GUIDA PER L’ATTIVITÀ DI VIGILANZA
VIGILANZA BANCARIA E FINANZIARIA
Servizio Coordinamento e rapporti con l’esterno della Vigilanza
GUIDA PER L’ATTIVITÀ DI VIGILANZA
Circolare n. 269 del 7 maggio 2008
PRINCIPI, OBIETTIVI, METODOLOGIA GENERALE
OBIETTIVI, METODI E PROCESSO VALUTATIVO DELL'ATTIVITA’ DI VIGILANZA 4
I.4 La qualificazione degli intermediari 10
I.5 Macro-categorie e proporzionalità 12
I.6 Processo per l’aggiornamento della profilatura e della base dati relativa alle categorie di prioritizzazione 16
Capitolo II Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP) 17
II.1 Caratteristiche generali 17
II.2 Il “ciclo di valutazione”: la pianificazione dell’attività di vigilanza 25
II.3 Il “ciclo di valutazione”: la verifica del rispetto dei requisiti normativi i controlli andamentali 25
II.4 Il “ciclo di valutazione”: l’analisi dei rischi e dei presidi 34
II.5 Il “ciclo di valutazione”: il meccanismo di assegnazione dei punteggi di profilo e complessivo 42
II.6 Il “ciclo di valutazione”: rappresentazione dei risultati – relazione AVG 44
II.7 Il collegamento “punteggio-azione” 44
II.8 Proporzionalità e articolazione del processo di revisione e valutazione prudenziale 46
II.9 L’attività di analisi e monitoraggio degli intermediari in situazioni di crisi 49
II.10 La relazione tra analisi consolidata e individuale 50
II.11 Pianificazione ispettiva e modalità di interazione tra controlli a distanza ed ispettivi 51
II.12 La connessione tra l’analisi dei singoli intermediari e quella macroprudenziale 53
Allegato n. II/1: Organizzazione e funzionamento delle riunioni di programmazione della vigilanza decentrata 58
Allegato n. II/2: Appunto di pianificazione operativa 59
Allegato n. II/3: Principi generali per la valutazione dei piani di risanamento 60
Allegato n. II/4: Schema di Piano di Risanamento 61
Capitolo III Il coordinamento tra le strutture di vigilanza e l’interazione con le altre Funzioni 68
Capitolo IV Il coordinamento con le altre Autorità 70
IV.2 I rapporti con la CONSOB 70
IV.3 I rapporti con l’IVASS 72
IV.4 I rapporti con la COVIP 73
IV.5 I rapporti con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato 73
Capitolo V I collegi delle autorità di vigilanza e altri rapporti con le autorità di vigilanza estere 75
V.2 Attività dei collegi delle autorità di vigilanza 75
V.3 Procedure per l’adozione delle decisioni congiunte 78
V.5 Succursali significative 79
V.6 Accordi bilaterali di delega dei poteri di vigilanza sui gruppi cross-border 83
V.7 Obblighi di cooperazione tra le autorità di vigilanza e verifica delle informazioni riguardanti “entità” di altri Stati membri 83
IL SISTEMA INFORMATIVO DI VIGILANZA 85
SCHEMI DI ANALISI PER LA VALUTAZIONE DEGLI INTERMEDIARI 1
Capitolo I Metodologie di analisi e valutazione 3
I.1 Logiche sottostanti e sequenza valutativa 3
I.2 Modello di business e redditività 3
I.3 Sistemi di governo e di controllo 4
I.4 Rischio di credito e di controparte 4
I.6 Rischio di tasso d’interesse 5
I.7 Rischi operativi e di reputazione 6
I.8 Adeguatezza patrimoniale 6
Capitolo II Analisi del modello di business e della redditività 8
II.3 Struttura dello schema di analisi 9
Capitolo III I sistemi di governo e di controllo 10
III.1 Obiettivo dell’analisi 10
III.2 Ambito di applicazione 10
Capitolo IV Analisi del rischio di credito e di controparte 15
IV.1 Obiettivo dell’analisi 15
IV.2 Ambito di applicazione 15
IV.3 Struttura dello schema di analisi 15
Capitolo V Analisi del rischio di mercato 17
V.1 Obiettivo dell’analisi 17
V.2 Ambito di applicazione 17
V.3 Struttura dello schema di analisi 17
Capitolo VI Analisi del rischio di tasso di interesse 19
VI.1 Obiettivo dell’analisi 19
VI.2 Ambito di applicazione 19
VI.3 Struttura dello schema di analisi 19
Capitolo VII Analisi dei rischi operativi e di reputazione 21
VII.1 Obiettivo dell’analisi 21
VII.2 Ambito di applicazione 21
VII.3 Struttura dello schema di analisi 21
Capitolo VIII Analisi dell’adeguatezza patrimoniale 23
VIII.1 Obiettivo dell’analisi 23
VIII.2 Ambito di applicazione 23
VIII.3 Struttura dello schema di analisi 24
Capitolo IX Analisi del rischio di liquidità 25
IX.1 Obiettivo dell’analisi 25
IX.2 Ambito di applicazione 26
IX.3 Struttura dello schema di analisi 26
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
SEZIONE I
OBIETTIVI, METODI E
PROCESSO VALUTATIVO DELL'ATTIVITA’ DI VIGILANZA
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
SEZIONE I
OBIETTIVI, METODI E PROCESSO VALUTATIVO DELL'ATTIVITA’ DI VIGILANZA
Capitolo I Profili generali 6
I.2 Struttura della Guida 7
I.4 La qualificazione degli intermediari 10
I.5 Macro-categorie e proporzionalità 12
I.6 Processo per l’aggiornamento della profilatura e della base dati relativa alle categorie di prioritizzazione 16
Capitolo II Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP) 17
II.1 Caratteristiche generali 17
II.2 Il “ciclo di valutazione”: la pianificazione dell’attività di vigilanza 25
II.3 Il “ciclo di valutazione”: la verifica del rispetto dei requisiti normativi i controlli andamentali 25
II.4 Il “ciclo di valutazione”: l’analisi dei rischi e dei presidi 34
II.5 Il “ciclo di valutazione”: il meccanismo di assegnazione dei punteggi di profilo e complessivo 42
II.6 Il “ciclo di valutazione”: rappresentazione dei risultati – relazione AVG 44
II.7 Il collegamento “punteggio-azione” 44
II.8 Proporzionalità e articolazione del processo di revisione e valutazione prudenziale 46
II.9 L’attività di analisi e monitoraggio degli intermediari in situazioni di crisi 49
II.10 La relazione tra analisi consolidata e individuale 50
II.11 Pianificazione ispettiva e modalità di interazione tra controlli a distanza ed ispettivi 51
II.12 La connessione tra l’analisi dei singoli intermediari e quella macroprudenziale 53
Allegato n. II/1: Organizzazione e funzionamento delle riunioni di programmazione della vigilanza decentrata 58
Allegato n. II/2: Appunto di pianificazione operativa 59
Allegato n. II/3: Principi generali per la valutazione dei piani di risanamento 60
Allegato n. II/4: Schema di Piano di Risanamento 61
Capitolo III Il coordinamento tra le strutture di vigilanza e l’interazione con le altre Funzioni 68
III.1 68
Capitolo IV Il coordinamento con le altre Autorità 70
IV.2 I rapporti con la CONSOB 70
IV.3 I rapporti con l’IVASS 72
IV.4 I rapporti con la COVIP 73
IV.5 I rapporti con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato 73
Capitolo V I collegi delle autorità di vigilanza e altri rapporti con le autorità di vigilanza estere 75
V.2 Attività dei collegi delle autorità di vigilanza 75
V.3 Procedure per l’adozione delle decisioni congiunte 78
V.5 Succursali significative 79
V.6 Accordi bilaterali di delega dei poteri di vigilanza sui gruppi cross-border 83
V.7 Obblighi di cooperazione tra le autorità di vigilanza e verifica delle informazioni riguardanti “entità” di altri Stati membri 83
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
Capitolo I Profili generali
I.1 Premessa
La Guida per l’attività di vigilanza (“Guida”) delinea le modalità del processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP) secondo uno schema di riferimento unitario per gli addetti alla vigilanza, a distanza e ispettiva, delle strutture centrali e periferiche dell’Istituto.
Considerata la complessità e l’articolazione che assume l’attività di vigilanza sugli intermediari e la molteplicità delle strutture e degli addetti ad essa preposti, la Guida costituisce un punto di riferimento organico atto a garantire la coerenza dei comportamenti.
Sono disciplinate tutte le attività di controllo sugli intermediari, ad eccezione della fase costitutiva.
Coerentemente con il quadro normativo generale, l’attività di valutazione e controllo ha quale obiettivo principale la verifica delle condizioni di sana e prudente gestione dei soggetti vigilati nonché dell’osservanza della normativa1.
La Guida si propone di assicurare che tale obiettivo sia perseguito con efficacia ed efficienza, nel rispetto del principio di trasparenza.
A tale scopo, le procedure descritte nella Guida seguono un approccio:
- consolidato, volto a cogliere rischi e presidi complessivi degli intermediari, indipendentemente dall’articolazione organizzativa e societaria prescelta;
- focalizzato sui rischi (“risk-based”), finalizzato a valutare tutti i rischi rilevanti e i corrispondenti presidi organizzativi con l’applicazione di schemi di analisi uniformi agli intermediari che operano nei medesimi ambiti di attività, anche se iscritti ad albi diversi;
- proporzionale, indirizzato a graduare i controlli in proporzione alla dimensione, alla rilevanza sistemica e alla problematicità degli intermediari.
La proceduralizzazione dell’attività di vigilanza, concernente le fasi e le verifiche fondamentali, non esaurisce gli approfondimenti che è possibile effettuare per avere una piena conoscenza degli intermediari.
1 Ferme restando le competenze della CONSOB in materia di servizi e di attività di investimento.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
I.2 Struttura della Guida
La Guida è articolata in tre Parti, ciascuna delle quali è distinta in tre Sezioni, i cui principali contenuti sono di seguito descritti.
Parte Prima - “Principi, obiettivi, metodologia generale”
- Sezione I: principi e obiettivi dell’attività di vigilanza; processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP); meccanismi di interazione tra le strutture della Vigilanza; Sistema di Analisi Aziendale (SAA); modalità di coordinamento con le altre Autorità di controllo.
- Sezione II: sistema di organizzazione e sfruttamento delle informazioni utilizzate nell’attività di supervisione; struttura dei documenti di sintesi delle valutazioni derivanti dai controlli a distanza (“off-site”) e ispettivi (“on-site”).
- Sezione III: schemi di analisi e di valutazione delle aree di rischio (credito, mercato, operativo e di reputazione, tasso di interesse, liquidità, strategico) e dei “profili trasversali” (sistemi di governo e di controllo, redditività, adeguatezza patrimoniale) degli intermediari.
Parte Seconda - “Procedure per l’attività di controllo a distanza”
- Sezione I: strumenti di vigilanza utilizzabili nei confronti degli intermediari (richieste di informazioni, convocazioni, ispezioni); misure di intervento.
- Sezione II: criteri e procedure a supporto dell’attività istruttoria dei procedimenti autorizzativi (assetti proprietari, progetti di crescita esogena ed endogena, operazioni sul patrimonio di vigilanza, approvazione dei regolamenti dei fondi comuni).
- Sezione III: criteri e procedure a supporto dell’attività istruttoria per l’autorizzazione a utilizzare sistemi interni di misurazione dei rischi di credito, di mercato, di controparte, operativi per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte di tali rischi.
Parte Terza - “Procedure per l’attività ispettiva”
- Sezione I: principi di conduzione degli accertamenti; compiti e responsabilità dei componenti i gruppi ispettivi.
- Sezione II: profili amministrativi delle ispezioni; iter procedurale ispettivo e modalità di rappresentazione dei risultati.
- Sezione III: metodi da seguire negli accertamenti e “percorsi di analisi” (itinerari di verifica), per tipologia di rischio, area di business, profilo trasversale o tematica di conformità.
I.3 Ambito di applicazione
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
Con l’avvio del Single Supervisory Mechanism (SSM) la Banca Centrale Europea (BCE) ha assunto la vigilanza diretta sulle banche significative (Significant Institutions – “SI”) che svolge avvalendosi dei Joint Supervisory Team (JST), ognuno dei quali è coordinato dall’SSM ed è composto da personale di quest’ultimo e delle autorità nazionali. Per lo svolgimento delle proprie attività i JST si avvalgono dei principi, criteri e metodologie compendiati nel Supervisory Manual (SM).
La Banca d’Italia continua, invece, a condurre le attività di vigilanza diretta sulle banche meno significative (Less Significant Institutions – “LSI”). Queste ultime, a loro volta, sono ripartite in High, Medium e Low Priority LSI (rispettivamente HPLSI, MLSI, LPLSI) con conseguenti diversi obblighi di rendicontazione nei confronti della BCE sulla base delle linee guida definite da quest’ultima in collaborazione con le singole autorità di xxxxxxxxx.
L’analisi dei rischi e la valutazione complessiva delle LSI individuate come High Priority è svolta con le metodologie e i criteri contenuti nel documento “SSM LSI SREP Methodology”, pubblicato sul sito internet dell’SSM. Peraltro, per tali intermediari, gli schemi di analisi di cui alla presente Guida (cfr. Parte Prima, Sez. III) sono utilizzati per svolgere approfondimenti e giungere, eventualmente, a una modifica dei punteggi degli schemi di analisi della metodologia LSI SREP.
Continuano a far capo alla Banca d’Italia, anche con riferimento alle SI, i compiti in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali e correttezza dei rapporti con la clientela e di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.
La Guida indica le modalità di attuazione del processo di revisione e valutazione prudenziale per tutte le tipologie di intermediari2 diversi dalle SI, compresi i soggetti sottoposti a una regolamentazione prudenziale diversa da quella fondata su “tre pilastri” (requisiti patrimoniali, controllo prudenziale, informativa al pubblico) prevista per le banche, gli intermediari finanziari (IF) e alcune categorie di SIM3.
Coerentemente con la normativa, il processo di revisione e valutazione prudenziale viene condotto sulla base di un approccio:
consolidato:
2 Nella Guida il termine “intermediario” si riferisce a tutti i soggetti vigilati, sia a livello individuale sia a livello consolidato.
3 In particolare, non sono soggetti a regolamentazione prudenziale su “tre pilastri”: a) le SGR; b) gli IMEL e gli Istituti di pagamento; c) le SIM autorizzate alla consulenza in materia di investimenti e ricezione e trasmissione di ordini senza detenzione di denaro o titoli appartenenti ai clienti.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
• per i gruppi bancari4 ;
• per i gruppi di SIM sottoposti a vigilanza consolidata;
individuale nei confronti dei seguenti soggetti, non appartenenti a gruppi bancari o a gruppi di SIM sottoposti a vigilanza consolidata:
• banche5;
• società di intermediazione mobiliare (“SIM”)6;
• società di gestione del risparmio (“SGR”)7;
• intermediari finanziari;
• xxxxxxxx xx xxxxxx xxxxxxxxxxx (“XXXX”);
• Istituti di pagamento;
La Guida specifica le attività da svolgere a livello individuale sugli intermediari facenti parte di gruppi soggetti ad approccio valutativo consolidato.
La valutazione degli intermediari facenti parte di gruppi non soggetti a vigilanza consolidata tiene comunque conto delle strategie del gruppo di appartenenza.
Per i conglomerati finanziari - come definiti dall’articolo 3 del decreto legislativo del 30 maggio 2005, n.142 (d. lgs. 142/2005) e individuati annualmente secondo le modalità stabilite nell’accordo di coordinamento sottoscritto con ISVAP (ora IVASS) e Consob nel marzo del 20068 - è previsto che, nell’ambito del processo di revisione e valutazione prudenziale della componente bancaria (sia essa intermediario individuale o gruppo) si tenga conto della situazione tecnica e organizzativa del conglomerato nel suo complesso9.
La valutazione e l’azione di vigilanza sul conglomerato è differenziata a seconda che l’Autorità responsabile per il coordinamento e l’esercizio della vigilanza supplementare (“coordinatore”) ai sensi dell’articolo 5 del d. lgs. 142/2005 sia il nostro Istituto ovvero l’IVASS.
4 Nella Guida con il termine “gruppi bancari” si intendono sia gli intermediari iscritti all’albo dei gruppi bancari sia gli intermediari soggetti a requisiti su base consolidata ai sensi della Parte Uno, Titolo II, del CRR (cd. gruppi CRR).
5 Incluse le succursali di banche extracomunitarie e le filiazioni di banche estere.
6 Incluse le succursali di imprese di investimento extracomunitarie.
7 Nella Guida, il termine “SGR” è riferito anche alle SICAV.
8 Cfr l’accordo di coordinamento in materia di identificazione e adeguatezza patrimoniale dei conglomerati finanziari e gli aggiornamenti delle liste di conglomerati italiani: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/ accordi-altre-autorità.
9 In particolare, per le modalità di valutazione dell’adeguatezza patrimoniale si rimanda alla Sezione III, Capitolo X, della presente Parte Prima.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
Con riferimento ai conglomerati cross-border, il Joint Committee of the European Supervisory Authorities ha pubblicato le linee guida per la convergenza delle prassi di vigilanza riguardo alla coerenza degli accordi di coordinamento in materia di vigilanza per i conglomerati finanziari (JC/GL/2014/01). Esse sono finalizzate a migliorare la cooperazione tra le Autorità di vigilanza competenti e il funzionamento dei collegi settoriali per i e trattano i seguenti aspetti:
• mapping della struttura del conglomerato e accordi scritti;
• coordinamento dello scambio di informazioni in situazioni ordinarie e di emergenza;
• assessment dei conglomerati finanziari;
• pianificazione e coordinamento delle attività di vigilanza in situazioni ordinarie e di emergenza;
• processi decisionali tra le autorità competenti.
Le unità competenti per la vigilanza sui conglomerati finanziari cross- border tengono conto nell’espletamento della propria attività anche del contenuto delle citate linee guida e, ove necessario, si attivano per la modifica degli accordi tra Autorità qualora non conformi con le stesse.
I.4 La qualificazione degli intermediari
Il processo di revisione e valutazione prudenziale presuppone la rilevazione preventiva delle caratteristiche strutturali e operative di ciascun intermediario (qualificazione).
La qualificazione consente di:
1) ricondurre l’intermediario ad una delle cinque macro-categorie e alle classi di priorità, ai fini dell’applicazione del principio di proporzionalità;
2) individuare le “entità rilevanti” dei gruppi sottoposti a valutazione consolidata;
3) definire insiemi omogenei di intermediari sulla base dell’attività prevalente ai fini della costruzione dei gruppi di confronto (peer group)10 o dell’applicazione di schemi di analisi uniformi (profilatura).
Con riferimento al punto 3), la qualificazione serve ad individuare gli intermediari “specializzati” e a identificarne l’attività prevalente. Per le BCC e le banche diverse da quelle specializzate in un’attività creditizia specifica i peer group sono determinati sulla base di criteri dimensionali e istituzionali.
L’attività prevalente è individuata sulla base dello schema riportato nella Tavola 1, che distingue tra due livelli: il primo corrisponde a quattro
10 Ove non diversamente specificato negli schemi di analisi o nei prospetti SIGMA, come dati di raffronto con il “peer group” vengono utilizzati: il 25° percentile, la mediana, il 75° percentile.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
macroattività (credito, servizi di investimento, gestione collettiva del risparmio, altre attività); il secondo identifica livelli di specializzazione più dettagliati.
Tavola 1 - Classificazione delle attività prevalenti (profilatura)
TIPOLOGIA ATTIVITÀ | |
Attività creditizia | Livello I |
Leasing | Livello II |
Factoring | |
Credito al consumo e prestiti personali | |
Cessione del quinto | |
Mutui | |
Microcredito | |
Prestito su pegno | |
Altri finanziamenti o Attività creditizia tradizionale11 | |
Servizi e attività di investimento | Livello I |
Negoziazione per conto proprio | Livello II |
Esecuzione di ordini per conto di clienti (inclusa la raccolta ordini) | |
Collocamento di strumenti finanziari | |
Gestione di portafogli | |
Consulenza in materia di investimenti | |
Gestione di sistemi multilaterali di negoziazione | |
Servizi e attività di investimento - Generica12 | |
Gestione collettiva del risparmio (SGR) | Livello I |
Gestione di OICVM | Livello II |
Gestione di FIA chiusi mobiliari | |
Gestione di FIA chiusi immobiliari | |
Gestione di FIA aperti | |
Altre attività | Livello I |
Rilascio di garanzie | Livello II |
Confidi | |
Gestione di partite anomale | |
Servicing in cartolarizzazioni | |
Assunzione di partecipazioni | |
Gestione di fondi pensione | |
Società fiduciarie | |
Prestazione dei servizi di pagamento | Livello I |
11 Nella classificazione rientrano gli intermediari svolgenti attività creditizia per i quali non si può identificare un’attività prevalente. Tale classificazione è articolata per le banche e per le BCC (queste ultime vi rientrano per definizione) in base al criterio dimensionale di cui alla classificazione prisma 512.
12 Nella classificazione rientrano gli intermediari specializzati in servizi e attività di investimento per i quali non si può identificare un servizio di investimento prevalente.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
Il processo per l’aggiornamento della profilatura degli intermediari e della relativa base dati è coordinato annualmente dalla Divisione Procedure di vigilanza e analisi dei rischi (PAR) (cfr par. I.6).
Su base consolidata (gruppi bancari e gruppi di SIM) la profilatura è determinata utilizzando il solo criterio dimensionale definito sulla base delle macro-categorie di cui al successivo paragrafo I.513.
I.5 Macro-categorie e proporzionalità
I.5.1 Macro-categorie
Ai fini della declinazione del principio di proporzionalità, i soggetti vigilati sono ripartiti in cinque “macro-categorie” (cfr. Tavola 2) sulla base del totale attivo, del patrimonio gestito14 e dell’attività in servizi di investimento; limitatamente ai gruppi bancari la ripartizione in macro-categorie è definita unicamente con riferimento al totale attivo consolidato:
1. “intermediari con significativa presenza internazionale”: si tratta degli intermediari per i quali la componente di attivo attribuibile a entità estere è superiore al 10% del totale attivo consolidato. Possono essere ricondotti alla presente macro-categoria esclusivamente i gruppi bancari con totale attivo uguale o superiore a 20 miliardi di euro.
2. “intermediari a rilevanza sistemica nazionale”: soggetti diversi da quelli di cui al punto 1 – inclusi quelli controllati da intermediari con sede in un Paese estero – con totale attivo uguale o superiore a 20 miliardi di euro o autorizzati ad utilizzare sistemi interni di misurazione dei rischi per il calcolo dei requisiti patrimoniali (intermediari con “sistemi riconosciuti”);
3. “intermediari medio-grandi”: soggetti – non rientranti nelle macro- categorie 1 e 2 – per i quali ricorre almeno una delle seguenti condizioni15:
• totale attivo compreso tra 3,5 e 20 miliardi di euro;
• patrimonio gestito superiore a 10 miliardi di euro;
• controvalore annuo dei volumi di attività di negoziazione in conto proprio, in conto terzi, di collocamento, ricezione e trasmissione ordini e gestione di sistemi multilaterali di scambio superiore a 150 miliardi di
13 La profilatura dei gruppi bancari è riportata nella classificazione 229 nell’ambiente Infostat.
14 Nel patrimonio gestito non sono comprese le attività depositate in mera amministrazione presso la banca ma solo quelle oggetto di gestione patrimoniale individuale e collettiva.
15 All’intermediario è attribuita la macro-categoria sulla base del criterio del maggiore importo riscontrato tra i diversi aggregati di riferimento. Il presente criterio si applica anche per l’attribuzione delle sottoclassi della macro-categoria 4.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
euro (intermediari prevalentemente attivi nella negoziazione per conto proprio ovvero nell’intermediazione per conto terzi);
4. “intermediari minori”: soggetti – non rientranti nelle precedenti macro- categorie – per i quali sono verificate tutte le seguenti condizioni:
• totale attivo pari o inferiore a 3,5 miliardi di euro;
• patrimonio gestito pari o inferiore a 10 miliardi di euro;
• controvalore annuo dei volumi di attività di negoziazione (cfr. punto 3) pari o inferiore a 150 miliardi di euro.
5. soggetti sottoposti a regolamentazione particolare.
Si tratta di soggetti – non ricompresi nelle precedenti macro-categorie – tra cui rilevano gli IMEL, gli Istituti di Pagamento, le SIM indicate nella nota 3, i confidi minori, gli operatori del microcredito e le filiali di banche estere comunitarie ma non ricomprese nell’area dell’Euro16. Le SGR, pur se assoggettate a una regolamentazione prudenziale diversa da quella fondata su tre pilastri, sono ripartite, a fini di analisi, tra le macro-categorie 3 e 4 in funzione della dimensione. Gli intermediari finanziari, così come definiti a seguito del d.lgs. n. 141/2010 (cosiddetta “riforma del Titolo V del T.U.B.”), gli IMEL e gli Istituti di pagamento iscritti nell’albo unico non rientrano nella presente macro-categoria ma sono ripartiti anch’essi tra le macro-categorie precedenti in funzione della dimensione.
