Capitolo I
Capitolo I
Il recesso dal contratto collettivo nel diritto civile
SOMMARIO: 1. Il recesso dal contratto: i termini della questione. – 2. Il principio della temporaneità dei vincoli contrattuali e la questione del recesso dal contratto. – 3. Limi- ti all’esercizio della facoltà di recesso dal contratto. – 4. Primi rilievi di sintesi.
1. Il recesso dal contratto: i termini della questione
Un’autorevole dottrina ha sintetizzato i risultati di una ricerca finanziata dal CNR, avente ad oggetto il recesso e la risoluzione nei contratti, sottoli- neando come il recesso mostri un quadro articolato sia dal punto di vista delle sue possibili modalità sia dal punto di vista delle sue diverse funzioni (determinative, impugnatorie, penitenziali) 1.
L’opinione è condivisa da larga parte della dottrina che, anche in tempi più risalenti, ha rilevato che «il termine recesso viene impiegato dal legisla- tore per denominare numerose fattispecie comprese nella disciplina dei rapporti tra privati e regolate non solo dal codice civile, ma anche da leggi speciali. Tanto che gli interpreti hanno da tempo sottolineato come all’uni- cità della locuzione corrisponda una sicura pluralità di funzioni» 2.
1 G. DE NOVA (a cura di), Recesso e risoluzione nei contratti, Xxxxxxx, Milano, 1994. In argomento G. ALPA-X. XXXXXXXXX (a cura di), Codice Civile Commentato, Libro IV, co- ordinato da X. XXXX-X. XXXXXXX-X. XXXXXXXXX, sub art. 1373, Ipsoa, Milano, 2005, p. 613 nonché X. XXXXXX, Il recesso, Xxxxxxx, Milano, 2004.
2 X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXXX, Recesso (voce), in Enc. dir., vol. XXXIV, Xxxxxxx, Mila- no, 1988, p. 27; G.F. XXXXXXX, Il recesso unilaterale ed i rapporti di lavoro, Xxxxxxx, Mila- no, 1962, p. 2. Più di recente nello stesso senso si è espresso N.A. XXXXXXX, Il recesso uni- laterale dal contratto, Cedam, Padova, 2000, il quale ha rilevato «l’eterogeneità del lin-
Come mostrano le opinioni appena richiamate, e diversamente da quan- to potrebbe sembrare dalla semplice lettura del codice, ed in particolare dell’art. 1373 c.c., l’istituto del recesso rappresenta nel nostro ordinamento una figura che difficilmente si presta ad una trattazione sistematica, essen- do frutto più di un’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale stratificata nel tempo e frammentaria, che di precise scelte di politica legislativa.
Vero è che, stando alla lettera del codice, lo scioglimento ante tempus dal contratto non è ammesso se non per mutuo consenso 3 (art. 1372 c.c.) ovvero nei casi espressamente previsti dalla legge (ancora art. 1372 c.c.) o dalle parti (art. 1373 c.c.).
In altre parole, vero è che la regola generale in tema di efficacia tempo- rale dei contratti, quale emerge dalla richiamata normativa dettata per il contratto in generale, è quella della perpetuità dei vincoli che da esso sor- gono in capo agli stipulanti, salvo i casi di mutuo dissenso e quelli, ecce- zionali, in cui la facoltà di recedere unilateralmente è espressamente rico- nosciuta dalla legge o dalle stesse parti 4.
Senonché, se si supera il dato letterale e si passa ad esaminare quelle che dovrebbero essere le eccezioni, si scopre che in realtà il recesso è ammesso in quasi tutti i contratti tipici disciplinati dal nostro codice civile, cosicché, numeri alla mano, l’eccezione diventa la regola, e viceversa 5.
guaggio legislativo nel quale si riscontra una grande varietà e difformità di locuzioni e di espressioni diverse, da contratto a contratto, per designare atti tendenti allo scioglimento unilaterale del rapporto che, sebbene denominati in modo diverso, presentano una funzio- ne analoga a quella del recesso propriamente detto». Analogamente anche X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, in Il codice civile commentato, diretto da X. Xxxxxxxxxxx, sub artt. 1372 e 1373, Xxxxxxx, Milano, 1998, osserva che «dopo questa, seppure sommaria indagine sui testi normativi, la conclusione cui si può giungere è che i diversi termini impiegati van- no considerati alla stregua di sinonimi; e che si deve accettare il rischio di confusione de- terminato dall’impiego del medesimo termine per indicare vicende diverse»; ancora X. XXXXXXXXX, Recesso e vendite aggressive, XXX, Xxxxxx, 0000 riconosce che «la tipologia del recesso è quanto mai ampia e variegata: il legislatore ha usato tale termine in numerose di- sposizioni, facendo riferimento ad atti con funzioni differenti».
