ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
Matricola n. 0000621491
ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
SCUOLA DI GIURISPRUDENZA
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE A CICLO UNICO
GLI ACCORDI CORRUTTIVI NELL’AMBITO DELLA CONTRATTAZIONE PUBBLICA
Prevenzione e repressione della corruzione nel sistema degli appalti pubblici.
Tesi di Laurea in Diritto Penale
Relatore Presentata da
Xxxx. XXXXXXX XXXXXXXXXX XXXXXXX AMORE
Sessione I
Anno accademico 2015/2016
Alla mia famiglia,
INDICE
INTRODUZIONE …………………………………………………………………………. 3
Capitolo I
LA CORRUZIONE ALL’INTERNO DELLA MACCHINA DELLO STATO
1. Il fenomeno corruttivo e la sua “logica” ……………………………………………. 6
2. Cause e fattori che favoriscono la corruzione nella pubblica amministrazione italiana ……………………………………………………………………………... 9
3. La diffusione della corruzione in Italia ……………………………………………... 14
4. Il volto “dinamico” della corruzione: la corruzione burocratica-pulviscolare………. 16
4.1. (segue): la dimensione sistemica della corruzione …………………………………. 20
4.2. (segue): la corruzione politico-amministrativa come sistema………………………. 23
5. L’evoluzione della corruzione nel tempo: da “tangentopoli” a “mafia capitale”…….. 26
6. Il costo della corruzione in termini economici (brevi cenni)…………………………. 34
Capitolo II
LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE SUL PIANO NORMATIVO TRA DIRITTO INTERNAZIONALE E SFERA INTERNA
1. L’evoluzione internazionale dell’azione di contrasto alla corruzione…………….... 36
1.1. Gli interessi tutelati: l’internalizzazione del diritto penale-economico .…………… 40
2. Beni giuridici tutelati dai delitti di corruzione sul fronte nazionale: le teorie unitarie 41
2.1. (segue): le teorie differenziate……………………………………………………… 44
3. L’evoluzione legislativa italiana prima della riforma “Xxxxxxxx” …………………. 48
3.1. La riforma “Xxxxxxxx”, l. 6 novembre 2012, n. 190: passo in avanti o nuovo punto
di partenza? ………………………………………………………………………... 51
3.2. (segue): I recenti interventi normativi ad opera della l. 27 maggio 2015, n. 69 …….. 54
4. La repressione della corruzione “propria”(art. 319 c.p.): i soggetti attivi e la struttura
del reato...................................................................................................................... 56
4.1. La condotta ed il momento consumativo…………………………………………… 58
4.2. L’atto contrario ai doveri d’ufficio…………………………………………………. 60
4.3. (segue): le circostanze aggravanti: l’art.319 bis c.p.………………………………... 64
4.4. Conclusioni: reprimere è meglio che prevenire?......................................................... 66
Capitolo III
LE INTESE CORRUTTIVE NELLA CONTRATTAZIONE PUBBLICA
1. Considerazioni introduttive: l’intervento pubblico ed “occasioni di corruzione”…... 68
2. La corruzione negli appalti pubblici : la fase di programmazione …………………... 70
2.1. La corruzione nell’aggiudicazione degli appalti pubblici: la selezione del contraente
tra automatismo e discrezionalità amministrativa……………………………………….. 73
2.2. (segue): la corruzione nell’aggiudicazione degli appalti pubblici: la selezione dell’offerta “migliore”………………………………………………………………….. 78
2.3. La corruzione nella fase di esecuzione dei contratti di appalto: la problematica delle varianti in corso d’opera………………………………………………………………... 82
3. Corruzione e “cultura dell’emergenza” ……………………………………………. 84
4. Corruzione e criminalità organizzata: il dominio ad opera delle cosche mafiose nella contrattazione pubblica……………………………………………………………... 86
4.1. (segue): la “rotazione programmata” e il controllo sistemico degli appalti pubblici
da parte della criminalità organizzata…………………………………............................ 90
5. Conclusioni: Alla ricerca della trasparenza amministrativa “perduta”………............... 94
Capitolo IV
LA PREVENZIONE E IL CONTRASTO DELLA CORRUZIONE ALL’INTERNO DELLA CONTRATTAZIONE PUBBLICA
1. Considerazioni introduttive: la svolta preventiva-amministrativa adottata dalla riforma “Xxxxxxxx”………………………………………………………................. 97
1.1. (segue): il potenziamento delle misure generali di prevenzione della corruzione …... 99
2. L’ anticorruzione nel sistema degli appalti pubblici 106
3. Pianificare la prevenzione nell’ambito della contrattazione pubblica: i patti di integrità, i protocolli di legalità e la documentazione antimafia 112
4. Il ruolo svolto dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) nella contrattazione pubblica 118
5. La tutela del wistleblower: ulteriore strumento preventivo? 123
6. Conclusioni: prevenire è meglio che reprimere? 127
CONCLUSIONI 129
BIBLIOGRAFIA ………………………………………………………………................... 132
RINGRAZIAMENTI 143
INTRODUZIONE
«Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi. I cittadini a cui sono affidate le funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge». L’art. 54 della Costituzione italiana propone il prototipo ideale del funzionario pubblico, un cittadino sì, ma non come tutti gli altri. Poiché se è vero che tutti i cittadini devono essere fedeli al proprio Stato di appartenenza, osservandone le leggi e la Costituzione, su coloro che svolgono una pubblica funzione incombe un onere ben più importante, quello cioè di adempiere le proprie mansioni con disciplina ed onore1.
Le cronache e i recenti scandali rappresentano un volto della pubblica amministrazione italiana ben diverso; ciò che emerge infatti è l’enorme casistica nella quale la figura del dipendente pubblico risulta sempre più influenzata da una pratica , in primis mentale e successivamente materiale, la quale paralizza il corretto agire della macchina dello Stato: prassi deleteria nella quale si inserisce il cancro della corruzione.
Il fenomeno corruttivo ritrova le sue radici già agli inizi del primo millennio: basti pensare al celebre processo contro Xxxx Xxxxx e alle famosi orazioni di Xxxxxxxx, nonché alle misure anti corruzione presenti nella tradizione legislativa più antica2. Una pratica, quella corruttiva, che è stata conosciuta sia nei regimi autoritari che nelle forme di Stato democratico, la quale spesso ha destabilizzato Paesi come Francia, Germania, Spagna e Giappone. Venendo a tempi più recenti e relativamente all’Italia, il primo grosso scandalo di collusione tra sistema politico e mondo finanziario sorse verso la fine dell’Ottocento quando lo scandalo della Banca Romana, istituto di credito di rilevante importanza al quale era delegata l’importante funzione di emettere carta moneta, coinvolse esponenti politici di spicco come Xxxxxx e Xxxxxxxx. «Affaristi, uomini politici poco scrupolosi e poco dignitosi, amministratori fraudolenti, impiegati infedeli o venali, e piccole e grosse rapine, sono cose di tutti i tempi e di tutti i paesi, e in certi tempi e in certi paesi si addensano e scoppiano in modo grave»3.
1 Cfr. B.G. XXXXXXXXXX, Le regole dell’onestà. Etica, politica, amministrazione, Il Mulino, 2007, p. 9
s.
2 Per un quadro esaustivo sulla corruzione nell’esperienza romanistica si rimanda a X. XXXXXXX, La
corruzione politica nell’antica Xxxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, 0000.
3 Così X. XXXXX, Storie d’Italia dal 1871 al 1915, Laterza, 1934 p. 193.
Gli attuali Stati di diritto, sorti dalle macerie cagionate dal secondo conflitto mondiale, hanno riscontrato una difficoltà sempre più crescente nell’arginare il fenomeno corruttivo, il quale si è inserito all’interno di un mercato finanziario con un volto sempre più dinamico, anche grazie al fenomeno della globalizzazione che lo ha interessato durante gli ultimi trent’anni della storia odierna. L’Italia, infatti, per un lungo periodo è stata caratterizzata da un sistema legislativo poco attento al contrasto della corruzione, frutto anche della diretta implicazione della classe politica della cosiddetta “prima repubblica” negli scandali di un sistema colluso e danneggiato, scoperchiato dalla nota inchiesta “Mani pulite” condotta dalla magistratura requirente di Milano all’inizio degli anni novanta.
L’obiettivo di tale lavoro consiste nel fotografare in un ambito prevalentemente domestico, quale quello italiano, l’evoluzione del fenomeno corruttivo all’interno della pubblica amministrazione e dentro la politica italiana; comprendere come esso agisca all’interno dei settori amministrativi più vulnerabili e maggiormente esposti, come quello degli appalti pubblici e soprattutto analizzare le varie sfaccettature che la corruzione assume a seconda delle zone nelle quali essa si manifesta. Si cercherà inoltre di comprendere quali siano state effettivamente le risposte date dal legislatore italiano all’interno di settori come quello penalistico nel corso degli anni, alla luce delle numerose emergenze alle quali ha dovuto far fronte con l’aumento dei casi di corruzione; situazioni allarmanti dimostrate sia all’interno di aule di giustizia sia in base alla percezione sociale dimostrata da tutti quei consociati che soprattutto per la loro professione costantemente vengono a contatto con la sfera amministrativa italiana. Parte della trattazione infatti si focalizzerà sull’interesse mostrato dal nostro sistema legislativo a seguito della legge 6 novembre 2012, n. 190, (cosiddetta riforma “Xxxxxxxx”) sul piano della prevenzione e della repressione della corruzione, frutto di importanti convenzioni internazionali aventi come obiettivo la lotta a tale fenomeno alle quali l’Italia ha aderito, passando attraverso i recenti modellamenti normativi di tale riforma, svolti tra il maggio 2015 e gennaio 2016. Un ulteriore dato di notevole importanza, cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni nella realtà economica e pubblica italiana, dimostra come la criminalità organizzata riesca a sfruttare sistemi leciti, come quelli della contrattazione pubblica, non solo per fare accrescere i propri proventi ma anche per rendersi maggiormente invisibile agli occhi della società. Analizzando tale fenomeno, si cercherà di comprendere le dinamiche
relative alla problematica delle infiltrazioni mafiose all’interno della pubblica amministrazione italiana e quali siano state le misure adottate in un’ottica preventiva dal legislatore italiano.
Pertanto sarà importante capire, concentrando la trattazione su tali tematiche, quali siano stati gli obiettivi raggiunti dal sistema penalistico italiano nel corso degli anni, e cosa sia opportuno fare per potere prevenire tale fenomeno ed affidare adeguati strumenti di repressione agli organi di controllo preposti al corretto funzionamento della macchina amministrativa italiana; organi sia interni alla pubblica amministrazione che esterni ad essa, come la magistratura.
Capitolo I
La corruzione all’interno della macchina dello stato
SOMMARIO: 1. Il fenomeno corruttivo e la sua “logica”. - 2. Cause e fattori che favoriscono la corruzione nella pubblica amministrazione italiana. -3. La diffusione della corruzione in Italia. - 4. Il volto “dinamico” della corruzione: la corruzione burocratica-pulviscolare. - 4.1. (segue): La dimensione sistemica della corruzione. - 4.2. (segue)- La corruzione politico-amministrativa come sistema. -5. L’evoluzione della corruzione nel tempo: da “tangentopoli” a “mafia capitale”. - 6. Il costo della corruzione in termini economici (brevi cenni).
1. Il fenomeno corruttivo e la sua “logica”.
Il diritto penale ha come obiettivo fondamentale quello di reprimere e punire i responsabili di condotte antigiuridicamente rilevanti. Reati come quelli contro la pubblica amministrazione, tra i quali spicca la corruzione, occupano un posto alquanto rilevante all’interno del sistema penalistico italiano; tale reato a seguito della cossidetta riforma “Xxxxxxxx”,infatti, è stato di recente rivisitato dal nostro legislatore, il quale ha tentato di attribuire un volto nuovo al fenomeno corruttivo sulla scia di proposte di legge e di elaborati prodotti dalle commisioni di studio appositamente istituite a tale scopo.
Il termine “corruzione” deriva dal verbo latino corrumpere e letteralmente significa decomporre o disfare qualcosa1. Nell’ottica giuridica-amministrativistica tale forma di decomposizione coinvolge una vasta serie di protagonisti paragonabili a colonne portanti di una struttura, quale la pubblica amministrazione, che rischia di franare sotto gli occhi della società odierna . È da evidenziare che il problema della corruzione in Italia trova le proprie fondamenta su un piano in primis etico e successivamente giuridico 2 ; esso costituisce una male che genera dentro la cocienza dei consociati un sentimento di sfiducia e paura proprio nei confronti di quelle colonne portanti, poiché il disfacimento verso il quale la macchina burocratica sta andando incontro rompe l’equlibrio ed il senso di imparzialità che dovrebbero costituire la base degli attuali Stati di diritto.
Qual è la rilevanza della questione–corruzione in Italia? All’inizio dell’analisi di tale fenomeno è importante comprendere cosa si intenda effettivamente per corruzione: costitutisce corruzione l’illecita compravendita di atti conformi o contrari ai doveri d’ufficio, oggetto di un patto segreto che intercorre tra un funzionario pubblico e un
1 In dizionario online Treccani, xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxx.
2 In questo senso B.G. XXXXXXXXXX, Le regole dell’onestà. Etica, politica, amministrazione, Il Mulino, 2007, p. 2.
privato. La condotta da sanzionare, seguendo le linee imposte dal legislatore italiano, consiste nel mercanteggiamento dell’azione amministrativa, la quale dovrebbe essere orientata alla realizzazione di due importanti principi richiamati dal secondo comma dell’art.97 Cost., come il “buon andamento” e “l’imparzialità”. Secondo gran parte della giurisprudenza e della dottrina penalistica sarebbero proprio tali principi ad essere tutelati dall’insieme degli articoli 318–322 c.p., dal momento che a seguito dell’offesa arrecata a tali interessi scaturisce la lesione della prestigiosa immagine della pubblica amministrazione3.
Tale forma di mercanteggimento possiede alla base una logica alquanto elementare; bisogna infatti associare la figura del funzionario pubblico corrotto a quello di un dipendente che deve seguire le direttive imposte da parte di due “datori di lavoro” in un mercato caratterizzato da una malsana concorrenza sleale ; da una parte è presente lo Stato, inteso come insieme di consociati che tramite apposite forme di delega, elezioni o selezione mediante concorsi pubblici, conferisce al funzionario un potere di matrice pubblicistica affinchè venga utlizzato per garantire il benessere della socitetà civile. L’influenza negativa della corruzione solitamente giunge nel momento in cui un altro consociato(il datore di lavoro “uffiocioso”) propone al “delegato” di indirizzare verso di lui i benefici che la macchina amministrativa può apportare; in tal caso, il privato preferisce soddisfare i propri interessi e non condividerli con il resto della classe sociale d’appartenenza. Pertanto, questo rapporto costituito da tre individui rappresenta un tradimento che il funzionario pubblico “delegato” attua al cospetto del suo datore di lavoro ufficiale, cioè lo Stato.
Al pari delle scienze giuridiche, anche quelle sociali hanno mostrato un approfondito interesse nel delimitare l’estensione della corruzione, con la crescita di attenzione su tale tema; esse infatti hanno individuato tre criteri alternativi per effettuare tale operazione “geometrica”: 1) le norme giuridiche, 2)l’opinione pubblica, 3)l’interesse collettivo4. Partendo dal primo criterio si piò affermare che le norme giuridiche sanzionano comportamenti illeciti di funzionari pubblici, i quali orientano lo svolgimento di una
3 Cfr. C. F. GROSSO, Oggetto giuridico del reato, in Digesto delle discipline penalistiche, Utet, 1989, p.
156.
4 Cfr. X. XXXXXXXX, Atlante della corruzione, Xxxxx, 2012, p.18 s.
mansione pubblica verso scopi di natura meramente privatistica. Una vera e propria forma di concorrenza sleale, volendo porre la questione in termini “economici”, la quale permette la prelavenza degli interessi privati sul principio di legalità.Tale uso distorto viene evidenziato dagli articoli 318 e seguenti del codice penale italiano, laddove si avrebbe corruzione quando un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico serivizio accettino “promesse ,dazioni di denaro o altra utilità” in cambio “dell’esercizio delle proprie funzioni o poteri”,(art. 318 c.p.) “ per ritardare/avere ritardato o omettere/avere omesso una atto del suo ufficio o per compiere un atto contrario ai doveri del proprio ufficio”(art. 319 c.p.). Il rischio nel quale è possibile imbattersi seguendo tale primo criterio deriva dalla diversificazione delle norme a seconda dei differenti sistemi penalistici su scala internazionale, all’interno dei quali esse vengono elaborate, ma soprattutto a seconda dell’epoca di produzione; le norme, soprattutto quelle penalistiche, cambiano la propria ossatura a seconda delle esigenze da tutelare durante il succedersi di epoche storiche differenti tra di loro.
Il secondo criterio, l’opinione pubblica, è un criterio la cui presenza è dettata dall’emergere di grossi scandali che spesso coinvolgono la classe politica e la dirigenza amministrativa; l’interessamento da parte dei consociati a tale problematica è filtrato spesso da parte dei mezzi di comunicazione, i quali a loro volta subiscono pressanti influenze dalla sfera politica.Volendo traslarlo dal piano sociale, quale quello in esame, ad uno giuridico, si comprende come la rilevanza che acquisisce l’antigiuridicità di una condotta criminiale dipenda anche dalla reazione negativa della società civile contro l’autore del crimine stesso.
L’ultimo criterio, l’interesse collettivo, evidenzia che nelle intese corruttive le prassi amministrative lecite , come il regolare svolgimento di una gara d’appalto o il rilascio di una concessione da parte di un ente locale ad un privato, siano spesso influenzate dalla prevalsa di interessi particolari, quelli ad esempio di imprenditori privati, su quelli dediti al benessere della collettività. Con l’esposizione di tali tre criteri è infatti possibile recupare la definizione “sociologica” di corruzione affrontata precedentemente.
Il “male sociale” generato dalla corruzione non distrugge la ricchezza; al contrario aumenta gli ingenti flussi di denaro tra importanti gruppi industriali e politica. La conseguenza più grave che tale fenomeno produce, consiste nell’enorme divaricazione
tra una piccola fetta della società, quella ricca ed una abbastanza estesa, quella povera5.
«La scandalosa concentrazione della ricchezza globale è possibile a causa della connivenza di responsabili della cosa pubblica con i poteri forti. La corruzione è essa stessa anche un processo di morte: quando la vita muore, c’è corruzione.[…] La corruzione è un male più grande del peccato. Più che perdonato, questo male deve essere curato. Essa è diventata naturale, al punto da arrivare a costituire uno stato personale e sociale legato al costume, una pratica abituale nelle transazioni commerciali e finanziarie, negli appalti pubblici, in ogni negoziazione che coinvolga agenti dello Stato. È la vittoria delle apparenze sulla realtà e della sfacciataggine impudica sulla discrezione onorevole»6.
2. Cause e fattori che favoriscono la corruzione nella pubblica amministrazione italiana.
Nel 1981 il segretario del PCI Xxxxxx Xxxxxxxxxx nella nota intervista rilasciata ad Xxxxxxx Xxxxxxxx sollevò la problematica della “questione morale”, passata alla storia come il primo tentativo di inserire all’interno dell’agenda politica italiana una riforma radicale dei reati contro la pubblica amministrazione, al quale per un lungo periodo non ci fu alcun seguito normativo. «I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi poco o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contradditori, talvolta anche loschi. […] La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia di oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti. […] Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano»7. Nel corso del tempo il fenomeno corruttivo ha mutato il proprio aspetto a seconda delle esigenze
5 Cfr. F. PALAZZO, Le norme penali contro la corruzione tra presupposti criminologici e finalità etico- sociali, in Cass. Pen., 2015, p. 3389.
6 Discorso del Santo Padre alla delegazione dell’associazione internazionale di diritto penale, in
Riv. It. Dir. e proc., 2015, p. 459 s.
7 La Repubblica, 18 luglio 1981.
reclamate da parte della macchina amministrativa italiana al mercato dei privati fornitori; quando il segretario Xxxxxxxxxx pronuncia tali parole, la classe politica italiana era sotto accusa a causa dello scandalo dei petroli scoppiato negli anni settanta; i maggiori partiti(DC, PSI,PSDI, PRI) finirono sotto inchiesta per aver ricevuto tangenti pari al 5 per cento dei vantaggi economici attribuiti alle compagnie petrolifere tramite provvedimenti normativi favorevoli ad esse. Ma la questione fu immediatamente arginata con l’introduzione del finanziamento pubblico ai partiti; il legislatore, sottovalutando la gravità della situazione, scelse di porre freno ad un eventuale degenerazione di eventi collusivi tra imprenditori e politici intervenendo sul aspetto finanziario dei partiti. Ciò che sarà scoperto in seguito con la nota inchiesta “mani pulite” dimostrerà che quella vicissitudine non era altro che l’inizio della costruzione di un mercato oscuro che ha ostruito la crescita di un sistema economico apparentemente sano, durante tutto il corso degli anni ottanta8.
L’evento in questione è il risultato di una serie di concause, le quali in ossequio al principio del “nesso di causalità” espresso dall’art. 41 c.p. necessitano della reciproca presenza affinché siano in grado di potere produrre l’illecito. Pertanto le differenti esigenze dello Stato che mutano nel tempo costituiscono la condizione necessaria per garantire la presenza delle concause stesse. Scendendo nel dettaglio, in Italia, i livelli di corruzione sono stati raggiunti in funzione di una serie di circostanze collegate a doppio filo tra di loro.
Tra le prime è possibile individuare l’enorme quantità di rendite messe in campo da parte dell’intervento pubblico, a seguito di attività regolative o di restrizioni concorrenziali nei mercati, soprattutto quando a regolamentarle è la parte politica e non dirigenziale della p.a. Gli scambi occulti tra corrotto e corruttore sono stati facilitati in base al grado di discrezionalità e di libertà da parte della sfera politica nell’organizzazione delle attività economiche degli enti pubblici e locali; gruppi di interesse imprenditoriali che influenzano le politiche di investimento a sé favorevoli, come monopoli, tassazione e tetti di importazioni. Con l’aumento dell’influenza politica, aumentano anche le possibilità di creare rendite di posizione, con la creazione di investimenti improduttivi,
8 Cfr. X. XXXXXXXX, La legge anticorruzione, Prevenzione e repressione della corruzione, (a cura di)
X.X. XXXXXXXXXX- X. XXXXXXXXX, X. Xxxxxxxxxxxx, 0000, p. 1 s.
come le consulenze o le intermediazioni, piuttosto che di tipo produttivo, come ricerca o innovazione. In tale contesto di influenze reciproche, le risorse economiche pubbliche vengono destinate alla realizzazione di nuove grandi opere, vere e proprie cattedrali nel deserto che per l’aumento vertiginoso del costo, attraverso il ricorso smisurato all’istituto delle varianti in corso d’opera, rimangono incompiute. Nei Paesi con elevati tassi di corruzione gli investimenti pubblici non vertono sulla manutenzione di opere già esistenti e spesso settori come l’istruzione solitamente vengono poco considerati all’interno delle agende politiche dei Governi nazionali e soprattutto locali.
Il grado di discrezionalità non abbraccia solamente il lato economico, ma anche la tempistica necessaria per la realizzazione di un procedimento amministrativo, il quale sfocia nell’emanazione di provvedimenti come concessioni, interdizioni e licenze; essa comprende anche fenomeni come la nomina di dirigenti all’interno dei settori sociali ed economici9. Tale possibilità concessa al funzionario pubblico, che sia un dirigente o un membro della politica, negli ultimi anni è aumentata in maniera vertiginosa all’interno degli organi esecutivi poiché essi hanno fatto ricorso in maniera esponenziale ai poteri straordinari previsti dalla legge 24 febbraio 1992 n. 22510 , non solo per far fronte alle reali ed imprevedibili situazioni di emergenza come il terrorismo o quelle legate ai flussi migratori, ma anche per situazioni prevedibili e dunque programmabili. Basti pensare ad eventi come il Giubileo, il G8 svoltosi a Genova nel 2001 e quello dell’Aquila del 2008, fino a giungere ai mondiali di nuoto di Roma del 2009 e per l’Expo 2015 di Milano. Inoltre, l’inflazione normativa nel ramo amministrativo ha accentuato fortemente il potere discrezionale di tutti quei funzionari pubblici chiamati ad interpretare, controllare ed applicare tali norme, soprattutto in settori vulnerabili, come nella contrattazione pubblica. Oggetto usuale del pactum celeris è anche lo scambio di informazioni d’ufficio confidenziali e che dovrebbero essere riservate nell’interesse dello Stato. In tale situazione al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio che si avvalgono
9 COMITATO DI STUDIO SULLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE, Rapporto al Presidente
della Camera, 23 ottobre 1996. ll Comitato di studio è stato istituito con decreto del Presidente della Carnera dei deputati, 30 settembre 1996, n. 211 ed è stato preseduto dal Prof. Xxxxxx Xxxxxxx, ordinario di diritto amministrativo presso l’Università “La Sapienza”. Il lavoro prodotto ha posto in luce una panoramica del fenomeno corruttivo, in vista di una riforma in un’epoca caratterizzata dallo scandalo di “tangentopoli”.
10 La l. 25 febbraio 1992, n. 225 ha istituito il cosiddetto “Servizio nazionale per la protezione civile.”
illegittimamente di tali notizie per ottenere un indebito profitto patrimoniale andrà contestato in un rapporto di continuazione ,oltre il reato di corruzione, anche quello di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio (art. 326 c.p.); anch’esso rientra nella categoria dei reati contro la pubblica amministrazione, appositamente inserito da parte del nostro legislatore nel titolo II capo I del libro II del codice penale. Essa costituisce una prassi abitudinaria praticata all’interno del sistema alterato degli appalti pubblici ove spesso vengono creati i cosiddetti “bandi di gara fotografia ”; si tratta ,in realtà, di bandi appositamente creati per favorire solamente alcune imprese e come vere fotografie riproducono le specifiche caratteristiche che esse posseggono, al fine di escludere dalla gara le imprese sane ed ignare di tale sistema illecito11. La presenza del mercato “nero” dello scambio tangente-informazioni ha assunto un aspetto gigantesco dal momento che i procedimenti amministrativi , prima delle modifiche apportate dalla l. 6 novembre 2012
n. 190, sono stati caratterizzati da una grossa opacità delle decisioni prese da parte della dirigenza amministrativa, da un’incompleta attuazione dell’e-government12 ed anche da un’applicazione limitata degli adempimenti legati alla trasparenza dei processi decisionali.
Altro fattore rilevante del fenomeno corruttivo sono i cosiddetti costi morali, i quali indicano come i costumi ideologici orientino le scelte verso sistemi caratterizzati o da fenomeni collusivi o da integrità; tra questi bisogna ricordare che nei Paesi ove il senso civico, il massimo rispetto per la legge, una corretta etica degli affari e l’adesione alla deontologia professionale da parte dei cittadini, imprenditori ed amministratori pubblici fungono da importanti argini morali alla corruzione. La propensione a commettere atti illeciti rispecchia le caratteristiche delle convinzioni che si pongono alla base delle cerchie sociali; le occasioni di corruzione, all’interno dei vari Paesi, vengono accettate o ripudiate a seconda dell’importanza che viene attribuita ai valori della società13. Non è un caso, infatti, che i Paesi scandinavi, ove la trasparenza e il rispetto della legge sono alla
11 Per un’analisi dettagliata della corruzione negli appalti pubblici si rinvia a F. DI XXXXXXXX, La corruzione negli appalti pubblici, Riv. Trim. dir. Pubbl., 2012, p. 177 s.
12 Cfr. X. XXXXXXXX, La legge anticorruzione, Prevenzione e repressione della corruzione, (a cura di)
B.G. MATTARELLA-X. XXXXXXXXX, X. Xxxxxxxxxxxx, 2013, p. 40 s.
13 Del problema del “costo morale” della corruzione se ne occupa X. XXXXXXXX, La corruzione nel sistema politico, in D. XXXXX XXXXX, Lo scambio occulto, Il Mulino, 1992 pp. 13-74.
base di una cultura dedita allo spirito di servizio verso la collettività, si siano collocati in vetta alle classifiche della correttezza amministrativa e che ci sia un abisso di differenza da Paesi come l’Italia, la quale solo nel 2011 registrava livelli di corruzione percepita superiore a Namibia, Giordania e Ruanda.14 Eppure in queste nazioni lo Stato interviene in maniera considerevole all’interno della vita economica; basti pensare che in Danimarca la spesa pubblica costituisce il 58,7 % del PIL, in Svezia il 55,8%, e il 55,6% in Finlandia. Inoltre i dipendenti pubblici godono di un ampio margine di discrezionalità di autonomia, i sistemi di controllo assumono la stessa fisionomia di quelli presenti in Italia e gli strumenti penalistici non appaiono particolarmente repressivi. Pertanto, si comprende come il primo e vero antagonista della maladministration pubblica sia il disagio psicologico e la riprovazione sociale nel dare e ricevere una tangente.
Disagi psicologici e riprovazioni sociali che in sistemi amministrativi come quello italiano soccombono dinnanzi ad “uno sviluppo passato della corruzione”15. Da una parte sono presenti burocrati carenti di senso dello Stato, considerando molti percorsi di carriera legati a protezioni politiche soprattutto durante gli anni della cosiddetta “prima repubblica”. Dall’altra parte imprenditori privati (e non solo) che non possiedono un senso di fiducia nell’imparzialità del modus operandi della pubblica amministrazione e che preferiscono accedere ad un mercato colluso per tutelare la stabilità dei propri bilanci. La presenza di passate esperienze di corruzione favorisce sicuramente la saldatura dei rapporti tra i protagonisti di questo mercato, tutt’altro che caotico e disorganizzato. È da evidenziare che esso si regge su un “patto di fedeltà” non solo tra il corrotto e il corruttore, ma anche nei confronti di soggetti che appositamente svolgono funzioni di intermediazione e protezione, utili a condurre a buon fine gli affari illeciti nonché a neutralizzare gli scopi morali. Fino a quando politiche di intervento capaci di incidere sulla questione della convenienza della corruzione ed interventi eversivi nella cultura della massa, intesa come agglomerato di cittadini, imprenditori e funzionari pubblici, non saranno avviate in sistemi come quello italiano, le cause esaminate in precedenza continueranno a persistere, permettendo la reiterazione di tali comportamenti illeciti.
14 Cfr. X. XXXXXXXX, Atlante della corruzione, Xxxxx, 2012, p. 127.
15 Cfr. X. XXXXXXXX, La legge anticorruzione, Prevenzione e repressione della corruzione, (a cura di)
B.G. MATTARELLA-X. XXXXXXXXX, X. Xxxxxxxxxxxx, 2013, pp. 42-43.
Politiche che sicuramente non possono dare i propri frutti dall’oggi al domani, ma che se diluite nel tempo potranno produrre risultati duraturi. Per tale ragione parte della dottrina, partendo proprio da un’analisi sociologica del fenomeno in questione, ha cercato di concentrare parte della propria attenzione anche su aspetti etici che interessano lo svolgimento delle mansioni pubbliche; nel corso degli ultimi anni varie sono state le proposte di prevenzione alla corruzione che hanno enfatizzato strumenti già presenti nell’ossatura amministrativa italiana. Tra essi spiccano una maggiore formazione dei funzionari pubblici presso la scuola superiore della pubblica amministrazione o la piena attuazione dei codici di comportamento16, soprattutto nei settori maggiormente esposti al rischio della corruzione e delle infiltrazioni mafiose.