Tavola 2 - Le “macro-categorie”
1. Intermediari con significativa presenza internazionale: nella presente macro-categoria sono ricondotti esclusivamente i gruppi bancari, con attivo superiore ai 20 miliardi di euro, per i quali la componente di attivo attribuibile a entità estere sia superiore al 10% del totale attivo del gruppo bancario medesimo; in questa macro-categoria confluiscono alcuni degli intermediari della classe 1 ICAAP.
2. Intermediari a rilevanza sistemica nazionale: intermediari che operano su scala nazionale e assumono rilievo sistemico per il mercato bancario e finanziario; tali gruppi possono avere una presenza all’estero che tuttavia non configura le ipotesi di cui alla macro-categoria 1. In questa macro-categoria confluiscono intermediari della classe 1 e della classe 2 ICAAP.
3. Intermediari medio-grandi: intermediari di medie dimensioni con operatività prevalentemente regionale. Sono inclusi anche gli intermediari specializzati (SGR, SIM, intermediari finanziari e banche operanti in un determinato segmento di mercato) di maggiori dimensioni. In questa macro-categoria confluiscono gli intermediari della classe 2 ICAAP non compresi nella macro- categoria 2.
4. Intermediari minori: intermediari operanti prevalentemente in ambito provinciale e inter-provinciale. Sono inclusi anche gli intermediari specializzati di minori dimensioni. Gli intermediari della specie rientrano nella classe 3 ICAAP.
16 Si precisa che anche le filiali di banche estere extracomunitarie vengono inserite nella macrocategoria sulla base del criterio dimensionale.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
5. Soggetti sottoposti a regolamentazione particolare: intermediari, diversi dalle SGR, non assoggettati alla regolamentazione prudenziale basata sui tre pilastri (IMEL e istituti di pagamento – ad eccezione di quelli iscritti nell’albo unico - talune categorie di SIM e filiali di banche estere comunitarie, i confidi minori, gli operatori del microcredito).
Ai gruppi bancari o ai gruppi di SIM che non producono le segnalazioni a livello consolidato – in quanto usufruiscono delle previste esenzioni – viene assegnata la macro-categoria della relativa capogruppo. Qualora alla capogruppo non sia assegnata una macro-categoria (es. perché holding finanziaria) al gruppo viene estesa la macro-categoria più rilevante tra quelle assegnate agli intermediari del gruppo.
Le macro-categorie sono calcolate annualmente dalla Divisione PAR del Servizio CRE con riferimento ai dati al 31 dicembre.
I.5.2 Proporzionalità
La disciplina prudenziale dispone, anche al fine di contenere gli oneri per gli intermediari, che gli adempimenti richiesti ai soggetti vigilati siano graduati in funzione delle loro dimensioni, caratteristiche e complessità (principio di proporzionalità).
Per declinare il principio di proporzionalità vengono individuate quattro classi di priorità (1. Molto Alta; 2. Alta; 3. Media; 4. Bassa), contraddistinte da livelli decrescenti di intensità, frequenza e ampiezza dell’azione di vigilanza.
La metodologia da seguire per l’assegnazione degli intermediari alle diverse classi di priorità è differenziata tra intermediari bancari e intermediari non bancari.
Intermediari bancari
Anche al fine di mantenere coerenza con le GL EBA sullo SREP e con quanto definito dalla BCE-DGIII, le banche LSI sono ripartite nelle classi di priorità applicando la metodologia definita da quest’ultima17, che distribuisce le banche in tre categorie (High Priority; Medium Priority; Low Priority) sulla base dell’impatto della banca18 sul sistema finanziario e della sua rischiosità intrinseca, rappresentata dall’ultimo punteggio complessivo assegnato19.
(testo omesso)
17 (Testo omesso).
18 (Testo omesso).
19 (Testo omesso).
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
La tavola 3 riepiloga la ripartizione delle banche LSI nelle quattro classi di priorità.
Tavola 3 - classi di priorità intermediari bancari
Classi di Priorità | Intermediario |
1. Molto Alta | Eventuali LSI individuate come O-SII20 |
2. Alta | High Priority LSI |
3. Media | Medium Priority LSI |
4. Bassa | Low Priority LSI |
Intermediari non bancari
Anche per gli intermediari non bancari la classe di priorità è assegnata avendo riguardo all’impatto sul sistema e alla rischiosità.
Per questi intermediari l’impatto è definito utilizzando la macro-categorie di appartenenza; il livello di rischiosità è rappresentato dall’ultimo punteggio complessivo SREP disponibile Il combinato disposto delle due dimensioni è rappresentato nella Tavola 4 in cui sono esplicitate le classi di priorità (alta, media e bassa) 21 associate ai diversi valori di impatto e di rischiosità.
Tavola 4 - classi di priorità intermediari non bancari
RISCHIOSITA' | |||||
1 | 2 | 3 | 4 | ||
MACROCATEGORIA | 2 | Media | Media | Alta | Alta |
3 | Bassa | Bassa | Media | Alta | |
4 | Bassa | Bassa | Bassa | Media | |
5 | Bassa | Bassa | Bassa | Bassa |
(testo omesso)
20 (Testo omesso).
21 Per gli intermediari non bancari non è prevista la possibilità di essere assegnati alla classe di priorità 1 “Molto Alta”.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo I: Profili generali
I.6 Processo per l’aggiornamento della profilatura e della base dati relativa alle categorie di prioritizzazione
(testo omesso)
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
Capitolo II
Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
II.1 Caratteristiche generali
II.1.1 Fasi del processo
Sulla base della normativa prudenziale, il processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP) è finalizzato ad accertare che gli intermediari si dotino di presidi di natura patrimoniale e organizzativa appropriati rispetto ai rischi assunti, assicurando il complessivo equilibrio gestionale.
Lo SREP è costituito da un insieme di attività che consentono di esprimere un giudizio sulla situazione attuale e prospettica degli intermediari e che determinano, in presenza di carenze significative e/o anomalie, l’adozione di coerenti misure correttive.
Lo SREP si articola in due fasi:
• una periodica: “ciclo di valutazione” (A);
• una eventuale: “correzione/follow-up” (B).
A. Ciclo di valutazione
Il “ciclo di valutazione” si distingue in tre diversi momenti logico-temporali: pianificazione (a), controllo e analisi (b), valutazione (c).
a) La pianificazione, di tipo strategico e operativo:
• con la pianificazione strategica si individuano a livello di sistema i rischi rilevanti a cui sono esposti gli intermediari e sono definite le priorità strategiche di supervisione;
• con la pianificazione operativa si definiscono il piano ispettivo integrato e i piani operativi (Supervisory Examination Programme - SEP), individuali e aggregati, tenendo conto delle priorità identificate con la pianificazione strategica e delle attività minime obbligatorie (Minimun Engagement Level - MEL) da effettuare su un intermediario in funzione della classe di priorità assegnata.
b) Le attività di controllo e analisi comprendono:
1) il controllo dell’osservanza della normativa in materia di:
• regole prudenziali e limiti operativi;
• bilancio ufficiale;
• requisiti relativi all’informativa al pubblico;
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2) l’analisi della situazione aziendale con riguardo:
• al procedimento aziendale di determinazione del capitale complessivo ritenuto adeguato dall’intermediario per fronteggiare i rischi assunti (ICAAP), ove previsto dalle pertinenti disposizioni in materia;
• all’esposizione a tutti i rischi rilevanti assunti dall’intermediario e ai relativi presidi organizzativi, mediante il Sistema di Analisi Aziendale (SAA); in tale ambito, assume rilievo anche la verifica del mantenimento nel tempo delle condizioni richieste per l’autorizzazione a utilizzare sistemi interni di misurazione dei rischi per il calcolo dei requisiti patrimoniali.
c) La valutazione si sostanzia nell’attribuzione di un giudizio sulle aree di rischio e sui profili trasversali compresi nel Sistema di Analisi Aziendale, che confluiscono nel punteggio complessivo dell’intermediario.
In esito al ciclo di valutazione viene assunta, se prevista, la decisione sul capitale, con la quale sono fissati per l’intermediario coefficienti patrimoniali vincolanti più elevati di quelli normativamente previsti – ed eventualmente target di capitale – in relazione al complesso dei rischi assunti dallo stesso, in condizioni ordinarie e di stress.
La decisione sul capitale è formalizzata tramite un provvedimento specifico adottato nell’ambito di un procedimento d’ufficio.
B. Fase di “correzione/follow-up”
Sempre a conclusione del ciclo di valutazione sono definiti, ove necessario, gli interventi correttivi o le misure di intervento precoce, graduati in relazione alla tipologia e alla gravità delle anomalie riscontrate.
La comunicazione all’intermediario delle misure correttive è effettuata, di norma, con il medesimo provvedimento con cui è assunta la decisione sul capitale. In tal caso, nel provvedimento sono precisate sia la tempistica attesa per gli adempimenti richiesti sia le modalità di rendicontazione dei risultati ottenuti1.
Gli interventi di vigilanza – trattati nel dettaglio nella Parte Seconda della Guida – sono coerenti con i risultati dell'analisi dei rischi e della situazione aziendale complessiva (principio del collegamento tra valutazione e azione) nonché con il livello di consapevolezza e affidabilità degli esponenti aziendali.
1 Eventuali interventi correttivi da intraprendere in momenti diversi da quelli di assunzione della decisione sul capitale sono formalizzati secondo quanto previsto nella Parte Seconda, Sez. I, Cap. II della Guida.
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Nella fase di follow-up si procede a monitorare lo stato di attuazione del piano definito dall’intermediario per corrispondere alle richieste della Vigilanza, anche alla luce dell’evoluzione dell’operatività e, più in generale, della situazione aziendale.
II.1.2 Schemi di analisi – Sistema di Analisi Aziendale
Le metodologie di analisi e i criteri di valutazione sono definiti nel Sistema di Analisi Aziendale (SAA), che costituisce il principale strumento a supporto delle attività dello SREP. Esso consente di apprezzare l’esposizione ai rischi e l’adeguatezza dei relativi fattori di controllo nonché dei presidi organizzativi, patrimoniali ed economici, per giungere alla formulazione del giudizio complessivo.
Il SAA disegna un percorso di indagine strutturato, all’interno del quale vengono utilizzati, in modo integrato, controlli a distanza e ispettivi, secondo logiche volte ad adottare lo strumento più appropriato rispetto alle finalità perseguite.
Sulla base di specifici “schemi di analisi”, formano oggetto di valutazione:
a) le aree di rischio:
• credito (incluso il rischio di controparte)
• mercato
• liquidità
• tasso d’interesse
• operativo e di reputazione
b) i profili trasversali:
• redditività e modello di business
• sistemi di governo e di controllo
• adeguatezza patrimoniale
Il giudizio attribuito scaturisce:
a) per le aree di rischio dalla combinazione delle valutazioni assegnate a:
• l’esposizione al rischio (aspetto quantitativo);
• l’adeguatezza degli specifici presidi organizzativi (aspetto qualitativo);
b) per i profili trasversali, dall’analisi qualitativa per il sistema di governo e di controllo, da quella quantitativa per la redditività e
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l’adeguatezza patrimoniale corretta dalla valutazione data, rispettivamente, al modello di business e al processo ICAAP.
L’esposizione ai rischi e l’adeguatezza del reddito e del patrimonio sono valutate sulla base degli schemi di analisi, i quali sono alimentati prevalentemente dalle segnalazioni di vigilanza e generano il punteggio “automatico”; questo può essere rettificato avvalendosi dei “prospetti integrativi”.
I modelli sono applicati uniformemente, sia in sede di controllo a distanza sia in quella ispettiva, ove si procede al ricalcolo dell’esposizione al rischio solo se le rettifiche ispettive sono tali da modificare il giudizio.
Le valutazioni d’ordine organizzativo sono formulate sulla base di un iter logico di interpretazione di fattori “qualitativi”. Le indicazioni al riguardo fornite dagli schemi di analisi nella presente Parte della Guida attengono essenzialmente ai controlli a distanza. Più approfonditi riferimenti - principalmente utilizzabili in sede ispettiva - sono contenuti nei “percorsi di analisi” di cui alla Parte Terza della Guida, coerenti, quanto a logiche interpretative e criteri di valutazione, con i predetti schemi di analisi.
II.1.3 Periodicità
Il “ciclo di valutazione” ha, di norma, durata annuale e, pertanto, con tale cadenza deve essere prodotta una valutazione complessiva SREP per ogni intermediario.
In ossequio al principio di proporzionalità, la valutazione dei singoli profili di analisi può essere aggiornata anche con cadenza superiore all’anno – e fino a tre anni – in relazione alla classe di priorità assegnata all’intermediario. In tal caso, con cadenza annuale è comunque necessario:
a) valutare l’esposizione ai rischi e i profili trasversali di tipo quantitativo attraverso l’analisi dei punteggi automatici generati dai modelli e dei prospetti integrativi; b) controllare l’osservanza della normativa in materia di bilancio ufficiale e di requisiti relativi all’informativa al pubblico; c) procedere all’esame dell’ICAAP.
Con riferimento a tutti gli intermediari occorre:
• verificare il rispetto delle regole prudenziali e dei limiti operativi con la cadenza delle relative segnalazioni di vigilanza;
• effettuare, con cadenza più ravvicinata di quella annuale o semestrale, valutazioni aggiornate dei profili di rischio in presenza di significative evoluzioni sfavorevoli2.
2 In materia di rischio di liquidità l’esperienza dimostra che, nei casi di turbativa dei mercati particolarmente gravi, può essere necessaria un’attività di monitoraggio giornaliero attraverso la richiesta di dati e informazioni specifiche non standardizzabili.
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II.1.4 Analisi a distanza
L’attività di supervisione a distanza è preordinata alla costante sorveglianza della situazione degli intermediari vigilati e alla rilevazione precoce dei segnali di deterioramento dei profili di rischio rilevanti, in modo da promuovere con tempestività gli interventi correttivi più appropriati.
Nel rispetto del principio di proporzionalità e in un’ottica di integrazione con l’attività on-site, l’analisi a distanza deve:
- accertare che gli intermediari rispettino costantemente le regole prudenziali e i limiti operativi;
- monitorare, in un’ottica preventiva, l’evoluzione della situazione tecnica;
- verificare l’efficacia delle azioni promosse dai responsabili aziendali per rimuovere le carenze riscontrate;
- aggiornare, ove necessario, il quadro informativo risultante dagli accertamenti ispettivi, in particolare con riferimento al sistema di governo aziendale e alla qualità dei presidi organizzativi.
I controlli off-site hanno carattere di sistematicità, vengono effettuati secondo scadenze prestabilite, si basano sull’analisi dei dati e delle notizie che gli intermediari sono tenuti a trasmettere con cadenza periodica o in conseguenza di richieste specifiche.
Le valutazioni, improntate a prudenza, devono essere coerenti con le evidenze disponibili, che vanno sottoposte a congruo vaglio critico, volto ad apprezzarne il grado di attendibilità. Ciò assume particolare valenza con riferimento alle attività di analisi a distanza degli aspetti “qualitativi” e, segnatamente, dei presidi organizzativi dei rischi nonché dei sistemi di governo e di controllo.
Con analoga prudenza vanno valutati gli elementi informativi acquisiti dalle strutture di analisi off-site nel corso di interlocuzioni di tipo conoscitivo con gli esponenti aziendali.
Eventuali confronti-dibattito tenuti presso l’intermediario, d’intesa con lo stesso, fra analisti e responsabili delle strutture operative, al fine di approfondire particolari tematiche applicative e/o regolamentari, non si configurano come accessi di natura ispettiva ai sensi della legislazione vigente e non comportano responsabilità accertative per la Vigilanza. Tali occasioni di interlocuzione, per loro natura di breve durata, non sono preordinate ad effettuare riscontri né a formalizzare risultanze rivolte all’azienda interessata3.
3 Limitatamente alle attività di convalida dei sistemi interni di misurazione dei rischi, i confronti- dibattito di tipo non ispettivo tenuti presso l’intermediario, d’intesa con lo stesso, possono estendersi fino a una durata di quattro settimane.
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Nei casi descritti, le valutazioni qualitative assumono una valenza limitata, ai fini dell’assegnazione dei giudizi di profilo e complessivo (cfr. la “griglia valutativa” del Sistema di Analisi Aziendale).
La disponibilità di analisi e riscontri approfonditi, derivanti da ispezioni recenti e/o dal set di informazioni relative a intermediari con “sistemi riconosciuti”, consente, viceversa, di formulare valutazioni “qualitative” di più sicuro spessore, con valenza piena ai fini dell’assegnazione dei giudizi di profilo e complessivo.
I controlli e le analisi vengono effettuati con il supporto della procedura SIGMA.
II.1.5 Analisi ispettiva
L’attività di supervisione “in loco” – più diffusamente trattata nella Parte Terza – è volta all’analisi e alla valutazione della situazione dei soggetti ispezionati e dei profili trasversali e di rischio, anche al fine di consentire, ove necessario, l’adozione di tempestive misure correttive.
Le procedure, i processi e le metodologie ispettive per le banche SI sono definite nel Supervisory Manual, cui si fa rimando, per gli accertamenti aventi finalità prudenziali.
La presente guida si applica, pertanto, alle LSI e altri intermediari di competenza nazionale oltre che alle ispezioni di compliance su banche SI4. Le metodologie ispettive possono essere utilizzate per ispezioni prudenziali su SI per eventuali ambiti non coperti dal Supervisory manual (es. per tener conto di specificità nazionali di carattere operativo o regolamentare).
Sulla base del vigente quadro regolamentare, le ispezioni possono avere ad oggetto:
• la complessiva situazione aziendale (ispezioni a “spettro esteso”);
• comparti di attività, aree di rischio, profili gestionali (ispezioni “mirate”);
• lo stato di realizzazione di misure correttive promosse d’iniziativa dagli intermediari o richieste dalla Vigilanza (ispezioni “di follow-up”);
• aspetti di carattere generale aventi rilevanza per il sistema creditizio e finanziario nel suo complesso (ispezioni “tematiche”).
Nel rispetto dei principi di proporzionalità e focalizzazione sui rischi nonché in un’ottica di complementarità con l’attività off-site, le analisi ispettive sono essenzialmente dirette a verificare:
4 La Parte Terza della Guida contiene il PdA per la conduzione delle ispezioni sulle società di gestione e sui sistemi multilaterali di scambio all’ingrosso, sottoposti alla vigilanza del Servizio Supervisione sui mercati e sul sistema dei pagamenti.
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• lo stato dell’esposizione ai rischi rilevanti degli intermediari e i corrispondenti presidi organizzativi;
• il grado di adeguatezza delle componenti strutturali e funzionali del sistema di governo e di controllo nonché dei presidi economico e patrimoniale;
• l’attendibilità dei dati e delle informazioni resi alla Vigilanza;
• l’osservanza del quadro normativo vigente con particolare riferimento alla disciplina prudenziale5.
L’attività ispettiva determina l’attribuzione di giudizi sugli intermediari sulla base del Sistema di Analisi Aziendale. In particolare, le valutazioni ispettive scaturiscono:
• dai modelli unitari di quantificazione del rischio, adottati anche in sede di controlli a distanza, dopo aver apportato, ove necessario, rettifiche ai relativi dati, alla luce dell’esame della corrispondente operatività;
• da approfondite analisi dei processi e degli assetti di governo, organizzativi e di controllo degli intermediari.
Gli accertamenti ispettivi sono, di norma, effettuati sulla base di una pianificazione che tiene conto delle esigenze emerse nel processo di revisione e valutazione prudenziale.
Coerentemente con le finalità perseguite e con la tipologia di accertamento, l’incarico ispettivo può prevedere accessi presso una specifica area operativa nonché presso uno o più intermediari individuali o facenti parte di gruppi.
Gli accertamenti vengono condotti con il supporto dei “percorsi di analisi” (PDA) dettagliati nella Parte Terza della Guida, predisposti secondo criteri di modularità. I PDA sono articolati per aree di indagine coerenti con l’approccio seguito dal Sistema di Analisi Aziendale e con le caratteristiche tipiche degli intermediari.
Il risultato degli accertamenti è rappresentato nel rapporto ispettivo, i cui contenuti rispondono alle esigenze informative sottese al mandato ricevuto.
II.1.6 Il confronto con gli intermediari
L’attività di controllo si svolge, ordinariamente, attraverso il confronto con gli intermediari, fondato sullo scambio di informazioni e finalizzato a facilitare l’analisi dell’esposizione ai rischi, dei presidi organizzativi e del processo di auto-valutazione dell’adeguatezza patrimoniale (ICAAP).
5 Accanto alle ispezioni prudenziali, descritte nel presente paragrafo, si definiscono ispezioni di compliance quelle finalizzate alla verifica del rispetto delle normative di settore (in particolare trasparenza e antiriciclaggio). Esse consistono in accertamenti ‘mirati’ presso le direzioni generali di banche e intermediari finanziari - con contestuali verifiche presso singoli punti operativi - o in accessi su singoli sportelli (cfr. par. II.11 – Pianificazione ispettiva).
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Il confronto si realizza, in via continuativa e strutturale, in sede ispettiva nonché - con frequenza e intensità correlate al principio di proporzionalità - a distanza, attraverso richieste di documentazione e convocazioni di esponenti aziendali. Le convocazioni6 – sulla base di quanto previsto dall’art. 53 bis TUB e dall’art. 7, comma 1, TUF – rappresentano un momento di approfondimento dialettico, particolarmente utile ai fini di una piena conoscenza delle scelte aziendali.
La fattiva collaborazione degli esponenti aziendali consente di effettuare analisi e valutazioni su una base informativa attendibile, arricchisce il quadro informativo a disposizione della Vigilanza, facilita la comunicazione con gli intermediari, migliora la comprensione delle eventuali misure correttive richieste.
Per quanto ampio e intenso, il confronto deve basarsi su una chiara distinzione dei ruoli e svolgersi con modalità tali da preservare l’autonomia e l’indipendenza degli esponenti aziendali, ai quali fa capo la piena responsabilità in ordine alle scelte di governo dell’impresa.
Gli intermediari sono chiamati a contribuire allo svolgimento delle analisi di vigilanza. La piena comprensione di strategie, operatività e relativi rischi, postulato irrinunciabile di un’azione di vigilanza risk-based, richiede infatti modalità di contatto flessibili e coerenti con le caratteristiche degli intermediari.
Attenzione va riservata all’individuazione dell’interlocutore aziendale con il quale realizzare, di volta in volta, le singole fasi del confronto: rilevano a tal fine gli obiettivi che si intendono raggiungere, l’assetto organizzativo dell’intermediario, il grado di complessità delle materie da approfondire.
L’interazione con i soggetti vigilati assume un ruolo particolarmente significativo nell’ambito:
• dell’esame del resoconto ICAAP, agevolato dal confronto con le competenti funzioni aziendali (ad es., su metodologie, modalità di aggregazione dei rischi, qualità dei presidi organizzativi);
• degli eventuali interventi in esito al processo di revisione e valutazione prudenziale;
• della procedura di autorizzazione all’utilizzo di sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, la cui complessità impone un’interazione ampia e strutturata con l’intermediario, specie con le funzioni di controllo. Attesa la rilevanza e l’impatto sulla gestione dell’adozione di tali sistemi a fini prudenziali, è necessario che i risultati di tali attività, anche durante la fase antecedente la formalizzazione dell’istanza (“preconvalida”), vengano portati a conoscenza dei vertici aziendali;
6 Le convocazioni si svolgono presso gli stabilimenti della Banca d’Italia. Le informazioni acquisite in tale sede sono formalizzate in appositi resoconti a cura delle unità operative competenti.
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• dell’attività di analisi delle SGR. Non rientrando nell’applicazione del
c.d. secondo pixxxxxx, le SGR non svolgono il relativo processo di auto- valutazione e non sono tenute a presentare il resoconto ICAAP. Le convocazioni costituiscono pertanto l’occasione per integrare le informazioni disponibili.
Nella scelta degli strumenti da attivare (richieste di documentazione integrativa, convocazioni, accessi ispettivi) deve privilegiarsi - a parità di efficacia - quello che comporta minori oneri per il soggetto vigilato.
La chiarezza delle comunicazioni indirizzate agli intermediari è determinante per l’efficacia del confronto; è necessario che siano adeguatamente rappresentati l’oggetto e le finalità delle richieste di informazioni e di chiarimenti.
II.2 Il “ciclo di valutazione”: la pianificazione dell’attività di vigilanza
(testo omesso)
II.3 Il “ciclo di valutazione”: la verifica del rispetto dei requisiti normativi i controlli andamentali
A. La verifica del rispetto dei requisiti normativi
II.3.1 Periodicità e avvertenze generali
L'efficace esercizio dell'attività di vigilanza richiede la verifica periodica del rispetto da parte degli intermediari delle regole prudenziali e degli altri requisiti previsti dalla normativa.
Tale verifica riguarda: i fondi propri; l’osservanza della normativa in materia di: requisiti patrimoniali, grandi esposizioni, attività nei confronti dei soggetti collegati, limiti posti all’assunzione di partecipazioni e alla detenzione di immobili; l’informativa fornita al pubblico, requisito di copertura della liquidità (LCR). Specifici controlli sono previsti per talune categorie di intermediari.
