INDICE
INDICE
INTRODUZIONE p. 5
CAPITOLO I
Linee evolutive dei procedimenti formativi dei contratti (dai codici ottocenteschi alla normazione comunitaria).
1. Tramonto dell’ancien regime e nascita dell’ideologia del contratto quale espressione del potere di autonomia della nuova classe borghese. Il Codice Xxxxxxxxx. ‘Principio’ del consenso traslativo. Mancanza di regole sulla formazione del consenso.
Recezione del modello francese in Italia. p. 12
2. Il codice di commercio del 1882. La disciplina della dichiarazione a distanza. Contrapposte esigenze di tutela della
borghesia fondiaria e della borghesia industriale. p. 17
3. La disciplina della formazione del consenso nel Bürgerliches Gesetzbuch. Tutela delle contrattazioni. I Paragrafi 119 e 138
quali esempi di giustizia sociale. p. 18
4. Declino dell’epoca liberale. Il codice civile del 1942.
Autonomia privata, liceità e meritevolezza degli interessi. p. 21
5. Criterio dell’affidamento e tutela del contraente debole. Gli art. 1335 e 1428 c.c. intesi quali parametri oggettivi. Critica alle posizioni dottrinali che ravvisano nel disegno codicistico una scelta anti-consensualistica. Il consenso perno dell’attività negoziale nel codice civile. Parte e persona. Soggetto e
situazione giuridica. Titolarità e legittimazione. p. 24
6. Pluralismo delle fonti e superamento della concezione statalistica. Globalizzazione e contratto. L’autonomia privata quale fonte normativa. La normativa comunitaria. Centralità dei
procedimenti ai fini del controllo sugli atti. p. 28
CAPITOLO II
Legalità e legittimità della disciplina dei procedimenti formativi nel sistema italo-comunitario.
1. Affermazione del principio di legalità a seguito delle ideologie connesse alla Rivoluzione francese. Principio di legalità nel codice civile e nella Costituzione. Legittimità. Bilanciamento di
valori. p. 34
2. Normatività dei contratti e procedimenti di formazione quali forme legittimanti la vincolatività. Legalità e legittimità dei
procedimenti formativi. p. 38
3. La legalità e la democraticità delle regole private. Le trattative e
la conclusione in senso stretto. p. 39
4. Efficacia degli atti formativi: vincolatività, stabilità ed imputazione degli effetti; l’accordo come prodotto della coesistenza di proposta e accettazione. Recettizietà degli atti formativi: conoscenza e tutela della certezza statica del diritto; conoscibilità e tutela della certezza dinamica del diritto; oggettività delle dichiarazioni e tutela del consenso. Natura
formale del controllo di legalità. p. 41
5. Legittimità delle regole. Controllo a posteriori dell’effettività del consenso. Disciplina dell’errore e clausola generale di
buona fede dell’art. 1337 c.c. p. 45
6. Artt. 1341 e 1342 c.c.: contrattazione di xxxxx e assenza delle trattative. Carattere formale dei criteri di valutazione.
Legittimità e procedimento. p. 47
7. Normativa comunitaria e procedimentalizzazione del consenso. Confronto con l’art. 1341 c.c. La debolezza contrattuale come elemento comune ma maggiore incisività delle soluzioni comunitarie. Oneri sia formali che sostanziali, nella disciplina
comunitaria, per l’effettività del consenso. p. 48
8. Legittimità e buona fede nella normativa comunitaria. Rilievo dei rimedi: jus poenitendi e inefficacia relativa. Dal giudizio sui
contratti a quello degli atti di attribuzione. p. 51
9. Il ruolo della clausola generale di buona fede nella formazione
del contratto. p. 53
10. Segue. La portata dell’art. 1337 c.c. p. 58
11. Segue. Il giudizio di responsabilità e di validità. p. 61
12. Segue. Violazione della correttezza e rilevanza sul regolamento
degli interessi. p. 66
13. Ipotesi di interferenza tra regole di comportamento e regole di
validità. p. 70
14. Scambi senza accordo. Crisi del consensualismo. Potere di
iniziativa privata. p. 74
CAPITOLO III
I procedimenti di formazione del contratto on-line e del contratto di subfornitura
a) I contratti conclusi in rete.