3. La diffusione della corruzione in Italia.
«Gli organi repressivi esercitano sulla devianza criminale la funzione tipica dei predatori: migliorano la specie predata. Abbiamo acchiappato le specie più lente, lasciando libere quelle più veloci»17. Le parole dell’ex sostituto procuratore Xxxxxxxxxxx Xxxxxx, uno dei protagonisti del pool di “mani pulite”, disegnano un quadro del mercato della corruzione in continua evoluzione. I processi trasformativi in questione emergono sia dalle complicate indagini svolte da parte della magistratura, sia attraverso un’analisi qualitativa che evidenziano come la corruzione da occasionale e periferica sia divenuta un fenomeno sistemico.
Ma proprio seguendo l’analisi quantitativa si comprende l’ambiguità del fenomeno corruttivo: mentre i dati attestanti le denunce e le condanne per reati contro la pubblica amministrazione hanno raggiunto per molto tempo cifre non alquanto elevate, quelli sulla percezione, al contrario, si sono assestati a livelli elevatissimi. Nel 1990 il numero delle denunce registrate per corruzione e concussione era di 235, alzandosi vertiginosamente a 1245 nel 1993 a seguito dell’attività requirente svolta dalla magistratura della Procura
16 In questo senso B.G. XXXXXXXXXX, Le regole dell’onestà. Etica, politica, amministrazione, Il Mulino, 2007.
17 Cit. In X. XXXXXXXX, IL prezzo della tangente. La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da mani pulite, Vita e pensiero editore, 2003.
della Repubblica di Milano fino a salire a 3000 persone denunciate nel 199518. Da quel momento in poi le cifrano iniziano a calare; bassi livelli di corruzione sono stati confermati dal S.A.e T. per il periodo 2004-2010, passando dai 158 casi denunciati di delitti di corruzione nel 2004, ai 96 casi nell’anno 201019. Analizzando sempre i dati forniti dal S.A.e T. si può notare come anche il numero delle condanne per corruzione e concussione abbia subito un andamento decrescente a partire dalla metà degli anni novanta: si è passati dalle oltre 1700 condanne nel 1996 alle 239 del 2006. Pertanto, gli operatori di questo spazio oscuro sono stati sicuramente “prede più veloci”, citando le parole del p.m. Davigo, poiché hanno reso tale fenomeno maggiormente invisibile e ben strutturato.
Pagare una tangente in Italia è divenuta una pratica oramai abituale come dimostrano i dati raccolti negli ultimi anni: la percentuale degli italiani che ritengono che la corruzione sia un problema è salita dal 75 % all’84%; la percentuale di coloro che affermano di avere vissuto direttamente vicende di corruzione negli ultimi anni, nel senso che si sono visti offrire o chiedere una tangente, è cresciuta dal 10% al 17%20. Questi dati dimostrano come le stime relative al livello di corruzione percepita siano di segno opposto alle cosiddette statistiche giudiziarie analizzate precedentemente. In particolare le graduatorie elaborate annualmente da Transparency International (Ti), attraverso il Corrumption Preceptions Index, dimostrano come l’Italia abbia subito nel periodo 2006- 2011 una vera e propria caduta libera, passando dal 41° posto del 2006, al 69° posto del 2011 su 183 Paesi analizzati, dopo Namibia e Georgia. Anche se i dati relativi al 2015 mostrano un sensibile miglioramento, l’Italia si è piazzata al 61°posto21 su 167 Paesi analizzati, all’interno del settore pubblico italiano il serio problema della corruzione continua a persistere, dal momento che si è ancora dietro a nazioni come la Romania,
18 Cfr. le statistiche giudiziarie penali Istat per i reati di corruzione e concussione.
19 Si tratta del Servizio Anticorruzione e Trasparenza creato nell’ambito del Dipartimento della Funzione Pubblica, che ha origine dall’ufficio dell’Alto Commissario per la prevenzione e contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione italiana (soppresso nel 2008).
20 Cfr. Rapporto Eurobarometer, Attitudes of Europeans towards Corrumption, Brussels, 2009.
21 Per questi dati v. le graduatorie annuali stilate da Transparency International, che si possono leggere su xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx/xxx0000. Il Corrrumption Preceptions Index è uno strumento utile che permette a tale organizzazione non governativa di comprendere il livello di percezione rilevato non solo tra i cittadini, ma soprattutto tra uomini d’affari ed esperti del settore pubblico.
Grecia, Ghana, Cuba o Kuwait e si occupano le posizioni più basse se si considera solamente il contesto europeo.
Oltre che su scala internazionale, è importante sottolineare come anche tra le regioni italiane ci sia una diversificazione a seconda delle zone ,considerando sia le denunce che gli indici di percezione della corruzione. Il numero delle denunce registrate tra il 2004 e il 2010 ogni 100.00 abitanti dimostra che zone come il Molise, Campania, Calabria e Sicilia siano tra le regioni ove il fenomeno dilaga maggiormente; dati rispecchiati anche considerando la percezione di cittadini stessi; ai vertici della trasparenza si collocano, invece, zone come il Trentino Alto Adige, la Valle d’Aosta e l’Umbria. La Toscana è l’unica regione ad essere omogenea rispetto alla media europea, mentre la Lombardia risulta la regione con il più elevato tasso di corruzione al nord22. Da questi dati emerge come ad essere penalizzate maggiormente siano le zone meridionali, ove la presenza delle organizzazioni criminali rappresenta il fattore più rilevante per la crescita di casistiche collusive tra politica ed imprenditoria.
4. Il volto “dinamico” della corruzione: la corruzione burocratica-pulviscolare.
«È un sistema che va avanti da quando ho cominciato a lavorare negli anni cinquanta. Questo sistema va avanti da sempre ed io non ho mai lavorato per il pubblico perché bisognava pagare. Allora, si fa un contratto e si paga una percentuale, sul pubblico, dappertutto […]. È un meccanismo che funziona dappertutto per chiunque vuole lavorare. A Roma, Milano, in Sicilia e in Sardegna»23. Le indagini giudiziarie condotte a partire dagli anni novanta fino ad oggi, hanno dimostrato la presenza di scambi corruttivi che hanno perduto in parte il carattere burocratico-pulviscolare, ossia scambi limitati alla compravendita di singoli specifici atti e che hanno assunto una dimensione sistemica di gestione di rapporti tra p.a. e privati. Appalti e forniture, autorizzazioni amministrative, edilizia, smaltimento dei rifiuti, grandi eventi e ricostruzioni a seguito di disastri naturali sono stati e sono tutt’ora i settori dove si concentrano maggiormente gli interessi economici. L’evoluzione sviluppatasi all’interno del costume italiano ha comportato la
22 Fonte Elaborazione da QUALITY OF GOVERNMENT INSTITUTE, 2010.
23 La Repubblica, cronaca di Milano, 2 gennaio 2012, p. 3.
suddivisione del modus operandi della corruzione su due piani distinti, con attori, contesti ed esigenze differenti; la convivenza di tali due piani è garantita da una piena garanzia interscambiabile tra i protagonisti delle vicende collusive. «Nelle commissioni per il rilascio delle licenze chi detta legge è il capo ripartizione. Gli assessori che sono di nomina politica badano ad affari più grossi e volutamente lasciano ai capi ripartizione gli orticelli più piccoli in modo che ciascuno possa operare indisturbato sul proprio terreno […]. L’assessore sa dei maneggi del capo ripartizione ma chiude un occhio. Perché? Semplice, perché il capo ripartizione faccia altrettanto nei suoi confronti. L’assessore non si sporca mai le mani per affari inferiori ai 100 milioni» 24.
La corruzione burocratico-amministrativa-pulviscolare presenta una struttura alquanto elementare che coinvolge i pubblici amministratori di ruolo medio-basso e non di nomina politica; essa ha ad oggetto lo scambio di atti d’ufficio ben individuabili posti in essere da parte del funzionario pubblico corrotto. Nella maggioranza dei casi, infatti, si tratta di burocrati che hanno poteri capaci di incidere in maniera rilevante all’interno di un ordinario procedimento amministrativo, pur non appartenendo alla sfera della dirigenza amministrativa, la quale come si vedrà in seguito viene coinvolta all’interno del meccanismo generato da parte della corruzione “sistemica”. Il perimetro di estensione di tale illecito è alquanto limitato dal momento che è proprio il binomio atto amministrativo (in senso lato) -tangente l’oggetto del patto collusivo all’interno del quale gli effetti nocivi di tale forma di corruzione “elementare” si esauriscono. La corruzione burocratica costituisce un serio pericolo per l’imparziale funzionamento della macchina amministrativa e solitamente viene individuata all’interno di organi amministrativi come enti locali (Comuni, Province e Regioni) e società municipalizzate; dal punto di vista della repressione penale essa non pone particolari problematiche poiché la forma di manifestazione “duale” semplifica l’accertamento giudiziale 25 . Questa forma di corruzione, inoltre, non desta problemi sotto il profilo delle fattispecie incriminatrici, dal momento che essa corrisponde perfettamente al modello stabilito da parte del codice
24 Cit. D. DELLA PORTA E X. XXXXXXXX, Corruzione politica e amministrazione pubblica, Risorse, meccanismi e attori, in Burocrazia e corruzione pulviscolare, Il mulino,1994, p .000.
00 Per una corretta analisi criminologica-normativa della corruzione, Cfr. X. XXXXXXX, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica, Verso un modello di contrasto “integrato”, X. Xxxxxxxxxxxx, 2012.
penale vigente nel quale si risalta la nozione di atto d’ufficio. Pertanto nel caso italiano è possibile notare come ad una corruzione “ad alti livelli” di amministratori di nomina politica si sia accompagnata, spesso, una micro-corruzione burocratica. Ma andando oltre la miriade di casi che attestano una pratica così immersa all’interno delle relazioni privati- pubblici ufficiali è importante capire quali siano effettivamente le risorse che i piccoli burocrati utilizzano all’interno degli scambi corrotti. Il mercato della micro-corruzione si basa su un pilastro fondamentale: dipendenti pubblici e politici spesso si suddividono le rispettive aree di competenza di modo che l’uno non ostacoli l’altro. Le indagini giudiziarie hanno dimostrato che all’interno di molti enti locali agli imprenditori venivano chieste due tangenti: «Per quanto attiene alla gestione di questi miliardi di fondi neri, occorre precisare che io mi sono trovato nella necessità di affrontare i pagamenti per essere in qualche modo garantito […]. Da una parte vi erano i pubblici ufficiali che frapponevano sistematicamente ostacoli […]. Dall’altra parte i politici che si trovavano a governare i pubblici funzionari»26.
Le tipologie di risorse messe in campo sono direttamente proporzionali alla funzione amministrativa svolta dall’amministratore; in particolare chi ha il compito di firmare e mandare in avanti una pratica può bloccare in maniera discrezionale l’iter procedimentale. È possibile fare l’esempio di un addetto alla predisposizione dei progetti di delibera e della ordinanze di pagamento il quale può chiedere una somma di denaro ad un imprenditore per accelerare la tempistica di pagamento per un’opera compiuta da quest’ultimo27. Ad essere coinvolti sono spesso anche i tecnici che hanno come obiettivo fondamentale quello di effettuare i controlli sugli stati di avanzamento dei lavori di un’opera pubblica oppure coloro che effettuano collaudi possono emettere pareri favorevoli all’imprenditore sulla sicurezza dei lavori compiuti dietro versamento di una tangente. Spesso gli imprenditori locali come anche le organizzazioni criminali si rivolgono direttamente al burocrate “ di fiducia” poiché quest’ultimo ha un accesso più diretto ad alcune decisioni e la sua posizione è caratterizzata dalla continuità nel tempo, essendo assoggettato ad una carriera non vincolata a scadenze, come può invece accadere
26 Camera dei deputati, domanda di autorizzazione a procedere n. 234, 22 marzo 1993.
27 Ciò è emerso in un’inchiesta condotta dalla Procura di Bari nel 1985. In particolare si fa riferimento alla sentenza di rinvio a giudizio n. 7641/85 del Tribunale civile e penale di Bari del xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx.
per la classe politica28. Il 6 aprile 1993 la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia emanò una relazione su mafia e politica evidenziando come Cosa Nostra ed imprenditori-prestanome si rivolgessero al politico di riferimento solamente quando erano state percorse tutte le altre strade. Essi preferiscono infatti agganciare direttamente quella cellula della pubblica amministrazione che può fornire loro il servizio richiesto 29 . Il rapporto di fiducia è il tassello finale di questo complicato puzzle e costituisce, in un certo senso, il motivo per il quale il caso-corruzione da episodico sia divenuto sistematico. Emblematico è il caso della società “A.T.M.” 30 all’interno della quale è stato scoperto un vero e proprio quadro di ripartizione di competenze e di responsabilità. Il meccanismo prevedeva che a contattare tutti i privati che avessero voluto cooperare con la società stessa fosse il capo dell’ufficio, il quale poneva loro l’alternativa o di pagare una tangente o l’impossibilità di lavorare in maniera tranquilla. Successivamente un altro funzionario pubblico raccoglieva le tangenti, facendole confluire in una cassa comune e un altro ancora distribuiva alle imprese che partecipavano alle gare d’appalto una serie di informazioni, per permettere loro di creare veri e propri cartelli e spartirsi il mercato degli affari31. Proprio uno dei funzionari coinvolti all’interno di tali inchiesta affermerà davanti alla magistratura che la sua attività illecita era «ritenuta una cosa normale, una prassi». Una prassi quella di versare una tangente dentro una tasca di un amministratore pubblico che, come affermato precedentemente, ha permesso il cambiamento del modus operandi del fenomeno corruttivo facendogli assumere un carattere “sistematico”. La corruzione ed i suoi protagonisti, insomma, hanno compiuto un salto di qualità.
28 Cfr. D. XXXXX XXXXX, X. XXXXXXXX, Corruzione politica e amministrazione pubblica, risorse, meccanismi, attori, Il mulino, 1994, pp. 257-262.
29 LA COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA nel 1993 si esprimeva in questo senso «Cosa Nostra preferisce rivolgersi ad un funzionario perché instaura un rapporto diretto con il fornitore del servizio richiesto. Il politico, a sua volta, deve invece rivolgersi ad altri. Il rapporto diretto con chi esercita funzioni amministrative è particolarmente importante, quando i governi locali sono fragili o squassati da crisi frequenti».
30 L’A.t.m. è una società pubblica di proprietà del Comune di Milano che gestisce il servizio di trasporto pubblico all’interno del capoluogo lombardo.
31 Trib. di Xxxxxx, X. x. 0000/00, 15 maggio 1991.
4.1. (segue): la dimensione “sistemica” della corruzione.
Prima della cosiddetta riforma “Xxxxxxxx”, all’interno dell’impianto normativo italiano durante il corso degli ultimi anni si è sviluppata una non dichiarata politica pro- corruzione che ha sicuramente agevolato, seppure indirettamente, quel salto di qualità che ha subito il fenomeno corruttivo. Da un lato le maggioranze politiche succedutesi subito dopo lo scandalo di “mani pulite”, cioè dalla seconda metà degli anni novanta fino ad oggi, hanno frapposto ostacoli all’attività di perseguimento compiuta dalla magistratura nei confronti dei reati contro la pubblica amministrazione; dall’altro esse hanno reso più allettanti le occasioni di coinvolgimento nell’illecito. Si può fare riferimento al depotenziamento dei cosiddetti “reati sentinella”, cioè di tutte quelle tipologie di illeciti che ruotano attorno alla corruzione e che permette ai magistrati di potere indagare su situazioni sottostanti ad essa, altrimenti non denunciate. Si pensi all’abbassamento dei limiti edittali dei reati fiscali, del falso in bilancio, dell’indulto esteso ai reati contro la pubblica amministrazione e soprattutto alla legge “ex-Cirielli” che ha ridotto drasticamente i termini di prescrizione. Oltre all’aggravio procedurale per la pubblica accusa, quest’ultimo intervento normativo costituisce tutt’ora l’ostacolo giuridico più importante per l’esercizio dell’azione penale contro la corruzione32.
Cosa si intende esattamente per “sistematicità”? Lo si comprende se si osservano i profili dei protagonisti appartenenti alla sfera pubblica; in tali situazioni ad essere coinvolti sono i dirigenti amministrativi di nomina politica e soprattutto i politici, i quali con comportamenti reiterati hanno abbandonato il modello mercantile della corruzione accrescendo i propri guadagni economici ed allo stesso tempo facendo accrescere i benefici per imprese selezionate in una cornice di continuità temporale. Il carattere duale, tipico della corruzione pulviscolare perde tale caratteristica, poiché la fase terminale delle tangenti pagate dagli imprenditori è occupata da “centri di potere” come partiti, correnti e comitati d’affare trasversali. Con la conseguenza che il rapporto corrotto-corruttore
32 La legge 5 dicembre 2005, n. 251, cosiddetta legge “ex-Cirielli” si concentra su materie come le attenuanti generiche, recidiva, giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, usura e prescrizione. La novità più importante apportata riguarda i termini prescrizionali; il vecchio sistema prevedeva veri e propri gradi di prescrizione a seconda del quantum della pena (ad esempio pena di reclusione non inferiore a dieci anni, prescrizione di 15 anni). Con le modifiche apportate i termini prescrizionali sono equivalenti al massimo edittale della pena stessa.
tende ad opacizzarsi, essendo le elargizioni economiche destinate a soggetti distanti dal corruttore. Inoltre la dualità del rapporto è interrotta dalla presenza di veri e propri intermediari che fungono da filtro tra i protagonisti in gioco e producono ulteriori occasioni collusive. Dunque, in un contesto di illegalità diffusa, il pactum celeris è riferibile ad una « complessa procedura costituita da una pluralità di atti, fra loro distinti ma teleologicamente coordinati verso gli atti finali»33. In tali circostanze la prestazione del corrotto può anche consistere in un’attività di “influenza” sul pubblico agente competente ad emanare l’atto, non essendone lui il titolare. Ciò comporta la smaterializzazione della prestazione pubblica, non riguardante i singoli atti amministrativi, ma intere funzioni o qualità pubbliche34.
In molte aree di intervento pubblico è possibile notare come la corruzione parli un unico linguaggio, segua regole ben codificate con determinate condotte, stili e movenze identiche dei suoi attori protagonisti; in altre parole la seconda tipologia di corruzione ha un sistema regolato e tutt’ altro che caotico. Ciò che maggiormente la contraddistingue è la presenza simultanea di tre condizioni: 1) quasi tutte le attività pubbliche poste all’interno di una determinata organizzazione pubblica sono destinate alla riscossione di tangenti da parte di livelli elevati del ramo politico-amministrativo; 2) tutti gli agenti che operano in tali organizzazioni pubbliche aderiscono ad una « convenzione tacitamente riconosciuta, che il pubblico ufficiale fa valere e il privato subisce, nel contesto di una comunicazione resa più semplice per il fatto di richiamarsi a regole già codificate»35. Proprio tali regole già codificate nella comune conoscenza dei protagonisti regolamentano la distribuzione di profitti, funzioni, ruoli ed ovviamente delle tangenti.
3) Tutti essi conoscono le “regole del gioco” ed osservarle scrupolosamente è la scelta più conveniente; in tal modo, gli imprenditori disposti a pagare pur di entrare a fare parte del mercato non si pongono il problema se sia lecito o meno moralmente farlo, dal momento che agire secondo siffatti moduli di comportamento è diventato una prassi normale. Tali disposizioni impongono oltre il loro massimo rispetto, l’emarginazione di tutti quei soggetti onesti e la protezione da eventuali intrusioni “esterne”. «Era una specie
33 Trib. Milano, Gip. 28.11.1992, in Riv. Pen. ,1995,929.
34 Cfr. X. XXXXXXXX, LA corruzione nel sistema politico italiano, Vitaepensiero,2003, cit., p.33 xx.
00 Xxxx., Xxx XX, 00.0.0000, in Xxxx.xx ., 1999, II, p. 644.
di consuetudine. Una causa precisa non c’era. Ho ritenuto opportuno, sentito che qualcun altro lo faceva, di adeguarmi anch’io a questa procedura perché ne avrei potuto avere dei vantaggi in termini di finanziamenti dei lavori e in termini generali. […] Siccome il sistema era un po’ quello, ho preferito far parte anch’io del sistema»36. Come una vera e propria organizzazione, gli imprenditori che entrano a far parte del sistema colluso sanno a chi rivolgersi, la percentuale da versare, i parametri di spartizione ed anche chi siano i “protettori” politici che garantiscano la segretezza dei rapporti instaurati. « La corruzione in Italia è un fenomeno pervasivo e sistemico che influenza la società nel suo complesso»37. Ma l’elemento che sicuramente permette una saldatura strettissima tra la moltitudine degli elementi fin qui analizzati è proprio la realtà politico-amministrativa italiana caratterizzata da una storia pluridecennale di corruzione che ha prodotto un ingente codificazione implicita delle tre condizioni citate antecedentemente. Elemento, come quella della “cultura della corruzione all’italiana” che costituisce contemporaneamente una delle cause fondamentali dell’emersione del fenomeno in questione38. Una “cultura” quella ereditata che si fonda su un solido equilibrio la cui radice è la convinzione diffusa che la scelta di aggirare la legge sia “il modo ovvio di comportarsi” dentro un contesto malato: l’illegalità legalizzata è un altro modo di definire la corruzione che si è fatta sistema39.
36 Cfr. Panorama, 14 febbraio 1993, p.61.
37 GRECO, Evolution Report on Italy, pp. 3-6. L’analisi contenuta nel rapporto del GRECO sull’Italia afferma inoltre: «La corruzione è profondamente radicata in diverse aree della pubblica amministrazione, nella società civile, così come nel settore privato. Il pagamento delle tangenti sembra pratica comune per ottenere licenze , permessi, contratti pubblici, finanziamenti, stringere accordi nel mondo del calcio». […]
38 In questo senso X. XXXXXXXX, LA legge anticorruzione, Prevenzione e repressione della corruzione, (a cura di) B.G. MATTARELLA-X. XXXXXXXXX, X. Xxxxxxxxxxxx, 2013, p. 48.
39 Cfr. X. XXXXXXXX, Le coordinate della corruzione sistemica, in Questione e giustizia, cit., 2013, p.147-167.
4.2. (segue): la corruzione politico-amministrativa come sistema.
È di rilevante importanza comprendere come la corruzione sistemica si sia radicata nel xxxxx xxxxx xxxx 00 . Anzitutto, bisogna prendere in considerazione la corruzione politico-amministrativa che si è radicata nell’illecito finanziamento ai partiti ma che si è comunque sviluppata anche durante la cosiddetta “seconda repubblica”. In questa forma di manifestazione criminologica della corruzione la tangente è finalizzata principalmente a finanziare le casse dei partiti, le colossali campagne elettorali ed a consolidare la loro posizione nel panorama politico. È proprio il sistema partitico ad arricchirsi e non il singolo esponente. Un sistema, questo, scoperto proprio dalla nota inchiesta giudiziaria “mani pulite” della quale si tratterà in seguito. Ma la posizione dei partiti, con una maggiore disponibilità economica, tende a potenziarsi soprattutto sul fronte amministrativo: da una parte i politici necessitano dell’ausilio dei burocrati per l’acceleramento dei procedimenti amministrativi, per evitare ritardi o per alterare gare d’appalto a favore dei privati corruttori, dall’altra i burocrati ricevono in cambio un’adeguata protezione politica per futuri avanzamenti di carriera. Quest’ultimi oltre a sfruttare il proprio potere decisionale, spesso quello di veto, contribuiscono mediante ulteriori funzioni specifiche al sistema corruttivo. Innanzitutto, i burocrati possono svolgere una funzione di mediazione tra imprenditori e politici; alcune inchieste giudiziarie hanno dimostrato, infatti, come i funzionari di partito spesso abbiano indicato ai privati i nomi dei funzionari ai quali rivolgersi in qualità di negoziatori41 e riscossori delle tangenti, per poi distribuirle al partito o a più attori42. Inoltre essi hanno svolto anche
40 Per un’attenta analisi del fenomeno in questione si rinvia a X. XXXXXXX, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica, Verso un modello di contrasto “integrato”, X. Xxxxxxxxxxxx, 2012, p. 24-s.
41 Così attraverso il segretario amministrativo del Psi, Xxxxxxx Xxxxxxxx, due dirigenti dell’Icomec contattarono due alti funzionari dell’Enel, Xxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx, ai quali versarono circa 720 milioni di lire. «Xxxxxxx-ha dichiarato un dirigente dell’impresa- si dimostrò disponibile nei miei confronti grazie alla presentazione che di noi aveva fatto il Talamona e mi assicurò che si sarebbe interessato per farci avere dei lavori. […] A Xxxxxxx chiesi cosa dovevo fare in pratica per ottenere l’invito e l’aggiudicazione dei lavori. Lui mi rispose che avrei dovuto pagare perché lui doveva dare i soldi al partito(Psi)». In D. XXXXX XXXXX, X. XXXXXXXX, Corruzione politica e amministrazione pubblica, risorse, meccanismi, attori, Xx Xxxxxx, 1994, p. 271.
42 Secondo la testimonianza di un segretario provinciale della Dc: «Nessun consigliere avrebbe dovuto avere contatti diretti con gli imprenditori. Era invece legittimo ritirare i tributi tramite il Xxxxxxx, trattandosi di un servizio reso al partito. […] Gli esponenti politici avevano predisposto un accordo sulla spartizione dei proventi in ragione della rappresentatività in consiglio provinciale: 50% alla Dc, 16 al Pds, 34 al Psi».
funzioni di organizzazione di gare d’appalto: è il caso di un funzionario dell’amministrazione provinciale di Bari, Xxxxx Xxxxxxx, il quale secondo i giudici invitava i vari imprenditori a partecipare o meno ad una gara oppure a pilotare le offerte dei concorrenti in modo che l’aggiudicazione dell’appalto fosse destinato ad una ditta prestabilita43. Al contrario la regola dell’emarginazione degli onesti tende ad abbattersi invece su quei dipendenti pubblici che rifiutano di attuare tali forme di cooperazione, come dimostra la vicenda di Xxxxxxx Xxxxxx, che con un esposto alla magistratura diede vita allo scandalo “lenzuola d’oro”44. Dopo avere rifiutato l’offerta di entrare a far parte di alcuni affari illeciti da parte di un consulente di alcune imprese private, fu in primis trasferito e successivamente gli fu revocato ogni incarico. Egli subì persino la minaccia di licenziamento dall’allora Ministro dei Lavori Pubblici, Xxxxxx Xxxxxxxxx00. Pertanto, la conseguenza fondamentale consiste nell’acquisto dell’intera funzione o qualità di cui è titolare il pubblico agente corrotto.
Alcuni recenti scandali della magistratura requirente hanno mostrato come un ulteriore forma di manifestazione criminologica della corruzione sistemica si fonda sul conflitto di interessi di cui è titolare il funzionario pubblico46. Quest’ultimo o il politico coinvolto, a differenza del primo caso analizzato in precedenza, sono al centro del sistema poiché essi partecipano alle intese illecite come portatori di propri interessi economici strumentalizzando la funzione o la carica pubblica. La problematica che emerge in tali contesti consiste nella possibilità del mutamento della prestazione del corruttore non riconducibile sempre alla mera dazione di denaro; accade spesso che la “ricompensa” per il lavoro svolto sia lo stesso atto di cui il funzionario pubblico è titolare e al tempo stesso
43 Vicenda ripresa in D. XXXXX XXXXX, X. XXXXXXXX, Corruzione politica e amministrazione pubblica, risorse, meccanismi, attori, Xx Xxxxxx, 1994, p.273.
44 Lo scandalo delle «lenzuola d’oro» fu uno scandalo che investì le Ferrovie dello Stato. F.S., affidando la gara d’appalto ad un imprenditore avellinese, pagò cifre esorbitanti per l’acquisto di biancheria per i vagoni letto e le cuccette. A seguito dello scoppio dello scandalo, l’intero consiglio d’amministrazione di
F.S. fu costretto a dimettersi.
45 L’Espresso, 13 marzo 1988, p.8.
46 Si pensi al quadro emerso dall’indagine della Procura della Repubblica di Firenze riguardo all’appalto per la costruzione della scuola Marescialli dei carabinieri(x.xxx.xxxxxxxxxxx.xx/x/Xxxxxx/00000/00/00 AMcBM1ND-inichiesta_indagato_allarga.shtml) e da quella della Procura distrettuale antimafia dell’Aquila sugli appalti per la ricostruzione dopo il terremoto dell’Aquila e il G8. (v. xxx.xxxxxxxxxx.xx/xxxxxxx/0000/00/00/xxxx/xxxxxxxxx_x_x0-00000000/-xxxxx.xxxx?xxxxxxxxxx).
beneficiario oppure l’assunzione di un membro della propria famiglia all’interno di una delle imprese corruttrici.
La criminalità organizzata di tipo mafioso presente in alcune aree del nostro Paese ha assunto la guida di sistemi corruttivi-sistemici e di stabili meccanismi spartitori, attraverso i quali le cosche stabiliscono l’an e il quomodo della corruzione, le imprese da individuare, i politici, gli amministratori pubblici e la “famiglie locali” destinatarie delle tangenti47. Non la violenza, ma proprio la corruzione costituisce lo strumento principale attraverso il quale le mafie garantiscono la realizzazione delle proprie attività illecite, non solo perché essa costituisce un modo sicuramente più “discreto” rispetto alla prima per la realizzazione dei propri interessi, ma anche perché esse riciclano il denaro proveniente da attività illecite all’interno del settore degli appalti legati all’edilizia, il quale risulta essere uno dei settori maggiormente privilegiati dalle organizzazioni criminali48. Dunque ad essere colpiti sono maggiormente i settori redditizi come quello degli appalti pubblici, all’interno dei quali la mafia opera o eliminando ogni forma di concorrenza leale tra le imprese, attraverso la creazione di un sistema a rotazione di cartelli tra le società “protette”, oppure attraverso la ripartizione delle opere da compiere (soprattutto nel sud d’Italia) garantendo l’aggiudicazione delle gare ad imprenditori(spesso del nord d’Italia), i quali sono costretti a subappaltare i lavori alle imprese locali controllate dalle cosche stesse. Si comprende come attraverso l’uso dello strumento della corruzione nei confronti della classe politica ad essere coinvolte non siano solamente le singole fasi di un ordinario procedimento amministrativo ma addirittura la presentazione nei programmi elettorali dei progetti e dei finanziamenti utili alla realizzazione delle opere pubbliche.
Concludendo, è possibile osservare la complessità di un mercato in continua evoluzione come quello corruttivo. Gli episodi di corruzione “sistemica” ad oggi sono in netto aumento rispetto a quelli relativi alla “piccola corruzione” proprio a causa di un mercato che coinvolge sempre più individui ed offre loro “occasioni di corruzione” più allettanti. L’asse politica-burocrazia, infatti, comporta utilità esaustive per entrambi le
47 Sui rapporti tra criminalità organizzata, politica e appalti, v. X. XXXXXXXX, Corruzione e Mafia, in X. X’XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX (a cura di), Corruzione e sistema istituzionale, Il Mulino, 1994, p.69 s.
48 Cfr. X. XXXXXXX, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica, Verso un modello di contrasto “integrato”, X. Xxxxxxxxxxxx, 2012, pp. 45-46.
parti; se per la classe politica sussiste il vantaggio di accrescere la propria potenza economica ed elettorale, per i burocrati si prospettano “successi di carriera” grazie ad appoggi clientelari, piuttosto che limitare i propri interessi per il soddisfacimento di esigenze economiche private. Inoltre, il tutto dimostra come i ranghi della dirigenza amministrativa siano stati occupati, nel corso degli anni, da individui poco qualificati dal punto di vista professionale e fortemente dipendenti dai loro protettori politici, influenzati da forti situazioni di conflitti di interesse ed intimiditi in molti enti locali dalle organizzazioni criminali. Come osserva Xxxxxx Xxxxxxx00 «nelle strutture locali, si è creata e stabilizzata una classe intermedia, mista di di burocrati fedeli a politici, di sindacalisti-politici-amministratori pubblici, ecc. che fa politica, governa e amministra: esercita quindi tre poteri che dovrebbero essere separati […] non si sa dove finisce la politica e dove comincia l’amministrazione. Non esistono politici puri, né burocrati puri […]». Un ulteriore incentivo ad una maggiore diffusione di questa attuale tipologia di corruzione consiste nella bassa probabilità di essere scoperti e puniti (almeno guardando al breve periodo), considerando la desuetudine creatasi nel non fare ricorso a strumenti amministrativi di controllo interno soprattutto quando ad essere coinvolti siano gli stessi controllori. In conclusione, l’Italia ha subito nel corso degli anni la mancanza di un’alternanza di un differente personale politico che ha condotto a tali alleanze, comportando di fatto la scarsa applicazione del principio di indipendenza della sfera amministrativa da quella politica. « Anche qui la corruzione, o almeno l’uso privato delle risorse pubbliche ai fini privati o di parte, ha servito da collante»50.