L’attività di controllo delle regole prudenziali e degli altri limiti operativi va condotta con la seguente frequenza:
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• trimestrale (fine marzo, giugno, settembre e dicembre) a livello consolidato7 e individuale, sia per gli intermediari appartenenti a gruppi sia per quelli indipendenti;
• mensile, per le SIM che svolgono attività di negoziazione in conto proprio e/o di collocamento con garanzia.
Nei paragrafi che seguono sono riportati i tipi di controllo previsti, unitamente a indicazioni minimali da seguire per il loro svolgimento. E’ necessario porre maggiore attenzione qualora l’intermediario:
• presenti un'eccedenza patrimoniale rispetto al limite normativo o imposto con la decisione sul capitale molto contenuta;
• registri, nel tempo, una sensibile e progressiva riduzione di tale eccedenza.
In tali casi, va aumentata la profondità dei controlli e vanno ricercate – nell’ambito delle analisi dei rischi – le cause degli andamenti rilevati, allo scopo di verificare se esistano pericoli di futuri disallineamenti. Analogo atteggiamento va seguito qualora l’intermediario abbia presentato un piano di rientro per uno degli istituti di vigilanza prudenziale, al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel piano stesso.
Le verifiche vanno effettuate non appena si rendono disponibili le relative segnalazioni, sia per evitare una perdita di efficacia dell'azione, sia per intervenire tempestivamente in caso di disallineamenti.
L’attività di verifica dell’informativa al pubblico va condotta con cadenza annuale, salvo quanto previsto nel successivo paragrafo II.3.8.
II.3.2 Fondi propri e requisiti patrimoniali
Considerata la centralità dei fondi propri quale grandezza rispetto alla quale sono commisurate le regole prudenziali, vanno accuratamente verificati l’andamento e la composizione dell’aggregato e dei coefficienti patrimoniali. Particolare cura deve essere posta al controllo delle situazioni riferite al 30 giugno e al 31 dicembre, in quanto i corrispondenti fondi propri includono i risultati economici, rispettivamente, del primo semestre e dell’intero esercizio.
Va in primo luogo acclarata la coerenza con i dati contenuti nel bilancio ufficiale e, nei limiti del possibile, la correttezza degli stessi, chiedendo chiarimenti agli intermediari ove necessario.
Deve essere quindi verificato il rispetto dei requisiti patrimoniali fissati dalla normativa prudenziale, nonché l’andamento e la composizione degli stessi.
7 Fatta eccezione per i limiti operativi relativi all’assunzione di partecipazioni e alla detenzione degli immobili, per i quali le segnalazioni hanno periodicità semestrale.
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II.3.3 Grandi esposizioni
Va in primo luogo accertata l’osservanza dei limiti normativi alla concentrazione del rischio di credito, verificando l'andamento delle “grandi esposizioni” in rapporto ai fondi propri (limite individuale).
Specifica attenzione va posta anche:
• alla qualità delle grandi esposizioni, sia mediante il controllo dell’eventuale quota segnalata tra i crediti anomali rispetto al totale dell'esposizione e ai fondi propri, attraverso la raccolta di informazioni sia interne (rapporti ispettivi, comparazione delle modalità di classificazione tra intermediari diversi), sia di fonte pubblica, che possano risultare rilevanti per valutare i possibili rischi di insolvenza di tali posizioni;
• alla composizione delle grandi esposizioni, tenuto conto che i limiti si riferiscono ai rischi assunti a qualsiasi titolo nei confronti della medesima controparte;
• all’esame delle connessioni giuridiche e/o economiche eventualmente sussistenti tra i clienti affidati qualora si acquisiscano elementi che facciano ritenere opportuno tale approfondimento.
II.3.4 Attività di rischio nei confronti di soggetti collegati8
Va verificato il rispetto dei limiti posti dalla normativa in materia di attività di rischio verso parti correlate e relativi soggetti connessi (perimetro dei soggetti collegati), verificando l'andamento delle esposizioni in rapporto al patrimonio di vigilanza9.
In caso di superamento di uno o più limiti prudenziali, la capogruppo o la banca non appartenente a un gruppo bancario deve predisporre entro 45 giorni un piano di rientro, approvato dall’organo con funzione di supervisione strategica su proposta dell’organo con funzione di gestione, sentito l’organo con funzione di controllo. Il piano deve essere trasmesso alla Banca d’Italia entro 20 giorni dall’approvazione, unitamente ai verbali delle deliberazioni degli organi aziendali. La capogruppo o la banca non appartenente a un gruppo bancario valuta nell’ambito dell’ICAAP i rischi connessi con l’operatività verso soggetti collegati (di natura legale, reputazionale o di conflitto di interesse), se rilevanti per l’operatività
8 La disciplina è entrata in vigore il 31.12.2012. A partire da tale data le banche devono adoperarsi affinché nell’attività di concessione del credito sia garantito il pieno rispetto dei limiti prudenziali. Le posizioni in essere che alla data del 31.12.2012 sono risultate eccedenti devono essere ricondotte nei limiti prudenziali in un arco di tempo non superiore, di norma, a cinque anni (31.12.2017).
9 Per l’applicazione a livello individuale, le singole banche appartenenti a un gruppo bancario considerano le proprie attività di rischio verso l’insieme dei soggetti collegati individuato dalla capogruppo a livello di gruppo (cfr. Circ. 263 Nuove disposizioni di vigilanza per le banche, Tit. V, cap. 5, sez. II, paragrafo 1.2).
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aziendale. In particolare, in caso di superamento dei limiti prudenziali, ad integrazione delle iniziative previste nel piano di rientro, tiene conto delle eccedenze nel processo di determinazione del capitale interno complessivo. Se il superamento dei limiti riguarda una parte correlata in virtù della partecipazione detenuta nella banca o in una società del gruppo bancario, i diritti amministrativi connessi con la partecipazione sono sospesi.
Ove ritenuto opportuno, nel rispetto del principio di proporzionalità, specifici approfondimenti potranno essere effettuati sia con riferimento agli aspetti già declinati nel paragrafo precedente (grandi esposizioni) sia avuto riguardo al rispetto delle procedure deliberative previste per l’assunzione di attività di rischio e la gestione dei conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati, nonché alle condizioni alle quali tali operazioni sono stipulate10.
II.3.5 Limiti all’assunzione di partecipazioni
Le verifiche hanno lo scopo di controllare il rispetto delle prescrizioni in materia di partecipazioni detenibili previste dalla normativa di riferimento delle diverse categorie di intermediari.
In particolare, per tutte le tipologie di soggetti vigilati (fatta eccezione per gli intermediari finanziari) va controllato il limite generale all’assunzione di partecipazioni previsto dalle rispettive discipline11.
Vanno inoltre verificati i limiti di detenibilità riguardanti:
• per i gruppi bancari e le banche, le partecipazioni in imprese non finanziarie (limite complessivo e limite di concentrazione);
• per le SIM, le partecipazioni di natura non finanziaria (limite di separatezza).
Per quanto riguarda gli altri intermediari, va ricordato che le SGR non possono acquisire interessenze in società che operano in settori non finanziari.
Infine, nel caso di partecipazioni acquisite dalle banche per recupero crediti, andrà verificato che l’interessenza sia stata acquisita nel rispetto dei
10 Al riguardo, potrebbero essere utili le informazioni contenute nella parte H della Nota integrativa al bilancio (operazioni con parti correlate)
11 Le partecipazioni complessive devono essere contenute entro il limite dei:
- fondi propri, per quanto riguarda le banche e le SIM indipendenti e i gruppi bancari e di SIM, tenuto anche conto dell’ammontare degli immobili;
- patrimonio rettificato di secondo livello per le SIM escluse dal CRR;
- 50% del patrimonio di vigilanza per le SGR (sono escluse dal computo le partecipazioni già detratte dal patrimonio di vigilanza).
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limiti di concentrazione, complessivo e generale, previsti dalla normativa in materia di partecipazioni detenibili da tali intermediari.
Si rammenta inoltre, che le decisioni relative all’acquisizione di partecipazioni non soggette ad autorizzazione, ma comportanti modifiche della composizione del gruppo bancario, devono essere comunicate alla Banca d’Italia almeno 90 giorni prima del perfezionamento dell’operazione. Analogamente, le acquisizioni di partecipazioni da parte di banche in banche, IMEL, imprese finanziarie e imprese assicurative non soggette ad autorizzazione o comunicazione preventiva ai sensi della normativa vigente ma che comportano (considerando anche le azioni, le quote, gli strumenti e i diritti già detenuti) il superamento della soglia dell’1% dei fondi propri devono essere comunicate alla Banca d’Italia entro 30 giorni dal perfezionamento dell’operazione.
II.3.6 Limiti alla detenzione di immobili
In materia di detenzione di immobili occorre verificare l’osservanza delle regole secondo le quali:
• l’ammontare degli immobili e delle partecipazioni per le banche e i gruppi bancari non può eccedere i fondi propri. Ai fini del calcolo del margine disponibile si intendono per “immobili” gli immobili di proprietà (al netto dei relativi fondi di ammortamento) e gli immobili acquisiti in locazione finanziaria. Sono esclusi gli immobili di proprietà ceduti in locazione finanziaria e quelli acquisiti con i fondi di previdenza del personale12.
• le SIM non incluse nell’ambito di applicazione del pacchetto CRR/CRDIV devono considerare i beni immobili – ad esclusione di quelli gravati da garanzia reale per finanziamenti ottenuti – componenti non negoziabili dell’attivo patrimoniale e, pertanto, dedotti dai fondi propri;
• gli immobili detenuti dalle SGR e dagli intermediari finanziari devono essere strumentali all’esercizio dell’attività finanziaria svolta.
II.3.7 Requisito di copertura della liquidità (Liquidity Coverage Requirement)
Le banche e i gruppi bancari italiani sono tenuti al rispetto dell’indicatore Liquidity Coverage Ratio (LCR) – introdotto dal Regolamento delegato UE
n. 61/2015 – secondo il percorso di adeguamento progressivo previsto dall’ art. 38 del citato Regolamento13.
Il Liquidity Coverage Ratio è dato dal rapporto tra le riserve di liquidità e i deflussi netti misurati nell’orizzonte temporale di 30 giorni in ipotesi di
12 (testo omesso).
13 Il 60% dall’1.10.15; il 70% dall’1.1.16; l’80% dall’1.1.17; il 100% dall’1.1.18.
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stress. La normativa definisce dettagliatamente gli elementi che rientrano nelle riserve di liquidità, nei deflussi e negli afflussi.
La riserva di liquidità è costituita dagli attivi considerati dalla normativa come “molto liquidi” ossia attività non impegnate e di norma stanziabili presso la banca centrale. A loro volta le attività sono divise in 3 livelli: quelle di primo livello possono essere incluse nelle riserve di liquidità senza alcun limite; quelle di secondo e terzo livello sono utilizzabili entro determinati limiti (non possono costituire più del 40% del totale delle riserve di liquidità con l’ulteriore limite del 15% per le sole attività di terzo livello) e con l’applicazione di haircut.
Nei deflussi attesi sono inclusi in generale tutti i pagamenti contrattualmente dovuti dalla banca nell’orizzonte temporale di 30 giorni oltre ai deflussi attesi di depositi con percentuali di deflusso crescenti in base alle categorie di depositanti.
Gli afflussi sono costituiti da tutti i pagamenti contrattualmente dovuti da terzi nei confronti della banca nell’orizzonte temporale di 30 giorni.
La verifica del rispetto dell’LCR va effettuata con cadenza mensile.
II.3.8 La verifica dei requisiti di informativa al pubblico
Conformemente alle previsioni della disciplina prudenziale (“terzo pilastro”)14, i riscontri relativi ai requisiti di informativa al pubblico si articolano nelle seguenti tipologie di attività:
• verifica dell’esistenza di presidi organizzativi idonei a garantire l’affidabilità dei processi di produzione, elaborazione e diffusione delle informazioni; tale attività, da condursi in sede ispettiva, include la valutazione dell’indipendenza e della qualificazione della funzione cui sono stati attribuiti compiti di controllo15.
• analisi dell’informativa al pubblico prevista dalla normativa di vigilanza per rafforzare la disciplina di mercato16. L’analisi, da condurre congiuntamente all’esame del bilancio anche in sede di analisi a distanza, è mirata a verificare: la completezza delle informazioni prodotte; l’omissione o l’errata indicazione di informazioni rilevanti,
14 Cfr Fonti normative riepilogate in Circolare 285, Parte Seconda, Capitolo 13, Sezione I.
15 Riguardo ai criteri di indipendenza e qualificazione, vengono in rilievo: a) l’attribuzione di una specifica responsabilità per il monitoraggio del processo di produzione, elaborazione e diffusione delle informazioni; b) la separazione delle responsabilità tra chi è coinvolto, in diversa misura, nelle fasi di produzione delle informazioni e chi svolge attività di controllo; c) l’adeguatezza delle risorse umane e tecniche dedicate all’attività di controllo.
16 Particolare rilievo assume tale analisi per gli intermediari autorizzati all’utilizzo di sistemi interni di misurazione dei rischi ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali e dell’attenuazione del rischio.
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così come rivenienti dall’ordinaria attività di analisi; il rispetto dei tempi e della frequenza di pubblicazione.
Qualora si rilevino errori significativi nella redazione o carenze informative, l’Unità provvederà a richiedere gli opportuni chiarimenti all’intermediario e, ove ne ricorrano i presupposti, effettuerà le necessarie valutazioni ai fini dell’avvio delle procedure sanzionatorie.
I Capi dei Servizi e delle Filiali competenti stabiliscono, di anno in anno, le modalità di esercizio di tale attività anche in relazione alle risorse disponibili17.
II.3.9 Controlli specifici per determinate categorie di intermediari
Con riferimento a determinate categorie di intermediari, si pone l’esigenza di specifici controlli; segnatamente:
- per le BCC vanno verificati i limiti posti dalla normativa all’operatività con non soci e al di fuori della zona di competenza territoriale, alla detenzione di interessenze partecipative, all’operatività in cambi e derivati;
- nell’ambito delle verifiche sull’attività delle SGR, va effettuato il controllo del sistema di limiti posto dalla normativa agli investimenti degli OICR. Le verifiche sono volte ad accertare il rispetto dei divieti e dei limiti di contenimento e frazionamento del rischio previsti per i fondi comuni di investimento tramite le comunicazioni dovute dalle SGR e dalle banche depositarie. Ove ritenuto opportuno dall’unità competente, potranno essere condotte verifiche a campione attraverso l’elaborazione dei dati contenuti nelle segnalazioni di vigilanza con riferimento ai fondi aperti “armonizzati” e “non armonizzati”. Per i fondi comuni chiusi non riservati a investitori qualificati, va verificato che la SGR abbia acquistato una quota (per l’ammontare definito dal Provvedimento della Banca d’Italia dell’8.5.2012) del valore complessivo netto del fondo e delle successive emissioni.
B. I controlli andamentali
II.3.10 Aspetti generali
L’efficace esercizio dell’attività di vigilanza richiede che gli analisti siano costantemente aggiornati sull’evoluzione degli intermediari di competenza, mediante anche la verifica periodica dell’andamento degli aggregati patrimoniali ed economici e delle masse gestite.
17 In tale programmazione i Servizi e le Filiali possono prevedere forme di turnazione dell’esame dell’informativa al pubblico. La turnazione non può riguardare gli intermediari quotati, quelli con sistemi interni convalidati e gli intermediari per i quali è stato costituito un College of Supervisors.
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Il monitoraggio periodico degli aggregati sopracitati è complementare alle verifiche del rispetto degli istituti di vigilanza prudenziale in quanto, a differenza di questi ultimi, non è finalizzato al controllo puntuale dei limiti normativi ma ha come obiettivo la verifica continua delle grandezze oggetto di analisi che, nella loro dinamica, possono fornire indicazioni utili a valutare la sana e prudente gestione.
Tali controlli sono svolti avendo presente la situazione aziendale dell’intermediario e del gruppo nel suo complesso; in particolare, essi vanno inquadrati all’interno delle linee di indirizzo strategico definite dall’azienda e sono finalizzati a capire come si evolve l’operatività aziendale, quali sono le cause di tale evoluzione e se la stessa sia consapevole e governabile.
La verifica delle tendenze in atto dovrà concretizzarsi in una prima fase prettamente quantitativa attraverso l’esame degli aggregati e degli indicatori fruibili nella procedura SIGMA. All’esame quantitativo segue, nei casi di maggiore criticità, una seconda fase qualitativa finalizzata ad accertare le cause di variazioni anomale – sia in aumento che in diminuzione – la cui materialità è valutata dall’analista tenuto conto della situazione aziendale dell’intermediario, del contesto e del mercato di riferimento.
Al fine di avere una visione il più possibile aggiornata dell’esposizione ai rischi dell’intermediario, va inoltre verificata l’evoluzione dei punteggi automatici di profilo calcolati in procedura SIGMA.
Pur se non è esplicitato un termine massimo per lo svolgimento dei controlli, è opportuno che gli stessi siano effettuati in prossimità del momento in cui sono disponibili le relative informazioni, sia per evitare una perdita di efficacia dell’azione di controllo sia per evitare di chiedere all’intermediario informazioni e chiarimenti su dati non particolarmente recenti.
Nei paragrafi che seguono sono riportati, a titolo esemplificativo e non esaustivo, i principali tipi di controlli andamentali unitamente ad alcune indicazioni minimali da seguire per il loro svolgimento.
Dati patrimoniali
Le verifiche sui dati patrimoniali sono da condurre con periodicità trimestrale.
Principale oggetto delle verifiche è il singolo aggregato patrimoniale (CET1, T1 e Fondi Propri), con particolare riferimento alla composizione qualitativa, alla stabilità e all’intensità di eventuali variazioni. L’entità di ciascun aggregato è da confrontare con i valori assunti dallo stesso nel trimestre e nell’anno precedenti. Nel caso in cui l’analista ritenga le variazioni significative, approfondisce l’analisi per individuarne le cause.
L’analisi dei dati patrimoniali, può estendersi, tenendo opportunamente conto del modello di business dell’intermediario, ai principali aggregati di
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bilancio dello stesso (es. crediti e debiti verso clientela o banche, evoluzione delle esposizioni creditizie deteriorate, partecipazioni, titoli, ecc.).
Dati di conto economico
Le verifiche sui dati di conto economico, da effettuare semestralmente e annualmente, sono finalizzate ad avere un primo riscontro informativo sulla capacità dell’intermediario di generare, in maniera continua e attraverso componenti caratteristiche della gestione aziendale, risultati economici positivi in grado di remunerare tutte le risorse impiegate.
Anche per questi aggregati si effettua una verifica della composizione e dell’andamento dei principali aggregati (margine di interesse, commissioni attive/passive, margine di intermediazione, costi operativi, ecc.), verificando innanzitutto che le fonti di reddito siano coerenti con il modello di business dell’intermediario e confrontando i risultati economici alla data in esame con quelli del semestre e dell’anno precedenti, procedendo ad approfondire le cause di variazioni rilevanti degli aggregati.
(testo omesso)
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II.4 Il “ciclo di valutazione”: l’analisi dei rischi e dei presidi
II.4.1 L’esame dell’ICAAP e dell’ILAAP
L’esame del processo di auto-valutazione dell’adeguatezza patrimoniale (ICAAP) e dei sistemi di governo e controllo del rischio di liquidità (ILAAP) condotto dagli intermediari (ICAAP) rappresenta una fase importante del processo di revisione e valutazione prudenziale.
Per quanto riguarda l’adeguatezza patrimoniale, tale attività richiede l’apprezzamento di un set articolato di elementi, di natura quantitativa e qualitativa, tra loro strettamente correlati. Sul piano teorico, essi possono essere ricondotti a due categorie:
a) gli aspetti di natura modellistico-metodologica, che riguardano specificamente:
- la misurazione del capitale interno a fronte di ciascun rischio rilevante assunto dall’intermediario;
- la determinazione del capitale interno complessivo;
- la riconciliazione tra capitale interno complessivo e requisiti regolamentari nonché tra capitale complessivo e fondi propri;
b) gli aspetti di natura gestionale-organizzativa, che fanno riferimento a due principali elementi di valutazione:
- il processo di pianificazione patrimoniale;
- i sistemi di gestione18 e controllo dei rischi.
In relazione al processo ILAAP le aree informative di approfondimento sono le seguenti:
- Riserve di liquidità e gestione delle garanzie reali;
- Sistema di prezzi di trasferimento interno dei fondi;
- Rischio di liquidità derivante dall’operatività infragiornaliera;
- Prove di stress;
- Fonti di finanziamento a lungo termine;
- Informazioni sul piano di emergenza (contingency funding plan).
Nell’ambito del Sistema di Analisi Aziendale, l’approfondimento delle tematiche trattate nelle due sezioni del resoconto riservate rispettivamente all’ICAAP e all’ILAAP contribuisce all’analisi dei singoli profili di rischio e costituisce un elemento imprescindibile per la valutazione dei profili
18 In questo contesto, con il termine “gestione dei rischi" si intende ricomprendere le fasi di identificazione e misurazione.
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patrimoniale e di liquidità, finalizzati – in ultima istanza – a formulare un giudizio sull’adeguatezza attuale e prospettica del capitale e dei sistemi di governo e gestione di liquidità dell’intermediario.
L’analisi degli aspetti più strettamente gestionali e organizzativi, presente nella sezione comune ai processi ICAAP/ILAAP del resoconto (modello di business, linee strategiche, governo societario, assetti organizzativi, sistemi di controllo, autovalutazione dei processi ICAAP/ILAAP), concorre sia alla valutazione dei sistemi di governo e di controllo (per quanto attiene specificamente al processo di pianificazione patrimoniale e ai sistemi di governo e gestione del rischio di liquidità ) sia alla valutazione dei singoli profili di rischio (per quanto riguarda i pertinenti presidi organizzativi, in relazione ai rischi che richiedono allocazione di capitale).
Tali elementi di analisi e valutazione sono contenuti nel “resoconto ICAAP/ILAAP”, costituito dall’insieme strutturato di informazioni che l’intermediario è tenuto a rassegnare annualmente alla Vigilanza19.
L’articolato set informativo desumibile da tale resoconto – di contenuto descrittivo e auto-valutativo – deve essere sottoposto a un complessivo riesame critico anche alla luce delle risultanze dell’analisi aziendale, al fine di valutare l’opportunità di un puntuale confronto con gli intermediari e di individuare i punti di particolare criticità. Gli intermediari, a loro volta, sono tenuti a identificare le aree del processo suscettibili di miglioramento, nonché a pianificare i relativi interventi patrimoniali e/o organizzativi.
Specie per gli intermediari più complessi, l’esame dell’ICAAP e dell’ILAAP viene svolto attraverso l’utilizzo integrato di strumenti a distanza e ispettivi.
Le informazioni disponibili off-site consentono di procedere a una disamina del complessivo disegno organizzativo del processo ICAAP e, in particolare, degli aspetti di natura quantitativa e metodologica, al fine di valutare l’adeguatezza del capitale detenuto dagli intermediari, soprattutto attraverso la comprensione delle eventuali differenze tra le misure “regolamentari” dei rischi e del patrimonio e quelle “interne” prospettate dagli intermediari. Per supportare l’analisi del resoconto ICAAP/ILAAP, con riferimento alla sezione specifica ICAAP, l’analista si avvale dei criteri di valutazione descritti nella Parte Prima, Sezione III, Capitolo VIII (c.d. Fase 2 dell’Adeguatezza Patrimoniale) e dello strumentario disponibile in SIGMA che consiste in un “Report sintetico” per la rappresentazione dei risultati quantitativi ed in una check-list, ad uso facoltativo, da utilizzare quale ausilio alla valutazione.
19 Per un’illustrazione dettagliata del resoconto ICAAP/ILAAP si rimanda alla Parte Prima, Titolo III, Capitolo 1, Allegato D della Circ. n. 285.
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L’attività on-site permette di effettuare approfondimenti sugli aspetti di carattere qualitativo: essa consente, da un lato di valutare compiutamente la concreta efficacia dell’impianto organizzativo e dei profili di governance connessi con i processi ICAAP/ILAAP, dall’altro di verificare l’effettiva integrazione di processi nell’ambito delle decisioni aziendali (“use test”). Le indagini ispettive permettono inoltre di asseverare la qualità delle basi dati sottostanti alle attività di misurazione connesse con l’ICAAP e con l’ILAAP.
II.4.2 L’esame del bilancio ufficiale
Il bilancio d’esercizio costituisce una fonte informativa di primaria importanza nell’ambito del processo di revisione e valutazione prudenziale. Esso inoltre forma oggetto di esame anche in relazione ai poteri, attribuiti alla Banca d’Italia, in materia di forme tecniche.
L’attività di verifica della qualità del bilancio compete ai soggetti cui l’ordinamento attribuisce la responsabilità di assicurarne la conformità alle regole: il dirigente preposto, i revisori contabili e/o l’organo con funzione di controllo. Pertanto, è legittimo assumere, in via di principio, che il bilancio sia completo e redatto correttamente.