1. Premessa. p. 77
2. Peculiarità del commercio elettronico. Difficoltà di inquadramento delle modalità di formazione del contratto p. 79
virtuale in uno dei procedimenti codicistici.
3. Il d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70, in materia di contratti conclusi in
rete. Inapplicabilità degli schemi degli artt. 1326 e 1327 c.c. p. 83
4. Segue: Inapplicabilità dello schema dell’offerta al pubblico. p. 86
5. Diversità della previsione del terzo comma dell’art. 13, d.lgs.
70/2003 rispetto a quella dell’art. 1335 c.c. p. 86
b) Il contratto di subfornitura.
6. Premessa. p. 87
7. I procedimenti di formazione del contratto di subfornitura: inizio esecuzione e forma scritta. Ripensamento del tradizionale principio dell’inapplicabilità ai contratti formali del procedimento di formazione per facta concludentia. La fictio
iuris. p. 89
8. La natura giuridica dell’inizio esecuzione e l’accordo. Le condizioni di applicabilità dell’art. 1327 c.c.: richiesta del
proponente, natura dell’affare e usi e loro autonomia. p. 92
9. Confronto tra il 1327 c.c. ed art. 2, comma 2, della legge 192/98. Efficacia perfezionativa dell’inizio esecuzione ed
inefficacia delle clausole vessatorie non approvate per iscritto. p. 97
10. Libertà di scelta del subfornitore e potere del committente. p. 101
CAPITOLO IV
Modelli alternativi di formazione del contratto: i Principi UNIDROIT del commercio internazionale e i Principles of European Contract Law.
1. Premessa. p. 104
2. I principi UNIDROIT del commercio internazionale: profili generali.
3. Buona fede ed equilibrio contrattuale nei Principi UNIDROIT.
p. 106
p. 111
4. I Principles of European Contract Law. p. 116
5. La conclusione del contratto. p. 120
6. Richiamo alla buona fede. p. 124
7. Segue. La buona fede (e correttezza) nella fase precontrattuale.
p. 127
NOTE CONCLUSIVE p. 131
Bibliografia p. 134
INTRODUZIONE
In una fase storica apparentemente segnata dall’abbandono di una visione generale del diritto contrattuale e caratterizzata piuttosto dal “moltiplicarsi di assimetrie, sconnessioni, incoerenze, difetti di coordinamento”1 ci si potrebbe domandare quale dovrebbe essere la finalità di uno studio dedicato alle tecniche formative del contratto.
Si cercherà di rispondere al quesito muovendo da un’elementare constatazione. Quello della formazione del contratto sarà pure “un tipico esempio di problema essenziale per i giuristi ma probabilmente socialmente irrilevante”2, tuttavia appare ancora quantomai attuale: sempre presente nelle scelte di tutela del legislatore interno e comunitario, centrale nella prospettiva di unificazione degli ordinamenti europei e vivo nell’elaborazione della dottrina. Xxxx, nel complesso orizzonte del diritto privato nella società contemporanea proprio “la dimensione del procedimento di formazione del contratto appare “la più idonea a far emergere, spiegare e inquadrare i problemi e quindi a suggerire le soluzioni più plausibili, perché le anomalie derivano proprio da una differenza tipica di posizioni delle parti nel momento del mettersi d’accordo “3. Alla formazione del contratto si guarda infatti in chiave normativa per realizzare una sempre più incisiva protezione del contraente debole; nell’elaborazione degli studiosi per rileggere in chiave sistematica le novità emergenti dalla prassi della contrattazione telematica, ovvero per contestarne radicalmente la possibilità. Infine anche (o forse, proprio) con la necessità di armonizzare i diversi modelli di formazione del rapporto contrattuale si devono scontrare i
1 Invero, non solo contrattuale: nota X. XXXX, Nichilismo giuridico, Roma-Bari, 2004, p. 8 che “ora non restano che incessante produzione e consumo di norme. Le quali perseguono bensì singoli scopi, ed hanno ciascuna (e non potrebbero non avere) specifici sensi, ma rifiutano l’appello all’unità. Non c’è un ‘dove’ a cui si diriga la macchina produttrice di norme: basta che essa funzioni, e soddisfi il fabbisogno della più imprevedibile casualità. Insomma, un diritto senza destinazione: che va e va, ma non sa ‘perché’ e ‘verso dove’ muova”.