49 Cit., X. XXXXXXX, I controlli nella pubblica amministrazione, Bologna, Il Mulino, 1993.
50 Cit., X. XXXXXXXX, La corruzione nel sistema politico, in Lo scambio occulto, D. DELLA PORTA, Bologna, il Mulino, 1992.
5. L’evoluzione della corruzione nel tempo: da “tangentopoli” a “mafia capitale”.
Il 17 febbraio 1992 è destinato a rappresentare uno spartiacque nella storia della politica italiana. Quel giorno la crisi politica della cosiddetta “prima repubblica” è iniziata con il primo di una lunga catena di arresti di importanti esponenti politici. Gli equilibri politici italiani, fino a quel momento caratterizzata dalla massima stabilità, furono spazzati via con la realizzazione di un vero e proprio effetto-valanga. Le indagini del sostituto procuratore milanese Xxxxxxx Xx Xxxxxx, destinato a divenire popolarissimo presso l’opinione pubblica, portarono all’arresto in flagranza dell’amministratore socialista Xxxxx Xxxxxx, presidente del Pio Albergo Trivulzio, ente pubblico ospedaliero milanese di spicco in quegli anni, per avere intascato una “mazzetta” di sette milioni di lire. Xxxxxx fu denunciato per concussione da un imprenditore al quale aveva chiesto una tangente per il mantenimento di un appalto già assegnato che l’imprenditore stesso non era più in grado di sostenere51. Ben presto la magistratura milanese scoprì alcuni conti miliardari in Svizzera intestati a Chiesa , il quale, isolato in carcere e privo di ogni appoggio da parte degli ex compagni socialisti 52 , trentacinque giorni dopo l’arresto inizierà a collaborare con i giudici e alla sua confessione ne seguiranno altre di imprenditori, politici locali e burocrati che avevano operato fino al 1992 in quella zona. Da quelle confessione emerse un vero e proprio mercato corruttivo, al centro del quale vi erano i maggiori partiti italiani, come Dc, Psi e Pci, ai quali nel corso degli anni erano stati destinati ingenti quantità di denaro da parte di importanti realtà industriali italiane e imprenditori locali. La novità è che tali indagini si allargarono a macchia d’olio, mettendo a nudo il funzionamento della cosa pubblica in quella che verrà chiamata “tangentopoli”; nuovi filoni investigativi si aprirono in altre numerose città italiane, giungendo fino al
51 Xxxx Xxxxx, titolare di un’impresa di pulizia denunciando Xxxxx Xxxxxx dette inizio all’inchiesta “mani pulite”, diceva: «Mi sono ritrovato in un momento bruttissimo. L’azienda non attraversava un periodo brillante e in più mia sorella non stava bene. […] Per me era un problema economico, il 10% era troppo e Chiesa le buste le voleva subito, mentre noi i soldi li vedevamo molti mesi dopo». Il passo è citato da X. XXXXXXXX, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da “mani pulite”, Vitaepensiero, 2003, p. 59 s.
52 In un’intervista televisiva l’on. Xxxxxxx Xxxxx giunse a bollare Chiesa come: «un mariuolo che getta ombra su tutta l’immagine di un partito (il Psi) che a Milano, in cinquant’anni, non ha mai avuto un pubblico amministratore condannato per reati gravi contro la pubblica amministrazione», in G.M. BELLU - X. XXXXXXXX, Il crollo, Laterza, 1993, p. 122.
sud del Paese. L’ex segretario ammnistrativo della Dc, uno dei partiti storici dell’Italia repubblicana, Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, confermerà successivamente: «tutti sapevano, tutto. L’illecito finanziamento cominciò con la costituzione dei partiti. Nessuno poteva sopravvivere senza i fondi neri degli industriali e quando dico nessuno intendo dire che tutti li hanno presi. Su questo non ci piove» 53 . Le dinamiche di “Mani Pulite” si intrecciarono fin da subito con il clima di instabilità che attraversava l’Italia intera: poco dopo l’arresto di Xxxxxx si tennero infatti le elezioni politiche del 5 e 6 aprile 1992; la Dc scese al minimo storico, dal 34,3 al 29,7 per cento dei voti, il Psi dal 14,3 al 13,6 e l’ex Pci divenuto Pds si fermò al 16,6%. Trionfarono due nuovi partiti, la Lega Nord che passò dallo 0,6 all’8,7 % dei voti e la Rete. Inoltre, un altro motivo del successo dell’inchiesta della magistratura milanese era dovuto alla pesante crisi economica scoppiata agli inizi degli anni novanta; difatti era aumentata la conflittualità interna al mercato della tangente e l’evidenza dello spreco delle risorse che la corruzione portava con sé non era più tollerabile da parte degli imprenditori privati. Per citare solamente due cifre, al 18 maggio 1993, dopo lo scoppio di tale scandalo e dopo appena l’elezione del nuovo Parlamento, erano già stati inquisiti, anche se non solo per reati contro la pubblica amministrazione, 205 deputati su 630 ed 81 senatori su 32654. Oltre all’ingente giro di tangenti che circolava tra partiti e privati imprenditori, oramai noto, l’aspetto più importante messo in luce da tale inchiesta concerne la trasformazione occulta non solo dei sistemi partitici, ma anche delle funzioni svolte da essi fino agli anni ottanta. Si è infatti sviluppata una forma di “partitocrazia” a partire dal secondo dopo guerra grazie alla quale i maggiori partiti italiani hanno assunto il completo controllo della società, estendendo la propria presenza in ambiti come quelli politici, economici e xxxxxxx00.
«I fondi illeciti servivano ai partiti delle varie correnti per comperare le tessere. Queste tessere servivano per stabilire i rapporti di potere all’interno dei partiti. La posizione delle liste elettorali era in relazione a tale potere. […] I partiti si erano trasformati in società per azioni dove uno comperava le azioni con le tangenti per assicurarsi la possibilità di
53 Il Giornale, 7 novembre 1998, p. 3.
54 I parlamentari inquisiti: i deputati e senatori, Roma, collana Sapere, 2000.
55 Cfr. X. XXXXXXXX , Partitocrazia, in Dizionario di politica, a cura di X. XXXXXX, X. XXXXXXXX E
X. XXXXXXXXX, Utet, 1990, pp. 774-777.
essere eletto» 56 . Come dimostrato dall’inchiesta, parte del denaro finiva nei conti personali in Svizzera, parte veniva reinvestito per finanziare le spese necessarie per la propria carriera politica, come per finanziare le singole campagne elettorali. Il denaro dunque serviva per rinforzare la posizione di un singolo individuo all’interno del proprio partito, soprattutto durante le fasi iniziali di una carriera partitica; esso era divenuto lo strumento di creazione anche delle cosiddette “falangi”, correnti partitiche costituenti strutture segrete dedite alla raccolta e alla gestione dei fondi illeciti i quali a loro volta erano destinate dalle segreterie locali, in parte, a quelle nazionali57.
La scoperta della corruzione sistemica-politica ha permesso di comprendere come il sistema visibile dei maggiori partiti si fosse trasformato in un sistema occulto di socializzazione all’illecito. Essi, infatti, sistemavano i propri uomini in varie cariche di responsabilità negli enti pubblici, ma in cambio chiedevano loro di adeguarsi alle regole degli scambi illeciti, dei quali proprio i partiti stessi ne erano divenuti garanti. Basti leggere la dichiarazione di un imprenditore, Xxxxx Xxxxxxx, il quale ripetutamente versava tangenti a partiti come il Psi: « L’xx. Xxxxxxxx Xxxxxxx (tesoriere del Psi) mi spiegò che oramai il Psi aveva inserito in tutti i posti chiave i ruoli di comando delle pubbliche amministrazioni più importanti.[…] In altri termini mi fece intendere che il pagamento al Psi era condizione indispensabile ed insostituibile per essere presenti imprenditorialmente sul mercato»58 . Le politiche di investimento da Milano in giù erano influenzate da decisioni più produttive in termini di tangenti ed erano orientate in settori, come quello della contrattazione pubblica, ove non erano presenti controlli, e soprattutto dove il peso degli amministratori nominati dai partiti era rilevante. Per citare qualche caso, secondo uno studio della rivista Il Mondo la linea M3 della metropolitana di Milano costava 192 miliardi a chilometro, contro i 45 miliardi della metropolitana di Amburgo e i lavori per l'ampliamento dello stadio Meazza di Milano sono costati più di 180 miliardi e sono durati più di due anni, quelli dello stadio olimpico di Barcellona sono costati 45 miliardi e sono
56 P. DAVIGO, in Panorama, 28 marzo 1993, p. 34.
57 X. XXXXXXXXX, Andavamo in Piazza Duomo, Xxxxxxxx & Kupfer, 1993, p. 21. In particolare la descrizione delle frazioni partitiche createsi venivano esposte dallo stesso Xxxxx Xxxxxx, il quale afferma che fosse pratica usuale per un politico locale che avesse ottenuto un importante posizione nel partito, contribuire alle spese a livello nazionale.
58 In D. DELLA PORTA- X. XXXXXXXX, Corruzione politica e amministrazione pubblica, risorse, meccanismi, attori, Xx Xxxxxx, 1994, p. 445.
stati completati in 18 mesi 59 . Costi che, ieri come oggi, ricadevano sull’economia nazionale e si riversavano su i cittadini con l’aumento dell’imposizione fiscale.
“Mani pulite” ha scoperchiato un mondo all’interno del quale i politici corrotti riuscivano a mantenere il silenzio sulla corruzione anche attraverso la spartizione in percentuali fisse delle tangenti ricevute dagli imprenditori. La “connivenza politica” è un altro degli effetti distorti prodotti da quell’epoca. Nei vari enti la compartecipazione a tale sistema comportò il coinvolgimento di partiti di maggioranza e anche di opposizione60. Ritornando alla vicenda della costruzione della terza linea della metropolitana milanese, l’ex vicepresidente della società gestrice dei lavori, Xxxxx Xxxxxxxxx, afferma come fosse presente la quota fissa del 3 % sui lavori, precisando che la tangente era ripartita prevalentemente tra Psi, Dc e Pci e che a quest’ultimo, inizialmente, la propria posizione era compensata attraverso la cessione dei lavori alle cooperative rosse. Connivenza politica che comportò la creazione in molti enti pubblici milanesi, e non solo, di veri e propri comitati d’affari intesi come aggregazione di amministratori di uno stesso ente accomunati dall’interesse a raccogliere tangenti su forniture, appalti e vendite effettuate dalla p.a., le quali sarebbero servite sempre a finanziare i partiti di appartenenza.
Da quel 1992 una pioggia di informazioni di garanzia era destinata ad abbattersi sulla politica italiana, coinvolgendo esponenti come Xxxxxxx e Xxxxxxxxxx (Dc), La Malfa(Pri), Xxxxxxxx e Xxxxx(Psi), solo per citarne alcuni. Tra gli imprenditori figuravano personaggi come Xxxxxxxxx Xxxxxxxx (noto costruttore milanese), Xxxxxxxx Xxxxxxxx (ex presidente dell’Eni) e Xxxx Xxxxxxx (presidente della Montedison). Quest’ultimi furono i protagonisti del processo sicuramente più importante di quegli anni e maggiormente seguito dai cronisti e dagli italiani : il “processo Enimont”61. La s.p.a Enimont è stata dal 1988 al
59 Statistiche riprese in X. XXXXXXXXXX- X. XXXXX - X. XXXXXXXXX, Mani pulite. La vera storia, 20 anni dopo, Chiarelettere, 2012.
60 Come afferma Xxxxxxx Xxxxxxx, vicepresidente della Sea (società che gestiva l’aeroporto Milano- Malpensa): «L’opposizione si paga come per la maggioranza, per non avere dispiaceri. In Panorama, 5 luglio 1992, p. 41.
61 Per un’ampia esposizione delle vicissitudini della vicenda “Mani Pulite” cfr. D. XXXXX XXXXX, X. XXXXXXXX, UN Paese Anormale, Come la classe politica ha perso l’occasione di Xxxx Xxxxxx, Laterza, 1999, pp. 16-47. Merita inoltre attenzione la deposizione riportata a p.24 di Xxxxx Xxxx, ex consigliere delegato di Montedison: «Xxxxxx, in particolare, mi segnalò che avrebbe destinato metà della provvista raccolta al Psi, nella persona del segretario politico, on. Xxxxxxx Xxxxx; e ciò perché in quel periodo, siamo ai primi mesi del 1991, la figura del leader socialista è molto carismatica e viene ritenuto opportuno tenerlo
1991 la più importante società del polo chimico italiano, nata dalla fusione tra Eni (di proprietà pubblica) e la Montedison (di proprietà di Xxxx Xxxxxxx). Le aspettative di un successo immediato nel settore della chimica mondiale furono tradite presto a causa dei non positivi risultati sul mercato finanziario. A quel punto Xxxxxxx decise di tirarsi fuori dalla società creata da poco, ma per ottenere una buona uscita con la vendita delle proprie azioni all’Eni, il suo stretto collaboratore Xxxxxx Xxxxxx, imputato principale del processo, dovette versare una maxi-tangente tra i 135 e 150 miliardi ai maggiori partiti italiani. Difatti, è stato stimato che tali azioni furono vendute per un valore tra i 600 e gli 800 miliardi di lire in eccesso rispetto al loro valore reale. Ma a quel processo Xxxxxxx e Cagliari non furono mai presenti: entrambi morirono suicidi poco prima, come lo furono uomini molto vicini a Xxxxxxx Xxxxx come l’xx. Xxxxxx Xxxxxx e il tesoriere del Psi, Xxxxxxxx Xxxxxxx. Ecco, il suicidio di molti degli indagati “eccellenti” fu decisamente la parte negativa di quell’inchiesta. Con il trascorrere del tempo i processi andarono avanti ma l’interessamento delle società civile iniziava a scemare gradualmente; con il succedersi dei governi, da quello “Amato” fino a giungere al governo “D’Alema”, la questione della corruzione fu trattata in Parlamento a fasi alterne fino a scomparire definitivamente dall’agenda politica per molti anni. Ciò che balza immediatamente agli occhi è che tale forma di “amnesia” ha permesso che il contagio della corruzione continuasse ad estendersi. Le stime riportate nel paragrafo 3 ne sono una perfetta dimostrazione. Poi nel 2008 è arrivata la crisi economica che ha riacceso l’attenzione pubblica sul prezzo pagato per corruzioni varie e sprechi: la storia sembra ripetersi e sembra che la storia di “tangentopoli” non sia mai terminata.
«È la teoria del mondo di mezzo […] ci stanno i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo […] vuol dire che ci sta un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano, tutto si incontra[…]le persone di un certo tipo si incontrano tutti là62». Dicembre 2014: scoppia lo scandalo “Mafia Capitale”. La Procura della Repubblica di Roma, guidata dal dott.
in particolare considerazione». Mentre il processo “Enimont” proseguiva, il leader Xxxxx che successivamente sarà condannato per concussione e corruzione, diventerà latitante dandosi alla fuga in Tunisia, senza farne più ritorno.
62 Queste sono le parole di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, citate in X. XXXXXXXXX, Il caso concreto: Cos’è “Mafia Capitale”, Xxxxxxx critici sulle pronunce di “Mafia Capitale”: tra l’emersione di nuovi paradigmi e il consolidamento nel sistema di una mafia soltanto giuridica, in Cass. Pen., 2016, p. 125.
Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, emette un mandato d’arresto per Xxxxxxx Xxxxxxxxx00. Le testate giornalistiche per intere settimane concentrano la propria attenzione sul volto invisibile di una Roma tormentata da una potente organizzazione criminale, a capo della quale c’era lo stesso Xxxxxxxxx, legata a doppio filo con la politica locale. Infatti, ad essere arrestati sono stati anche esponenti di partiti importanti come Pd e Forza Italia. Un sistema corruttivo, quasi dimenticato, che era già riemerso con altre importanti inchieste come quella relativa alle infiltrazioni mafiose nelle gare d’appalto per la costruzione dei padiglioni dell’EXPO di Milano e il Mose di Venezia. Ma ciò che emerge è che al centro del mercato della corruzione non ci sono più interi partiti, come negli anni novanta, ma singoli esponenti messi letteralmente a libro paga dalla “mafia romana” che mercanteggiavano la propria funzione pubblica in cambio di favori o denaro da destinare ad interessi privati. L’organizzazione aveva capito come agire: per ottenere appalti, commesse e favori non bisognava utilizzare l’arma della violenza, ma capire il prezzo da pagare per ottenere il tutto senza considerarne il colore politico64. In particolar modo gli affari che producevano ingenti profitti economici interessavano soprattutto il settore degli appalti affidati alle cooperative legate a Xxxxxxxxx Xxxxx (presidente della Coop. 29 giugno, iscritta a Legacoop), che gestivano nell’area romana i campi di accoglienza dei profughi richiedenti asilo politico in Italia, la manutenzione delle aree verdi del Comune di Roma e dei servizi di pulizia in alcune società controllate del Campidoglio. Secondo la magistratura Xxxxx era l’amministratore che gestiva proprio i flussi di denaro all’interno del clan.
Basti pensare anche alle vicende collegate alla costruzione della linea C della metropolitana di Roma, sulla quale l’Autorità Nazionale Anticorruzione(ANAC) in un rapporto del 2007 ha evidenziato come ci fossero state ben quarantacinque varianti al progetto iniziale, facendo innalzare il costo dell’opera di settecento milioni di euro in più. Oppure alla gara d’appalto per un costo di 2,5 milioni di euro relativa al restauro dell’aula
63 Xxxxxxx Xxxxxxxxx è considerato “l’ultimo re di Roma”. La sua storia criminale attraversa quella degli ultimi trent’anni in Italia. Ex componente dei Nar (Xxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxxxxx), è stato coinvolto in vicende come l’attentato alla stazione di Bologna del 1980 e l’omicidio del giornalista Xxxx Xxxxxxxxx, oltre ad essere legato alla storia della nota “Banda della Magliana” di Roma.
64 Cfr. Per una esposizione completa del caso “Mafia Capitale” X. XXXXXXXXXXX, Boss e Bustarelle, in riv. Narcomafie, giugno 2015, pp. 26-31.
Xxxxxx Xxxxxx nel 2010, nella quale si riunisce il consiglio comunale di Roma: le indagini hanno dimostrato come un imprenditore, dopo avere versato una tangente ad un funzionario della Sovrintendenza dei Beni culturali di Roma era sicuro di aggiudicarsi la gara, tanto da avere stipulato contratti ed effettuato pagamenti in acconto ai subappaltatori già alcuni giorni prima dell’apertura delle buste concernenti le offerte. «Voglio essere schematico a costo di apparire banale: Roma vive di burocrazia, Milano di imprenditoria, con i pregi e i difetti che derivano da queste matrici. Perché a Roma l’impronta burocratica comporta l’abitudine a fare tutto con cautela, quasi con la preoccupazione di decidere, rinviando le soluzioni piuttosto che cercandole».65
Cos’è cambiato in Italia, da “mani pulite” ad oggi? La corruzione continua a persistere ed i flussi di denaro continuano a girare tra politica, funzionari pubblici ed imprenditoria, come dimostrato dalla vicenda “mafia capitale”; dopo “tangentopoli”, calata l’attività repressiva della magistratura, all’interno del sistema normativo italiano non ci sono state immediate risposte legislative soprattutto sul piano preventivo-amministrativo fino alla riforma “Xxxxxxxx” del 2012, con la quale si è sviluppata una svolta normativa in materia. Il sistema corruttivo si è reso ancora più invisibile ed il ruolo dei partiti sembra essere passato da attori protagonisti a quello di fedeli servitori di imprenditori e soprattutto di organizzazioni criminali, i cui finanziamenti giungono direttamente nelle “tasche private” di politici-funzionari pubblici. E allora le parole che l’on. Xxxxxxx Xxxxx, destinato a diventare il responsabile principale di quella vicenda, pronunciò alla Camera dei Deputati il 3 luglio 1992 fotografano una condizione immutata della macchina amministrativa italiana, bloccata ancora oggi dal “cancro” della corruzione : « Ciò che bisogna dire, e che tutti del resto sanno, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare od illegale.[…] Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale […]66».
65 Cit. X. XXXXXXX- G. DI FEO, Il male italiano, Liberarsi dalla corruzione per cambiare il Paese,
Rizzoli, 2015, p. 73.
66 Discorso riportato in parte in D. DELLA PORTA- X. XXXXXXXX, Un Paese anormale, Come la classe politica ha perso l’occasione di Mani pulite, Laterza, 1999, p. 21.
6. Il costo della corruzione in termini economici (brevi cenni).
Nel 2012 la Corte dei Conti lancia un allarme: la corruzione in Italia costa sessanta miliardi di euro all’anno, cioè pari all’un per cento del PIL italiano67. Inoltre il settore dei contratti pubblici muove circa il 7 % del Pil nazionale, il 16 % di quello europeo68. La cattiva gestione della macchina amministrativa, tra sprechi e gare d’appalto alterate, comporta inevitabilmente un innalzamento vertiginoso della spesa pubblica. Per comprendere la centralità dell’analisi economica del fenomeno corruttivo bisogna prendere in considerazione la presenza di una legge della domanda e della offerta di corruzione, le quali a seconda dei contesti di riferimento possono incentivare o scoraggiare il mercato illecito delle tangenti. Difatti, come affermato in precedenza, le politiche di investimento attuate dalle istituzioni possono essere influenzate dal livello di prassi collusive sviluppatesi in un determinato territorio; ripercussioni che si manifestano sulle allocazioni delle risorse economiche pubbliche, sulla tipologia degli investimenti da effettuare e soprattutto sulla decisione relativa alla modalità di affidamento delle opere pubbliche e dei servizi. Quest’ultimo è stato l’aspetto maggiormente denunciato, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016, da parte del presidente della Corte dei Conti, Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, il quale ha evidenziato come la maggior parte dei Comuni in Italia preferisca affidare l’esecuzione di lavori pubblici a “società in house providing” o attraverso trattative private, piuttosto che tramite gare d’appalto a società terze69.
Gli effetti distorsivi che si sono prodotti all’interno dei Paesi, come l’Italia, dove la corruzione detiene una presenza rilevante, sono: 1) l’alterazione del funzionamento dei prezzi sul sistema dei mercati, ostacolando la libera concorrenza tra imprese, 2) l’alterazione del mercato dell’offerta di lavoro, con la prospettazione di facili guadagni in attività illegali, 3) la chiusura delle imprese sane, 4) il mancato sviluppo di attività innovative, 5) l’inquinamento degli appalti pubblici, 6) la distorsione dello stanziamento
67 R. TURNO, La corruzione pesa per 60 miliardi, in Il sole 24, 17 febbraio 2012. xxxx://xxx.xxxxxx00xxx.xxx/xxx/xxxxxxx/0000-00-00/xxxxxxxxxx-xxxxx-xxxxxxxx-xxxxxxxx- 063713.shtml?uuid=AaZLH7sE.
68 Sul punto F. DI XXXXXXXX, La corruzione negli appalti pubblici, in Riv. Trim. dir. pubbl., 2012, p.
177.
69 Relazione annuale del presidente della Corte dei Conti, 18 febbraio 2016, in xxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xx/xx_xxxxxxx/xxxxxxxxx.xxxx?xxxxxxxxXxxxx/_xxxxxxxxx/xx_xxxxxxx/xxxx_0000.xxxx
delle risorse pubbliche, le quali spesso sono destinate proprio ai settori maggiormente vulnerabili come i lavori pubblici, costruzione di armi, sanità, telecomunicazioni ed industrie farmaceutiche 70. Fattori distorsivi che ricadono tutti sulla crescita economica di uno Stato, dal momento che ad alti livelli di corruzione corrisponde un basso livello del Prodotto Nazionale Lordo(PNL), un basso tasso di crescita del Prodo Interno Lordo(PIL), ma che soprattutto tendono a disincentivare gli investimenti sia di imprese nazionali che straniere.
In conclusione, analizzando il fenomeno da varie angolazioni come quella sociologica, giuridica ed economica, è possibile giungere ad una conclusione fondamentale: tutte le scienze sono concordi nel paragonare l’immagine della corruzione ad un cancro, la cui “metastasi” si è espansa da un organo ad un altro dello Stato italiano. “Guarire dalla corruzione” in Italia necessita di un percorso ancora lungo, ma non impossibile. Bisogna farlo per ridare fiducia a tutti quei consociati che non credono più nell’azione esecutiva dello Stato, bisogna farlo per garantire una concorrenza leale tra imprese, per quella fetta di funzionari pubblici che svolgono le proprie mansione con onestà. Bisogna guarire per contrastare l’invisibilità delle organizzazioni criminali ma soprattutto per garantire alla società civile quell’efficienza della pubblica amministrazione, oramai, in larga parte smarrita da tempo.
70 Cfr. M.G. VIVARELLI, Il fenomeno della corruzione, in Foro amm. Tar, 2008, p. 2928 s.
Capitolo II
La repressione della corruzione sul piano normativo tra diritto internazionale e sfera interna
SOMMARIO: 1. L’evoluzione internazionale dell’azione di contrasto alla corruzione. -1.1. Gli interessi tutelati: l’internalizzazione del diritto penale- economico. – 2. Beni giuridici tutelati dai delitti di corruzione sul fronte nazionale: le teorie unitarie. – 2.1. (segue): le teorie differenziate. - 3. L’evoluzione legislativa italiana prima della riforma “Xxxxxxxx”. - 3.1. La riforma “Xxxxxxxx”, l. 6 novembre 2012 n. 190: passo in avanti o nuovo punto di partenza? - 3.2. (segue): i recenti interventi normativi ad opera della l. 27 maggio 2015 n. 69. - 4. La repressione della corruzione “propria” (art. 319 c.p.): I soggetti attivi e la struttura del reato. - 4.1. La condotta ed il momento consumativo. - 4.2. L’atto contrario ai doveri d’ufficio. – 4.3. (segue): le circostanze aggravanti: l’art. 319 bis c.p. – 4.4. Conclusioni: reprimere è meglio che prevenire?
1. L’evoluzione internazionale dell’azione di contrasto alla corruzione.
Passando ad analizzare più da vicino le conseguenze che le trasformazioni criminologiche della corruzione hanno determinato sul sistema giuridico , va rilevato un sostanziale impegno sul piano normativo internazionale, dinnanzi al quale, prima della riforma del 2012, il legislatore nazionale si è dimostrato decisamente insensibile relativamente alle istanze di rafforzamento auspicate dalle Convenzioni stipulate soprattutto nel corso degli anni novanta del secolo scorso1.
A livello internazionale, alla metamorfosi del fenomeno corruttivo è corrisposto un vero e proprio dinamismo normativo; è possibile individuare alcuni interventi già nel corso degli anni settanta, con Raccomandazioni, Dichiarazioni, Risoluzioni e progetti di modifica di Trattati già esistenti, i quali per molto tempo non si sono concretizzati in risultati realmente significativi. Solamente negli anni novanta si è assistito al nascere di vere e proprie Convenzioni internazionali e alla costituzione di organismi2 con il compito di monitorare il livello di effettiva ricezione da parte degli Stati firmatari di tali accordi delle politiche anticorruzione adottate sul fronte internazionale. Convenzioni, sottoscritte anche dall’Italia. Si allude ad importanti esempi come la Convenzione di Bruxelles del 26 luglio del 1995, sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee( con i Protocolli di Dublino e di Bruxelles del 1996), alla Convenzione di Bruxelles del 26
1 Sui profili internazionali della corruzione v. X. XXXXXXX, Recenti sviluppi internazionali nella lotta alla corruzione (…e conseguenti obblighi recepimento da parte italiana), in Cass.pen., 1998, p. 1529 s.
2 Si pensi al GRECO (gruppo di Stati contro la corruzione) costituito nell’ambito del Consiglio d’Europa e al WGB (gruppo di lavoro sulla corruzione) istituito presso l’OCSE.
maggio 1997, sulla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti i funzionari delle Comunità europee e degli Stati membri dell’U.E. Oppure si pensi alla Convenzione OCSE di Parigi del 17 dicembre 1997, sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, alla Convenzioni ,civile e penale, sulla corruzione del Consiglio d’Europa del 1999 fino a giungere all’importante Convenzione dell’Onu siglata a Merida nel 20033, ratificate in Italia rispettivamente con la l. 3 agosto 2009, n.116 e la l. 28 giugno 2012 n. 1104.
Alla diversa ampiezza delle prospettive di tutela nelle quali si collocano le Convenzioni internazionali prese in considerazione, corrisponde un differente contenuto di obiettivi che da esse discendono per gli Stati aderenti. Difatti, gli Accordi volti alla tutela degli interessi economici e finanziari si limitano a richiedere agli Stati di estendere le norme incriminatrici interne sulla corruzione anche ai fatti commessi dai funzionari delle organizzazioni internazionali5 e ad una maggiore tutela degli interessi economici6, come quella della concorrenza del mercato economico soprattutto in ambito europeo7, di cui si tratterà in seguito.
Oltre che sul profilo economico, il dialogo normativo tra gli Stati si è incentrato gradualmente anche sulla trasformazione del volto del reato di corruzione, cioè del passaggio da fenomeno burocratico-pulviscolare a politico-amministrativo-sistemico, del quale si è trattato nel primo capitolo. Tale cambiamento ha contribuito alla nascita di una percezione internazionale delle pratiche collusive tra privati e funzionari pubblici come una vera e propria minaccia per la fiducia dei consociati nella legalità delle istituzioni e conseguentemente per la stabile convivenza nella Comunità internazionale;
3 Cfr. X. XXXXXXX, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica, verso un modello di contrasto “integrato”, X. Xxxxxxxxxxxx, 2012, pp. 70-75, all’interno delle quali l’autore pone una panoramica alquanto esaustiva delle “conquiste” normative ottenute dal diritto internazionale negli ultimi anni.
4 Per un commento alla legge cfr. X. XXXXXXX, La legge italiana di ratifica della Convenzione di Merida contro la corruzione, in Legisl.pen, 2010, p. 119 s.
5 Questo è l’obiettivo principale imposto dalla Convenzione di Bruxelles del 1995, con l’annesso protocollo di Dublino del 1996,
6 Di questa opinione è C.R. XXXXXXXXX, La lotta alla corruzione in campo comunitario e internazionale, in Riv. Trim. di Dir. pen. Ec., 2001, p. 607.
7 Interesse rinvenibile all’interno della Convenzione OCSE di Parigi del 1997(sulla lotta contro la corruzione degli agenti pubblici stranieri nelle transazioni commerciali internazionali), la quale prevede l’incriminazione della sola corruzione attiva dei funzionari comunitari finalizzata a «ottenere o conservare un mercato o un altro vantaggio indebito nel commercio internazionale».
preoccupazione esternalizzata ampiamente all’interno del preambolo della Convenzione Onu del 2003, all’interno del quale viene evidenziato come la corruzione stessa costituisca un serio pericolo per « i valori democratici, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo ed il progresso economico e sociale»8. Prerogative comuni anche ad altri accordi internazionali.9 Ciò che emerge non riguarda solamente la comune percezione della minaccia arrecata dalla corruzione, ma anche l’esigenza di carattere transnazionale di una vera e propria armonizzazione normativa sul piano preventivo e repressivo delle pratiche corruttive in base all’evoluzione dei rapporti politici ed economici su scala mondiale10.
