Prelazione agraria: contratto di affitto asseritamente concluso con gli originari proprietari del fondo e riscatto del proprietario del fondo confinante
Prelazione agraria: contratto di affitto asseritamente concluso con gli originari proprietari del fondo e riscatto del proprietario del fondo confinante
Cass. Sez. II Civ. 30 maggio 0000, x. 00000 xxx. - Manna, pres.; Xxxxxxxxxx, est. - M.F. (avv.xx Xxxxxxx, Xxxxxxxx) c. F.F. (avv.ti Orlando, Xxxxxxxxx). (Conferma App. Venezia 28 novembre 2017)
Prelazione e riscatto - Riscatto - Contratto di affitto asseritamente concluso con gli originari proprietari del fondo
- Riscatto del proprietario del fondo confinante.
(Omissis)
FATTO
1.- Con citazione notificata il 15 gennaio 2013 X.X. xxxxxxxxx, davanti al Tribunale di Treviso, M.F., chiedendo che - preso atto dell'esercizio del riscatto in ragione dell'integrazione dei relativi presupposti soggettivi e oggettivi e dell'offerta del correlato prezzo - fosse dichiarata acquisita, in favore dell'attore, la proprietà del fondo acquistato dal convenuto in violazione della spettante prelazione agraria, con la condanna al trasferimento del bene.
M.F. resisteva alla domanda e, in subordine, nel caso di accoglimento delle pretese attoree, avanzava domanda riconvenzionale di condanna dell'attore al pagamento del prezzo corrisposto per l'acquisto del fondo nonché dell'indennità per i miglioramenti eseguiti.
Con le memorie istruttorie depositate nei termini concessi, il convenuto produceva copia di un contratto di affitto, asseritamente concluso con gli originari proprietari del fondo, datato 11 novembre 2009.
L'attore contestava tempestivamente l'autenticità della scrittura privata esibita in copia e proponeva querela di falso con specifico riferimento alla data riportata in tale documento attraverso l'espressa e specifica dichiarazione attestata da timbro postale.
A fronte della potenziale rilevanza, ai fini della decisione, del documento oggetto della querela, non era sciolta la riserva di comparizione del convenuto affinché fosse interpellato sulla volontà di xxxxxsene in giudizio.
Nel corso del giudizio era deferito l'interrogatorio formale del convenuto, erano assunte le prove testimoniali richieste dalle parti ed era espletata consulenza tecnica d'ufficio.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 909/2016 del 7 aprile 2016, accoglieva la domanda di riscatto agrario e, per l'effetto, disponeva il trasferimento della proprietà del fondo, previo pagamento del prezzo di Euro 72.000,00, con condanna del convenuto alla refusione delle spese di lite e al pagamento di una somma equitativamente determinata a titolo di responsabilità processuale aggravata.
2.- Sul gravame interposto da M.F., la Corte d'appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l'appello e confermava la sentenza impugnata.
A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava: a) che il convenuto aveva contestato le sole circostanze relative alla confinazione del terreno, alla libertà del fondo e alla qualifica di coltivatore diretto dell'attore, mentre in ordine agli altri requisiti affinché potesse essere esercitato il riscatto nessuna obiezione specifica era stata mossa, cosicché tali ulteriori fatti dovevano reputarsi non contestati; b) che, peraltro, la dimostrazione di tali ulteriori requisiti era già in atti, poiché dai documenti prodotti dall'attore emergeva sia la comproprietà dei fondi al confine, sia la destinazione urbanistica di quelli oggetto di retratto, sia l'assenza di vendite nel biennio precedente; c) che non vi era alcuna prova da cui risultasse che il M. era affittuario dell'appezzamento oggetto del retratto, poiché era stata accertata la falsità del contratto di affitto datato 11 novembre 2009 e, in ogni caso, esso non era utilizzabile, non avendo l'interessato prodotto l'originale, a fronte della querela proposta; d) che la prova orale sulla qualità di affittuario dell'appellante non poteva avere seguito, in quanto, dagli accertamenti collaterali svolti, era emerso che il M. non aveva mai dichiarato il possesso di detto terreno nel fascicolo aziendale, ai fini di percepire i contributi comunitari, e si era cancellato dal registro delle imprese, chiudendo anche la partita iva; e) che la prospettazione della ricorrenza di un affitto verbale risalente all'anno 2008 costituiva deduzione tardiva, in quanto articolata solo nella comparsa conclusionale del giudizio di prime cure; f) che la domanda riconvenzionale con la quale il M. aveva rivendicato il diritto all'acquisto del terreno, nella qualità di socio coltivatore diretto della società conduttrice, era tardiva e, ad ogni modo, infondata, poiché le ipotesi in cui spettava la prelazione e il riscatto erano tassative e non suscettibili di interpretazione estensiva; g) che, in specie, la prelazione agraria a favore del confinante non spettava anche al socio di società semplice affittuaria di tale fondo, quale autonomo centro di imputazione di diritti, nonostante questi ne fosse comproprietario, richiedendo la L. n. 817 del 1971, art. 7 la coincidenza tra titolarità del fondo ed esercizio dell'attività agricola.
