L'ANNULLABILITÀ E L'AZIONE DI ANNULLAMENTO DEL CONTRATTO. LA CONVALIDA.
L'ANNULLABILITÀ E L'AZIONE DI ANNULLAMENTO DEL CONTRATTO. LA CONVALIDA.
Profili dottrinali e giurisprudenziali.
di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
IUS/15 - DIRITTO PROCESSUALE CIVILE
Estratto dal n. 2/2017 - ISSN 2532-9871
Direttore responsabile
Xxxxxxxx Xxxxxxxxx
Pubblicato, Lunedì 13 Febbraio 2017
L'ANNULLABILITÀ E L'AZIONE DI ANNULLAMENTO DEL CONTRATTO. LA CONVALIDA.
Sommario: 1. Introduzione.; 2. L'annullamento del contratto: cenni. I soggetti legittimati a proporre l'azione giudiziale.; 3. Gli effetti dell'annullamento rispetto alle parti e rispetto ai terzi.; 4. La convalida: cenni ed applicazione giurisprudenziale.
1. Introduzione
Dopo aver esaminato quali potessero essere le tipologie di vizi che, inficiando la corretta formazione del consenso, possano causare l’annullamento del negozio giuridico (in questa Rivista), in questo “pezzo” si esaminerà l’azione di annullamento (disciplinata dagli artt. 1441 e ss. del Codice civile) e della convalida (art. 1444 cc.). Adottando lo stesso modus operandi del precedente articolo, si cercheranno di portare all’attenzione del lettore i profili più interessanti dell’annullamento, lungi dal voler fornire una trattazione completa dell’istituto (per la quale si rimanda alla manualistica citata nelle note).
2. L’annullamento del contratto. Alcuni cenni. I soggetti legittimati a proporre azione giudiziale.
E’ noto all’operatore del diritto che per ottenere l’annullamento di un contratto è necessario proporre opportuna domanda giudiziale: se accolta, ad essa seguirà sentenza costitutiva volta alla modifica della posizione delle parti[1]. Va da sé che non sarà possibile un accertamento d’ufficio da parte del giudice. È altresì noto (e lapalissianamente evidente dalla norma codicistica) che tale azione di annullamento sia relativa, quindi proponibile soltanto da coloro che vantino uno specifico interesse sostanziale e processuale, individuato ex lege, con rare deroghe a favore dell’assolutezza della stessa (come nei casi dell’interdizione legale[2]). Questa deroga, tuttavia, pone l’interrogativo sull’accostabilità di tale tipologia di annullabilità alla nullità del negozio giuridico. Secondo Xxxxxx[3], la distinzione tra le due forme di invalidità deve anche in questo caso specifico essere mantenuta, in virtù del fatto che comunque prima dell’annullamento il negozio giuridico (od il contratto) avrà comunque una sua efficacia provvisoria, eventualmente convalidabile[4].
Per quanto concerne invece l’interdetto giudiziale, la riflessione è più complicata: l’art. 1441 cc. va coordinato, infatti, con l’art. 427, comma secondo, del Codice, secondo il quale tale azione può essere proposta dall’interdetto stesso, dai suoi eredi o aventi causa[5] oppure dal tutore legale[6].
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Manca, invece, in tale norma un riferimento ai soggetti legittimati per i contratti stipulati dal soggetto minore. È evidente che a tale vacatio legis dovrà necessariamente far fronte l’attività interpretativa dell’operatore del diritto. In tutti i casi sopra descritti, tuttavia,
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dovrà comunque (per esigenze di tutela del soggetto incapace) essere previsto l’intervento del rappresentante legale oppure di un protutore.
E’ utile precisare che l’incapacità legale rileva in sé, cioè come qualcosa di sussistente a prescindere dal concreto pregiudizio che la parte interdetta giudizialmente (o minore d’età) possa aver patito. E’ quindi ininfluente che un soggetto interdetto per motivi inerenti la sua salute mentale abbia avuto un momento di “lucidità”: per l’ordinamento, la parte terza avente causa, ad esempio, avrebbe potuto informarsi presso gli uffici competenti dello stato civile[7] e non l’ha fatto a causa della sua negligenza e quindi non merita alcuna tutela[8]. Differentemente opera il meccanismo dell’incapacità naturale o, il che è lo stesso, dell’incapacità di fatto. In questo caso avremo un soggetto la cui incapacità di intendere e volere non è stata accertata con sentenza (e quindi non annotata in alcun pubblico registro): in tal caso, di conseguenza, ritorna in auge la tutela dello stipulante contrattuale il quale, se in buona fede, potrà contare sulla validità del vincolo contrattuale; al contrario, se il soggetto contraente era a conoscenza dell’incapacità naturale della parte, allora il contratto potrà essere annullato[9].
