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Locazioni ad uso non abitativo
Locazioni ad uso non abitativo
Ottobre 2022
Il presente volume è stato realizzato nell’ambito della Convenzione tra la Camera di commercio industria e artigianato di Torino e il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino.
Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione a terzi.
Coordinamento editoriale: Settore Regolazione del Mercato, Camera di commercio di Torino
Indice
Capitolo primo
Il contratto di locazione ad uso non abitativo 4
1.1 Definizione di contratto di locazione 4
1.3. Le ipotesi di locazione ad uso non abitativo 6
1.4. Durata del rapporto di locazione 8
1.4.3. Rinnovo automatico del contratto e disdetta 10
1.4.2. Recesso del conduttore 11
1.5. Forma e registrazione del contratto 13
1.6. La determinazione del canone 14
1.7. Indennità per perdita dell’avviamento commerciale 15
1.8 Successione nel contratto di locazione ad uso non abitativo 17
Diritti e obblighi del conduttore e del locatore 19
2.1 Gli obblighi del locatore 19
2.1.1 La consegna in buono stato di manutenzione 19
2.1.2. Manutenzione dell’immobile 21
2.1.3. Garanzia del godimento pacifico dell’immobile 22
2.2 Gli obblighi del conduttore 22
2.2.1. Utilizzo diligente dell’immobile 23
2.2.8 Restituzione dell’immobile 28
2.3 Il mancato rispetto degli obblighi contrattuali: la risoluzione del contratto per inadempimento 29
2.4 Sublocazione e cessione del contratto 30
2.5. Vendita dell’immobile locato 33
2.6. Il diritto di prelazione 33
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Capitolo I
Il contratto di locazione ad uso non abitativo
1.1 Definizione di contratto di locazione
La locazione è un contratto con il quale una parte si obbliga a lasciar godere all’altra
una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo1.
Con la locazione si realizza dunque uno scambio tra la messa a disposizione di un bene per un periodo di tempo ed un corrispettivo, che di solito prende la forma di canone periodico.
La locazione può avere ad oggetto tanto beni mobili quanto beni immobili. Nel primo caso il rapporto contrattuale assume più specificamente il nome di nolo o noleggio.
Questa guida si occupa delle locazioni ad uso diverso da quello abitativo; in particolare a quelle locazioni con le quali viene ceduto in godimento un immobile in cui si svolge o verrà svolta un’attività industriale, commerciale, artigianale, di interesse turistico, di lavoro autonomo o di tipo alberghiero.
La locazione ad uso diverso da quello abitativo è regolata, oltre che dalle norme sulla locazione in generale previste dal codice civile (artt. 1571-1614), da una serie di norme che si trovano nella legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani).
In questa guida non ci occuperemo di altre ipotesi di locazione, sempre ad uso diverso da quello abitativo, ma non riconducibili alle attività in senso lato imprenditoriali - commerciali, industriali, artigianali, professionali (ad esempio la locazione di immobili destinati ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, oppure quelle concluse da enti pubblici in qualità di conduttori). Tali ipotesi ricevono una particolare disciplina, solo in parte comune alle locazioni di cui ci occuperemo.
Il contratto di locazione è concluso tra un locatore e un conduttore (detto anche locatario). Il locatore è la parte che si obbliga a fare godere all’altra il bene. Il conduttore è la parte che si obbliga a pagare un corrispettivo per il godimento del bene.
1 Nella locazione il corrispettivo è necessario; se un soggetto dà un bene in godimento un bene senza ricevere un corrispettivo non si avrà una locazione ma un comodato a titolo gratuito.
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1.2.1. Il locatore
Il locatore è, di regola, il proprietario dell’immobile.
Sono legittimati a concedere l’immobile in locazione anche soggetti diversi dal proprietario che, sulla base di un titolo valido, abbiano la disponibilità del bene. Così, ad esempio può validamente concedere in locazione un immobile l’usufruttuario2, che ha il diritto di godere del bene e farne propri i frutti, anche civili (come il canone).
Xxxx succede se il locatore non è legittimato a dare il bene in locazione (perché non è il proprietario né è titolare di un altro diritto che gli dia il potere di disporre dell’immobile)?
Il contratto produce comunque i suoi effetti, in quanto il locatore con il contratto di
locazione assume semplicemente l’obbligo di far godere il bene all’altra parte.
Se il locatore riesce a garantire il godimento dell’immobile da parte del conduttore (ad esempio accordandosi, in un secondo momento, con il proprietario) non gli si potrà contestare di essere venuto meno ai suoi obblighi, ed il contratto proseguirà regolarmente.
In caso contrario, il contratto potrà essere risolto per inadempimento (secondo le regole che vedremo più oltre) e il conduttore avrà diritto anche al risarcimento dei danni.
Tuttavia, se il locatore non è legittimato, il conduttore corre il rischio di venire privato in qualsiasi momento del godimento del bene.
Per questo il conduttore, anche se non vi è stato un vero e proprio inadempimento (perché, in effetti, viene messo in condizione di godere del bene), potrà decidere che non gli interessa un godimento precario, e chiedere l’annullamento del contratto se ha firmato il contratto ritenendo, erroneamente, che il locatore potesse legittimamente disporre dell’immobile.
Più soggetti possono concorrere insieme nel dare in locazione un bene; in questo caso l’eventuale pluralità di locatori costituisce comunque una parte unica ai fini del contratto.
Se l’immobile è in comproprietà, vale a dire se più persone sono proprietarie dello stesso immobile, il bene può essere concesso in locazione da ogni singolo comproprietario, con la presunzione che egli agisca con l’accordo degli altri e per il loro conto3. Gli altri comproprietari possono opporsi, e in questo caso si deciderà a maggioranza.
1.2.2. Il conduttore
Tutti possono essere conduttori4. Anche la parte conduttrice può essere costituita da più soggetti. In questo caso occorre che tutti gli atti relativi al rapporto vengano
2 In caso di usufrutto il proprietario dell’immobile non è legittimato a dare il bene in locazione; ciò
può accadere solo se non vi è opposizione da parte dell’usufruttuario.
3 In tema di sfratto questo principio consente al comproprietario che non ha firmato il contratto di poter richiedere comunque lo sfratto.
4 Anche i minori possono essere conduttori (e anche locatori), ma non possono sottoscrivere il
contratto perché non hanno la “capacità di agire”; per concludere validamente un contratto in nome
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compiuti nei confronti di tutti i soggetti. Così, ad esempio, la disdetta dovrà essere comunicata a tutti.
Diverso è il caso in cui lo stesso immobile sia stato dato in locazione a più soggetti con contratti diversi, e vi sia dunque un conflitto tra i soggetti che risultano essere conduttori dello stesso bene. In questi casi prevarrà chi per primo ha conseguito il godimento del bene (gli altri potranno eventualmente chiedere i danni al locatore).
Soltanto chi ha stipulato il contratto di locazione assume la qualità di conduttore. I familiari o conviventi del conduttore, anche se beneficiano del godimento del bene o partecipano all’attività svolta nell’immobile locato, non diventato parti del rapporto contrattuale e non assumono la contitolarità dei diritti e dei doveri spettanti al conduttore. Ciò a meno che essi non figurino espressamente come parti del contratto.
1.3. Le ipotesi di locazione ad uso non abitativo
Come anticipato, si ha una locazione ad uso non abitativo in tutti quei casi in cui un immobile urbano sia concesso in locazione allo scopo di avviare o continuare un'attività industriale, commerciale, artigianale, turistica, di lavoro autonomo, alberghiera.
Nella locazione ad uso non abitativo sono dunque ricomprese varie figure di locazione che, pur essendo tra loro differenti, hanno come elemento comune la destinazione dell’immobile ad uso diverso da quello abitativo del conduttore.
Spesso per far riferimento alla locazione ad uso non abitativo viene utilizzata
l’espressione “locazione commerciale”.
Anche se nel linguaggio corrente le due espressioni sono considerate sinonime, l’attività di tipo commerciale rappresenta, come abbiamo visto, soltanto una delle possibili caratteristiche destinazioni delle locazioni ad uso non abitativo.
1.3.1 Attività industriale, commerciale e artigianale
Se solitamente per attività industriale si intende quella finalizzata alla produzione di beni o servizi e per attività commerciale quella finalizzata al loro scambio, in tema di locazione la giurisprudenza ha interpretato tali nozioni in senso ampio (estendendo la disciplina dettata per le locazioni ad uso non abitativo a tutte le attività previste dall’art. 2195 c.c.5), indipendentemente dalla dimensione dell’impresa o dal fatto che essa sia esercitata in forma societaria o individuale.
e per conto di un minore i genitori dovranno agire congiuntamente (salve le ipotesi in cui la responsabilità sia di un solo genitore).
5 Secondo l’art. 2195 c.c. “Sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione, nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano: 1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi; 2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni; 3) un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; 4) un'attività bancaria o assicurativa; 5) altre attività ausiliarie delle precedenti. Le disposizioni della legge che fanno riferimento alle attività e alle imprese commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese che le esercitano”.
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Ad esempio, tale disciplina è applicabile quando nell’immobile locato si svolge
un’attività assicurativa, oppure un’attività bancaria o, ancora, l’attività di farmacista.
Si considera attività artigianale quella in cui l’imprenditore svolge in prima persona l’attività lavorativa, anche manuale, all’interno di un’impresa caratterizzata da determinati limiti dimensionali, assumendone la piena responsabilità6. L’attività in questione viene svolta in misura prevalente dall’artigiano e ha per scopo la produzione di beni, anche semilavorati, o la prestazione di servizi (così, ad esempio, un calzolaio). Ai nostri fini, non è importante soffermarci sui limiti tra attività artigianali ed attività industriali, in quanto sono trattate allo stesso modo.
1.3.2 Attività di interesse turistico
Si ha un’attività di interesse turistico quando nell’immobile locato viene esercitata un’attività imprenditoriale diretta alla produzione di servizi di promozione dell'attività turistica, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili.
La locazione di immobili destinati ad attività di interesse turistico non va confusa con la locazione ad uso abitativo per finalità turistiche.
Nel primo caso, infatti, il conduttore è un imprenditore che esercita o eserciterà nell’immobile locato un’attività volta all’incentivazione del turismo. Nel secondo caso, invece, il contratto viene stipulato per ragioni di svago; il conduttore è, in questa ipotesi, un turista e l’immobile viene concesso in locazione per il fine di una vacanza; la disciplina applicabile è, in questa seconda ipotesi, quella delle locazioni ad uso abitativo, sia pur con alcune peculiarità.
1.3.2 Attività di lavoro autonomo
Rientrano tra le attività di lavoro autonomo anzitutto le professioni liberali, per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione ad un apposito albo (ad esempio, l’avvocato, il notaio, il medico).
Vi rientrano inoltre tutte quelle attività caratterizzate dalla natura personale della prestazione (ad esempio, consulente del lavoro, pubblicitario, maestro di musica).
Attenzione: l’attività esercitata deve essere abituale e professionale, non occasionale,
e deve essere fonte di guadagno, anche se non esclusiva, per chi la esercita7.
1.3.3 Attività alberghiere
Sono attività alberghiere quelle organizzate per fornire al pubblico, con gestione unitaria, alloggio e, eventualmente, altri servizi accessori per il soggiorno (quali servizi di bar e ristorante), in camere o appartamenti ubicati in uno o più stabili8.
6 Per approfondimenti, anche sui limiti dimensionali dell’impresa artigiana, si veda la legge quadro
per l’artigianato, Legge 8 agosto 1985, n. 443.
7 Se una determinata attività (ad esempio quella svolta da un maestro di musica) è esercitata, nell’immobile locato, per meri scopi ricreativi o culturali, come anticipato (si veda il paragrafo 1.1), la disciplina prevista dalla L. 392/78 si applica solo parzialmente. Così, ad esempio, non troverà applicazione la disposizione relativa all’indennità per la perdita dell’avviamento.