Alla luce di quanto precede, si premette che nella presente trattazione verranno usati come sinonimi i termini «recesso» e «disdetta», consapevoli del fatto che altra dottrina ri- tiene, invece, doveroso distinguere le due ipotesi, configurando la disdetta come l’atto che impedisce il rinnovo automatico di un contratto.
3 Cfr. X. XXXXXXXX, Il mutuo dissenso, Xxxxxxx, Milano, 1980. In argomento vedi an- che C.M. XXXXXX, Diritto civile, Il contratto, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 733.
4 G. DE NOVA, Il recesso, in Trattato di diritto privato, a cura di X. Xxxxxxxx, vol. X.
Obbligazioni e contratti, Utet, Torino, 1995, p. 637.
5 Il recesso è previsto per la somministrazione a tempo indeterminato (art. 1569), per la
Il dato empirico appena richiamato è di così evidente ampiezza da far dire ad autorevole dottrina che sussiste «contraddizione o quanto meno tensione tra la proclamazione secondo cui il contratto ha forza di legge tra le parti ed il riconoscimento, pressoché in tutti i contratti nominati, del po- tere di una parte di sottrarsi, benché con varietà di presupposti e conse- guenze, a quella legge» 6 e da far concludere che «l’impressione che nasce scorrendo questi dati 7 è che la forza vincolante del contratto trovi smentite via via più numerose e rilevanti» 8.
Che tali smentite di fatto introducano la regola generale della recedibili- tà unilaterale dal contratto è però cosa diversa e certamente non dichiarata espressamente, sebbene sempre più spesso ammessa dalla dottrina e dalla giurisprudenza dominante 9.
Quest’ultima ha inizialmente negato che la facoltà di recesso dal con- tratto fosse estensibile ad ipotesi non espressamente previste dalla legge o dalle parti contraenti, rimarcando il carattere eccezionale che l’art. 1373
c.c. assegna al potere di recesso unilaterale 10.
In un secondo tempo, però, è stata proprio la giurisprudenza a dare
locazione a tempo indeterminato (art. 1596), per la locazione di fondi urbani (artt. 1612- 1614), per l’affitto (artt. 1616, 1627, 1630), per l’appalto (artt. 1660, 1671 e 1674 c.c.),
dagli artt. 1722, 1723, 1724, 1725, 1727 c.c. per il mandato, dall’art. 1985 c.c. nel con- tratto di cessione dei beni ai creditori, nella commissione (art. 1724) nella spedizione (art. 1738), per l’agenzia a tempo indeterminato (art. 1750), per il deposito (art. 1771), per il comodato (artt. 1809-1810), per il conto corrente (art. 1833), per il deposito ban- cario (art. 1834), per l’apertura di credito (artt. 1842, 1845), per l’anticipazione bancaria (1850), per le operazioni bancarie di conto corrente (art. 1855), per l’assicurazione (art. 1893, 1898, 1899), per il mandato di credito (art. 1958), per la mezzadria (art. 2159), la soccida (art. 2180), il contratto d’opera (art. 2227), per il contratto d’opera intellettuale (art. 2237).
6 X. XXXXXXXXX, Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, Xxxxxxx, Milano, 1985.
7 Quelli della ricerca CNR in tema di recesso e risoluzione.
8 G. DE NOVA (a cura di), Recesso e risoluzione nei xxxxxxxxx, xxx., x. 00; ID., Recesso (voce), in Digesto IV, Disc. priv., sez. civ., Utet, Torino, 1997 ove si legge che «dalla previsione costante del recesso unilaterale nei contratti tipici a tempo indeterminato è dato dedurre un principio generale: e così anche per i contratti atipici a tempo inde- terminato le parti sono libere di recedere unilateralmente, pur se nulla hanno previsto al riguardo».
9 Cfr. ancora X. XXXX-X. XXXXXXXXX (a cura di), Codice Civile Commentato, Libro IV, cit., nonché in giurisprudenza Cass., sez. lav., 20 dicembre 2006, n. 27198.
