannosi, anche provocati da fattori esterni… La responsabilità del proprietario, xxxxxxxxx, non esclude una concorrente responsabilità ex art. 2043 dell’impresa di costruzione o di manutenzione: impresa nei confronti della quale, inoltre, il proprietario, se chiamato a risarcire il danno, potrà rivalersi per l’intero provandone la colpa esclusiva. La responsabilità del proprietario resta, comunque, ferma, assumendo la fisionomia di un obbligo legale di garanzia»2.
L’art. 2054, comma 3, c.c., in tema di responsabilità per la circolazione di veicoli, trasferisce sull’acquirente con patto di riservato dominio la responsabilità, in solido con il conducente, per la circolazione del veicolo, in vece del proprietario. Sulla base di questa norma, la dottrina ritiene che nella vendita con riserva della proprietà il venditore sia liberato ex lege, fin dalla consegna all’acquirente, della responsabilità conseguente alla proprietà della cosa poiché la facoltà di godimento della cosa esercitabile dal compratore spiega il trapasso dei rischi al medesimo nonché la sua responsabilità civile a norma dell’art. 2054, comma 3, c.c.3.
In caso di fallimento del venditore, i creditori concorsuali non hanno diritto di soddisfarsi sulla cosa, ancorché ancora di proprietà del venditore, poiché, per espressa disposizione normativa, il fallimento del venditore non è causa di scioglimento della vendita a rate con riserva della proprietà (art. 73, ultimo comma, d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169).
Se si considerano le esigenze del venditore: individuare con certezza un acquirente dell’immobile, realizzare la vendita a credito, essere garantito al massimo per l’obbligazione di pagamento del prezzo, non continuare a subire i rischi del perimento o deterioramento del bene e la responsabilità civile connessa alla proprietà dell’immobile, la vendita con riserva della proprietà presenta notevoli vantaggi e appare, sotto questi aspetti, più competitiva del contratto preliminare trascritto.
Il venditore è garantito al massimo del buon esito dell’operazione poiché mantiene la proprietà della cosa fino al pagamento del prezzo. L’acquirente non ha più bisogno di alcuna collaborazione del venditore per
1 In diritto tedesco i rischi vengono sopportati dal compratore da quando viene effettuata la consegna della cosa. Il collegamento è con la trasmissione del possesso, non con il trasferimento della proprietà: i rischi infatti passano anche se l’effetto traslativo è differito nel tempo o soggetto ad una clausola di riservato dominio. Non è però sufficiente per attribuire il rischio al compratore il trasferimento della sola detenzione. (X. Xxxxxxxx, in La vendita, opera diretta da Xxxxxxxxx e Desana, Bologna, 102 s.).
2 X. Xxxxxxxxxx, Studi di diritto civile, tomo I, Milano, 2005, 293; cfr. Cass., 20 agosto 2003, n. 12219, in Danno e resp., n. 5/2004.
3 X. Xxxxxxxx, La vendita, in Tratt. di dir. civ. e comm. già diretto da Cicu-Messineo-Xxxxxxx, continuato da Xxxxxxxxxxx, Milano, 2014, 699.
l’acquisto della proprietà che dipende esclusivamente dall’adempimento della sua obbligazione di integrale pagamento del prezzo.
La natura giudica del contratto e le posizioni soggettive delle due parti.
Secondo la tesi prevalente in giurisprudenza la vendita con riserva di proprietà sarebbe soggetta ad una condizione sospensiva costituita dal pagamento integrale del prezzo al cui avveramento sarebbe subordinata l’efficacia dell’intero contratto4.
La ricostruzione presta il fianco a diverse critiche: l’acquisto del compratore non ha effetto retroattivo che è caratteristica tipica della condizione; l’effetto sospensivo riguarda solamente il trasferimento della proprietà. Inoltre, il compratore non è titolare di una mera aspettativa di acquisto ma di un diritto di godimento sul bene con efficacia erga omnes e di un’aspettativa reale di acquisto della proprietà, che si converte automaticamente in acquisto al momento del pagamento dell’ultima rata di prezzo5. Che si tratti di posizione opponibile erga omnes è confermato dal trapasso dei rischi della cosa, fin dalla consegna, al compratore ex art. 1523 c.c., della responsabilità civile del compratore, in vece del proprietario, stabilità dall’art. 2054, comma 3, c.c. e dalla circostanza che il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del contratto, ai sensi dell’art. 73, d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169.