8 Per maggiori informazioni si confronti l’art. 9 del Codice del turismo (D. Lgs. 79/2011)
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Si tratta dunque di attività riconducibili alla categoria sopra descritta come attività commerciale; esse vengono però considerate separatamente in quanto soggette ad una disciplina (come vedremo al prossimo paragrafo) in parte diversa.
Rientra nella categoria delle attività alberghiere anche l’attività di affittacamere, che si differenzia da quella alberghiera per le modeste dimensioni. L’attività di affittacamere postula non solo la cessione del godimento di un locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi di carattere personale (ad es. il riassetto del locale stesso o la fornitura della biancheria da letto e da bagno). Il difetto di questo ultimo requisito comporta che il contratto relativo alle singole camere si configurerà semplicemente come una locazione ad uso abitativo; l’attività complessiva svolta nell’immobile potrà continuare a configurarsi come alberghiera, salva l’applicazione della disciplina relativa all’uso abitativo qualora l’immobile locato sia destinato anche ad abitazione del conduttore, e risulti essere quest’ultimo l’uso prevalente. (per l’uso promiscuo si veda il paragrafo 2.2.1).
Naturalmente esistono attività industriali, artigianali ed anche commerciali che non implicano contatti diretti col pubblico degli utenti o dei consumatori.
La presenza o l’assenza di un contatto diretto col pubblico incide esclusivamente sul diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale (di cui parleremo al paragrafo 1.7), ma è irrilevante rispetto all’applicazione della residua disciplina dettata dalla legge.
La disciplina della locazione ad uso diverso da quello abitativo trova applicazione anche nelle ipotesi di locazione di immobili adibiti ad uso di deposito quando tali locali siano funzionalmente collegati alle attività economico-produttive esaminate.
1.4. Durata del rapporto di locazione
La legge prevede una durata minima per le locazioni ad uso non abitativo e cioè:
• sei anni quando nell’immobile locato si svolge un’attività industriale,
commerciale, artigianale, di interesse turistico o di lavoro autonomo.
• nove anni quando nell’immobile locato si svolge attività di tipo alberghiero, (cui sono assimilate case di cura, pensioni e altre attività simili) oppure attività teatrali.
Le parti, di regola, non possono stabilire contrattualmente una durata inferiore; una tale clausola è nulla e viene automaticamente sostituita con la durata legale (in altre parole il contratto durerà comunque 6 anni, o 9 anni in caso di esercizio di attività alberghiere). È invece possibile per le parti stabilire contrattualmente una durata maggiore, ad esempio di 12 anni.
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Il contratto si rinnova automaticamente alle stesse condizioni per ulteriori 6 (o 9) anni, salvo disdetta. Alla prima scadenza, come vedremo, la disdetta è possibile per il locatore solo in presenza di certe condizioni (mentre è sempre possibile per il conduttore). Dopo il secondo periodo di locazione (dunque dopo 6 + 6 oppure 9 + 9 anni) la disdetta diventa libera anche per il locatore.
Le parti possono attivarsi per modificare le condizioni originarie del contratto; tuttavia non possono in nessun caso prevedere una durata inferiore a quella prevista dalla legge per il rinnovo del contratto (rispettivamente 6 e 9 anni).
1.4.1 Attività di carattere transitorio
Il contratto di locazione ad uso non abitativo può essere stipulato per una durata inferiore a quella stabilita dalla legge quando l’attività esercitata o da esercitare nell’immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.
In questi casi, la durata del contratto è ridotta, in quanto l’attività, pur rientrante tra quelle sopra descritte, è destinata, per ragioni obiettive espressamente enunciate (e non per semplice volontà delle parti), ad esaurirsi in un arco di tempo relativamente breve (ad esempio, un locale destinato alla vendita di stock di magazzino fino ad esaurimento scorte).
Attenzione però: la transitorietà deve essere espressamente enunciata nel contratto, con specifico riferimento alle ragioni che la determinano, in modo da consentirne la verifica in sede giudiziale.
Se la transitorietà non viene espressamente menzionata nel contratto o se risulta che le ragioni dedotte non siano di natura tale da giustificare la sottrazione del rapporto al regime ordinario (e cioè non siano ragioni obiettive che escludano esigenze di stabilità), la clausola del contratto che prevede una durata inferiore a quella prevista dalla legge sarà considerata nulla, in applicazione dall’art. 79 L. 392/789.
1.4.2 Attività stagionali
Le locazioni transitorie non vanno confuse con le locazioni stagionali. Anche nelle locazioni stagionali l’immobile locato è destinato ad attività imprenditoriali limitate ad un periodo, anche breve. Tuttavia, se l’esigenza transitoria è per sua natura episodica e saltuaria, l’esigenza stagionale si presenta come temporanea ma potenzialmente ripetibile nello stesso periodo dell’anno successivo (ad es. la locazione di uno spazio
9 Secondo l’art. 79 L. 392/78 “È nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge. Il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge”. Occorre tenere presente che il c.d. Decreto “Sblocca Italia” (D.L. n. 133 del 12 settembre 2014, convertito nella legge n. 164 dell’11 novembre 2014) ha introdotto una deroga alla nullità prevista dall’appena citato art. 79, in alcune ipotesi particolari. Più precisamente, si è previsto che, nei contratti di locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo per cui sia pattuito un canone annuo superiore a 250.000 Euro e che non riguardino immobili di interesse storico, le parti possano concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della legge 392/78.
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adibito a parcheggio antistante un albergo aperto solo nel periodo invernale; la locazione di un immobile adibito a gelateria in una località balneare).
La locazione stagionale può, infatti, essere rinnovata annualmente su iniziativa esclusiva del conduttore (la cui richiesta deve essere formulata con lettera raccomandata, prima della scadenza di ogni stagione), per un arco di tempo previsto nella misura massima di sei anni (o nove, in caso di esercizio di attività alberghiera).
Di fronte alla richiesta di rinnovo da parte del conduttore, il locatore è obbligato a concedere in locazione l’immobile per la medesima stagione dell’anno successivo (salva la facoltà di richiedere annualmente l’aggiornamento del canone, secondo le regole comuni che vedremo al paragrafo 1.6).
Secondo la giurisprudenza la locazione stagionale (ove venga rinnovata) non costituisce un rapporto unitario, ma una serie di rapporti collegati, di durata determinata, corrispondente a quella di una specifica stagione. Ciò comporta l’obbligo per il conduttore di rilasciare l’immobile locato alla scadenza stagionale.
Nel periodo intermedio tra una locazione e l’altra (e cioè fuori dalla stagione pattuita), il locatore potrebbe, infatti, destinare l’immobile a diverso uso.
1.4.3. Rinnovo automatico del contratto e disdetta
Come si è detto, i contratti di locazione ad uso non abitativo si rinnovano tacitamente alla scadenza, di sei anni in sei anni (di nove anni in nove anni, in caso di esercizio di attività alberghiera o teatrale).
Con la disdetta le parti hanno la possibilità di impedire il rinnovo automatico del contratto; essa deve essere comunicata all’altra parte, con lettera raccomandata, almeno 12 mesi prima della scadenza (18 mesi in caso di esercizio di attività alberghiera o teatrale).
Come anticipato, la disdetta è sempre libera per il conduttore. Per il locatore, la disdetta è libera a partire dalla seconda scadenza. Alla prima scadenza, il locatore ha la possibilità di impedire il rinnovo del contratto (facoltà di diniego di rinnovo) soltanto per motivi stabiliti dalla legge, e in particolare quando il locatore intenda:
• adibire l’immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il
secondo grado in linea retta
• adibire l’immobile all’esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di un'attività industriale, commerciale, artigianale, turistica, di lavoro autonomo, alberghiera
• demolire l’immobile per ricostruirlo, ovvero procedere alla sua integrale
ristrutturazione o completo restauro
• ristrutturare l’immobile al fine di rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforme a quanto previsto dalla disciplina relativa al settore del commercio, sempre che le opere da effettuarsi rendano incompatibile la permanenza del conduttore nell’immobile.
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Il locatore che intenda realizzare interventi di ricostruzione o ristrutturazione dell’immobile, deve, per poter agire per il rilascio del bene, essere in possesso della licenza o della concessione necessarie per gli interventi che si intendono effettuare.
Per quando riguarda gli immobili adibiti ad attività alberghiera, il locatore può negare il rinnovo del contratto alla prima scadenza quando:
• l’immobile sia oggetto di intervento di ricostruzione, ferma restando la destinazione alberghiera (anche in questi casi il possesso della licenza o della concessione necessarie per l’intervento è condizione per l’azione di rilascio)
• il locatore intenda esercitare personalmente nell’immobile, o farvi esercitare dal coniuge o da parenti entro il secondo grado in linea retta, la medesima attività del conduttore.
Con la disdetta il locatore deve, a pena di decadenza, dichiarare la propria volontà di conseguire, alla scadenza del contratto, la disponibilità dell’immobile locato, specificando su quale motivo, tra quelli tassativamente previsti, essa è fondata.
In mancanza di una tale tempestiva ed esatta comunicazione il locatore non può interrompere il rapporto, con conseguente rinnovo del contratto per ulteriori 6 anni (9 per le attività alberghiere o teatrali).
Quando il locatore riacquista la disponibilità dell’immobile (eventualmente anche a seguito di una procedura giudiziaria)10, deve adibirlo agli usi su cui si è basata la disdetta, entro sei mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilità. Se non lo fa, o se non rispetta i termini della concessione o del piano comunale per l’inizio dei lavori, il conduttore può chiedere che il precedente rapporto di locazione sia ripristinato alle stesse condizioni oppure, in alternativa, chiedere il risarcimento del danno, che determinerà il giudice, in ogni caso in misura non superiore a quarantotto mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito, oltre all’indennità per la perdita dell’avviamento (di cui parleremo al paragrafo 1.7).
1.4.2. Recesso del conduttore
Diversa dalla disdetta è la c.d. possibilità di recesso. Il recesso consiste nella possibilità di una delle parti contraenti di sciogliere in via unilaterale il contratto.
Nelle locazioni ad uso non abitativo tale facoltà è riconosciuta dalla legge al conduttore; egli può infatti recedere dal contratto in qualsiasi momento, dando un preavviso al locatore di almeno sei mesi, mediante lettera raccomandata.
In assenza di una specifica previsione contrattuale, la legge consente il recesso del conduttore solo in presenza di “gravi motivi”. Per “gravi motivi” bisogna intendere quelle circostanze che rendono eccessivamente gravosa, per il conduttore, la prosecuzione del rapporto locativo. Si tratta di fatti non solo estranei alla volontà del conduttore, ma anche imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto.
10 L’art. 30 L. 392/78 consente al locatore, dopo aver comunicato la disdetta, di agire in giudizio
contro il conduttore ai sensi degli artt. 447 bis del c.p.c, per ottenere il rilascio dell’immobile locato.
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Dunque non è sufficiente una soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dal conduttore circa l’inopportunità di continuare la locazione, ma essa deve basarsi su circostanze gravi e oggettive che rendano troppo onerosa oppure inutile la prosecuzione del rapporto.
Sono gravi motivi, che giustificano il recesso del conduttore, il mancato sviluppo commerciale atteso nella zona dove si trova l’immobile locato, o una grave malattia del conduttore.
Nella zona X di Torino è in progetto la realizzazione di un centro commerciale. Xxxxx, interessato ad avviare un’attività di ristorazione all’interno del centro, conclude un contratto di locazione relativo ad uno dei numerosi locali presenti nella struttura. Successivamente alla stipula del contratto, l’atteso sviluppo commerciale della zona imprevedibilmente sfuma: il progettato centro commerciale non viene realizzato, e le poche attività aperte nello spazio di riferimento vengono chiuse.