10 Cfr. Cass., 22 febbraio 1963, n. 424, in Giust. civ., 1963, I, p. 1059; Cass., 16 luglio
1976, n. 2817; Cass., 12 febbraio 1990, n. 937, in Mass. giur. lav., 1990, p. 387.
maggior impulso verso un’apertura alla facoltà di recesso anche in quei contratti ove manca una disciplina al proposito 11.
Si tratta di un’apertura che segue l’analogo cammino intrapreso dalla dottrina, la quale, come già accennato, registra, e sempre più spesso plau- de, il venir meno della ferrea vincolatività del contratto 12.
Prima di approfondire le problematiche che attengono la libera recedi- bilità dal contratto, è forse utile fare un passo indietro e tracciare, breve- mente, i tratti caratteristici di questa figura, che fino agli anni ’90 era stata poco considerata dalla dottrina e dalla giurisprudenza 13 e che, invece, è successivamente tornata alla ribalta accendendo un dibattito non ancora sopito 14.
La mancanza di un profilo unitario, in uno con il fatto che il legislatore usa il termine recesso per indicare alcune situazioni molto diverse tra loro, escludendone altre che invece vi rientrerebbero 15, rende peraltro già pro- blematica la stessa definizione, che il legislatore non dà, dell’istituto.
Conscia di quanto precede, la dottrina si limita a dare del recesso una definizione schematica e descrittiva, qualificandolo come una dichiarazio-
11 Cfr. Cass., 30 luglio 1984, n. 4530, in Giust. civ., 1985, I, p. 2014; Corte Appello Fi-
renze, 19 giugno 1980, in Giur. it., 1981, I, 2, p. 102.
12 X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXXX, Recesso (voce), cit., p. 30; X. XXXXXXX, Effetti del con- tratto, Rappresentanza, Contratto per persona da nominare, in Commentario codice civile, a cura di Scialoja-Branca, sub art. 1372-1405, Zanichelli, Bologna, 1993, p. 58; X. XXXXXXXX, Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir., vol. XXXIX, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 133 e spec. p. 177, M.V. XXXXXXXXXXX, Xxxxxx causa e giustificato motivo soggettivo di licenziamento, in La disciplina dei licenziamenti, a cura di X. Xxxxxxx, Jovene, Napoli, 1991, p. 97 ed in part. p. 99.
13 Fino al 1990 gli scritti principali in materia sono stati quelli di G.F. XXXXXXX, Il re- cesso unilaterale, cit.; X. XXXXXXXXX, Vincolo contrattuale, cit.; X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXXX, Recesso (voce), cit.; G. DE NOVA (a cura di), Recesso e risoluzione nei contratti, cit., 1994; ID., Il recesso, cit.
14 A partire dagli anni ’90, sono stati pubblicati seguenti lavori che trattano del recesso:
X. XXXXXXXXX, Recesso e vendite aggressive, XXX, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, in Il codice civile commentato, diretto da X. Xxxxxxxxxxx, sub artt. 1372 e 1373, Xxxxxxx, Milano, 1998; G. DE NOVA, Recesso (voce), cit.; N.A. CIMMINO, Il recesso unilate- rale, cit. Recentemente in argomento vedi anche C.M. XXXXXX, Diritto civile, Il contratto, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 733; X. XXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto privato, Xxxxxxx, Milano, 2001, p. 539 nonché X. XXXX-X. XXXXXXXXX (a cura di), Codice Civile Commen- tato, Libro IV, coordinato da X. XXXX-X. XXXXXXX-X. XXXXXXXXX, sub art. 1373, Ipsoa, Milano, 2005, p. 613.
15 G.F. XXXXXXX, Il recesso unilaterale, cit., pp. 2 e 200.
ne di volontà recettizia che esercita un influsso di carattere negativo su un preesistente rapporto contrattuale, ponendovi la parola fine 16, ovvero qua- le «atto volontario con cui una parte, soggetto di un rapporto giuridico e per questo tenuta a determinati obblighi, dichiara di volersi ritirare dal rapporto e liberarsi dai relativi obblighi con efficacia vincolante per l’altro soggetto» 17.
Tutto quanto segue la definizione – e cioè l’ambito entro il quale opera il recesso, i suoi effetti ed in genere la disciplina dell’istituto nonché la sua funzione – è ancora oggetto di un dibattito, nel quale la parola fine non è stata per il momento pronunciata.