Ciò posto, l’esame del bilancio si svolge congiuntamente ed in via integrata con l’analisi delle diverse tipologie di rischio; in particolare, tale documento contribuisce a:
• migliorare la conoscenza della situazione tecnica degli intermediari, in particolare attraverso le informazioni su aggregati fondamentali a fini di vigilanza (patrimonio, esposizioni in default, grandi esposizioni, ecc.);
• individuare eventuali operazioni o situazioni tecnico-operative meritevoli di approfondimento per la formulazione delle valutazioni di vigilanza sugli intermediari.
Qualora si rilevino errori significativi nella redazione, carenze informative nei documenti contabili oppure divergenze rilevanti con i dati di vigilanza, vengono richiesti agli intermediari gli opportuni chiarimenti. Ove ne ricorrano i presupposti, devono essere effettuate le necessarie valutazioni ai fini dell’avvio delle procedure sanzionatorie.
Nel caso in cui le verifiche mettano in luce problematiche significative, l’azione di vigilanza va modulata anche in base alle eventuali indicazioni normative che, di volta in volta, la Divisione Bilanci e Segnalazioni del Servizio Regolamentazione e Analisi Macroprudenziale può fornire.
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I Capi dei Servizi e delle Filiali competenti stabiliscono, di anno in anno, le modalità di esercizio di tale attività anche in relazione alle risorse disponibili20.
II.4.3 La valutazione dei Piani di Risanamento individuali e di gruppo
La Direttiva 2014/59/EU e la normativa italiana di recepimento richiedono alle banche e ad alcune categorie di SIM21 di dotarsi di un piano di risanamento che preveda l’adozione di misure volte al riequilibrio della situazione patrimoniale e finanziaria in caso di significativo deterioramento.
Il piano di risanamento, che costituisce uno dei dispositivi di governance dell’intermediario22, è finalizzato a indicare le linee di responsabilità e i meccanismi di controllo interno che l’intermediario si propone di attivare per porre in essere le misure individuate e descritte nel piano stesso.
L’obbligo di redigere il piano di risanamento si applica:
• su base consolidata ai gruppi bancari e di SIM soggetti a vigilanza consolidata;
• su base individuale alle banche e alle SIM non appartenenti a gruppi (italiani o comunitari).
Il piano di risanamento di gruppo è finalizzato a ripristinare l’equilibrio patrimoniale e finanziario del gruppo nel suo complesso e dei singoli intermediari che ne fanno parte. Esso contiene misure coordinate e coerenti da attuare per la capogruppo, per ogni società del gruppo e, se di interesse non trascurabile per il risanamento del gruppo, per le società italiane ed estere incluse nella vigilanza bancaria consolidata ai sensi dell’articolo 65 TUB, comma 1, lettere c) e h)23.
Il piano di risanamento di gruppo di un’impresa madre stabilita nell’UE24 deve includere tutti gli intermediari del gruppo rientranti nell’ambito di
20 In tale programmazione i Servizi e le Filiali determinano la profondità delle analisi richieste per le diverse tipologie di intermediari e possono prevedere forme di turnazione dell’esame dei bilanci individuali di talune entità non rilevanti.
21 L’articolo 55-bis del TUF prevede che rientrino nell’ambito di applicazione della BRRD le SIM che prestano uno o più dei seguenti servizi o attività di investimento: a) negoziazione per conto proprio; b) sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo o assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; c) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione.
22 Cfr. Art. 74 CRD.
23 Società bancarie, finanziarie e strumentali controllate dalla persona fisica o giuridica che controlla un gruppo bancario o una singola banca e società che controllano una banca.
24 Cfr. art. Art. 4, comma 1, 29) CRDIV per cui un "ente impresa madre nell'UE" è un ente impresa madre in uno Stato membro che non è una filiazione di un altro ente autorizzato in uno Stato membro né di una società di partecipazione finanziaria né di una società di partecipazione finanziaria mista in uno Stato membro.
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applicazione del consolidamento prudenziale, comprese le succursali25. Le imprese madri devono identificare le succursali che rivestono importanza per il gruppo o per il sistema economico (incluso quello finanziario di altri Stati membri in cui il gruppo è presente) e garantire che tutte le informazioni relative a tali succursali siano presenti nel piano di risanamento di gruppo26. Se nel gruppo sono presenti succursali più che significative (significant-plus) - identificate in conformità con la metodologia stabilita negli orientamenti EBA/GL/2017/14 - le informazioni pertinenti su tali succursali vanno obbligatoriamente incluse nel piano27.
Il piano di gruppo redatto da un’impresa madre stabilita nell’UE deve essere completo, integrato e pienamente coerente per il gruppo nel suo insieme (cfr. All. II/3). L’autorità di vigilanza su base consolidata e le autorità competenti coinvolte nella procedura di decisione congiunta in merito al piano di gruppo non possono richiedere la presentazione di piani individuali al solo scopo di ovviare al trattamento inadeguato di alcuni intermediari nel piano di risanamento di gruppo.
Le banche e le SIM appartenenti a gruppi sono tenute a dotarsi di un piano di risanamento individuale qualora ciò sia specificamente richiesto - per motivi diversi dalla necessità di ovviare al trattamento inadeguato nel piano di alcuni intermediari
• dalla Banca d’Italia a seguito dell’esame del piano di risanamento di gruppo;
• in sede di collegio dei supervisori su proposta motivata dell’ autorità
home;
• da una decisione dell’Autorità Bancaria Europea (ABE), a cui la Banca d’Italia intende conformarsi, assunta a seguito di un processo di mediazione sul piano di risanamento di gruppo instaurato ai sensi del diritto dell’Unione;
• da un provvedimento autonomo della Banca d’Italia qualora essa non concordi con le decisioni assunte in materia di piano di risanamento di gruppo all’interno del collegio dei supervisori e sulla questione non sia stata richiesta la mediazione dell’ABE o questa non si sia pronunciata nel termine previsto dal diritto dell’Unione.
25 Cfr. Raccomandazione sul trattamento delle entità in un piano di risanamento di gruppo (EBA/REC/2017/02), entrata in vigore dal 1/1/2018.
26 L’inclusione delle informazioni su tali succursali deve avvenire o nell’ambito della parte del piano relativa alla persona giuridica alla quale tali succursali appartengono oppure nell’ambito di una parte specifica del piano, laddove ciò sia considerato appropriato sulla base della struttura del gruppo.
27 Per le modalità di identificazione delle succursali significant plus e per i ruoli e le responsabilità delle autorità competenti nella valutazione del piano di risanamento delle succursali significant plus di gruppi cross-border si rimanda alla Parte Prima, Sez. I, Cap. V. Par. V.5.1 punto E.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
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Gli intermediari sono tenuti a inserire nei piani di risanamento le informazioni richieste dal Regolamento delegato della Commissione europea n. 2016/1075 del 23 marzo 2016 - entrato in vigore l’8 luglio 2016
– e da provvedimenti di carattere generale e particolare della Banca d’Italia28.
In base alle suddette disposizioni comunitarie e nazionali i piani di risanamento devono contenere le sezioni sotto elencate:
• una sezione di riepilogo degli elementi chiave del piano;
• una sezione sulla governance di gestione del piano che indichi almeno: i soggetti responsabili della preparazione, dell’attuazione e dell’aggiornamento di ogni sezione del piano; il modo in cui il piano è integrato nel sistema complessivo di governance dell'intermediario e nel quadro generale di gestione dei rischi, nonché le procedure necessarie per assicurare l'attuazione tempestiva delle azioni di risanamento che verrebbero intraprese in caso di necessità;
• una sezione contenente l’analisi strategica che descriva: le entità interessate dal piano di risanamento, il loro modello di business; la mappatura delle funzioni essenziali e delle linee di business principali esercitate dalle stesse; le possibili azioni di risanamento attivabili, la lista di indicatori a cui è legato l’avvio del processo per l’adozione delle azioni di risanamento per ciascuna delle aree di rischio individuate (posizione patrimoniale, liquidità, redditività, qualità degli attivi), e i possibili scenari di stress cui si riferiscono le opzioni di risanamento previste;
• una sezione relativa al piano di comunicazione interna, destinata al personale, ai comitati aziendali o ad altri rappresentanti del personale, e di comunicazione esterna, rivolta agli azionisti, agli altri investitori, alle autorità competenti, al mercato e al pubblico;
• una sezione relativa alle misure preparatorie ossia alle azioni necessarie per superare gli eventuali impedimenti all’efficace attuazione delle opzioni di risanamento.
I piani redatti nella forma descritta devono essere sottoposti a revisione da parte degli intermediari ogni anno e ogniqualvolta intervengano mutamenti significativi (ad es. a seguito di fusione) che possano incidere sulla capacità dell’intermediario di attuare il piano.
In un’ottica di proporzionalità dell’azione di vigilanza il TUB, in conformità con la direttiva 2014/59/UE, ha attribuito alla Banca d’Italia la facoltà di prevedere modalità semplificate di adempimento degli obblighi in materia di piani di risanamento per gli intermediari le cui caratteristiche
28 Cfr Provvedimento normativo del 15 febbraio 2017 .
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specifiche29 consentano di presupporre che il loro dissesto non avrebbe un significativo impatto sui mercati finanziari, su altri intermediari, sulle condizioni di funding o sull’economia in generale30.
La verifica della sussistenza in capo a ciascun intermediario delle condizioni per l’applicazione degli obblighi semplificati deve essere effettuata annualmente dalle unità di vigilanza competenti, con il supporto della Divisione PAR del Servizio CRE. Il regime semplificato deve essere revocato quando il fondamento per l’applicazione del medesimo non è più soddisfatto e si ritiene che il dissesto dell’intermediario possa avere rilevanza sistemica. Il piano di risanamento redatto dagli intermediari che beneficiano di obblighi semplificati contiene tutte le sezioni, ma con un numero minore di elementi informativi e un livello di dettaglio inferiore rispetto ai piani redatti in forma ordinaria. Le principali semplificazioni riguardano la possibilità di prevedere un unico indicatore di risanamento per ciascuna delle aree di rischio che devono essere considerate nei piani e la possibilità di prevedere un solo scenario di stress per dimostrare l’efficacia delle opzioni di risanamento e l’adeguatezza degli indicatori individuati per attivare le opzioni prescelte (cfr. Allegato n. II/4).
L’obbligo di revisione da parte degli intermediari dei piani redatti in forma semplificata è biennale a meno di mutamenti significativi che ne rendano necessario un aggiornamento.
I piani di risanamento devono essere trasmessi alla Banca d’Italia entro il 30 aprile di ogni anno. Le unità di vigilanza, entro 6 mesi dalla ricezione, provvedono a valutarli, verificandone la completezza e l’adeguatezza sulla base dei criteri descritti nell’Allegato II/3 del presente capitolo.
Se all’esito della verifica emergono carenze o impedimenti al conseguimento delle finalità del piano, l’unità competente31 può - ai sensi dell’art 69-sexies comma 3 TUB - fissandone i relativi termini:
a) richiedere all’intermediario di presentare un piano modificato;
b) indicare le modifiche specifiche da apportare al piano;
c) ordinare le modifiche da apportare all’attività, alla struttura organizzativa o alla forma societaria dell’intermediario o ordinare altre misure ritenute necessarie per conseguire le finalità del piano.
29 I criteri da valutare per concedere l’applicazione degli obblighi semplificati riguardano la dimensione, la complessità operativa, la struttura societaria, lo scopo mutualistico, l’adesione a un sistema di tutela istituzionale, il livello di interconnessione, il profilo di rischio, lo status giuridico, la natura dell’attività svolta.
30 Per una descrizione degli indicatori da valutare per individuare tali entità e del metodo adottato per effettuare tale valutazione si confrontino gli orientamenti EBA/GL/2015/16 e il provvedimento in materia di piani di risanamento emanato il 14 febbraio 2017.
31 Per tutti gli intermediari decentrati, sottoposti o meno a obblighi semplificati, la Filiale coinvolge la Divisione Gruppi e banche decentrate di SB2 prima dell’avvio del procedimento.
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Interazione con autorità di risoluzione nazionale (testo omesso)
Interazione con altre autorità per la valutazione dei piani di gruppo e per raggiungere una valutazione congiunta: adempimenti in veste di Autorità home
(testo omesso)
Interazione con altre autorità per la valutazione dei piani di gruppo e per raggiungere una valutazione congiunta: adempimenti in veste di Autorità host
(testo omesso)
Procedure in assenza di decisione congiunta (testo omesso)
Integrazione nello SREP
Ogni carenza o criticità rilevata nella valutazione dei piani di risanamento costituisce informazione rilevante da tenere in considerazione per l’analisi del profilo dei sistemi di governo e controllo nell’ambito dello SREP32.
II.4.4 L’analisi dei rischi e la valutazione complessiva dell’intermediario
La valutazione dei principali rischi assunti dall’intermediario, dei presidi organizzativi e di quelli economico-patrimoniali rappresenta la fase centrale del processo di revisione e valutazione prudenziale.
L’attività di analisi e valutazione è effettuata alla luce di tutte le informazioni disponibili e si avvale delle procedure, degli schemi e dei criteri metodologici previsti dal Sistema di Analisi Aziendale.
In linea con l’impostazione risk-based, fulcro dell’analisi sono i rischi assunti dall’intermediario, valutati con riferimento sia al grado di esposizione sia ai presidi organizzativi predisposti per il governo, la gestione e il controllo degli stessi.
La valutazione attribuita alla situazione complessiva, alle aree di rischio e ai profili trasversali è sintetizzata attraverso punteggi/giudizi, in funzione del
32 Cfr Parte Prima, Sezione III, Capitolo III.
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livello di esposizione ai rischi e del grado di adeguatezza dei presidi organizzativi ed economico-patrimoniali.
(testo omesso)
II.4.5 La decisione sul capitale
(testo omesso)
II.5 Il “ciclo di valutazione”: il meccanismo di assegnazione dei
punteggi di profilo e complessivo
L’assegnazione dei punteggi, di profilo (A) e complessivo (B), segue la medesima dinamica valutativa sia nei controlli a distanza sia in quelli ispettivi.
A) Punteggi di profilo
I punteggi di profilo – graduati in una scala da 1 a 4, nella quale il punteggio più alto esprime la valutazione peggiore – si basano su una valutazione quantitativa che deriva dal punteggio automatico, eventualmente rettificato avvalendosi dei prospetti integrativi, e ove prevista su una valutazione qualitativa (valutazione dei presidi organizzativi) (cfr. infra Tavola 1). I punteggi di profilo vanno assegnati secondo i criteri delineati negli specifici schemi di analisi.
Per i rischi di credito, mercato, operativo e di reputazione, tasso d’interesse, liquidità, per i quali sono compresenti valutazioni quantitative e qualitative, occorre distinguere:
a) in presenza di informazioni “robuste” sulla componente qualitativa, l’analista può esprimere, sulla stessa, un punteggio full scale (da 1 a 4) attribuendole, ai fini dell’assegnazione del punteggio di profilo, un peso uguale a quello della componente quantitativa; nel caso in cui ritenga, invece, prevalente una delle due componenti, applica un’appropriata ponderazione. In sede ispettiva, le valutazioni di tenore qualitativo si presumono “robuste” e comportano un giudizio full scale.
(testo omesso)
b) qualora non sussistano le condizioni indicate al punto a), ma si disponga comunque di informazioni sufficienti, nell’assegnare il punteggio di profilo l’analista può rettificare (notching) di un punto il giudizio quantitativo33.
33 Particolare attenzione va posta sulla rilevanza delle informazioni utilizzate allorquando la correzione comporti il passaggio dall’area dei punteggi favorevoli (1-2) a quella dei punteggi sfavorevoli (3-4) o viceversa (cfr. la scala esplicitata al punto B) del presente paragrafo.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
Per il profilo dei sistemi di governo e controllo il giudizio deriva dalla sola valutazione qualitativa; per il profilo “modello di business e redditività” la valutazione quantitativa – riferita alla redditività – è integrata dalla valutazione – prevalentemente qualitativa –concernente il modello di business; relativamente all’adeguatezza patrimoniale il giudizio di profilo è la risultante della valutazione quantitativa riferita all’adeguatezza dei fondi propri integrata con la valutazione dell’ICAAP, quando presente.
Vanno in ogni caso esplicitati i passi logici e le motivazioni delle valutazioni qualora il giudizio di profilo:
a) si discosti da quello automatico;
b) non si discosti da esso, ma solo per effetto di compensazioni nelle fasi intermedie (analisi dei prospetti integrativi, valutazioni delle componenti qualitative).
(testo omesso)
La descritta dinamica valutativa è compendiata nella Tavola 1:
Tavola 1
A | B | ||||||
DINAMICA VALUTATIVA | Valutazione quantitativa | Valutazione qualitativa | SINTESI | ||||
Punteggio automatico | Prospetti integrativi | Informazioni "sufficienti" | Informazioni "robuste" | Informazioni qualitative "sufficienti" | Informazioni qualitative "robuste" | ||
a | MODELLO DI BUSINESS E REDDITIVITA’ | Redditività | Modello di Business | A+B | |||
1-4 | +/-1 | +/-1 | |||||
b | SISTEMI DI GOVERNO E CONTROLLO | 1-4 | 1-4 | B | B | ||
c | RISCHIO DI CREDITO | 1-4 | +/-1 | +/-1 | 1-4 | A+B | media (A:B) |
d | RISCHI DI MERCATO | 1-4 | +/-1 | +/-1 | 1-4 | A+B | media (A:B) |
e | RISCHIO DI TASSO D'INTERESSE | 1-4 | +/-1 | +/-1 | 1-4 | A+B | media (A:B) |
f | RISCHI OPERATIVI** E DI REPUTAZIONE | 2-3 | +/-1 | 1-4 | A+B | media (A:B) | |
g | ADEGUATEZZA PATRIMONIALE | 1-4 | +/-1 | Fase 2 ICAAP | A+B | ||
+/-1 | |||||||
h | RISCHIO DI LIQUIDITA’ | 1-4 | +/-1 | +/-1 | 1-4 | A+B | media (A:B) |
** Relativamente ai rischi operativi per i soli intermediari con sistemi di misurazione riconosciuti è possibile modificare il punteggio automatico sulla base di informazioni rivenienti dal modello interno.
La valutazione quantitativa, che individua il livello di esposizione al rischio, è espressa sulla base della seguente scala: basso=1; medio-basso=2; medio-alto=3; alto=4.
La valutazione quantitativa dei profili “modello di business e redditività” e “adeguatezza patrimoniale” esprime invece il grado di adeguatezza del relativo profilo (alto=1; medio-alto=2; medio-basso=3; basso=4). La valutazione qualitativa è espressa sulla base della seguente scala: buono=1; sufficiente=2; mediocre=3; insufficiente=4.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
B) Punteggio complessivo
Il punteggio complessivo è compreso in una scala da 1 a 4, nella quale il punteggio più alto esprime la valutazione peggiore, come di seguito indicato:
1 = Favorevole
2 = Parzialmente favorevole 3 = Parzialmente sfavorevole
4 = Sfavorevole
In coerenza con le linee guida dell’EBA e al fine di semplificare e accrescere l’efficacia del quadro valutativo, i giudizi sui profili di rischio che impattano sul capitale (credito, mercato, tasso di interesse, rischi operativi e di reputazione) sono accorpati nel profilo denominato “Risk to capital”.
(testo omesso)
In forma tabellare, la “griglia valutativa unica” è rappresentata come segue:
Tavola 2
GRIGLIA VALUTATIVA
a | MODELLO DI BUSINESS E REDDITIVITA’ | 1-4 |
b | SISTEMI DI GOVERNO E CONTROLLO | 1-4 |
c | RISK TO CAPITAL E ADEGUATEZZA PATRIMONIALE | 1-4 |
d | RISCHIO DI LIQUIDITA’ | 1-4 |
GIUDIZIO COMPLESSIVO | 1-4 |
(testo omesso)
II.6 Il “ciclo di valutazione”: rappresentazione dei risultati – relazione AVG
(testo omesso)
II.7 Il collegamento “punteggio-azione”
I risultati del Sistema di Analisi Aziendale costituiscono la base per la successiva azione di vigilanza, secondo un ampio campo di variazione, che va dall’attivazione di una ordinaria sorveglianza fino all’adozione di interventi correttivi, nei casi estremi anche di carattere straordinario. Tali azioni possono essere indirizzate a specifici profili di rischio/trasversali o alla situazione complessiva dell’intermediario.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
Nell’individuazione dell’azione di vigilanza più opportuna, occorre porre particolare attenzione alle situazioni in cui il giudizio complessivo:
- rappresenta la media di valutazioni di profilo divergenti; in tal caso, l’azione va prioritariamente orientata ai profili che denotano maggiore criticità;
- risulta stabilmente attestato su un punteggio compreso nell’area delle valutazioni sfavorevoli o esprime una tendenza al peggioramento; in questi casi l’azione di controllo va resa più incisiva.
Si elencano di seguito le azioni che tipicamente conseguono all’assegnazione dei diversi punteggi complessivi.
Le indicazioni formulate hanno valore orientativo, posto che la scelta delle più appropriate modalità di intervento non può che essere rimessa alla valutazione dello specifico caso secondo i criteri descritti nella Parte Seconda della Guida.
PUNTEGGIO 1: FAVOREVOLE
La valutazione dei profili di analisi è favorevole e si inquadra in una situazione complessiva dell’intermediario più che soddisfacente o soddisfacente; non emergono elementi di debolezza in alcuno dei profili considerati o eventuali elementi di debolezza sono circoscritti a limitate aree operative e non intaccano le condizioni generali dell’intermediario.
Xxxxx effettuati i controlli secondo le modalità ed i tempi ordinariamente previsti dalla Guida.
PUNTEGGIO 2: PARZIALMENTE FAVOREVOLE
La situazione aziendale, nel complesso soddisfacente, presenta comunque taluni elementi di debolezza.
E’ opportuno approfondire i profili valutativi che denotano le maggiori criticità, sottoponendoli a costante sorveglianza e verificando se richiedano interventi preventivi anche alla luce dell’andamento della situazione complessiva dell’intermediario, al fine di evitare il deterioramento della situazione aziendale. Attenzione va posta qualora tale giudizio costituisca un peggioramento di precedenti valutazioni34.
PUNTEGGIO 3: PARZIALMENTE SFAVOREVOLE
La situazione aziendale manifesta elementi di problematicità che necessitano di particolare attenzione, in quanto un’evoluzione negativa intaccherebbe l’equilibrio complessivo dell’intermediario.
34 Talune situazioni, pur caratterizzate da un punteggio complessivo favorevole, possono richiedere misure di carattere correttivo a motivo del deterioramento di singole aree di rischio (cfr. Parte II, Sezione I, cap. II, “gli interventi correttivi”).
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
E’ necessario approfondire tempestivamente i profili valutativi che denotano le maggiori criticità. Il confronto con gli esponenti di vertice dell’intermediario permette di verificare la consapevolezza delle problematiche rilevate e l’eventuale autonoma predisposizione di coerenti misure di rafforzamento. Va riscontrata la validità delle iniziative intraprese, valutandone obiettivi, tempi e modalità di attuazione. In assenza di misure della specie o nell’ipotesi della loro inadeguatezza, va esercitata un’azione di stimolo, valutando l’opportunità di predisporre interventi correttivi, con gradualità e intensità commisurate alle problematiche rilevate. L’efficacia delle iniziative attuate dall’intermediario va sorvegliata con continuità.
PUNTEGGIO 4: SFAVOREVOLE
L’intermediario presenta una situazione aziendale anomala o fortemente anomala per effetto della presenza di uno o più dei seguenti elementi: precario equilibrio economico-patrimoniale o grave inadeguatezza patrimoniale; livelli di rischio particolarmente elevati non fronteggiati da presidi organizzativi e gestionali o disfunzioni organizzative e gestionali particolarmente significative e protratte; significative o gravi e ripetute irregolarità e/o violazioni della normativa; diffusa e prolungata inaffidabilità delle informazioni rese all’Autorità di vigilanza.
Nelle situazioni della specie si richiede:
• una stretta sorveglianza da parte della Vigilanza, poiché un’ulteriore evoluzione negativa potrebbe deteriorare definitivamente il complessivo equilibrio aziendale. Occorre valutare la necessità di predisporre tempestivamente, eventualmente convocando gli esponenti aziendali, congrui interventi correttivi che possono tra l’altro comportare la richiesta di articolati programmi di risanamento aziendale o di ristrutturazione organizzativa. Va monitorata l’attuazione delle misure disposte, sostituendole con provvedimenti di maggiore incisività ove non se ne colgano i positivi effetti in tempi ragionevoli;
• se del caso, l’assunzione di misure di carattere straordinario.
II.8 Proporzionalità e articolazione del processo di revisione e valutazione prudenziale
II.8.1 Indicazioni di carattere generale
Il criterio di proporzionalità informa le principali fasi del processo di revisione e valutazione prudenziale, in termini di intensità e frequenza dei livelli di approfondimento.