Xxxxx può validamente recedere dal contratto, invocando come grave motivo il mancato sviluppo commerciale dell’area, atteso al momento della stipula del contratto.
Secondo la giurisprudenza, anche una significativa variazione della situazione economica del conduttore può rappresentare un grave motivo tale da giustificare il recesso.
È però necessario che tale situazione sia determinata da fatti gravi, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto. Un generico riferimento all’andamento negativo del mercato o alla “crisi economica” non è sufficiente per integrare un grave motivo che giustifichi il recesso (tanto più quando la crisi era in corso o almeno prevedibile al momento della costituzione del rapporto).
Cosa succede nel caso di liquidazione giudiziale (in passato chiamata fallimento) - di una delle parti del contratto di locazione?
L'apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del locatore non interrompe il rapporto di locazione; il rapporto prosegue, dunque, tra il curatore ed il conduttore.
Se però il contratto è destinato a durare per più di quattro anni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore ha la facoltà di recedere dal contratto corrispondendo al conduttore un equo indennizzo che, in caso di dissenso fra le parti, è determinato dal giudice. Il recesso deve avvenire entro un anno dall’apertura della procedura e ha effetto decorsi quattro anni dalla stessa dichiarazione.
Nel caso di apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso. Anche in questa ipotesi, se vi è dissenso fra le parti, l’equo indennizzo è determinato dal giudice. Il curatore potrebbe dunque anche decidere di continuare, per la sua durata naturale o per un certo periodo di tempo, il rapporto.
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Il contratto può stabilire la possibilità per il conduttore di recedere anche in assenza di gravi motivi (con un preavviso al locatore di almeno sei mesi, mediante lettera raccomandata). Si parla in questi casi di recesso convenzionale.
Non è invece possibile prevedere il recesso convenzionale del locatore.
1.5. Forma e registrazione del contratto
La legge non prevede particolari requisiti di forma per i contratti di locazione ad uso diverso da quello abitativo.
L’obbligo della forma scritta è prescritto, dal codice civile, soltanto per le locazioni di
immobili che superino la durata di nove anni (art. 1350, n. 8 c.c.).
Tuttavia, a decorrere dal 1° gennaio 2005, tutti i contratti di locazione devono essere registrati all’Agenzia delle Entrate11. L’obbligo di registrazione implica, dunque, che anche i contratti di locazione ad uso diverso da quello abitativo debbano essere conclusi per iscritto (come del resto avveniva in ogni caso nella pratica).
La registrazione può essere effettuata per via telematica o per mezzo di un intermediario abilitato12. Il contratto deve essere registrato entro trenta giorni dalla stipula o dall’inizio della locazione (se è precedente al giorno della stipula).
La mancata registrazione comporta sanzioni amministrative pecuniarie13. In caso di ritardo, è però possibile regolarizzarsi mediante il c.d. ravvedimento operoso, beneficiando di una riduzione delle sanzioni. L'istituto del ravvedimento operoso consiste nella possibilità, concessa al contribuente, di rimediare spontaneamente agli errori commessi nel versamento dei tributi alla pubblica amministrazione. Tale istituito è applicabile a tutti i tributi e quindi anche all'imposta di registro sui contratti di locazione di immobili urbani14. La regolarizzazione avviene con il pagamento:
• delle somme dovute a titolo di imposta di registro
• della sanzione in misura ridotta
• degli interessi, calcolati al tasso legale annuo dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito.
Secondo la legge i contratti di locazione non registrati sono nulli. Si ritiene però comunemente che la nullità del contratto possa essere sanata retroattivamente in caso di registrazione successiva ai termini di legge e cioè che la registrazione, sia pur tardiva, valga a regolarizzare il contratto fin dal momento della sua conclusione.
11 La legge finanziaria del 2005 prevede all’art. 1 c. 346 che “I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.
12 Per maggiori informazioni si consulti il sito xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xxx.xx/
13 Si confronti l’art. 69 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
14 Per saperne di più si consulti il sito xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xxx.xx/
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1.6. La determinazione del canone
Nei contratti di locazione ad uso diverso da quello abitativo il canone può essere liberamente determinato dalle parti, senza che vi sia un limite massimo.
Le parti possono, inoltre, pattuire un aggiornamento periodico del canone. Il metodo più frequente è l’aggiornamento del canone sulla base dell’inflazione calcolata con indice ISTAT.
In presenza di una tale pattuizione il canone può essere aggiornato annualmente su
richiesta del locatore; la variazione non può però superare il 75% dell’indice ISTAT.
Si considerano nulle, in quanto contrarie alla legge, le clausole dirette ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello stabilito con le modalità appena descritte, ovvero ad attribuirgli altri vantaggi in contrasto con le disposizioni della legge stessa (art. 79 L. 392/78)15.
In linea di principio, non è illecita la pattuizione di un canone differenziato, cioè destinato a cambiare nel corso del rapporto. Tuttavia, la giurisprudenza richiede che tale previsione non serva semplicemente a mascherare un aggiornamento superiore a quello massimo ammesso dalla legge (cioè al 75% dell’indice ISTAT). Per questo ritiene che le maggiorazioni del canone rispetto a quello iniziale debbano “chiaramente riferirsi ad elementi predeterminati, desumibili dal contratto, ed idonei ad influire sull’equilibrio economico del rapporto, in modo autonomo dalle variazioni annue del potere di acquisto della moneta”16 (come ad esempio potrebbe succedere se è già prevista una ristrutturazione che farà sensibilmente cambiare il valore dell’immobile). In assenza di circostanze oggettive e preferibilmente esplicitate nel contratto, qualunque clausola, che preveda l’aumento annuale del canone in base ad una percentuale fissa o ad una somma predeterminata, potrebbe essere oggetto di contestazione e considerata nulla se il giudice si convince che essa è finalizzata al solo scopo di neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria.
La nullità riguarda però le singole clausole, e non l’intero contratto, che pertanto resta valido. Se è previsto un aggiornamento in misura maggiore a quella ammessa dalla legge, la clausola viene ricondotta al limite massimo ammesso del 75% dell’indice ISTAT.
Il contratto può prevedere altri obblighi del conduttore, che si affiancano al canone nel costituire un corrispettivo per il godimento. Ad esempio potrebbe prevedere l’obbligo di eseguire, nell’arco della durata del contratto, specificate opere di ristrutturazione e restauro dell’immobile.
15 Come già detto (cfr. sopra la nota 10), il c.d. Decreto “Sblocca Italia” ha introdotto una deroga alla nullità prevista dall’art. 79, poc’anzi citato, in alcune ipotesi particolari. In base a tale deroga, nei contratti di locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo per cui sia pattuito un canone annuo superiore a 250.000 Euro e che non riguardino immobili di interesse storico, le parti possono pattuire clausole con cui attribuiscono al locatore un canone maggiore rispetto a quello determinato con le modalità appena descritte nel testo.
16 Così Cassazione civile, sez. III, 6 ottobre 2005, n. 19475.
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1.7. Indennità per perdita dell’avviamento commerciale
Per avviamento commerciale s’intende la capacità produttiva di un’impresa. L’avviamento dipende, in concreto, da diversi fattori, tra cui ad esempio la capacità manageriale dell’imprenditore, la disponibilità di un brevetto, etc.
Tra i fattori da cui dipende l’avviamento certamente uno dei più importanti, per le attività che prevedono un contatto diretto con il pubblico, è l’ubicazione sul territorio. È infatti evidente l’ubicazione dei locali può essere un elemento importante nell’attrarre e nel mantenere la clientela.
Da ciò derivano due conseguenze:
• da un lato, il conduttore che, al termine del contratto di locazione, deve lasciare i locali rischia indubbiamente di perdere in tutto o in parte la propria clientela
• dall’altro lato, è probabile che il locatore, nella misura in cui adibisca, direttamente o per tramite di un altro conduttore, i locali ad un’attività uguale o affine, benefici (direttamente o nella forma di un canone più alto) del rapporto con la clientela che si è venuto formando nel corso del rapporto di locazione.
Ad esempio, è chiaro che la clientela di una tabaccheria in molti casi continuerà a frequentare lo stesso locale, anche se esso cambia gestione. Per questo la legge riconosce al conduttore un’indennità da perdita di avviamento commerciale: da un lato, per compensare i suoi (possibili) svantaggi in termini di utili, legati alla perdita della clientela; dall’altro lato, ed eventualmente, per compensare l’arricchimento da parte del locatore che si trovi ad “ereditare” la clientela del conduttore stesso.
Il riconoscimento dell’indennità da perdita di avviamento è consentito in presenza dei seguenti presupposti:
• Nell’immobile locato deve essere stata esercitata un’attività qualificabile come industriale, commerciale, artigianale, di interesse turistico o alberghiera, che comporti un contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori. Infatti, solo in simili casi il rapporto con la clientela è significativamente influenzato dall’ubicazione dei locali
Spetta al conduttore l'onere di provare, con qualsiasi mezzo, che l’immobile locato era destinato ad un’attività che comporta il contatto con il pubblico e che, quindi, fosse aperto alla frequentazione diretta ed indifferenziata dei clienti. Tale onere è escluso quando il contatto con il pubblico risulta implicitamente dal tipo di attività (ad esempio, nel caso di immobile destinato a negozio di abbigliamento, tabaccheria, bar). La legge esclude espressamente il riconoscimento dell’indennità in caso di attività professionali e di attività di carattere transitorio. Nel primo caso, pur potendovi essere certamente un contatto diretto, si ritiene che l’ubicazione territoriale dei locali abbia un ruolo complessivamente marginale nelle scelte della clientela (si pensi all’esempio di un dentista).
Nel secondo caso la stessa transitorietà esclude che si possa creare un
rapporto di affezione con la clientela sulla base dell’ubicazione territoriale.
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• Il rapporto di locazione deve essere cessato per volontà del locatore. L'indennità per la perdita di avviamento non viene corrisposta se il rapporto di locazione è cessato per una causa imputabile al conduttore (disdetta o recesso del conduttore, o sottoposizione del conduttore ad una procedura concorsuale).
L’ammontare dell’indennità è predeterminato per legge in misura fissa, pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto (21 nel caso di attività alberghiere), a prescindere dall’effettivo valore dell’avviamento maturato dall’attività svolta dal conduttore. Infatti il legislatore ha preferito dettare una soluzione generale, evitando le complesse indagini che sarebbero necessarie a valutare l’effettiva perdita di avviamento nei singoli casi concreti.
Dunque, l’indennità compete indipendentemente dalla prova in concreto dell’avviamento e della perdita effettivamente subita dal conduttore in conseguenza del rilascio. Essa è dovuta anche se il conduttore continua ad esercitare la medesima attività in altro locale sito nel medesimo fabbricato o in diverso immobile situato nelle vicinanze di quello a suo tempo locato. L’indennità è altresì dovuta quando il conduttore abbia completamente cessato la propria attività.
Il conduttore ha inoltre diritto ad un’ulteriore indennità di pari importo (e dunque in caso l’indennità raddoppia) se, entro un anno dal rilascio dei locali in seguito alla cessazione del rapporto, l’immobile viene da chiunque adibito all’esercizio della stessa attività a suo tempo esercitata dal conduttore uscente o di attività compresa nella medesima tabella merceologica che risulti affine a quella già esercitata dal conduttore uscente.
Quando dovuta, la corresponsione dell’indennità per la perdita dell’avviamento è condizione per l’esecuzione dell’eventuale provvedimento di rilascio chiesto dal locatore. Questo significa che il conduttore non è tenuto a rilasciare l’immobile finché il locatore non corrisponde l’indennità.
Il diritto a percepire l’indennità non insorge se il conduttore esercitava la propria attività senza le necessarie autorizzazioni amministrative. In questa ipotesi, infatti, si versa in una situazione illecita, ritenuta non meritevole di tutela.