3. Gli effetti dell’annullamento rispetto alle parti e rispetto ai terzi.
L’annullamento della sentenza produrrà inevitabilmente delle conseguenze sia per le parti che per i terzi. Lungi da noi voler fornire un’inutile replica di quanto già ampiamente affrontato nelle aule universitarie: vogliamo soltanto segnalare, in questa sede, i profili di maggior interesse.
Per quanto riguarda l’efficacia della sentenza tra le parti, possiamo dire che l’annullamento del contratto avrà effetto retroattivo implicando il ripristino della situazione ex ante rispetto al negozio annullato[10]. Esso comporterà l’obbligo per le parti di restituire le prestazioni già eseguite secondo le norme dell’indebito oggettivo[11].
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Discorso diverso (e più ricco di intersezioni con altri istituti del diritto civile, come la trascrizione) per quanto concerne gli effetti dell’annullamento del contratto rispetto ai terzi. Qui si tratta di tutelare soggetti aventi causa di una delle parti che hanno acquisito, o contano di acquisire, una res od una prestazione in virtù del contratto che ritengono valido ed efficace. Ecco perché l’art. 1445 cc. esplicitamente afferma che l’annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda. Le implicazioni poste da tale norma sono chiare: il terzo soggetto che, ad esempio, avesse acquistato in buona fede un’immobile già oggetto di compravendita in un contratto stipulato dalle parti, non potrà vedersi opposta la sentenza costitutiva di annullamento, a salvaguardia del suo acquisto. Tuttavia, nel caso in cui, ex. art 2656, n.6, del Codice, tale soggetto avesse
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trascritto il suo titolo posteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale volta all’annullamento del contratto, allora egli non potrà più ritenersi “al sicuro”. Discende da tale norma che nel momento in cui la domanda giudiziale sarà trascritta cinque anni dopo la trascrizione del contratto invalido, i terzi soggetti che avranno acquisito un diritto anche a titolo gratuito, vedranno anche in tal caso salvaguardato il loro diritto, purché tale trascrizione fosse comunque anteriore alla trascrizione della domanda giudiziale.
La salvaguardia del terzo, però, non sarà operante nel momento in cui l’annullamento è dovuto ad incapacità legale di una delle parti: in questo caso prevarrà sempre la tutela del soggetto incapace.
4. La convalida: cenni ed applicazione giurisprudenziale.
Laddove i soggetti deputati alla proposizione della domanda di annullamento avessero interesse a convalidare l’atto, potrebbero porre in essere la convalida negoziale (art. 1444 cc.), un atto unilaterale non recettizio[12]. Essa può essere espressa o tacita, ma in ogni caso manifesta la volontà della parte di voler far sì che gli effetti del negozio annullabile non vadano ad essere caducati ma “resistono” all’interno dell’ordinamento. Secondo alcuni autori, la convalida altro non è che una rinunzia all’azione di annullamento (un “non agire”, in poche parole); altri al contrario sostengono sia un atto sostanzialmente “positivo”. Ad esempio, il Xxxxxxx ritiene che la convalida rappresenti una determinazione in senso affermativo pendente sulle sorte del negozio annullabile, una cancellazione del vizio che lo affliggeva[13]. Ancora, altra autorevole dottrina (Xxxxxx) sostiene come la convalida sia un negozio accessorio, o di secondo grado[14].
Vogliamo in questa sede mostrare ai nostri lettori un’interessante caso enucleato dalla giurisprudenza: la sentenza della Suprema Corte n. 18502 del 26 ottobre 2012.