Sarà sufficiente, allo scopo che ci proponiamo, dare atto dello stato del- la questione, registrando le opinioni espresse dagli autori che se ne sono espressamente occupati.
Innanzitutto due preliminari distinzioni, che s’incontrano sovente nel trattare l’argomento.
La prima è quella tra recesso legale, che «appartiene in linea di princi- pio alla disciplina dei singoli tipi legali» 18 e recesso convenzionale, che si ha quando è il contratto stesso ad attribuire ad una delle parti la facoltà di recedere 19.
La seconda è quella tra recesso ordinario, cioè il recesso esercitato ri- spetto ad un contratto privo del termine finale di durata, e recesso straor-
16 X. XXXXXXXXX, Vincolo contrattuale, cit., p. 2; G.F. XXXXXXX, Il recesso unilaterale, cit., pp. 2 e 3-4 ove si riportano le due tesi della dottrina in forza delle quali: 1) il recesso è ammissibile nei soli rapporti di durata in fase di esecuzione e 2) recesso vale per qualunque contratto finché le prestazioni sono integre; ma cfr. A. XXXXXXX, Contratto collettivo e li- bertà di recesso, in Arg. dir. lav., 1995, p. 35, e spec. p. 41 per il quale, invece, il recesso dal contratto collettivo di lavoro, ribaltando sulla parte receduta l’onere di riavviare le trattati- ve per giungere alla conclusione di un nuovo accordo, «costituisce non già una vicenda estintiva ma, sostanzialmente, una vicenda modificativa del contratto collettivo o, ancora meglio, l’input iniziale dal quale si sviluppa una fattispecie modificativa a formazione pro- gressiva». Per un riepilogo sulle varie definizioni ed in generale sulla natura, forma ed ef- fetti del recesso si veda ancora X. XXXX-X. XXXXXXXXX (a cura di), Codice Civile Com- mentato, Libro IV, coordinato da G. ALPA-X. XXXXXXX-X. XXXXXXXXX, sub art. 1373, cit., p. 613.
17 W. D’AVANZO, Recesso (dir. civ.), in Noviss. Dig., vol. IV, Utet, Torino, 1967, p. 1027.
00 X. XX XXXX, Xx recesso, cit., p. 644.
00 Xxx. X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXXX, Xxxxxxx (xxxx), cit., p. 28, i quali, rilevato che il re- cesso è collocato immediatamente dopo l’art. 1372 c.c. che prevede lo scioglimento del contratto solo per mutuo consenso, configurano il recesso quale facoltà di opzione apposta ad un accordo di mutuo dissenso.
dinario 20, che si ha, invece, quando una parte decide di sciogliersi dal con- tratto prima della scadenza fissata nello stesso.
Ai fini che qui interessano, peraltro, il discorso sarà riferito ad entrambe le ipotesi di recesso, ordinario e straordinario 21.
Come anticipato, il recesso è l’atto unilaterale con il quale una parte, e- sercitando un diritto potestativo, pone fine alla vincolatività del contratto, che decide di sciogliere 22.
Tale atto ha natura recettizia, e dunque produce i propri effetti nel momento in cui perviene a conoscenza della persona cui è destinato. Se- condo la tesi prevalente, l’atto con il quale si esercita il recesso deve consi- stere in una dichiarazione, non essendo a tal fine sufficiente un mero com- portamento concludente, dichiarazione che deve avere la stessa forma del contratto dal quale si recede 23.
20 Cfr. G.F. XXXXXXX, Prime osservazioni sul recesso straordinario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1969, p. 86.