La posizione del venditore è conformata come diritto di proprietà cui inerisce un vincolo di destinazione a favore del compratore e un conseguente limite di indisponibilità a tutela dell’aspettativa di acquisto di quest’ultimo6. Ne consegue che il venditore, dopo la consegna, esercita un possesso mediato sulla cosa e conserva una proprietà non gravata dai rischi di perimento e deterioramento del bene e dalla responsabilità civile tipica del proprietario della cosa. Deve astenersi da comportamenti che mettano in pericolo la realizzazione dell’effetto traslativo a favore del compratore, in conformità al principio generale in materia di pendenza della condizione in base al quale chi ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte (art. 1358 c.c.).
Le norme a protezione del compratore inadempiente nella vendita con riserva di proprietà…
La disciplina della vendita con riserva di proprietà stabilisce alcune norme di protezione del compratore per metterlo al riparo da possibili abusi del venditore, stante la situazione di inferiorità economica in cui si trova il compratore.
L’art. 1525 c.c. esclude la risoluzione del contratto, nonostante patto contrario, per il mancato pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo ed esclude la decadenza dal beneficio del termine per il pagamento delle rate successive.
La norma è ispirata dall’esigenza di evitare che una situazione di difficoltà temporanea dell’acquirente possa pregiudicare definitivamente il suo acquisto.
È un’applicazione del principio generale stabilito dall’art. 1455 c.c. in base al quale «Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra». Il legislatore, con una valutazione legale tipica, ha stabilito che il mancato pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo costituisce inadempimento di scarsa importanza; al di sopra della soglia stabilita dall’art. 1525 c.c. riprende vigore il potere del giudice di valutare se l’inadempimento del compratore sia tale da rompere il sinallagma contrattuale e consentire, quindi, la risoluzione del contratto.
La disciplina dell’art. 1525 c.c. costituisce, inoltre, un’eccezione al principio fissato dall’art. 1186 c.c. in base al quale il debitore decade dal beneficio del termine di adempimento, anche se posto a suo favore, se sia divenuto insolvente oppure se abbia diminuito, per fatto proprio, le garanzie prestate oppure se non abbia
4 Cass., 12 novembre 1998, n. 11433; Cass., 9 aprile 1999, n. 3415, in Riv. not., 2000, 377.
5 Cfr. X. Xxxxxxxx, La vendita, cit., 694 ss.; Xxxxxx, Vendita con riserva della proprietà, in I contratti di vendita a cura di Valentino, II, Torino, 2007, 752 s.
6 Cfr. X. Xxxxxxxx, op e loc. cit.
dato le garanzie promesse. Nella vendita a rate, il mancato pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo, non comporta la decadenza dal beneficio del termine per il pagamento delle rate successive.
In caso di risoluzione del contratto per inadempimento del compratore il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno (art. 1526, comma 1, c.c.). È frequente nella prassi la previsione che le rate pagate dal compratore, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dello stesso, restino acquisite al venditore a titolo di indennità. Al fine di evitare abusi del venditore, è prevista la possibilità di chiedere al giudice di ridurre l’indennità convenuta, valutando le circostanze del caso concreto (art. 1526, comma 2, c.c.). Si tratta di un’applicazione del principio generale in base al quale la clausola penale, che rappresenta una sorta di risarcimento del danno lasciato alla libera determinazione delle parti, può essere ricondotta ad equità dal giudice quando è manifestamente eccessiva, tenuto conto dell’interesse del creditore all’adempimento (art. 1384 c.c.).
Segue: e nel rent to buy.
L’art. 23, comma 2 del decreto 133/2014, che disciplina i contratti di godimento in funzione della successiva alienazione, stabilisce che non comporta la risoluzione del contratto il mancato pagamento di un numero di canoni inferiore ad un ventesimo del loro importo complessivo. La formulazione della norma presuppone che i canoni siano di uguale importo e stabilisce la soglia di rilevanza dell’inadempimento al mancato pagamento di un ventesimo dei canoni. Qualora le parti abbiano previsto canoni diversificati, ad esempio di importi crescenti di anno in anno, riterrei che il riferimento ad un ventesimo dei canoni debba intendersi come riferito alla corrispondente frazione dell’importo complessivo dei canoni pattuiti.
In caso di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto (art. 23, comma 5, secondo periodo). La regola, per espressa previsione normativa, è derogabile dall’autonomia privata. La disciplina della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore è diversa dalla corrispondente disciplina dettata in tema di vendita con riserva della proprietà7 dove la regola è la restituzione delle rate riscosse dal venditore, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno, mentre l’acquisizione delle rate riscosse a titolo di indennità è l’eccezione che deriva da una pattuizione dell’autonomia privata. In altri termini, la disciplina dell’art. 23, comma 5, secondo periodo prevede come regola generale una sorta di clausola penale a favore del concedente per il caso d’inadempimento del conduttore, clausola penale che è stata valutata favorevolmente dal legislatore, non essendo prevista la riduzione giudiziale dell’indennità.
