Cambio di appalto
La legittimità del patto di prova nel cambio di appalto
Cassazione Civile, Sez. lav., 14 luglio 2017, n. 17528 - Pres. Napoletano - Est. Balestrieri - Serenissima Ristorazione S.p.a. c. B.F.
Lavoro subordinato (nozione, differenze dall’appalto e dal rapporto di lavoro autonomo, distinzioni) - Costituzione del rapporto - Assunzione - Assunzione in prova - Illegittimità del patto di prova
(Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18 comma 7; Legge 28 giugno 2012, n. 92, art. 1 comma 42, lett. b)
Nel caso di cambio di appalto disciplinato dal C.C.N.L. turismo pubblici esercizi, capo XIV protocollo appalti - cambi di gestione è illegittima l'apposizione del patto di prova all'assunzione di personale con funzioni di direzione esecutiva e di elevata professionalità; la disciplina collettiva risulta difatti chiara nel prevedere la possibilità di non assunzione del personale con funzioni di direzione esecutiva, ma che quest’ultimo, una volta decisane l’assunzione, non è soggetto all’effettuazione del periodo di prova (massima non ufficiale).
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conforme
Difforme
Cass., Sez. lav., 1° settembre 2015, n. 17371, sent.
Non sono stati rinvenuti precedenti in termini.
La Corte (omissis).
Svolgimento del processo
Con reclamo depositato il 3 novembre 2014, B.F. impu- gnava la sentenza n. 280/14 del Tribunale di Rovigo con cui venne respinta l’opposizione all’ordinanza del 14 novembre 2013 contenente il rigetto della sua domanda diretta all’annullamento del licenziamento intimatole il 19 febbraio 2013 dalla società Serenissima Ristorazione s. p.a., subentrante in appalto di ristorazione ad altra società (Sodexo s.p.a.), per mancato superamento della prova. Resisteva la società.
Con sentenza depositata il 18 aprile 2015, la Corte d’appello di Venezia accoglieva il reclamo, annul- lando il licenziamento, e per l’effetto condannando la società alla reintegra nel posto di lavoro della B. ed al risarcimento del danno commisurato a dodici men- silità della retribuzione globale di fatto, oltre che al versamento dei contributi previdenziali. Riteneva la Corte illegittimo e comunque indeterminato il patto di prova de quo, illegittimo il relativo licenziamento, ed applicabile, per insussistenza di giusta causa o giustificato motivo soggettivo, la tutela reintegratoria
L. n. 300 del 1970, ex art. 18, comma 6, come novellato dalla L. n. 92 del 2012.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la s.p.a. Serenissima Ristorazione, affidato a tre motivi.
Resiste la B. con controricorso.
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del C.C.N.L. turismo pubblici esercizi, capo XIV protocollo appalti - cambi di gestione.
Lamenta che la sentenza impugnata interpretò erronea- mente la disciplina contrattuale collettiva applicabile al caso di specie, ritenendo che essa imponeva, anche per il personale con funzioni di direzione esecutiva e di elevata professionalità, l’assunzione da parte della società suben- trante senza patto di prova, o in alternativa prevedeva la possibilità di non assumere affatto tale personale.
Il motivo è infondato. Come dedotto dalla stessa ricor- rente, l’art. 349, comma 1 del C.C.N.L. 2003 (art. 335 del
C.C.N.L. 2010), stabilisce: “La gestione subentrante assu- merà tutto il personale addetto, in quanto regolarmente iscritto da almeno 3 mesi sui libri paga e matricola della gestione uscente, riferiti all’unità produttiva interessata, con facoltà di esclusione del personale che svolge funzioni di direzione esecutiva, di coordinamento e controllo del- l’impianto nonché dei lavoratori di concetto e/o degli specializzati provetti con responsabilità di coordinamento tecnico-funzionale nei confronti di altri lavoratori”.
Il C.C.N.L. 2003, art. 352, (C.C.N.L. 2010, art. 338)
prevede: “Le assunzioni saranno effettuate sempre che sussistano le specifiche condizioni previste dalle norme di legge vigenti (nulla osta per l’avviamento al lavoro, libretto sanitario, etc.) ed i rapporti di lavoro così
instaurati si intenderanno “ex novo”, senza l’effettuazione del periodo di prova per il personale ai cui al precedente art. 349, comma 1 (art. 335), per il quale peraltro l’azienda uscente è esonerata dall’obbligo del preavviso di cui agli artt. 176 e 177 (186 e 187) del presente contratto. Qualora tali condizioni non sussistessero, la Gestione subentrante ne darà tempestiva comunicazione agli interessati ed alle organizzazioni sindacali ai fini delle possibili regolarizza- zioni delle posizioni entro il termine di trenta giorni”.
La disciplina collettiva risulta chiara nel prevedere la possibilità di non assunzione del personale con funzioni di direzione esecutiva, ma che quest’ultimo, una volta decisane l’assunzione, non è soggetto all’effettuazione del periodo di prova, considerato il rinvio di carattere generale a tutto il personale di cui al precedente art. 349, comma 1 (art. 335), all’interno del quale non vi sono argomenti per sostenere che per il personale con funzioni direttive sia prevista, in contrasto col tenore letterale dell’art. 352 (poi 338), la possibilità di assunzione in prova.
La tesi della società, secondo cui l’eventuale assun- zione del personale con funzioni di direzione esecu- tiva non trova quindi fonte nella contrattazione collettiva bensì in “fonti diverse” (non meglio speci- ficate), ivi compresa “la contrattazione sindacale ed
individuale”, non può essere seguita. La tesi si fon- derebbe sulla incomprensibile possibilità di non assu- mere ed al contempo di assumere al di fuori della disciplina contrattuale collettiva che regolamenta la fattispecie.