Sul primo fronte, quello preventivo, sono state inserite misure extra-penali di carattere puramente amministrativo: si pensi alla Convenzione civile del Consiglio d’Europa del 1999 all’interno della quale sono state inseriti meccanismi di risarcimento danni per le vittime di reati di corruzione11 o alle misure di protezione per i wistleblowers12 previste dalla Convenzione Onu del 2003. All’interno di quest’ultima è possibile rinvenire un’altra serie di misure come quelle in materia di efficienza e trasparenza nel pubblico impiego (art. 7), di semplificazione delle procedure amministrative (art. 10), oppure l’obbligo per gli Stati aderenti di individuare organismi con funzioni e compiti specifici di prevenzione della corruzione dotati di un sufficiente livello di indipendenza (art. 6).
8 Il testo intero della Convenzione Onu, siglata a Merida nel 2003, è rinvenibile presso xxxxx://xxx.xxxxx.xx/xxx/xx/xxxxxxx-xxxxxxx/0000/0000.xxx
9 In questo senso si è espressa anche la Convenzione penale sulla corruzione all’interno del proprio preambolo , del 27 gennaio 1999 : «Gli Stati membri del Consiglio d'Europa e gli altri Stati firmatari della presente Convenzione, considerando che lo scopo del Consiglio d'Europa è di realizzare una più stretta unione fra i suoi membri; riconoscendo l'importanza di rafforzare la cooperazione con gli altri Stati firmatari della presente Convenzione; convinti della necessità di perseguire a titolo prioritario una politica penale comune volta a proteggere la società contro la corruzione, mediante anche l'adozione di un' adeguata legislazione e di adeguate misure preventive; sottolineando che la corruzione rappresenta una minaccia per la preminenza del diritto, la democrazia ed i diritti dell'uomo, che xxxx i principi di corretta amministrazione, di equità e di giustizia sociale, distorce la concorrenza, ostacola lo sviluppo economico, e mette a repentaglio la stabilità delle istituzioni democratiche e le fondamenta morali della società »[…], rinvenibile presso xxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xx/xxx-xxx/X0Xx?xxx:xxx:xxxxx:xxxxx:0000;000.
10 Per un’esaustiva trattazione del delitto di corruzione sul fronte europeo ed internazionale v. X. XXXXXXXX, La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale: effetti, potenzialità e limiti di un diritto penale "multilivello" dallo Stato-nazione alla globalizzazione, Edizioni scientifiche italiane, 2012.
11 Art. 22 Convenzione civile e penale contro la corruzione siglata a Strasburgo il 27 gennaio 1999.
1212 Art. 8 della Convenzione di Merida del 2003, ripreso dall’art. 54-bis (tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti) e dal recente intervento normativo del gennaio 2016 ad opera del governo italiano.
Ma è soprattutto sul piano repressivo che il diritto internazionale ha tentato di creare una vera e propria armonizzazione normativa intesa come coordinamento e cooperazione fra gli Stati al fine di garantire ad essi, attraverso la creazione di fattispecie-modello, un “programma” di tutela da tradurre all’interno dei rispettivi impianti normativi, mediante ogni misura che possa garantire il pieno rispetto dei principi stabiliti dalle Convenzioni stesse. Pertanto, confrontando quest’ultime tra di loro, a parte le piccole discrasie linguistiche, è possibile individuare elementi in comune tra le incriminazioni collusive previste 13 : a) gli strumenti convenzionali richiedono di prevedere come reati sia la corruzione attiva14 sia quella passiva15 ancorate al concetto di compimento o astensione dal compimento di atti di ufficio del funzionario pubblico; b) tutte prevedono la dazione, la promessa ,la concessione di indebiti vantaggi patrimoniali da parte del privato al p.u.(o altra persona) nella corruzione attiva e la sollecitazione o l’accettazione dell’indebito vantaggio patrimoniale da parte del funzionario(o per conto di altra persona) ; c) viene specificata la nozione di pubblico ufficiale, rispettando le singole normative nazionali; d) non viene attuata alcuna distinzione tra corruzione propria e impropria favorendo l’impostazione condivisa da alcuni Stati europei e cioè quello di non limitare l’incriminazione della corruzione alla sola compravendita di un atto individuato o individuabile ma ad estenderla anche alla corruzione per l’esercizio della funzione16(esempio emblematico è il riformato art. 318 c.p.). e) A fronte della tendenza di indurre a cancellare la corruzione nella sua forma “susseguente”, le Convenzioni internazionali prevedono l’incriminazione di una serie di reati in connessione funzionale con il reato in questione: le falsità in scritture contabili, i reati tributari ed il riciclaggio17;
f) va registrata una progressiva anticipazione della soglia della tutela dal momento che si richiede l’incriminazione degli accordi prodromici al patto corruttivo vero e proprio, e
13 Cfr. L’individuazione degli elementi in comune tra le varie Convenzioni internazionali è trattata in maniera specifica da A. DI XXXXXXX, B.G. MATTARELLA-X. XXXXXXXXX (a cura di) La legge anticorruzione, prevenzione e repressione della corruzione, X. Xxxxxxxxxxxx Editore, 2013, pp. 361-371.
14 Art.2 Convenzione di Strasburgo del 1999- art. 15 lett. a) Convenzione Onu del 2003.
15 Art.3 Convenzione di Strasburgo del 1999- art. 15 lett. b) Convenzione Onu del 2003.
16 Cfr. P. DAVIGO- X. XXXXXXX, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale,
Laterza, 2008, p. 302.
17 Cfr. M.G. VIVARELLI, Il concetto di corruzione. Varietà e forme, in Foro amm. TAR, 2008, p. 2928.
segnatamente del c.d. traffico di influenze illecite 18 ; g) infine, e sotto il profilo sanzionatorio, oltre all’introduzione di sanzioni effettivamente proporzionate al reale disvalore della corruzione, è considerata necessaria una disciplina della prescrizione adeguata alla reale ed effettiva perseguibilità dei reati di corruzione19. Dunque, com’è possibile notare l’impegno sul fronte internazionale per la lotta al reato di corruzione è stato assunto; spetterà ai singoli Stati completare nel corso del tempo questo percorso lungo e tortuoso, attuando adeguate normative che abbiano alla base i principi economico-giuridici frutto del combinato disposto degli accordi internazionali esaminati.
1.1. Gli interessi tutelati: l’internalizzazione del diritto penale-economico.
Come accennato, il perseguimento delle condotte in questione all’interno della Convenzioni citate trova il suo radicamento nell’alveo delle relazioni economiche internazionali, oltre che nell’intensa esigenza di creare un effetto deterrente per i consociati attraverso l’inasprimento delle sanzioni penali. Ciò che emerge è la presenza di obiettivo comune di tutela di beni giuridici che vanno oltre la semplice dimensione del corretto funzionamento della sfera amministrativa; il contrasto sul fronte internazionale, ed europeo, alla corruzione, in qualità di fenomeno in grado di alterare il libero gioco della concorrenza, andrebbe a presidiare la libertà di iniziativa economica di soggetti pubblici e privati20. E invero, molti degli strumenti convenzionali, a partire dagli anni novanta, sono stati funzionali al perseguimento della massima tutela della stabilità dei mercati e della protezione della competizione delle imprese dalle illecite alterazioni ad essa causate dai fenomeni corruttivi21, nonché, di evitare più in generale la perdita di fiducia da parte degli investitori circa l’idoneità di ogni singolo ordinamento di fornire
18 Cfr. Art. 12 della Conv. Pen. Di Strasburgo del 1999 e art. 18 della Conv. Onu del 2003, attuate da parte dell’art. art. 1. 75 l. r), il quale ha introdotto all’interno del codice penale italiano l’art. 346 bis (delitto di traffico di influenze illecite).
19 Cfr. Convenzione Ocse di Parigi del 1997.
20 Per una corretta analisi economica degli interessi tutelati sul versante europeo cfr. X. XXXXXXXX,
Ordine internazionale e lotta alla corruzione, in Dir. Pubb. Com. eur., 2014, p.1927 s.
21 Cfr. X. XXXXXXXX, Tra prevenzione “diffusa” e repressione “accentrata”. Profili metodologici e prospettiva future del contrasto agli illeciti di corruzione nel diritto internazionale, in Trattato di diritto penale, parte speciale, (a cura di) X. XXXXXXX- X. XXXXXXXXXX-A. MANNA-M. PAPA, Utet, 2015,
p.325 s.
un’adeguata tutela degli investimenti all’interno dei rispettivi mercati xxxxxxx00. Nel contesto dei mercati internazionali odierni, l’esigenza sociale di predisporre sistemi di norme idonei a impedire che i costi delle transazioni non siano alterati da fattori esogeni al mercato e dunque, in quanto tali, imprevedibili nei loro effetti, assume progressivamente un’importanza vitale23. Difatti, il fenomeno corruttivo ha assunto un peso molto maggiore che in passato, dal momento che negli ultimi anni gli scambi commerciali internazionali hanno assunto una considerevole espansione dovuta all’affermazione del neo-liberismo come modello economico tendenzialmente dominante24. Questi processi hanno evidenti riflessi anche sul piano giuridico.
Bisogna ricordare che le norme giuridiche poste a tutela della libertà di iniziativa, in quanto espressione delle opzioni fondamentali dell’ordinamento internazionale assieme alla sovranità in campo economico, sono collocate al vertice “della costituzione economica del diritto internazionale 25”; pertanto, si comprende come l’evoluzione dei mercati abbia prodotto come effetto quello della cosiddetta “internalizzazione del diritto penale-economico” soprattutto nell’azione di contrasto di reati seriali come quello della corruzione, sia sul piano normativo che dottrinario26.
2. Beni giuridici tutelati dai delitti di corruzione sul fronte nazionale: le teorie unitarie.
Passando a verificare le caratteristiche del modello di tutela vigente in base alla struttura delle fattispecie di corruzione previste dal codice penale italiano, è importante partire dall’analisi relativa ai beni giuridici tutelati attraverso la repressione penale dei fenomeni collusivi. Capire l’oggetto giuridico da salvaguardare, permette di interpretare le politiche di intervento effettuate soprattutto negli ultimi anni da parte del legislatore
22 Questo è uno degli obiettivi principali perseguiti da parte della Convenzione Onu di Merida del 2003.
23 «Il calcolo delle possibilità di profitto esige un sistema di relazione che si sviluppino secondo aspettative calcolabili», cit X. XXXXXXXX, Storia e critica dell’opinione pubblica, Laterza, 2008, p. 98-99.
24 Secondo X. XXXXX lo sviluppo dei mercati in regime di concorrenza presuppone indispensabilmente
«garanzie di calcolabilità», in Economia e società, Edizioni di Comunità, 1981, Vol II, p.7 s.
25 Cit. X. XXXXXX, Diritto internazionale dell’economia: raccolta sistematica dei principali atti normativi internazionali ed interni con testi introduttivi e note, (a cura di) X. XXXXXX- X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, Diritto e società, 1982, p. 61 s.
26 Cfr. X. XXXXXXXX, Quale diritto penale per l’Europa, in Identità, diritti, ragione pubblica in Europa,
Il Mulino, 2007, p. 152.
italiano. Gli interpreti si sono divisi tra coloro che individuano un unico bene giuridico da proteggere e coloro che preferiscono una considerazione separata in relazione alle singole fattispecie previste dall’impianto normativo. Interpretazioni fornite dalla dottrina penalistica italiana nel corso del tempo a seconda dell’evoluzione legislativa sul fronte repressivo del delitto in questione.
Nell’ambito delle prime impostazioni che prendono il nome di teorie unitarie, è possibile ricondurre tutti quegli orientamenti che individuano il pactum celeris tra corrotto e corruttore come l’elemento costitutivo di tutte le forme di corruzione previste dal codice, preferendo selezionare come bene giuridici tutelati, il prestigio della pubblica amministrazione27, il dovere di fedeltà28, di non venalità del pubblico amministratore29, l’esercizio della funzione pubblica orientato verso la realizzazione del migliore interesse collettivo 30 e che dunque gli atti amministrativi non debbano essere oggetto di compravendita privata31. Tutte, pertanto, indirizzate verso la salvaguardia dell’integrità del potere esecutivo, inteso in senso ampio, della macchina dello Stato.
Basti pensare che la prima teoria in tal senso fu elaborata verso la fine dell’Ottocento ed è rinvenibile nella relazione del Ministro di Grazia e Giustizia, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, sul progetto di codice penale del 1883: essa raffigurava, infatti, il prestigio della pubblica amministrazione come l’interesse primario da tutelare. « Il concetto che in questa parte deve dominare la legge è di punire severamente la venalità del pubblico ufficiale che accetta per atti del suo ufficio retribuzioni non dovutegli, e ciò indipendentemente dalla giustizia o ingiustizia degli atti stessi; imperocché è di universale interesse che non si faccia cadere in discredito od in sospetto la pubblica potestà col rendere venali uffici i quali per legge debbono essere gratuiti[…] »32. Difatti, tale impostazione ideologica era
27 Cfr. X. XXXXXXX, I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, X. Xxxxxx, 1966,
p. 114 s., X. XXXXXXX, Trattato di diritto penale italiano, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1982, p. 212.
28 Cfr. X. XXXXXXXX, voce Corruzione, in Enc. Dir., X, Xxxxxxx Editore, 1962, p.753.
29 Cfr. X. XXXXXXXX, Studi sulla corruzione, Xxxxxxx Editore, 1970, p. 166 s.
30 Cfr. C.F. GROSSO, Commento agli artt. 318-321, in X. XXXXXXXX (a cura di) I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Utet, 1996, p. 168 s.
31 Cfr. X. XXXXXX, I delitti contro la pubblica amministrazione, I delitti dei pubblici ufficiali, Xxxxxxx Editore, 2013, p. 133 s.
32 Passo della Relazione ministeriale del Ministro di Grazia e Giustizia, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, citato in
X. XXXXXXXX, Gli interessi tutelati nei reati di corruzione, in Riv. Di Dir. e Pro. Pen., 1993, p. 976.
sostenuta dalla dottrina maggioritaria dell’epoca ed è stata per lungo tempo anche alla base di un rilevante orientamento della dottrina penalistica tedesca secondo cui le norme sulla corruzione tutelano il prestigio della pubblica amministrazione e la fiducia dei consociati nell’imparzialità e nella correttezza dei funzionari pubblici33, dal momento che ove sussiste una corruzione altamente produttiva è proprio l’effettività delle scelte compiute dagli apparati amministrativi a perdere la credibilità in primis etica e successivamente giuridica. L’avidità che umilia l’esercizio delle pubbliche funzioni o dei pubblici servizi e che allo stesso tempo offende il decoro della pubblica amministrazione ,facendo generare sospetti o sfiducia nella società civile34, fu aspramente condannata anche nei successivi progetti del codice penale italiano. Linea mantenuta anche dal cosiddetto codice penale” Zanardelli”35 del 1889.
Benché , come affermato precedentemente, ancora oggi vi sia una cospicua parte della dottrina penalistica italiana ancorata a tale corrente di pensiero, tale impostazione si scontra con due obiezioni difficilmente superabili36. Da un lato, cercando di individuare un’unica tipologia di offesa arrecata dal delitto di corruzione, si finisce per non considerare le fondamentali differenze strutturali presenti tra le fattispecie incriminatrici presenti tra gli artt. 318-322 c.p.; dall’altro lato, oltre all’indeterminatezza degli oggetti giuridici considerati e ad una non sicura legittimazione nel quadro dei valori costituzionali37, si rischia di confondere gli obiettivi finali di tutela con quelli ad essi
33 In tale senso si espressa analogamente la Relazione ministeriale sul progetto di codice penale del 1887, citata in X. XXXXXXX, Trattato di diritto penale italiano, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1913, p. 120.
34 Cfr. X. XXXXXXX, Trattato di diritto penale italiano, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1982, p.
219.
35 In questo modo X. XXXXXXX commentava il reato di corruzione all’interno del codice penale italiano del 1889: «Il sistema seguito dal codice corrisponde al più elevato concetto delle cose, avendo voluto il legislatore colpire la venalità del pubblico ufficiale indipendentemente dalla giustizia o ingiustizia dei suoi atti, per il sospetto e il discredito che certamente ne ridonda all’amministrazione pubblica». Cit. in nota 43 in Riv. Dir. e Pro. Pen., 1993, pp. 976-977.
36 Cfr. X. XXXXXXXX, Diritto Penale, lineamenti di parte speciale, in Delitti contro la pubblica amministrazione, Monduzzi, 2013, p. 155. In particolare l’autore afferma che le teorie relative alla tutela della fedeltà del pubblico funzionario o del prestigio della pubblica amministrazione, non sono inesatte, quanto, piuttosto, incomplete degli interessi che vi sono sottostanti. Sposando la dottrina maggioritaria, anch’egli afferma che tali strumenti servono a tutelare beni giuridici come il buon andamento e l’imparzialità della p.a. italiana.
37 In questo senso X. XXXXXXXXX, Trattato di diritto penale, Reati contro la pubblica amministrazione,
Xxxxxxx Editore, 2015, pp. 262-263.
strumentali38. Questa sorta di confusione normativa si avverte maggiormente all’interno di quei filoni dottrinari che accostano alla figura degli interessi tutelati il dovere di fedeltà dei funzionari pubblici e il divieto di accettare remunerazioni private per l’espletamento delle funzioni pubbliche, dal momento che essi costituiscono doveri strumentali posti a presidio di beni normativi ben più elevati.39
Negli ultimi anni, inoltre, dopo l’esperienza di “tangentopoli” alcuni autori hanno cercato di spostare il baricentro della questione su concetti “socio-economici” troppo ampi per l’ossatura attuale del codice penale italiano; è stato sostenuto che ad essere tutelati sarebbero beni come la concorrenza, l’integrità dell’economia nazionale ed internazionale ed il funzionamento delle istituzioni democratiche40. Tale ulteriore filone ideologico può spiegare prevalentemente l’attenzione mostrata da parte soprattutto degli organi sovrannazionali per le strategie di contrasto al fenomeno delle corruzione, come affermato precedentemente; gli interessi in questione devono rimanere fuori dall’oggettività giuridica delle singole fattispecie, che rischiano di essere interpretate in una dimensione esclusivamente macro-offensiva non attingibile dal singolo episodio di corruzione, ma solo dalla serialità del mercimonio privato delle pubbliche funzioni41.
2.1. (segue): le teorie differenziate.
Sul versante opposto la dottrina maggioritaria, avvallata anche dalla giurisprudenza, ha focalizzato la propria attenzione nel mantenere ben distinti gli oggetti di tutela in relazione alle differenti forme di corruzione: le teorie differenziate si basano proprio su tale principio. Come si analizzerà in seguito, prima della l. 6 novembre 2012, n.190 (cosiddetta riforma “Xxxxxxxx”), all’interno del nostro impianto penalistico erano presenti due distinte fenomenologie di corruzione: difatti, sia quella “impropria” (art. 318 c.p.) che quella “propria” (art. 319 c.p.) erano a loro volta suddivise in una forma sia antecedente che susseguente. Per effetto della riforma in questione tale differenziazione
38 Cit. X. XXXXXXX, Repressione e Prevenzione della corruzione pubblica, verso un modello di contrasto “integrato”, X. Xxxxxxxxxxxx Editore, 2012, p. 64.
39 Cfr. X. XXXXXXXX- X. XXXXX, Diritto penale, Parte speciale, Zanichelli, 2013, p. 225.
40 Cfr. G. FORTI, Unicità o ripetibilità della corruzione sistemica? Il ruolo della sanzione penale in una prevenzione «sostenibile» dei crimini politico-amministrativi., in Riv. Trim. di Dir. Pen. Ec., 1997, p. 1092.
41 Di questa opinione è X. XXXXXXXX, I delitti di corruzione, studi sui casi, Xxxxx, 2008, p. 56.
non ne esce semplicemente scolorita, ma addirittura cancellata nel caso dell’art. 318 c.p., rimanendo invariata nel secondo caso, cioè nell’art. 319 c.p. Più precisamente, seguendo tali teorie, mentre la corruzione propria sarebbe stata posta a tutela del buon andamento e della imparzialità della pubblica amministrazione, quella impropria sarebbe stata indirizzata verso la tutela dell’imparzialità dei funzionari pubblici 42 . Teorie che al contrario di quelle unitarie risultano essere state maggiormente ancorate ai due principi enunciati dal secondo comma dell’art. 97 Cost., ma che allo stesso tempo hanno sicuramente tentato di far convergere due rami del diritto, come quello penale ed amministrativo, con la consapevolezza di spostare l’attenzione sulle ricadute che la macchina burocratica tende a subire, in termini di scarsa efficacia ed efficienza, dinnanzi alla mercificazione della funzione pubblica. Anche tali tesi, però, sembrano a primo impatto troppo vaghe e necessitano di subire alcuni correttivi per divenire compatibili con il dato letterale delle norme penali.
Effettuando una classificazione puramente teorica delle varie sfaccettature del delitto di corruzione, bisogna porre da un lato la cosiddetta corruzione propria antecedente e dall’altro la corruzione propria susseguente e quella impropria (antecedente e susseguente): tale suddivisione, difatti, permette di comprendere la differente gravità delle azioni collusive poste in essere dal funzionario pubblico e consequenzialmente gli interessi lesi. Nel caso della corruzione propria antecedente, l’atto contrario ai doveri di ufficio si pone in una concezione cronologica successiva alla stipulazione del pactum celeris tra corrotto e corruttore e poiché la stipulazione dell’accordo stesso comporta un serio pericolo per il corretto funzionamento della pubblica amministrazione, in tali circostanze ad essere lesi sono esattamente il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione43. Sul piano sanzionatorio, ciò dovrebbe comportare una pena ben più elevata rispetto alla corruzione propria susseguente, dal momento che in tale ultimo caso il danno arrecato alla sfera amministrativa è stato posto in essere prima del
42 In quest’ordine di idee si collocano M.B. XXXXX, La corruzione dopo la riforma, in X. XXXXX (a cura di), Reati contro la pubblica amministrazione, X. Xxxxxxxxxxxx, 1993, p. 88; X. XXXXXXXX, Corruzione propria, corruzione impropria, in Giust.pen., 1979, p. 327; in giurisprudenza x. Xxxx. Pen. Sez. VI, 17 novembre 1994, Provini e altro, in Cass. Pen., 1995, p. 2129.
43 In giurisprudenza cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 17 novembre 1994, Provini e altro, in Cass. pen., 1995, p.
2129.
patto corruttivo e dunque quest’ultimo non può essere considerato lesivo dei principi citati antecedentemente. In verità guardando al dato letterale dell’art. 319 ben altra sembra essere stata la posizione assunta dal legislatore italiano: con la l. 26 aprile 1990, n.86, la quale ha apportato modifiche ai reati contro la pubblica amministrazione previste dal codice penale “Xxxxx” del 1930(tutt’oggi vigente), vi è stata una totale equiparazione ai fini sanzionatori della corruzione propria antecedente e susseguente; linea confermata anche dai recenti interventi normativi del novembre 2012 e del maggio 2015 e costituente un unicum nel panorama legislativo europeo.
Come già detto, nel caso della corruzione impropria (art. 318 c.p.) sia antecedente che susseguente si riteneva che ad essere leso fosse solamente il principio di imparzialità della pubblica amministrazione, ma anche questo elaborato ideologico di parte della dottrina non andava esente da critiche. Il tutto era dovuto alla ragione per la quale il pubblico funzionario che fosse stato corrotto per compiere in futuro o per avere compiuto un atto compatibile con i doveri del proprio ufficio in realtà non avrebbe leso il principio di imparzialità, se la si intende come imparzialità dell’azione amministrativa e non come fiducia nell’imparzialità soggettiva dell’agente pubblico44. Un altro filone dottrinario riconduce a tutte le fattispecie corruttive, ad eccezione ovviamente di quella propria antecedente, la tutela della fiducia che i consociati ripongono nella lealtà e fedeltà dei pubblici agenti al cospetto della Nazione, incentrando il disvalore prevalentemente sul patto illecito45. Il dipendente pubblico corrotto che pone in essere condotte riconducibili alla corruzione impropria, difatti, agisce in modo imparziale, pur non apparendo più come tale. L’offesa arrecata al principio di imparzialità dell’azione amministrativa potrebbe manifestarsi nel momento in cui il burocrate corrotto potrebbe raggiungere in futuro intese collusive per compiere atti contrari ai propri oneri pubblici.
Se prima della riforma del 2012 quest’ultima tesi era stata accolta da parte della dottrina in maniera un po’ forzata e gli stessi artt. 318-319 c.p. si ponevano in una posizione di alterità, nel senso che la ricorrenza alla prima fattispecie escludeva l’altra,
00 Xxx. X. XXXXXXX, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica, verso un modello di contrasto “integrato”, X. Xxxxxxxxxxxx, 2012, pp. 65-68.
45 Di questa opinione sono oltre a X. XXXXXXX (vedi nota precedente), X. XXXXXXXX- X. XXXXX, Diritto penale, Parte speciale, Zanichelli, 2013, p. 221, X. XXXXXXXXX, Reati contro la pubblica amministrazione,
X. Xxxxxxxxxxxx, 2008, p.189.
con la modifica dell’art. 318 c.p., divenuto “corruzione per l’esercizio della funzione”, la visione assunta dal legislatore sembra quella di avere fatto assumere alla c.d. corruzione “impropria”, la posizione di un reato di pericolo in rapporto ad una probabile realizzazione del reato di danno configurato ai sensi dell’art. 319 c.p.46. In altre parole, l’attuale sistema normativo sembra avere sposato l’ultima tesi citata, non avendo colto l’occasione per evidenziare il differente disvalore giuridico delle due forme di corruzione impropria e di quella propria susseguente rispetto a quella propria antecedente, abolendo le differenziazioni interne ai due reati e parificandole da un punto di vista sanzionatorio. Pertanto, non sono stati seguiti gli auspici di quella parte della dottrina penalistica, la quale a seguito della riforma del 1990 ha auspicato la depenalizzazione della corruzione impropria susseguente47 e, più recentemente, ha giustificato il fondamento costituzionale della tutela penale esclusivamente nella corruzione propria antecedente48.
In conclusione, pur essendo presente una chiara diversificazione di opinioni sulla tematica analizzata, il dato sul quale le differenti teorie elaborate nel corso degli anni sono concordi è costituito dal profilo socio-giuridico di certo comune alle differenti forme di corruzione considerando la percezione soggettiva degli accordi corruttivi: in tali reati la venalità dei pubblici agenti si traduce nella percezione della non imparzialità del loro agire e nella perdita di fiducia dei consociati nel regolare funzionamento della pubblica amministrazione, sempre più influenzata dalla mercanteggiamento del proprio agire e sempre meno efficace ed efficiente.
46 Cfr. X. XXXXXXXXX, Diritto Penale, lineamenti di parte speciale, in Delitti contro la pubblica amministrazione, Monduzzi, 2013, pp. 153-155.
47 Di questa opinione sono F. BRICOLA, in Tutela penale della pubblica amministrazione e principi costituzionali, Xxxxxxx Editore, 1968, p.578., X. XXXXXXXX, I delitti di corruzione, studi sui casi, Cedam, 2008, p. 68, X. XXXXXXXX, Gli interessi tutelati nei reati di corruzione, in Riv. Di Dir. e Pro. Pen., 1993, p. 981.
48 Ad avviso di X. XXXXX, i delitti di corruzione, con l’unica eccezione della corruzione propria antecedente, non presentano un contenuto offensivo che risulti adeguato a giustificare, a legittimare, la posizione di una norma incriminatrice, in I delitti di corruzione: un’indagine strutturale e sistematica, X. Xxxxxx, 2003, p. 52.
3. L’evoluzione legislativa sul fronte nazionale prima della riforma “Xxxxxxxx”.
Se sul piano normativo internazionale si è sviluppato una forte cooperazione repressiva del reato di corruzione, passando sul fronte legislativo nazionale va rilevato come per sessant’anni il sistema del delitto in questione, delineato dal legislatore degli anni trenta, sia rimasto completamente immutato a causa di una scarsa produzione normativa in materia.
Nel corso degli anni sono stati presentati svariati progetti aventi come obiettivo quello di riformare la struttura organica del reato di corruzione, tenendo conto anche della posizione assunta dagli altri reati contro la pubblica amministrazione previsti dal Libro II, Titolo II, Capo I del c.p., come ad esempio il delitto di concussione (art. 317 c.p.). Basti pensare al progetto “Azzaro” del 1984 (C. 1780, del 31 maggio 1984), il quale prevedeva di fare refluire nel reato di corruzione tutti gli accordi che non fossero stati condizionati dalla violenza o minaccia, integranti la costrizione (caratteristica tipica del reato di concussione); inoltre tale progetto affiancava una causa di non punibilità a favore del corruttore che denunciasse spontaneamente il fatto prima che fosse decorso un anno dalla consumazione del reato e comunque prima dell’esercizio dell’azione penale nei suoi confronti ovvero prima che il fatto fosse esposto in una denuncia o in un rapporto all’autorità giudiziaria49.
Il progetto “Cernobbio50” del 1994 prevedeva una figura molto amplia di corruzione, in grado di includere tutte le ipotesi di corruzione propria, impropria, per l’esercizio della funzione, antecedente e susseguente, la condotta induttiva del p.u.(corruzione passiva) e quella del privato che avesse dato o promesso l’utilità indebita(corruzione attiva). Inoltre, esso abrogava contemporaneamente il delitto di concussione e faceva rientrare sotto il reato dell’estorsione aggravata (art. 61.9 c.p.) le condotte costrittive dei funzionari pubblici, poiché l’Italia è l’unica tra le nazioni europee, a partire dal codice “Zanardelli” del 1889 e poi all’interno del codice “Xxxxx” del 1930, che conosce il delitto di concussione. La dottrina ha criticato l’eccessiva ampiezza della fattispecie elaborata in
49 Su tale progetto, v. l’opinione di X. XXXXXXX, Il delitto di concussione nelle prospettive di riforma,
in Giust. Pen. 1987, p. 3 s.
50 Il progetto “Cernobbio” è passato alla storia come il progetto di legge del c.d. “pool di mani pulite”, coadiuvato da illustri professori e avvocati.
tale proposta normativa, all’interno della quale sono comprese condotte di disvalore differente tale da non giustificare la loro inclusione in un’unica cornice edittale 51 ; l’impostazione di tale progetto è stata ripresa da ultimo dalla proposta di legge n. 3850 presentata alla Camera dei Deputati il 10 novembre 201052. In termini differenti si erano, invece, mossi il progetto “Vassalli” del 198553 e il progetto “Xxxxxxxx”54 di riforma del codice penale, i quali, tra le novità più importanti, proposero l’inserimento del reato di “concussione ambientale”. Tutti tali progetti, però, non ebbero un seguito esaustivo da parte del legislatore italiano, il quale prima del 2012, anno della cosiddetta riforma “Xxxxxxxx”, è intervenuto sporadicamente in materia.