2 X. XXXXX, Xx xxxxxxxxx xxx xxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 15.
3 X. XXXXXXXXX, La formazione del contratto e l’inizio esecuzione. Dal codice civile ai principi europei di diritto dei contratti, in Eur. dir. priv., 2005, p. 337.
tentativi di creazione di un comune quadro di riferimento tra gli ordinamenti dei paesi europei, o addirittura tra i modelli negoziali del commercio internazionale.
In un così variegato sfondo, si è tentato di suggerire con il presente lavoro l’opportunità di valutare se è possibile ricondurre al sistema le sempre più frequenti novità normative in materia di conclusione del contratto e ricomporre, là dove realizzabile, le spesso apparenti contraddizioni. Essenziale per comprendere le diverse opzioni normative esistenti e le ragioni sostanziali ad esse sottese, si è rilevata l’analisi in chiave retrospettica dei procedimenti formativi, nonché il riferimento alle concezioni e ai modelli tramandati.
Nel tracciare le linee evolutive dei procedimenti di formazione del contratto e, dunque, nel delineare la maturazione di un’idea che è quella della libertà individuale e dell’autonomia del consenso, si sono individuate più fasi. Una prima nella quale il consenso è libera esplicazione del potere di autoregolamentazione privata, e la libertà dai procedimenti è anche garanzia di eguaglianza. Una seconda nella quale le modalità di espressione del consenso sono guardate come il mezzo per assicurare certezza all’attività commerciale. Una terza nella quale la regolamentazione dei procedimenti formativi assume altresì funzione di garanzia in ordine all’effettività del consenso anche delle parti deboli e ad un tendenziale equilibrio tra i contraenti. In quest’ultima fase, tuttavia, si è rilevato che i procedimenti hanno assunto una posizione ancillare rispetto alla causa, alla quale è affidato il compito di assicurare la giustizia e la conformità delle regole negoziali ai principi dell’ordinamento costituzionale.
Relativamente all’attuale fase storica si è posta, in primo luogo, l’attenzione ai mutamenti che sono intervenuti a seguito dell’avanzamento del processo di integrazione europea4, e per effetto della globalizzazione che non è più, e probabilmente non è mai stata, un fenomeno esclusivamente economico. Si è osservato come il nuovo e complesso quadro dinanzi al quale oggi ci si trova imponga, innanzi tutto, il superamento di quella concezione dell’autonomia
4 La quale ha operato una rivoluzione nel sistema italo-comunitario delle fonti. Si v., X. XXXXXXXXXXX, Diritto comunitario e legalità costituzionale. Per un sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 1992, p. 91.
privata quale fenomeno essenzialmente sociale e che si afferma su un piano ed in una dimensione diversa da quelli giuridici5. Seguendo un approccio volto a riconsiderare l’essenza ed il fondamento dell’autonomia privata “non soltanto nel suo essere manifestazione di libertà, sibbene nel suo essere manifestazione di <<potere>> dei privati di creare in concorso con altre fonti, regole oggettive di condotta, o, se si preferisce, norme giuridiche”6, si è sottolineata l’esigenza di valutare le regole prodotte dai privati, nonché le regole di cui agli artt. 1326 e ss. del c.c, quali regole d’esercizio del relativo potere normativo7, e tutte le altre regole portate dalla normativa comunitaria inerenti alla formazione dei contratti secondo i parametri della legalità e della legittimità. L’osservazione dei meccanismi formativi codicistici sotto il profilo della legalità (che esprime la coerenza formale con l’ordinamento) e della legittimità (che esprime la coerenza sostanziale della regola ai valori e ai principi dell’ordinamento) è stata effettuata con l’intento di far emergere che un procedimento formalmente perfetto può soddisfare di per sé le istanze della legalità anche quando una parte non sia sostanzialmente consapevole o benché abbia subito la maggiore scaltrezza o forza contrattuale dell’altra. In altri termini, il giudizio sul come si è formata la regola non può che essere positivo là dove non vi siano vizi di struttura che si traducano in ragioni di illegalità dei procedimenti. Non è tuttavia certo che perciò stesso il relativo regolamento sia pacificamente accettabile o accettato dall’ordinamento.