La ricorrente invoca al riguardo un verbale di accordo sindacale, in tesi del 28.1.13, che tuttavia, in contrasto col principio di autosufficienza, la società non produce né riproduce in ricorso, neppure specificandone adeguata- mente il contenuto.
Occorre del resto osservare che la lettera di assunzione prevede un periodo di prova conforme a quanto previsto dal C.C.N.L. per i lavoratori inquadrati nel 3^ livello, richiamando dunque il C.C.N.L.
A ciò deve aggiungersi che questa S.C. ha recente- mente affermato che nel lavoro subordinato, il patto di prova tutela l’interesse di entrambe le parti a sperimen- tarne la convenienza, sicché è illegittimamente stipu- lato ove la suddetta verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le stesse mansioni, ancorché diversa- mente denominate, e per un congruo lasso di tempo, a favore dello stesso datore di lavoro o di un precedente datore di lavoro-appaltatore, titolare del medesimo appalto (Xxxx. 1 settembre 2015 n. 17371).
(omissis).
IL COMMENTO
di Xxxxx Xxxxxxxxx (*)
La Cassazione ritiene che l’assunzione di personale con funzioni di direzione esecutiva nei casi di cambi di appalto disciplinati dal CCNL Turismo - Pubblici Xxxxxxxx non possa avvenire con patto di prova. L’A. sostiene la tesi contraria, innanzitutto in ragione di una lettura integrale delle disposizioni dettate al riguardo dal CCNL. Prende altresì in esame la dinamica tracciata dalle norme contrattuali collettive per i casi di mancata assunzione di taluni dipendenti da parte del nuovo appaltatore per trarre ulteriori elementi di conforto alla tesi sostenuta. Nello scritto si analizza poi il richiamo che la sentenza opera ad un precedente del 2015, evidenziando che si tratta di uno di quei casi in cui la massima non corrisponde precisamente alla motivazione. Da ultimo, l’A. svolge brevi considerazioni sui rapporti tra cambio di appalto e trasferimento di ramo d’azienda e sul ricorso immediato per cassazione di cui all’art. 420 bis c.p.c.
The Court of Cassation considers that the hiring of personnel with executive management functions in cases of changes of contract governed by the CCNL Tourism - Public Exercises can not take place with a trial agreement. The A. supports the contrary view, first of all on the basis of a complete reading of the dispositions dictated in this regard by the CCNL. He also examines the dynamics set by collective clauses for cases of non-employment of certain employees by the new contractor in order toderive additionalelementsofcomforttothethesissupported. Thetextthenanalyzesthereference that the sentence makes to a precedent of 2015, highlighting that it isone of those cases in which the maxim does not correspond precisely to the motivation. Finally, the A. makes brief considerations on the relationship between the change of contract and the transfer of the company and on the immediate contest to cassation regulated by art. 420 bis of the code of civil procedure.
(*) N.d.R.: il presente contributo è stato sottoposto, in forma anonima, al vaglio del Comitato di Valutazione.
La necessità di lettura integrale del Protocollo Appalti
La pronuncia in commento nella sua prima parte riguarda i rapporti tra patto di prova e cambio di appalto nel CCNL Turismo - Pubblici Esercizi (si userà nel presente commento la numerazione degli articoli del CCNL 2010). Essa afferma l’illegit- timità dell’apposizione del patto nel caso di assun- zione di personale già occupato dal precedente appaltatore anche laddove si tratti di dipendenti per i quali il CCNL non preveda il diritto al passaggio alle dipendenze del subentrante.
La decisione si fonda essenzialmente sul richiamo che l’art. 338 fa al “personale di cui al 1° comma del precedente art. 335”; visto che il richiamo è gene-
ralizzato, afferma la S.C., non si possono escludere i soggetti che il nuovo appaltatore ha comunque deciso di assumere, ma che il CCNL gli avrebbe consentito di non assumere (lavoratori per i quali useremo la locuzione utilizzata dalla sentenza di “per- sonale con funzioni di direzione esecutiva”, anche se il CCNL richiama differenti categorie). Conse- guenza di ciò è che in tutti i casi in cui il nuovo appaltatore assuma “vecchi” lavoratori con funzioni di direzione esecutiva non potrà essere legittima- mente apposto al contratto il patto di prova.
Tale perentoria affermazione non pare però convin- cere del tutto.
La lettura delle altre disposizioni del Protocollo Appalti del CCNL sembra consentire infatti rico- struzioni differenti.
Al riguardo merita ricordare che è sanzionato con l’improcedibilità il motivo di ricorso per cassazione che non sia accompagnato dal deposito in forma inte- grale del CCNL su cui il motivo si fondi. Ciò in ragione del fatto che il Collegio per poter interpretare le clausole contrattuali le une per mezzo delle altre deve disporre del testo integrale del contratto collettivo (1). Pertanto l’esame della Corte Regolatrice deve necessariamente investire tutte le clausole contrattuali di interesse, indi- pendentemente da ciò che è stato veicolato alla sua attenzione nel ricorso (2). In questo caso, quindi, l’in- tero impianto normativo del Protocollo Appalti del CCNL avrebbe potuto essere esaminato dal giudice di legittimità (3).
Lavoratori cui si applica la clausola sociale
e lavoratori cui non si applica (artt. 335 e 337 CCNL Turismo - Pubblici Esercizi)
Invero il CCNL differenzia i lavoratori che hanno diritto alla tutela da quelli che tale diritto non hanno.