21 Si accoglie qui l’opinione espressa in X. XXXXXXX-R. DE XXXX XXXXXX-X. XXXX-X. XXXX, Diritto del lavoro, vol. I, Il diritto sindacale, Utet, Torino, 2002, p. 197, ove si affer- ma che «i termini della questione (della libera recedibilità) non mutano neppure nell’ipo- tesi in cui al contratto collettivo sia apposto un termine». Infatti, una volta esistenti le con- dizioni alle quali si ritiene ammissibile il recesso unilaterale dal contratto in generale, e da quello collettivo in particolare, esse possono, per la loro ratio, riferirsi ad entrambe le figu- re di recesso (salvo, come è ovvio, quella fondata sull’art. 1346 c.c., su cui infra, del tutto inutile, nell’ipotesi di recesso da un contratto cui è apposto il termine). In altre parole, una volta messa in discussione la clausola rebus sic stantibus, poco importa che il contratto re- ceduto fosse a tempo determinato o indeterminato, in quanto questa condizione di recesso pone l’istituto al di là delle problematiche attinenti al termine: la partita si gioca, infatti, su un piano diverso, a monte del contenuto del singolo contratto. Ovviamente, come si dirà più avanti, la presenza di un termine al contratto implica che il giudizio sulla sussistenza delle condizioni che legittimano il recesso debba essere più rigoroso. Peraltro, e la que- stione verrà approfondita nei capitoli secondo e terzo, il nostro ordinamento prevede, con le precisazioni che saranno fatte, almeno due ipotesi espresse di recesso ante tempus dal contratto, rispettivamente agli artt. 2112 c.c. e 16 della legge n. 146/1990, il che corrobora l’opinione sopra espressa in merito all’irrilevanza del fatto che il contratto receduto con- tenga o meno un termine di scadenza.
22 X. XXXXXXX, Effetti del contratto, Rappresentanza, cit., p. 58; X. XXXXX, Il contratto, cit., il quale scrive «il recesso è il negozio unilaterale con cui la parte di un contratto ne di- spone lo scioglimento».
23 Cass., 14 novembre 2000, n. 14730, in I contr., 2001, p. 221 con nota di P.F. Giug- gioli.
Qualunque contratto è in astratto suscettibile di recesso, anzi, la dottri- na ritiene che nei contratti atipici a tempo indeterminato il recesso «si con- figura come un rimedio di carattere sussidiario e generale nel contempo» 24. Ai fini della disciplina e degli effetti conseguenti all’esercizio della facol-
tà di recesso occorre, però, distinguere tra i vari tipi di contratto, a seconda che si tratti di contratto ad esecuzione istantanea, differita, continuativa o periodica.
In particolare, mentre nei contratti ad esecuzione istantanea o differita il recesso può essere esercitato solo prima che il contratto abbia avuto ese- cuzione, dai contratti ad esecuzione periodica o continuata è possibile re- cedere anche quando alcune prestazioni sono già state eseguite o sono in corso di esecuzione.
In quest’ultimo caso, peraltro, come stabilito espressamente dall’art. 1373, comma 2, il recesso non avrà effetti rispetto alle prestazioni già ese- guite 25.
La disciplina descritta è tuttavia sempre disponibile ad opera delle parti del rapporto.
Discusso è il tipo di efficacia, retroattiva o ex nunc, reale o obbligatoria, della dichiarazione di recesso.
Secondo una parte della dottrina 26, il legislatore, prevedendo che il re- cesso non abbia effetti per le prestazioni già eseguite o in corso di esecu-
xxxxx, ha implicitamente negato che esso possa avere efficacia retroattiva. In altre parole, sostiene tale dottrina che, salvo patto contrario, il reces-
so non incide sugli effetti che il negozio ha prodotto fino al momento della sua dichiarazione (rectius, della sua ricezione), ma opera soltanto per il fu- turo, ponendo nel nulla ex nunc il contratto e sciogliendo le parti dalle ob- bligazioni non ancora eseguite.
Altra dottrina 27 distingue, invece, a seconda delle funzioni del recesso, ritenendo che, mentre il recesso determinativo, quello cioè che serve a de- limitare l’oggetto del contratto ex art. 1346 c.c. 28, opera solo per il futuro e non può quindi avere effetti retroattivi, il recesso quale mezzo di impugna-
24 X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, cit.
25 Cfr. X. XXXXXXX, Effetti del contratto, Rappresentanza, cit., p. 60; X. XX XXXX, Il recesso, cit., p. 643.
26 G. DE NOVA, Il recesso, cit., p. 640; ID., Recesso, cit.; X. XXXXXXX, Effetti del con- tratto, Rappresentanza, cit., p. 61.
27 X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXXX, Recesso (voce), cit.
28 Sulla definizione di recesso determinativo vedi amplius in seguito.
zione per vizi originari o sopravvenuti e quello con il quale la parte esercita lo ius poenitendi possono avere efficacia anche rispetto al passato, ponendo nel nulla il negozio e tutti i suoi effetti anche se già prodotti.
Infine, vi è chi ritiene che il recesso possa o meno avere efficacia retro- attiva a seconda che per le prestazioni già effettuate sia stato previsto un compenso 29.