Ed infatti, di fronte al dilagare della criminalità politico-affaristica, il primo vero intervento da parte del nostro legislatore si è sviluppato solamente con la l. 26 aprile 1990,
n. 86, contenente “Modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione”. Tali interventi riformatori si sono mossi sia nella direzione del rafforzamento dell’apparato sanzionatorio sia in quella dell’introduzione di nuove figure criminose. Nella prima direzione, e cioè nel senso del rafforzamento dell’apparato sanzionatorio si sono mosse: la l. 26 aprile 1990, n. 86 55 , come affermato precedentemente, la quale ha elevato la pena minima dell’art. 318 c.p., equiparato la pena della corruzione propria antecedente a quella della forma susseguente e, infine, ha eliminato radicalmente la pena pecuniaria, ritenuta di scarsa efficacia. La l. 29 settembre
51 Per osservazioni critiche sull’ampiezza della norma proposta cfr. C.F. GROSSO, L’iniziativa di Xx Xxxxxx su Tangentopoli. Il progetto anticorruzione di mani pulita fra utopia punitiva e suggestione premiale, in Cass. Xxx, 1994, p. 2343; X. XXXXXX, Considerazioni critiche sulla proposta anticorruzione, in Riv. Trim. dir. pen. Ec., 1994, p. 943; X. XXXXXXXX, Per una modifica delle norme in tema di corruzione e concussione, in Riv. Trim., dir. pen. Ec., 1995, p. 55 s.; X. XXXXXXXXX, La proposta di semplificazione in tema di corruzione ed i rischi di estorsione della concezione del diritto penale del fatto, in Riv. Trim. dir. pen. Ec., 1995, p. 1. Secondo tali autori una fattispecie di tale ampiezza si giustifica solo identificando quale bene giuridico la fiducia dei consociati nell’agire della p.a., bene che a taluni è apparso come “un contenitore vuoto”, uno “scivolamento verso un delitto di infedeltà”, espressione del passaggio da un diritto penale del fatto ad un diritto penale d’autore.
52 Sul punto v. X. XXXXXX, Xxx supposti guasti della riforma della concussione, in
xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 11/03/2013.
53 Cfr. su tale progetto A. SEGRETO- X. XX XXXX, Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Xxxxxxx Editore, 1991, p. 402 s.
54 Cfr. su tale progetto A. SESSA, Corruzione e concussione. Dall’esperienza tangentopoli rinnovate esigenze di tutela, in Ind. Pen., 2001, p. 45 s.
55 Sul punto v. F. PALAZZO, La riforma dei delitti dei pubblici ufficiali: un primo sguardo d’insieme,
in Riv. It. Dir. proc. Pen., 1990, p. 815 s.
2000, n. 300 ha introdotto l’art. 322 ter c.p., che prevede la confisca obbligatoria, anche nella forma cosiddetta per equivalente, dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto del reato; la l. 27 marzo 2001 , n. 97, che ha introdotto l’art. 32 quinquies, la quale anche in relazione al reato di corruzione prevede la pena accessoria dell’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego per i pubblici dipendenti ed il d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 che annovera i delitti di corruzione e concussione tra quelli per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti nel cui interesse o vantaggio sono stati commessi i reati56.
Nella seconda direzione, e cioè della creazione di nuove fattispecie criminose, si sono mossi due interventi legislativi: la l. 26 aprile 1990, n.86 che ha trasformato la corruzione in atti giudiziari da circostanza aggravante dell’art. 319 c.p. in reato autonomo (art. 319 ter c.p.) e ha inserito il delitto di istigazione alla corruzione commessa dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio(art. 322.3 e 322.4 c.p.), oltre ad avere dedicato un apposito articolo, l’art. 319 bis c.p., alle circostanze aggravanti; la l. 29 settembre 2000, n. 300 ha introdotto il reato di corruzione internazionale(art. 322 bis)57.
Oltre a tali sporadici interventi normativi, dopo l’era “tangentopoli” venne istituita un’apposita Commissione di studio «per contrastare i fenomeni di corruzione e per migliorare l’azione della pubblica amministrazione 58 », preceduta nel 1995 dall’istituzione di un «Comitato di studio per la prevenzione della corruzione» i cui lavori non si sono concretizzati in alcuna elaborazione normativa; pertanto, per un lungo periodo la questione relativa alla repressione penalistica della corruzione è stata arginata, scivolando dalle agende politiche dei governi italiani succedutisi nel tempo.
56 Cfr. X. XXXXXXXXX, Evoluzione normativa ed esigenze di riforma, in Trattato di diritto penale (a cura di) C.F. GROSSO-X. XXXXXXXX- X. XXXXXXXX, Xxxxxxx editore, 2015, pp. 245-247.
57 La l. 29 settembre 2000, n. 300 ha dato piena attuazione agli obiettivi posti in essere dalla Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995, sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee( e dei Protocolli di Dublino del 27 settembre 1996 e Bruxelles del 29 novembre 1996),della Convenzione di Bruxelles del 26 maggio 1997, sulla lotta contro la corruzione in cui sono coinvolti i funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’U.E. e della Convenzione OCSE di Parigi del 17 dicembre 1997.
58 La commissione venne istituita il 4 dicembre 1996 dal Presidente del Consiglio dei Ministri pro- tempore e dal Ministro per la Funzione Pubblica.
3.1. La riforma “Xxxxxxxx”, l. 6 novembre 2012, n. 190: passo in avanti o nuovo punto di partenza?
Dopo alcuni anni di “silenzio legislativo” e venendo ai tempi più recenti, il legislatore italiano è tornato a focalizzare la propria attenzione sui delitti contro la pubblica amministrazione, ed in particolare modo sul reato di corruzione, durante la XVI legislatura con l’emanazione della l. 6 novembre 2012, n.190, cosiddetta riforma “Xxxxxxxx”59. Essa costituisce, sicuramente, la più importante riforma della parte speciale del codice penale, per di più di un settore cosi importante ed oggetto di continui conflitti tra magistratura e politica. Come anticipato in precedenza, il sistema penalistico italiano risentiva, prima del 2012, dell’arretratezza legislativa evidenziata in particolare modo dalle Raccomandazioni degli ultimi anni di importanti organizzazioni internazionali come il GRECO e la Commissione Europea e dal contenuto delle Convezioni internazionali siglate a partire dagli anni novanta60. Il legislatore italiano, pertanto, è stato sicuramente influenzato sia dalla Convenzione sulla corruzione del Consiglio d’Europa del 1999 sia della Convenzione Onu di Merida del 2003, ratificate rispettivamente con la l. 28 giugno 2012, n. 110 e l. 3 agosto 2009, n. 11661. Sul versante interno, a sollecitare la riforma, oltre al dilagare del malaffare politico-amministrativo, all’acuirsi della crisi economica nazionale e alla necessità di dare un segnale di reazione all’opinione pubblica, hanno contribuito anche la trasformazione fenomenologica della corruzione, che hanno determinato una vera e propria divaricazione tra modello di tutela “vivente” e quello “vigente”62.
Una legge, quella in questione, la quale ha operato non solo sul fronte della prevenzione amministrativa, della quale si tratterà nel quarto capitolo, ma anche sul versante della repressione penale, muovendosi in tre differenti direzioni corrispondenti alle principali sollecitazioni internazionali. Nella prima direzione si colloca
59 Cfr. X. XXXXXXXX, La nuova legge anticorruzione, in Dir. pen. e process, 2013, pp. 7-12.
60 Cfr. X. XXXXX, Tutela penale della concorrenza “globale” e scosse di assestamento della normativa italiana anticorruzione- Sulle vicende modificative di reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (l. 6 novembre 2012, n.190), X. Xxxxxx, 2013.
61 Tali convenzioni sono richiamate espressamente dall’art. 1.1. della l. 6 novembre 2012, n.190.
62 Di questa opinione è X. XXXXXXX, Sulle nuove norme penali contro la corruzione pubblica, in
Studium iuris, 2013, p. 1078.
l’introduzione della fattispecie di “corruzione per l’esercizio della funzione” in sostituzione della previgente “corruzione per atto d’ufficio63 ”; ciò dimostra come il legislatore abbia spostato il proprio baricentro dal requisito “dell’atto d’ufficio”, smaterializzandolo, al concetto di “funzione e poteri”. Inoltre è stato introdotto il nuovo reato di “traffico di influenze illecite”, art. 346 bis c.p., con l’intento di punire esclusivamente condotte prodromiche ai casi di corruzione “propria ed impropria”64 . In secondo luogo è stato effettuato il cosiddetto spacchettamento del delitto di concussione65, tra l’art. 317 c.p.(concussione per costrizione) e il neonato art. 319 quater c.p.(induzione indebita a dare o promettere utilità), oltre al restyling della corruzione tra privati(art. 2635 c.c.). In terzo luogo, la riforma mira a rendere effettiva la repressione sanzionatoria attraverso l’innalzamento delle pene al fine soprattutto di allungare i termini di prescrizione; basti pensare all’innalzamento da «due a cinque anni» a «quattro a otto anni» per la corruzione propria (art. 319 c.p.), che rappresenta sicuramente la sanzione più elevata tra le fattispecie delittuose riformate.
Anche se le difficoltà interpretative che la giurisprudenza ha dovuto affrontare nel corso degli ultimi tempi non sono state poche, la legge “anticorruzione” ha diviso in due
63 Sostituzione applicata all’interno dell’art. 318 c.p. Si è passati dalla previgente formulazione «Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (corruzione impropria antecedente). Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui già compiuto (corruzione impropria susseguente) la pena è della reclusione fino a un anno». A «Il pubblico ufficiale, che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a cinque anni».
64 L’art. 346 bis recita in tale modo: «Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita».
65 Cfr. F. PALAZZO, Concussione, corruzione e dintorni: una strana vicenda, in Dir. pen. Contemporaneo, riv. Trim.,2012, p. 229.
xxxxxxx xxx distinte la dottrina penalistica italiana66: da una parte c’è chi ha duramente criticato la riforma stessa, rimproverando al legislatore di avere perso l’occasione di intervenire su reati “satellite” rispetto alla corruzione come l’auto-riciclaggio, il falso in bilancio e anche sull’istituto della prescrizione67, avendo, dunque, fatto ben poco sul fronte repressivo, senza introdurre norme premiali per chi avesse spontaneamente denunciato la presenza del pactum celeris; dall’altra chi ha interpretato il dettato normativo come un importante passo in avanti rispetto alla normativa previgente; insomma questa legge esprime bene la differenza tra gli ottimisti ed i pessimisti: «i primi dicono che è la migliore possibile con i tempi che corrono, i secondi rispondono purtroppo68». Criticata o meno, questa riforma costituisce sicuramente un importante passo in avanti, pur con svariate ombre, dal quale costruire un percorso legislativo interrotto nel 1990: troppo tempo.
Non essendo questa la sede per potere analizzare tutte le novità apportate dalla riforma in questione relativamente ai delitti contro la pubblica amministrazione, l’attenzione sarà focalizzata principalmente sul reato di “corruzione propria”(art. 319 c.p.), al quale seguirà l’analisi delle aggravanti previste dall’art. 319 bis c.p., per comprendere come il sistema penalistico italiano abbia affrontato la problematica dei fenomeni collusivi all’interno della contrattazione pubblica, argomento del quale si tratterà nel xxxxx xxx xxxxx xxxxxxxx00.
66 V. M.PELISSERO , La nuova disciplina della corruzione tra repressione e prevenzione, in La legge anticorruzione, prevenzione e repressione della corruzione,(a cura di) X.X.XXXXXXXXXX-X.XXXXXXXXX , X.Xxxxxxxxxxxx editore, 2013, pp. 347-353, il quale afferma: «La legge n. 190/2012, pur con i suoi difetti, una volta inserita nel contesto del rapporto sistematico tra le norme, rappresenta un buon compromesso, forse l’unico compromesso possibile tra le forze politiche in tema di interventi contro la corruzione; una politica ancora attraversata da spinte contraddittorie che oscillano tra l’approvazione della legge e la giustificazione del pagamento delle tangenti».
67 Su questo punto è molto critico X. XXXXXXXXXX, La progettata riforma dei delitti di corruzione e concussione, in Riv. Trim., dir. pen. Ec. 2012, p. 202.
68 Cfr. In senso critico alla riforma, G.M. XXXXX, Xxxxx repressione alla prevenzione o viceversa? Dalle parole ai fatti per non convivere con la corruzione, in Cass. Pen., 2014, p. 2754 s., cit.
69 Per una panoramica sulla riforma “Xxxxxxxx” v. anche X. XXXXXXXX, Una riforma radicale con luci ed ombre, in Legsl. Pen.,2013, pp. 583-590.
3.2. (segue): i recenti interventi normativi ad opera della l. 27 maggio 2015, n. 69.
Prima di passare all’analisi letterale dell’art. 319 c.p., bisogna evidenziare che a distanza di meno di tre anni dalla riforma “Xxxxxxxx” e dopo gli scandali relativi alle anomalie verificatesi negli appalti del Mose di Venezia, dell’Expo di Milano ed in concomitanza con quelli di “mafia capitale” a Roma70, il legislatore con la l. 27 maggio 2015, n. 6971 è tornato nuovamente sul fronte repressivo per contrastare il fenomeno corruttivo con alcuni interventi su alcuni reati contro la pubblica amministrazione, oltre che sull’associazione di tipo mafioso e sulle false comunicazioni72.
Limitando l’analisi al Capo I della legge in questione, è possibile notare come anche l’ultimo intervento riformatore abbia confermato la tendenza legislativa di porre freno al proliferare dei fenomeni collusivi, soprattutto tra mafia e settore amministrativo, intervenendo principalmente sull’apparato sanzionatorio e non sulla struttura principale dei reati riformati, o sul versante della prescrizione oppure sul fronte preventivo amministrativo; ciò dimostra l’abitudine del nostro legislatore a sottovalutare la problematica che emerge dalla prassi applicativa delle normativa penale73.
A seguito di tale intervento, come già detto, vengono elevati i minimi ed i massimi edittali di alcuni reati contro la pubblica amministrazione: per quanto riguarda l’art. 318
c.p. viene elevato il massimo edittale da «cinque» a «sei anni», per l’art. 319 c.p. si passa dai precedenti «da 4 a 8 anni di reclusione» a « da 6 a 10 anni di reclusione », come anche per la corruzione in atti giudiziari e la concussione74; il tutto dimostra la chiara intenzione di allungare i termini di prescrizione per tali fattispecie delittuose. Tra le altre novità, sono da evidenziare l’introduzione della circostanza attenuante inserita all’interno
70 Cfr. X. XXXXXXX- G. DI FEO, Il male italiano, Liberarsi dalla corruzione per cambiare il paese, Rizzoli, 2015, p. 54 s. In particolare v. il primo capitolo per una chiara esposizione delle vicissitudini recenti relative al rapporto appalti-corruzione-criminalità organizzata.
71 La l. 27 maggio 2015, n.69 ha concluso un percorso normativo iniziato con la l. delega n. 67/2014, non attuata completamente ancora oggi da parte del legislatore italiano. V. F. PALAZZO, Xxx xxxxxx delle riforme recenti e prossime venture (a proposito della legge n.67/2014), in Riv. Dir. proc. Pen., 2014, p. 1693 s.
72 Sull’argomento v. X. XXXXXXXX, La riforma dei reati di false comunicazioni sociali, in Dir. Pen. Process., 2015, pp. 813-824.
00 Xxx. X. XXXXXXX, Una prima lettura delle nuove norme penali a contrasto dei fenomeni corruttivi, in
Dir. pen. Process, 2015, pp. 805-813.
74 V. art. 1.1. lett. a) - h) l. 27 maggio 2015, n.69.
dell’art. 323 bis c.p.75, per coloro che si adoperino efficacemente per permettere alla magistratura di individuare l’esistenza delle intese corruttive76; la restituzione di una somma equivalente al profitto del reato ovvero di quanto indebitamente percepito dal p.u. o dal inc.p.s. a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione pubblica lesa dalle condotte collusive, inserita in nuovo articolo, l’art. 322 quater, e che diviene condizione indispensabile per accedere ad istituti come la sospensione condizionale della pena per tali reati (art. 165.4 c.p.) e al patteggiamento77( nuovo comma 1bis dell’art. 444. c.p.p.) 78 . Inoltre ad essere modificati sono stati anche: l’art. 32 ter c.p. relativo all’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione nel caso di condanne definitive per reati come quello in questione, che passa dai precedenti «da uno a tre anni» a «da uno a cinque anni» di periodo di sospensione; cambia anche l’art. 32 quinquies c.p. concernente i casi nei quali alle condanne per i reati contro la pubblica amministrazione segue l’estinzione del rapporto di lavoro con la p.a., il quale si vede abbassare a due anni di reclusione di condanna come soglia minima per attuare il licenziamento per il burocrate corrotto.
Tali ultimi interventi citati confermano la linea normativa intrapresa già nel 201279 e, d’altronde, la legge in esame non è andata esente da critiche, pur essendoci stata una timida “comprensione” da parte del legislatore italiano nel puntare la propria attenzione su fattispecie previste dal codice penale dedite maggiormente sia all’allontanamento dalla sfera amministrativa di soggetti collusi sia orientate nel “premiare” coloro che collaborino con la magistratura per far emergere casistiche di corruzione “sistemica”. A
75 V. art. 1.1. lett. l) della legge in esame. In particolare l’inserimento di tale circostanza attenuante all’interno dell’art. 323 bis c.p. recupera quella concezione “premiale” per i cosiddetti “collaboratori di giustizia” evocata dai progetti “Azzaro e Cernobbio” di riforma al codice penale italiano. L’articolo recita in tale maniera: «Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 318, 319, 319 ter, 319 quater, 320, 321, 322 e 322 bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo a due terzi».
76 Cfr. X. XXXXXXX, Xxxxxx note sulla nuova attenuante del secondo comma dell’art. 323 bis c.p., in
Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 26 giugno 2015.
77 V. artt. 2, 4, 6 della legge in esame.
78 Sul punto è molto critico X. XXXXXXXX, Le riforme in materia di contrasto alla corruzione introdotte dalla legge 27 maggio 2015, n.69, in Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 15 dicembre 2015.
79 Cfr. X. XXXXXXXXX, La controriforma del sistema penale anticorruzione. Uno sguardo critico- costruttivo alla l. 69/2015, in Trattato di diritto penale (a cura di) X. XXXXXXX, X.XXXXXXXXXX, X. XXXXX, M. PAPA, Utet, 2015, pp. 341-365.
parere di chi scrive, l’unica nota positiva apportata dall’innalzamento delle sanzioni penali per il reato di corruzione, oltre ad un leggero allungamento dei termini prescrizionali, concerne la possibilità di ottenere effettivamente in sede processuale la sanzione accessoria prevista dall’art. 317 bis c.p .(introdotta con la riforma “Xxxxxxxx”), dell’interdizione temporanea per avere subito una condanna non inferiore ai tre anni di reclusione, oltre a quella perpetua nei casi di condanna per corruzione in atti giudiziari e per la corruzione propria.
Ma a parte questi pochi aspetti positivi, purtroppo, osservando il dato complessivo dell’apparto normativo offerto dal codice penale sembra che l’intenzione del nostro legislatore sia stata orientata maggiormente verso il motto «reprimere è meglio che prevenire», piuttosto che il contrario80. Difatti, ciò che ancora non si è ben compreso sul piano normativo è che per frenare il fenomeno corruttivo bisognerebbe investire maggiormente sul piano preventivo, e puntare anche, come afferma già da tempo parte della dottrina italiana, su strumenti preventivi interni alla pubblica amministrazione, come nel settore della contrattazione pubblica. Focalizzare la propria attenzione sul semplice aumento delle cornici edittali e pensare che ci sia in maniera consequenziale un aumento della repressione della corruzione, potrebbe far correre il serio rischio di far rimanere solamente sulla carta, i (pochi) recenti sforzi legislativi messi in campo negli ultimi tempi.
4. La repressione della corruzione “propria” (art. 319 c.p.): i soggetti attivi e la struttura del reato.
Dopo avere svolto la rassegna sull’evoluzione normativa internazionale e nazionale del reato di corruzione, rapportato anche ad altri reati contro la pubblica amministrazione, è importante incentrare la fase finale dell’analisi sul fenomeno repressivo-penalistico del reato in questione sulla forma più grave di mercificazione della pubblica funzione: quella che la dottrina italiana suole definire corruzione “propria”. Importante perché attraverso l’esegesi non solo legislativa ma anche giurisprudenziale si cercherà di comprendere le
80 Cfr. X. XXXXXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx, riforma della riforma con nodi inestricabili, in Guida dir., 2015, pp.10-13. L’autore critica duramente il recente intervento sui reati contro la pubblica amministrazione, definendolo come «la riforma della riforma».
fasi all’interno delle quali la venalità spinge alcuni membri dello Stato, come spesso accade, a compiere atti di rilevante gravità giuridica e contrari ai doveri del proprio ufficio, alterando settori fondamentali della vita pubblica come quelli che riguardano la contrattazione pubblica, di cui si tratterà nel xxxxx xxx xxxxx xxxxxxxx.
Come evidenziato in precedenza, la l. 6 novembre 2012, n.190 e la l. 27 maggio 2015,
n. 69 non hanno apportato alcuna modifica sostanziale all’art. 319 c.p., ma hanno modificato solamente la cornice edittale di quest’ultimo. Nella versione attuale l’art. 319
c.p. punisce con la reclusione da sei a dieci anni «il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per avere omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per avere compiuto un atto contrario ai doveri del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa». Le condotte dell’incaricato di pubblico servizio e del corruttore sono previste rispettivamente dagli artt. 320 e 321 c.p 81 , annoverati anch’essi , pertanto, tra i soggetti attivi oltre al pubblico ufficiale82.
Discussa è la struttura del delitto di corruzione propria. Una parte minoritaria della dottrina sostiene che tutti i reati di corruzione siano fattispecie autonome, scindendo la corruzione propria da quella impropria e quella antecedente da quella susseguente, a seconda delle condotte assunte dalle parti dell’accordo corruttivo 83 . L’orientamento prevalente anche in giurisprudenza considera tale reati a concorso necessario, dal momento che le condotte del corrotto e del corruttore si saldano l’una con l’altra, perché alla promessa corrisponde l’accettazione, cosi come alla dazione corrisponde la
81 L’art.1.75, lett i), l. n.190/2012 ha attuato l’ampliamento dei soggetti attivi per il reato di corruzione propria, andando a modificare sia l’art. 320 c.p. che concerne l’inc.p.s., a prescindere che sia un pubblico impiegato o meno come accadeva prima della riforma, sia l’art. 322 bis che concerne membri e funzionari degli organi comunitari oltre che stranieri.
82 La dottrina si è divisa nel corso del tempo sull’applicazione o meno dell’art. 360 c.p. (cessazione della qualità di pubblico ufficiale) nel caso della corruzione propria: in relazione alla corruzione antecedente, alcuni autori la escludono, sostenendo che al momento della stipulazione del patto corruttivo il soggetto deve possedere la qualifica pubblicistica, non assumendo rilevanza penale nel caso contrario; quanto alla corruzione susseguente, invece, l’applicazione dell’art.360 c.p. appare pacifica. Cfr. X. XXXXXX, I delitti contro la pubblica amministrazione, I delitti dei pubblici ufficiali, Xxxxxxx Editore, 2013, p.202, X. XXXXXXXXX, Reati contro la pubblica amministrazione, Xxxxxxxxxxxx, 2008, p. 198.
83 Cfr. A. SPENA, Il turpe mercato. Teoria e riforma dei delitti di corruzione pubblica, Giappichelli editore, 2003, p. 332 s., X. XXXXXXX TESI, Le tipologie di corruzione, Xxxxxxxxxxxx editore, 2012, p. 49 s.
ricezione84. Da un punto di vista strutturale le condotte del corrotto e del corruttore sono
« convergenti e, per così dire, speculari, perché, si integrano a vicenda, dando vita ad un unico delitto a compartecipazione necessaria, la cui configurazione è strettamente collegata alla sussistenza di entrambe le condotte, tra le quali v’è una connessione indissolubile, stante il perfetto sincronismo tra il “dare” e il “ricevere” per l’una e per l’altra parte contraente85 […]» Pertanto il sinallagma illecito che si viene a creare tra corrotto e corruttore costituisce la base sulla quale si poggia la struttura in esame86.
4.1. La condotta ed il momento consumativo.
Sono da sanzionare le condotte che consistono nella ricezione e nell’accettazione della promessa, nel caso della corruzione “propria” attiva (art. 319 c.p. per il p.u., e art. 320
c.p. per l’inp. p.s.), per sé o per un terzo; nella corruzione passiva vengono punite la dazione e la promessa del privato. La riforma del 1990, oltre ad avere equiparato il sistema sanzionatorio tra corruzione propria antecedente e susseguente87, ha anche esteso per quest’ultima la mera promessa, mentre precedentemente era necessaria in tale caso la dazione definitiva dell’indebito. Ma il vantaggio indebito può andare anche a favore di un terzo, il quale può essere sia una persona fisica che una persona giuridica 88(partito per il quale il p.u. abbia ricevuto una tangente), come anche un ente pubblico, purché non si tratti dello stesso ente per conto del quale il funzionario pubblico tende ad operare. In tale situazione, difatti, si verrebbe a configurare il reato di abuso d’ufficio (altro importante reato contro la pubblica amministrazione).
Ai fini della consumazione è irrilevante la realizzazione dell’atto poiché quest’ultimo tende ad assumere rilevanza giuridica esclusivamente all’interno del binomio corruzione propria antecedente-susseguente: nel primo caso, difatti, l’atto costituisce oggetto del
84 Cfr., A. SEGRETO- X. XX XXXX, Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Xxxxxxx Editore, 1999, p. 287, F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, II, (a cura di) C.F. GROSSO, Xxxxxxx editore, 2008, p. 334.
85 Cass. Sez. VI, 4/05/2006, in Cass. pen., 2006, p.3578, con nota di SANTALUCIA.
86 Cfr. X. XXXXXXXXX, I reati contro la pubblica amministrazione, Xxxxxxx, 2015, pp.256-262.
87 Per la trattazione di tale intervento normativo v. pp. 45-46.
88 Cfr. X. XXXXXX, I delitti contro la pubblica amministrazione, I delitti dei pubblici ufficiali, Xxxxxxx Editore, 2013, p. 178, C.F. GROSSO, Commento agli artt. 318-321, in X. XXXXXXXX (a cura di) I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Utet, 1996, p. 185.
dolo specifico che è alla base della condotta delle parti colluse, nel secondo caso esso costituisce il presupposto della condotta89. Prevedendo condotte alternative, come quelle analizzate, la corruzione “propria” si consuma, pertanto, al momento dell’accordo tra le parti; è sufficiente, infatti, che avvenga l’accordo illecito e non è necessario che a questo segua l’effettivo trasferimento dell’utilità (di qualsiasi tipologia). L’art. 319 c.p. costituisce pertanto un reato-accordo, perché il disvalore del fatto risiede nell’incontro criminale tra le volontà del corrotto e del corruttore.
Alcune problematiche sono state sollevate nell’ipotesi in cui alla promessa segua la dazione del denaro o altra utilità. Un primo orientamento giurisprudenziale, minoritario, ravvisa due reati distinti legati tra di loro dal vincolo di continuazione90. Tale teoria non può essere accolta dal momento che, pur consistendo due condotte, le stesse esprimono un disvalore unitario e quindi va ad essere contraddetta la struttura del reato continuato.
L’orientamento prevalente fissa ,anche in tale caso, il momento consumativo nella stipulazione del pactum celeris, considerando la dazione di denaro o altra utilità non incisive sul disvalore del fatto, poiché avendo il legislatore incentrato la struttura del reato o sull’accettazione della remunerazione da parte del funzionario pubblico o sull’accettazione della promessa, in posizione di alternatività, non può avere contribuito ad attribuire alle due condizioni un valore differente e pertanto tale da fare slittare sulla dazione susseguente alla promessa, la realizzazione dell’illecito91.
In senso difforme si è, invece, espressa la più recente giurisprudenza e altra parte della dottrina. Il delitto di corruzione, sia propria che impropria in tale caso, è stato strutturato come “reato a duplice schema”; esso è costituito da uno schema principale dazione- ricezione e, in mancanza di questo, interviene lo schema sussidiario che fissa il momento consumativo all’atto dell’accettazione della promessa. Ma, in quest’ultimo caso, pur avendo il legislatore anticipato la soglia di punibilità, non può non essere considerata estranea alla fattispecie criminosa l’effettiva ricezione da parte del pubblico ufficiale, dal momento che quest’ultima costituisce « un aspetto centrale delle condotta antigiuridica
89 Cass. sez. VI, 07/03/1997, in Giust. Pen., 1998, II, p. 193.
90 Cass. sez. VI, 12/11/1996, in Cass. pen., 1998, p. 73 con note di RAMPIONI E XXXXX. In tale senso va letta anche Xxxx. sez .VI, 14/12/1995, in Riv. It. Dir. proc. Pen., 1997, p. 273 con nota di XXXXX.
91 Cass. sez. VI, 05/02/1981, in Riv. Pen., 1983, p. 2986.
[…]» ed è «il ricevimento dell’utilità che cristallizza la consumazione del reato92 […]». In tal modo la ricostruzione della struttura normativa in termini di reato a duplice schema93 è assimilabile a quella del reato progressivo, attraverso il quale si passa da un minus (la promessa) ad un maius (la dazione) con una gravità crescente dello stesso bene giuridico. Ovviamente la soluzione, a parere della recente giurisprudenza, è funzionale ad evitare la prescrizione, soprattutto nei casi in cui le dazioni siano frazionate nel tempo, ma sul piano degli interessi essa riflette l’effettivo disvalore delle condotte descritte dal codice penale.
4.2. L’atto contrario ai doveri d’ufficio.
L’accordo corruttivo ha ad oggetto, nel caso dell’art. 319 c.p., un atto contrario ai doveri d’ufficio, ovvero l’omissione o il ritardo di un atto dovuto. Come affermato in precedenza, la riforma del 2012 non ha modificato l’ossatura normativa della corruzione “propria”, la quale attualmente resta ancorata al concetto di “atto”, al contrario dell’art. 318 c.p. che punisce la fattispecie corruttiva per “l’esercizio delle funzioni e dei poteri” e non più per il compimento di un “atto conforme ai doveri d’ufficio”. Con tale nuovo assetto normativo, il legislatore sembra aver recepito le sollecitazioni della giurisprudenza che segnalava la lacuna del codice dinnanzi al dilagare del fenomeno sistematico della corruzione legato non più al mercimonio del singolo atto, ma all’intera funzione pubblica94 . Pertanto, rispetto alla corruzione per l’esercizio della funzione, l’art.
92 Cass. sez., VI, 04/05/2006, in Cass. pen, 2006, p.3578.
93 Richiamo effettuato di recente anche da Cass. sez.,VI, 25/02/2010, in Cass.pen, 2010, p. 2995, Cass. sez., VI 09/07/2007, in Cass.pen., 2008, p.1838, Cass. sez., VI, 04/05/2006, in Cass. pen., 2006, p. 3578, Cass. sez., VI, 07/02/2003, in Cass.pen., 2004, p. 2395.
94 Lacuna che, prima del 2012, era stata colmata dai giudici attraverso l’interpretazione “estensiva” dell’art. 319 c.p., includendo anche le ipotesi in cui, non essendo possibile individuare uno specifico atto, veniva riscontrato un accordo per l’asservimento totale della funzione; tale tesi era giustificata dall’interpretazione data dalla giurisprudenza al concetto di “atto”, il quale non doveva essere inteso in senso formale in quanto , potendo ricomprendere qualsiasi comportamento illecito del p.u., non precludeva il ricorso all’art. 319 c.p. X. Xxxx. pen., 03/11/1198, in Xxx. Xxx.,0000, p. 48., Cass. pen., 19/11/1997, in Cass. pen., 1999, p. 3131., Cass. pen., 17/02/1996, in Dir. pen. process., 1996, p. 691., Cass.pen., 30/11/1995, in Xxxx.xx., 1996, II, p. 414.
319 c.p. è destinato a svolgere una funzione residuale e si configura come norma con un elemento specializzante, costituito dall’atto contrario ai doveri d’ufficio95.