(1) Cass., SS. UU., 23 settembre 2010, n. 20075, sent., in questa Rivista, 2011, 4, 378, con nota di X. Xxxxxxxx, Il ricorso in cassazione diviene improcedibile se non viene allegato il contratto collettivo a cui si riferisce: “L’art. 369, 2° co., n. 4, c.p.c. nella parte in cui onera il ricorrente (principale o incidentale), a pena di impro- cedibilità del ricorso, di depositare i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, deve interpretarsi nel senso che, allorché il ricorrente impugni, con ricorso immediato per cassazione ai sensi dell’art. 420 bis, 2° co., c.p.c., (disposizione inserita nel codice di rito dal D.Lgs. 2.2.2006, n. 40, art. 18), la sentenza che abbia deciso in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, ovvero denunci, con ricorso ordinario, la violazione o falsa applicazione di norme dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., (nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40/2006, art. 2), il deposito suddetto deve avere ad oggetto, a pena di improcedibilità, non già solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive su cui il ricorso si fonda, ma anche il testo integrale del contratto o accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni.”. Trattasi di principio granitico nella giurisprudenza di legittimità, tra le tante si richiamano: Xxxx., Sez. Lav., 13 aprile 2018, n. 9232, ord.; Cass., Sez. lav., 19 gennaio 2018, n. 1374, sent., in Pluris; Cass., Sez. Lav., 16 novembre 2016, n. 23351, sent., in Pluris; Cass., Sez. lav., 4 marzo 2015, n. 4350, in questa Rivista, 2015, 6, 632. Sull’onere di deposito integrale del CCNL in Cassazione: U. Mor- cavallo, Il ricorso per cassazione, Milano, 2017, 132; P. Curzio, Nomofilachia e autonomia collettiva, in X. Xxxxxxx - P. Curzio -
X. Xxxxxx (a cura di), La Cassazione Civile, Lezioni dei magistrati
della Corte suprema italiana, Bari, 2015, 293. Già prima della appena citata pronuncia delle Sezioni Unite (di cui fu relatore) X. Xxxxxxx, Commento all’art. 360 c.p.c., II, in La Riforma del Giudizio di Cassazione, X. Xxxxxxxx (a cura di), Padova,
2009, 115, sosteneva che se “si estende l’onere di deposito anche a norme contrattuali collettive nazionali che la parte ricor- rente non invoca perché non sono quelle oggetto dell’interpreta- zione diretta, né vengono in rilievo ai fini dell’interpretazione sistematica nei termini in cui la parte ricorrente deduca essere stata fatta erroneamente dai giudici di merito, si deve allora anche predicare la possibilità che la Corte - come nel caso della censura di violazione di legge dove opera il principio jura novit curia - possa spaziare anche nell’ambito delle ulteriori norme contrattuali depo- sitate andando a ricercare elementi testuali altrove rispetto alle norme contrattuali alle quali la parte ricorrente abbia fatto riferi- mento per argomentare la sua censura”.
(2) X. Xxxxxxx, La violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro, in X. Xxxxxxxxxxxx - X. Xxxxxxxxxx (a cura di), Il nuovo giudizio di cassazione, Milano, 2010, 254: “Ciò perché la Cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica ben può cercare all’interno del contratto collettivo ciascuna clausola, anche non oggetto di esame delle parti o del giudice di merito, che comunque ritenga utile all’interpretazione”.
(3) Con il chiarimento, operato già da Xxxx., SS.UU., 23 settem- bre 2010, n. 20075, cit. che “Ove poi la corte ritenga di porre a fondamento della sua decisione una disposizione del contratto o accordo collettivo di livello nazionale depositato dal ricorrente, diversa da quelle sulle quali si fonda il ricorso, procedendo d’ufficio ad un’interpretazione complessiva ex art. 1363 c.c. non ricondu- cibile a quanto dibattuto tra le parti, trova applicazione l’art. 384 c.p.c., comma 3, (nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 12 cit.) per cui la corte riserva la decisione, assegnando con ordinanza al pubblico ministero e alle parti un termine non inferiore a venti e non superiore a sessanta giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla medesima questione”.
I primi sono quelli di cui all’art. 335 (“tutto il perso- nale addetto, in quanto regolarmente iscritto da almeno tre mesi sui libri paga-matricola della Gestione uscente, riferiti all’unità produttiva inte- ressata, con facoltà di esclusione del personale che svolge funzioni di direzione esecutiva”); i secondi quelli di cui all’art. 337.
Il personale che a discrezione del datore può non essere assunto rientra de plano, nell’opinione di chi scrive, nell’art. 337 (4) (“... personale per cui non sussista la garanzia del mantenimento del posto di lavoro ...”).
Se così è l’interpretazione propugnata dalla Corte cade automaticamente, in quanto il richiamo all’art. 335 non comprende il personale che ci occupa.
La lettera dell’art. 337 appare a chi scrive dirimente per concludere in maniera opposta rispetto alla soluzione accolta nella annotata sentenza: i lavoratori con fun- zione di direzione esecutiva rientrano nell’art. 337, e non nell’art. 335; conseguentemente, laddove l’art. 338 richiama l’art. 335 non si sta riferendo ai dipendenti che svolgono funzioni di direzione esecutiva.
Possibilità di altre interpretazioni
del richiamo che l’art. 338 fa all’art. 335
A ciò aggiungasi che, indipendentemente dall’art. 337, la formulazione dell’art. 335 non consente di affermare con assoluta certezza che il richiamo “gene- rale” a tale norma comprenda anche il personale con funzioni di direzione esecutiva.