Nell’ipotesi in cui vi sia stata sublocazione dell’immobile (di cui parleremo nel paragrafo 2.4), alla cessazione della locazione (e quindi della sublocazione), l’indennità per la perdita di avviamento commerciale compete al conduttore sublocatore nei confronti del locatore. Il sub- conduttore può far valere il proprio diritto all’indennità nei confronti del sublocatore.
Quindi ad esempio, ipotizzando che Xxxxx conceda l’immobile in locazione a Caio e che quest’ultimo a sua volta lo sublochi a Xxxxxxxxx, e immaginando che i due contratti scadano contemporaneamente, Xxxx (conduttore principale e sublocatore) dovrà pagare la indennità per la perdita dell’avviamento a Xxxxxxxxx (sub-conduttore), e a sua volta potrà esigerla da Tizio (locatore principale).
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1.8 Successione nel contratto di locazione ad uso non abitativo
La morte di una delle parti del contratto di locazione non determina di per sé la cessazione del rapporto: in questo caso trova, infatti, applicazione il principio generale secondo cui i rapporti contrattuali si trasmettono ai successori a causa di morte. In particolare, se muore il locatore, il contratto di locazione prosegue con chi venga ad ereditare l’immobile, secondo le normali regole del codice civile.
Una specifica disciplina è però prevista nell’ipotesi di morte del conduttore. In tal caso, al conduttore succedono nel contratto di locazione coloro che, per successione oppure per precedente rapporto (che risulti da un atto avente data certa anteriore all’apertura della successione), hanno diritto a continuarne l’attività.
Di norma, dunque, a succedere nella locazione saranno gli eredi del conduttore, in quanto essi succedono nell’azienda. Si noti che ai fini della successione nel contratto di locazione è sufficiente la titolarità in astratto del diritto di continuare l’attività, mentre non è richiesta la materiale continuazione dell’attività svolta dal conduttore. Ad esempio, poco importa se il figlio, unico erede, non ha mai partecipato alla attività commerciale del padre: egli, succedendo nell’azienda, ha comunque diritto a continuarne l’attività, e quindi succede anche nel contratto di locazione, sostituendosi a lui.
Una disciplina particolare è prevista in caso di uso concorrente dell’immobile da parte di più professionisti, artigiani o commercianti. Quando l’immobile è, per previsione contrattuale o per successiva autorizzazione del locatore, adibito all’uso di più professionisti, artigiani o commercianti, ma solo uno di essi è titolare del contratto, alla morte di questo gli succedono gli altri professionisti, artigiani o commercianti, eventualmente in concorso con gli aventi diritto di cui si è già parlato.
Dunque, ad esempio, se Xxxxx e Xxxx utilizzano la stessa officina, di cui è conduttore il solo Xxxxx, e Xxxxx muore, lasciando quale unico erede Xxxxxxxxx, nel contratto di locazione succederanno Caio e Xxxxxxxxx. Tuttavia, il diritto di Caio è un diritto autonomo: ove ad esempio Tizio muoia senza eredi, l’unico a succedere nel contratto di locazione sarà lui.
I professionisti, artigiani e commercianti che, in forza di una espressa previsione contrattuale o per effetto di una successiva autorizzazione del locatore, utilizzano l’immobile unitamente al titolare del contratto hanno diritto di succedergli anche in caso di recesso del conduttore.
In questo caso il locatore ha la facoltà di opporsi alla successione in presenza di gravi motivi. Analogamente a quanto si vedrà in tema di sublocazione e cessione del contratto (paragrafo 2.4), si considerano gravi motivi che giustificano la opposizione da parte del locatore la insolvibilità e la inaffidabilità degli utilizzatori del bene legittimati a succedere.
La opposizione deve essere espressa, da parte del locatore, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, entro trenta giorni dalla comunicazione da parte del professionista, artigiano o commerciante che intende subentrare nel rapporto di locazione.
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Xxxxx, unico conduttore dell’immobile, adibisce l’immobile a cartoleria e, con il consenso del locatore, inizia ad esercitare l’attività insieme a Xxxx.
Dopo qualche anno Xxxxx recede dal contratto, dando regolare preavviso al locatore, a causa di problemi di salute che gli impongono di cessare la sua attività. Caio, avendo utilizzato l’immobile unitamente a Tizio ha diritto di succedere nel contratto di locazione come conduttore. Il locatore potrà però opporsi a tale successione se Xxxx risulta inaffidabile o insolvibile.
La giurisprudenza ritiene che quando l’immobile è adibito all’uso di più professionisti, artigiani o commercianti, con titolarità del contratto in capo ad uno solo di essi, gli altri possono succedere, in caso di morte o recesso del conduttore, solo se la coutenza è stata contemplata nel contratto, oppure successivamente autorizzata dal locatore. Dunque il mero uso di fatto da parte di più soggetti è irrilevante.
Una successione nel contratto può aversi anche in caso di separazione e divorzio. In caso di separazione, legale o consensuale, o di divorzio il coniuge (anche se non conduttore) ha diritto di succedere nel contratto di locazione, quando continui nell’immobile la stessa attività già ivi esercitata assieme all’altro coniuge, prima dell’interruzione del rapporto coniugale.
Il diritto di successione nel contratto di locazione è dunque riconosciuto al solo coniuge che esercitasse l’attività economica con il proprio partner già prima della separazione o del divorzio.
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Capitolo II
Diritti e obblighi del conduttore e del locatore
Il locatore ha tre obblighi principali:
• deve consegnare al conduttore l’immobile in buono stato di manutenzione
• deve mantenere l’immobile in uno stato tale da servire all’uso convenuto per
tutto il periodo della locazione
• deve garantire al conduttore un pacifico godimento dell’immobile durante la
locazione.
2.1.1 La consegna in buono stato di manutenzione
Il primo obbligo del locatore è la consegna del bene. In caso di mancata consegna dell’immobile, il conduttore può chiedere al giudice di ordinare al locatore di adempiere al suo obbligo17. In alternativa, il conduttore può chiedere la risoluzione del contratto (di cui parleremo al paragrafo 2.3), oltre al risarcimento del danno.
Il conduttore può in ogni caso rifiutare di pagare il canone fino a che non ha ricevuto la consegna del bene, nei termini previsti dal contratto18.
Nel caso in cui il conduttore abbia invece pagato il canone senza ricevere in consegna
l’immobile, ha diritto alla restituzione delle somme pagate.
L’immobile che viene consegnato deve essere in buono stato di manutenzione. Il locatore è inadempiente sia se non consegna affatto il bene sia se consegna un immobile in cattivo stato.
Il locatore è tenuto a consegnare, insieme all’immobile, anche gli accessori e le pertinenze dello stesso (ad esempio, il magazzino di un immobile destinato ad attività di ristorazione, oppure lo spazio destinato a parcheggio). Una volta entrato nella disponibilità dell’immobile, il conduttore può accorgersi di alcuni vizi del bene di cui non si era reso conto in precedenza (ad esempio un guasto all’impianto di riscaldamento). Se i vizi diminuiscono in modo significativo l’idoneità dell’immobile all’esercizio dell’attività imprenditoriale il conduttore può a sua scelta chiedere o una riduzione del canone o la risoluzione del contratto. Questi diritti non spettano però al conduttore se i vizi erano da lui conosciuti o facilmente riconoscibili. Dunque il conduttore non può lamentarsi per un vizio evidente dell’immobile; e ciò perfino se in concreto non se ne sia accorto, purché il vizio fosse facilmente riconoscibile. Ad esempio, in giurisprudenza si è ritenuto che l'inadeguatezza della canna fumaria in
17 In termini tecnici, esecuzione forzata in forma specifica ex art. 2930 c.c.
18 Si parla in questo caso di eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.
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relazione all'esercizio di un'attività di trattoria costituisse vizio riconoscibile dal conduttore e, conseguentemente, non giustificasse l'azione di risoluzione per inadempimento del locatore.
Il conduttore può agire per la riduzione del canone o per la risoluzione del contratto anche se il locatore è a sua volta in buona fede (si pensi al caso di un locatore che ha appena acquistato l’immobile e a sua volta non ne conosce i difetti).
Oltre alla riduzione del canone o alla risoluzione del contratto, il conduttore può pretendere anche il risarcimento del danno (si pensi ad esempio alle spese che il conduttore ha sostenuto per traslocare nell’immobile, laddove la constatazione dei vizi conduca alla risoluzione del contratto). Il risarcimento del danno tuttavia non è dovuto quando il locatore dimostri di avere ignorato senza sua colpa i vizi al momento della consegna.
Le parti possono espressamente esonerare il locatore da responsabilità per vizi. Tuttavia, una clausola in tal senso non ha effetto se i vizi sono stati taciuti in mala fede dallo stesso locatore o se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento dell’immobile. Quindi, in ogni caso, non è possibile per contratto prevedere che il locatore vada esente da responsabilità se i vizi sono talmente gravi da rendere impossibile l’esercizio dell’attività a cui l’immobile era destinato.
Resta vero però che i vizi per essere rilevanti non devono essere noti al conduttore (o facilmente riconoscibili). Per cui, ad esempio, mentre una generica clausola che esclude la responsabilità del locatore per vizi della cosa non impedisce la risoluzione, laddove, ad esempio, il magazzino sia soggetto ad infiltrazioni d’acqua tanto gravi da renderlo inutilizzabile, se nel contratto le parti dessero specificamente atto che l’immobile presenta quel particolare vizio, il conduttore non potrebbe poi lamentarsene.
Quando si è in presenza di vizi che costituiscono un pericolo per la salute, il conduttore può sempre ottenere la risoluzione del contratto, anche se tali vizi gli erano noti, e nonostante qualsiasi rinunzia.
Il conduttore non ha diritto di ottenere che il locatore modifichi l’immobile in modo da renderlo idoneo all'esercizio di una determinata attività commerciale o in ogni caso da eliminarne i vizi. Se risulta che l’immobile è completamente inidoneo all’uso pattuito, il conduttore ha soltanto la possibilità di ottenere la risoluzione del contratto (o eventualmente, per vizi di minore entità, la riduzione del canone).
L’obbligo di consegnare un immobile idoneo all’esercizio di una determinata attività commerciale comporta che l’immobile deve essere munito delle autorizzazioni o concessioni amministrative necessarie per l’esercizio dell’attività stessa. La mancanza di tali autorizzazioni o concessioni costituisce un inadempimento da parte del locatore, di gravità sufficiente a giustificare la risoluzione del contratto. Il contratto non può però essere risolto se il conduttore era a conoscenza di tale mancanza e ha ugualmente accettato di concluderlo.
Per prevenire liti, è consigliabile in tal caso che della mancanza di autorizzazioni o concessioni amministrative si dia espressamente conto nel contratto.
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2.1.2. Manutenzione dell’immobile
Il locatore deve conservare l’immobile in uno stato tale da servire all’uso non abitativo pattuito e deve a questo fine eseguire le necessarie riparazioni, ad esclusione di quelle di piccola manutenzione, che sono, salvo diverso accordo delle parti, a carico del conduttore.
Le riparazioni di piccola manutenzione sono quelle che dipendono dal normale deterioramento prodotto dall’uso e comportano una spesa di lieve entità (sono tali, ad esempio, la tinteggiatura e la verniciatura di pareti e soffitti volute dal conduttore nel corso del contratto).
Non rientrano nelle riparazioni di piccola manutenzione, e sono dunque a carico del locatore, le riparazioni di guasti imputabili alla vecchiaia della struttura o a caso fortuito, oltre che gli interventi comunque di rilevante entità, purché ovviamente non causati da colpa del conduttore (ad esempio, rifacimento dell’impianto elettrico o di quello idraulico; sostituzione di porte di ingresso esterne o persiane).