La condizione sospensiva di adempimento: differenze rispetto alla vendita con riserva di proprietà.
Una soluzione alternativa alla vendita con riserva di proprietà è costituita dalla vendita sottoposta alla condizione sospensiva dell’adempimento, da parte dell’acquirente, dell’obbligazione di pagamento rateale del prezzo della vendita. L’acquirente acquisterà la proprietà della cosa nel momento in cui avrà pagato l’intero prezzo, con la conseguenza che il venditore gode di una garanzia reale rispetto al pagamento del prezzo, rimanendo proprietario della cosa finché non si realizzerà la condizione sospensiva dell’adempimento.
Com’è noto, parte della dottrina ha posto in dubbio la validità di tale fattispecie contrattuale sulla base dell’osservazione che il pagamento del prezzo è un elemento fondamentale del contratto e non può essere dedotto in condizione poiché ciò renderebbe l’adempimento dell’obbligazione libero e non coercibile, per cui
7 L’art. 1526 c.c. stabilisce «Se la risoluzione del contratto ha luogo per l’inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno.
Qualora sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità, il giudice, secondo
le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta.
La stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti».
difetterebbe il vincolo contrattuale e, di conseguenza, la causa stessa del contratto8. Inoltre, il venditore sarebbe privato della possibilità di chiedere giudizialmente l’adempimento dell’obbligazione ed il risarcimento del danno conseguente all’inadempimento della controparte.
La dottrina9 e la giurisprudenza10 prevalenti ritengono ammissibile la condizione di adempimento. In particolare, è stato evidenziata la distinzione tra momento programmatico e momento esecutivo del contratto: ciò che verrebbe dedotto in condizione non è l’assunzione dell’obbligazione, che attiene al momento programmatico del contratto ed opera fin dalla conclusione dello stesso, ma il fatto storico dell’adempimento dell’obbligazione da parte del compratore, che attiene al momento esecutivo del contratto, ed ha le caratteristiche di evento futuro ed incerto, proprie della condizione. La conseguenza che il venditore, in caso di inadempimento, non possa agire per ottenere coattivamente il pagamento del prezzo ed il risarcimento del danno, rimanendo il contratto definitivamente inefficace, non significa che il venditore rinunci alla sua tutela ma consegue alla sua scelta di una tutela alternativa, consistente nel mantenimento della proprietà del bene.
La vendita sottoposta alla condizione sospensiva del pagamento del prezzo presenta due differenze fondamentali rispetto alla vendita con riserva della proprietà.
Non opera la traslazione ex lege sull’acquirente, per effetto della consegna della cosa, dei rischi di perimento e deterioramento del bene (art. 1523 c.c.) e della responsabilità civile per l’uso della cosa (art. 2054, comma 3, c.c.) ma trovano applicazione i princìpi generali in materia di rischio (res perit domino) e di responsabilità civile. Dispone l’art. 1465, comma 4, c.c. che l’acquirente è in ogni caso liberato dalla sua obbligazione, se il trasferimento era sottoposto a condizione sospensiva e l’impossibilità è sopravvenuta prima che si verifichi la condizione.
Sotto il profilo tributario, essendo il trasferimento soggetto alla condizione sospensiva dell’adempimento dell’acquirente, che non può considerarsi un condizione meramente potestativa, l’atto di compravendita dovrebbe essere soggetto a tassazione in misura fissa, salvo il pagamento dell’imposta proporzionale di registro nel momento in cui si verificherà la condizione, previa denuncia all’agenzia delle entrate dell’avveramento della condizione11. Diversamente, la vendita con riserva di proprietà, per espressa disposizione normativa, non si considera sottoposta a condizione sospensiva e sconta fin da subito l’imposta proporzionale di registro (art. 27 d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131).
Sulla base delle evidenziate differenze di disciplina delle due fattispecie, si è ritenuto in dottrina che le stesse possano essere applicate alternativamente tenendo presenti le reali esigenze delle parti. Quando l’acquirente abbia di mira esclusivamente il conseguimento della proprietà del bene – effetto che si realizza solo al pagamento dell’ultima rata – si è di fronte ad un atto negoziale inquadrabile nello schema della vendita sottoposta a condizione sospensiva, mentre quando l’interesse primario dell’acquirente comprenda anche il conseguimento dell’immediata disponibilità materiale del bene – effetto che si realizza sin dall’inizio – e a
8 Xxxxx, L’adempimento come condizione del contratto, in Vita not., 1983, II, 304 ss.; X. Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx,
Dottrine generali del diritto civile, 1973, 199; C.M. Xxxxxx, Diritto civile. 3. Il contratto, Milano, 2000, 544 s.