La norma fissa difatti un obbligo (l’assunzione del personale) prevedendo immediatamente una deroga (la facoltà di esclusione del personale con funzioni di direzione esecutiva).
Il richiamo all’art. 335 viene inteso dalla Cassazione come comprensivo di entrambe le categorie di per- sonale (quello che ha diritto al passaggio e quello che può esserne escluso).
È però sostenibile anche diversa interpretazione: l’art. 335 disciplina il diritto all’assunzione e quindi non riguarda il personale cui tale diritto non viene ricono- sciuto. Il richiamo dell’art. 338 all’art. 335 va inteso come operato al personale per cui la norma prevede il diritto all’assunzione e non certo a quello che la stessa sta escludendo, visto che essa - come detto - richiama determinate categorie di prestatori proprio per lasciarle fuori dal riconoscimento della tutela.
Nel rimando tra le norme contrattuali può essere quindi considerato ricompreso solamente il perso- nale cui il CCNL garantisce l’assunzione (quello con funzioni non di direzione esecutiva).
Ancora, potrebbe sostenersi che il richiamo riguardi il personale effettivamente riassunto, vale a dire sia i dipendenti che hanno diritto al passaggio sia quelli per i quali l’impresa subentrante non si sia avvalsa della facoltà di esclusione (pur potendolo fare).
Tale ipotesi ci obbliga a differenziare il caso in cui il nuovo appaltatore abbia inteso assumere tout court anche il personale con funzioni di direzione esecu- tiva, dal caso in cui, originariamente escluso il per- sonale con funzioni di direzione esecutiva, l’imprenditore subentrante si convinca poi ad effet- tuarne l’assunzione.
Secondo quest’ipotesi esegetica le garanzie previste dal CCNL in punto di esclusione del patto di prova e sugli aspetti retributivi (su cui ci si soffermerà oltre) troverebbero applicazione solo nel primo caso, ma non nel secondo.
È evidente che una simile conclusione può prestarsi a strumentalizzazioni (all’appaltatore subentrate con- verrà affermare al momento del passaggio che non vuole assumere per assumere subito dopo), ma è altret- tanto vero che in questi casi comunque l’imprenditore rischierà di perdere il lavoratore (perché ricollocato dal vecchio datore o perché ha trovato un nuovo impiego). Né si dimentichi che casi in cui la semplice manifestazione delle intenzioni condiziona il regime giuridico applicabile non sono assolutamente scono- sciuti al nostro diritto del lavoro (si pensi in primo luogo a quante procedure di licenziamento collettivo ex art. 24, L. n. 223/1991 sono state aperte, al solo fine di ottenere in favore dei licenziandi l’applicazione della L. n. 223/1991, già sapendo che si volevano effettuare meno di cinque licenziamenti).
Il personale escluso dal passaggio e le dinamiche sindacali
Il più volte richiamato art. 337, stabilisce che “Per il personale per cui non sussista la garanzia del mante- nimento del posto di lavoro, la Gestione subentrante e quella uscente si impegneranno in ogni caso a verificare e ricercare con le Organizzazioni Sindacali ogni possibilità di reimpiego, sempre che sussistano le
(4) Così testualmente la norma contrattuale citata: “Articolo 337 - Cambi di gestione - possibilità di reimpiego. Per il personale per cui non sussista la garanzia del mantenimento del posto di lavoro, la Gestione subentrante e quella uscente si impegneranno
in ogni caso a verificare e ricercare con le Organizzazioni Sindacali ogni possibilità di reimpiego, sempre che sussistano le specifiche condizioni previste dalla normativa di legge vigente per le assunzioni.”.
specifiche condizioni previste dalla normativa di legge vigente per le assunzioni.”.
Tale norma contrattuale dice qualcosa di abbastanza evidente nelle dinamiche sindacali del cambio di appalto ed in generale nell’affrontare problemi occu- pazionali di tal fatta. I lavoratori che non godono della garanzia di riassunzione prevista dal CCNL avranno due interlocutori: il vecchio ed il nuovo appaltatore. Se nei confronti del primo essi hanno tutte le tutele legali connesse al (cessando) rapporto di lavoro subordinato, con il nuovo essi non hanno nessun rapporto giuridico e non possono vantare nei suoi confronti alcun diritto. Ecco quindi che si pre- vede di cercare una soluzione in sede sindacale, il cui principale ed auspicato sbocco sta naturalmente nella assunzione anche di questi soggetti.
Nella sentenza in commento leggiamo che “La ricor- rente invoca al riguardo un verbale di accordo sinda- cale, in tesi del 28.1.13, che tuttavia, in contrasto col principio di autosufficienza, la società non produce né riproduce in ricorso, neppure specificandone ade- guatamente il contenuto.”.
È evidente che l’esistenza di un accordo sindacale cui nel ricorso si faccia riferimento senza rispet- tare il principio di autosufficienza impedisce alla Cassazione di pronunciarsi sullo stesso; tuttavia la decisione della Corte sembra univoca nell’inter- pretazione del CCNL e non pare che l’esistenza dell’accordo sindacale invocato dalla società avrebbe mai potuto cambiare l’esegesi del con- tratto nazionale accolta dal Supremo Collegio.
È però vero, come si diceva, che la contrattazione collettiva ha ben presente che la prima strada per risolvere il problema occupazionale creatosi nel caso di esuberi sull’appalto sia quello dell’incontro tra le parti; è altrettanto evidente, si ripete, che la soluzione che per prima si ricerca sia quella di verificare se vi sia lo spazio per fare sì che anche chi non ha diritto all’assunzione venga comunque assunto dal nuovo appaltatore.