3.- Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, M.F.. Ha resistito con
controricorso l'intimato F.F..
4.- Le parti hanno presentato memorie.
DIRITTO
1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 x.x.x., xxxxx 0, x. 0, xx xxxxxxx xxxxx xxxxxxxx per violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost., per essere stata l'impugnata sentenza estesa a mano dal Presidente relatore della Corte d'appello, con scrittura di difficile comprensione e non decifrabile per una buona parte e, in specie, nella motivazione.
Sul punto, si deduce che dalla indicata incomprensione discenderebbero dubbi sulla stessa percepibilità dell'iter logico- giuridico seguito per giungere alla decisione, con conseguente pregiudizio arrecato al diritto di difesa.
1.1.- Il motivo è infondato.
Le ragioni della motivazione sono leggibili e, dunque, l'iter motivatorio seguito per giungere alla decisione è comprensibile. Ciò è peraltro avvalorato indirettamente dallo stesso ricorrente che, in ordine ai motivi successivi a quello ora scrutinato, ha articolato specifiche censure avverso alcuni passi della motivazione, testualmente riportati nei suoi tratti salienti.
Ne consegue che, in mancanza di un'espressa comminatoria, non è configurabile nullità della sentenza nell'ipotesi di mera difficoltà di comprensione e lettura del testo stilato in forma autografa dall'estensore, atteso che la sentenza non può ritenersi priva di uno dei requisiti di validità indispensabili per il raggiungimento dello scopo della stessa (Xxxx. Sez. 2, Sentenza n. 6307 del 05/03/2020; Sez. 5, Sentenza n. 18663 del 23/09/2016; Sez. 2, Sentenza n. 4947 del 14/03/2016). 2.- Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell'art. 360 x.x.x., xxxxx 0, x. 0, xx xxxxxxx xxxxx xxxxxxxx e del procedimento per violazione della L. n. 590 del 1965, art. 8 della L. n. 817 del 1971, art. 7 e art. 2697 c.c. ed ancora si duole, ai sensi dell'art. 360 x.x.x., xxxxx 0, x. 0, xxxxx xxxxxxx xxxxx xxxxxxxx per violazione o falsa applicazione della L.
n. 590 del 1965, art. 8 della L. n. 817 del 1971, art. 7 e art. 2697 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto provati i requisiti del titolo di proprietà sul fondo confinante e della mancata vendita di terreni nel biennio precedente, ai fini dell'esercizio del riscatto, per difetto di specifica contestazione.
In particolare, secondo il ricorrente, l'esistenza di tali requisiti sarebbe stata specificamente negata nel corpo della comparsa di costituzione nel giudizio di prime cure, dalla quale emergerebbe che sono state immediatamente contestate tutte e ciascuna delle condizioni per l'esercizio del riscatto, con una più esplicita e puntuale contestazione di alcuni dei requisiti richiesti dalla legge e segnatamente della confinazione dei fondi, della capacità lavorativa, della diretta lavorazione del fondo e della libertà del fondo oggetto di riscatto.
2.1.- Tale doglianza è inammissibile.
Al riguardo, il ricorso riporta testualmente gli asseriti termini della contestazione in tesi effettuata: "il convenuto contesta tutte le condizioni soggettive e oggettive previste dalla legge per l'esercizio del diritto di prelazione e riscatto". A tale assunto segue il riferimento alla contestazione, in particolare, della "diretta, immediata confinazione dei terreni, la libertà del fondo oggetto della domanda di riscatto, la qualifica soggettiva di coltivatore diretto in capo all'attore, la manuale lavorazione del fondo e la capacità lavorativa".
In ordine alla posizione processuale assunta attraverso le espressioni innanzi indicate, la Corte territoriale ha ritenuto che la formula utilizzata esternasse una contestazione specifica solo con riferimento alle condizioni puntualmente negate e non rispetto a tutte le altre condizioni di cui genericamente è stata confutata l'esistenza, senza che ne sia stata chiarita l'identità e la natura.
Tanto premesso, deve rilevarsi che l'accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d'una non contestazione, rientrando nel quadro dell'interpretazione del contenuto e dell'ampiezza dell'atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 13208 del 27/04/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 8558 del 16/03/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Sez. 6-1, Ordinanza n. 3680 del 07/02/2019).