Le indicazioni fornite di seguito costituiscono un riferimento orientativo per le unità di vigilanza; è possibile discostarsi dal percorso previsto, variando la cadenza e la profondità delle verifiche, in relazione alla maggiore o minore rilevanza e/o problematicità dell’intermediario.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
In questi casi, l’ampiezza e la profondità dell’analisi vanno adeguate per individuare le cause dei fenomeni e le possibili conseguenze, soprattutto per quegli aspetti tecnici cui è riconducibile lo stato di difficoltà.
Nell’ambito del processo, la fase di pianificazione assume rilevanza fondamentale. Essa presuppone, come ogni altra fase dello SREP, la qualificazione dell’intermediario, finalizzata a individuare i profili di rischio rilevanti e, più in generale, le aree di analisi prioritarie.
Occorre tenere conto, tra l’altro:
a) per i gruppi, della struttura e complessità dell’articolazione societaria, della localizzazione delle aree di rischio e di profitto, delle modalità di esercizio delle funzioni di capogruppo;
b) per gli intermediari con “sistemi riconosciuti”:
• della possibilità di utilizzo di un più ampio set di informazioni qualitative in ordine ai sistemi di risk management e, più in generale, ai processi organizzativi;
• dell’esigenza di instaurare (in particolare con le strutture di risk management e auditing) un confronto continuativo per individuare tempestivamente le modifiche ai processi sottostanti i sistemi di misurazione dei rischi, anche al fine di verificare il mantenimento dei requisiti richiesti per il loro riconoscimento a fini prudenziali.
II.8.2 L’articolazione del processo
Si dettagliano le principali fasi del “ciclo di valutazione” previste, in attuazione del principio di proporzionalità:
A. pianificazione
B. controllo ed analisi
C. valutazione
A. Pianificazione
La declinazione del principio di proporzionalità nella pianificazione delle attività di vigilanza sugli intermediari è insita nella ripartizione degli intermediari nelle quattro classi di priorità (cfr Parte Prima, Sez. I, Cap. I).
La frequenza delle attività, le aree e le unità che si intendono indagare con l’indicazione degli strumenti da utilizzare (approfondimenti off-site, convocazioni di esponenti aziendali, ispezioni) sono definite nell’ambito della pianificazione operativa (cfr Parte Prima, Sez. I, Capitolo II, Paragrafo II).
Le unità di vigilanza, tramite l’attività di monitoraggio delle attività pianificate, possono riformularle per renderle maggiormente coerenti con l’evoluzione della situazione tecnica dell’intermediario.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
A conclusione del ciclo di valutazione, gli interventi di vigilanza che si intendono effettuare sono riportati, singolarmente per ogni intermediario, nella rispettiva AVG.
B. Attività di controllo e analisi
Per gli intermediari rientranti nella classe ICAAP 1, la notevole complessità del processo ICAAP richiede una valutazione approfondita del resoconto annuale, dei risultati delle misurazioni, dell’impianto organizzativo e della modellistica impiegata per l’integrazione dei rischi di primo e secondo pilastro.
Per gli intermediari della classe ICAAP 2, l’analisi va circoscritta alla verifica della completezza delle fattispecie di rischio considerate, qualora gli intermediari utilizzino metodologie semplificate di determinazione del capitale interno complessivo.
Nel caso di intermediari che misurano i rischi utilizzando metodologie più sofisticate di quelle standard, ovvero impiegano modelli per l’integrazione dei diversi rischi, l’analisi va estesa anche a questi aspetti, attivando un confronto con le strutture aziendali coinvolte nel processo.
Per gli intermediari della classe ICAAP 3, l’analisi del resoconto ICAAP può non rendere necessaria nella maggior parte dei casi l’attivazione di uno specifico confronto.
In generale, i risultati dell’ICAAP, la cui valutazione ha carattere annuale, contribuiscono alla pianificazione delle successive attività di analisi.
L’analisi dell’esposizione ai rischi si può fondare, per gli intermediari di cui alla classe ICAAP 1 - oltre che sulla modellistica alimentata dalle segnalazioni di vigilanza - sui dati generati dagli eventuali “sistemi interni riconosciuti”. L’interlocuzione con le funzioni di risk management di tali intermediari consente inoltre di arricchire le analisi sulla base di elaborazioni ad hoc con riferimento a specifici comparti operativi e/o entità giuridiche.
Per gli altri intermediari, l’analisi dell’esposizione ai rischi (annuale) si basa, di regola, sui risultati dei modelli alimentati dalle segnalazioni di vigilanza.
Per tutti gli intermediari, le fonti informative per la valutazione dei presidi organizzativi dei rischi e dei sistemi di governo e di controllo sono costituite, in generale, da: (i) resoconto ICAAP; (ii) bilancio individuale e consolidato; (iii) informativa al pubblico; (iv) eventuale documentazione che gli intermediari sono tenuti ad inviare in materia di struttura organizzativa e di governo dei rischi; (v) risultanze di accertamenti condotti dalla funzione di revisione interna; (vi) risultati degli accertamenti ispettivi di vigilanza; (vii) notizie acquisite da altre Autorità di vigilanza, dall’Autorità Giudiziaria, dalla clientela o da altri soggetti attraverso l’inoltro di esposti. Per gli intermediari per cui sono attivate forme di supervisione condivisa con Autorità di vigilanza estere, assumono rilievo – con un livello di graduazione differente
– anche tutte le informazioni fornite nell’ambito dei collegi di supervisione.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
Per i soggetti sottoposti a regolamentazione particolare, le analisi si basano sui modelli alimentati attraverso le segnalazioni di vigilanza (ove previste) e, per gli aspetti qualitativi, essenzialmente sulle risultanze degli accertamenti ispettivi.
In particolare, fermo restando quanto indicato nei singoli capitoli circa i destinatari delle procedure:
• per le SIM a cui non si applicano gli istituti prudenziali, la valutazione si fonda esclusivamente sulla verifica dei profili del modello di business e della redditività (solo Fase 1), dei sistemi di governo e di controllo e dell’adeguatezza patrimoniale (limitatamente al rispetto della dotazione di capitale minima);
• per gli IMEL e gli istituti di pagamento il percorso di analisi semplificato è basato sull’analisi dei sistemi di governo e controllo, dell’adeguatezza patrimoniale, dei rischi operativi (solo parte qualitativa) e del modello di business e della redditività (solo Fase 1).
C. Valutazione
(testo omesso)
II.9 L’attività di analisi e monitoraggio degli intermediari in situazioni di crisi
Per gli intermediari sottoposti a provvedimenti di rigore che comportano il proseguimento dell’operatività (Banche, Sim, SGR e IMEL sottoposti a procedure di amministrazione straordinaria ovvero di gestione provvisoria35), il processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP) assume connotazioni proprie.
Considerate le peculiarità delle procedure di gestione delle crisi (affidamento dei poteri gestori a un pubblico ufficiale, adempimenti segnaletici ridotti, problematicità della situazione tecnica, orizzonte definito delle procedure), il percorso di analisi e monitoraggio di tali intermediari è finalizzato a fornire un quadro:
- dei risultati tempo per tempo raggiunti attraverso l’attività di accertamento e di regolarizzazione della situazione aziendale da parte degli Organi straordinari36;
- del possibile esito della procedura (restituzione alla gestione ordinaria o passaggio alla competenza dell’Unità di Gestione delle Crisi);
35 In caso di gestione provvisoria, quanto esposto nel presente paragrafo va interpretato alla luce della breve durata della procedura stessa (due mesi, senza possibilità di proroga). Le gestioni provvisorie richiedono una maggiore intensità dell’attività di supervisione e tempestività nell’assunzione dei provvedimenti.
36 Per gli intermediari in questione, l’analisi non conduce all’attribuzione di valutazioni in termini di giudizio complessivo e di singoli profili di rischio.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
- delle iniziative individuate per la soluzione della crisi e dei relativi tempi di realizzazione.
(testo omesso)
II.10 La relazione tra analisi consolidata e individuale
L’approccio adottato nel processo di revisione e valutazione prudenziale privilegia la dimensione consolidata rispetto a quella individuale. Tuttavia, per gli intermediari facenti parte di gruppi considerati dall’unità “entità rilevanti”, le attività di analisi previste sono svolte anche a livello individuale, secondo i criteri e le modalità previste nell’ambito di ciascuna area di rischio e profilo trasversale dai rispettivi capitoli, cui si rimanda.
Ciò premesso, e fatte salve le specifiche indicazioni nell’ambito dei singoli schemi di analisi, si riportano di seguito i criteri orientativi a cui far riferimento per individuare le “entità rilevanti” all’interno del gruppo:
a) la società capogruppo, quando l’assorbimento patrimoniale riferibile alla stessa rispetta le condizioni del successivo punto e);
b) gli intermediari quotati;
c) gli intermediari caratterizzati dalla presenza di significativi interessi di minoranza (superiori al 20%);
d) le SGR;
e) gli intermediari “risk taking”, nei quali, convenzionalmente, l’assorbimento patrimoniale a livello individualeè compreso tra il 30% e l’80%37 del requisito patrimoniale consolidato38;
f)gli intermediari nei quali è concentrata la gestione di processi produttivi rilevanti per il gruppo (ad es.: attività di banca depositaria, attività di investment bank).
In relazione alle specifiche caratteristiche di ciascun gruppo ed alle connesse esigenze di approfondimento, l’unità valuta se considerare “entità rilevanti” componenti che non rientrano nelle categorie precedenti, nel caso in cui possano comportare un rischio di reputazione significativo per il gruppo di appartenenza (ad es.: intermediari che utilizzino esclusivamente o prevalentemente una rete distributiva esterna) (testo omesso).
Con riferimento alle entità non rilevanti:
37 Infatti, nel caso in cui un intermediario assorba più dell’80%, le analisi svolte a livello consolidato tendono a coincidere con quelle svolte a livello individuale su tale intermediario.
38 Nel caso di SIM che applicano il coefficiente “altri rischi”, quest’ultimo requisito è considerato alla stregua di quello richiesto a fronte del rischio operativo.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
• vanno condotti la verifica del rispetto degli istituti di vigilanza prudenziale e l’esame del bilancio ufficiale39, ai fini delle valutazioni tecniche;
• vanno verificati e consegnati i punteggi automatici attribuiti dal Sistema di Analisi Aziendale;
• non vanno effettuate le analisi degli aspetti qualitativi delle aree di rischio.
(testo omesso)
L’analisi individuale, svolta sulla base dei criteri sopra richiamati, consente l’acquisizione di elementi informativi utili ai fini delle valutazioni condotte a livello consolidato.
In generale, il valore aggiunto dell’analisi individuale risiede principalmente nella maggiore accuratezza con la quale possono essere effettuate le valutazioni di tipo qualitativo; l’attenzione rivolta all’intermediario rilevante consente infatti di meglio apprezzare le soluzioni organizzative adottate dal gruppo per il controllo dei rischi.
(testo omesso)
II.11 Pianificazione ispettiva e modalità di interazione tra controlli a distanza ed ispettivi
II.11.1 Pianificazione degli accertamenti ispettivi
La pianificazione degli accessi ispettivi, avute presenti le competenze in materia di vigilanza assunte dalla BCE, riguarda:
• Significant Institutions (SI), sulla base delle indicazioni della BCE;
• Less Significant Institutions (LSI) accentrate e decentrate40;
• altri intermediari vigilati dalla Banca d’Italia (SIM, SGR, intermediari finanziari non facenti parte di gruppi bancari SI; società fiduciarie iscritte nella sezione separata dell’albo ex art. 106 TUB, filiazioni e filiali di banche estere di Paesi extra SSM).
(testo omesso)
39 Salvo che l’intermediario “entità non rilevante” sia stato inserito in una forma di turnazione dell’esame del bilancio individuale.
40 Riguardano gli accessi presso le direzioni generali di intermediari per finalità prudenziali e di compliance. Nell’ambito delle ispezioni a spettro esteso, l’eventuale accesso di sportello per la verifica dei profili di trasparenza e correttezza delle relazioni con la clientela e per quelli attinenti il rispetto della normativa antiriciclaggio è disciplinato nella Parte I, Sez I, Cap. II; paragrafo I.10.6 .
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
II.11.2 Pianificazione degli accertamenti ispettivi prudenziali su SI
(testo omesso)
II.11.3 Pianificazione degli accertamenti ispettivi e delle convalide on-site su LSI e su altri intermediari vigilati, verifiche di compliance (SI e LSI)
(testo omesso)
II.11.4 Interazione tra analisi a distanza e ispettiva
L’integrazione metodologica e operativa e la proficua interazione tra analisi a distanza e ispettiva costituiscono elementi fondamentali ai fini dell’efficace ed efficiente perseguimento degli obiettivi della Vigilanza.
Il coordinato utilizzo degli strumenti di analisi e valutazione consente, infatti, di sfruttare adeguatamente le informazioni acquisite e i risultati raggiunti, eliminare duplicazioni, razionalizzare l’utilizzo delle risorse, ridurre i tempi di analisi, assicurare l’unitarietà del processo di supervisione.
(testo omesso)
Lo svolgimento integrato del processo di revisione e valutazione prudenziale richiede anche lo stretto coordinamento delle modalità e dei contenuti della comunicazione tra la Vigilanza e gli intermediari. In tale ambito, particolare rilevanza assumono le osservazioni e le valutazioni contenute nel rapporto ispettivo e nella eventuale connessa lettera di intervento.
L’esigenza di una chiara ed efficace comunicazione con l’intermediario implica la piena complementarità dei documenti menzionati, la cui linea di demarcazione è rappresentata dalla distinzione tra momenti ricognitivo e prescrittivo, demandati il primo al documento ispettivo, il secondo alla lettera.
In particolare:
- il rapporto ispettivo contiene compiuti riferimenti sui profili gestionali e sugli aspetti di conformità emersi dall’accertamento, fornendo ogni informazione utile alla piena comprensione delle osservazioni formulate;
- la lettera di intervento (cfr. Parte Seconda della Guida) contiene le indicazioni e le misure di vigilanza conseguenti all’accertamento; in particolare, essa:
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
• richiama gli ambiti che richiedono azioni correttive o preventive, facendo rinvio ai punti del documento ispettivo resi noti all’intermediario;
• nel caso di lettere non contestuali, sintetizza i principali elementi emersi dall’esame delle risposte degli esponenti aziendali alle constatazioni ispettive, esplicitando al riguardo le valutazioni di vigilanza;
• indica gli aspetti gestionali che richiedono l’adozione di interventi da parte dell’intermediario per superare le problematiche evidenziate dal rapporto ispettivo ed enuncia gli eventuali provvedimenti imposti ai sensi della normativa vigente.
II.11.5 La nota preispettiva
(testo omesso)
II.11.6 Compilazione dei questionari di trasparenza e antiriciclaggio.
(testo omesso)
II.12 La connessione tra l’analisi dei singoli intermediari e quella
macroprudenziale
II.12.1 Stabilità a livello micro e macroprudenziale
La sana e prudente gestione dei singoli intermediari e la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso sono obiettivi tra loro complementari: la crisi di un intermediario che ha rilevanza sistemica o riveste un ruolo cruciale nei sistemi di pagamento e di regolamento può ripercuotersi su altri operatori del settore, dando origine a fenomeni di contagio; shock aggregati di natura reale e/o finanziaria possono ripercuotersi sull’intero sistema e avere effetti sulla stabilità dei singoli intermediari in virtù della loro comune esposizione a determinati fattori di rischio.
La vigilanza macroprudenziale ha come finalità quella di individuare i fattori di rischio e le vulnerabilità del sistema finanziario che potrebbero assumere dimensione sistemica, allo scopo di prevenirne o limitarne gli effetti sull’economia reale.
L’analisi macroprudenziale si caratterizza per alcuni elementi di specificità:
a) focus sul sistema finanziario nel suo complesso;
b) analisi dei meccanismi di amplificazione dei rischi conseguenti comportamenti collettivi sfavorevoli degli operatori, a fenomeni di
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
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interconnessione e dipendenza tra intermediari o all’esposizione a fattori comuni di rischio (dimensione cross-sectional dell’analisi);
c) analisi della prociclicità del sistema finanziario, intesa come l'insieme dei meccanismi attraverso i quali il sistema finanziario contribuisce ad amplificare le fluttuazioni del ciclo economico (dimensione temporale dell’analisi).
La vigilanza macroprudenziale, da un lato, e i controlli microprudenziali, dall’altro, sono parte di un approccio integrato che si articola in diverse fasi:
- individuazione ex-ante dei possibili rischi e delle vulnerabilità che, in presenza di circostanze avverse plausibili, potrebbero colpire il sistema finanziario nel suo complesso o specifici suoi comparti41;
- determinazione dei possibili meccanismi di trasmissione degli shock, distinguendo tra aree dove gli shock manifestano il loro effetto immediato e aree dove essi si propagano in un secondo tempo, per effetto di meccanismi di interazione tra economia reale e finanziaria o tra gli stessi operatori del mercato finanziario;
- valutazione prospettica dei possibili rischi e delle vulnerabilità e del loro impatto anche attraverso esercizi di stress;
- verifica della sussistenza dei fattori di rischio tra gli operatori e/o nei mercati di riferimento (ad es., attraverso ispezioni “mirate”/“tematiche” o approfondimenti a distanza);
- valutazione dell’eventuale rilievo sistemico delle risultanze emerse nell’ambito degli approfondimenti di cui al precedente alinea;
- predisposizione di azioni di vigilanza volte a mitigare l’impatto potenziale dei rischi e delle vulnerabilità individuate.
La descritta dinamica valutativa e d’intervento si realizza attraverso l’integrazione, nell’attività di supervisione, di un approccio di tipo macroprudenziale, secondo un percorso “dal macro al micro” (dai temi a rilevanza sistemica agli effetti sui singoli intermediari) e “dal micro al macro” (da singoli comportamenti a fenomeni di potenziale rilevanza sistemica).
Tale approccio comporta una maggiore intensità della supervisione sugli intermediari a rilevanza sistemica e su quelli che, in quanto connotati da forte specializzazione, risultano maggiormente esposti a rischi sistemici riguardanti il proprio comparto di operatività.
II.12.2 Dall’analisi macroprudenziale a quella micro
41 A tal fine occorre distinguere tra shock aggregati, che agiscono sul sistema finanziario nel suo complesso, e shock idiosincratici, che colpiscono una o più imprese e/o settori specifici. Inoltre, gli shock possono essere di tipo reale o finanziario.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
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L’analisi macroprudenziale fornisce un supporto di tipo trasversale alla vigilanza sui singoli intermediari, permettendo indagini mirate e approfondimenti su tematiche rilevanti che interessano più intermediari, un intero settore o il mercato nel suo complesso. Essa mira all’individuazione di vulnerabilità a rilevanza sistemica, di cui si tiene opportunamente conto nel processo di analisi microprudenziale, in modo che l’azione di vigilanza assuma un ruolo proattivo.
L’individuazione dei rischi e delle vulnerabilità di natura sistemica si basa su un’attività di analisi e di sorveglianza delle condizioni del sistema finanziario o di sue singole componenti in relazione al contesto macroeconomico e di mercato. I risultati di queste analisi confluiscono generalmente nel Rapporto sulla Stabilità finanziaria pubblicato con cadenza semestrale. Nella definizione dei rischi sistemici e nell’individuazione delle priorità rilevano, in particolare, la dimensione dell’operatore coinvolto e la diffusione del fenomeno, che consentono di qualificare l’impatto del problema e la probabilità che esso si verifichi. In un’ottica di proporzionalità, la valutazione della probabilità dei rischi di sistema e del loro impatto dovrebbe consentire di stabilire un ordine di priorità nell’azione di vigilanza.
II.12.3 Dall’analisi micro a quella macroprudenziale
Ai fini dell’analisi macroprudenziale assumono rilievo gli intermediari di maggiore dimensione, complessità e interconnessione con il resto del sistema le cui difficoltà, anche temporanee - ostacolando e compromettendo l’attività degli altri operatori o limitando il regolare funzionamento del sistema e delle sue infrastrutture - sono potenzialmente in grado di compromettere la stabilità del sistema finanziario. Particolare attenzione dovrà essere posta dunque alle misure da adottare nei confronti degli intermediari qualificati come G-SIIs (Global Systemically Important Institutions) o come O-SIIs (Other Systemically Important Institutions) in base alla normativa europea42.
Il dialogo e la collaborazione tra i diversi Servizi del Dipartimento accrescono la capacità delle strutture di valutare in modo adeguato l’evoluzione dei rischi del sistema nella conduzione del processo di revisione e di valutazione prudenziale.
Laddove si riscontrino accentuati profili di rischio nei comportamenti di singoli intermediari o di un insieme di intermediari, con potenziali ripercussioni negative a livello di sistema, i Servizi del Dipartimento Vigilanza valutano l’opportunità di condurre approfondimenti specifici.
II.12.4 Le prove di stress
42 Si vedano in particolare l’art. 131 della CRD IV e i Regulatory Technical Standards (RTS) e le Guidelines EBA per le G-SIIs e le O-SIIs.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
Le prove di stress sono uno strumento di analisi di tipo “what if”; forniscono una valutazione prospettica della capacità del sistema finanziario di assorbire shock ipotetici estremi benché plausibili.
Gli stress test sono utilizzati per finalità sia microprudenziale sia macroprudenziale per valutare la solidità dei singoli intermediari e del sistema finanziario nel suo complesso e migliorare l’efficacia dell’azione di supervisione nel prevenire o contenere i rischi sia a livello individuale sia di sistema.
In base all’art. 100 della Direttiva 2013/36/EU, le autorità di vigilanza sono tenute a eseguire, con frequenza almeno annuale, esercizi di stress test sugli intermediari vigilati per agevolare il processo SREP.
Gli stress test assumono un ruolo centrale anche nelle analisi di stabilità finanziaria del sistema nel suo complesso. Essi rappresentano un esercizio standard nei programmi di valutazione del grado di solidità dei sistemi finanziari (FSAP) condotti dal Fondo Monetario Internazionale.
La Banca d’Italia, così come le autorità dei principali paesi EU, conduce esercizi di stress test, sia a livello aggregato sia su base individuale.
Le caratteristiche degli esercizi, gli scenari e le tipologie di rischio da esaminare sono rivisti periodicamente in funzione delle priorità identificate dalla Vigilanza e tenendo conto delle condizioni economiche e di mercato più recenti. Nella definizione delle prove di stress assumono particolare rilevanza il disegno degli scenari, l’orizzonte temporale da considerare ai fini del completo esplicarsi degli effetti degli shock ipotizzati, le modalità con cui tenere conto di possibili effetti di retroazione.
L’esercizio di stress test è condotto in collaborazione tra gli addetti all’analisi e alla vigilanza macroprudenziale, gli analisti di vigilanza microprudenziale e gli economisti che si occupano delle previsioni macroeconomiche e finanziarie. Il programma può prevedere l’adozione di due differenti approcci:
• un approccio top-down in cui le prove di stress sono condotte dalla Vigilanza sulla base di modelli sviluppati internamente e delle informazioni di vigilanza;
• un approccio bottom-up in cui le prove di stress sono condotte dagli intermediari sulla base di scenari predefiniti dalla Vigilanza utilizzando i modelli interni e le informazioni in loro possesso.
La Banca d’Italia utilizza in via ordinaria l’approccio top-down per la conduzione di stress test sia sulle banche significative (SI) sia sulle banche meno significative (LSI). L’orizzonte temporale di riferimento è generalmente triennale. Gli scenari considerati, uno di base e uno avverso, sono in linea con quelli utilizzati in ambito europeo.
L’esercizio prevede per ciascuno scenario e per ciascuna banca: i) la proiezione del risultato di gestione nell’orizzonte temporale di riferimento; ii) perdite da rischio di credito simulate attraverso un modello satellite che
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
lega i tassi di default settoriali alle variabili macro-finanziarie; iii) perdite da rischi di mercato, di tasso d’interesse e operativo.
Gli esercizi top-down sulle LSI sono condotti anche ai fini della determinazione della Componente Target (Pillar 2 Guidance – P2G) nell’ambito dello SREP43.
(testo omesso)
Gli esercizi top-down sulle SI sono condotti con frequenza almeno biennale, in concomitanza con lo stress test europeo coordinato dall’EBA e condotto dall’SSM sulle banche significative. Gli esercizi servono a concorrere alla pianificazione delle azioni di supervisione in ambito SSM e rappresentano un benchmark nella valutazione dei risultati degli stress test condotti dalle banche italiane in sede europea. Essi costituiscono inoltre input per l’analisi macroprudenziale.
La Banca d’Italia collabora inoltre agli esercizi di stress test di tipo bottom- up condotti a livello europeo sulle banche significative, con cadenza almeno biennale. Può condurre di sua iniziativa esercizi di stress test di tipo bottom-up sulle banche meno significative.
Le caratteristiche degli esercizi di stress test condotti dalla Banca d’Italia utilizzati per finalità di vigilanza sono conformi con le indicazioni contenute nelle linee guida dell’EBA44 sui tipi di test, di verifiche o esercizi che possono portare a misure di sostegno ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera d), punto iii), della Direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche.