9 Mirabelli, Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ., Torino, 1980, 235; Di Xxxx Xxxxxxxxx, L’esecuzione del contratto, Milano, 1967, 177 ss.; Xxxxxxxx, La condizione elemento essenziale del contratto, Milano, 2000, 431 ss.; Xxxxxx, La condizione di inadempimento. Contributo alla teoria del negozio condizionato, Padova, 1996, 124 ss.; Xxxxxxxxxx, Il punto sulla condizione di adempimento, in Riv. not., 2012, 987 ss.
10 Cfr. Cass., 12 luglio 2013, n. 17287; Cass., 13 novembre 2006, n. 24299; Cass., 3 marzo 1997, n. 1842; Cass.,
12 ottobre 1993, n. 10074; Cass., 8 agosto 1990, n. 8051.
11 Dispone l’art. 27, commi 1, 2, 3 e 4 del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 «1. Gli atti sottoposti a condizione
sospensiva sono registrati con il pagamento dell’imposta in misura fissa.
2. Quando la condizione si verifica, o l’atto produce i suoi effetti prima dell’avverarsi di essa, si riscuote la differenza tra l’imposta dovuta secondo le norme vigenti al momento della formazione dell’atto e quella pagata in sede di registrazione.
3. Non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva le vendite con riserva di proprietà e gli atti sottoposti
a condizione che ne fanno dipendere gli effetti dalla mera volontà dell’acquirente o del creditore.
4. Gli atti sottoposti a condizione sospensiva che ne fa dipendere gli effetti dalla mera volontà del venditore o
dell’obbligato sono soggetti all’imposta in misura fissa».
fronte di ciò sia tenuto a sopportare il rischio da perimento sin dalla consegna, si tratta di vendita con riserva della proprietà12.
In definitiva, sembra che la differenza fondamentale tra le due fattispecie sia l’interesse dell’acquirente a conseguire immediatamente la disponibilità della cosa e l’assunzione dei rischi conseguenti che colora in maniera del tutto peculiare la vendita con riserva di proprietà e la differenzia della vendita sottoposta alla condizione sospensiva dell’adempimento del compratore.
Il divieto di cui all’art. 8 del decreto legislativo n. 122/2005.
L’art. 8 del decreto legislativo n. 122/2005 fa divieto al notaio di ricevere un atto di trasferimento di un immobile da costruire, o comunque non ancora ultimato, posto in essere da un’impresa di costruzione oppure da un’impresa che ha eseguito un intervento edilizio sullo stesso, se prima dell’atto di trasferimento, oppure contestualmente allo stesso, non è stato ottenuto il consenso necessario per la cancellazione delle ipoteche e dei pignoramenti gravanti l’immobile oppure se non si è formato un titolo per il frazionamento dell’ipoteca in quote, nel caso l’acquirente intenda accollarsi una quota del mutuo garantito dall’immobile. La norma fa riferimento esclusivamente alle ipoteche ed ai pignoramenti ma sembra doversi estendere, per eadem ratio, anche a formalità potenzialmente in grado di provocare l’evizione del bene a carico dell’acquirente come il sequestro conservativo ed il sequestro giudiziario. Al contrario, per le formalità meno invasive, come ad esempio, le domande giudiziali, non si applicherà il divieto di stipula per il notaio ma solamente l’obbligo per l’alienante di attivarsi per ottenere la cancellazione della formalità pregiudizievole (cfr. art. 6, lett. h), d.lgs. n. 122/2005)13.
Il divieto sancito dall’art. 8 del decreto legislativo n. 122/2005, secondo l’interpretazione più coerente con l’intero impianto normativo del citato decreto, va applicato solamente a quelle fattispecie concrete che presentano i requisiti soggettivi ed oggettivi delle vendite di immobili da costruire stabiliti dall’art. 1 del citato decreto. Quindi deve trattarsi: i) di vendita posta in essere dall’impresa che ha costruito l’immobile oppure ha realizzato sullo stesso un intervento edilizio rilevante (ristrutturazione edilizia, restauro o risanamento conservativo); ii) di immobile dedotto in contratto in corso di costruzione per il quale non è possibile presentare in Comune la dichiarazione di fine lavori e la richiesta di rilascio del certificato di agibilità.
Se è evidente che la normativa di cui al citato decreto si applica nel caso vendita differita avente ad oggetto un immobile in costruzione, più dubbia è l’ipotesi del contratto di trasferimento, con effetto immediato, posto in essere da un’impresa di costruzioni avente ad oggetto un immobile terminato, per il quale è già stata richiesta in Comune l’agibilità, quando il consenso delle parti si è formato, eventualmente anche con la sottoscrizione di un contratto preliminare, durante la fase di costruzione dell’immobile.