Spostando, poi, l’attenzione alla normativa comunitaria si è rilevato come il legislatore comunitario sia intervenuto fortemente sulla disciplina dei contratti ponendo un’accurata regolamentazione del procedimento formativo del contratto, sancendo oneri e obblighi assai stringenti in ordine alla forma ed anche al contenuto degli atti formativi. E’, infatti, attraverso i procedimenti formativi che si persegue l’obiettivo di tutela dei contraenti deboli e si cerca di attuare il controllo della meritevolezza delle contrattazioni. Anche l’equilibrio
5 X.XXXXXXXXX, L’autodisciplina. Autonomia privata e sistema delle fonti, Napoli, 2000, p. 48.
6 X.XXXXXXXXX, o.u.c., p. 49.
7 X. XXXXXXXXXXX, Valori normativi e loro gerarchia. Una precisazione dovuta a Xxxxxxxx Xxxx, in Rass. dir. civ., 1999, p. 809 ss.
tra le prestazioni si valuta attraverso un giudizio sulla buona fede nella fase di formazione dei contratti. Tende a scomparire invece l’elemento causale: di là dal controllo a priori operato attraverso la stretta regolamentazione dei procedimenti, oggetto di valutazione a posteriori è non già la causa ma la ragione delle singole attribuzioni nelle quali ciascuna operazione si compone. Si è osservato che gli strumenti di volta in volta riscontrabili nelle diverse normative di matrice comunitaria, forma vincolata, obblighi di informazione, jus poenitendi, tendono tutti a consentire la predeterminazione delle condizioni necessarie affinché la vincolatività delle regole negoziali non sia contestabile a posteriori. In questa prospettiva, si mostra fortemente accentuata sul piano strutturale l’autonomia degli atti unilaterali. In considerazione di ciò sembra doversi rinunciare all’idea del regolamento quale prodotto normativo unitario dei procedimenti di formazione, per individuare invece effetti propri e condizioni di vincolatività di ciascun atto unilaterale. In questo modo la legalità e la legittimità assurgono anzitutto a parametri di valutazione dell’effetto (vincolante) dei singoli atti componenti il procedimento e non soltanto di un loro complessivo risultato finale.
Posto l’accento sulla diversa percezione del giudizio di legalità e di legittimità, si è tentato di sottolineare anche la differente ispirazione valoriale che traspare dalla normativa comunitaria rispetto a quella codicistica. A riguardo si è osservato come la disciplina comunitaria appaia predisposta non più alla tutela della circolazione, ma alla tutela del valore d’uso dei beni acquistati dai consumatori, valore che non è da intendersi secondo un’accezione ottocentesca di conservazione dei diritti sui beni, ma come acquisizione di utilità. Rileva, infatti, non l’acquisto in sé ma la fruizione di un’utilità da parte del consumatore. Dinanzi a questo nuovo sistema ove marcate sono le diversità sul piano valoriale rispetto al nostro sistema codicistico e che ai fini di una sua corretta ricostruzione ed interpretazione esige cautela nell’utilizzo di categorie proprie del sistema precedente, è apparso necessario chiedersi come si possa conciliare la disciplina di cui agli art. 1326 c.c. e ss. con quella recata dalla normativa comunitaria. E ciò anche a fronte della tendenza manifestata da non
pochi studiosi e dallo stesso legislatore in sede di recepimento di alcune direttive8 a far salvo lo schema codicistico fondato sullo scambio delle dichiarazioni.