L’atto non richiede una competenza specifica dell’intraneus, ma è sufficiente che esso appartenga alla sfera di competenze dell’ufficio al quale appartiene il pubblico agente, nel senso che « deve essere espressione, diretta o indiretta, della pubblica funzione da costui esercitata […]» e sono « escluse le ipotesi in cui il pubblico ufficiale prometta e ponga eventualmente in essere il suo intervento prezzolato, avvalendosi della sua qualità, dell’autorevolezza e del prestigio che gli derivano dalla carica ricoperta […] senza che detto intervento comporti l’attivazione di poteri istituzionali propri del suo ufficio o sia in qualche maniera a questi collegabile, ma sia destinato a incidere nella sfera di attribuzione di pubblici ufficiali terzi, rispetto ai quali il soggetto agente è assolutamente carente di potere funzionale 96 […]». La nozione di atto d’ufficio non ricomprende solamente i singoli atti amministrativi, come pareri o richieste, ma anche i comportamenti materiali che siano comunque ricollegabili alla posizione occupata da parte del corrotto all’interno della pubblica amministrazione97, gli atti di governo, gli atti giudiziari e privati della p.a98.
Ma quando il funzionario pubblico pone in essere una condotta, dietro elargizioni economiche, contraria ai doveri del proprio ufficio? Bisogna evidenziare in primis che è necessario che l’atto stesso o la sua omissione o il suo ritardo siano contrari alla legge o alle norme amministrative, come regolamenti o istruzioni interne, che disciplinano lo svolgimento dell’attività amministrativa. Ciò che è risultato problematico concerne se sia necessaria o meno la violazione di specifici doveri che incombono sull’agente pubblico al momento dell’emanazione dell’atto o se sia sufficiente la violazione di doveri generici
95 Cfr. X. XXXXX, Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, in Trattato di diritto penale (a cura di) X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXX, X. XXXX, Utet, 2015, pp. 234-235. Sul rapporto
attuale tra l’art. 318 c.p. e l’art. 319 c.p., Cfr. X. XXXXXXXX, I delitti di concussione, corruzione per l’esercizio della funzione e induzione indebita, in Dir. pen. proc., 2012, pp.19-22.
96 Cass. sez., VI, 20/06/2007 n. 25418. V altresì Xxxx. sez., VI 04/05/2004, in Cass. pen., 2006, p. 3578, Cass. sez., VI, 04/05/2005, in Cass. pen., 2007, p. 1605.
97 Per un’esaustiva trattazione della rilevanza dell’atto d’ufficio nei reati di corruzione cfr. X. XXXXX, L’atto d’ufficio nelle fattispecie di corruzione, in Riv. It. Dir. proc. Pen, 2000, p. 924 s., X. XXXXXXXXX, La nozione di atto d’ufficio nel delitto di corruzione tra prassi e teoria, in Dir. pen. proc., 2000, p. 1011 s. Inoltre x. Xxxx.xxx. XX, 00/00/0000, in Giust. Pen., 1998, II, p. 193.
98 Cass. Sez., VI, 26/09/2006, in Riv. Pen., 2007, p.396.
come quello di fedeltà, riservatezza ed imparzialità per aversi un atto contrario ai doveri d’ufficio. Secondo una parte della giurisprudenza, che segue quest’ultimo orientamento,
« in tema di corruzione propria sono atti contrari ai doveri d’ufficio non solo quelli illeciti, siccome vietati da atti imperativi o illegittimi […] ma anche quelli che, pur formalmente regolari, prescindono per consapevole volontà del p.u. o dell’inc.p.s. dall’osservanza di doveri istituzionali, espressi in norme di qualsiasi livello, compresi quelli di correttezza ed imparzialità99[…]». Secondo un diverso filone giurisprudenziale, la contrarietà in questione sussiste quando ad essere violato sia un doppio dovere: quello di imparzialità, violato nel momento in cui il burocrate agisce per il perseguimento di un’utilità privata e non nell’interesse pubblico; difatti, la Cassazione ha affermato che a seguito della violazione di tale dovere «la parzialità si rivela nell’atto, segnandolo di connotazioni privatistiche e rendendolo, pertanto, illecito e contrario ai doveri d’ ufficio, in quanto reso nell’interesse del privato100[…]». Inoltre, sussiste la violazione del dovere specifico che impone di conformare la mansione pubblica alla legge. Tale ultima teoria sembra la più adeguata per definire anche il confine con l’art. 318 c.p., dal momento che qualora si prendesse come criterio di riferimento la violazione di doveri solamente generali, essendo ogni singola fattispecie di mercificazione della funzione pubblica contraria ai doveri di fedeltà ed imparzialità, si andrebbe ad ampliare enormemente l’ambito di applicazione dell’art. 319 c.p., facendo ricadere all’interno di quest’ultimo anche fenomeni di corruzione “impropria”101.
Secondo la Suprema Corte, la contrarietà dell’atto ai doveri d’ufficio potrebbe anche derivare non solo dal singolo atto, ma anche nel caso in cui, pur riscontrando la conformità ai dicta imperativi, si riscontri uno stabile asservimento della funzione, per denaro, a favore del privato102; si comprende come la giurisprudenza italiana abbia colto anche in tale caso la progressiva rarefazione dell’atto d’ufficio nell’accordo corruttivo.
99 Xxxx. sez., VI, 25/09/2013, n.41898; Xxxx., sez., VI, 14/05/2009, n. 30762.
100 Cass. sez., VI, 15/11/1994, in Cass. pen., 1996, p.2548. Cass. sez., VI, 25/01/1982, in Cass. pen.,
1983, p. 1966.
101 Di questa opinione è X. XXXXXXX, Repressione e Prevenzione della corruzione pubblica, verso un modello di contrasto “integrato”, X. Xxxxxxxxxxxx Editore, 2012, p. 113.
102 Cass.pen. sez., VI, 12/01/1990, in Cass. pen., 1992, p. 944, Cass.pen. sez., VI., 29/01/2003, in Cass.pen., 2004, p. 2300, Cass. pen. sez., VI, 15/10/2014 n.9883, con nota di XXXXXXXXXX BASSI, in Cass. pen., 2014, pp. 2242-2253. In tale caso la Suprema Corte ha ravvisato la fattispecie inquadrabile ai sensi
Inoltre, è discusso se la presenza di vizi dell’atto possa essere assunto come ulteriore criterio per delimitare l’ambito di applicazione dell’art. 319 c.p.; se è pacifico che l’annullamento dell’atto sia irrilevante, controverso è, invece, il significato che assume la nullità. Di per sé la nullità di un atto amministrativo è compatibile con il delitto di corruzione propria, in quanto tale vizio potrebbe costituire uno degli oggetti tipici dell’accordo corruttivo; tuttavia, bisogna considerare le differenti tipologie di nullità che il diritto amministrativo italiano riconosce, poiché se l’atto viene posto in essere da un soggetto che non possiede la qualifica pubblicistica (nullità assoluta), il reato non sussiste103.
L’ultimo aspetto da analizzare concerne l’accertamento della contrarietà in questione nei casi di atti sia vincolati che discrezionali. Se per i primi si richiede la verifica del rispetto dei presupposti normativi dell’atto, per i secondi sembra maggiormente convincente quell’orientamento che distingue tra atti discrezionali legittimi ed illegittimi in ragione della violazione delle regole sul procedimento amministrativo che disciplinano l’esercizio del potere discrezionale attribuito al funzionario pubblico; l’art. 319 c.p. risulterà applicabile nel caso in cui si verifichi una forte discrasia tra l’atto realizzato e quello che il soggetto pubblico avrebbe posto in essere in assenza dell’accordo corruttivo, mirando, pertanto, a soddisfare l’interesse del privato e non quello della pubblica amministrazione. 104 Altro orientamento afferma che in caso dello scambio illecito dazione-atto discrezionale, quest’ultimo sarebbe sempre viziato dal momento che la discrezionalità stessa viene ad essere viziata dalle elargizioni o promesse economiche del privato; tesi che potrebbe essere accolta solamente nel caso della corruzione propria c.d. “antecedente”, poiché in quella “susseguente” l’atto discrezionale è stato già compiuto ed il patto non potrebbe assumere alcuna rilevanza nei confronti del primo. Un ultimo
dell’art. 319 c.p. nel caso di sistematico ricorso ad atti contrari ai doveri d’ufficio non predefiniti (caso tipico di “pubblico ufficiale messo a libro paga”), inteso come stabile asservimento della funzione pubblica a favore del privato, anche in presenza del nuovo art. 318 c.p. V. p. 2452, per un’esauriente trattazione. In senso contrario a tali interpretazioni giurisprudenziali V. M. XXXXXXXXXXX, Dall’atto alla funzione pubblica: la metamorfosi della corruzione “impropria”, in Arch. Pen., 2013, p. 66.
103 Cfr. A. SEGRETO- X. XX XXXX, Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione,
Xxxxxxx Editore, 1999, p. 363.
000 Xxx. X. XXXXXXX, Repressione e Prevenzione della corruzione pubblica, verso un modello di contrasto “integrato”, X. Xxxxxxxxxxxx Editore, 2012, p. 118. X. XXXXXXXXXXX, I delitti contro la pubblica amministrazione, Cedam, 2008, p. 209 s.
orientamento guarda alla motivazione assunta alla base dell’atto da parte del pubblico ufficiale, la quale risulterebbe viziata dal compenso concordato o percepito; anche tale criterio non può essere seguito, poiché si soggettivizzerebbero le dinamiche dell’illecito che sarebbero ancorate alla motivazione dell’atto105. Pertanto, come è possibile notare, molte sono state le opinioni mostrate sulla concreta applicazione dell’art. 319 c.p., frutto di una frammentaria produzione legislativa e di un lessico giuridico, a tratti, troppo vago che ha spinto la giurisprudenza italiana a “limarlo” con la trattazione di vicissitudini di corruzione all’interno dell’aule dei tribunali ed adattandolo ad esse.
4.3. (segue): le circostanze aggravanti: l’art. 319 bis c.p.
Ai fini di ciò che costituirà oggetto di trattazione nel corso del terzo capitolo, è opportuno concentrare l’attenzione, in conclusione, sulle circostanze aggravanti della c.d. corruzione “propria”. L’art. 319 bis c.p. prevede che «la pena è aumentata se il fatto di cui all’art. 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni
o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione a cui il pubblico ufficiale appartiene nonché il pagamento o il rimborso di tributi106».Come affermato in precedenza, questo articolo è stato aggiunto dalla l. n. 86/1990, la quale ha modificato in modo significativo la disciplina delle circostanze107.
Tra i soggetti attivi sembra risultare solamente il pubblico ufficiale, dal momento che l’art. 320 c.p., che incrimina l’incaricato di pubblico servizio corrotto, non richiama espressamente l’art. 319 bis c.p.; in senso difforme si espresso chi, non considerando il dato letterale della norma, fa leva sull’argomento del rinvio a catena, in quanto l’art. 320
c.p. richiama l’art. 319 c.p., a sua volta ripreso dell’art. 319 bis c.p.108
105 I differenti orientamenti analizzati nel corso della trattazione sono illustrati in X. XXXXXXXXX, Trattato di diritto penale, Reati contro la pubblica amministrazione, (a cura di) C.F. GROSSO-X. XXXXXXXX -X. XXXXXXXX, Xxxxxxx Editore, 2015, pp. 313-315.
106 Le parole da «nonché» fino a «tributi» sono state aggiunte dall’art. 29, d.l. 31/05/2010, n. 78, convertito in l. 30/07/2010, n. 122(Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria)
107 La tematica in questione è stata trattata da X. XXXXXXXXXX, In tema di aggravanti speciali della corruzione propria, in Giurisp. di merito, 1994, pp. 706-707.
108 Cfr. C.F. GROSSO, Commento agli artt. 318-321, in X. XXXXXXXX (a cura di) I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Utet, 1996, p. 225. In senso contrario è stato affermato che la non diretta menzione da parte dell’art. 320 c.p. all’art. 319 bis c.p. è in perfetta continuità con la disciplina
Le novità apportate da tale intervento normativo consistono nell’estensione delle aggravanti a tutta la fattispecie corruttiva, poiché esse si riferivano solamente alla corruzione “propria” antecedente, nonché per espressa disposizione dell’art. 321 c.p. anche alla corruzione attiva.
Altra differenza significativa rispetto alla disciplina originaria risiede nel fatto che tali circostanze costituissero oggetto di un atto contrario ai doveri d’ufficio successivo alla stipulazione del patto collusivo; il legislatore dell’epoca ha preferito anticipare la consumazione dell’aggravante e pertanto, la posizione dell’oggetto stesso , traslandolo dall’atto successivo al pactum celeris, senza che sia necessario che a quest’ultimo segua l’emanazione del provvedimento illecito109.
Il termine pensione include gli obblighi di prestazioni continuative di assegni a carico dell’erario, a prescindere dall’entità della erogazione; comprende anche gli assegni di invalidità parziale.
Per ciò che concerne il conferimento di pubblici impieghi, stipendi, pensioni o la stipulazione di contratti pubblici è stata posta la questione se a realizzare la fattispecie illecita fosse solamente l’atto di conferimento o la stipulazione del contratto ovvero qualunque condotta contraria ai doveri d’ufficio; appare preferibile una lettura più ampia, in linea con la struttura della circostanza incentrata sull’oggetto dell’accordo. Inoltre, tale circostanza si applica anche ai dirigenti di aziende municipalizzate in relazione ai contratti che essi abbiano stipulato a loro nome110.
L’art. 319 bis c.p. costituisce norme a più fattispecie, che impone di applicare solamente una volta la circostanza aggravante, anche nel caso in cui il fatto illecito tenda ad integrare più ipotesi ivi descritte.
previgente, dal momento che l’art. 320 c.p. richiamava solamente il primo comma dell’art. 319 c.p. e non i commi 2 e 3, i quali prevedevano espressamente le circostanze aggravanti.
109 Cass.pen., Sez. VI, 10/07/1995, in Cass. pen., 1996, p. 2549.
110 Cfr. X. XXXXXXXXX, Trattato di diritto penale, Reati contro la pubblica amministrazione, (a cura di) C.F. GROSSO-X. XXXXXXXX -X. XXXXXXXX, Xxxxxxx Editore, 2015, pp. 318-319. L’autore, inoltre, riprende Cass. pen. Sez., VI, 26/09/2006, in Riv.pen.,2007, p. 396.
4.4. Conclusioni: reprimere è meglio che prevenire?
Alla luce dell’analisi sviluppata sul fronte della repressione penalistica, pur non avendo la presunzione di ritenere di avere esaurito la panoramica relativa al reato di corruzione, così come intesa dal nostro legislatore all’interno del codice penale, sorge spontaneo il dubbio: reprime è meglio che prevenire?
Partendo dal presupposto che i due concetti, oltre che da un punto di vista semantico, transitano su due piani normativi distinti, pare che i recenti interventi normativi abbiano spinto maggiormente sul fronte della repressione, perdendo contemporaneamente di vista lo scopo di tale strumento. Reati seriali, come la corruzione, a parere di chi scrive, non possono essere combattuti esclusivamente con l’innalzamento della cornice edittale delle pene espressamente previsti per essi; le cronache degli ultimi anni, come evidenziato, dimostrano come all’interno del mercato oscuro della corruzione, tenda sempre di più a prevalere l’omertà dei suoi protagonisti i quali preferiscono concentrare i propri sforzi verso una maggiore saldatura dei rapporti illeciti , piuttosto che verso la creazione di un sistema amministrativo trasparente e pulito. Come in tutti i fenomeni umani negativi, i soggetti (privati e pubblici) che partecipano al gioco sporco della corruzione, imparando dagli “errori” commessi dai loro predecessori e scoperchiati in passato dalla magistratura, creano sistemi e regole nuove tali da generare dentro le loro coscienze un’impunità più duratura possibile. La venalità che assale piccoli burocrati come esponenti politici di rilevante importanza sconfigge e supera quella deterrenza psichica che ogni singola sanzione penale si pone come obiettivo fondamentale da raggiungere.
Pur dando il merito alla riforma “Xxxxxxxx” di avere fatto qualche passo in avanti sul piano preventivo e di avere recepito sollecitazioni internazionali sul piano penalistico, purtroppo la strada da percorrere è ancora lunga: basti pensare alla miriade di diatribe sorte negli ultimi anni sulle modifiche apportate alle strutture delle fattispecie di corruzione, al c.d. “spacchettamento” del reato di concussione e alla problematica relativa ad una carente normativa in materia di prescrizione che oramai da più di dieci anni ostacola l’attività requirente nella repressione giudiziaria del reato in questione. Come è ben noto, la macchina della giustizia italiana non sempre raggiunge i risultati attesi da parte dei consociati a causa dei mille ostacoli interni ed esterni ad essa; e allora, come dimostrano le proposte elaborate da varie commissioni di studio, perché bisogna attendere
anni prima di allontanare da settori particolarmente “delicati” per la vita pubblica soggetti affamati di interessi di natura esclusivamente privatistica, se alcuni strumenti di prevenzione esistono e attendono solamente di essere messi in atto oppure potrebbero esserne elaborati nuovi con un maggiore sforzo legislativo?
La repressione penalistica ha un ruolo fondamentale per contrastare fenomeni illeciti e gravi, ma non può costituire l’unico strumento al quale affidare la speranza di combattere la corruzione, soprattutto quando a porsi in una posizione prevalentemente poco chiara siano le norme stesse. E allora: reprimere è meglio che prevenire?
Capitolo III
Le intese corruttive nella contrattazione pubblica
SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive: l’intervento pubblico ed “occasioni di corruzione”. – 2 La corruzione negli appalti pubblici: la fase di programmazione. – 2.1. La corruzione nell’aggiudicazione degli appalti pubblici: la selezione del contraente tra automatismo e discrezionalità amministrativa. – 2.2. (segue): la corruzione nell’aggiudicazione degli appalti pubblici: la selezione dell’offerta “migliore”. – 2.3. La corruzione nella fase di esecuzione dei contratti di appalto: la problematica delle “varianti in corso d’opera”. – 3. Corruzione e “cultura dell’emergenza”. – 4. Corruzione e criminalità organizzata: il dominio ad opera delle cosche mafiose nella contrattazione pubblica. -4.1. (segue): la “rotazione programmata” e il controllo sistemico degli appalti pubblici da parte della criminalità organizzata. –5. Conclusioni: Alla ricerca della trasparenza amministrativa “perduta”.
1. Considerazioni introduttive: l’intervento pubblico ed “occasioni” di corruzione.
«In Italia si può osservare che quasi tutti i grandi patrimoni fatti di recente hanno origine dagli appalti governativi, dalle costruzioni ferroviarie, dalle imprese sovvenzionate dallo Stato, dalla protezione doganale[…]. Perciò tutto quest’ordinamento appare agli avveduti politicanti come quello di una grande lotteria, in cui ci sono cospicui premi, altri di minor conto, e in cui, purtroppo, c’è il rischio professionale di rimanere fra i colpiti; ma infine tale rischio non è maggiore di quello di incontrare danni e sventure nella maggiore parte delle professioni” 1 ». Il volto sistemico della corruzione ha interessato nel corso degli anni ed interessa tutt’oggi uno dei settori maggiormente influenzati dagli ingenti investimenti effettuati ad opera dello Stato italiano: quello degli appalti pubblici. Difatti tale settore, il quale storicamente trova le proprie radici all’interno del diritto privato, rappresenta la forma di interazione pubblico-privato più importante, attraverso la quale la pubblica amministrazione demanda agli operatori economici operanti sul mercato lavori, beni e servizi destinati ad essere fruiti da parte della collettività. Molte indagini sul fenomeno corruttivo hanno messo in luce innumerevoli casi di creazione di rendite pecuniarie tramite un pagamento, da parte degli enti pubblici, di un prezzo per le risorse messe a disposizione dai privati superiore a quello di mercato; quanto è più grande il finanziamento destinato agli imprenditori che operano per conto dello Stato, tanto maggiore solitamente è il valore della tangente che funzionari pubblici e classe politica possono richiedere su di essa. Questa è una delle ragioni per le
1 Cit. X. XXXXXX, Trattato di sociologia generale, X. Xxxxxxx editore, 1916, p. 631.
quali il settore degli appalti pubblici rappresenta uno dei livelli dell’attività statale costituenti classici esempi di “occasioni” di corruzione2; è importante ricordare che il settore dei contratti pubblici muove circa il sette per cento del PIL nazionale ed il sedici per cento del PIL europeo3.
Come evidenziato nel corso delle pagine precedenti, alla soglia degli anni novanta, le inchieste giudiziarie conosciute con il nome di “tangentopoli”, hanno impietosamente mostrato come il disordine legislativo dell’epoca fosse, per certi versi, funzionale ai fenomeni di corruzione. Tutt’oggi il settore degli appalti pubblici appare negativamente influenzato da una legislazione ridondante ed abbastanza confusionale, da procedure amministrative complesse e da un eccessivo numero di soggetti privati e pubblici operanti nel settore pubblico4. Le indagini condotte da parte della magistratura, nel corso degli ultimi anni, hanno “scoperchiato” veri e propri sistemi collusivi tra politici, funzionari pubblici (spesso dirigenti amministrativi) ed imprenditori privati; basti pensare allo scandalo del MOSE di Venezia, alle alterazioni degli appalti per la costruzione dei padiglioni dell’EXPO 2015 di Milano, oltre al già citato caso di “mafia capitale”. Inoltre, le recenti cronache giornalistiche hanno riacceso il dibattito sulla tematica della trasparenza nell’aggiudicazione di lavori pubblici, dopo che le indagini della Procura della Repubblica di Roma hanno riscontrato elevati casi di intese corruttive all’interno dell’ANAS, la principale società pubblica che gestisce la rete stradale ed autostradale italiana, relative alla realizzazione di importanti tratti stradali in molte zone d’Italia5. Pertanto, a distanza di più di vent’anni dall’era “tangentopoli”, sembra proprio che le varie fasi costituenti il settore della contrattazione pubblica abbiano continuato ad essere
2 Cfr. R.S. XXXXXXXX, Corruption. A study in political economy, Academic Press, 1978, pp. 61-63. In particolar modo vengono individuate altre due “occasioni” di corruzione dovute all’intervento pubblico: 1) la vendita o la distribuzione di beni e servizi prodotti dagli agenti pubblici e domandati dai cittadini; 2) l’imposizione di provvedimenti pubblici “coattivi”, che determinano selettivamente costi per i privati.
3 Sul punto v. X. XXXX, La dimensione economica e il funzionamento del mercato degli appalti pubblici, relazione presentata al Convegno di Confindustria “Concorrenza come bene pubblico”, Vicenza, marzo 2006.
4 Cfr. F. PALAZZO, Corruzione pubblica, repressione penale e prevenzione amministrativa, Firenze University Press, 2011, p. 79.
5 Cfr. xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/0000/00/00/xxxxxxxxxx-x-xxxx-00-xxxxxxx-xxx-xxxxxxx-xx-xxxxx- un-ex-sottosegretario/2150665/xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/0000/00/00/xxxxxxxxxx-xxxx-xxxxxxx-xx- finanza-di-roma-esegue-19-arresti-coinvolto-deputato/2536298/.
perennemente influenzate dal fenomeno della corruzione. Come si vedrà, l’alterazione ad opera di un membro della sfera pubblica dell’iter di programmazione o di affidamento o di esecuzione degli appalti pubblici in cambio di denaro o altra utilità, costituisce terreno fertile per la realizzazione del reato di corruzione: la violazione dei “doveri d’ufficio” ad opera di molti funzionari pubblici, come analizzato all’interno del secondo capitolo, trova la massima esplicazione proprio all’interno di tale settore. Attorno al reato di corruzione ruotano altri reati “limitrofi”, spesso in continuazione con il primo: si pensi al reato di rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio (art. 326 c.p.) o ai reati di turbata libertà degli incanti e di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (artt. 353- 353 bis c.p.).
Difatti, scopo dell’indagine che verrà condotta all’interno di tale capitolo è comprendere come la corruzione si inserisca all’interno delle varie fasi costituenti la contrattazione pubblica, il reiterato ricorso a deroghe in caso di situazioni emergenziali soprattutto in situazioni nelle quali tale requisito manchi; da ultimo si analizzerà la problematica delle infiltrazioni delle cosche mafiose all’interno degli stessi appalti pubblici e la violazione del principio di trasparenza come fenomeno consequenziale delle pratiche collusive.
2. La corruzione negli appalti pubblici: la fase di programmazione.
La prima fase del complesso iter di affidamento di qualsiasi contratto pubblico viene individuata dall’attuale codice degli appalti pubblici, il quale è oggetto di un importante riforma ad opera del legislatore italiano prevista entro il 18 aprile 2016 6 , nella programmazione. Il nuovo testo normativo approvato ad opera del Consiglio dei Ministri il 2 marzo 2016 mantiene la linea legislativa adottata nel 2006, affermando la centralità della fase di programmazione negli appalti pubblici: «le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori adottano il programma biennale degli acquisti di beni e servizi e il programma triennale dei lavori pubblici, nonché i relativi aggiornamenti annuali. I
6 Il d.lgs. n.163/2006, cd. codice degli appalti pubblici (attualmente in vigore), è oggetto di una revisione totale ad opera del legislatore italiano, il quale in data 2 marzo 2016 ha approvato all’interno del Consiglio dei Ministri il testo di quella che costituirà la nuova normativa italiana in materia di appalti. L’intervento in tale settore fa seguito all’emanazione delle Direttive U.E. n. 23-24-25/2014.
programmi sono approvati nel rispetto dei documenti programmatori e in coerenza con il bilancio7». Proprio all’interno di tali programmi, la pubblica amministrazione individua quali siano le opere da realizzare(anche quelle da realizzare con maggiore priorità), quali siano i beni da acquistare e quali siano i servizi da porre a favore della collettività8. Non è un caso che i programmi biennali di beni e servizi e quelli triennali di lavori vengano approvati unitamente al bilancio, benché essi possano essere aggiornati annualmente, dal momento che lo stanziamento dei finanziamenti pubblici viene effettuato all’interno di questa prima fase della contrattazione pubblica 9 . Ma come si annida la corruzione all’interno dello step della “programmazione”?
La corruzione favorisce l’innescarsi di processi di distorsione della domanda: la programmazione di opere da realizzare e di beni e servizi da acquistare risulta finalizzata al conseguimento di vantaggi pecuniari da parte degli agenti pubblici incaricati di formularla. La Corte dei Conti ha osservato in passato che «spesso traspare dai programmi la riluttanza a compiere scelte precise, a beneficio di iniziative meno mirate che, se da un lato hanno il pregio di non pregiudicare specifiche istanze, dall’altro non possono certo incidere in modo significativo su determinate realtà economiche10»; la corruzione è uno dei fattori che spinge gli esponenti politici ed i dirigenti amministrativi a non irrigidire le scelte da effettuare entro piani prestabiliti, facendo crescere il potere discrezionale degli enti pubblici nell’attività contrattuale e portando al totale fallimento degli interventi di programmazione di lungo periodo, così da favorire investimenti da effettuare, al contrario, durante il breve periodo11.
Bisogna evidenziare che spesso la finalità dominante degli amministratori pubblici
7 Art. 21.1 del testo approvato dal C.d.M. il 02/03/2016.
8 Inoltre v. art. 21. 3,4, 6, del testo approvato dal C.d.M. il 02/03/2016.
9 La giurisprudenza da tempo qualifica come ampiamente discrezionale il potere dell’amministrazione di individuare le esigenze e le opere destinate al relativo soddisfacimento, sempreché detto potere sia esercitato perseguendo l’interesse pubblico di cui l’amministrazione è titolare. Cfr. Xxxx.Xx., sez. VI, 22 novembre 2004, n. 7615, in Vita notar., 2004, p. 1451.
10 Cit. Relazione al Parlamento della Corte dei Conti relativa all’anno 1987, p. 438 s.
11 «Strumenti programmatici di ampio respiro, varati-dopo lunghe ed articolate istruttorie ed un complesso iter parlamentare- al fine di avviare l’auspicato processo di razionalizzazione e interconnessione delle grandi infrastrutture del Paese, non riescono a concretizzarsi […], o sono rimasti largamente inattuati […], o hanno subito improvvise interruzioni […], oppure hanno accusato gravi ritardi […]» Cit. Relazione al Parlamento della Corte dei Conti relativa all’anno 1990, p. 494 s.
diventa quella di attrarre la maggiore quantità possibile di risorse, cercando di far confluire dentro le proprie casse private parte di esse o di riscuotere maggiore consenso, soprattutto a livello locale, per la ricaduta positiva degli investimenti pubblici sull’occupazione. «Fondato appare dunque il timore, che la spesa complessiva per investimenti dell’operatore pubblico non risulti effettivamente correttiva nel senso di un riequilibrio territoriale, ma denoti un andamento di tipo “inerziale”, nel senso di seguire il processo di sviluppo, con l’attrazione verso le zone economicamente più forti12[…]». Pertanto, in tali circostanze la spesa pubblica, soprattutto a livello locale, non risulta destinata alla realizzazione di opere realmente utili alla collettività13 e che spesso non vengono portate a termine, data la scarsa attenzione alla qualità dei progetti in base ai quali verrà in seguito formulata la domanda pubblica; inoltre, molte opere pubbliche vengono realizzate da parte degli enti per sanare o trovare un impiego ad altre infrastrutture rimaste incompiute14. Ingenti flussi di denaro vengono destinati per la realizzazione di opere vistose, dal valore spesso solamente simbolico come è accaduto per la realizzazione di molte strutture risultate successivamente inutili o mai entrate in funzione, in occasione di eventi sportivi internazionali come i mondiali di calcio svoltisi in Italia nel 1990 o i mondiali di nuoto di Roma del 2009, solamente per citarne alcuni.
È possibile individuare tra le altre cause che comportano la distorsione della domanda pubblica la formulazione “occulta” della domanda da parte dagli stessi cartelli di imprese “protette” da esponenti politici e già operanti da tempo all’interno del mercato della corruzione; oppure l’abuso del reiterato ricorso alle cosiddette “procedure emergenziali”, ove i controlli sono sicuramente meno rigidi che nelle situazioni “ordinarie”15, come si analizzerà in seguito. Infine, bisogna evidenziare la presenza di un innumerevole serie di professionisti che effettuano inutili consulenze urbanistiche o
12 Cit. Relazione al Parlamento della Corte dei Conti relativa all’anno 1991, p. 845 s.
13 È il caso della costruzione della centrale a carbone dell’Enel a Gioia Tauro, la cui opera non era dettata da esigenze impellenti. La magistratura calabrese ha osservato: «La Calabria attualmente esporta circa i due terzi della sua produzione elettrica, ove venisse realizzata la centrale di Gioia Tauro vedrebbe più che raddoppiata la potenza installata nel suo territorio […]». Cit. Procura della Repubblica di Palmi, richiesta di sequestro preventivo del Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxx, 8 febbraio 1990.
14 È il caso proprio citato nella nota precedente.
15 Per un maggiore approfondimento cfr. D. DELLA PORTA-X. XXXXXXXX, Corruzione politica e amministrazione pubblica, risorse, meccanismi, attori, Xx Xxxxxx, 1994, pp. 68-73.
edilizie relative alla fase di programmazione di lavori pubblici16 e che spesso svolgono la funzione di “intermediari specializzati” nel porre in contatto le sedi erogatrici del finanziamento pubblico con quelle dedite alla formulazione della domanda pubblica: la consulenza e la progettazione di professionisti privati acquistano maggiore importanza a causa della debolezza della pubblica amministrazione e dell’incertezza cognitiva- strategica degli attori politici-amministrativi nell’elaborazione di progetti che soddisfino i fabbisogni dei consociati17.
Pertanto, si comprende come a partire dalla prima fase di un appalto pubblico, la realizzazione degli interessi collettivi viene messa in serio pericolo dalla presenza del mercato occulto della corruzione, dominato da coloro che saranno i protagonisti delle successive fasi; la programmazione risulta, difatti, uno dei punti deboli dell’azione amministrativa italiana e ad oggi sono poche le attenzioni mostrate dal legislatore in materia preventiva. In molte circostanze analizzate sembra che a soccombere sia proprio il c.d. principio di “imparzialità” che dovrebbe regolare l’agire della p.a. italiana.