Secondo una tesi «una volta che l’immobile sia ultimato, e si addivenga alla conclusione del contratto definitivo, la precedente contrattazione preliminare perde ogni rilevanza, ivi compresa la preesistente, e non più attuale, posizione di debolezza contrattuale dell’acquirente… Xxxxx restando, quindi, gli inevitabili dubbi nascenti dall’imperfetta formulazione della legge, sembra che l’art. 8 in esame possa ragionevolmente riguardare solo i contratti con effetti reali differiti, aventi ad oggetto “immobili da costruire”, stipulati tra “costruttore” ed “acquirente”, come definiti dalla legge n. 210/2004, essendo questa l’unica interpretazione idonea ad evitare la censura di illegittimità costituzionale per eccesso di delega, coerente nel contempo con le altre interpretazioni del decreto legislativo»14.
Un’altra impostazione estende il divieto dell’art. 8 anche alle ipotesi di vendita da parte dell’impresa costruttrice di immobile ultimato. Si è affermato che «sembra che sia ragionevole dare la tutela dell’art. 8 all’acquirente, immediato, di costruzione ultimata o non che corre il pericolo, diversamente, di farsi garantire
12 X. Xxxxxxxxxx, Condizione sospensiva di adempimento – applicabilità imposta fissa ex art. 27, comma 1 d.p.r. 131/1986, quesito tributario n. 763/2014/T, in CNN Notizie del 17 marzo 2015; Zecchino, Vendita condizionata al pagamento del prezzo e vendita con riserva della proprietà, in Notariato, 2001, 477 s.; Rescio, La traslazione del rischio contrattuale nel leasing, Milano, 1989, 61.
13 Cfr. Carrabba, Tutela degli acquirenti di immobili da costruire e tutela dei consumatori: il “divieto” di cui all’art. 8 d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, in Notariato, 2006, 473 s.; X. Xxxxxxxx, Gli acquisti di immobili da costruire, Ipsoa, 2005, 318.
14 X. Xxxxxxxx, Gli acquisti di immobili, cit., 313 s.
una futura cancellazione di ipoteca che magari non vi sarà, per l’indebitamento del costruttore, ed escluderla invece nella cessione fra privati; ciò perché i pericoli di indebitamento sono sostenuti solo se vi è attività d’impresa»15.
Sembra preferibile, in quanto più coerente con i presupposti applicativi del decreto stabiliti all’art. 1 dello stesso, una terza tesi, intermedia, secondo la quale il divieto trova applicazione anche nell’ipotesi di alienazione dell’immobile ultimato da parte del costruttore tutte le volte in cui l’accordo delle parti si sia formato quando l’immobile era ancora in costruzione, ad esempio con la conclusione di un contratto preliminare di compravendita16. Nella prassi è abbastanza evidente se l’accordo delle parti si è formato quando l’immobile era in corso di costruzione, essendo sufficiente verificare la data del primo acconto corrisposto dall’acquirente con la data di presentazione in Comune della richiesta di agibilità del fabbricato17.
Segue: nel rent to buy.
La disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione, mediante il rinvio all’art. 8 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, effettuato dall’art. 23, comma 4 del decreto 133/2014, anticipa la tutela stabilita dalla citata norma fin dalla concessione del godimento.
L’avere anticipato il divieto di cui all’art. 8 del decreto legislativo n. 122/2005 fin dal momento della conclusione del contratto di concessione in godimento, se, da una parte, garantisce una maggiore tutela al conduttore/potenziale acquirente, dall’altra parte, limita molto le potenzialità operative di questo nuovo contratto, visto che difficilmente l’impresa di costruzioni sarà in grado di cancellare l’ipoteca dalla porzione immobiliare concessa in godimento, non ricevendo dal conduttore acconti prezzo consistenti che possano essere idonei a ridurre la sua esposizione debitoria.
È stata proposta la soluzione di prevedere fin dalla concessione in godimento dell’immobile l’accollo, da parte del conduttore, di una quota del mutuo precedentemente frazionato con la relativa quota di ipoteca gravante solamente l’immobile concesso in godimento18. Il precedente frazionamento in quote del mutuo e dell’ipoteca, con l’accollo della quota di mutuo frazionata, escluderebbero l’applicazione del divieto di cui all’art. 8. La tesi, per quanto plausibile sotto l’aspetto teorico, appare difficilmente attuabile nella pratica. Si è visto che il conduttore si obbliga a corrispondere un canone imputato in parte al godimento dell’immobile ed in parte a corrispettivo dell’eventuale trasferimento. Quest’ultima parte di canone deve essere restituita dal concedente in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell’immobile entro il termine stabilito (art. 23, comma 1-bis). Riterrei che la norma non sia derogabile dall’autonomia delle parti. In altri termini, stabilità la quota di canoni imputata al corrispettivo del trasferimento, quei canoni vanno restituiti al conduttore, nei casi di mancato esercizio del diritto di acquisto. Ciò significa che il conduttore, accollandosi una quota del mutuo frazionato, ha già provveduto, all’atto della concessione in godimento dell’immobile, al pagamento di una parte consistente del prezzo del futuro acquisto, dipendente dall’esercizio eventuale dell’opzione di acquisto e, in caso di mancato esercizio del diritto di acquisto, avrebbe un diritto di credito, nei confronti dell’impresa costruttrice, alla restituzione della parte di corrispettivo già anticipata con l’accollo del mutuo.