Per rispondere a questo interrogativo e, altresì, per verificare le ricadute in ordine all’applicabilità dello schema generale di ‘diritto comune’ ai contratti del diritto italo -comunitario, particolare attenzione è stata posta alle modalità formative del contratto concluso in rete e del contratto di subfornitura, che presenta una disciplina formale fortemente innovativa rispetto ai canoni codicistici. Con riferimento al contratto concluso in rete si sono rilevate le difficoltà che sul piano interpretativo emergono nel ricondurre lo schema formativo di detto contratto ad uno degli schemi del codice civile. Riguardo, invece, al contratto di subfornitura si è sottolineato il carattere peculiare del secondo comma dell’art. 2 della legge 192/98 ove si considera soddisfatto il requisito della forma scritta imposto al contratto anche nell’ipotesi in cui, ricevuta la proposta, il subfornitore dia inizio all’esecuzione secondo il noto schema di formazione disciplinato nell’art. 1327 c.c. La disposizione normativa citata desta particolare interesse poiché per la prima volta, nella regolamentazione legale di un contratto, si coniuga la tradizionale valenza della forma scritta come elemento di validità, imperativamente imposto, con una ‘frammentazione’, sotto il profilo formale, del consenso delle parti reputata rispondente alle esigenze di tutela perseguite in concreto9. Ciò che si è inteso verificare è che non ci si trova al cospetto di un’applicazione eccezionale della norma dell’art. 1327 c.c., ma che la norma di cui all’art. 2, comma 2, della legge 192/98 legittimi la compatibilità del procedimento di conclusione mediante inizio di esecuzione con l’imposizione di un requisito formale, quando la finalità perseguita sia quella di assicurare certezza del rapporto e trasparenza delle relative condizioni contrattuali. Non si è proposto di forzare la regola tradizionale per ricomprendervi un caso eccentrico e piegarla ad una logica estranea; piuttosto si è tentato di accertare se il “caso subfornitura”
8 D.lgs. n. 70/03 in materia di contratti conclusi in rete, ora trasfuso nel codice del consumo.
9 In questi termini, X. XXXXXXXX, Forma legale e tecniche formative del contratto. La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Napoli, 2005, p. 13.
apporti (ed in quale misura e con quali limiti) novità concettuale alla regola, rivelandone una duttilità coerente con l’evoluzione delle funzioni che governano il sistema delle forme negoziali. La direzione di analisi suggerita ben si inquadra nella riflessione sull’impatto che il diritto europeo dei contratti svolge sull’ordinamento nazionale, “sconvolgendo” talune regole consegnate dalla tradizione come immodificabili. Da più parti si sottolinea la necessità di rivedere alcune categorie concettuali e abbandonare l’atteggiamento, “caro alla cultura del privatista, di poter rimodernare il sistema normativo dei rapporti interprivati così da renderlo adeguato all’evoluzione dei rapporti commerciali e dei mercati senza pagare il prezzo della perdita del supporto di regole e principi ormai consolidati, assunti, per pigrizia ed abitudine, alla stregua di assiomi insindacabili ed immodificabili”10
Nella parte conclusiva dell’indagine l’attenzione si è rivolta ai modelli di formazione del contratto proposti nei Principi Unidroit e nei Principi di diritto europeo dei contratti elaborati dalla Commissione Lando. Trattasi di dati assai recenti che ancora non è possibile definire normativi, ma dai quali non si può certamente prescindere al fine di fornire un quadro attendibile delle frontiere attuali del diritto dei contratti. Non si è, tuttavia, ritenuto opportuno soffermarsi sulle innumerevoli questioni poste dalla nascita di un diritto europeo dei contratti, né sulle ragioni e sulle finalità dell’adozione di modelli comuni nella contrattazione internazionale o comunque sulla prospettata necessità di armonizzazione dei diversi ordinamenti11. L’analisi si è svolta su un piano diverso e più circoscritto. Si è tentato di cogliere gli orientamenti di fondo rintracciabili nella disciplina dei procedimenti formativi recata da questi strumenti. A riguardo si è evidenziato come in questi Restatements la clausola di buona fede assuma una portata, oltre che quantitavamente, qualitativamente
10 X. XXXXX, Il diritto comunitario dei contratti, in A. Tizzano (a cura di), Il diritto privato dell’Unione europea, t. I, Tratt. dir. priv. diretto da X. Xxxxxxx, XXVI, Torino, 2000, p. 623.
