COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia (MI) SANTONI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) XXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(MI) XXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 15/09/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
In data 24 gennaio 2012, il ricorrente sottoscriveva con l’intermediario un contratto di finanziamento finalizzato al pagamento di un corso di “Hostess professionale” (comprensivo dei corsi di lingua inglese, tedesca, ECDL, psicologia, tecnica turistica ed amministrativa), di cui avrebbe fruito la moglie, della durata di 36 mesi a partire da febbraio 2012. Il suddetto contratto prevedeva l’erogazione di una somma di Euro 4.776,75, comprensivo di oneri e costi di finanziamento (di cui la somma di Euro 4.700,00 costituiva l’importo dell’intero corso) da restituirsi in 40 rate mensili dell’importo di Euro 117,50 con sottoscrizione della madre del ricorrente in qualità di garante/coobbligata.
Due anni dopo l’inizio del corso, nel febbraio 2014, la società organizzatrice dello stesso veniva dichiarata fallita, così come attestato da visura camerale, e conseguentemente interrompeva l’erogazione del servizio dedotto in contratto.
Pertanto, in data 11 luglio 2014, il ricorrente presentava, tramite proprio legale, reclamo all’intermediario convenuto. Xxxxxxxxx, infatti, che il contratto di finanziamento stipulato in occasione di un diverso contratto, allo scopo di dilazionare il pagamento, doveva essere considerato legato ad esso e ne seguiva le sorti; di conseguenza, l’invalidità o la risoluzione del contratto principale coinvolgeva anche il contratto accessorio per
estensione del principio di cui all’art. 1460 c.c. Poiché l’intervenuto fallimento della società fornitrice del corso rendeva impossibile alla moglie del ricorrente ottenere la formazione pattuita, il ricorrente rilevava l’estinzione dell’obbligazione nei confronti della società fallita e, in conseguenza di ciò, l’estinzione dell’obbligazione nei confronti dell’intermediario per impossibilità sopravvenuta della prestazione, per causa imputabile al creditore, nonché la risoluzione del contratto di finanziamento ai sensi e per gli effetti dell’art. 1256 c.c., nonché dell’art 125-quinquies del TUB.
A conclusione del reclamo, quindi, diffidava la parte convenuta dal recupero coattivo del restante credito intimando l’immediata sospensione del contratto e, inoltre, chiedeva il rimborso delle 26 rate già versate, riservandosi il diritto di agire anche nei confronti del fallimento per il risarcimento del danno.
In data 4 settembre 2014, l’intermediario rispondeva al reclamo obiettando di trovarsi nella vicenda verificatasi in posizione di terzietà e che il rischio del fallimento era ad esclusivo carico del consumatore, il quale era comunque libero di insinuarsi nella procedura fallimentare. Per tali motivi, respingeva le richieste formulate dal ricorrente.
Con ricorso protocollato in data 12 novembre 2014, il ricorrente si rivolgeva all’ABF riportando quanto già esposto in sede di reclamo e chiedendo che il Collegio si pronunciasse intimando all’intermediario di xxxxxxxsi dal recupero del credito residuo nonché si esprimesse a favore della richiesta di rimborso della somma di Euro 3.084,75, già versata dal ricorrente con le 26 rate mensili, più le spese legali della procedura.
L’intermediario presentava le proprie controdeduzioni. Sollevava, innanzitutto, una questione preliminare di rito, evidenziando che, poiché era in atto una procedura fallimentare alla quale era verosimile ipotizzare una partecipazione della parte ricorrente, le disposizioni della Banca d’Italia sui “sistemi stragiudiziali di risoluzione delle controversie” prescrivevano che non era possibile proporre ricorsi inerenti a controversie già sottoposte al vaglio dell’autorità giudiziaria (sez. I, par.4) ed inoltre, se il ricorrente avesse ottenuto le somme dal fallimento, un ulteriore rimborso da parte dell’intermediario avrebbe costituito un arricchimento ingiustificato e un danno per quest’ultimo.
Nel merito della questione eccepiva, in via preliminare, che la comunicazione inviata dal ricorrente in data 11 luglio 2014 , non presentava i requisiti necessari per essere considerata una comunicazione di “messa in mora”. Infatti, ricordava che l’art. 125- quinquies del T.U.B. stabilisce che nei contratti di credito collegati, in caso d’inadempimento da parte del fornitore di beni e servizi, il consumatore “dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni e servizi ricorrono le condizioni di cui all’art. 1455 del codice civile”. Secondo l’intermediario tali requisiti non erano stati soddisfatti in quanto il ricorrente non aveva dato indicazione di un termine per adempiere al curatore fallimentare, né questi aveva opposto alcun diniego e, pertanto, non vi era prova che la “messa in mora”, fatto indispensabile per la risoluzione del contratto, fosse precedentemente avvenuta.
Inoltre, osservava che, ai sensi dell’art. 1455 c.c., il contratto non si può risolvere se
l’inadempimento è di scarsa importanza avuto riguardo all’interesse della parte. Nel caso del ricorrente, l’inadempimento riguardava solamente una parte residuale del corso e, pertanto, non si poteva ritenere soddisfatto il requisito della gravità richiesto dall’articolo sopramenzionato.