15 X. Xxxxxxx, L’art. 8 D.lgs 122/2005: obblighi e responsabilità notarili, in Tutela dell’acquirente degli immobili da costruire: applicazione del D.lgs. 122/2005 e prospettive, I quaderni della Fondazione italiana per il Notariato, 2006, 88 ss.
16 X. Xxxxx, Decreto legislativo 122/2005: assicurazione indennitaria, frazionamento del mutuo, revocatoria fallimentare e altre novità legislative, Studio n. 5813/C del Consiglio Nazionale del Notariato approvato approvato dalla Commissione studi civilistici in data 23 luglio 2005; Id, Il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, in FederNotizie del 20 dicembre 2014, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx, 4.1.
17 È noto che, per effetto dell’art. 35, comma 22 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, le parti sono obbligate a dichiarare nell’atto di trasferimento dell’immobile, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, le modalità di pagamento del corrispettivo, e quindi i numeri degli assegni bancari o circolari o gli estremi dei bonifici con cui è stato effettuato il pagamento.
18 X. Xxxxx, Il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, cit., 4.2.
L’esenzione dall’azione revocatoria fallimentare per la vendita al giusto prezzo dell’abitazione principale.
Ai sensi dell’art. 67, terzo comma, lettera c), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, non sono soggetti all’azione revocatoria «c) le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente, purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio».
L’esonero dalla revocatoria fallimentare richiede dei requisiti specifici: i) che per la vendita sia stato pattuito un giusto prezzo; ii) che il contratto abbia ad oggetto un immobile ad uso abitativo ovvero un immobile non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente; iii) che l’immobile sia adibito ad abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado oppure che l’attività d’impresa sia effettivamente esercitata nell’immobile ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio.
Quanto al requisito del giusto pezzo, lo stesso è stato inserito per la prima volta nel nostro ordinamento dal decreto legislativo n. 122/2010 il cui art. 10 ha stabilito che la giustezza del prezzo debba essere valutata alla data della stipula del preliminare. La soluzione risponde ad evidenti criteri di ragionevolezza, perché in quel momento si perfeziona l’accordo sul prezzo e si effettua la valutazione della convenienza dell’affare, con la conseguenza che la disposizione dell’art. 10 dovrebbe essere utilizzata come criterio interpretativo per chiarire la portata dell’art. 67 legge fallimentare19.
La destinazione ad abitazione principale costituisce una circostanza di fatto consistente nella destinazione dell’immobile a dimora abituale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado. Il concetto di abitazione principale coincide, sostanzialmente, con quello di residenza che si ricava dall’art. 43, comma 2 c.c.: “la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Trattandosi di una circostanza di fatto, può essere provata non solo con un certificato anagrafico rilasciato dal Comune ma anche con altri elementi di prova idonei, quali le denunce ai fini della fornitura di gas, trasporto di rifiuti solidi urbani o l’esibizione di uno stato di famiglia, come recentemente riconosciuto dalla giurisprudenza tributaria e dalla stessa prassi ministeriale20.
Le differenze tra comunione ordinaria e comunione legale.
La netta differenza tra la comunione legale e la comunione ordinaria è stata delineata da una nota sentenza della Corte costituzionale21: la comunione ordinaria è una comunione per quote, quella legale è una comunione senza quote; nella comunione ordinaria le quote sono oggetto di un diritto individuale dei singoli partecipanti (art. ex art. 2825 c.c.) e delimitano il potere di disposizione di ciascuno sulla cosa comune (art. 1103 c.c.); nella comunione legale i coniugi non sono individualmente titolari di una quota bensì solidalmente titolare di un diritto avente ad oggetto i beni della comunione (art. ex art. 189, comma 2, c.c.). Nella comunione legale la quota non è elemento strutturale ma ha soltanto la funzione di stabilire la misura entro cui i beni della comunione possono essere aggrediti dai creditori particolari (art. 189 c.c.), la misura della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i creditori della comunione (art. 190 c.c.) e, infine, la proporzione in cui, sciolta la comunione, l’attivo e il passivo saranno ripartiti tra i coniugi
19 Panzani, i Fallimenti immobiliari, in Fallimento online, citato in X. Xxxxxxxx, La nuova revocatoria fallimentare,
X. Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2006, 161.