L’obbligo di mantenere l’immobile in uno stato da servire all’uso pattuito comporta per il locatore l’obbligo di installare, nell’ipotesi di delibera condominiale di dismissione dell'impianto di riscaldamento centralizzato, un sistema di riscaldamento autonomo.
L’obbligo del locatore di provvedere alla manutenzione dell’immobile locato permane per tutta la durata del rapporto di locazione ed investe non solo la parte di proprietà esclusiva, ma anche, in caso di locale sito in un edificio, le parti comuni dell’edificio stesso:
• se il locatore non assolve all’obbligo di mantenere in buono stato l’immobile locato, il conduttore può agire per richiedere l’adempimento della prestazione dovuta o la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento dei danni
• se il conduttore si rende conto della necessità di riparazioni, che sono a carico del locatore, è tenuto ad avvisare quest’ultimo. Si pensi ad esempio al caso di un difetto delle tubature: le spese per la riparazione sono carico del locatore, tuttavia il conduttore è tenuto a darne prontamente avviso
• se le riparazioni sono urgenti, il conduttore può, previo avviso al locatore, eseguire direttamente le riparazioni; in questo caso il conduttore avrà diritto al rimborso per le spese sostenute.
Le opere di riparazione dell’immobile locato possono comportare una diminuzione del godimento del bene da parte del conduttore. Se le riparazioni di cui necessita l’immobile sono urgenti e non è possibile aspettare il termine del contratto, il conduttore è tenuto a tollerare il disagio, anche se in questo modo viene privato del godimento di una parte dell’immobile. Tuttavia, se le riparazioni durano per un periodo superiore ad un sesto della durata della locazione o, comunque, per più di venti giorni, il conduttore ha diritto ad una riduzione del canone, che deve essere calcolata facendo riferimento alla durata delle riparazioni e anche all’entità del mancato godimento.
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Al conduttore non è consentito sospendere il pagamento del canone, a meno che il godimento dell’immobile sia divenuto completamente impossibile. In ogni altro caso, dunque, salvo un accordo tra le parti, il conduttore che voglia liberarsi del contratto o anche solo ridurre il canone deve rivolgersi al giudice.
2.1.3. Garanzia del godimento pacifico dell’immobile
Il locatore ha il dovere di garantire il pacifico godimento della cosa da parte del conduttore. In particolare, il locatore è tenuto a garantire il conduttore quando sia molestato nell’uso o nel godimento della cosa da terze persone, che pretendono di avere su di essa dei diritti.
Il locatore deve dunque intervenire quando un terzo afferma di avere un vero e proprio diritto sul bene locato; ad esempio, il terzo afferma di essere il vero proprietario del bene; oppure, esclude che il conduttore abbia la possibilità di utilizzare una certa area in un condominio, negando che sia comune.
In queste ipotesi, il conduttore deve informare tempestivamente il locatore dell’esistenza di pretese giuridiche provenienti da terzi. Il locatore dovrà attivarsi perché le molestie cessino, eventualmente agendo contro il terzo; in caso contrario il conduttore potrà chiedere la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento dei danni.
Il locatore non è invece tenuto a garantire il conduttore dalle cosiddette “molestie di fatto”, consistenti in comportamenti di terzi che ostacolano il godimento dell’immobile da parte del conduttore, senza essere accompagnati dalla corrispondente pretesa di avere un diritto (si pensi, ad esempio, a delle infiltrazioni di acqua provenienti dall’immobile del piano superiore).
In queste ipotesi il conduttore può agire autonomamente a propria tutela nei confronti dei terzi, chiedendo la cessazione delle molestie e il risarcimento dei danni.
2.2 Gli obblighi del conduttore
Il conduttore ha tre obblighi principali:
• deve prendere in consegna l’immobile, servirsene per l’uso concordato e
prendersene cura diligentemente
• deve pagare il corrispettivo nei termini convenuti
• deve restituire l’immobile al termine della locazione.
Al momento della stipula del contratto il locatore può chiedere al conduttore di versare una somma a garanzia dell’adempimento degli obblighi assunti. Tale somma, definita deposito cauzionale, non può essere superiore a tre mensilità del canone ed è produttiva di interessi, che devono essere corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno. Se il locatore non provvede a versare gli interessi annualmente è tenuto a versarli a fine locazione in un’unica soluzione.
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In caso di inadempienze o di danni causati all’immobile dal conduttore il
locatore può rivalersi sul deposito cauzionale per la somma necessaria.
Ovviamente, se sorge controversia (ad esempio se il conduttore nega il danno o la propria inadempienza) sarà comunque necessaria una sentenza del giudice per accertare l’effettivo diritto spettante al locatore.
Diversamente, se il conduttore ha adempiuto tutte le obbligazioni poste a suo carico, il locatore è obbligato a restituire il deposito cauzionale al termine della locazione.
La restituzione del deposito cauzionale da parte del locatore deve avvenire in modo tempestivo; se ciò non accade il conduttore potrà richiedere la restituzione della somma in via giudiziale attraverso un decreto ingiuntivo.
2.2.1. Utilizzo diligente dell’immobile
Il conduttore ha l’obbligo prendere in consegna l’immobile e di utilizzarlo secondo l’uso pattuito con la diligenza che si richiede a una persona media (cosiddetta diligenza del buon padre di famiglia).
Questo significa, anzitutto, che il conduttore non può servirsi dell’immobile per un
uso diverso da quello concordato.
In secondo luogo, al conduttore è richiesto di adottare i comportamenti necessari ad evitare che l’immobile subisca danneggiamenti. In altri termini, grava sul conduttore un obbligo di custodire l’immobile locato.
2.2.2 Divieto di cambiamento dell’uso a cui l’immobile è destinato
Il conduttore ha l’obbligo di godere dell’immobile secondo l’uso convenuto (nel nostro caso, secondo l’uso non abitativo pattuito). L’eventuale mutamento dell’uso cui l’immobile è destinato viene considerato un inadempimento del conduttore. Se non è di scarsa importanza, esso costituisce una possibile causa di risoluzione del contratto.
Naturalmente, si tratterà di valutare quanto stringente sia stato il contratto nell’individuare l’uso dell’immobile. Il contratto potrebbe di per sé sia contemplare un generico uso commerciale, sia, come più spesso accade, prevedere più precisamente l’attività che nel locale sarà svolta19.
Potrebbe accadere, al limite, che il conduttore cambi l’uso in maniera così radicale da comportare l’applicazione di una disciplina legislativa diversa. Al limite, il conduttore potrebbe addirittura iniziare ad utilizzare come abitazione un locale destinato da uso commerciale.
La legge prevede che in tal caso il locatore possa chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ha avuto conoscenza del mutamento dell’uso dell’immobile, e comunque non oltre un anno dal momento in cui il mutamento di
19 Nel caso di immobili siti in un condominio eventuali limiti di destinazione dell’immobile potranno
essere previsti dal regolamento del condominio.
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destinazione effettivamente è avvenuto. Se, entro questi termini, il locatore non si attiva, al contratto si applicherà la normativa relativa all’effettiva utilizzazione dell’immobile (e dunque, nel nostro esempio, la disciplina relativa alla locazione di immobili urbani ad uso abitativo).
Le parti possono prevedere già nel contratto che l’immobile venga destinato a più usi (ad esempio ad abitazione e a studio professionale), ciascuno soggetto ad una diversa regolamentazione. In questi casi, definiti di “uso promiscuo”, verrà applicata la disciplina relativa all’uso prevalente.
Il conduttore non ha, di regola, l’obbligo di utilizzare l’immobile. In altre parole, il “non uso” non è, in genere, causa di risoluzione del contratto per inadempimento.
Tuttavia, il non uso della cosa locata può giustificare la domanda di risoluzione contrattuale nei casi in cui il prolungato non uso potrebbe provocare un deprezzamento del valore di mercato del bene locato, il che corrisponde a normalità tutte le volte in cui l’attività comporti un contatto con il pubblico.
2.2.3 Obbligo di custodia
L’obbligo di custodire l’immobile locato comporta che il conduttore debba:
• vigilare sull’integrità dell’immobile
• provvedere alle riparazioni urgenti poste a suo carico
• dare tempestivamente avviso al locatore della necessità delle riparazioni quando queste devono essere compiute dal locatore
• informare il locatore di eventuali pretese sull’immobile da parte di terzi.
Il conduttore deve utilizzare e conservare diligentemente l’immobile durante tutto il
corso del rapporto di locazione.
Questo obbligo è indipendente da quello di restituzione dell’immobile nelle condizioni in cui è stato ricevuto. Pertanto, non è permesso al conduttore di compiere modifiche non autorizzate nel corso del rapporto o di lasciar deperire l’immobile, anche se pensa di ripristinarlo nello stato precedente in prossimità del momento della restituzione. Infatti, in tal caso, il locatore potrebbe comunque chiedere la risoluzione per inadempimento del contratto, o la riduzione in pristino attraverso l’esecuzione delle opere di manutenzione necessarie, ed anche il risarcimento dei danni, senza dover aspettare la fine del rapporto.
Il conduttore lascia deperire l’immobile contando sul fatto che, prima del momento della restituzione, farà i lavori necessari per riconsegnarlo nello stato in cui l’ha ricevuto. Quando mancano ancora due anni alla fine della locazione, il locatore trova un acquirente interessato all’immobile, il quale, valutate le condizioni dell’immobile, decide di rinunciare all’acquisto.
Il locatore può richiedere subito al conduttore di compiere i lavori per
ripristinare l’immobile che ha lasciato deperire ed ha diritto anche al
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risarcimento dei danni per l’occasione perduta.
L’obbligo di uso diligente dell’immobile richiede inoltre al conduttore di:
• consentire al locatore ispezioni periodiche, anche al fine di verificare lo stato
di manutenzione dell’immobile
• consentire alle visite dell’immobile da parte di potenziali acquirenti su richiesta
del locatore.
Le ispezioni e le visite devono essere preventivamente concordate e devono svolgersi con modalità tali da non compromettere il pacifico godimento dell’immobile da parte del conduttore.
Se il conduttore rifiuta, in modo ripetuto e ingiustificato, il consenso alle visite da parte dei potenziali acquirenti, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento.
Il conduttore è responsabile verso il locatore del deterioramento o della distruzione dell’immobile derivanti da un uso non diligente del bene. Per non pagare il risarcimento del danno il conduttore dovrà provare che il deterioramento non è a lui imputabile, in quanto causato da caso fortuito o forza maggiore (ad esempio da una tempesta di eccezionale ed imprevedibile violenza).
Il conduttore è anche responsabile del deterioramento o della distruzione dell’immobile causati da altre persone, quando abbia accettato che queste persone godessero del bene anche temporaneamente. Così, ad esempio, il conduttore di un immobile destinato a deposito sarà responsabile nei confronti del locatore per il deterioramento provocato dalle persone a cui è stato consentito di servirsi dell’immobile.
2.2.4 Pagamento del canone
Il pagamento del canone (e degli oneri accessori) rappresenta l’obbligazione
principale del conduttore.
Il canone non può essere modificato nel corso della locazione, salvo il caso di aggiornamenti previsti nel contratto (come si è visto sopra, al paragrafo 1.6). Se il contratto non contiene alcuna specifica previsione, il canone resterà immutato per tutta la sua durata.
Il conduttore non può astenersi dal versare il canone e non può ridurlo unilateralmente in risposta ad una diminuzione del godimento del bene (neppure se assume che la diminuzione del godimento derivi da un fatto del locatore). Come si è detto, la sospensione, totale o parziale, del pagamento del canone è legittima solo nel caso in cui venga completamente a mancare la possibilità di godere dell’immobile.
In ogni caso non è considerato inadempiente il conduttore che dimostri di non avere versato il canone perché il locatore ha rifiutato ingiustificatamente di riceverlo.