2.1. La corruzione nella fase di aggiudicazione degli appalti pubblici: la selezione del contraente tra automatismo e discrezionalità amministrativa.
I dati riportati dall’Eurobarometro18 nel 2013 dimostrano come gli italiani ritengano le seguenti pratiche corruttive particolarmente diffuse all’interno delle gare d’appalto pubbliche: capitolati su misura per favorire determinate imprese(52%); abuso delle procedure negoziate(50%); criteri di selezione o di valutazione delle offerte poco chiari(55%); abuso della motivazione d’urgenza per evitare gare poco competitive(53%); turbativa d’asta (54%). La percezione sociale degli “intervistati” coglie al massimo i punti deboli costituenti la fase di aggiudicazione del contratto; anch’essa è esposta al rischio di corruzione, seppure sia la più regolata a livello europeo e nazionale e maggiormente
16 Si pensi ad esempio al progetto di realizzabilità del collegamento terrestre attraverso lo stretto di Messina tra la Sicilia ed il resto della penisola italiana. Già negli anni novanta lo Stato italiano aveva speso circa 108 miliardi di lire per studiarne la fattibilità del ponte e l’Eni 50 miliardi per quella del tunnel. In, La repubblica, 3 maggio 1994, p. 11.
17 Cfr. X. XXXXXX, Gli stadi di Italia ’90 come esperienza di governo locale, in Rivista trimestrale di scienza dell’amministrazione, 1991, p 41.
18 È il nome con cui è noto il servizio della Commissione europea, istituito nel 1973, che misura ed analizza le tendenze dell’opinione pubblica in tutti gli Stati membri e nei Paesi candidati.
assoggettata alle regole di concorrenza e pubblicità, oltreché ai maggiori controlli anche giurisdizionali, rispetto alla fase di programmazione e alla fase di esecuzione contrattuale.
«Le ragioni per cui si intende stipulare il contratto e le ragioni che inducono la pubblica amministrazione ad adottare una determinata tipologia di procedimento per la scelta del contraente19» trovano spazio nella cosiddetta “delibera di contrarre”20. È nel passaggio dal “momento interno” all’esternazione attraverso il bando di gara che prende corpo la volontà della pubblica amministrazione; essa, infatti, è legittimata ad introdurre nella lex specialis della gara di appalto che intende indire, tutte le tipologie di disposizioni che regolamenteranno lo svolgimento di essa. Non essendo questa la sede per potere analizzare in maniera esaustiva tutti i passaggi “tecnici” che costituiscono un ordinario appalto pubblico, l’attenzione dell’analisi in corso si concentrerà sui sistemi di elusione dei principi di gara, attraverso intese illecite (come quelle corruttive) tra l’operatore pubblico e quello privato. Principi fondamentali riconosciuti dalla legislazione italiana e da parte delle direttive europee come importanti punti di orientamento dell’azione amministrativa: si pensi al principio di imparzialità, di libera concorrenza tra le imprese, alla parità di trattamento, alla non discriminazione, alla trasparenza e soprattutto ai principi di economicità ed efficacia21, quest’ultimi diretta espressione del c.d. “buon andamento” fissato dal secondo comma dell’art. 97 della Costituzione italiana.
All’interno della fase dell’aggiudicazione di un contratto di appalto pubblico la pubblica amministrazione pone in campo sia la discrezionalità amministrativa che quella tecnica: mentre la prima è finalizzata al contemperamento degli interessi da realizzare, la seconda è orientata verso la creazione di una valutazione che deve basarsi su acquisizioni tecnico-scientifiche ed è utile per comprendere quale sia la procedura di affidamento o di scelta del contraente maggiormente congrua da adottare22 .
Partendo dalla scelta della procedura di affidamento del contratto di appalto, la
19 Cit. X. XXXXX, I principi dell’evidenza pubblica, in I contratti di appalto pubblico (a cura di) X. XXXXXXXXX, Utet, 2010, p. 309.
20 V. art. 11.3,4 del codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 163/2010).
21 Essi sono principi riconosciuti dalle recenti Direttive europee n. 23-24-25/2014 e soprattutto dall’art.
2.1 del d.lgs. n. 163/2006(c.d. codice degli appalti pubblici), attualmente in vigore in attesa della riforma del 2016.
22 Cfr.X. XXXXXXX, Discrezionalità della pubblica amministrazione ed offerta economicamente più vantaggiosa, in Riv. Trim. degli appalti pubblici, 2013, p. 904-905.
legislazione italiana prevede la presenza di procedure aperte, all’interno delle quali possono partecipare tutte le imprese interessate all’oggetto del bando di gara, procedure ristrette, attraverso le quali gli operatori economici presentano una richiesta di invito di partecipazione23; inoltre la pubblica amministrazione può ricorrere a procedure negoziate, con o senza previa indizione di un bando gara24, o sfruttare uno strumento di derivazione comunitaria come il dialogo competitivo25. La potenza distorsiva della corruzione può dispiegare i propri effetti in primis all’interno delle procedure aperte o ristrette,: non essendo presente alcun margine di negoziazione ed essendo presenti regole più rigide rispetto alla trattativa privata, possono verificarsi situazioni in cui nel bando( dunque a monte) emerge “la fotografia” di una certa impresa, non certo indicata direttamente, ma tratteggiata indirettamente attraverso requisiti che solo questa possiede: procedure, dunque, apparentemente aperte, ma che si dimostrano restrittive per gli altri concorrenti26. In particolar modo, sul fronte penalistico, tale condotta è inquadrabile all’interno dell’art. 353 bis c.p., il quale prevede il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente27. Difatti, lo scopo di tutela consiste nell’arginare il fenomeno dello svolgimento di gare di appalto costruite su misura di uno dei concorrenti, attraverso la
23 Per lo svolgimento tecnico delle singole procedure V. art. 00-00-00-00 d.lgs. 163/2006, in attesa della riforma relativa agli appalti pubblici del 2016.
24 Per una maggiore analisi dei sistemi di selezione del contraente cfr. X. XXXXXXX, Discrezionalità amministrativa e controllo, in Diritto penale degli appalti pubblici (a cura di) X. XXXXXXXX- X. XXXXXXX, Cedam, 2012, pp. 134-136. L’autore evidenzia che ai sensi degli artt. 56-57(v.) d.lgs. n. 163/2006 si può ricorrere alle procedure negoziate solo in presenza di «importanti requisiti formali», i quali appaiono all’evidenza finalizzati a evitare elusioni della concorrenza o altri favoritismi.
00 Xxx. X. XXXXXX, Xx procedure di scelta del contraente e criteri di aggiudicazione, in I contratti di appalto pubblico (a cura di) X. XXXXXXXXX, Utet, 2010, pp. 602-603. In particolar modo l’autore cataloga da una parte all’interno delle procedure ordinarie, quelle aperte e ristrette; dall’altra all’interno delle procedure straordinarie, quelle negoziate ed il dialogo competitivo. Ai sensi dell’art. 58 (v.) del d.lgs. n. 163/2006 tale strumento di matrice “flessibile” è mirato alla realizzazione di opere di elevata specializzazione e di particolare complessità. In questo senso cfr. X. XXXXXX, Dalla rigidità della legge Xxxxxxx al recepimento del dialogo competitivo: il difficile equilibrio tra rigore e discrezionalità, in Foro. Amm., 2007, p. 3971 s.
26 Cfr. F. PALAZZO, La corruzione pubblica, repressione penale e prevenzione amministrativa, Firenze University Press, 2011, pp. 91-93.
27 L’art. 353 bis c.p. è stato inserito ad opera dell’art. 10 della l. n. 136/2010 e recita in tal modo: « Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione dai sei mesi a cinque anni e con la multa da 103 a euro 1.032».
riproduzione nel bando di gara delle peculiari caratteristiche dell’operatore stesso. Pertanto, il legislatore italiano ha cercato di inserire una norma che tuteli solamente la fase prodromica al successivo svolgimento delle gara d’appalto; ma nel caso in cui la procedura prosegua e quindi il contenuto “alterato” del bando sfoci in atti successivi, si configura il reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.)28. Quest’ultima norma di portata generale rispetto alla prima appena analizzata , infatti, tende a tutelare tutto l’iter in cui si dipana una gara pubblica, dalla fase della programmazione analizzata in precedenza fino a quella finale della aggiudicazione, dalle distorsioni illecite che essa potrebbe subire a seguito degli accordi corruttivi tra sfera pubblica e privati29. Sussiste, d’altronde, concorso formale con il reato di corruzione, quando il destinatario di doni e promesse per le alterazioni delle gare pubbliche sia un pubblico ufficiale.
Dopo tale breve parentesi sul fronte penalistico, bisogna evidenziare che dopo gli scandali emersi dall’esperienza “tangentopoli”, la disciplina degli appalti pubblici è stata profondamente innovata con la legge 11 febbraio 1994, n. 109, c.d. “legge Merloni”, animata da un forte animo purificatore e finalizzata al contrasto della corruzione. Difatti, quella riforma, la quale non ha avuto una vita “legislativa” semplice, mirava a ridurre al massimo la discrezionalità amministrativa ed era orientata verso la linea di un maggiore automatismo per le scelte dei funzionari pubblici (linea mantenuta anche dal d.lgs. n. 163/2006); infatti, non era ammesso il ricorso alla trattativa privata, se non in pochissime ipotesi stringenti30.Gli istituti dell’aggiudicazione del contratto caratterizzati da un’ampia discrezionalità sono particolarmente pericolosi per la stazione appaltante poiché rischiano di tradursi in un abuso di tale potestà di scelta da parte della stessa: quest’ultimo, in particolare, costituisce uno degli effetti negativi generati dal fenomeno corruttivo. Il pericolo è ancora maggiore nell’ambito delle procedure negoziate, soprattutto quelle senza previa pubblicazione del bando, dove la mancanza di pubblicità e di controlli adeguati uniti alla scarsa concorrenza aumentano il rischio di corruzione, dal momento
28 Sull’evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale cfr. F. CONSULICH, Delitti a tutela degli incanti, in
Trattato di diritto penale (a cura di) C.F. GROSSO-X. XXXXXXXXX, Xxxxxxx editore, 2015, p. 681.
29 Per un maggiore approfondimento sul reato in questione cfr. X. XX XXXXXXX, Reati contro la pubblica amministrazione, (a cura di) X. XXXXX-A. DI XXXXXXX- X. XXXXXXXXX, Xxxxxxxxxxxx, 2008, p. 426 s.
30 Sul tema cfr. M. A SANDULLI-X. XXXXXXXX, I settori “caldi”: contratti pubblici, in La corruzione amministrativa (a cura di) X. XXXXXXX- X. XXXXXXXX, Passigli Editori, 2010, p. 437 s.
che in tali casi l’amministrazione ha ampia libertà di scelta sia in merito a come comportarsi durante le stesse, sia in merito a quali operatori economici coinvolgere31 (solitamente sono imprese già attive sul mercato oscuro della corruzione). Bisogna evidenziare, inoltre, il reiterato ricorso alla procedura dell’affidamento diretto, nella quale mancando una vera e propria procedura, l’ente pubblico stabilisce discrezionalmente le regole della procedura stessa e soprattutto il destinatario del contratto. Per citare solamente un esempio, l’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) nel dossier relativo all’attività di monitoraggio delle attività del Comune di Roma tra il 2012 ed il 2014 (attualmente al centro dello scandalo “mafia capitale”) ha rilevato «la sistemica e diffusa violazione delle norme e il ricorso generalizzato ed indiscriminato a procedure prive di evidenza pubblica, con il conseguente incremento di possibili fenomeni distorsivi che agevolano il radicarsi di prassi corruttive32[…]».
Le indagini della magistratura penale hanno però dimostrato che la pretesa medicina unica per combattere inefficienza e corruzione, consistente nella privazione della discrezionalità amministrativa, ha fallito. L’enorme irrigidimento delle procedure per la scelta del contraente non ha solamente comportato una dilatazione dei tempi di realizzazione delle opere pubbliche, ma anche l’inutilizzabilità di tali regole per la realizzazione di lavori complessi, comportando di conseguenza il ricorso a regimi derogatori e privi di trasparenza, come affidamenti diretti in assenza di concorrenzialità33. Difatti, l’estensione applicativa della “trattativa privata” sembra essere in aumento: negli ultimi anni sono intervenute disposizioni legislative che hanno consentito il ricorso a procedure ristrette; l’Ente Comitato di candidatura Expo-Milano 2015, in base alla l. 6
31 Cfr. X. XXXXXX, La corruzione in relazione alle fasi della vita dell’appalto pubblico, in Giornale di dir.amm., 2015, p. 327-330.
32 Le parole sono del Presidente dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), Xxxxxxxx Xxxxxxx, in xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/0000/00/00/xxxx-xxx-xxxxxxx-xx-xxxxxxxxxx-x-xxxxxxx-xxxxx-xxxxxx-xxxxxxx- per-anziani-e-disabili-case-e-verde-pubblico/2546938/. L’Autorità ha inoltre rilevato come i settori ad essere maggiormente colpiti vanno dalla manutenzione delle strade fino alla gestione dei servizi urbani per i disabili.
33 Ad esempio, nel caso del Mose di Venezia il concessionario Consorzio Venezia Nuova fu selezionato in deroga alla disciplina generale sui lavori pubblici sulla base della l. 29/11/1984 n. 798. Tale disciplina derogatoria ha comportato ritardi ed un elevato innalzamento dei costi dell’opera, la quale a distanza di trent’anni non è stata ancora portata a termine. Sono noti gli scandali legati ad episodi di corruzione generalizzata che sono emersi proprio a Venezia nel 2014.
aprile 2007, n. 46, ha potuto derogare alle disposizioni di cui alla parte II, titolo II, del codice dei contratti pubblici. Sembra, pertanto, che il nostro legislatore abbia assunto una posizione contraddittoria, analizzando gli interventi normativi in materia: esso risulta “spaventato” dalla discrezionalità amministrativa, ma concede il ricorso ad essa attraverso regimi derogatori. Si è preferito fissare regole ex ante per la selezione della procedura da seguire, piuttosto che seguire l’orientamento degli altri Paesi europei, i quali selezionano procedure flessibili concorrenziali e trasparenti a seconda della complessità delle opere da realizzare; in Italia è avvenuto esattamente il contrario. I dati riportati dall’Avcp (ora ANAC) nel 2012 hanno dimostrato un uso distorto delle procedure negoziate, le quali sono state utilizzate grazie al regime derogatorio di cui si è tratto in precedenza anche per contratti esigui e standardizzati: in poche parole, terreno fertile per permettere a corrotti e corruttori di ingigantire il loro “oligopolio illegale”34. Il nuovo codice degli appalti pubblici concederà il ricorso all’affidamento diretto o alle procedure negoziate per la realizzazione di opere pubbliche poste al di sotto della c.d. “soglia comunitaria”35. E allora, il dubbio che è xxxxxx sollevare è il seguente: c’è da aspettarsi la nascita di una “nuova” corruzione diluita a dosi nel tempo e frammentata?
2.2. (segue): la corruzione nell’aggiudicazione degli appalti pubblici: la selezione dell’offerta “migliore”.
Durante una gara d’appalto le offerte vengono selezionate secondo due criteri di aggiudicazione: essi sono rispettivamente il prezzo più basso e l’offerta economicamente più vantaggiosa 36 . Mentre il criterio del prezzo più basso, sostanziandosi nella preferenza per l’offerta che propone il ribasso maggiore rispetto al prezzo base di gara, si caratterizza per semplicità e per oggettività-automatismo, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa impone di tenere conto anche di aspetti di tipo tecnico e qualitativo, tendendo a valorizzare maggiormente gli aspetti qualitativi di
34 In senso critico al c.d. “automatismo” cfr. X. XXXXXX, Irrigidimento delle procedure e conseguente perdita di efficienza, in Giornale di dir. amm., 2015, pp. 330-333.
35 V. art. 36 del testo approvato dal Cdm il 2/03/2016. In particolare modo le stazioni appaltanti potranno scegliere la procedura dell’affidamento diretto per la realizzazione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore ai 40.000 euro. Inoltre esse potranno ricorrere alla c.d. procedura negoziata con l’invito dai 3 ai 5 operatori economici per importi non superiori a 1.000.000 di euro.
36 V. art. 81 d.lgs. n. 163/2006.
un’opera pubblica da realizzare. Ricorrendo al criterio del prezzo più basso, l’amministrazione specifica in dettaglio il lavoro richiesto e le sue caratteristiche, fissando un prezzo di base d’asta. Le imprese, in tal caso, propongono degli sconti: chi offre un ribasso maggiore vince; il punto, però, è che non è detto che chi vince sia in grado di realizzare l’opera secondo gli standard prestabiliti. Per evitare questo rischio occorre escludere le offerte anomale, cioè quelle presentate dalle imprese che offrono un prezzo così basso che è improbabile riescano a portare a termine il lavoro con il livello di qualità pattuito37. La legge “Merloni” del 1994 ha favorito tra i due il criterio del prezzo più basso, caratterizzato da poca discrezionalità amministrativa, poi nel 2006 con l’emanazione del nuovo codice degli appalti pubblici è stata restituita alle stazioni appaltanti la facoltà di optare in maniera alternativa per uno di essi, a seconda della complessità contrattuale.
In tale sistema di aggiudicazione automatica possono verificarsi fenomeni corruttivi. Le inchieste condotte dalla Procura della Repubblica di Milano durante gli anni novanta, hanno dimostrato come spesso funzionari pubblici di posizione apicale creassero veri e propri fenomeni di turbativa d’asta per la scelta del contraente finale utilizzando il criterio del prezzo più basso. Il tutto accadeva attraverso la vendita di informazioni riservate ad imprenditori privati, come l’entità delle offerte che man mano venivano presentate da parte degli altri partecipanti, le quali non potevano ieri come oggi essere divulgate prima dell’aggiudicazione definitiva del contratto d’appalto38. Succedeva spesso che sfruttando la normativa dell’epoca sui lavori pubblici, prevista ad opera della l. n. 14/1973 modificata di seguito dalla l. n. 687/1984, dirigenti amministrativi richiedevano tangenti in cambio di una comunicazione “anticipata” dei minimi o dei massi ribassi rispetto al prezzo di base d’asta accettabili per l’aggiudicazione della gara, i quali venivano predisposti anticipatamente dagli amministratori pubblici all’interno di una scheda segreta. Come accadeva che politici e “cartelli” di imprenditori concordassero anticipatamente i limiti massimi e minimi per rendere valide le offerte, collocati anch’essi in una scheda segreta, entro i quali doveva rientrare la media delle offerte presentate: vinceva chi più si avvicinava ad essa. Ovviamente in tali circostanze le imprese
37 V. art. art. 86 d.lgs. n. 163/2006.
38 V. art. 13.2 d.lgs. n. 163/2006.
presentavano sistematicamente offerte ben concordate, in modo da spartirsi a rotazione il mercato dei lavori da eseguire39. Osservando il sistema legislativo attuale, le pratiche collusive all’interno di tale meccanismo di aggiudicazione possono svilupparsi grazie ad una maggiore cooperazione tra gli imprenditori. Come si diceva in precedenza, per evitare la presenza di offerte anomale, la commissione giudicatrice ordina tutte le offerte presentate ed elimina il 10 % di imprese che ha offerto i prezzi più bassi e il 10 % che ha offerto i prezzi più alti40. Si aggiudica l’appalto l’impresa che ha indicato il prezzo più vicino alla media calcolata tra quelle selezionate. Queste gare sono in sostanza una specie di “lotteria” dove il prezzo cui l’appalto viene assegnato dipende da tutte le offerte presentate ed è quindi facilmente manipolabile 41 . Capita spesso che vere e proprie coalizioni di imprese colluse possono pilotare la soglia di aggiudicazione, assicurandosi l’appalto ed ingenti profitti: sembra che a differenza dell’era “tangentopoli” la situazione si sia capovolta poiché gli imprenditori assumono sempre più un ruolo primario, comprando il silenzio dei componenti delle commissioni di aggiudicazione, “degradati” ad un ruolo secondario.
Il secondo criterio, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si caratterizza per il fatto che il prezzo offerto è solo uno degli elementi da valutare per l’aggiudicazione di un appalto, poiché tende a selezionare l’offerta che complessivamente individui il miglior rapporto tra la qualità delle scelte tecniche ed il prezzo offerto42. Tale criterio dovrebbe essere utilizzato per la realizzazione di opere complesse e solitamente le stazioni appaltanti non predispongono un progetto iniziale esaustivo da un punto di vista tecnico. Come è possibile comprendere, la maggiore discrezionalità che queste gare
39 Impiegando questo metodo Xxxxx Xxxxxx, presidente del Pio Albergo Trivulzio (ente pubblico milanese), in un’occasione riuscì a preordinare il vincitore di un appalto: «Per favorire Xxx Xxxxxxx (il corruttore), io gli comunicai, anzi concordammo assieme, la forbice (i limiti di cui si parlava sopra). Dopodiché Xxxxxxx si recò da imprese collegate con lui e in qualche modo concordò la partecipazione di un gruppo di una trentina di aziende a quella gara […]» Cit. X. XXXXXXXX, Xxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx & Xxxxxxxx, 1992, p. 26.
40 V. art. 86.1 d.lgs. n. 163/2006.
41 Cfr. X. XXXXXXXX. X. XXXXXXXX, Corruzione a norma di legge, la lobby delle grandi opere che affonda l’Italia, Rizzoli Editore, pp. 208-212.
42 Per un ampio approfondimento sulla procedura cfr. X. XXXXXX, Le procedure di scelta del contraente e i criteri di aggiudicazione, in I contratti di appalto pubblico (a cura di) X. XXXXXXXXX, Utet, 2010, pp. 647-656. Inoltre v. art.83 d.lgs. n. 163/2006.
consentono nella valutazione dei criteri richiesti alle imprese partecipanti alla gara e nell’importanza da attribuire ad essi, aumenta il rischio di corruzione; inoltre, come si analizzerà nel prossimo paragrafo, quando i progetti sono complessi e quindi difficili da specificare in dettaglio prima dell’inizio dei lavori, è probabile che debbano essere modificati in corso d’opera. Il tutto spiana la strada a rinegoziazioni successive che finiscono per aumentare il costo effettivo rispetto alle offerte originarie: ulteriore terreno fertile per permettere alle imprese colluse di potere recuperare il costo della tangente pagata in precedenza per ottenere l’aggiudicazione del contratto. Problematica, per ragioni differenti, che sorge anche a seguito dell’adozione del criterio del prezzo più basso. Il 20 marzo 2014, la Procura della Repubblica di Milano dispone l’arresto di otto dipendenti di Infrastrutture Lombarde, società della Regione Lombardia che realizza le grandi opere pubbliche, inclusi i lavori per EXPO 2015. L’accusa è di turbativa d’asta (art. 353 c.p.), per avere “pilotato” una gara di appalto per la realizzazione di opere idrauliche, impianti e coperture per i padiglioni dell’esposizione universale utilizzando come criterio di aggiudicazione l’offerta economicamente più vantaggiosa43: la ditta aggiudicatrice si era offerta di realizzare tali lavori per 162.000.000 di euro con uno sconto di circa il 40 % sul prezzo base d’asta che era stato fissato in 272.000.000 di euro. In realtà, com’è possibile notare non esistono meccanismi di aggiudicazione perfetti e benché le intenzioni del nostro legislatore, influenzate dal legislatore europeo, siano quelle di optare in futuro maggiormente per l’ultimo criterio esposto, limitando il ricorso al “prezzo più basso” in casi tassativi44, bisogna insistere maggiormente su profili come la maggiore trasparenza o su sistemi preventivi-amministrativi. Pertanto, non bisogna attendere l’arrivo della magistratura per rendere visibili accordi illeciti siglati spesso alla luce del sole: il tutto comporta il blocco dell’esecuzione dei lavori ed una maggiore inefficienza amministrativa. Come si vedrà durante il quarto capitolo, la strada incanalata dalla riforma “Xxxxxxxx” nel 2012 è quella giusta, ma è una strada ancora lunga da
percorrere.
43 Cfr. X. XXXXXXXX. X. XXXXXXXX, Corruzione a norma di legge, la lobby delle grandi opere che affonda l’Italia, Rizzoli Editore, p. 212.
44 V. art. 95 del testo approvato dal Consiglio dei Ministri in data 02/03/2016.
2.3. La corruzione nella fase di esecuzione dei contratti di appalto: la problematica delle “varianti in corso d’opera”.
La fase di esecuzione del contratto è senza dubbio la fase più critica; la Commissione Europea ha osservato che «secondo studi empirici, in Italia la corruzione risulta particolarmente lucrativa nella fase successiva all’aggiudicazione, soprattutto in sede di controlli della qualità o di completamento dei contratti di opere, forniture e servizi 45[…]». Il motivo della permeabilità degli eventi corruttivi all’interno di tale momento è riconducibile al fatto che si tratta di una fase della vita dell’appalto meno regolata, sia da parte della legislazione europea che di quella italiana46.
Uno dei momenti più critici, in quanto legato ad una bassa qualità di controlli ad opera di funzionari pubblici e di collaudatori poco esperti, della fase di esecuzione e facilmente manipolabile ad opera di corrotti e corruttori risulta quello della modifica dei termini contrattuali attraverso l’istituto delle varianti in corso d’opera; in tale circostanza la stazione appaltante e l’appaltatore possono procedere a rinegoziazioni dei contratti aggiudicati che spesso sono necessarie per fronteggiare esigenze nuove, “impreviste ed imprevedibili” che non erano emerse in fase di gara47. Il rischio della corruzione è elevato, in relazione alle varianti, poiché il funzionario corrotto o il responsabile dei lavori possono certificare la necessità di varianti non supportabili da verificabili ragioni di fatto: la diretta proporzionalità tra aumento di spesa pubblica e prezzo dello scambio occulto rappresenta un indice di rischio48. È facilmente intuibile come le varianti, comportando l’aumento dell’importo da corrispondere all’appaltatore mediante l’utilizzo di somme già accantonate per imprevisti o generate dai ribassi ottenuti in sede di gara, possono prestarsi ad utilizzi occulti e al pagamento di tangenti. Difatti, l’adozione del criterio del massimo
45 Relazione della Commissione Europea sulla corruzione, 03/02/2014, COM 2014/38, annex 12 sull’Italia. In xxx.xx.xxxxxx.xx.
46 In particolare modo se ne occupano gli artt. 113-120 e gli artt. 126-141(quest’ultimi solamente per gli appalti di lavori) del d.lgs. 163/2006.
47 V. art. 132 del d.lgs. 163/2006. Sono considerate varianti tutte quelle modifiche che comportano una spesa superiore del 10 % rispetto a quanto pattuito in sede di stipulazione tra stazione appaltante ed operatore privato.
48 Cfr. F. DI XXXXXXXX, La corruzione negli appalti pubblici, in Riv. Trim.dir.pubbl., 2012, pp. 190-191.
ribasso rispetto al prezzo a base d’asta, il quale ha uno stretto legame con l’istituto in analisi, può favorire cordate “illecite” di imprenditori che partecipano ad una gara. Le imprese, in forza di un accordo preventivamente formulato al fine di favorire a rotazione una di esse, partecipano alla gara con il solo intento di far lievitare il prezzo rispetto a quello di base d’asta e permettere all’impresa aggiudicataria di offrire il massimo ribasso possibile49.
Nel corso degli anni sia l’Avcp 50(Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, dal 2014 ANAC) sia la Corte dei conti sono stati concordi nel ritenere che l’uso smodato delle varianti abbia coperto parte della corruzione “all’italiana” nel settore degli appalti pubblici: buona parte delle risorse che fanno lievitare i costi delle opere alimenta gli scambi occulti tra imprenditori, funzionari e politici. In particolar modo, gli operatori economici sfruttando l’innalzamento dei costi riescono a recuperare la percentuale della tangente pagata alle altre due classi citate in fase di aggiudicazione contrattuale. Analizzando la Relazione annuale del 2014 presentata dall’ANAC, si nota come i ritardi relativi alla realizzazione di molte grandi opere in Italia siano dovuti al ricorso reiterato e smisurato dell’istituto delle varianti in corso d’opera. Tra le opere ispezionate, l’Autorità ha rilevato elevate anomalie nell’esecuzione della linea C della Metropolitana di Roma, del completamento dei collegamenti tra il Comune di Forenza e la S.S. Potenza-Melfi in Basilicata o della realizzazione del nodo ferroviario di Bologna51, solamente per citarne alcune. Le tipologie di varianti inviate ad opera delle stazioni appaltanti all’ANAC52, risultano maggiormente riconducibili a: 1) “cause impreviste ed imprevedibili”; 2) “presenza di eventi/rinvenimenti imprevisti”. Esse, dunque, sono tutte cause difficilmente verificabili, anche da un punto di vista processuale e ciò dimostra uno dei punti più elevati dell’inefficienza amministrativa italiana, oltre ad essere un chiaro segno di come la corruzione stia diventando sempre più invisibile, sfruttando le stesse norme presenti.
49 La questione è stata sottolineata all’interno della relazione conclusiva del 19 febbraio 2008 della commissione parlamentare d’inchiesta sulla criminalità organizzata mafiosa o similare.
50 Si veda la Relazione annuale dell’Avcp del 2013 pp. 118-176.
51 L’analisi delle opere citate è rinvenibile da p. 96 a p. 112 della Relazione annuale presentata da parte dell’ANAC il 02/07/2015.
52 Prassi obbligatoria in virtù dell’art. 37 del d.l. 90/2014, in ottica preventiva al fenomeno corruttivo.
In particolare x. x. 000 xxxxx xxxxxx relazione.
3. Corruzione e “cultura dell’emergenza”.
«Le inchieste mostrano che ci sono ancora zone di caccia per loro (corrotti e corruttori): le emergenze. Lì non si può risparmiare, non c’è spending review che tenga: quando si verifica un problema grande, bisogna trovare subito una soluzione ad ogni costo. Dagli sbarchi degli immigrati ai terremoti, dalle frane allo smaltimento dei rifiuti: ogni calamità è il pretesto per intrecciare affari. Fino alla gestione emergenziale di grandi eventi come il G8 della Maddalena. È una parola magica: l’emergenza fa sparire i controlli e la deroga diventa regola53[…]».
Le parole del Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxx, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione(ANAC), raffigurano a pieno una delle maggiori criticità sistemiche che contraddistinguono il mercato italiano degli appalti pubblici, la quale è costituita dal ricorso reiterato alla c.d. “legislazione di emergenza”. Questa permette alle stazioni appaltanti di derogare alle procedure contenute nel codice degli contratti pubblici, soprattutto in presenza di apposite ordinanze della Protezione Civile54; quest’ultime, durante gli anni, sono stata utilizzate come strumento non solo per far fronte ad emergenze e a fatti imprevedibili che richiedono una risposta rapida, non sempre sottoponibile ai tempi lunghi della cosiddetta evidenza pubblica, come nei casi di eventi sismici e di fenomeni di dissesto idrogeologico, ma anche per la gestione dei “grandi eventi”, per i quali, spesso, non è ravvisabile alcuna urgenza. In tal caso, lo strumento delle c.d. “procedure emergenziali” consente alla pubblica amministrazione di ampliare al massimo la propria discrezionalità, permettendo l’ampio uso delle procedure negoziate, analizzate in precedenza, a detrimento della trasparenza e delle garanzie per quella categoria di operatori economici ignari della creazione di una vera e propria forma di concorrenza sleale, ad opera degli stessi burocrati e delle imprese “protette” da essi.