11 Problema che coinvolge in misura non irrilevante, per l’ovvia connessione tra diritti fondamentali ed assetto dei rapporti privati, la questione della Costituzione europea. Sul punto si v., X. XXXXXX, Un codice per l’Europa? Diritti nazionali, diritto europeo. I diritti globali, in AA.VV., Codici: una riflessione di fine millennio, a cura di X. Xxxxxxxxxx x X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000, pp. 541 ss. e X. XXXXXXX, Diritto dei contratti e “Costituzione” europea, Milano, 2005, pp. 2 ss.
maggiore di quella comunemente assegnata. Si coglie l’intenzione dei redattori di definire più esattamente i comportamenti contrari alla buona fede, per garantire, in forme più incisive e sicure, in un ambito così delineato come quello della formazione del contratto, una maggiore certezza per coloro che conducono operazioni contrattuali in ambito internazionale. Nei Principles alla buona fede è riservata non solo una funzione di integrazione quanto anche di riequilibrio, evidente ad es. nell’art. 4:109 ove si prevede che se una parte abbia tratto un ingiusto profitto o vantaggio iniquo da una situazione di dipendenza o fiducia dall’altra o dal bisogno economico o da necessità urgenti di questa, la parte interessata può chiedere, oltre all’annullamento, che l’autorità giudiziaria riequilibri il contenuto del contratto. E siffatto intervento giudiziale è realizzabile, adeguando il regolamento di interessi a quello che i contraenti avrebbero stabilito se si fossero comportati correttamente. La previsione richiamata riveste una particolare importanza, poiché oltre ad evidenziare la funzione nuova della buona fede e correttezza previste come limite generale ed essenziale dell’autonomia contrattuale dall’art. 1:102, mette in luce il rilievo che detta clausola generale può avere in ordine alla validità dell’atto. Ciò conduce, inevitabilmente, a sdrammatizzare la contrapposizione tra regole di validità e regole di comportamento e a riguardarle attraverso un prisma nel quale esse trovano collocazione comune quello del cd. rimedio contrattuale.12
12 X. XXXXX, Il contratto del duemila, cit., p. 51.
CAPITOLO I
Linee evolutive dei procedimenti formativi dei contratti (dai codici ottocenteschi alla normazione comunitaria).
SOMMARIO: 1. Tramonto dell’ancien regime e nascita dell’ideologia del contratto quale espressione del potere di autonomia della nuova classe borghese. Il Codice Xxxxxxxxx. ‘Principio’ del consenso traslativo. Mancanza di regole sulla formazione del consenso. Recezione del modello francese in Italia. 2. Il codice di commercio del 1882. La disciplina della dichiarazione a distanza. Contrapposte esigenze di tutela della borghesia fondiaria e della borghesia industriale. 3. La disciplina della formazione del consenso nel Bürgerliches Gesetzbuch. Tutela delle contrattazioni. I Paragrafi 119 e 138 quali esempi di giustizia sociale. 4. Declino dell’epoca liberale. Il codice civile del 1942. Autonomia privata, liceità e meritevolezza degli interessi. 5. Criterio dell’affidamento e tutela del contraente debole. Gli art. 1335 e 1428 c.c. intesi quali parametri oggettivi. Critica alle posizioni dottrinali che ravvisano nel disegno codicistico una scelta anti-consensualistica. Il consenso perno dell’attività negoziale nel codice civile. Parte e persona. Soggetto e situazione giuridica. Titolarità e legittimazione. 6. Pluralismo delle fonti e superamento della concezione statalistica. Globalizzazione e contratto. L’autonomia privata quale fonte normativa. La normativa comunitaria. Centralità dei procedimenti ai fini del controllo sugli atti.
1. Il passaggio dallo Stato assoluto allo Stato liberale segna il definitivo tramonto dell’ancien regime e la nascita dell’ideologia del contratto quale espressione del potere privato di autoregolamentazione.