Laddove praticabile è difatti questa la soluzione più naturale, in quanto non altera lo status quo e nor- malmente è la più rispondente agli interessi delle parti. La ricollocazione da parte dell’impresa uscente è spesso complicata e comunque richiede certamente il cambiamento del posto di lavoro, magari anche in luogo geograficamente distante, talché crea
certamente disagio anche al dipendente. D’altro canto, il mantenimento in servizio di chi su quell’ap- palto ha già lavorato ed ha quindi già esperienza specifica può risultare utile per la stessa impresa subentrante e, da ultimo, anche per l’appaltante (ciò non toglie, naturalmente, che vi siano interessi in contrasto con quanto appena descritto, che sono quelli che motivano la scelta del CCNL di escludere il personale direttivo dal diritto al passaggio; le parti sociali hanno verosimilmente voluto tutelare il pre- minente interesse della subentrante di poter collo- care nei posti chiave per la gestione dell’appalto personale di propria fiducia (5)).
Vi è un’altra norma del “protocollo appalti” che ha un certo rilievo in relazione alla problematica che ci occupa.
L’art. 339 fa salvo per alcuni aspetti il trattamento economico maturato presso l’appaltatore uscente (in particolare per gli scatti di anzianità); è quindi evi- dente che i lavoratori “riassorbiti” in virtù della clausola contrattuale comporteranno un costo più elevato per l’impresa subentrante.
In sintesi, la contrattazione nazionale prevede:
1. il diritto di essere assunti per alcune categorie di dipendenti;
2. un tavolo sindacale per i lavoratori esclusi dalla tutela di cui sopra;
3. un costo del lavoro più elevato per i dipendenti che hanno diritto di essere assunti.
L’interpretazione accolta dalla S.C. in sostanza non consente - a parere di chi scrive - la piena operatività del meccanismo previsto dal contratto collettivo. Il Collegio parla della “incomprensibile possibilità di non assumere ed al contempo di assumere al di fuori della disciplina contrattuale collettiva”.
Ma se l’imprenditore subentrante ritiene di non assu- mere il personale verso il quale non ha tale obbligo, potrà essere proprio il tavolo sindacale a fargli cam- biare idea. Se vi è un tavolo sindacale deputato a gestire questo esubero sembra però poi difficile appli- care a tali nuove assunzioni gli automatismi che riguardano quelle cui invece il nuovo appaltatore è obbligato. Soprattutto perché ritenere in toto appli- cabile il meccanismo del cambio di appalto anche a queste nuove assunzioni significa necessariamente applicare anche i meccanismi retributivi di cui si è detto, disincentivando così l’assunzione (6).
(5) In questo senso T.A.R. Puglia Lecce, Sez. II, 18 dicembre 2007, n. 4270, sent., in Pluris.
(6) X. Xxxxxx, Il “subentro” di nuovo appaltatore dopo la “Legge europea” 2015 - 2016, in questa Rivista, 2017, 6, 540, considera un freno alle assunzioni del personale già occupato nell’appalto il
fatto che all’imprenditore subentrante non venga riconosciuto l’esonero contributivo e che per effetto dell’art. 7 del D.Lgs.
n. 23 del 2015 questi sia chiamato a pagare un’indennità più onerosa in caso di licenziamento illegittimo.
L’imprenditore è libero di non assumere; vinco- larlo, nel momento in cui invece decide di farlo, all’intero sistema di garanzie contrattual-collet- tive che presidia l’istituto appare ingiustamente gravoso oltre che, come si diceva, disincentivante e contrario allo stesso interesse dei lavoratori coinvolti.
Ipotizziamo che nel passaggio di cantiere l’imprendi- tore legittimamente decida di escludere i dipendenti con funzioni di direzione esecutiva e che poi avvii una selezione per coprire il posto; qualora il candidato più idoneo fosse proprio il lavoratore precedentemente occupato sull’appalto per l’imprenditore potrebbe essere non conveniente assumerlo, in quanto non potrebbe utilizzare il patto di prova e dovrebbe soste- nere un costo del lavoro maggiore. Paradossalmente la tutela contrattuale potrebbe finire per danneggiare il dipendente già addetto all’appalto.
Non sembra condivisibile quindi affermare che sia “incomprensibile” che chi non sia obbligato ad assu- mere possa decidere di farlo comunque, ma senza applicare le condizioni che il CCNL prevede per coloro per i quali vige l’obbligo di assunzione.
L’interpretazione della Cassazione si fonda, come si accennava sopra, sul rinvio che l’art. 338 fa al primo comma dell’art. 335, ma non sembra dare il giusto peso alla “facoltà di esclusione”, denegando poi la possibilità “di assumere al di fuori della disciplina contrattuale collettiva”, probabilmente così ostaco- lando il funzionamento del meccanismo previsto dal CCNL.
La sentenza in commento pare fornire una soluzione assertiva e sostanzialmente immotivata al caso sopra delineato in cui, una volta manifestata la volontà del subentrante di escludere dal passaggio i lavoratori con funzioni di direzione esecutiva, vicende succes- sive convincano l’imprenditore al riassorbimento anche di questi.