Quel che è certo è che, anche chi riconosce efficacia retroattiva al reces- so, nega che tale efficacia abbia natura reale 30.
Come brevemente anticipato, il recesso assolve diverse funzioni. Quanto ai contratti di durata privi di termine finale, si dice comune-
mente 31 che esso costituisce lo strumento di integrazione necessaria del
contenuto del contratto.
In altre parole, premesso che nei contratti di durata l’entità della pre- stazione oggetto del contratto si determina anche in ragione della durata stessa e che la determinatezza o determinabilità costituisce, ex art. 1346 c.c., uno dei requisiti indispensabili del contratto, sostiene tale dottrina che il recesso sia lo strumento necessario per porre un termine ai contratti di durata che ne siano privi e quindi rendere determinato l’oggetto degli stessi.
Un’altra funzione generalmente riconosciuta al recesso è quella di mez- zo di impugnazione del contratto per vizi originari o sopravvenuti 32.
In questi casi, il recesso si fonda su presupposti analoghi a quelli che consentirebbero la risoluzione o l’annullamento del contratto, con il van- taggio, però, di raggiungere un risultato identico facendo uso di un proce- dimento più spedito.
Quanto agli effetti, ritiene la dottrina prevalente che questa forma di re- cesso agisca retroattivamente, ponendo nel nulla il contratto, esattamente come le altre ipotesi di risoluzione del negozio.
Infine, il recesso può essere il mezzo con cui una parte si scioglie dal rapporto quando non è più interessata alla sua instaurazione o prosecu- zione 33.
29 G. F. XXXXXXX, Il recesso unilaterale, cit., pp. 58-59.
00 X. XX XXXX, Xx recesso, cit., p. 640.
31 X. XXXXXXXXX, Vincolo contrattuale, cit., p. 15.
32 Cfr. ancora X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXXX, Recesso (voce), cit., p. 32 nonché G. GA- BRIELLI, Vincolo contrattuale, cit., p. 37.
33 X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, cit.
In questo modo l’istituto assolve la funzione di evitare vincoli perpetui inutili quando la prestazione oggetto del contratto non risulta più interes- sante.
La ratio di questa forma di jus poenitendi consiste nello sfavore dell’or- dinamento verso la conclusione di negozi giuridici che non sono più rite- xxxx utili da chi li ha posti in essere: «il che, in altre parole, comporta la prevalenza di un interesse diverso da quello, più generale ed astratto, e- spresso dalla regola di vincolatività del contratto» 34.
2. Il principio della temporaneità dei vincoli contrattuali e la questione del recesso dal contratto
Le brevi considerazioni in tema di recesso dai contratti in generale au- torizzano una prima considerazione: si può, cioè, prendere atto del fatto che la dottrina maggioritaria e la stessa giurisprudenza, sebbene più restia, sono arrivate ad affermare che la forza vincolante del contratto trova
«smentite via via più numerose e rilevanti» e che «per i contratti tipici la regola è dunque il recesso, e l’art. 1372, comma 1, c.c. è sostanzialmente svuotato» 35.
Non solo. Dalla previsione costante del recesso dai contratti tipici è sta- to dedotto un principio che può in generale essere riferito ad ogni tipo di contratto, anche atipico: quello della facoltà per le parti di recedere unila- teralmente dall’accordo, anche quando nulla hanno previsto al riguardo 36.
L’abbandono della regola risultante dal combinato disposto degli artt. 1372 e 1373 c.c. a favore dell’affermarsi della tesi della recedibilità dal con- tratto passa attraverso l’elaborazione di alcuni principi generali che ver- ranno di seguito brevemente richiamati.
34 Cfr. ancora X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXXX, Recesso (voce), cit., p. 37, nonché G. GA- BRIELLI, Vincolo contrattuale, cit., p. 66.
00 X. XX XXXX, Xx recesso, cit., p. 645; in giurisprudenza cfr. Cass., 25 febbraio 1997, n. 1694, in Dir. lav., 1997, II, p. 526 contra vedi Cass., 12 febbraio 1990, n. 987, in Mass. giur. lav., 1990, 387 con nota critica di X. XXXXXXXX, Disdettabilità di accordi collettivi e presta- zioni pensionistiche complementari, p. 388.
36 Cfr. ancora, G. DE NOVA, Il recesso, cit.