Con la scomparsa del secolare modello di Stato si assiste alla costruzione di uno Stato nuovo, fondato sull’unità nazionale e sulla libertà privata, ove si afferma il potere di autonomia della emergente classe borghese e quella libertà di commerciare secondo un’ottica propriamente liberale e smithiana per la quale il benessere dei singoli coincide con quello della collettività. «(L)a nazione, la borghesia, il capitalismo si sforzano di elevarsi a Stato, e tutta la storia moderna diventa la storia dei loro tentativi e della loro incarnazione nel principio politico»13. Dirompenti sul tessuto sociale ed economico dell’epoca sono gli effetti di grandi eventi storici politici ed economici quali la rivoluzione francese e la rivoluzione industriale che hanno comportato una profonda ed inevitabile frattura rispetto al passato.
13 X. XXXXXXXXXX, Saggi sullo Stato, Torino, 1918, ora in ID., Opere, I, Milano, 1959, p. 130 ss.
L’emergente classe borghese diviene il simbolo dei mutamenti economici e politici conseguiti a detti eventi, essa testimonia special modo le trasformazioni intervenute sul piano etico le quali hanno condotto all’affermazione di quell’idea fortemente rivoluzionaria secondo cui «il perseguimento dei propri privati interessi materiali è una forma perfettamente legittima di condotta umana, la quale può di fatto essere preferibile, ad una vita di coinvolgimento intenso negli affari pubblici»14. In siffatto contesto, il contratto imperniato sul consenso diventa lo strumento cardine per l’espansione della nuova economia industriale e soprattutto lo strumento attraverso cui la classe borghese dispiega la conquista del potere. Infatti, «la volontà creatrice, che la filosofia del negozio giuridico esalta, è la volontà della classe sociale che dirige il processo storico»15.
I principi di libertà ed uguaglianza della cultura dei lumi irrompono nel codice di Xxxxxxxxx, spesso citato come ‘monumento del liberalismo’, ove tra le libertà della sfera individuale si riconosce la libertà contrattuale del singolo. L’assoluto primato dell’autonomia privata trova la sua consacrazione all’art. 1134 nel quale si afferma «le convenzioni legalmente formate hanno forza di legge per coloro che le hanno fatte». L’intera disciplina del contratto ruota intorno alla categoria del consenso, libero e volontario (artt. 1107-1134). Questo principio, solo parzialmente applicato già in età romana (nei cd. contratti consensuali riconosciuti nell’ambito dello ius honorarium sul finire dell’età repubblicana e poi, molti secoli dopo, nella configurazione bizantina della conventio, come elemento costitutivo di ogni contratto) trova dunque in questo momento storico, sotto la spinta delle dottrine liberali e giusnaturalistiche, la sua più ampia affermazione.16 E’ in forza del consenso
14 A.O. XXXXXXXXX, Felicità private e felicità pubblica, Bologna, 1991, p. 11.
15 X. XXXXXXX, Il negozio giuridico, in Tratt. dir. civ. e comm. Cicu e Messineo, XXX,0, Xxxxxx, 1988, p. 19 s.
16 I. XXXXXXXX, Notazioni sul contratto (A proposito di un recente lavoro di X. Xxxx) in Quaderni fiorentini, 1990, p. 651, osserva che «(N)on si può negare che il principio del nudo consenso», proclamato nelle opere di Domat e Xxxxxxx, «sia stato assunto come principio o, appunto, come ‘proclamazione’ ispiratrice dei codici del secolo XIX». Note al riguardo sono le critiche osservazioni di X. XXXXX, Il contratto, I, Milano, 1955, p. 76, se la corrispondente idea di libertà contrattuale abbia trovato concreta realizzazione e quanto invece sia stata equivocata.