Il richiamo alla sentenza n. 17371/2015 del Supremo Collegio
La sentenza prosegue ribadendo che il patto di prova tutela l’interesse di entrambe le parti del rapporto. Si tratta di affermazione invero più che consolidata nella giurisprudenza di legittimità, che applicata al caso di specie comporta però la pretermissione del- l’eventuale interesse del dipendente all’apposizione del patto; anche se in verità non si può certamente negare che il lavoratore, che può sempre dimettersi
con preavviso, sia certamente meno interessato al patto di prova rispetto al datore di lavoro, che invece in sede di licenziamento incontra i limiti previsti dall’ordinamento.
La pronuncia in commento conclude il ragiona- mento sulla legittima apposizione del patto di prova con il richiamo a Cass., Sez. lav., 1° settembre 2015, n. 17371, sent. (7).
Sul punto bisogna innanzitutto rilevare come la sen- tenza richiami la massima della pronuncia citata, la quale - come talvolta accade - si discosta però signi- ficativamente da quanto affermato in motivazione. Il principio riportato avrebbe difatti avuto carattere assorbente, chiudendo in sostanza ogni discussione: se l’aver avuto un rapporto di lavoro con il precedente appaltatore impedisse al nuovo di utilizzare il patto di prova non vi sarebbe stato bisogno di svolgere alcun ragionamento sulle disposizioni del contratto collettivo.
In realtà la sentenza del 2015 riguarda un caso di cambio di appalto nel medesimo settore di quello di cui alla sentenza in commento, ma con la peculiarità che in quel caso il lavoratore era stato riassunto con mansioni formalmente diverse e con apposizione del patto di prova; l’istruttoria, tuttavia, aveva dimo- strato che non sussisteva differenza tra le mansioni svolte presso i due appaltatori.
La sentenza n. 17371 non si fonda quindi solo sul fatto che vi fosse un pregresso rapporto con altro datore, ma sulla considerazione che il CCNL (il medesimo di cui alla sentenza che ci occupa) obbligasse all’assun- zione senza patto di prova in quanto avvenuta con le medesime mansioni (leggiamo difatti in motiva- zione: “Nel lavoro subordinato il patto di prova tutela entrambe le parti del rapporto, che hanno interesse a verificare la convenienza del rapporto stesso, dovendo ritenersi l’invalidità del patto ove la verifica sia già avvenuta con esito positivo per le mansioni svolte dal lavoratore, per un congruo periodo, a favore dello stesso datore di lavoro (Xxxx. 22 giugno 2012, n. 10440, 29 luglio 2005, n. 15960, 5 maggio 2004, n. 8579), o anche a favore di datore di lavoro- appaltatore, precedente titolare dello stesso con- tratto d’appalto, se così stabilisca il contratto collet- tivo. Né rileva che, nel contratto individuale di lavoro stipulato col datore subentrato nell’appalto le stesse mansioni vengano diversamente denomi- nate. - Nel caso di specie il contratto collettivo di settore poneva l’obbligo, gravante sull’impresa subentrante, di assumere il personale dell’impresa
(7) In Pluris.
cessata nelle stesse mansioni e senza patto di prova. - L’accertamento di eguaglianza effettiva delle man- sioni è riservata al sovrano apprezzamento del giudice di merito, senza che una nuova valutazione delle prove possa essere sollecitata - come fa l’attuale ricorrente -, anche sotto il profilo del vizio di moti- vazione, da questa Corte di legittimità.”).
È interessante notare però che la sentenza del 2015 sembra dare per scontato che in caso di diversità di mansioni il patto di prova sarebbe stato legittimo. Il CCNL parla dei lavoratori riassunti con altre man- sioni dal nuovo appaltatore solo per disciplinarne il trattamento economico, ma non fa riferimento al patto di prova per questa ipotesi (8).
È certamente ragionevole pensare che lo svolgi- mento di altre mansioni giustifichi l’apposizione del patto di prova che invece il CCNL esclude in caso di continuità nei compiti del lavoratore; tuttavia il CCNL non sembra consentire tale esclusione.
Il fatto che la Cassazione appaia implicitamente consentire l’esclusione del patto di prova può essere considerato argomento che rafforza la convinzione di chi non condivida la sentenza in commento: se addi- rittura l’assunzione di personale tutelato dalla clau- sola sociale può essere effettuata con il patto di prova (in caso di cambio mansioni), allora l’asserzione dell’annotata pronuncia per la quale - in sostanza - ogni assunzione di personale già impiegato sull’ap- palto deve avvenire senza prova esce ridimensionata. Ad onor del vero bisogna rappresentare che la sen- tenza del 2015 nel respingere il ricorso della società subentrante non si è pronunciata sulla astratta
legittimità della prova, talché l’argomento appena esposto sconta la debolezza di non fondarsi su un’e- spressa decisione, ma su un implicito presupposto logico.
Brevi considerazioni circa i rapporti tra cambio di appalto e trasferimento di azienda
Pur senza voler entrare funditus nella tematica è probabilmente utile un cenno anche ai rapporti tra cambio di appalto e trasferimento di azienda (9).
Tralasciando le problematiche poste dalla norma più importante al riguardo, vale a dire il terzo comma dell’art. 29, D.Lgs. n. 276/2003 (sostituito nel 2016 dall’art. 30, comma 1, L. n. 122 del 7 luglio), si vuole evidenziare che si tratta di un aspetto di grande importanza nell’ambito di applicazione del CCNL che ci occupa.
Nel settore della ristorazione collettiva il rilievo della questione è difatti acuito dal frequente verificarsi di casi di passaggio di una serie di beni materiali che sono astrattamente idonei ad integrare la fattispecie del trasferimento di ramo di azienda. Si pensi ai casi di mense interne delle fabbriche in cui l’appaltatore svolga la propria opera utilizzando la cucina e la sala mensa dell’appaltante (10).