II.12.5 L’analisi macroprudenziale sui profili di trasparenza e correttezza
(testo omesso)
43 Cfr Parte Seconda, Sez. I, Cap. II, Par. II.4.8.
44 EBA/GL/2014/09
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
Allegato n. II/1: Organizzazione e funzionamento delle riunioni di programmazione della vigilanza decentrata
(testo omesso)
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
Allegato n. II/2: Appunto di pianificazione operativa
(testo omesso)
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
Allegato n. II/3: Principi generali per la valutazione dei piani di risanamento
(testo omesso)
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
Allegato n. II/4: Schema di Piano di Risanamento1
1. Sintesi degli elementi principali
Si prega di elencare in questa sezione gli elementi principali del piano di risanamento, includendo le seguenti informazioni.
1.1 Introduzione
1.2 Sintesi della gestione del processo di risanamento in una situazione di crisi
1.3 Sintesi dell’analisi strategica
1.4 Sintesi del piano di comunicazione e dell’informativa al pubblico
1.5 Sintesi delle misure preparatorie
1.6 Variazioni relative all’intermediario/ al gruppo/ al piano di risanamento rispetto alle ultime informazioni fornite a riguardo all’Autorità di Xxxxxxxxx
1.7 Approvazione/aggiornamento del piano di risanamento
Si prega di elencare gli organi/soggetti che hanno approvato (se del caso, aggiornato) il piano e la data di approvazione definitiva.
2. Gestione
2.1 Integrazione e coerenza con l’assetto generale
Si prega di descrivere come il piano si integri nella corporate governance dell’ente o del gruppo e nel risk management framework complessivo. Si prega di indicare esplicitamente come il piano sia da considerare coerente con l’assetto generale del processo di gestione dei rischi.
2.2 Elaborazione e approvazione dei piani di risanamento
Si prega di descrivere le politiche e le procedure relative alla redazione e all’approvazione dei piani di risanamento (compreso ad es. responsabilità per l’elaborazione, aggiornamento, revisione, approvazione e attuazione del piano di risanamento). In particolare, si prega di fornire esplicita attestazione del fatto che il piano di risanamento è stato valutato e approvato dall’organo con funzione di supervisione strategica dell’ente o della capogruppo responsabile per la sottoposizione del piano all’Autorità di Xxxxxxxxx.
1 Lo schema proposto costituisce unicamente una generica indicazione di quelli che potrebbero essere i contenuti del piano di risanamento. Nel caso alcune delle informazioni rilevanti ai fini dei piani di risanamento siano già state trasmesse alla Banca d’Italia, è sufficiente che il piano contenga una sintesi del contenuto di tali informazioni e un rinvio ai documenti con cui sono state fornite.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
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2.3 Procedure di escalation
2.3.1 Escalation interna e processo decisionale
Si prega di descrivere la procedura interna di intensificazione graduale degli interventi e il processo decisionale che si deve avviare qualora gli indicatori adottati raggiungano le soglie prestabilite per l’avvio e la scelta dell’opzione di risanamento da applicare in risposta alla situazione di tensione che si è manifestata.
2.3.1.1 Ruolo e funzione delle persone coinvolte
Si prega di includere in questa sezione una descrizione delle responsabilità delle persone coinvolte nel processo decisionale e nella procedura di intensificazione graduale degli interventi. Se è coinvolto un Comitato si prega illustrare il ruolo, le responsabilità e le funzioni dei membri del Comitato.
2.3.1.2 Procedure da seguire
Si prega di descrivere le procedure da seguire internamente nella situazione di crisi.
2.3.1.3 Tempi per l’assunzione della decisione relativa a quale opzione di risanamento adottare
Si prega di descrivere in questa sezione la tempistica necessaria all’adozione della decisione includendo l’indicazione dei tempi e delle modalità con cui l’Autorità di Xxxxxxxxx sarà informata del fatto che gli indicatori hanno superato le soglie di attenzione prestabilite.
2.3.2 Descrizione del funzionamento degli indicatori
Si prega di descrivere in questa sezione le motivazioni degli indicatori adottati indicando le possibili vulnerabilità, debolezze e minacce che gli indicatori (e le soglie stabilite per gli stessi) intendono rilevare con riferimento rispettivamente alla situazione patrimoniale, alla liquidità, alla redditività e al profilo di rischio dell’ente o degli enti inclusi nel piano di risanamento.
[Vanno inclusi tutti gli indicatori rilevanti per l’ente in conformità agli orientamenti EBA in materia di indicatori di risanamento (EBA/GL/2015/02)].
2.4 Coerenza con il risk management framework complessivo
Si prega di descrivere come il piano di risanamento si integri con l’assetto complessivo adottato dall’intermediario per la gestione dei rischi (ad es: con il Risk Appetite Framework). Ciò deve comportare una descrizione degli indicatori rilevanti (early warning signals) cui l’ente o il gruppo fa riferimento nel regolare processo di monitoraggio dei rischi, ove tali indicatori siano considerati utili ad informare il management della circostanza che gli
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indicatori di risanamento potrebbero potenzialmente superare le soglie prestabilite.
3. Analisi strategica
3.1 Descrizione dell’intermediario
Si prega di fornire un quadro generale delle principali caratteristiche dell’intermediario incluso nel piano di risanamento, fornendo almeno:
3.1.1 Descrizione del rischio strategico
Una sintetica descrizione delle vulnerabilità dell’intermediario, senza entrare nel merito del piano strategico complessivo.
3.1.2 Interconnessioni legali
Gli eventuali accordi legalmente vincolanti tra le società di un gruppo (ad esempio accordi per il trasferimento di utili e perdite o qualunque accordo che consenta ad una società del gruppo di esercitare un’influenza dominante sulle altre).
3.2 Opzioni di risanamento
3.2.1 Descrizione delle opzioni di risanamento
Si prega di descrivere sinteticamente le caratteristiche delle opzioni di risanamento identificate dall’intermediario.
Una panoramica delle possibili caratteristiche delle opzioni di risanamento potrebbe essere fornita, ad esempio, attraverso una tabella simile a quella riportata di seguito.
Opzioni di Opzione 1 Opzione 2 Opzione 3 risanamento |
Impatto potenziale sul capitale |
Cambiamenti nella composizione del capitale |
Impatto potenziale sulla liquidità |
Variazioni attese dalla riduzione degli attivi di bilancio |
Ipotesi utilizzate per la valutazione dell’impatto sul capitale e liquidità |
Tempistica prevista per l’impatto |
Elenco sintetico dei |
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rischi legati all’attuazione |
Livello probabile di efficacia dell’opzione per l’intermediario (bassa/media/alta) |
Responsabilità interne |
3.2.2 Azioni necessarie sul capitale e sulla liquidità
Si prega di descrivere le azioni sul capitale e sulla liquidità necessarie a mantenere o ripristinare la sostenibilità economica e la posizione finanziaria dell’ente o degli enti inclusi nel piano di risanamento che hanno lo scopo primario di garantire la redditività delle principali linee di business, e se del caso, delle funzioni essenziali.
3.2.3 Mantenimento e/o ripristino dei fondi propri
Si prega di descrivere le disposizioni e le misure volte a mantenere o ripristinare i fondi propri dell’ente o del gruppo attraverso operazioni esterne di ricapitalizzazione e interventi interni tesi a migliorare la posizione patrimoniale dell’ente o degli enti inclusi nel piano di risanamento.
3.2.4 Accesso al contingency funding
Si prega di descrivere le disposizioni e le misure intese ad assicurare che l’ente o gli enti inclusi nel piano di risanamento abbiano un accesso adeguato a fonti di finanziamento d’emergenza che consentano loro di continuare a svolgere la propria attività e di far fronte agli obblighi che giungono a scadenza. Tali misure comprendono azioni esterne all’ente/gruppo e, se del caso, misure finalizzate a redistribuire la liquidità disponibile all’interno del gruppo.
3.2.5 Riduzione del rischio e della leva finanziaria
Si prega di descrivere le disposizioni e le misure per ridurre il rischio e la leva finanziaria, o per ristrutturare le linee di business, includendo, se del caso, un’analisi degli attivi, delle entità giuridiche o delle linee di business rilevanti che possono essere ceduti.
3.2.6 Ristrutturazione volontaria del debito
Si prega di descrivere le disposizioni e le misure il cui principale obiettivo è conseguire una ristrutturazione delle passività senza che ciò configuri un inadempimento o attivi la risoluzione di contratti, il declassamento o eventi simili.
3.2.7 Valutazione d’impatto
La valutazione d’impatto deve comprendere una valutazione dell’impatto finanziario e operativo che indichi l’impatto atteso in termini di solvibilità,
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Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
liquidità, fonti di finanziamento e operatività dell’ente o degli enti inclusi nel piano di risanamento.
3.2.8 Valutazione dei rischi
Si prega di includere in questa sezione una valutazione del rischio associato a ciascuna opzione e di risanamento, avvalendosi dell’eventuale esperienza acquisita nell’eseguire tale opzione di risanamento o una qualunque altra misura equivalente.
3.2.9 Gli impedimenti sostanziali all’esecuzione del piano di risanamento
Si prega di fornire un’analisi e una descrizione dei possibili impedimenti sostanziali all’esecuzione efficace e tempestiva del piano, nonché una valutazione sul se e come superare tali impedimenti.
3.2.10 Gli impedimenti sostanziali all’attuazione delle opzioni di risanamento
Se del caso, si prega di fornire un’analisi dei potenziali ostacoli all’efficace attuazione di ciascuna opzione di risanamento derivanti dalla struttura del gruppo o da accordi infragruppo (includendo la valutazione sull’esistenza di sostanziali impedimenti operativi o legali ad un tempestivo trasferimento di fondi propri o attività o rimborso di passività all’interno del gruppo).
3.2.11 Soluzioni ai potenziali impedimenti
Si prega di elencare le possibili azioni da intraprendere per superare gli impedimenti di cui ai paragrafi 3.2.9 e 3.2.10.
3.2.12 Valutazione delle tempistiche previste per l’efficace attuazione di ciascuna opzione di risanamento
Si prega di indicare le tempistiche in maniera distinta per ciascuna delle opzioni di risanamento.
3.2.13 Valutazione dell’efficacia delle opzioni di risanamento e dell’adeguatezza degli indicatori alla luce del profilo di rischio dell’intermediario
Si prega di indicare in questa sezione lo scenario di stress inteso come una situazione incentrata sulle principali vulnerabilità identificate per lo specifico intermediario, nella quale le opzioni di risanamento sono attuate secondo quanto previsto nel piano, e che consente di valutare l’ efficacia delle opzioni di risanamento alla luce del profilo di rischio dell’intermediario.
3.3 Indicatori del piano di risanamento (recovery indicators)
Si prega di descrivere, così come indicati nel piano:
- gli indicatori di risanamento relativi alla posizione patrimoniale,
- gli indicatori di risanamento relativi alla posizione di liquidità,
- gli indicatori di risanamento relativi alla redditività,
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
- gli indicatori di risanamento relativi alla qualità degli attivi.
Il piano deve riportare almeno un indicatore, fra quelli elencati nell’allegato II degli orientamenti EBA2 per ognuna delle aree di rischio menzionate sopra. Laddove l’intermediario ritenga che un determinato indicatore dell’elenco EBA non sia coerente con la propria situazione, può sostituirlo con un altro indicatore ritenuto più adeguato3.
L’inserimento di ulteriori indicatori per ognuna delle quattro categorie obbligatorie e l’utilizzo di indicatori “a presunzione relativa” (indicatori basati sul mercato e gli indicatori macroeconomici) sono comunque richiesti qualora ciò sia necessario per assicurare piena coerenza con il modello di business, le caratteristiche dell’intermediario e con quanto rappresentato nel complessivo sistema degli obiettivi di rischio (RAF) e nel processo di valutazione dell’adeguatezza del capitale (ICAAP).
Alle SIM e alle società poste al vertice dei gruppi di SIM non è richiesto l’inserimento nei piani di indicatori di risanamento relativi alla qualità delle attività.
3.4 Scenari di stress finanziario
Si prega di descrivere almeno uno scenario di stress, nel quale l’ente effettui una valutazione di fattibilità sull’efficace realizzazione delle opzioni di risanamento contenute nel piano.
Lo scenario dovrà focalizzarsi sulle principali vulnerabilità che assumono rilievo per l’intermediario (cfr. definizione di scenario al par. 3.2.13).
L’intermediario dovrà indicare ulteriori scenari di stress4, qualora ciò sia necessario, alla luce del suo profilo di rischio, per valutare l’efficacia delle opzioni di risanamento previste dal piano a riequilibrare la situazione patrimoniale e finanziaria .
4. Piano di comunicazione
4.1 Comunicazione interna
Si prega di elencare le azioni necessarie a garantire una comunicazione interna adeguata e tempestiva sulla situazione in cui versa l’intermediario (ad es. scambi di messaggi di posta elettronica, Q&A, riunioni generali) nei confronti:
2 Annex II “EBA GL on recovery plan indicators” (EBA/GL/2015/02).
3 In particolare alle SIM e alle società poste al vertice di gruppi di SIM è rimessa la facoltà di individuare altri indicatori di risanamento relativi alla posizione di liquidità, in linea con il proprio modello di business e coerenti con le analisi formulate in sede ICAAP sul rischio di liquidità.
4 Cfr. “EBA GL on the range of scenarios to be used in recovery plans” (EBA/GL/2014/06).
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo II: Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)
- del personale,
- delle organizzazioni sindacali o di altri rappresentanti del personale.
4.2 Comunicazione esterna
Si prega di elencare le azioni necessarie ad assicurare una comunicazione adeguata e tempestiva sulla situazione in cui versa l’ente nei confronti dell’Autorità di Xxxxxxxxx competente/i.
L’indicazione delle azioni necessarie ad assicurare una comunicazione adeguata e tempestiva sulla situazione in cui versa l’ente nei confronti di altri stakeholders esterni è rimessa all’intermediario in considerazione delle proprie specificità.
5. Azioni preparatorie
Si prega di descrivere le misure necessarie a superare gli impedimenti all’efficace attuazione delle opzioni di risanamento.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza
Capitolo III: Il coordinamento tra le strutture di vigilanza e l’interazione con le altre Funzioni
Capitolo III
Il coordinamento tra le strutture di vigilanza e l’interazione con le altre Funzioni
III.1
(testo omesso)
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza
Capitolo III: Il coordinamento tra le strutture di vigilanza e l’interazione con le altre Funzioni
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo IV: Il coordinamento con le altre Autorità
Capitolo IV
Il coordinamento con le altre Autorità
IV.1 Premessa
Nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, la Banca d’Italia collabora e si coordina con le altre Autorità nazionali che esercitano forme di controllo sugli intermediari e sulle attività del settore finanziario: la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).
Più in generale, l’attività di vigilanza svolta dalla Banca è parte del sistema di regolamentazione e di controllo sul comparto finanziario predisposto dall’ordinamento che implica rapporti istituzionali, oltre che con strutture governative e con l’Autorità Giudiziaria, con altri enti e istituzioni nazionali, tra i quali il Corpo della Guardia di Finanza1 e il Garante per la protezione dei dati personali di cui alla legge sulla “privacy”.
Infine, la Banca d’Italia collabora, anche mediante scambio di informazioni, con le Autorità competenti dell'Unione Europea e degli Stati extracomunitari, al fine di agevolare l’esercizio delle rispettive funzioni.
Nei paragrafi seguenti vengono descritti i tratti salienti dei rapporti intrattenuti con tali Autorità nell’esercizio dei controlli.
IV.2 I rapporti con la CONSOB
Il Testo Unico della Finanza (TUF) ripartisce i poteri di vigilanza nei confronti degli intermediari abilitati alla prestazione di servizi e attività di investimento e di gestione collettiva del risparmio tra la Banca d’Italia e la CONSOB. Nel perseguimento degli obiettivi generali della vigilanza sulle attività disciplinate dal TUF2, la Banca d'Italia è competente per il contenimento del rischio, la stabilità patrimoniale e la sana e prudente gestione degli intermediari; la CONSOB in materia di trasparenza e di correttezza dei comportamenti.
Ciascuna Autorità vigila sull’osservanza delle disposizioni legislative e regolamentari sulla base di tale ripartizione di competenze. Entrambe le Autorità sono tenute a operare in modo coordinato e si danno comunicazione
1 Ai sensi dell’art. 22 della L. 262/2005, nell’esercizio dei poteri di vigilanza informativa e ispettiva, la Banca d'Italia può avvalersi, in relazione alle specifiche finalità degli accertamenti, del Corpo della guardia di finanza. A questo riguardo tra le due Istituzioni è stato siglato, in data 26 luglio 2007, un Protocollo d’intesa che disciplina le forme di reciproca collaborazione.
2 Segnatamente: a) la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario; b) la tutela degli investitori; c) la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario; d) la competitività del sistema finanziario; e) l’osservanza delle disposizioni in materia finanziaria (art. 5, comma 1, TUF).
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo IV: Il coordinamento con le altre Autorità
dei provvedimenti assunti e delle irregolarità rilevate nell’esercizio dell’attività di vigilanza, di cui al “protocollo di intesa” del 31 ottobre 2007.
Detto protocollo disciplina i compiti di ciascuna Autorità e le modalità del loro svolgimento, lo scambio reciproco di informazioni (anche con riferimento alle irregolarità rilevate e ai provvedimenti assunti nell’esercizio dell’attività), i reciproci doveri di collaborazione nel rilascio di provvedimenti autorizzativi nonché in materia di Vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva3. Al riguardo, rilevano le seguenti previsioni:
• in relazione ai compiti demandati alla Banca d’Italia, tra cui quelli connessi con lo svolgimento del processo di revisione e valutazione prudenziale, la CONSOB trasmette alla Banca d’Italia le informazioni in suo possesso che possono incidere in maniera significativa sull’esposizione degli intermediari ai rischi, con particolare riguardo a quelli operativi e di reputazione4;
• le due Autorità espletano i poteri di vigilanza ispettiva per le materie attribuite a ciascuna e si danno tempestiva comunicazione delle ispezioni avviate e del relativo ambito, orientando le metodologie di verifica al perseguimento delle finalità di rispettiva competenza e stabilendo forme di collaborazione ispettiva variamente articolate; profili significativi rientranti nella competenza dell’altra Autorità eventualmente riscontrati in ispezione sono tempestivamente comunicati ad essa (cfr Parte III, Sez. II, Cap. 4);
• la facoltà, attribuita a ciascuna Autorità, di richiedere ispezioni all’altra per le materie di propria competenza va esercitata in tempo utile e definendo compiutamente l’oggetto delle indagini nonché concordando le modalità della collaborazione e le procedure di espletamento delle verifiche secondo criteri di efficienza;
• sono istituiti un “Comitato strategico” e un “Comitato tecnico”; il primo ha ad oggetto l’approfondimento e lo scambio informativo su temi rilevanti per il coordinamento dell’attività di vigilanza, per la definizione degli indirizzi sulle modalità delle comunicazioni conseguenti ad accertamenti e per la risoluzione delle questioni significative connesse con l’applicazione del protocollo; il secondo ha il compito, tra l’altro, di dare attuazione agli indirizzi del Comitato strategico.
3 Cfr. xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx-xxxxx-xxxxxxxx.
4 Simmetricamente, la Banca d’Italia trasmette alla CONSOB – in relazione ai compiti di verifica della trasparenza e della correttezza dei comportamenti - le informazioni in suo possesso che possono incidere in misura significativa sulla valutazione dei comportamenti e delle procedure adottate dagli intermediari per la prestazione dei servizi e attività di investimento; inoltre, le due Autorità si danno tempestiva reciproca comunicazione di atti e provvedimenti assunti nei confronti degli intermediari relativi alla prestazione dei servizi e attività di investimento (ordine di convocazione di organi collegiali o di sospensione di organi amministrativi, provvedimenti restrittivi e ingiuntivi, sospensione/limitazione dell’emissione/rimborso di quote OICR, proposta di amministrazione straordinaria o di liquidazione coatta).
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo IV: Il coordinamento con le altre Autorità
Dal 1° luglio 2012 è entrato in vigore il Protocollo d’intesa (stipulato tra Banca d’Italia e Consob il 21 maggio 2012) per lo scambio di informazioni sulle banche che effettuano offerte al pubblico avente ad oggetto titoli di debito. Il Protocollo è volto a facilitare lo scambio di informazioni tra le due Autorità nell’ambito delle procedure di approvazione da parte della Consob dei prospetti relativi all’offerta pubblica di titoli di debito bancari.
Sulla base del suddetto Protocollo, la Banca d’Italia invia informazioni alla Consob sia di natura quantitativa che di natura qualitativa secondo le “Linee guida operative per le unità di vigilanza” descritte nell’Allegato 1 al presente Capitolo.
Gli analisti tengono conto, nell’ambito del processo di valutazione degli intermediari di competenza, di ogni informazione eventualmente pervenuta dalla CONSOB.
IV.3 I rapporti con l’IVASS
I rapporti di collaborazione istituzionale tra Banca d’Italia e IVASS si articolano lungo tre distinti “filoni tematici”, tra loro correlati:
- scambio di informazioni e coordinamento dell’azione di vigilanza, ove intercorrano tra le società rispettivamente vigilate rapporti di tipo finanziario (prevalentemente partecipativo). Tale cooperazione assume principalmente la forma della consultazione preventiva in concomitanza di alcuni eventi societari (costituzione di un intermediario controllato da parte di un’impresa vigilata dell’altro settore ovvero assunzione di partecipazioni cross-sector rilevanti da parte di un soggetto vigilato)5. Inoltre, le strutture responsabili della vigilanza sugli intermediari bancari e assicurativi facenti parte di conglomerati si scambiano ordinariamente flussi informativi relativi agli assetti proprietari, ai dati sulla situazione tecnico-patrimoniale, ai provvedimenti di vigilanza assunti da ciascuna Autorità nei confronti delle società controllanti o partecipate da intermediari bancari e assicurativi;
- coordinamento delle metodologie relative alla vigilanza supplementare sui conglomerati finanziari. Tale cooperazione si svolge nell’ambito del Tavolo Tecnico Conglomerati, costituito tra Banca d’Italia, CONSOB e IVASS quale luogo di coordinamento e cooperazione per la predisposizione delle azioni necessarie all’esercizio in Italia della vigilanza sui Conglomerati finanziari, a seguito del recepimento, con d. lgs. 142/2005, della Direttiva sui Conglomerati Finanziari. Il Tavolo Tecnico cura: l’identificazione dei conglomerati, gli accordi di coordinamento, i protocolli di intesa, le metodologie di analisi prudenziale nonché le procedure di attuazione del d. lgs. 142/20056, in linea con gli
5 Artt. 15, comma 2, e 19, comma 2, della direttiva 2006/48/CE .
6 Cfr. l’accordo di coordinamento in materia di identificazione e adeguatezza patrimoniale dei conglomerati finanziari e gli aggiornamenti delle liste di conglomerati italiani: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx-xxxxx-xxxxxxxx.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo IV: Il coordinamento con le altre Autorità
orientamenti che maturano a livello europeo nelle sedi della cooperazione internazionale (“Sub-Committee on Financial Conglomerates to the Joint Committee of European Supervisory Authorities”);
- approfondimenti congiunti su tematiche normative o regolamentari che impattano su entrambi i settori, ad es. in materia di aggiornamento dei concetti di bancarietà e finanziarietà7 ovvero di recepimento dei principi contabili IAS-IFRS.
IV.4 I rapporti con la COVIP
Nel disciplinare le forme pensionistiche complementari, il d. lgs. 252/2005 ha sottoposto tutte le forme pensionistiche alla vigilanza della COVIP, la cui attività è finalizzata a perseguire la sana e prudente gestione dei fondi pensione nonché la trasparenza e la correttezza dei comportamenti, avendo riguardo alla tutela degli iscritti e dei beneficiari di tutte le forme pensionistiche complementari e al buon funzionamento del sistema di previdenza complementare8.
Gli scambi di informazioni tra la Banca d’Italia e la COVIP possono avere tipicamente ad oggetto la gestione di forme pensionistiche da parte di banche, SIM o SGR che abbiano:
• stipulato apposite deleghe con fondi pensione negoziali (art. 6, comma 1, del d. lgs. 252/2005);
• istituito fondi pensione aperti. E’ in particolare previsto che l'autorizzazione alla costituzione del fondo venga rilasciata dalla COVIP dopo aver acquisito il parere della Banca d'Italia (art. 12, comma 3, del d. lgs. 252/2005). In questo caso, l’aspetto di maggior rilievo sotto il profilo prudenziale può derivare dall’eventuale garanzia rilasciata dall’intermediario sulla restituzione del capitale e/o sul rendimento offerto.
La collaborazione con la COVIP può altresì riguardare le banche depositarie delle risorse dei fondi pensione (cfr. art. 7 del d. lgs. 252/2005).