53 Cit. X. XXXXXXX-G. DI FEO, Il male italiano, liberarsi dalla corruzione per cambiare il Paese, Rizzoli, 2015, p. 127. Inoltre si afferma che: «Secondo le indagini, per entrare nel piatto ricco delle emergenze, i gruppi affaristi si sono inseriti anche nel terzo settore, quello delle aziende no-profit, che fino ad ora era apparso immacolato […]».
54 Le ordinanze di Protezione civile trovano il loro fondamento normativo nell’art. 5 della legge istitutiva del Servizio Nazionale della Protezione Civile, l. 24 febbraio 1992, n. 225. Le ordinanze riportano sia gli importi massimi stanziati per gli interventi ritenuti necessari, sia la specifica indicazione delle norme di legge alle quali è consentito derogare.
L’utilizzo su scala sempre più ampia della trattativa privata con determinate imprese operanti a livello nazionale e locale, costituisce una problematica denunciata già alla fine degli anni ottanta del secolo scorso da parte della Corte dei Conti, la quale ha più volte indicato in una sorta di “cultura dell’emergenza” il fattore che ha più contribuito all’impiego di strumenti decisionali sottratti a controlli sostanziali, evidenziando «una fuga dalle regole e una ricerca sistemica dell’eccezionalità […]. Non è un caso che negli ultimi anni alle politiche di settore- basate sulla individuazione preventiva dei bisogni, sulla valutazione delle priorità, sulla effettuazione di scelte e sulla destinazione delle risorse- si siano sostituite una molteplicità di emergenze collegate talora a fatti imprevedibili (eventi sismici, calamità naturali) ma spesso a circostanze di altra natura dove l’emergenza non può certo dirsi “sopravvenuta”: basti pensare alle infrastrutture per “Italia 90” e all’emergenza parcheggi nelle grandi aree metropolitane55 […]».
Difatti, in molti casi la deroga alla procedura ordinaria dell’evidenza pubblica è stata costante nel tempo, così come l’aumento delle risorse pubbliche: si pensi al caso dell’emergenza scaturita a causa dello spaventoso sisma avvenuto in Irpina nel 198056, al terremoto dell’Aquila del 2009 oppure alla problematica dei rifiuti in Campania che ha visto l’emanazione di un’ordinanza emergenziale per ogni anno, dal 2001 al 2005. Oppure, ancora, all’applicazione della nozione di “grande evento” a fattispecie differenti tra di loro ma assolutamente prive dei requisiti di urgenza richiesti dalla legge, come i lavori per il G8 del 2009 inizialmente previsto alla Maddalena, i mondiali di nuoto a Roma nello stesso anno o ai lavori per l’EXPO di Milano del 201557. Tutti questi eventi, nel corso del tempo, sono stati coinvolti da indagini della magistratura penale la quale ha messo in luce sistemi di collusione tra politica ed imprenditoria locale per la gestione degli appalti e soprattutto degli ingenti investimenti destinati o alla realizzazione di importanti opere, come nel caso dei “grandi eventi”, o alla ricostruzione delle zone colpite da eventi naturali, come i sismi: i capi di imputazione formulati hanno contestato, difatti,
55 Cit., Relazione della Corte dei Conti al Parlamento italiano relativo all’anno 1989, vol. II, p.407.
56 Per gli scandali scaturiti per la ricostruzione a seguito del terremoto dell’Irpinia del 1980 si rinvia a
D. DELLA PORTA- X. XXXXXXXX, Corruzione politica e amministrazione pubblica, risorse, meccanismi, attori, Xx Xxxxxx, 1994, pp. 114-120.
57 Cfr. F. DI XXXXXXXX, La corruzione negli appalti pubblici, in Riv. Trim., dir. pubbl.,2012, pp. 192- 193.
reati come corruzione (artt. 318-319 c.p.) e turbativa d’asta (art. 353 c.p.).
Da ultimo bisogna sottolineare un dato importante; nella relazione annuale del 2009, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (ora ANAC) ha segnalato tra le disposizioni del codice degli appalti pubblici maggiormente derogate per ragioni di urgenza, quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, ai criteri di selezione delle offerte, alla verifica delle offerte anomale, alla pubblicazione degli avvisi e dei bandi, alle garanzie in fase di gara e ai subappalti. Le tendenze quantitative mostrano un sensibile aumento del numero delle ordinanze in analisi, quasi raddoppiato dal 2001 al 2009. La spesa globale, nello stesso lasso di tempo, è quasi triplicata58. Dati che dimostrano, dunque, come la deroga alle procedure ordinarie di aggiudicazione degli appalti pubblici sia divenuta uno dei fattori principali che ha reso maggiormente invisibile agli occhi dei consociati il mercato della corruzione che affligge il nostro Paese.
4. Corruzione e criminalità organizzata: il dominio ad opera delle cosche mafiose nella contrattazione pubblica.
«Parlando dei guadagni della mafia, non possiamo dimenticare gli appalti e i subappalti. Mi chiedo anzi se non si tratti degli affari più lucrosi di Cosa Nostra. Il controllo delle gare d’appalto risale a molte decine di anni fa, ma oggi ha raggiunto dimensioni impressionanti. Non importa se l’impresa che si è aggiudicata i lavori sia siciliana, calabrese, francese o tedesca: quale che sia la sua provenienza, l’impresa che vuole lavorare in Sicilia deve sottostare a talune condizioni, sottostare al controllo territoriale della mafia59 […]». Nell’ambito delle presenti riflessioni non si può non accennare al rapporto tra criminalità organizzata e corruzione, al cui tema è d’obbligo dedicare un’ampia parentesi; il rapporto tra politici e gli amministratori pubblici da una parte, gli imprenditori e le c.d. “cosche mafiose” dall’altra, trova una sua completa realizzazione e totale fusione esattamente nel meccanismo degli appalti. Un problema, quello delle infiltrazioni mafiose all’interno della contrattazione pubblica , che non riguarda oramai solamente il meridione, ma come dimostrano le recenti indagini della
58 Cfr. Relazione annuale del 2009 dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Avcp (ora ANAC), p. 167 s.
59 Cit. X. XXXXXXX- X. XXXXXXXX, Cose di cosa nostra, Rizzoli, 1991, p. 142.
magistratura penale soprattutto il settentrione 60 . Il condizionamento della pubblica amministrazione da parte della criminalità organizzata costituisce addirittura l’altra faccia della corruzione ordinaria, dal momento che spesso non si ricorre neppure ad una effettiva dazione o promessa di utilità, ma si giunge ad una sistematica pianificazione delle politiche pubbliche, soprattutto a livello locale61. In poche parole, la criminalità organizzata, soprattutto nelle regioni del sud Italia, costituisce una sorta di “Stato dentro lo Stato”. Ma, prima di comprendere come la criminalità organizzata riesca ad influenzare tale settore, è di fondamentale importanza capire come essa sia riuscita a porre il proprio controllo su gran parte dell’economia pubblica, nel corso del tempo.
Come evidenziato nelle pagine precedenti, per molti anni in Italia si è convissuto con un pessimo funzionamento del sistema degli appalti, tutt’oggi non totalmente perfetto: questo fattore ha permesso non solo l’inserimento graduale della criminalità organizzata all’interno di essi, ma anche il cambiamento nella struttura e nelle dimensioni delle imprenditorie di origine criminale 62 . Inizialmente la loro presenza era individuabile soprattutto all’interno della fase di esecuzione contrattuale; attraverso l’istituto giuridico del subappalto accadeva spesso che molte imprese estranee alle realtà criminali fossero costrette a cedere parte dell’esecuzione di un’opera pubblica ad altre collegate o direttamente controllate dalla cosca territorialmente più potente. Ma alla base del crescente interesse della criminalità di tipo mafioso per il settore delle opere pubbliche vi è stata la considerevole dilatazione dei margini di profitto che le particolari modalità di gestione contrattuale adottate in Italia dalla pubblica amministrazione hanno reso possibile. Difatti, è proprio all’interno di questa fase che sfruttando il maggiore appoggio della classe politica e dirigenziale amministrativa, la criminalità organizzata inizia a
60 Basti pensare alla relazione presentata dal Prefetto di Milano, Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxx, alla Commissione parlamentare Antimafia, all’interno della quale vengono denunciate situazioni di collusione tra imprenditoria, politica e criminalità organizzata per la realizzazione di opere legate all’evento EXPO 2015 di Milano. Cfr. xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/0000/00/00/xxxx-0000-xxxxxxxx-xx-xxxxxx-xx-xxxxx- partecipa-al-banchetto/923815/. Preoccupazione espressa anche da G. M. XXXXX, Mafia e imprese vent’anni dopo Capaci, via D’Xxxxxx, Mani pulite. Dai progressi nella lotta al crimine organizzato, ai passi indietro in contrasto alla criminalità economica e corruzione, in Riv. Della società, 2013, pp. 505-506.
61 Cfr. M.G. VIVARELLI, Il fenomeno della corruzione, in Foro amm. TAR, 2008, p. 2937.
62 Sulla nozione di “impresa criminale” cfr. A. CENTONZE, Il sistema di condizionamento mafioso degli appalti pubblici. Modelli di analisi e strumenti di contrasto, Xxxxxxx, 2005, pp. 2-4.
regolamentare totalmente gli appalti pubblici 63 : nasce una pratica definita come “criminalità degli affari” intesa come «complesso criminale-finanziario che induce a un uso distorto delle risorse pubbliche, configurando, nel contempo, un tentativo di destrutturare la politica, la certezza di diritto nei rapporti istituzionali64».
Partendo dall’esempio più importante ai fini dell’analisi in corso, quale quello di Cosa nostra in Sicilia, bisogna evidenziare che l’espansione mafiosa all’interno di tale settore può essere compresa solamente se si considerano le profonde trasformazioni conseguenti alla guerra di mafia scatenatasi all’inizio degli anni ottanta e i processi di sviluppo economico e criminale che ne sono seguiti. Difatti, fino alla fine degli anni settanta, l’intervento mafioso sull’economia siciliana era di carattere parassitario: il controllo illecito si limitava all’imposizione di tangenti agli imprenditori locali che si aggiudicavano i lavori pubblici, nei cui confronti si cercava di imporre forme di sfruttamento più o meno penetranti. Sfruttamento che si poteva spingere fino all’imporre agli stessi imprenditori la fornitura di materiali o l’assunzione di personale segnalato dalla famiglia mafiosa del luogo di svolgimento dei lavori: si trattava, in pratica, di forme di condizionamento tenui65, ad opera soprattutto delle famiglie che si spartivano il territorio locale. Durante questi anni era la classe politica a dominare, dal momento che era essa che decideva a chi affidare gli appalti e sono stati scoperti casi in cui all’interno delle tesorerie di partiti affluivano tangenti pari al 50 % del costo complessivo dell’opera da realizzare 66 . È l’epoca in cui, soprattutto in Sicilia, nascono i prototipi ideali delle “alleanze verticali” tra mafia, classe imprenditoriale ed amministrazione pubblica; veri e propri patti che sono diventati modelli criminali utilizzati successivamente per molte aree del Mezzogiorno e che «portarono allo snaturamento delle funzioni pubbliche, alla distruzione del mercato, alla ridicolizzazione della legalità amministrativa67[…]». La
63 Cfr. X. XXXXXX, Appalti e criminalità degli affari, i grandi programmi di spesa e il riposizionamento della criminalità di tipo mafioso, in Democrazia e diritto, 1992, p. 201 s.
64 Cit. X. XXXXXX, Appalti e criminalità degli affari, in Democrazia e diritto, 1992, p. 198.
65 Cfr. A. CENTONZE, Il sistema di condizionamento mafioso degli appalti pubblici. Modelli di analisi e strumenti di contrasto., Xxxxxxx, 2005, p. 96 s.
66 Cfr. La Repubblica, 27 maggio 1993, p. 8. Inoltre bisogna ricordare che questi sono gli anni del c.d. “sacco di Palermo” quando era sindaco Xxxxx Xxxx e assessore ai lavori pubblici Xxxx Xxxxxxxxxx; anni di totale abusivismo edilizio.
67 Cit. Relazione finale su mafia e politica ad opera della commissione parlamentare d’inchiesta su fenomeno della mafia, approvata il 6 aprile 1993, p. 15.
corruzione rappresentava, e rappresenta in parte tutt’oggi, una tassa doppia ed iniqua che gravava sulle singole imprese: esse pagavano in primis la classe politica per l’aggiudicazione del singolo appalto e successivamente la “cosca locale” per non cadere in ostacoli di matrice intimidatoria e quindi per ottenere protezione all’interno dei cantieri di lavoro68.
Dopo la guerra di mafia degli anni ottanta e l’affermazione della famiglia dei Corleonesi a capo della cupola siciliana, è prevalsa una cultura diversa; nacque l’esigenza di investire gli ingenti profitti provenienti dal traffico di stupefacenti all’interno di canali finanziari puliti e sicuri come quello degli appalti pubblici a partire dal territorio locale fino a giungere a livello nazionale. Tale scelta ha reso il mafioso un imprenditore presente a tutti gli effetti nel sistema produttivo, sancendo definitivamente la trasformazione della mafia da “rurale” ed ancorata ad una strategia di sfruttamento criminale e parassitario del mercato pubblico, ad “imprenditrice” ed invisibile agli occhi della società69. Cosa nostra comprende di dovere stringere alleanze con le imprese , le dirette destinatarie delle gare di appalto, e di essere presente dentro di esse piuttosto che assumere un atteggiamento di matrice parassitaria; al tempo stesso, però, i politici risultano maggiormente tagliati dal mercato criminale della corruzione, essendo stato il loro ruolo orientato verso la rivelazione di informazioni relative alle procedure di appalto o verso la scelta di gare discrezionali oppure di propiziare controlli poco severi nella fase di esecuzione. A ciò è seguito anche una riscossione minore in termini di tangenti70.
I rapporti tra criminalità, mercato e impresa non sono stati limitati alla Sicilia. Anche in Campania, terra della Camorra, sono state riscontrate nel corso del tempo forti irregolarità nell’aggiudicazione delle gare di appalto, soprattutto all’interno del settore di trasporto e dello smaltimento dei rifiuti, come dimostrano le parole di un collaboratore di
68 Secondo un’indagine del centro di documentazione palermitano “Xxxxxxxx Xxxxxxxxx”, trentaquattro imprenditori e sessantotto commercianti sono stati assassinati dalla mafia nella sola Palermo tra il 1978 ed il 1987. Statistica riportata in X. XXXXXXX- X. XX XXXXX, L’impresa mafiosa, Angeli editore, 1990, p. 413. 69 Analisi svolta già all’inizio degli anni novanta da Xxxxxxxx Xxxxxxx. Cfr. X. XXXXXXX- X. XXXXXXXX,
Cose di cosa nostra, Rizzoli, 1991, pp. 133-134.
70 «È cambiato tutto quando è cambiata Cosa Nostra […] Con i capi di Cosa Nostra che trattavano direttamente attraverso i loro emissari tutti gli affari. Con i ministri, con i grandi imprenditori, con i burocrati. Dall’era Xxxxxxxxxx all’era dei “ministri” di Xxxx Xxxxx, che decidevano le regole del gioco, distribuendo la tangente non più come un tempo […]». Cit. In La Repubblica, 27 maggio 1993, p. 8.
giustizia: «noi della Camorra ci privammo di parte della tangente posta sui rifiuti scaricati e la stornavamo a favore dei politici proprio allo scopo di potere ottenere le autorizzazioni necessarie. Gli imprenditori si privavano di una larga fetta dei loro guadagni pur di vedere aumentato il loro volume di affari71 […]». Situazione molto simile anche in Calabria, terra di ‘Ndrangheta, all’interno della quale «era lo stesso politico che indirizzava l’impresa verso un determinato referente mafioso. Con questo discorso: “tu devi pagare a questo”. Restava ovviamente ferma la percentuale che i politici prendevano per sé direttamente dall’impresa72[…]». Com’è possibile notare, all’interno di tali territori si sono consolidati aggregati di interessi comprendenti politici, dirigenza amministrativa, imprenditori, criminalità e ciascuno degli attori del mercato occulto della corruzione ha mantenuto una propria “autonomia”, oltre che una propria funzione73, dal momento che a differenza di quanto è accaduto in zone come la Sicilia, la suddivisione di controllo territoriale non ha subito un profondo accentramento verso un’unica fazione della realtà criminale locale. Mutano le modalità di gestione e di spartizione dell’ingente flusso di denaro e degli appalti pubblici, ma il modus operandi delle cosche mafiose, basato inizialmente sullo strumento dell’intimidazione e successivamente sull’invisibilità agli occhi della società civile, è rimasto immutato nel tempo.
4.1. (segue): la “rotazione programmata” e il controllo sistemico degli appalti pubblici da parte della criminalità organizzata.
Le organizzazioni criminali cercano di realizzare un controllo integrale degli appalti pubblici attraverso quattro fasi successive: 1) esse interferiscono nelle scelte delle opere pubbliche da finanziare, attraverso la figura dei progettisti collusi, creando l’effetto di alterare il fisiologico processo di programmazione delle opere pubbliche; 2) manipolando
71 Cit. in domanda di autorizzazione a procedere in giudizio n. 343, 4 maggio 1993, p. 10.
72 Sono le parole di un altro collaboratore di giustizia, riportate in L’Unità, 4 dicembre 1992, p. 5.
73 Cfr. D. XXXXX XXXXX-X. XXXXXXXX, Corruzione politica e amministrazione pubblica, risorse, meccanismi, attori, Il Mulino, 1994, pp. 406-409. In tali pagine è riportata la testimonianza di un altro collaboratore di giustizia, appartenente alla Camorra, il quale evidenzia che: «Il politico che gestisce il finanziamento dell’appalto e quindi l’assegnazione dello stesso, fa da mediatore fra la ditta quasi sempre del settentrione o del centro Italia, di notevolissime dimensioni, e la camorra. Tale mediazione avviene imponendo all’impresa suddetta sia una tangente a lui stesso, sia l’assegnazione di subappalti a ditte direttamente controllate dalle organizzazioni camorristiche […]».
completamente le gare indette dalla pubblica amministrazione, mediante l’attuazione di tecniche combinatorie imposte alle impresa partecipanti ove occorra anche con l’intimidazione; 3) gestendo i subappalti, che nel nuovo sistema di controllo mafioso non costituiscono più semplicemente, come in passato, una forma di ingerenza parassitaria, ma piuttosto una tecnica di equilibrato coinvolgimento di gruppi mafiosi locali; 4) infine, esse vanno alla ricerca di compiacenze e omissioni nella fase della esecuzione dei lavori nonché in quella collusiva dei collaudi74. Per ottenere questo importante risultato, le organizzazioni mafiose sono riuscite ad elaborare un sistema di controllo diffuso del settore che si sta esaminando; un sistema capillare diffusosi prima nel Mezzogiorno d’Italia, ideato in particolar modo ad opera della Mafia siciliana e poi sviluppatosi sul restante territorio nazionale, essendo stato utilizzato anche da parte di altre organizzazioni criminali75. Un sistema che prende il nome di “rotazione programmata”.
Difatti, si tratta di una rotazione illecita programmata di tutte le aggiudicazioni collegate ai più importanti appalti pubblici da realizzare sul territorio; le imprese che risultano coinvolte finiscono così per beneficiare dell’assegnazione di lavori pubblici secondo tale meccanismo, il quale si fonda sull’accordo tacito attraverso il quale, a turno, tutte le imprese partecipanti ad una gara pubblica si impegnano preventivamente a offrire nel corso di essa il ribasso di importo minore, anch’esso preventivamente concordato, acquisendo in questo modo la certezza di ottenere l’aggiudicazione dell’appalto pubblico. Raggiunti a livello generale gli accordi per l’assegnazione dei singoli appalti pubblici, ciascun imprenditore privato e beneficiario della singola aggiudicazione, contatta gli altri imprenditori interessati alla gara, per concordare il comportamento da seguire nell’apposita sede e impedire violazioni formali della procedura amministrativa che possano invalidare l’intero procedimento di aggiudicazione. Dopo l’aggiudicazione l’imprenditore provvede al pagamento delle tangenti collegate all’assegnazione illecita degli appalti, distribuendole agli amministratori che hanno gestito l’affare, alla classe politica che ha controllato le varie fasi dell’appalto e alla famiglia mafiosa del luogo dove
74 Cfr. Richiesta per l’applicazione di misure cautelari da parte della Procura della Repubblica di Palermo, n.2979/90, pp. 5-6.
75 Cfr. Risoluzione del Consiglio Superiore della Magistratura, Criminalità organizzata ed economia illegale, Risoluzione del 24/07/2002, p. 52.
i lavori sono stati eseguiti76. Tale prassi, come dimostrato dalle indagini giudiziarie, si è riscontrata ad ogni nuova gara indetta da parte della pubblica amministrazione, soprattutto nel sud Italia77. Una pratica che ha permesso la sostituzione ad un’economia pulita e trasparente, di quella criminale ed occulta, ove a farne maggiormente le spese sono sia le imprese estranee a tali meccanismi che la collettività, quest’ultima a causa sia dell’enorme debito che grava sulle casse della pubblica amministrazione sia perché la realizzazione delle opere pubbliche investe tempi eccessivamente lunghi.
La criminalità organizzata è riuscita a consolidare nel tempo la presenza di una serie di cartelli di imprese, le quali per scelta o per costrizione esterna, decidono di accedere a questa tipologia di mercato dominato dalla legge universale delle pratiche collusive. Alla “regia” di questo enorme mercato illegale ed ancorato sul principio dell’omertà, ci sono, per l’appunto, le cosche mafiose le quali svolgono specificatamente attività volte al rafforzamento e alla garanzia degli accordi corruttivi che hanno per oggetto la spartizione delle ingenti risorse pecuniarie pubbliche. Ma, l’autentico volto dell’organizzazione criminale emerge nei momenti di crisi, cioè quando occorre ricondurre al rispetto delle regole del sistema di condizionamento illecito gli imprenditori, i politici ed i burocrati che non si adeguano ad esse in determinate gare di appalto, costringendo loro a subire decisioni rispetto alle quali essi si trovano, o si possono trovare, dissenzienti78. Pertanto, è all’interno di tali situazioni che l’essenza delle associazioni di tipo mafioso, costituita dalla forza intimidatoria, dispiega la propria potenza; le pressioni e gli eventuali danni che i protagonisti di questo mercato oscuro possono subire, costituiscono gli effetti maggiormente dannosi provocati dalla corruzione e dal crimine organizzato.
Alla fine di questa parentesi, pur non avendo la pretesa di avere esaurito l’analisi del fenomeno in questione, è possibile tracciare un bilancio. Secondo Xxxxxxxxxxx Xxxxxx, ex sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Milano e magistrato di spicco nella lotta alla corruzione, «il mercato della corruzione sommersa nelle regioni
76 Cfr. X. XXXXXXXXXX, Xxxxx ed economie locali: un approfondimento dei tradizionali modelli di analisi, in La mafia, le mafie, a cura di X. XXXXXXXX- X. XXXXXXXXXX, Laterza, 1994, p. 295 s.
77 L’esempio emblematico di tale sistema è stato riscontrato nella costruzione, ancora non completata definitivamente, dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Per un maggiore approfondimento cfr. V. METE, Un’xxxxxxxxxx xxxxxx, xx Xxxxxxxxxx, 0000, pp. 4-10.
78 In questa direzione cfr. Xxxx. sez., VI, 25/06/1996, in Cass. pen., 1997, p. 1719; Cass. sez., VI, 28/06/1998, in Cass. pen., 2000, p.1191.
meridionali, a differenza di quello emerso dall’inchiesta denominata “tangentopoli”, è un mercato ben ordinato e ben protetto, ancora tutt’oggi. Non esiste confusione, dal momento che è la mafia che assume il ruolo di mediatrice tra imprenditori e classe politica; ed è la stessa mafia che riscuote ingenti tangenti prendendo il posto degli esponenti della vita pubblica. Un sistema, questo, esportato oggi nelle regioni settentrionali, nuovo territorio delle cosche criminali79». Il controllo del sistema degli appalti pubblici rafforza il controllo sul territorio da parte delle stesse bande criminali; gli obiettivi pratici sono quelli di lucrare tangenti, collocare la mano d’opera nei subappalti e favorire l’aggiudicazione delle gare per le imprese colluse; la commissione parlamentare antimafia, nel 1993, scriveva: « L’obiettivo generale è più ambizioso: con le mani sugli appalti, Cosa Nostra riesce a controllare gli aspetti essenziali della vita politica ed economica del territorio, perché condiziona gli imprenditori, i politici, i burocrati, i lavoratori, i liberi professionisti. Questo aspetto contribuisce a rafforzare il dominio sul territorio, consolida il consenso sociale, potenza le singole famiglie mafiose nel territorio, nella società e nell’ambiente politico e amministrativo80[…]».
La corruzione e la criminalità organizzata posseggono un elemento che lega entrambi in maniera inossidabile: entrambi si basano sul principio di “invisibilità”. Un’invisibilità che grava come una vera e propria tassa iniqua sui bilanci dello Stato, che crea monopoli e, nella migliore delle ipotesi, oligopoli illegali ed apparentemente inesistenti tra le imprese. Ma soprattutto è un’invisibilità che grava sull’onestà di quella larga fetta di membri della sfera pubblica e dell’imprenditoria italiana che, nonostante tutto, continua ad opporsi a tali meccanismi criminali nella vita quotidiana.
79 Opinione espressa in occasione del seminario, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, organizzato dalla cattedra di “Mafia e Antimafia” presso la Scuola di Giurisprudenza di Bologna, il 14/04/2016.
80 Cit. Relazione finale su mafia e politica ad opera della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia, approvata il 6 aprile 1993, p. 18.
5. Conclusioni: Alla ricerca della trasparenza amministrativa “perduta”.
Durante l’analisi, condotta nelle pagine che precedono, della realizzazione del reato di corruzione all’interno del sistema degli appalti pubblici, è stato evidenziato più volte come gli accordi illeciti stipulati tra corrotti e corruttori siano diventati maggiormente invisibili agli occhi della collettività italiana. Xx è da imputare a tale forma di invisibilità una delle cause principali delle difficoltà che incombono sull’operato della magistratura italiana per la repressione penale del mercato sommerso della corruzione: uno gioco poco corretto fondato su alleanze criminali, vere e proprie regole tacite in continua evoluzione. Spesso branche del diritto, come quella del diritto amministrativo, accostano la figura della pubblica amministrazione a quella di una “casa di vetro”, ove lo svolgimento delle funzioni ad opera di ogni singolo organo e la tutela degli interessi collettivi devono essere guidati da un sano principio che generi massima fiducia nella coscienza dei consociati: il principio in questione prende il nome di “trasparenza”. Come è stato osservato in precedenza, la contrattazione pubblica costituisce una delle funzioni principali attraverso la quale la sfera pubblica interagisce con i privati, mediante la quale la macchina dello Stato chiede l’intervento di operatori economici per acquisire forniture, per realizzare servizi ed opere pubbliche per l’attuazione del benessere della società. La presenza della corruzione nel sistema degli appalti pubblici ostacola la piena esplicazione della trasparenza amministrativa, rendendo questo concetto quasi sconosciuto ai soggetti che
operano in tale settore.
Perché è importante evidenziare l’importanza di tale principio? Lo strumento della trasparenza è essenziale per consentire a tutti i consociati un controllo diffuso sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche; sulla legalità dell’azione amministrativa, sull’esercizio del potere pubblico e sulle procedure selettive e concorsuali, come le procedure di appalto 81. Essa è posta alla base del modus operandi della pubblica amministrazione e nell’ambito della contrattazione statale costituisce il presupposto fondamentale dell’imparzialità e della non discriminazione, favorendo principalmente la partecipazione degli operatori economici interessati alle
81 Cfr. G.M. XXXXX, Xxxxx repressione alla prevenzione o viceversa? Dalle parole ai fatti per non convivere con la corruzione, in Cass. pen., 2014, p. 2754 s.
procedure di selezione del contraente82 ed animando contemporaneamente lo spirito di concorrenza tra quest’ultimi.
Al contrario, la realtà che emerge dalle innumerevoli indagini svolte dalla magistratura dimostra ben altro; la contrarietà degli atti ai doveri d’ufficio posti in essere dagli agenti pubblici all’interno delle varie fasi delle gare d’appalto , la presenza di una legislazione amministrativa ridondante e confusionale, il ricorso senza controlli alle procedure emergenziali e soprattutto l’influenza costante della criminalità organizzata in molte aree del Paese, non permettono l’affermazione di una cultura dedita alla trasparenza. A tutto ciò si aggiunga la non ben definita linea di demarcazione tra i poteri svolti dalla classe politica e quelli attuati dalla classe dirigenziale amministrativa, specialmente negli enti locali, come Regioni e Comuni. Dove non c’è trasparenza regna l’inefficienza amministrativa, prevale il vizio irrefrenabile della corruzione , permettendo attraverso essa una vera e propria appropriazione indebita di risorse pubbliche spartite tra cartelli di imprese corruttrici ed agenti pubblici corrotti. A pagarne le conseguenze sono i bilanci della pubblica amministrazione italiana, totalmente dilaniati nel corso degli anni dall’aumento vertiginoso di spesa di opere e servizi che spesso non possono essere fruiti dalla collettività, perché mai portati a termine o mal funzionati; tra le “vittime” ci sono le imprese estranee ai sistemi di collusione che non trovano spazio per la presenza di un mercato dominato, spesso, da un’occulta oligarchia criminale. La serialità della corruzione soffoca un’economia, come quella italiana, ferma da anni.
È importante citare un passo della “lettera-testamento” dell’xx. Xxxxxx Xxxxxx, deputato socialista suicidatosi il 2 settembre 1992 a causa del coinvolgimento nell’inchiesta “tangentopoli”, indirizzata al Presidente della Camera dei Deputati dell’epoca, l’on. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx; egli scrive: «c’è una cultura tutta italiana nel definire regole e leggi che si sa non potranno essere rispettate, muovendo dalla tacita intesa che insieme si definiranno solidarietà nel costruire le procedure e i comportamenti che violano queste stesse regole83[…]». Una cultura ove sussistono tali meccanismi di
82 Sull’importanza del principio della trasparenza amministrativa cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30/01/2007 n.362, in Foro amm., 2007, p. 226; Inoltre cfr. X. XXXXX, I principi dell’evidenza pubblica, in X. XXXXXXXXX (a cura di), I contratti di appalto pubblico, Utet, 2010, p. 322 s.
83 Passo citato in X. XXXXXX, I metodi di contrasto della corruzione politica e della criminalità organizzata, in Democrazia e diritto, 1992, pp. 210-211.
progettazione orientati verso la totale sovversione delle regole e delle leggi non può che incanalare una strada tutt’altro che trasparente e pulita; una cultura tramandata ed immutata nel tempo, da “tangentopoli” a “mafia capitale”. Meccanismi che si riversano proprio dentro la pancia della macchina amministrativa, quella della contrattazione pubblica.
In conclusione, scopo dell’analisi condotta nelle pagine che precedono è stato quello di mettere in luce, seppur sommariamente, la potenza distorsiva che il reato di corruzione sprigiona dentro l’economia pubblica e di evidenziare come l’esercizio dell’azione penale abbia costituito per molto tempo l’unico strumento, ex post, di trasparenza dell’azione pubblica. Ma tutto ciò non basta: per la realizzazione di una tempestiva e corretta repressione penalistica del reato in questione è di vitale importanza che quest’ultima sia accompagnata oltre che da maggiori strumenti investigativi sul piano processuale84, anche da mezzi preventivi-amministrativi che segnalino con massima efficienza situazioni di illegalità. Strumenti che permettano di ritrovare quella trasparenza oramai “perduta”: trasparenza come punto di partenza, ma soprattutto come vera e propria “rivoluzione culturale” per contrastare il cancro della corruzione.
84 Di questa opinione è P. DAVIGO. Punto evidenziato in La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, seminario organizzato dalla cattedra di “Mafia e Antimafia” presso la Scuola di Giurisprudenza di Bologna, il 14/04/2016.