In casi del genere è assolutamente certa l’inap- ponibilità del patto di prova, visto che il con- tratto continua ope legis ai sensi dell’art. 2112
c.c. Parimenti, diventa superflua ogni considera- zione in punto di anzianità da riconoscere al lavoratore.
(8) L’art. 339, comma 3, prevede che “Al personale assunto con mansioni diverse da quelle svolte presso la precedente Gestione sarà comunque garantito il trattamento economico pre- visto dal Contratto Nazionale di Lavoro di categoria e dalla relativa contrattazione integrativa salariale. Tale trattamento, se pur arti- colato sotto diverse voci, sarà globalmente pari a quello percepito per la qualifica ricoperta presso la precedente gestione. In ogni caso tale trattamento non potrà, per la parte eccedente le voci contrattuali relative alla nuova qualifica, essere riassorbito se non in occasione di successivi passaggi di livello, o in virtù di specifici accordi fra le parti.”.
(9) X. Xxxxxxxx, Trasferimenti o subentri negli appalti e affida- menti delle società a controllo pubblico, in questa Rivista, 2018, 1, 17: “Pertanto si ha “subentro” in mancanza di trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c., se ed in quanto la subentrante svolga la stessa o simile attività ma senza che a tal fine sia trasferita un’”azienda”. I lavoratori dell’impresa cessante non possono fruire del passaggio con continuità previsto dall’art. 2112 c.c., ma, in base alla “clausola sociale” da contratto collettivo, frui- scono del diritto ad essere assunti dalla subentrante.”. In argo- mento si vedano anche: X. Xxxxxxx, Contributo allo studio della fattispecie del ramo di azienda (art. 2112, comma 5, cod. civ.), in Arg. dir. lav., 2018, 2, 388; X. Xxxxxxxx, L’inestricabile intreccio tra “subentro” in appalto e trasferimento d’azienda: il nuovo comma 3 dell’art. 29 del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, in Arg. dir. lav., 2018, 1, 280; X. Xxxxxxxx, La successione dell’appalto tra
licenziamento applicabile e trasferimento d’azienda, in Giur. it., 2017, 5, 1170; L. A. Cosattini, Cambio appalto e trasferimento d’azienda: un intervento normativo poco meditato, in questa Rivista, 2016, 11, 953; X. Xxxxx, Successione di appalti e tutela dei lavoratori, in Arg. dir. lav., 2016, 3, 636.
(10) Basti ricordare al riguardo Xxxxx xxxxxxxxx XX Xxx. XX, 00 novembre 2003, causa C-340/01, Xxxxx e altri v. Sodexho MM Catering Gesellschaft mbH, in questa Rivista 2004, 27, con nota di
X. Xxxxxx, Trasferimento d’azienda e appalti tra corte comunitaria e legislatore nazionale: “L’art. 1 della direttiva del Consiglio 77/ 187/CEE del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei Lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, va interpretato nel senso che quest’ultima si applica alla situazione in cui un committente, che aveva affidato con un contratto la completa gestione della risto- razione collettiva di un ospedale ad un primo imprenditore, pone fine a tale contratto e conclude, per l’esecuzione della stessa prestazione, un nuovo contratto con un secondo imprenditore, quando il secondo imprenditore utilizza rilevanti elementi patri- moniali materiali di cui si è servito precedentemente il primo imprenditore e messi a loro disposizione in successione dal com- mittente, anche se il secondo imprenditore abbia manifestato l’intenzione di non riassumere i dipendenti del primo imprenditore.”.
Soprattutto, in questi casi gli effetti forse più impor- tanti si verificano nel caso in cui il cambio di appalto avvenga senza clausola sociale (che quindi non sia imposta dall’appaltante, né risulti dal CCNL); in dette ipotesi, difatti, l’applicazione dell’art. 2112
x.x. xxxxxxxx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxx xxx xxx- xxxxx xx xxxxxx. Ciò accade anche in caso di reinter- nalizzazione (11), con la conseguenza - non sempre adeguatamente considerata dall’imprenditore appal- tante - che alla cessazione del contratto di appalto i lavoratori transiteranno alle dipendenze dell’appal- tante stesso (12). Questi sarà anche obbligato in solido per i crediti dei dipendenti, ed in primis del- l’intero TFR, responsabilità spesso non preveduta al momento in cui si è deciso di appaltare l’esecuzione del servizio (13).
Art. 420 bis, sentenze sull’interpretazione del CCNL e sul merito e nomofilachia “accelerata”
La sentenza in commento dà anche l’occasione per qualche breve riflessione sull’art. 420 bis c.p.c. (14), una delle norme dettate negli ultimi anni in funzione di rafforzamento della funzione nomofilattica della Cassazione e che pare trovare scarsa applicazione nei nostri Tribunali.
Nella fattispecie che ci occupa è probabile che la causa sia stata decisa in primo grado senza istrutto- ria, talché trova applicazione il principio per il quale “La sentenza emessa nel procedimento di accerta- mento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed inter- pretazione dei contratti ed accordi collettivi
nazionali ai sensi dell’art. 420 bis c.p.c. non è suscet- tibile a pena di inammissibilità, di ricorso per cassa- zione ove sia stato deciso anche il merito della domanda, atteso che detta norma, in quanto ha introdotto un’eccezione alla regola generale in ordine alle sentenze ricorribili al fine di assicurare un’interpretazione almeno tendenzialmente omo- genea delle clausole dei contratti collettivi, non può tollerare di essere interpretata analogicamente o estensivamente.” (15) (16).