Infine, sosteneva che, non appena avuto notizia del fallimento, l’intermediario aveva provveduto ad estinguere il finanziamento, liberando così il ricorrente dal pagare le rate successive alla dichiarazione di fallimento; per questo motivo, la richiesta doveva essere considerata ingiustificata.
A conclusione delle proprie controdeduzioni, l’intermediario chiedeva, in via principale, che il Collegio dichiarasse il ricorso improcedibile; in via subordinata, qualora il Collegio avesse ritenuto il ricorso intrapreso procedibile, di rigettarlo nel merito o, in ragione dell’avvenuta estinzione, dichiarare cessata la materia del contendere.
DIRITTO
La vicenda posta all’attenzione di questo Collegio riguarda gli effetti dell’inadempimento da parte del fornitore di un servizio, quando sia stato contestualmente stipulato un contratto di finanziamento tra il ricorrente e l’intermediario convenuto finalizzato al pagamento dell’erogazione del servizio medesimo.
Prima di entrare nel merito della questione, il Collegio deve affrontare la questione di rito eccepita dall’intermediario nelle sue controdeduzioni. In proposito si rileva che poiché non risultano evidenze a conferma che la medesima controversia sia stata sottoposta all’attenzione dell’Autorità Giudiziaria Fallimentare, l’eccezione di parte resistente si fonda su un’illazione e, quindi, deve essere respinta e il ricorso considerato procedibile.
Venendo al merito del caso concreto, il Collegio ricorda, innanzitutto, il noto dettato dell’art 25-quinquies del T.U.B. ai sensi del quale “nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore di beni o servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi, ricorrono le condizioni di cui all’art. 1455 del codice civile (co.1). La risoluzione del contratto di credito comporta l’obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l’obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l’importo che sia stato già versato al fornitore di beni o servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso (co. 2).”, nonché l’art. 42 del Codice del Consumo secondo cui “nei casi d’inadempimento del fornitore di beni e servizi, il consumatore che abbia effettuato inutilmente la messa in mora ha diritto di agire contro il finanziatore nei limiti del credito concesso, a condizione che vi sia un accordo che attribuisce al finanziatore l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore”.
Innanzitutto, l’intermediario contesta la mancata soddisfazione dei requisiti richiesti dall’art.
125-quinquies riguardo la necessaria preventiva messa in mora del fornitore. A tal proposito, il Collegio ritiene che la missiva inviata sia all’intermediario quale reclamo, sia alla società fornitrice, possa essere considerata idonea a costituire in mora il fallito: pertanto, l’eccezione sollevata dall’intermediario viene respinta.
In secondo luogo, l’intermediario obietta anche la carenza del requisito della gravità dell’inadempimento di cui all’art. 1455 c.c., in quanto la moglie del ricorrente non ha potuto usufruire solamente di una parte residuale del corso oggetto del contratto con il fornitore. In relazione a ciò, il Collegio ritiene che, poiché il corso in obbligazione era finalizzato all’acquisizione di una formazione professionale con relativo rilascio di un “attestato- diploma”, essa consistesse in un’obbligazione di risultato e, pertanto, il mancato ottenimento di detto diploma rende l’inadempimento del fornitore grave e rilevante, con la conseguenza che il contratto di finanziamento deve essere risolto e l’intermediario convenuto è tenuto a rimborsare al ricorrente l’importo delle 26 rate già pagate, nella somma richiesta di euro 3.084,75.
In relazione alla domanda della parte ricorrente d’intimare l’intermediario dal non procedere al recupero coattivo del restante credito, invece, il Collegio rileva che quest’ultimo ha fornito prova di aver estinto il contratto di finanziamento in data 3 febbraio
2015, liberando così il ricorrente dall’obbligo di pagare le rate rimaste impagate successivamente alla dichiarazione di fallimento della società fornitrice del servizio. Si ritiene, pertanto, che ciò soddisfi completamente la richiesta della parte istante.
Infine, per quanto attiene alla refusione delle spese legali, anche questo Collegio evidenzia che le “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” non contemplano nulla al riguardo, in conformità al fatto che la procedura di fronte all’ABF può essere instaurata anche senza il ministero di un difensore, ma direttamente dal ricorrente. Tuttavia, nel caso in cui venga dimostrato che la parte ricorrente si sia avvalsa, durante tutto l’iter procedimentale, dell’ausilio di un legale, sopportandone il relativo costo, quest’ultimo può essere preso in considerazione se l’accoglimento del ricorso si concluda con l’accertamento di un diritto risarcitorio, di cui la spesa legale non costituisca una voce autonoma, bensì la componente del più ampio pregiudizio patito dal ricorrente. Nel caso in esame, nessuna somma a titolo di risarcimento è stata accordata al ricorrente e, pertanto, le spese legali dallo stesso sostenute, devono considerarsi a suo esclusivo carico.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio in parziale accoglimento del ricorso dispone che l’intermediario rimborsi al ricorrente le somme versate sino alla dichiarazione di fallimento del fornitore.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1