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Se il conduttore recede dal contratto senza rispettare il periodo del preavviso e riconsegna immediatamente il bene, l’accettazione dell’immobile da parte del locatore non esclude l’obbligo del conduttore di pagare i canoni restanti fino alla scadenza del contratto oppure fino al momento in cui l’immobile viene locato a terzi.
2.2.5 Modalità di pagamento del canone
Il canone deve essere pagato secondo le modalità convenute nel contratto. Ad esempio si potrà prevedere che il pagamento avvenga tramite bonifico, oppure tramite assegni. Se il contratto non contiene alcuna specifica previsione, il pagamento del canone dovrà essere effettuato in contanti al domicilio del locatore, salvo il caso in cui il canone sia superiore a 1.000 euro. In questa ultima ipotesi il pagamento del canone dovrà avvenire con strumenti “tracciabili” (quali bonifici, versamenti su c.c., assegni, pagamenti con carte di credito)20.
Il pagamento del canone avviene di regola presso il domicilio del locatore con mensilità anticipate. Se il contratto non contiene alcuna specifica previsione, il pagamento deve avvenire entro il giorno cinque del mese di riferimento21.
Il contratto può stabilire una diversa scadenza per il pagamento, ed eventualmente prevedere anche il pagamento di più mensilità anticipate. Non è possibile però prevedere che vengano anticipate più di tre mensilità22.
Particolarmente diffuso è il pagamento del canone a mezzo bonifico o accredito in conto corrente bancario (o postale). In questi casi, l’accettazione da parte del locatore di tali modalità di pagamento non esonera il conduttore dall’obbligo di fare pervenire la somma convenuta al locatore entro il termine pattuito. Restano dunque a carico del conduttore i rischi di eventuali ritardi o disguidi derivanti dall’utilizzazione del servizio bancario o postale.
Altresì diffuso è il pagamento del canone mediante assegno bancario. L’assegno bancario può essere consegnato direttamente al locatore o inviato per posta (purché ciò sia previsto nel contratto o accettato dal locatore); in quest’ultima ipotesi i rischi di un ritardo o della perdita dell’assegno sono a carico del conduttore.
2.2.6 Ritardo nei pagamenti
Il mancato pagamento del canone rappresenta un inadempimento da parte del
20 Ciò è previsto dall’art. 12 c. 1n Decreto Legge 201/2011, convertito in Legge 214/2011.
Non trova invece applicazione in tema di locazione ad uso non abitativo la disciplina introdotta dalla legge di stabilità 2014 (art. 1 c. 50 L. 147/2013), che ha previsto l’obbligo di corrispondere il canone di locazione, quale ne sia l’importo, con strumenti tracciabili, e vietato l’utilizzo del denaro contante. Tale disciplina è infatti riferita alle sole locazioni ad uso abitativo.
21 Così almeno secondo gli usi della Provincia di Torino. Per maggiori informazioni circa gli usi applicabili in tema di locazione di immobili urbani si consulti la raccolta provinciale degli usi, scaricabile gratuitamente dalla pagina web: xxxxx://xxx.xx.xxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxxx/xxxxx/xxxxxxxxxxx-xxxxxxx/Xxxxxxxx-Xxxxxxxxxxx-xxxxx-Xxx- Torino.pdf
22 L’art. 2 ter L. 351/1974 dispone che “Sono nulle le clausole contrattuali che contemplano l'obbligo di corresponsione anticipata del canone della locazione per periodi superiori a tre mesi, anche mediante rilascio di titoli di credito”.
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conduttore, che può giustificare la risoluzione del contratto per inadempimento.
Di fronte all’inadempimento, da parte del conduttore, dell’obbligo di pagare il canone entro il termine convenuto, il locatore può scegliere se attendere, e chiedere al conduttore il pagamento, oppure rivolgersi al giudice per chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento in via ordinaria o, in alternativa, lo sfratto per morosità del conduttore (secondo le regole che vedremo ai paragrafi 2.3 e 2.7).
La valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione del contratto è, come vedremo, rimessa all’apprezzamento del giudice.
Viene tuttavia attribuita importanza al comportamento del locatore che abitualmente tolleri il ritardo. Ciò significa che il ritardo nel pagamento non può essere considerato grave inadempimento (e, conseguentemente, giustificare la risoluzione del contratto) nei casi in cui il conduttore abbia abitualmente pagato in ritardo il canone, senza precedenti contestazioni da parte del locatore.
Naturalmente ciò non impedisce al locatore di pretendere, diversamente dal passato, il puntuale pagamento; semplicemente non può, di fronte ad un nuovo ritardo corrispondente a quelli abituali, chiedere immediatamente la risoluzione.
2.2.7 Oneri accessori
Salva diversa pattuizione tra le parti, sono interamente a carico del conduttore, come oneri accessori, le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, allo spurgo dei xxxxx xxxx e delle latrine, nonché alla fornitura di altri servizi comuni.
Quando l’assemblea condominiale delibera sulle spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria, il conduttore può partecipare alle assemblee e ha diritto di voto al posto del proprietario dell’immobile.
Il conduttore può altresì partecipare alle assemblee (ma senza diritto di voto) quando si delibera sulle modifiche di altri servizi comuni.
Se l’edificio appartiene ad un unico proprietario, le decisioni relative al riscaldamento e al condizionamento possono essere adottate in un’apposita assemblea convocata dal proprietario dell’edificio o da almeno tre conduttori.
La ripartizione delle spese tra locatore e conduttore avviene normalmente richiamando nel contratto le tabelle predisposte dalle associazioni di categoria e approvate negli accordi territoriali.
Il conduttore è tenuto a provvedere al pagamento degli oneri accessori entro due mesi dalla richiesta. Prima di effettuare il pagamento il conduttore ha tuttavia diritto di ottenere l’indicazione specifica delle spese, la menzione dei criteri di ripartizione, e ha diritto di prendere visione dei documenti giustificativi delle spese.
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2.2.8 Restituzione dell’immobile
Al termine della locazione il conduttore deve restituire l’immobile al locatore nello stesso stato in cui lo ha ricevuto, salvo il normale deterioramento derivante dall’uso del bene. Tale obbligo comporta anche il divieto di effettuare modificazioni importanti dell’immobile, senza il consenso del locatore (ad es.: abbattere un muro divisorio).
Se al momento della consegna del bene da parte del locatore le parti non hanno provveduto a redigere una descrizione dello stato dell’immobile, si presume che l’immobile sia stato consegnato in buono stato di manutenzione. In questo caso spetterà al conduttore l’onere di provare che l’immobile non era in buone condizioni al momento della consegna.
2.2.9 Inesatta riconsegna dell’immobile
Che cosa succede se il conduttore riconsegna l’immobile in condizioni difformi rispetto
allo stato in cui si trovava ad inizio locazione? In tal caso si tratta di distinguere.
Se si tratta di lievi difformità, che non alterano la consistenza e la struttura della cosa e non implicano l'esplicazione di un'attività straordinaria e gravosa, il locatore non può rifiutare la consegna, ma ha diritto al risarcimento del danno oltre che alla rimessione in pristino del bene.
Tipicamente, ciò accade quando l’immobile sia semplicemente in un cattivo stato di manutenzione a causa del mancato adempimento dell’obbligo di eseguire opere di piccola manutenzione a carico del conduttore. Si pensi, ad esempio, al caso di un rubinetto non funzionante per omessa manutenzione; il locatore non potrà rifiutare la consegna dell’immobile, ma avrà diritto alla sostituzione del rubinetto a spese del conduttore, oltre che al risarcimento dell’eventuale maggior danno.
Il locatore può invece rifiutare la consegna dell’immobile in presenza di gravi danni al bene o difformità significative conseguenti ad innovazioni o trasformazioni non consentite realizzate dal conduttore (si pensi, ad esempio, all’abbattimento di pareti interne dell’immobile), tali che siano necessarie spese notevoli per le attività di ripristino.
In questi casi il locatore potrà rifiutare di ricevere la restituzione dell’immobile finché il conduttore non abbia corrisposto le somme necessarie per l’esecuzione delle opere di ripristino del bene. Il conduttore rimane in tal caso obbligato al pagamento del canone fino al momento della riconsegna, anche se ha smesso di servirsi dell'immobile.
La giurisprudenza ritiene che il locatore debba pur sempre conformarsi a criteri di buona fede, anche nell’esercitare il suo legittimo diritto all’esatta restituzione dell’immobile. Ciò comporta che, sia pur di fronte a serie difformità, il locatore non debba esercitare in maniera pretestuosa i suoi diritti al solo fine di continuare a percepire il canone, soprattutto in caso di oggettive difficoltà economiche del conduttore a provvedere alle necessarie opere. In simili situazioni è pur sempre auspicabile un accordo che consenta la restituzione del bene e preveda il recupero, magari dilazionato nel tempo, delle spese eventualmente anticipate dal locatore per il ripristino dei locali.
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Torino
Il conduttore può avere realizzato, nel corso della locazione, miglioramenti e addizioni sull’immobile. Tali interventi sono ammessi purché, come visto, non comportino una trasformazione significativa della struttura o il mutamento della destinazione d’uso del bene locato:
• per miglioramenti si intendono quelle opere che si fondono con la cosa, e apportano all’immobile un aumento di valore accrescendone in modo durevole il godimento (ad esempio il rifacimento di un impianto di riscaldamento o la sostituzione dei sanitari di un bagno).
di
commercio
Di regola, il conduttore non ha diritto ad alcuna indennità per i miglioramenti apportati all’immobile. Tuttavia, se i miglioramenti sono stati realizzati con un esplicito consenso da parte del locatore, il conduttore potrà, dal momento dell’avvenuta riconsegna dell’immobile, agire nei confronti di questi per ottenere un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo speso per realizzare l’opera sull’immobile e il valore del risultato utile al momento della riconsegna
• si definiscono invece addizioni le opere che, pur unite ed incorporate all’immobile, non si fondono con questo, ma conservano una propria individualità (ad esempio un lampadario).
Al termine della locazione il conduttore ha diritto di rimuovere le addizioni eseguite sull’immobile, purché la loro rimozione possa avvenire senza pregiudizi per il bene. Il locatore ha però facoltà di trattenere tali opere corrispondendo un’indennità al conduttore pari alla minor somma tra l’importo speso per l’esecuzione dell’opera e il valore dell’addizione al momento della riconsegna.
Qualora le addizioni eseguite dal conduttore non possano essere rimosse senza danneggiare l’immobile, il conduttore potrà agire per ottenere un’indennità soltanto se le opere siano state realizzate con il consenso del locatore e abbiano migliorato l’immobile.
2.2.10 Ritardo nella riconsegna dell’immobile
di
Il conduttore in ritardo nella consegna dell’immobile locato è tenuto al pagamento del canone convenuto fino al momento della riconsegna, nonché al risarcimento del maggior danno subito dal locatore per effetto del ritardo nella restituzione.
Camera
Il risarcimento del maggior danno è subordinato alla prova, da parte del locatore, di una lesione al proprio patrimonio (ad esempio consistente nel non aver potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato di quello percepito o nella perdita di occasioni di vendita a condizioni vantaggiose).
2.3 Il mancato rispetto degli obblighi contrattuali: la risoluzione del contratto per inadempimento
La risoluzione del contratto per inadempimento è un rimedio contro il mancato rispetto degli obblighi assunti dalle parti con il contratto.
La risoluzione del contratto di locazione per inadempimento può dunque essere richiesta di fronte a qualsiasi inadempimento del locatore o del conduttore, purché esso sia grave ed imputabile al soggetto che non rispetta i propri obblighi (non sia dovuto, cioè, a cause di forza maggiore, che rendano assolutamente impossibile il rispetto degli obblighi).
Come si è visto, di fronte all’inadempimento di una parte del contratto di locazione, l’altra parte può agire in giudizio per ottenere il corretto adempimento della prestazione dovuta oppure chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento, fermo restando, in ogni caso, il diritto al risarcimento del danno subito.