Se così fosse, quindi, nessun dubbio circa il fatto che il procedimento abbia seguito il corretto iter proces- suale (reclamo avverso la sentenza di opposizione e successivo ricorso in cassazione).
Ciò che si vuole rilevare è che il legislatore ha disegnato un percorso acceleratorio (17) per arrivare alla pronuncia di legittimità in tempi quanto più rapidi possibile, e ciò in sintonia con l’interesse di una pluralità di soggetti a conoscere il modo in cui correttamente debba essere interpretato il CCNL. In un caso quale quello che ci occupa, però, il fatto che la causa in primo grado vada più spedita -non richiedendo in sostanza attività istruttoria ed essendo questione di puro diritto - finisce con l’avere il con- trario effetto di impedire la pronuncia immediata della Corte Regolatrice.
Per completezza si rappresenta comunque che nel caso che ci occupa il problema di cui sopra è enormemente attenuato dalla velocità del rito Fornero (il procedi- mento di reclamo risulta essere stato definito in meno di sei mesi), ma ciò non toglie che secondo l’opinione di chi scrive l’attuale sistema presenta delle contrad- dizioni: è prevista una modalità accelerata di
(11) Xxxx., Sez. lav., 15 marzo 2017, n. 6770, in Foro it., 2017, 5, 1, 1595: “In caso di cessazione del contratto di appalto di un servizio, che torni in gestione diretta all’imprenditore già commit- tente, è configurabile un trasferimento d’azienda quando la vicenda giuridica nel suo complesso comporti un passaggio di beni di non trascurabile entità, tale da rendere possibile lo svolgi- mento di quella specifica impresa.”.
(12) Trib. Milano (est. Tomasi), 23 giugno 2017, in Pluris: “Pertanto, anche in ipotesi di successione di un imprenditore ad un altro nell’appalto di un servizio, o di reinternalizzazione, da parte del committente, di un servizio precedentemente oggetto di appalto, dunque, l’elemento discriminante per ricondurre la vicenda negoziale alla fattispecie disciplinata dall’art. 2112 c.c. consiste nel fatto che vi sia stato un passaggio anche di beni di non trascurabile entità, che devono essere trasferiti non nella loro autonoma individualità, ma nella loro funzione unitaria e strumen- tale in quanto destinati all’esercizio dell’impresa” (cfr., e pluribus, Cass. n. 16641/12; Cass. 19 agosto 2009, n. 18385; Cass. 6 giugno 2007, n. 13270; Cass. 12 luglio 2002, n. 10193; Cass. 17 ottobre 2005, n. 20012), oppure che vi sia stato anche solo il passaggio di un gruppo di dipendenti stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, la cui autonoma capacità operativa sia assicurata dal fatto di essere dotati di un particolare knowhow (Cass. n. 24972/16, cit. e i precedenti ivi richiamati, nonché Cass. n. 6770/2017).
(13) X. Xxxxxxxx, Decadenza e posizione del lavoratore, Napoli, 2018, 133, svolge interessanti considerazioni sulla responsabilità solidale dell’appaltante ed in particolare sui rapporti con le deca- denze in cui può incorrere il lavoratore.
(14) Sull’art. 420 bis c.p.c. si vedano: X. Xxxxxxxxxx, Il ricorso per cassazione, cit., 90; X. Xxxxxxx, La Corte di Cassazione ed il precedente, cit., 59; G. F. Xxxxx, Il giudizio civile di cassazione, Torino, 2013, 75; X. Xxxxxxxx Xxxxxx, Commento all’art. 000 xxx x.x.x. - 000 xxx disp. att. c.p.c., in La Riforma del Giudizio di Cassazione, cit., 463.
(15) Cass., Sez. lav., 24 settembre 2010, n. 20238, sent., in
Pluris.
(16) Xxxx., Sez. lav., 25 giugno 2014, n. 14356, sent., in Pluris ha chiarito che “Nel pronunciare sentenza ai sensi dell’art. 420 bis cod. proc. civ., il giudice di primo grado può risolvere questioni preliminari, di rito o di merito, al solo scopo di verificare e motivare la rilevanza della questione interpretativa, che è la sola che deve essere esaminata e decisa a cognizione piena e con idoneità alla formazione del giudicato.”.
(17) X. Xxxxxxx, La Corte di Cassazione ed il precedente, cit., 59, rileva che una delle finalità della norma “è quella di accelerare i tempi della causa, in sintonia con l’esigenza costituzionale della ragionevole durata del processo, perché una questione pregiudi- ziale e - si ripete - controvertibile, viene decisa anticipatamente omisso medio, e quindi rapidamente, dalla Corte di cassazione”.
pronunciadella Cassazionecheperòviene limitata per il fatto che insieme alla questione interpretativa venga deciso anche il merito della causa di primo grado, magari anche solo perché il Tribunale abbia procra- stinato la pronuncia sull’interpretazione, emettendola in sede di decisione di merito.
Conclusioni
Tornando al cuore della questione in commento, si ritiene che non sia corretto affermare che nel
settore del Turismo - Pubblici Esercizi in ogni caso di assunzione di lavoratori con funzioni di direzione esecutiva debba essere esclusa la legitti- mità del patto di prova; esso, invece, sarà legitti- mamente apposto nei casi in cui il datore abbia inteso escludere questi lavoratori dal passaggio di cantiere e successivamente (rischiando anche magari che gli stessi siano stati ricollocati dal vecchio appaltatore) si convinca invece a proce- dere all’assunzione, magari anche a seguito di trattative sindacali.