IV.5 I rapporti con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
7 Cfr. l’art. 2 D. MEF n. 933 del 27 dicembre 2006.
8 Per effetto del decreto, la COVIP, ferme restando le attribuzioni già svolte sui fondi pensione negoziali, ha ampliato le proprie competenze sui fondi pensione aperti e sulle forme individuali, divenendo titolare di una serie di competenze nuove sulle forme pensionistiche individuali e su alcune categorie di fondi pensioni preesistenti. Vengono infatti assoggettati alla vigilanza della Commissione le forme preesistenti istituite all’interno di enti, società o gruppi creditizi e assicurativi. Inoltre, la COVIP: a) autorizza l'esercizio dell'attività dei fondi pensione e le convenzioni per la gestione delle risorse dei fondi con gli intermediari abilitati; b) approva gli statuti e i regolamenti dei fondi, nonché le relative modifiche; c) valuta l'attuazione dei principi di trasparenza nei rapporti con i partecipanti ai fondi; d) esercita il controllo sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile dei fondi, anche mediante ispezioni.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione I: Obiettivi, metodi e processo valutativo dell’attività di vigilanza Capitolo IV: Il coordinamento con le altre Autorità
In relazione all’assetto delle competenze in materia di tutela della concorrenza e del mercato e alle connesse esigenze di coordinamento, la Banca d'Italia e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) hanno definito, in attuazione della L. 262/05, un accordo di collaborazione, concernente in particolare la definizione di procedure applicative funzionali allo scambio di informazioni9.
In particolare, l’AGCM deve fornire alla Banca d’Italia:
• su richiesta di quest’ultima, le informazioni ritenute utili ai fini della valutazione di operazioni di concentrazione che riguardano banche;
• d’iniziativa, i provvedimenti di avvio e di chiusura di istruttoria relativi a operazioni di concentrazione che abbiano effetti sui mercati bancari.
Dal 22 febbraio 2011 è entrato in vigore il Protocollo d’intesa in materia di tutela dei consumatori; il Protocollo è volto a facilitare lo scambio di informazioni tra le due Autorità per assicurare un’efficace tutela dei consumatori nei rapporti con gli intermediari bancari e finanziari.
(testo omesso)
9 Cfr. xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/XX-XXXX.xxx. Il protocollo individua, tra l’altro, i dati che la Banca d’Italia deve comunicare tempestivamente all’AGCM, su richiesta di quest’ultima, con riferimento alle operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 della legge n. 287/90, che abbiano effetti sui mercati bancari della raccolta e degli impieghi.
Capitolo V
I collegi delle autorità di vigilanza e altri rapporti con le autorità di vigilanza estere
X.0 Xxxxxxxx
La cooperazione con le Autorità di vigilanza estere rappresenta una condizione imprescindibile per lo svolgimento del processo di revisione e valutazione prudenziale sui gruppi meno significativi cross-border; specifica valenza riveste, in tale contesto, il ruolo di responsabile della vigilanza su base consolidata.
In particolare, al fine di accrescere l’efficienza e l’efficacia della supervisione e rafforzare la cooperazione internazionale e lo scambio di informazioni la Direttiva 2013/36/UE (CRD IV) all’articolo 116 prevede espressamente che le autorità di vigilanza su base consolidata debbano istituire collegi delle autorità di vigilanza e garantire un coordinamento e una cooperazione adeguati con le pertinenti autorità di vigilanza dei paesi terzi.
Inoltre, l’articolo 113 della CRD IV prevede espressamente che le diverse autorità di vigilanza facciano tutto quanto in loro potere per pervenire a una decisione congiunta sui requisiti prudenziali specifici dell’intermediario.
A tal riguardo, i seguenti Regolamenti delegati e Regolamenti di esecuzione della Commissione Europea forniscono le informazioni operative per il funzionamento dei collegi delle autorità di vigilanza:
• Regolamento di esecuzione (UE) n. 710/2014 della Commissione, che fornisce informazioni sulle procedure di adozione della decisione congiunta sui requisiti prudenziali specifici dell’intermediario;
• Regolamento delegato (UE) 2016/98 della Commissione, che riporta norme sul funzionamento dei collegi delle autorità di vigilanza;
• Regolamento di esecuzione (UE) 2016/99 della Commissione, che disciplina il funzionamento operativo dei collegi delle autorità di vigilanza;
• Regolamento di esecuzione (UE) 2016/100 della Commissione, che specifica la procedura di adozione della decisione congiunta per quanto riguarda la domanda per l'ottenimento di determinate autorizzazioni prudenziali, con particolare riferimento alla possibilità di utilizzare modelli interni per la determinazione dei requisiti di capitale.
V.2 Attività dei collegi delle autorità di vigilanza
Xxxxx restando gli obblighi e gli adempimenti riportati nei citati regolamenti, la Banca d’Italia può assumere i seguenti ruoli nei collegi delle autorità di vigilanza delle banche meno significative:
1. Autorità home: con compiti di coordinamento e cooperazione tra le autorità facenti parte del collegio. In particolare, in tale ambito, le divisioni di analisi competenti pongono in essere le attività previste negli articoli da 2 a 4 del Regolamento delegato (UE) 2016/98 e negli articoli da 2 a 4 del Regolamento di esecuzione (UE) 2016/99, tra cui rilevano in particolare le seguenti attività:
• definire (ovvero aggiornare) il modulo per la classificazione dei soggetti che fanno parte del collegio, utilizzando il modello riportato nell’Allegato 1 del Regolamento di esecuzione (UE) 2016/99;
• sulla base del modulo sopra citato, identificare le autorità che fanno parte del collegio ovvero quelle che ne sono osservatori, seguendo le indicazioni riportate nell’articolo 3 del Regolamento di esecuzione (UE) 2016/99;
• istituire (ovvero aggiornare) il collegio, invitando i relativi membri ed osservatori1;
• definire (ovvero aggiornare) l’elenco dei contatti;
• definire (ovvero aggiornare) l’accordo scritto di coordinamento e cooperazione del collegio. Questo documento è finalizzato a un’efficiente organizzazione dei lavori del collegio. In particolare, vengono definite le modalità per co-coordinare le attività, preparare le riunioni e definire la pianificazione del collegio. Il Regolamento delegato (UE) 2016/98 e il Regolamento di esecuzione (UE) 2016/99 forniscono indicazioni in merito. Più nello specifico, l’accordo scritto, che l’autorità di vigilanza consolidata predispone in bozza, deve almeno riportare quanto previsto nell’articolo 5 del Regolamento delegato (UE) 2016/98 e seguire il modello rappresentato nell’Allegato 2 del Regolamento di esecuzione (UE) 2016/99;
• assicurare un adeguato scambio di informazioni, in coerenza con l’obbligo – previsto dall’articolo 112(1)(a) della CRD IV – in merito al
1 Ai sensi dell’articolo 3 del Regolamento Delegato (UE) 2016/98, l'autorità di vigilanza su base consolidata invita le seguenti autorità a diventare membri del collegio: a) le autorità competenti responsabili della vigilanza su intermediari che sono filiazioni di un ente impresa madre nell'UE o di una società di partecipazione finanziaria madre nell'UE o ancora di una società di partecipazione finanziaria mista madre nell'UE e le autorità competenti degli Stati membri ospitanti in cui sono stabilite succursali significative, di cui all'articolo 51 della direttiva 2013/36/UE; b) le banche centrali del SEBC degli Stati membri che, in virtù della legislazione nazionale, sono preposte all'esercizio della vigilanza prudenziale sui soggetti giuridici di cui alla lettera a), ma che non sono autorità competenti; c) l'EBA.
coordinamento della raccolta e della diffusione delle informazioni rilevanti o essenziali;
• definire anticipatamente le modalità operative da porre in essere in una situazione di emergenza in coerenza con l’articolo 112(1)(c) della CRD IV, nonché degli articoli da 32 a 37 del Regolamento delegato (UE) 2016/98 e degli articoli da 21 a 24 del Regolamento di esecuzione (UE) 2016/99;
• definire e aggiornare il programma di revisione prudenziale del collegio, così come previsto dagli articoli 16 e 31 del Regolamento Delegato (UE) 2016/98 e sulla base delle procedure previste dagli articoli 11 e 20 del Regolamento di Esecuzione (UE) 2016/99;
2. Autorità host2: in tale veste, l’unità di analisi competente collabora con l’autorità di vigilanza consolidata, ponendo in essere le attività previste dai regolamenti sopra riportati e partecipando alle riunioni. In particolare:
• formula pareri in merito alla classificazione dei soggetti che fanno parte del collegio;
• fornisce riscontro in merito alle proposte dell’autorità di vigilanza consolidata sui membri e gli osservatori del collegio;
• fornisce i propri dati di contatto all’autorità di vigilanza su base consolidata;
• collabora con l’autorità di vigilanza su base consolidata per la definizione (ovvero aggiornamento) dell’accordo scritto di coordinamento e cooperazione del collegio;
• partecipa alle riunioni del collegio;
• assicura un adeguato scambio di informazioni, in coerenza con l’obbligo – previsto dall’articolo 112(1)(a) della CRD IV – in merito al coordinamento della raccolta e della diffusione delle informazioni rilevanti o essenziali;
• collabora con l’autorità di vigilanza consolidata nella definizione anticipata delle modalità operative da porre in essere in una situazione di emergenza in coerenza con l’articolo 112(1)(c) della CRD IV, nonché degli articoli da 32 a 37 del Regolamento delegato (UE) 2016/98 e degli articoli da 21 a 24 del Regolamento di esecuzione (UE) 2016/99;
• fornisce i propri contributi per la definizione e aggiornamento del programma di revisione prudenziale del collegio, così come previsto
2 Le Autorità host sono le autorità, diverse dalle autorità di vigilanza su base consolidata, responsabili della vigilanza sugli intermediari comunitari controllati dall’impresa madre.
dagli articoli 16 e 31 del Regolamento delegato (UE) 2016/98 e sulla base delle procedure previste dagli articoli 11 e 20 del Regolamento di esecuzione (UE) 2016/99.
V.3 Procedure per l’adozione delle decisioni congiunte
In merito alle attività da porre in essere per la definizione di una decisione congiunta sul capitale e sulla liquidità, le autorità facenti parte di un collegio pongono in essere tutte le attività previste dal Regolamento di esecuzione (UE) n. 710/2014 della Commissione. In particolare, l’unità di analisi competente:
• concorda con le altre autorità il calendario per l’adozione della decisione congiunta ai sensi dell’articolo 3 del citato Regolamento;
• predispone la Relazione SREP e la Relazione contenente la valutazione del rischio di liquidità dell’intermediario di competenza. Sulla base di tali relazioni, l’autorità home predispone le bozze di Relazione contente la valutazione del rischio del gruppo e Relazione contenente la valutazione del rischio di liquidità del gruppo. Conformemente all'articolo 113 (2) (a) della CRD IV, la trasmissione alle autorità host della relazione contenente la valutazione del rischio del gruppo determina l'avvio del periodo di quattro mesi per il raggiungimento della decisione congiunta sul capitale. Allo stesso modo, conformemente all'articolo 113 (2) (b) della medesima direttiva CRD IV, la trasmissione alle autorità host della relazione contenente la valutazione del rischio di liquidità del gruppo determina l'avvio del periodo di un mese per il raggiungimento della decisione congiunta sulla liquidità; resta ferma, peraltro, la necessità di adeguare le suddette tempistiche per il raggiungimento delle decisioni congiunte in materia di adeguatezza patrimoniale e di liquidità alle norme tempo per tempo vigenti;
• collabora con le altre autorità per la definizione e il raggiungimento di una decisione congiunta sul capitale e sulla liquidità;
• comunica le dette decisioni congiunte agli organi di amministrazione dell’intermediario di competenza, avviando eventualmente una discussione con tali organi.
Inoltre, l’unità di analisi pone in essere tutte le attività previste in caso di richiesta di autorizzazione all’uso di modelli interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali (Regolamento di esecuzione (UE) 2016/100).
Infine, per quanto attiene alla decisione congiunta sulla valutazione del piano di risanamento di gruppo si rimanda alla Parte Prima, sezione II, capitolo II, paragrafo II.4.3.
V.4 Indicazioni operative
(testo omesso)
V.5 Succursali significative
Ai sensi dell’articolo 51(3) della CRD IV, quando l'articolo 116 della CRD IV non si applica, le autorità competenti (autorità di vigilanza su base consolidata o autorità competente dello Stato membro di origine, di seguito: autorità home) che vigilano su un intermediario avente succursali significative3 in altri stati membri istituiscono e presiedono un collegio delle autorità di vigilanza per facilitare la cooperazione con le altre autorità (autorità competenti ospitanti, di seguito: autorità host). Al riguardo, oltre a quanto previsto direttamente dalla CRD IV, vengono in rilievo i sopra citati Regolamenti delegati (UE) n. 2016/98 e n. 2016/99 della Commissione nonchè gli Orientamenti in materia di vigilanza su succursali significative EBA/GL/2017/144.
In particolare, ai sensi di questi ultimi orientamenti le autorità home e host valutano e determinano congiuntamente se una succursale, ritenuta significativa ai sensi dell’articolo 51 della CRD IV e che svolge funzioni essenziali5 come definite nella direttiva 2014/59/UE (BRRD), sia da considerare come significant-plus (più che significativa) e quindi essere soggetta a vigilanza intensificata ai sensi dei richiamati Orientamenti ABE.
Per individuare una succursale significativa come significant-plus le autorità home e host svolgono il c.d. “test di intensificazione” per verificare che la succursale: i) svolge funzioni essenziali6; ii) è importante per la
3 Gli articoli 51(1) e 158 CRD IV prevedono che una succursale possa essere considerata significativa tenendo conto, in particolare, dei seguenti fattori:
– la sua quota del mercato dei depositi dello Stato comunitario ospitante supera il 2%;
– la sospensione o cessazione delle attività della banca cui la succursale appartiene può incidere sulla liquidità del mercato e sulla funzionalità dei sistemi di pagamento, regolamento e compensazione dello Stato ospitante;
– le dimensioni e l’importanza della succursale, in termini di numero di clienti, nel sistema bancario e finanziario dello Stato ospitante.
4 xxxx://xxx.xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxx-xxx-xxxxxx/xxxxxxxxxxx-xxx-xxxxxxxxxxx-xx- branches/guidelines-on-supervision-of-significant-branches. Le linee guida non si applicano a succursali di banche in “paesi terzi”.
5 Per funzione essenziale si intende: “attività, servizi o operazioni la cui interruzione porterebbe verosimilmente, in uno o più Stati membri, all’interruzione di servizi essenziali per l’economia reale o potrebbe compromettere la stabilità finanziaria a motivo della dimensione, della quota di mercato, delle interconnessioni esterne ed interne, della complessità o delle attività transfrontaliere di un intermediario, con particolare riguardo alla sostituibilità di tali attività, servizi o operazioni”.
6 Le funzioni essenziali devono essere svolte nelle seguenti aree: i) servizi bancari al dettaglio; ii) servizi bancari alle imprese; iii) servizi di pagamento, compensazione, regolamento; iv) servizi di custodia; v) assunzione e concessione di prestiti nel sistema finanziario; vi) investment banking.
banca o per il gruppo oppure la succursale ha un’importanza significativa per la stabilità finanziaria dello Stato membro ospitante7.
Le autorità di vigilanza del paese d’origine e ospitanti concordano il calendario e la procedura per l’esecuzione del “test di intensificazione” e per la preparazione della determinazione comune relativa alla soddisfazione o meno di tale test.
V.5.1 Vigilanza sulle succursali significant-plus
Nel rimandare al contenuto dei citati Orientamenti in materia di vigilanza su succursali significative (EBA/GL/2017/14), per il complesso e le modalità di svolgimento delle attività da eseguire sulle succursali significant-plus, si riportano di seguito, sintetizzati, i principali compiti che devono essere svolti nell’ambito dei collegi dei supervisori con riferimento a tali succursali.
A. Valutazione dei rischi della succursale
Le autorità home devono garantire che la succursale sia oggetto di una valutazione di vigilanza efficace ed efficiente nell’ambito dello SREP della banca o del gruppo di appartenenza.
La valutazione dei rischi della succursale deve includere quanto meno i risultati delle analisi dei seguenti elementi: i) modello di business e strategia; ii) sistemi di governo e controllo; iii) rischi per il capitale, liquidità e funding; iv) il rischio che la succursale rappresenta per il sistema finanziario del paese ospitante; v) il contesto macroeconomico in cui opera la succursale8.
Non essendo previsti documenti ICAAP o ILAAP specifici per la succursale, i processi ICAAP e ILAAP della banca o del gruppo di appartenenza devono considerare debitamente le succursali significant- plus, riportando le loro esposizioni ai rischi, nonché il capitale interno e la liquidità destinati a coprire tali rischi.
Le autorità home e host devono assicurarsi la condivisione tempestiva e sicura, d’iniziativa o a richiesta, di adeguate informazioni relative alla banca, al gruppo e alla succursale.
B. Attività di coordinamento e programma di revisione prudenziale (SEP)
7 Una succursale ha un’importanza significativa per lo Stato membro ospitante quando soddisfa uno dei seguenti criteri: i) la quota di mercato dei depositi è maggiore del 4% del totale depositi dello Stato membro ospitante; ii) il totale delle attività è superiore al 4% del PIL dello Stato membro ospitante; iii) il totale delle attività è superiore al 4% del totale attività dello Stato membro ospitante; iv) la succursale può essere considerata di importanza sistemica per motivi analoghi alle altre istituzioni di importanza sistemica (O- SII).
8 La valutazione dei rischi della succursale va allegata alla valutazione dei rischi o alla relazione SREP della banca o del gruppo di appartenenza.
Le autorità home e host si coordinano nello svolgimento delle attività finalizzate alla valutazione dei rischi della succursale; il coordinamento delle attività avviene nell’ambito del collegio delle autorità di vigilanza e deve risultare nel programma di revisione prudenziale del collegio stesso (SEP).
Durante la stesura del SEP sono definite le attività, comprese le ispezioni, e suddivisi in modo efficace ed efficiente i compiti tra le autorità home e host, evitando duplicazioni di compiti e un utilizzo non ottimale delle risorse e assicurandosi che ciascuna autorità svolga i compiti a essa più adatti.
Attività e ispezioni non originariamente previste nel SEP, ma avviate nel corso dell’anno, sono comunicate tempestivamente da un’autorità all’altra e comportano l’aggiornamento del SEP.
C. Misure di vigilanza
L’autorità di vigilanza home applica alla banca o al gruppo le misure di vigilanza di cui agli artt. 104 e 105 della CRD IV, sulla base dei risultati dello SREP e della valutazione dei rischi della succursale in caso di misure di vigilanza relative a rischi assunti dall’intermediario per il tramite della succursale o a carenze individuate in quest’ultima.
Le autorità home e host si mettono reciprocamente al corrente di eventuali misure macroprudenziali che potrebbero essere rilevanti per la banca o il gruppo ovvero per la succursale significant-plus. L’autorità di vigilanza home valuta se estendere alla banca o al gruppo le misure macroprudenziali applicate alla succursale.
D. Comunicazioni per una succursale significant-plus
Le autorità home e host si adoperano affinché le comunicazioni alla banca o al gruppo riguardanti la succursale siano coerenti; a tal fine è previsto che esse si consultino prima dell’invio di qualsiasi comunicazione formale all’intermediario relativa alla succursale. Inoltre, quando l’autorità host richiede alla succursale informazioni necessarie allo svolgimento dei suoi compiti, informa l’autorità home e si coordina con quest’ultima.
Le autorità home e host devono, quanto meno, organizzare una riunione annuale congiunta con la direzione della succursale; qualora un’autorità non possa partecipare alla riunione è informata dall’altra autorità al fine di condividere le conclusioni della riunione e discutere di eventuali azioni di follow-up.
Le autorità home e host concordano inoltre la forma e la frequenza di riunioni congiunte con la banca o il gruppo nelle quali discutere di questioni specifiche relative alla succursale significant-plus.
La programmazione delle riunioni congiunte con l’intermediario e con la succursale è riportata nel SEP del collegio.
X. Xxxxx e responsabilità delle autorità competenti nella valutazione del piano di risanamento9
Nell’ambito del processo di valutazione del piano di risanamento dell’intermediario l’autorità home consulta l’autorità host per la succursale significativa, conformemente all’art. 6, paragrafo 2 e all’art. 8, paragrafo 1, della Direttiva 2014/59/UE.
L’autorità host fornisce il proprio contributo alla valutazione del piano di risanamento entro il termine stabilito dal collegio; contributo che può essere sotto forma di commenti generali sul piano.
Il contributo dell’autorità host include:
- una valutazione delle modalità con cui l’intermediario ha svolto l’analisi delle funzioni essenziali e delle principali linee di business con riferimento alla succursale significant-plus;
- un parere sulla strategia dell’intermediario e sull’approccio alla succursale significant-plus;
- una descrizione delle principali attività e dei servizi forniti dalla succursale significant-plus;
- un’analisi di come e quando la succursale significant-plus, ai sensi del piano di risanamento, può accedere a operazioni di banca centrale nonché delle attività che possono essere utilizzate come collateral;
- una valutazione della credibilità delle opzioni di risanamento, delle procedure di governance/escalation, degli scenari e degli indicatori relativi alla succursale significant-plus;
- informazioni sui rischi materiali che la succursale significant-plus può porre all’intermediario o agli operatori del mercato locale;
- una valutazione complessiva dell’adeguatezza del livello di copertura del piano di risanamento rispetto alla succursale significant-plus;
- informazioni relative a qualsiasi altra questione rilevante ai fini della valutazione della completezza, qualità e credibilità del piano di risanamento.
L’autorità home prepara la valutazione complessiva del piano di risanamento in conformità con quanto previsto dal regolamento delegato (UE) 2016/1075, tenendo in considerazione le informazioni ricevute dall’autorità host; le autorità home e host si adoperano per garantire che tutte le discussioni, consultazioni e delibere riguardanti la valutazione del piano di risanamento siano effettuate nel pieno rispetto del calendario definito dal collegio dei supervisori.
Nel caso in cui siano individuati impedimenti o carenze significative nel piano di risanamento riferibili alla succursale significant-plus, gli impedimenti e le carenze sono debitamente presi in considerazione nel processo di valutazione del piano di risanamento e nella pertinente
9 Per i criteri generali di valutazione dei piani di risanamento si rimanda alla Parte Prima, Sez. I, Cap. II Par. II.4.3 La valutazione dei piani di risanamento individuali e di gruppo.
decisione congiunta. Qualsiasi comunicazione con l’intermediario o con la succursale rispetto a tali questioni deve essere coordinata tra le autorità competenti nell’ambito del collegio.
V.6 Accordi bilaterali di delega dei poteri di vigilanza sui gruppi
cross-border
Ai sensi dell’articolo 115, paragrafo 2, della CRD IV, le autorità competenti che hanno rilasciato l’autorizzazione a una filiazione di un’impresa madre, che sia una banca o una SIM, possono delegare, con un accordo bilaterale, la propria responsabilità di vigilanza alle autorità competenti che hanno rilasciato l’autorizzazione all’impresa madre ed esercitano la vigilanza su di essa affinché esse si incarichino della vigilanza sulla filiazione10.
Al riguardo, la Banca d’Italia si attiene alla Raccomandazione della BCE del 4 aprile 2017 (Parte due, VI.2)11, che specifica i casi e le modalità del coinvolgimento della BCE nella conclusione dell’accordo bilaterale di delega o di assunzione di compiti in materia di vigilanza.
V.7 Obblighi di cooperazione tra le autorità di vigilanza e verifica delle informazioni riguardanti “entità” di altri Stati membri
Le disposizioni contenute negli articoli 117 e 118 della CRD IV disciplinano, rispettivamente, gli obblighi di cooperazione tra le autorità di vigilanza competenti e la verifica delle informazioni riguardanti “entità” di altri Stati membri12.
Al riguardo, la Banca d’Italia si attiene alla Raccomandazione della BCE del 4 aprile 2017 (Allegato, “Dispositivi di governance e vigilanza prudenziale”)13, che fornisce indicazioni in merito alla verifica, da parte delle autorità nazionali competenti, delle informazioni riguardanti “entita” stabilite
10 Cfr. articolo 69, comma 1, del TUB.
11 Raccomandazione della Banca centrale europea del 4 aprile 2017 relativa a specifiche comuni per l’esercizio di talune opzioni e discrezionalità previste dal diritto dell’Unione da parte delle autorità nazionali competenti in relazione agli enti meno significativi (BCE/2017/10). xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxx/xxxxx/xxx/xxxxx_00000xx0000_xx_xxx.xxx
12 Cfr., inter alia, articolo 7, comma 6, e articoli 54, 68 e 69 del TUB.
13 Cfr. nota 26.
in altri Stati membri nell’ambito degli obblighi di cooperazione di cui agli articoli 117 e 118 della CRD IV14.