20 Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, Sentenza n. 136 del 30 dicembre 2005, in CNN Notizie del 10 novembre 2006; Risoluzione dell’Xxxxxxx xxxxx Xxxxxxx x. 000/X del 30 maggio 2008.
21 Corte cost. 10 marzo 1988, n. 311, in Riv. not., 1988, 136; in Giust. civ., 1988, 1388 e 2482 con nota di Natucci;
in Vita not., 1988, 641.
o i loro eredi (art. 194 c.c.). Nella comunione legale, nei rapporti con i terzi, ciascun coniuge ha il diritto di disporre dei beni della comunione; il consenso dell’altro coniuge, richiesto dall’art. 180, comma 2, c.c. per gli atti di straordinaria amministrazione, non è un negozio unilaterale attributivo di un potere ma rimuove un limite all’esercizio di un potere, è un requisito di regolarità del procedimento di formazione dell’atto di disposizione, la cui mancanza, ove si tratti di bene immobile o bene mobile registrato, si traduce nell’annullabilità del negozio (art. 184 c.c.). Nella comunione ordinaria ciascun coniuge può disporre liberamente della propria quota mentre l’atto di disposizione sull’intero diritto comune compiuto da uno solo dei coniugi sarebbe inefficace per mancanza di potere di disporre validamente del bene.
*** Motivazione
Xxxxxx e Xxxxxxx hanno costituito un fondo patrimoniale destinando l’appartamento con garage in Xxxxx, Xxxxx xxxxx Xxxxxxxxxx x. 00 a far fronte ai bisogni della famiglia. Con la costituzione del fondo patrimoniale il bene riceve una speciale destinazione che comporta i) una specializzazione della garanzia patrimoniale fungendo il bene da garanzia per soddisfare i debiti contratti per i bisogni della famiglia; ii) una disciplina particolare per l’amministrazione del bene alla quale si applicano le regole della comunione legale ed in particolare il consenso congiunto dei coniugi per gli atti di disposizione e la necessità della preventiva autorizzazione giudiziale in presenza di figli minori, salvo espressa deroga contenuta nell’atto costitutivo. Nel caso in esame, pur essendo l’immobile di proprietà esclusiva di Xxxxxx è necessario per la vendita anche il consenso della moglie Xxxxxxx, ai sensi dell’art. 169 c.c.
La figura contrattuale che meglio soddisfa le esigenze prospettate dalle parti è la vendita a rate con riserva di proprietà disciplinata dagli articoli 1523 e seguenti del codice civile.
Xxxxxxxx e Xxxxx sono in grado di pagare una somma mensile di euro 1.000 che intendono imputare in toto al prezzo del trasferimento immobiliare. La diversa figura del rent to buy non soddisfa le esigenze delle parti in quanto le somme pagate dal conduttore sono imputate in parte a canone di locazione ed in parte ad acconto prezzo. Inoltre, Xxxxxxxx e Xxxxx hanno chiesto di poter realizzare l'operazione immobiliare in un’unica soluzione senza necessità della successiva collaborazione di Xxxxxx: con la vendita a rate con riserva di proprietà l’acquisto della parte acquirente avviene automaticamente ex lege, in forza dell’avvenuto integrale pagamento del prezzo; la quietanza dell’acquirente è una semplice dichiarazione scienza che conferma il fatto storico dell’avvenuto integrale pagamento del prezzo. Nel rent to buy l’operazione è scomposta in due atti ben distinti: il contratto di concessione in godimento del bene ed il successivo atto di alienazione con imputazione a corrispettivo di parte dei canoni pagati per il godimento del bene.
Xxxxxxxx e Xxxxx intendono eseguire alcuni lavori di ristrutturazione dell’immobile senza che gravi alcuna responsabilità su Xxxxxx per eventuali danni arrecati a terzi. Nella vendita con riserva della proprietà, per espressa previsione di legge, il compratore assume i rischi per il perimento ed il deterioramento della cosa fin dal momento della consegna (art. 1523 c.c.). Inoltre, il venditore è liberato ex lege, fin dalla consegna all’acquirente, della responsabilità conseguente alla proprietà della cosa poiché la facoltà di godimento della cosa esercitabile dal compratore spiega il trapasso dei rischi al medesimo nonché la sua responsabilità civile a norma dell’art. 2054, comma 3, c.c.