Se si chiede la risoluzione, il contratto cessa di produrre effetti tra le parti. Trattandosi di un contratto ad esecuzione continuata, restano però salve le prestazioni già eseguite. In altre parole: pur essendo risolto il contratto, il conduttore non può, ovviamente, chiedere la restituzione dei canoni già pagati.
Si può richiedere la risoluzione per inadempimento soltanto in presenza di un inadempimento di una certa gravità. La valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione spetta al giudice, tenendo conto delle circostanze del caso concreto.
Può accadere che la mancata prosecuzione del contratto non dipenda da una circostanza imputabile ad una delle parti del rapporto, ma consegua ad un avvenimento ad esse non imputabile che rende impossibile una delle prestazioni (ad esempio l’immobile dato in locazione viene totalmente distrutto a seguito di un’alluvione, tanto da non poter più servire all’uso non abitativo convenuto). In questa ipotesi il contratto verrà risolto per impossibilità sopravvenuta (e dunque semplicemente cesserà di produrre effetti, senza che vi sia alcun diritto ad un risarcimento del danno).
2.4 Sublocazione e cessione del contratto
Per “sublocazione” si intende la concessione in locazione del bene ad altri da parte
di chi, a sua volta, è conduttore.
In presenza di una sublocazione si hanno due contratti: uno stipulato tra il locatore e il conduttore ed un altro stipulato tra il conduttore e il sub-conduttore. Questo secondo rapporto è dipendente da quello principale. Ne consegue che la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del sub-conduttore e che un’eventuale sentenza pronunciata a seguito di una lite tra locatore e conduttore ha effetto anche verso il sub-conduttore.
Nei casi in cui il venire meno della locazione è imputabile al conduttore, vi potrà essere una responsabilità del conduttore nei confronti del sub- conduttore. Così, se la locazione viene risolta per inadempimento del conduttore (ad esempio perché questi non ha pagato il canone), il sub- conduttore potrà ottenere dal conduttore, che gli ha sublocato una parte dell’immobile, il risarcimento dei danni subiti per l’impossibilità di continuare a godere del bene. Per contro, se la locazione viene risolta per
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inadempimento del locatore (ad esempio perché quest’ultimo non ha rispettato l’obbligo di manutenzione dell’immobile), il conduttore non sarà obbligato a risarcire il danno subito dal sub-conduttore, il quale potrà tuttavia agire direttamente contro il locatore.
Il locatore può agire direttamente nei confronti del sub-conduttore per ottenere il pagamento del canone di sublocazione, purché questi non l’abbia ancora pagato al conduttore (e purché ovviamente il conduttore non abbia a sua volta ancora pagato il canone al locatore). Può inoltre chiedere l’adempimento degli altri obblighi derivanti dal contratto di sublocazione (ad esempio relativamente alla manutenzione dell’immobile).
Diversa dalla sublocazione è la “cessione” del contratto. Con la cessione del contratto il conduttore trasferisce il contratto ad un terzo, che diventa il nuovo conduttore. Mentre con la sublocazione il conduttore stipula un contratto distinto con un terzo, ma rimane parte del contratto principale stipulato con il locatore, con la cessione il terzo diventa il nuovo conduttore.
Ciò significa che, per effetto della cessione del contratto, il terzo si sostituisce al conduttore non solo nel godimento dell’immobile, ma anche negli obblighi imposti dall’originaria locazione, subentrando in essa.
Di regola, la sublocazione è sempre possibile, se non espressamente vietata dal contratto. La cessione del contratto richiede invece, di norma, il consenso del locatore.
A tale generale disciplina il legislatore ha tuttavia in parte derogato in tema di locazione di immobili ad uso non abitativo, consentendo al conduttore di sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione, anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda.
Ciò significa che nelle locazioni ad uso non abitativo:
• la sublocazione è sempre possibile, quando viene ceduta o locata l’azienda,
nonostante una previsione contraria nel contratto
• la cessione del contratto è eccezionalmente possibile, anche senza il consenso del locatore, quando sia contestualmente ceduta o locata l’azienda.
Ove non venga ceduta o locata l’azienda, si applica la disciplina generale (la sublocazione è possibile, salvo espresso divieto contrattuale; la cessione del contratto richiede il consenso del locatore).
Cosa si intende per cessione o locazione dell’azienda? Si realizza tale ipotesi quando, contestualmente alla sublocazione o cessione del contratto di locazione, si ceda o dia in locazione allo stesso soggetto il complesso dei beni destinati all’attività esercitata nell’immobile, o quanto meno una loro porzione autonoma e funzionalmente sufficiente per tale attività23. Ad esempio, la cessione del contratto di locazione relativo ad un immobile
23 Non costituisce invece cessione di parte dell’azienda l’alienazione di singoli beni, ad es. di qualche attrezzatura utile alla vendita, come il registratore di cassa o le stigliature.
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adibito a ristorante è possibile senza il consenso del locatore solo se si ceda, per così dire, il ristorante, e non il mero godimento dell’immobile: dunque l’azienda di ristorazione nel suo complesso, con tanto di attrezzature, contratti con i fornitori, etc.
In questi casi il conduttore è tenuto a dare comunicazione al locatore della sublocazione o della cessione del contratto di locazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Tale comunicazione non costituisce un requisito di validità della sublocazione o della cessione del contratto ma è necessaria per rendere tali avvenimenti opponibili al locatore (ad esempio, se non vi è stata comunicazione della cessione, il locatore legittimamente potrà pretendere il canone dal conduttore originario).
La comunicazione deve contenere l’indicazione degli elementi essenziali relativi ai contratti conclusi tra il conduttore ed il terzo, nonché le notizie essenziali relative alla persona che subentra nel godimento dell’immobile, in modo da consentire al locatore di esercitare il suo diritto di opporsi per gravi motivi. Sono gravi motivi che giustificano la opposizione del locatore alla sublocazione o alla cessione del contratto di locazione quelli che riguardano la persona del nuovo conduttore (e, in particolare la sua affidabilità e la sua solvibilità).
La opposizione da parte del locatore dovrà avvenire entro il termine di 30 giorni dalla data in cui questi ha ricevuto la comunicazione.
Nel gennaio 2017 Xxxxx e Xxxxxxxxx stipulano un contratto di locazione ad uso commerciale della durata di 6 anni e Xxxxxxxxx inizia a svolgere nell’immobile locato l’attività di parrucchiere. Dopo oltre due anni dall’inizio dell’attività Sempronio, deciso ad intraprendere una nuova professione, intende sublocare l’immobile e l’azienda ad un altro parrucchiere, e provvede a comunicare tale decisione al locatore. Xxxxx, che riceve la comunicazione del conduttore in data 31 ottobre 2019, potrà opporsi alla sublocazione dell’immobile entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione (ossia entro il 30 novembre 2019) se, ad esempio, il sub-conduttore indicato da Xxxxxxxxx appare insolvibile.
Nel solo caso di cessione del contratto di locazione ad uso non abitativo, a fronte del potere di scelta del nuovo conduttore (cessionario), attribuito in via esclusiva al conduttore originario (cedente), la legge tutela in modo più forte il locatore rispetto alle eventuali conseguenze negative di tale scelta, non solo consentendogli, come abbiamo visto, il diritto di opporsi alla cessione per gravi motivi, ma anche prevedendo un’obbligazione di garanzia in capo al conduttore cedente non espressamente liberato dal locatore ceduto.
Il locatore può, infatti, scegliere se liberare l’originario conduttore (cedente) dalla responsabilità nei suoi confronti per gli eventuali inadempimenti del nuovo conduttore (cessionario).
Se il locatore non libera il conduttore cedente dalla responsabilità per eventuali inadempimenti del nuovo conduttore, il conduttore resta responsabile verso il
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locatore: tale responsabilità è subordinata all’inadempimento del nuovo conduttore, ma non richiede che vi sia stata un’azione giudiziale contro quest’ultimo24.
Nel febbraio 2017 Xxxxx concede in locazione a Caia un immobile adibito a lavanderia.
Dopo tre anni Xxxx decide di cedere il contratto di locazione e l’azienda di cui è titolare a Mevio e comunica la propria decisione a Xxxxx. Quest’ultimo non si oppone e il contratto di locazione viene definitivamente ceduto a Mevio.
Xxxxx, tuttavia, si dimostra inadempiente, in quanto non provvede al pagamento del canone pattuito.
Di fronte all’inadempimento di Xxxxx, Xxxxx, se non ha dichiarato di liberare Xxxx dalla responsabilità per gli eventuali inadempimenti del nuovo conduttore, potrà rivolgersi a Caia per ottenere il pagamento del canone.
2.5. Vendita dell’immobile locato
Il locatore potrebbe trasferire l’immobile ad un terzo nel xxxxx xxx xxxxxxxxx (xxx a titolo di vendita, che di donazione). Nel prossimo paragrafo, vedremo che, in taluni casi, il conduttore ha un diritto di prelazione (cioè di acquistare l’immobile).
Cosa accade, comunque, se un terzo diventa proprietario dell’immobile locato prima della scadenza del termine della locazione? In questo caso, il rapporto di locazione continua ed il nuovo proprietario diventa il nuovo locatore; a tal fine, è sufficiente provare che il contratto di locazione è stato stipulato in una data certa precedente alla vendita dell’immobile (per esempio, attraverso la registrazione).
In altri termini, il terzo acquirente subentra all’originario locatore nei diritti e negli obblighi che derivano dal contratto di locazione. Il subentro dell’acquirente avviene automaticamente dal giorno dell’acquisto dell’immobile, senza che sia necessario il consenso del conduttore.
Solo se il contratto di locazione non risulta avere una data certa anteriore alla vendita dell’immobile, il nuovo acquirente potrà privare il conduttore del godimento dell’immobile stesso.
In questo caso il conduttore potrà eventualmente rivolgersi all’originario locatore per ottenere il risarcimento del danno subito per effetto di tale privazione (si immagini ad esempio che il locatore abbia colpevolmente ritardato la registrazione). Ovviamente, a tal fine dovrà comunque provare, in qualche modo, che un contratto vi è stato.
La legge attribuisce al conduttore di un immobile destinato ad uso non abitativo un diritto di prelazione sia nell’ipotesi in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, sia nell’ipotesi in cui, alla scadenza del contratto, il locatore intenda locare l'immobile a terzi.
24 Anche se la giurisprudenza sul punto non è chiara, è prudente per il locatore ceduto chiedere formalmente, e per iscritto, al nuovo conduttore l’adempimento prima di agire nei confronti del cedente, in modo da poterne documentare l’inadempimento.
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Con il diritto di prelazione il conduttore ha la possibilità di acquisire la proprietà dell'immobile a titolo oneroso, ovvero di concludere un nuovo contratto di locazione, a parità di condizioni e con preferenza rispetto a terzi
Il diritto di prelazione è posto a tutela dell’avviamento commerciale; per questo esso è riconosciuto al conduttore di un’immobile soltanto quando in esso si eserciti un’attività produttiva o commerciale che comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori; più precisamente, esso non si applica a tutte quelle attività per le quali abbiamo già visto essere escluso il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento (per le quali rinvia al paragrafo 1.7).
Il locatore che intenda trasferire a titolo oneroso l’immobile locato è tenuto a comunicare al conduttore tale intenzione, permettendogli così di esercitare il proprio diritto di prelazione.
La comunicazione del locatore al conduttore, secondo la lettera della legge, va data con atto notificato a mezzo ufficiale giudiziario (anche se, secondo la giurisprudenza, è possibile fare ricorso a modalità equipollenti, quale è la lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, recapitata al destinatario da parte del messo postale, secondo la normativa postale). Essa deve contenere l’indicazione dei seguenti elementi:
• il corrispettivo
• le altre condizioni a cui la compravendita dovrebbe essere conclusa
• l’invito ad esercitare la prelazione.