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In tale caso di specie un locatore conveniva in giudizio una società locataria e la conduttrice del proprio immobile chiedendo la risoluzione del contratto di locazione a causa di alcuni canoni non pagati dalla convenuta. Tal parte chiedeva invece l’annullamento del contratto (in riconvenzionale) per dolo del locatore o per errore essenziale e riconoscibile della conduttrice. Essa, difatti, aveva rifiutato di pagare i canoni dovuti con la motivazione che le era stato taciuto che l’immobile fosse soggetto ad espropriazione forzata con correlata inopponibilità della locazione. La parte convenuta aveva chiesto alla parte attrice di eliminare tale rischio e quest’ultima aveva interpretato tale comportamento come una surrettizia volontà di convalidare il contratto. Inizialmente il giudice di merito accolse le richieste attorali, mentre la Cassazione stravolse tale impianto decisorio: in effetti, un conto è voler dare esecuzione al contratto così com’è (se ad esempio la conduttrice fosse stata d’accordo con l’eventuale cessazione del suo
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rapporto di locazione in seguito ad aggiudicazione dell’immobile); altro discorso è chiedere la rimozione di quello che è comunque un vulnus del contratto. Talché la S.C. ha enucleato la seguente massima: “La convalida tacita del contratto, di cui all'art. 1444 comma 2 c.c., non è integrata dalla mera richiesta, formulata dalla parte che avrebbe titolo a domandare l'annullamento, di eliminazione della situazione costituente l'oggetto del vizio del suo consenso”[15].
[1] Cfr. C.M. Xxxxxx, Diritto Civile, Vol. 3, II ediz., Xxxxxxx 2000, pag. 670. [2] Si ricorda, infatti, che l’interdizione legale rappresenta una sanzione e non un istituto a tutela di un soggetto cd. debole, di talché il soggetto interdetto legalmente subirà l’ulteriore penalizzazione di vedere il proprio contratto annullabile su domanda di qualsivoglia soggetto dell’ordinamento. Cfr. Codice Civile esplicato, XX Edizione, Edizioni giuridiche Xxxxxx, Napoli 2016. [3] Cfr. Xxxxxx, Diritto Civile, cit., pag. 671. [4] Ad opinione di chi scrive, non è forse molto condivisibile tale spiegazione se si considera che anche il negozio giuridico nullo, prima della relativa declaratoria di nullità, può tranquillamente vivere nel nostro ordinamento poiché la sua inefficacia ex tunc deve comunque essere dichiarata in sede giudiziale. [5] Tali soggetti sono tutti quei terzi che hanno anteriormente acquisito un diritto in base al contratto annullabile. [6] Questi, infatti, in quanto rappresentante legale dell’interdetto giudiziale, è autorizzato ad agire in ogni sede processuale. Eventualmente, in caso di conflitto di interessi tra questi due soggetti, sarà il protutore, nominato ex art. 360, a poter agire in giudizio. [7] Vd. artt. 10, 28 e 49 del
D.P.R. del 3 novembre 200, n. 396. [8]Discorso diverso se il minore avesse con raggiri occultato la sua minore età: in tal caso è ritenuto meritevole di tutela l’affidamento del terzo. Cfr. X. Xxxxxxxx – X. Xxxxxx, Diritto Privato, Giappichelli 2011, pag. 868. [9] Cfr. Cass. Del 22 giugno 2004, n. 11854: per ottenere l’annullamento del contratto, sarà necessario e sufficiente che il difetto psichico sia tale da non consentire una corretta ponderazione degli effetti contrattuali, a nulla rilevando una totale declaratoria di infermità psichica. [10] Cass. 15 giugno 1995, n.6756. [11] Cfr. Xxxxxx, Diritto Civile, cit., pag.673. [12] Questa è la classificazione che opera Bianca, Diritto Civile, cit., pag. 675; altra parte della dottrina, tra cui il Ferri, ritiene invece che si tratta di un atto giuridico non negoziale, per il quale, va da sé, sarebbe sufficiente la mera capacità di intendere e di volere. Cfr. G.B. Xxxxx, Convalida, conferma e sanatoria del negozio giuridico, in Dig. civ., IV, Torino 1989. [13] Cfr. Barassi, Teoria della ratifica del negozio annullabile, Milano, 1898. [14] Cfr. Betti, Teoria del negozio giuridico, UTET 1950, pagg. 249 e 493.
[15] Da xxx.xxxxxxxxxxx.xx. In effetti, è pacifico in giurisprudenza il principio secondo il quale l’esecuzione volontaria di cui all’art. 1444, comma secondo, consisterebbe in un’attività che presuppone una volontà incompatibile con quella di chiedere l’annullamento del contratto: cfr. Cass. 24 settembre 2003 n. 14198; Cass. 27 marzo 2001
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n. 4441, in Giur. it., 2002, I, 728, con nota di Fogliati, Dolus bonus e dolus malus: brevi cenni sui caratteri distintivi.
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