In secondo luogo, la sentenza impugnata ha dato atto che i requisiti della proprietà del fondo posto al confine, della destinazione urbanistica e dell'assenza di vendite nel biennio risulterebbero comunque dagli atti.
Ne consegue che, fondandosi la decisione di merito su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la mancata contestazione di una delle rationes decidendi rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12704 del 21/04/2022; Sez. 6-1, Ordinanza n. 2550 del 28/01/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 14439 del 26/05/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 18119 del 31/08/2020; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017; Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012).
3.- Attraverso la terza critica è lamentata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento per violazione della L. n. 590 del 1965, art. 8 della L. n. 817 del 1971, art. 7 e art. 2697 c.c. ed, ancora, ai sensi dell'art. 360 x.x.x., xxxxx 0, x. 0, xx xxxxxxx xxxxx xxxxxxxx per violazione o falsa applicazione della L. n. 590 del
1965, art. 8, della L. n. 817 del 1971, art. 7 e art. 2697 c.c., per avere la Corte ritenuto che il riscattante avesse provato la proprietà o comproprietà dei terreni confinanti con quello oggetto di riscatto.
In ordine a questo mezzo, si obietta che i documenti prodotti dalla parte che ha agito per il riscatto non sarebbero idonei a fornire la dimostrazione della proprietà del bene.
Segnatamente la dichiarazione di successione avrebbe natura meramente fiscale, i certificati catastali non assurgerebbero al rango di elementi probatori della proprietà, il certificato ipotecario dimostrerebbe solo la trascrizione della denuncia di successione del genitore del riscattante.
3.1.- La censura è infondata.
E ciò perché, ai limitati fini dell'esercizio del riscatto, la parte doveva solo allegare il titolo dominicale atto a suffragare la sua legittimazione attiva, e non già dimostrare - secondo i rigorosi oneri probatori prescritti per l'esercizio dell'azione di rivendicazione - la proprietà del bene confinante.
Ed invero, la denuncia di successione - avente, di per sé, efficacia a soli fini fiscali -, pur non essendo idonea a fornire la prova del diritto di proprietà di un determinato bene, in assenza di prove o indizi di segno contrario, può costituire elemento di convincimento del giudice in favore di chi la alleghi a dimostrazione di una situazione di fatto esistente al momento della denuncia stessa (Xxxx. Sez. 2, Sentenza n. 27514 del 30/12/2016; Sez. 2, Sentenza n. 15716 del 08/11/2002).
4.- Il quarto motivo attiene, ai sensi dell'art. 360 x.x.x., xxxxx 0, x. 0, xxxx xxxxxxx xxxxx xxxxxxxx per violazione e falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, art. 8, della L. n. 817 del 1971, art. 7, art. 2697 c.c. e della L. n. 203 del 1982, art. 41 nonché, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, alla nullità della sentenza e del procedimento per violazione della L.
n. 590 del 1965, art. 8, della L. n. 817 del 1971, art. 7 e art. 2697 c.c., per avere la Corte territoriale escluso l'esistenza di un contratto di affitto agrario del fondo oggetto di riscatto in favore dell'acquirente.
In specie, la sentenza impugnata avrebbe negato la possibilità di invocare la prova testimoniale sull'esistenza di tale affitto in ragione della rilevata falsità del contratto prodotto, datato 11 novembre 2009, oltre che della mancata dichiarazione della detenzione qualificata di detti terreni nel fascicolo aziendale, presentato ai fini dei contributi comunitari, e della cancellazione dell'acquirente dal registro delle imprese, per aver chiuso la partita iva.
4.1.- La censura è inammissibile.
Infatti, il Giudice del gravame ha dato sufficiente contezza delle ragioni per le quali non poteva darsi corso alla prova testimoniale sulla circostanza dedotta, alla stregua di una valutazione complessiva del corredo probatorio in atti.
Con la conseguenza che nella fattispecie si contesta in realtà la valutazione in fatto posta in essere dal Giudice d'appello, ai fini di ritenere che il M. non fosse affittuario del terreno acquistato, e non già una violazione di legge sostanziale o processuale.
Senonché - in ragione del costante insegnamento di questa Corte la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un'attività riservata in via esclusiva all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicché rimane estranea al vizio previsto dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 qualsiasi censura volta a criticare il "convincimento" che il giudice si è formato, a norma dell'art. 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all'esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5 non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (Xxxx. Sez. 5, Sentenza n. 11326 del 07/04/2022; Sez. 2, Sentenza n. 11128 del 06/04/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 27847 del 12/10/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Sez. 5, Ordinanza n. 29730 del 29/12/2020).
5.- In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.
(Omissis)