14 La raccomandazione rinvia alla Guida della BCE sulle opzioni e sulle discrezionalità previste dal diritto dell’Unione, versione consolidata novembre 2016, Sezione II, Capitolo 11, paragrafo 10: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxx/xxx/xxx/xxx_xxxxx_xxxxxxxxxxxx.xx.xxx
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale Sezione II: Il sistema informativo di vigilanza Capitolo II: Informativa sugli intermediari
SEZIONE II
IL SISTEMA INFORMATIVO DI VIGILANZA
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo I: Metodologie di analisi e valutazione
SEZIONE III
SCHEMI DI ANALISI PER LA VALUTAZIONE DEGLI INTERMEDIARI
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo I: Metodologie di analisi e valutazione
SEZIONE III
SCHEMI DI ANALISI PER LA VALUTAZIONE DEGLI INTERMEDIARI
Capitolo I Metodologie di analisi e valutazione 3
I.1 Logiche sottostanti e sequenza valutativa 3
I.2 Modello di business e redditività 3
I.3 Sistemi di governo e di controllo 4
I.4 Rischio di credito e di controparte 4
I.6 Rischio di tasso d’interesse 5
I.7 Rischi operativi e di reputazione 6
I.8 Adeguatezza patrimoniale 6
Capitolo II Analisi del modello di business e della redditività 8
II.3 Struttura dello schema di analisi 9
Capitolo III I sistemi di governo e di controllo 10
III.1 Obiettivo dell’analisi 10
III.2 Ambito di applicazione 10
III.3 13
Capitolo IV Analisi del rischio di credito e di controparte 15
IV.1 Obiettivo dell’analisi 15
IV.2 Ambito di applicazione 15
IV.3 Struttura dello schema di analisi 15
Capitolo V Analisi del rischio di mercato 17
V.1 Obiettivo dell’analisi 17
V.2 Ambito di applicazione 17
V.3 Struttura dello schema di analisi 17
Capitolo VI Analisi del rischio di tasso di interesse 19
VI.1 Obiettivo dell’analisi 19
VI.2 Ambito di applicazione 19
VI.3 Struttura dello schema di analisi 19
Capitolo VII Analisi dei rischi operativi e di reputazione 21
VII.1 Obiettivo dell’analisi 21
VII.2 Ambito di applicazione 21
VII.3 Struttura dello schema di analisi 21
Capitolo VIII Analisi dell’adeguatezza patrimoniale 23
VIII.1 Obiettivo dell’analisi 23
VIII.2 Ambito di applicazione 23
VIII.3 Struttura dello schema di analisi 24
Capitolo IX Analisi del rischio di liquidità 25
IX.1 Obiettivo dell’analisi 25
IX.2 Ambito di applicazione 26
IX.3 Struttura dello schema di analisi 26
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo I: Metodologie di analisi e valutazione
Capitolo I
Metodologie di analisi e valutazione
I.1 Logiche sottostanti e sequenza valutativa
Il Sistema di Analisi Aziendale è focalizzato sui rischi rilevanti, secondo una logica di valutazione del “rischio netto”, che include anche l’analisi dei corrispondenti presidi organizzativi..
Sono trattate nel capitolo relativo ai “Sistemi di governo e di controllo” le variabili organizzative aventi carattere trasversale rispetto ai rischi: organi con funzione di supervisione, gestione e controllo, macro-assetto organizzativo, funzioni di controllo.
La logica con cui gli schemi di analisi si succedono nella presente Parte della Guida – che orienta la sequenza con la quale analisti e ispettori valutano, di norma, i soggetti vigilati – è la seguente:
- si esaminano, in primo luogo, l’analisi del modello di business e la redditività, e, in secondo luogo, i sistemi di governo e di controllo, tessuto connettivo nel quale vanno a inserirsi le varie tipologie di rischio. La definizione di una strategia adeguata e di un valido assetto macro- organizzativo e di controllo costituisce il primo presidio a fronte del complessivo rischio d’impresa;
- seguono le valutazioni dei rischi aziendali rilevanti che hanno impatti sul capitale (rischio di credito, rischio di mercato, rischio di tasso di interesse e rischio operativo) e la valutazione dell’adeguatezza patrimoniale, presidio complessivo all’insieme dei rischi aziendali;
- conclude l’analisi del profilo di liquidità, volta a valutare la capacità dell’intermediario di fronteggiare i propri impegni di pagamento nel breve e nel medio termine..
Si riassumono di seguito i contenuti salienti degli schemi di analisi, nella loro successione logica.
I.2 Modello di business e redditività
Lo scopo dell’analisi è di valutare la capacità di reddito dell’intermediario (Fase 1) e la sostenibilità del modello di business (Fase 2). La Fase 1, di natura quantitativa, è distinta in due parti volte a evidenziare l’adeguatezza e la stabilità dei flussi reddituali. Sotto il primo aspetto, i flussi vengono valutati in relazione alle diverse esigenze di utilizzo del reddito e al confronto competitivo, con l’ausilio di un modello che si avvale, in linea con le prassi di mercato, di indicatori di redditività corretta per il rischio (RAROC). Riguardo alla stabilità, sono esaminati i fattori che concorrono al livello del reddito, il
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Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo I: Metodologie di analisi e valutazione
contributo fornito dalle diverse aree di operatività e il grado di efficienza operativa.
La Fase 2, di natura prevalentemente qualitativa, è volta ad analizzare il modello di business dell’intermediario e l’esposizione al rischio strategico. L’analisi, fortemente correlata alle dimensioni e alla complessità degli intermediari, è articolata in due fasi:
- la prima ha natura qualitativa e attiene alle modalità di definizione degli obiettivi strategici nonché alla capacità di tradurli in interventi coerenti sulle variabili organizzative e di correzione in presenza di andamenti sfavorevoli;
- la seconda ha carattere prevalentemente quantitativo e riguarda le caratteristiche della strategia di offerta (in particolare per intermediari medio grandi e SGR) e l’andamento delle quote di mercato; particolare attenzione è richiesta con riferimento a strategie di ingresso in nuovi mercati o di offerta di nuovi prodotti.
Il punteggio di profilo viene assegnato integrando il punteggio riferito alla redditività (Fase 1) con la valutazione relativa all’analisi del modello di business (Fase 2).
I.3 Sistemi di governo e di controllo
Lo scopo dell’analisi è di valutare la presenza di rischi derivanti dall’inadeguatezza degli assetti generali di governo, organizzativi e di controllo degli intermediari.
L’analisi ha per oggetto il sistema di governo societario (assetti proprietari, che costituiscono un elemento di indirizzo del percorso; modello di amministrazione e controllo: organi con funzione di supervisione strategica, gestione e controllo, sistemi di remunerazione), l’organizzazione aziendale (macrostruttura, sistemi di programmazione e controllo direzionale, sistemi informatici e tecnologici), il risk appetite framework e le funzioni di controllo (Internal audit, risk management, funzione di conformità).
Il giudizio si fonda sulla valutazione sintetica e ponderata del livello di rischio complessivo, guidata dall’individuazione delle situazioni che tipicamente ricorrono ai diversi gradi di rischiosità.
I.4 Rischio di credito e di controparte
L’analisi del rischio di credito è incentrata sulla misurazione della qualità e della concentrazione del portafoglio prestiti e sulla valutazione dei relativi presidi organizzativi.
La qualità creditizia è esaminata sulla base di indicatori che misurano lo stock e il tasso di generazione dei crediti deteriorati nonché l’impatto delle relative perdite.
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Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo I: Metodologie di analisi e valutazione
L’analisi del grado di concentrazione è guidata dalla verifica del rispetto della normativa sui “grandi rischi” nonché della diversificazione del portafoglio prestiti per affidato e per settori di attività economica.
I prospetti integrativi delle analisi quantitative sono articolati in macro aree di approfondimento (qualità del credito, politica allocativa, capacità allocativa, rischio paese, analisi nominativa del portafoglio crediti) e comprendono altresì informazioni in ordine ai derivati di credito, alle operazioni di cartolarizzazione e al rischio di controparte.
L’analisi degli aspetti organizzativi – la cui valenza, come per gli altri rischi, è strettamente legata alla “robustezza” delle informazioni – è incentrata sulla verifica delle soluzioni adottate dagli intermediari per conseguire obiettivi di efficienza e di efficacia nel comparto.
Con riferimento agli intermediari con “sistemi riconosciuti”, gli approfondimenti sono supportati dalla specifica documentazione richiesta dalla normativa.
I.5 Rischi di mercato
La misurazione dei rischi di mercato, derivanti dall’attività di negoziazione in conto proprio di strumenti finanziari, è basata sul rapporto fra misure di rischiosità differenziate per tipologia di intermediario (p.e. deviazione standard del P&L del portafoglio HFT per le banche e i gruppi bancari) e fondi propri. La fase di approfondimento quantitativo ha per oggetto l’operatività in titoli e derivatie le strategie di posizionamento; essa è graduata in relazione all’operatività dell’intermediario vigilato, definita da una classificazione ad hoc. L’analisi degli aspetti organizzativi è guidata dall’indicazione di fattori qualitativi rilevanti a fini valutativi.
I.6 Rischio di tasso d’interesse
L’apprezzamento del rischio di tasso di interesse sul portafoglio bancario è basato sul calcolo della variazione del valore economico (valore attuale dei futuri flussi di cassa netti) del portafoglio bancario dell’intermediario, indotta dalle oscillazione dei tassi di interesse. Per il calcolo del punteggio automatico è ipotizzato nello scenario base la variazione corrispondente al 1° e al 99° percentile delle variazioni annuali fatte registrare dai tassi di interesse. L’indice di rischiosità, calcolato rapportando l’esposizione così ottenuta ai fondi propri, è confrontato con un sistema di soglie stabilite a livello di sistema. Ai fini dell’assegnazione del punteggio si verifica altresì che l’indice di rischiosità sia contenuto entro il 20% rispetto ad uno shock parallelo dei tassi di interesse pari a ± 200 punti base. I prospetti integrativi simulano variazioni più marcate della struttura dei tassi nonché diverse ipotesi di reattività dei depositi alle variazioni dei tassi di mercato. La valutazione degli aspetti organizzativi rispecchia, fondamentalmente, la congruità delle procedure adottate per la misurazione, la gestione, il controllo di tale forma di rischio;
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I.7 Rischi operativi e di reputazione
Lo scopo dell’analisi è di valutare l’esposizione ai rischi operativi e di reputazione, come definiti dalla normativa prudenziale, nonché la capacità di governare, gestire e controllare tali tipologie di rischi. Concorre alla valutazione l’analisi dei rischi di non conformità (compliance).
La misurazione dei rischi operativi è basata sul confronto fra l’andamento delle perdite indotte da eventi operativi e i volumi di operatività riscontrati nello stesso arco temporale. Il livello di dettaglio per la misurazione dei citati fenomeni dipende dalla tipologia dell’intermediario e dall’approccio adottato per la determinazione del requisito patrimoniale (intermediari BIA, TSA o AMA).
L’esame degli aspetti qualitativi ha ad oggetto, in via generale, il grado di aderenza ai principi di gestione e controllo previsti dalla normativa prudenziale; al ricorrere di determinati presupposti, l’analisi è estesa alla valutazione delle aree di business che tipicamente generano rischi della specie (asset management, servizi di investimento e pagamento, banca depositaria, corporate finance) e dei sistemi informativo, amministrativo- contabile e distributivo.
Il rischio di reputazione viene apprezzato valutando il ricorrere di circostanze (quali, ad es., reclami, esposti, contenziosi) indicative di un possibile deterioramento della reputazione, congiuntamente al verificarsi di effetti negativi (perdite, esborsi, ecc.). La valutazione viene completata esaminando taluni fattori operativi e/o organizzativi (conflitti di interesse, complessità organizzativa, vendita di prodotti strutturati, ecc.) sintomatici di rischi della specie.
Il punteggio di profilo corrisponde a quello assegnato ai rischi operativi – formulato, in misura prevalente, sulla base degli aspetti qualitativi – ed è integrato dalla componente reputazionale, ove questa risulti compromessa.
I.8 Adeguatezza patrimoniale
Il grado di patrimonializzazione, attuale e prospettico, dell’intermediario è valutato in due fasi successive:
- nella prima, viene considerata la capacità di copertura dei coefficienti di capitale imposti con la decisione sul capitale (c.d. TSCR ratio) nonché di di quelli comprensivi delle riserve di capitale applicabili (c.d. OCR ratio). Nella fase di approfondimento quantitativo, il punteggio automatico può essere corretto tenendo conto della composizione dei fondi propri, in termini di qualità.
- nella seconda, si esprime un giudizio sull’adeguatezza del capitale complessivo in relazione a tutti i rischi rilevanti assunti dall’intermediario – anche quelli non inclusi nel primo pilastro – e alle strategie da esso perseguite. Le verifiche prendono spunto dall’auto-valutazione degli intermediari in merito alle loro esigenze di capitale interno, anche in
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Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo I: Metodologie di analisi e valutazione
chiave prospettica, e tengono conto dei meccanismi di mitigazione e controllo dei rischi predisposti.
I.9 Rischio di liquidità
La verifica dell’esposizione al rischio di liquidità mira a valutare la capacità dell’intermediario di fronteggiare i propri impegni di pagamento nel breve termine (un mese) e di mantenere equilibrio tra le fonti di finanziamento e gli impieghi su un più esteso periodo di tempo (un anno per i gruppi bancari e le banche, tre mesi per gli altri intermediari). La valutazione quantitativa è integrata da indicatori finalizzati a cogliere la concentrazione delle fonti di liquidità e la dinamica dei principali aggregati finanziari. La valutazione degli aspetti organizzativi si fonda sulla qualità delle politiche gestionali, sui metodi di rilevazione, sul coinvolgimento delle strutture di controllo.
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Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo II: Analisi del modello di business e della redditività
Capitolo II
Analisi del modello di business e della redditività
II.1 Obiettivo dell’analisi
Lo scopo dell’analisi è di valutare la capacità di reddito dell’intermediario, quale perdurante attitudine a conseguire equilibri economici soddisfacenti, e la sostenibilità del modello di business, con un focus sull’esposizione al rischio strategico1”.
Le scelte strategiche aziendali in termini di attività svolte, rischi assunti, mercati serviti, modalità di finanziamento utilizzate, costituiscono elementi fondanti del processo di formazione del reddito. Per tale ragione la valutazione della sostenibilità del modello di business si basa sull’analisi della redditività: questa ha un potente valore segnaletico, in quanto consente di apprezzare il contributo dei principali comparti operativi nonché l’impatto quantitativo della configurazione dei rischi e delle politiche aziendali.
Se, infatti, elementi di debolezza economica possono deteriorare la situazione patrimoniale, incentivare l’assunzione di rischi eccessivi e ritardare processi di adeguamento organizzativo, risultati favorevoli possono avere origini ambivalenti:
- elevati e improvvisi incrementi del reddito potrebbero sottendere particolari capacità innovative, ma anche sottostime di rischi rilevanti;
- performance economiche superiori a quelle delle aziende concorrenti potrebbero derivare da condizioni interne di efficienza ovvero essere generate da rendite di posizione suscettibili di rapida erosione.
La valutazione, di carattere sia quantitativo che qualitativo, è volta ad apprezzare:
- la redditività dell’intermediario intesa come perdurante attitudine a conseguire equilibri economici soddisfacenti;
- l’adeguatezza del processo di pianificazione strategica e la capacità di reazione a eventuali errori strategici;
- l’esposizione al rischio derivante dalla strategia perseguita.
1 Il rischio strategico è definito dalla normativa prudenziale come “il rischio attuale o prospettico di flessione degli utili o del capitale derivante da cambiamenti del contesto operativo o da decisioni aziendali errate, attuazione inadeguata di decisioni, scarsa reattività a variazioni del contesto competitivo.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo II: Analisi del modello di business e della redditività
II.2 Ambito di applicazione
Lo schema di analisi si applica:
- su base consolidata, ai gruppi bancari e ai gruppi di SIM soggetti a vigilanza consolidata;
- su base individuale, alle SGR e agli intermediari non appartenenti a gruppi, agli IMEL e agli Istituti di pagamento2.
II.3 Struttura dello schema di analisi
L’analisi è articolata in due fasi:
- fase 1 - Analisi della redditività, di natura quantitativa e focalizzata sulla capacità di reddito dell’intermediario;
- fase 2 - Analisi del modello di business, di natura prevalentemente qualitativa, volta ad analizzare il modello di business dell’intermediario e l’esposizione al rischio strategico.
(testo omesso)
2 Per gli IMEL e gli Istituti di pagamento l’analisi è riferita solo all’analisi della redditività.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo III: I sistemi di governo e di controllo
Capitolo III
I sistemi di governo e di controllo
III.1 Obiettivo dell’analisi
Lo scopo dell’analisi è valutare l’adeguatezza degli assetti generali di governo, organizzativi e di controllo degli intermediari. I presidi organizzativi aggiuntivi relativi alle singole tipologie di rischio sono esaminati nei rispettivi capitoli.
I sistemi di governo e controllo degli intermediari condizionano il conseguimento degli obiettivi aziendali, influenzano le performance economiche e patrimoniali e incidono sul rispetto delle condizioni di sana e prudente gestione. Nell’esercizio dell’autonomia imprenditoriale, gli intermediari si dotano di assetti in linea con le disposizioni di vigilanza e confacenti al perseguimento degli obiettivi aziendali. L’individuazione dell’assetto ottimale esula dalle finalità di vigilanza.
Le analisi sono orientate a verificare che le scelte strategiche e gestionali non siano influenzate da:
- meccanismi di governo, compresi i sistemi di remunerazione, non coerenti con le strategie aziendali e inefficaci per la prevenzione dei conflitti di interesse; un’organizzazione inadeguata a garantire i necessari flussi informativi interni, una chiara distribuzione dei compiti fra le diverse strutture organizzative e la coerenza con il contesto operativo1;
- un sistema per l’aggregazione dei dati di rischio inefficace, che non sia in grado di raccogliere ed elaborare dati di granularità sufficiente a consentire l’analisi di ciascuna tipologia di rischio secondo i vari profili rilevanti (linee di business, persone giuridiche, tipi di attività, settori economici, regioni geografiche, ecc.); un apparato di controllo inadeguato e/o inefficace nell’adempiere ai compiti e alle responsabilità ad esso affidati dalla normativa e dalle regole interne.
III.2 Ambito di applicazione
- Nel rispetto della ripartizione di competenze tra la Banca d’Italia e la BCE2, lo schema di analisi si applica: su base consolidata, ai gruppi bancari, ai gruppi finanziari e ai gruppi di SIM3 soggetti a vigilanza consolidata;
1 In questo ambito si dovrà tra l’altro verificare che il sistema di circolazione delle informazioni fra gli organi aziendali e all’interno degli stessi possegga le caratteristiche prescritte dalla normativa. Cfr. Circolare 285, Tit. IV, Cap. I, sez. V e Regolamento Congiunto Banca d’Italia Consob 29 ottobre 2007 e succ. modd. del 9/5/2012, 25/7/2012 e 19/1/2015.
2 In particolare, in applicazione dei criteri di riparto di competenze ed attribuzioni fra Banca d’Italia e BCE stabiliti dalle fonti primarie, si fa presente che – laddove previsto - le disposizioni di vigilanza devono trovare applicazione anche con riferimento agli intermediari significativi.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo III: I sistemi di governo e di controllo
- su base individuale alle banche LSI, agli intermediari finanziari ex art. 106 TUB, alle SGR, alle SIM, agli Istituti di Pagamento e agli IMEL non appartenenti a gruppi nonché alle società fiduciarie, limitatamente alle parti previste dalla normativa di vigilanza4.
Lo schema – limitatamente alla valutazione delle funzioni di controllo – si applica inoltre agli intermediari facenti parte di gruppi che concentrano, anche per conto delle altre componenti, specifici segmenti di operatività o funzioni di controllo a servizio del gruppo.
Struttura dello schema di analisi
La valutazione ha per oggetto:
1. il sistema di governo societario, dato dall’insieme delle relazioni che legano la proprietà, gli amministratori, il management e le altre parti in rapporti economici con l’impresa; in tale ambito si tiene conto:
• della struttura degli assetti proprietari e dell’’influenza che esercitano sulla gestione;
• del modello di amministrazione e controllo che dovrebbe assicurare l’efficienza della gestione e l’efficacia dei controlli;
• dei sistemi di remunerazione.
2. l’organizzazione aziendale, intesa come aggregato di persone e di risorse materiali e immateriali deliberatamente connesse e coordinate, per realizzare, con modalità efficienti ed efficaci, le strategie aziendali; in tale ambito rileva anche l’analisi del sistema di risk data aggregation, come definito in premessa;
3. il Risk Appetite Framework e le funzioni di controllo, che devono garantire la correttezza delle operazioni svolte dall’intermediario, la corretta attuazione del processo di gestione dei rischi, il rispetto dei limiti operativi assegnati alle varie funzioni, la conformità dell’operatività aziendale alle norme, l’individuazione degli andamenti anomali, delle violazioni alle procedure e alla regolamentazione.
Lo schema di analisi, oltre a fornire una sintetica descrizione dell’organizzazione aziendale e dell’assetto delle funzioni di controllo, propone una valutazione integrata delle elencate componenti, incentrata sull’esame delle modalità di esercizio delle funzioni di supervisione strategica, gestione e controllo, nonché dei potenziali fattori di debolezza dell’assetto organizzativo.
3 Ai gruppi di SIM si applica la disciplina prudenziale consolidata prevista dal Regolamento del 24 ottobre 2007 e non quella contenuta nel Regolamento Congiunto Banca d’Italia – Consob del 29 ottobre 2007, che trova applicazione a livello individuale con la sola eccezione delle disposizioni in materia di prassi e politiche di remunerazione e incentivazione.
4 Cfr. Circolare 288, Titolo VII, capitolo 2.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo III: I sistemi di governo e di controllo
In tale ambito, costituisce primario elemento di riferimento la normativa di vigilanza, la cui applicazione è oggetto di verifica nello svolgimento dell’analisi. Alla normativa di vigilanza occorre anche fare riferimento per la declinazione degli obblighi specifici per ciascun intermediario in applicazione del criterio di proporzionalità.
Particolare rilievo assume l’analisi dell’adeguatezza di tutti gli elementi del sistema di governo e controllo atti a garantire:
- Il rispetto della disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche; al riguardo, va tenuto presente che le disposizioni della Circolare 285, Parte Prima, Tit. IV, Cap. I si applicano, nel rispetto del principio di proporzionalità, con modalità appropriate alle caratteristiche, dimensioni e complessità operativa degli intermediari; a tal fine vengono, pertanto, enucleate tre categorie di banche: i) banche di maggiori dimensioni o complessità operativa; ii) banche intermedie; iii) banche di minori dimensioni o complessità operativa. Per ciascuna di queste categorie trova applicazione un insieme differenziato di norme, secondo quanto di volta in volta precisato dalla stessa Circolare 285;
- il rispetto della normativa prudenziale in tema di transazioni con parti correlate e soggetti connessi, ossia, l’allineamento con le disposizioni prudenziali in materia di procedure deliberative, controlli e responsabilità degli organi aziendali per il compimento di operazioni con soggetti collegati5;
- il rispetto delle norme volte a prevenire e gestire i conflitti di interesse tra l’attività di investimento in partecipazioni e la rimanente attività bancaria6;
- il rispetto della normativa in tema di incentivi e remunerazione; al riguardo, va tenuto presente che le disposizioni della Circolare 285 , Tit. IV, Cap. II si applicano, nel rispetto del principio di proporzionalità, con modalità appropriate alle caratteristiche, dimensioni e complessità operativa degli intermediari in modo analogo a quanto sopra riportato per le disposizioni sul governo societario;
- il rispetto della normativa in materia di controlli interni (cfr. Circolare 285, Tit. IV, Cap. 3);
- il rispetto degli obblighi relativi alla stesura dei piani di risanamento7.
5 Si vedano le Sezioni III e IV, del Titolo V, Capitolo 5 della Circolare 263. Per gli intermediari che prestano servizi e attività di investimento e la gestione collettiva del risparmio (non appartenenti a gruppi bancari) la normativa di riferimento è quella contenuta nello IAS 24 e nell’art. 2391 c.c. (che disciplina per tutte le società i doveri informativi degli amministratori portatori di interessi propri o di terzi potenzialmente in conflitto con gli interessi della società). Per gli intermediari quotati rileva il Regolamento Consob n. 17221 del 12.3.2010 (Operazioni con parti correlate), che da attuazione all’art 2391 bis c.c. In materia di servizi di investimento, i conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente o tra clienti al momento della prestazione di qualunque servizio sono disciplinate, in attuazione del TUF, principalmente nel Regolamento Congiunto Banca d’Italia – Consob del 29 ottobre 2007 (Parte 3).
6 Si veda la Parte III, Capitolo 1 della Circolare 285.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo III: I sistemi di governo e di controllo
A mero scopo di orientamento l’analisi a distanza può trarre supporto dall’utilizzo delle check-list dei percorsi di analisi ispettivi (PdA) relativi ai sistemi di governo e controllo presenti nel terzo volume della Guida.
Si richiama inoltre l’attenzione sui seguenti punti:
- le modalità di conduzione dell’analisi sono analoghe sia per i gruppi sia per i singoli intermediari;
- il livello di approfondimento va correlato con le caratteristiche degli intermediari, tenendo conto delle differenze in termini di operatività, complessità, problematicità;
- le valutazioni, improntate al principio di prudenza, devono essere coerenti con le evidenze disponibili, sottoposte a congruo vaglio critico.
(testo omesso)
7 Cfr. Provvedimento n. 193605 del 14.2.2017.
Parte Prima: Principi, obiettivi, metodologia generale
Sezione III: Schemi di analisi per la valutazione degli intermediari Capitolo III: I sistemi di governo e di controllo