L’obbligo di comunicare al conduttore la propria intenzione di alienare l’immobile sorge in capo al locatore dal momento in cui questo abbia maturato l’intenzione di vendita.
Così, ad esempio, nel caso di stipula di un contratto preliminare, a cui deve seguire la stipula del contratto definitivo, il locatore sarà obbligato a comunicare il proprio intento al conduttore sin dal momento in cui viene formato il preliminare (senza che rilevi che il contratto definitivo debba essere stipulato in una data successiva alla cessazione del rapporto locativo).
Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni, decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione del locatore, con atto notificato al proprietario dell’immobile tramite ufficiale giudiziario e contenente l’offerta di condizioni uguali a quelle comunicategli.
Se si tratta di immobile locato a più conduttori, il proprietario-locatore deve dare comunicazione a tutti i conduttori, i quali possono esercitare la prelazione congiuntamente.
Se, però, uno di essi vi rinuncia, la prelazione può essere esercitata dai rimanenti o dal rimanente conduttore. L’avente diritto che non comunichi agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione del locatore si considera avere rinunciato alla prelazione.
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Il diritto di prelazione è configurabile solo nelle ipotesi in cui il locatore intenda trasferire l’immobile locato a titolo oneroso. Il conduttore non ha un diritto di prelazione nei casi in cui il trasferimento dell’immobile da parte del locatore avvenga a titolo gratuito (ad es. in forza di una donazione).
Inoltre, non si riconosce un diritto di prelazione del conduttore nel caso di trasferimenti a favore del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, nonché di trasferimenti operati sulla base di un diritto di prelazione dei coeredi.
È altresì escluso un diritto di prelazione in favore del conduttore nei casi in cui il trasferimento della proprietà dell’immobile locato non sia effetto della libera determinazione del proprietario-locatore di trasferire il bene. Così, ad esempio, non si riconosce un diritto di prelazione in capo al conduttore nelle ipotesi di vendita forzata dell’immobile o di vendita coattiva in sede fallimentare.
Può accadere che il proprietario-locatore non provveda a comunicare al conduttore la propria intenzione di alienare l’immobile locato o che, pur provvedendo a tale comunicazione, indichi al conduttore un corrispettivo superiore a quello risultante dall’atto di compravendita.
In questi casi la legge riconosce al conduttore avente diritto alla prelazione un diritto di riscatto.
In forza di tale diritto il conduttore può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto concluso tra il locatore ed il terzo, riscattare l’immobile dall’acquirente, diventandone proprietario, mediante versamento del prezzo da questi corrisposto.
Quando il conduttore esercita il diritto di riscatto, deve provvedere al pagamento del prezzo dovuto entro il termine di tre mesi.
In caso di immobile destinato a più usi, i diritti di prelazione e di riscatto vengono riconosciuti al conduttore solo quando l’uso commerciale risulti prevalente.
2.6.1 La prelazione in caso di nuova locazione
La legge prevede un obbligo di comunicazione al conduttore da parte del locatore anche quando questi intenda, alla scadenza finale del contratto, locare a terzi l’immobile. In particolare, il locatore deve comunicare al conduttore le offerte di locazione ricevute da terzi, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, almeno sessanta giorni prima della scadenza (complessivamente di 6+6 o 9+9 anni, a seconda dell’attività esercitata nell’immobile locato; si ricorda che alla prima scadenza il rinnovo è invece un diritto del conduttore, salve le ipotesi espressamente previste dalla legge).
Il conduttore ha diritto di prelazione se, entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione del locatore, offra, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore. Egli conserva tale diritto anche nel caso in cui il contratto tra il locatore e il nuovo conduttore sia sciolto entro un anno, ovvero quando il locatore abbia ottenuto il rilascio dell’immobile non
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intendendo locarlo a terzi, e, viceversa, lo abbia concesso in locazione entro i sei mesi successivi.
Diversamente da quanto avviene nel caso, sopra esaminato, in cui il locatore intenda alienare l’immobile a terzi, in questa ipotesi la legge non prevede che, nel caso di violazione del diritto di prelazione dell’originario conduttore, quest’ultimo possa sostituirsi al soggetto al quale l’immobile sia stato locato.
In altri termini non sussiste, in questa ipotesi, un diritto di riscatto del conduttore. Ne consegue che di fronte ad un eventuale inadempimento dell’obbligo di comunicazione da parte del locatore, il conduttore potrà eventualmente soltanto chiedere i danni.
Xxxxx, tecnico informatico, conclude con Xxxx, proprietario di un immobile, un contratto di locazione ad uso non abitativo della durata di 6 + 6 anni.
Quando si sta avvicinando la fine del contratto originario, Xxxx riceve
un’offerta di locazione per lo stesso immobile da parte di Xxxxxxxxx.
Se Xxxx intende concedere l’immobile in locazione a Xxxxxxxxx, dovrà, almeno sessanta giorni prima della scadenza del contratto con Xxxxx, comunicare a Xxxxx l’offerta ricevuta, per consentirgli di offrire uguali condizioni.
Supponiamo che Xxxx non comunichi a Tizio, nei termini stabiliti dalla legge, l’offerta ricevuta da Xxxxxxxxx e concluda il contratto con quest’ultimo, e immaginiamo che Xxxxx, immediatamente dopo la scadenza del contratto, quando già ha concluso un contratto di locazione per una diversa sede, venga a conoscenza della cosa. Xxxxx potrà agire nei confronti di Xxxx per chiedere i danni, senza però poter pretendere di sostituirsi a Xxxxxxxxx nel contratto di locazione concluso tra questo e Caio. In concreto, Xxxxx potrà ad esempio chiedere i danni legati all’esigenza di traslocare e all’eventuale maggiore canone che si trova costretto a pagare per la nuova sede della sua attività.
In ogni caso, il locatore non è tenuto a comunicare le offerte di locazione al conduttore, quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare la locazione o quando il rapporto di locazione sia cessato per una causa imputabile al conduttore (risoluzione per inadempimento o recesso del conduttore o sottoposizione dello stesso a procedura concorsuale).
Il procedimento per convalida di sfratto (chiamato così perché si chiede al giudice di convalidare lo sfratto richiesto dal locatore) è un procedimento sommario attivabile da parte del locatore per ottenere il rilascio dell’immobile in presenza di due circostanze tra di loro alternative:
• finita locazione
• morosità del conduttore.
In sede di convalida di sfratto, al locatore non è consentito domandare il risarcimento del danno o prestazioni di riparazioni. Tali pretese dovranno dunque essere oggetto di un’autonoma domanda.
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Dopo alterne vicende, a partire dal settembre 2013, è stata reintrodotta l’obbligatorietà del tentativo di mediazione per le controversie concernenti alcune materie individuate specificamente dalla legge, tra cui la locazione. In questi casi la parte (o le parti) che intende agire in giudizio, prima di rivolgersi al giudice, deve effettuare un tentativo di mediazione, con l’assistenza obbligatoria di un avvocato. Se la parte (o le parti) chiamata in mediazione aderisce, i soggetti coinvolti, accompagnati dai propri avvocati, si incontrano davanti ad un professionista terzo ed imparziale, il mediatore, che li aiuta a comporre la controversia che li coinvolge, tramite il raggiungimento di un accordo.
Tuttavia, il tentativo obbligatorio di mediazione non si applica ai procedimenti che hanno carattere di urgenza. Non trova quindi applicazione nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino alla eventuale instaurazione di un giudizio ordinario25.
2.7.1 Licenza e sfratto per finita locazione
Il procedimento per convalida di sfratto per finita locazione può essere utilizzato dal locatore nel solo caso in cui, alla scadenza del contratto di locazione, il conduttore non abbia rilasciato l’immobile. Per fattispecie diverse il locatore potrà far valere le proprie ragioni con una normale azione giudiziaria, senza usare questa speciale procedura.
Presupposto per lo sfratto per finita locazione è dunque l’inadempienza da parte del conduttore dell’obbligo di restituire l’immobile al termine del rapporto.
Al locatore è però riconosciuta la facoltà di adire la via giudiziale anche prima della scadenza del contratto per assicurarsi di ottenere che l’immobile non sia rilasciato oltre il termine. In quest’ultima ipotesi si avrà un’intimazione di licenza per finita locazione. In questo modo il locatore si premunisce di un titolo esecutivo da azionare direttamente nel caso in cui il conduttore non rilasci tempestivamente l’immobile.
2.7.2 Sfratto per morosità
Il procedimento per convalida di sfratto per morosità può essere utilizzato dal locatore per ottenere il rilascio dell’immobile, nonché il pagamento per i canoni scaduti, nella sola ipotesi in cui il conduttore si sia reso inadempiente rispetto all’obbligo di pagare il canone nei termini convenuti.
Di fronte alla morosità del conduttore, il locatore può dunque scegliere se avvalersi della procedura sommaria o se agire in via ordinaria chiedendo la risoluzione del contratto; potrà ad esempio scegliere questa seconda alternativa quando intenda avanzare ulteriori pretese oltre al rilascio dell’immobile.
Inadempimenti del conduttore diversi dalla morosità nel pagamento del canone (ad esempio la modificazione d’uso dell’immobile, l’ingiustificato e continuato rifiuto alle visite da parte di potenziali acquirenti, etc.) potranno invece essere fatti valere dal locatore soltanto in via ordinaria, mediante la risoluzione per inadempimento.
25 Per maggiori informazioni si consulti la Guida ai diritti sulla "Mediazione civile e commerciale”.
Camera di commercio di Torino
Sia nel caso di sfratto per finita locazione, sia nel caso di sfratto per morosità, il procedimento per convalida di sfratto viene avviato con una intimazione di sfratto, con cui si invita il conduttore a comparire in giudizio.
Nel giorno fissato per l’udienza di convalida possono verificarsi diverse situazioni:
• il locatore non compare. In questa ipotesi gli effetti dell’intimazione cessano
• il conduttore non compare (o pur comparendo non si oppone alle richieste del locatore). In queste ipotesi il giudice emette un provvedimento con cui accoglie la domanda del locatore e convalida lo sfratto, disponendo il rilascio dell’immobile. Per effetto della convalida di sfratto il contratto di locazione si ritiene risolto (in caso di licenza per finita locazione, ovviamente, il contratto prosegue fino alla scadenza)
• il conduttore compare e si oppone allo sfratto. Ad esempio il conduttore dichiara di aver pagato regolarmente il canone. In questo caso:
− se l’opposizione del conduttore è fondata su prova scritta, il giudizio prosegue come una causa ordinaria (sebbene nelle forme del processo speciale locatizio).
− se, invece, il conduttore non fornisce una prova scritta della propria contestazione, il giudice, su istanza del locatore, se non sussistono gravi motivi in contrario, dispone il rilascio dell’immobile. In questa ipotesi il giudice dispone che il giudizio prosegua come causa ordinaria di risoluzione del contratto per inadempimento per approfondire le contestazioni del conduttore; a garanzia del conduttore, il giudice può inoltre imporre al locatore una cauzione per gli eventuali danni e spese (per il caso in cui l’opposizione del conduttore si riveli alla fine fondata).
In tutti i casi in cui il giudizio prosegue come causa ordinaria, il giudice può comunque disporre che le parti, prima di proseguire con il giudizio, debbano effettuare un tentativo di mediazione.
Diversamente da quanto avviene in tema di locazione ad uso abitativo, non trova qui applicazione, in caso di morosità del conduttore, la disciplina relativa alla concessione di un termine (cosiddetto termine di grazia) per il pagamento dei canoni scaduti. Le parti possono però espressamente prevedere, al momento della stipulazione del contratto, la possibilità per il conduttore di sanare la morosità nel pagamento dei canoni in sede giudiziale.
Camera di commercio di Torino