Il mutuo ipotecario gravante sull’immobile verrà estinto con parte del netto ricavo del mutuo che verrà stipulato dagli acquirenti i quali effettueranno il pagamento della somma corrispondente al debito residuo del venditore in forza di una delegazione di pagamento effettuata dal venditore stesso (art. 1269 c.c.). Non si applica alla fattispecie in esame il divieto rivolto al notaio di vendere l’immobile ipotecato prima di avere ottenuto il consenso alla cancellazione dell’ipoteca poiché non ricorrono né il requisito soggettivo (vendita da parte del costruttore) né il requisito oggettivo (immobile in corso di costruzione) di cui al d.lgs. n. 122/205.
Xxxxx, con il consenso di Xxxxxxxx e Xxxxxx, si dichiara disponibile, qualora non la banca non conceda il finanziamento bancario nel tempo stabilito, ad estinguere il debito di euro 100.000 con il trasferimento a Franco di un monolocale di sua proprietà posto al terzo piano dell’edificio in Xxxxx, xxx Xxxxxxx Xxxxx x. 00, attualmente locato. Questa esigenza può essere soddisfatta con la previsione di una obbligazione con facoltà alternativa: il debito principale di Xxxxxxxx e Xxxxx avente ad oggetto di pagamento del prezzo di euro 100.000 può essere estinto, in via alternativa, con il trasferimento a Franco dell’unità immobiliare di Xxxxx. In tal modo il contratto assume le caratteristiche della permuta con conguaglio in denaro a favore di Xxxxxx. Nell’obbligazione con facoltà alternativa l’obbligazione è unica ma è concessa al debitore la facoltà di estinguere l’obbligazione con una diversa prestazione. Se la prestazione del debitore diviene impossibile per causa sopravvenuta non imputabile al debitore l’obbligazione si estingue e non è dovuta la prestazione alternativa. Qualora Xxxxx si avvalga della facoltà di estinguere l’obbligazione pecuniaria con il trasferimento della sua unità immobiliare, realizza una liberalità indiretta a favore di Xxxxxxxx poiché estingue un’obbligazione solidale di entrambi.
Xxxxxx chiede di essere tutelato al massimo contro il rischio dell’inadempimento degli acquirenti: a tal fine desidera a) ottenere la risoluzione del contratto nel caso di mancato pagamento anche di una sola rata
dilazionata, b) poter trattenere tutte le somme già incassate prima dell’eventuale inadempimento; c) avere la possibilità di recuperare il possesso dell’immobile senza dovere effettuare la procedura di sfratto.
Nella vendita a rate con riserva di proprietà è espressamente previsto dall’art. 1525 c.c. che il mancato pagamento di una singola rata che non superi l’ottava parte del prezzo non dà luogo alla risoluzione del contratto ed il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive. Il patto contrario è nullo. È possibile inserire nel contratto una clausola risolutiva espressa in base alla quale il contratto si risolva di diritto nel caso di mancato pagamento di più di una rata di prezzo. Inoltre è possibile introdurre nel contratto una clausola penale che prevede la facoltà del venditore di trattenere, a titolo di indennità, le rate di prezzo pagate dagli acquirenti, in caso di inadempimento degli stessi. Tale clausola è espressamente prevista dall’art. 1526, comma 2, c.c. che fa salva la possibilità dell’acquirente di ricorrere al giudice per richiedere la riduzione della penale, qualora la stessa sia manifestamente eccessiva, tenuto conto delle circostanze del caso concreto.
La previsione della clausola risolutiva espressa consente di utilizzare l’atto di compravendita come titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile, in caso di inadempimento della parte acquirente. Stabilisce l’art. 474, comma 2, n. 3), c.p.c. che l’atto pubblico notarile costituisce titolo esecutivo per le obbligazioni di consegna o rilascio in esso documentate.
Per il caso di fallimento del venditore, i creditori concorsuali non hanno diritto di soddisfarsi sulla cosa, ancorché ancora di proprietà del venditore, poiché, per espressa disposizione normativa, il fallimento del venditore non è causa di scioglimento della vendita a rate con riserva della proprietà (art. 73, ultimo comma, d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169).
Nella vendita a rate con riserva di proprietà l’acquirente acquista la proprietà della cosa con il pagamento dell’ultima rata di prezzo. Al momento della conclusione del contratto l’acquirente acquisisce un’aspettativa reale di acquisto della proprietà, che si converte automaticamente in acquisto al momento del pagamento dell’ultima rata di prezzo. È in quel momento che rileva il regime patrimoniale dell’acquirente; se alla stipula del contratto l’acquirente era celibe mentre risulta coniugato in regime di comunione dei beni al momento del pagamento dell’ultima rata di prezzo, il bene cade in comunione dei beni. Nella fattispecie in esame, se Xxxxxxxx e Xxxxx risulteranno coniugati in regime di comunione dei beni nel momento del pagamento dell’ultima rata di prezzo e di acquisto della proprietà, l’acquisto avverrà in regime di comunione dei beni.