che si perfeziona il contratto e si produce anche il trasferimento della proprietà (mobiliare e immobiliare). La rilevanza del consenso quale elemento necessario e sufficiente al perfezionamento del contratto e il riconoscimento dell’efficacia reale del contratto (‘principio’ del consenso traslativo) vengono ribaditi con estrema chiarezza dal legislatore napoleonico con specifico riferimento alla compravendita, all’art. 1583 «La vendita è perfetta tra le parti e la proprietà si acquista di diritto dal compratore nel momento in cui sia convenuto sulla cosa e sul prezzo, quantunque la cosa non sia stata ancora consegnata e il prezzo pagato». Analogo principio viene sancito con riguardo alla donazione, all’art. 938 «la donazione accettata nelle forme sarà perfetta mediante il consenso delle parti; e la proprietà degli oggetti donati si intenderà trasferita al donatario senza la necessità di formale tradizione». Il consenso in sé, allora, è il canone attraverso cui si legittima la nuova sovranità e al contempo la ragione della vincolatività del contratto. In questa prospettiva, ben si comprende l’enfatizzazione della formula «le convenzioni legalmente formate hanno forza di legge per coloro che le hanno fatte»17 poc’anzi richiamata, come anche l’assenza di strumenti volti a regolamentare e a controllare il consenso.
La libertà dei modi di formazione del consenso è fondamentale per assicurare il primato conferito dal legislatore napoleonico all’autonomia privata; predisporre mezzi per un suo sostanziale controllo appare incompatibile con l’esigenza di preservare l’autonomia della volontà.
La libera esplicazione del potere di autoregolamentazione privata è intesa infatti quale manifestazione più immediata della libertà del cittadino e come garanzia di eguaglianza.
17 Formula visibilmente ricalcata sulla espressione già elaborata da J. DOMAT, Les loix civiles dans leur ordre naturel, nouvelle ed., Tome 1, Paris: Demonville, 1777, p. 19 (Part. I Livre I, Xxxxxxx) secondo il quale «una volta formatesi le convenzioni, ciò che è stato convenuto ha forza di legge per coloro che le hanno fatte». E’ notoriamente influente il pensiero di R.J. XXXXXXX, Traitè des obligations, in Oeuvres de R.J. Xxxxxxx, Nouvelle ed. par. X. Xxxxx, Bruxelles: Ed. J.P. Xxxxxx, Xxx et Xxxxx, X. Tarlier e Amsterdam: Fr. Xxxxxxxxxx, 1829, Tome 1, p. 2 s. (n. 3) ove si afferma: «[le contrat est] une convention par laquelle les deux parties réciproquement ou seulement l’une des deux, promettent et s’engangent envers l’autre à lui donner qulque chose, ou à faire ou à ne pas faire quelque chose».
Il ruolo legittimante del nudo consenso trova poi sua ulteriore affermazione normativa all’art. 1109 del codice napoleonico ove si sancisce la nullità della dichiarazione fatta per errore o erroneamente trasmessa; è nulla la dichiarazione fatta in ragione di una volontà viziata soltanto quando l’errore cade «sulla sostanza della cosa che ne forma l’oggetto».
Va osservato che tutta la materia contrattuale, nel codice civile francese, appare permeata dalla tradizione romanistica, ma nell’ottica della radicale rielaborazione (e ‘correzione’) in chiave giusnaturalistica e razionalista proposta da Xxxxxxx e Domat al cui pensiero si ispireranno anche le altre codificazioni del secolo diciannovesimo18. Del resto, la formalizzazione normativa di una figura negoziale fondata sull’efficacia vincolante del mero consenso ha comportato un evidente allontanamento dalle precedenti figure romanistiche le quali collegavano la vincolatività al rispetto di schemi prefissati e della ritualità dei procedimenti formativi19.
Riguardo alla causa, essa viene richiamata all’art. 1108 del codice francese tra le condizioni essenziali per la validità di una convenzione20, all’art. 1131 ove si stabilisce «L’obbligazione senza causa, o fondata sopra una causa falsa o illecita, non può avere alcun effetto» e all’art. 1133 ove si specifica «La causa è illecita quando è contraria alla legge, al buon costume o all’ordine pubblico». La causa assume, dunque, una posizione preminente, ma essa non è ancora strumento di controllo sostanziale bensì giustificazione formale dell’efficacia delle regole prodotte dall’autonomia privata21. In altri
18 I. BIROCCHI, Notazioni sul contratto (A proposito di un recente lavoro di X. Xxxx), in
Quaderni Xxxxxxxxxx, 1990, p. 651 ss.
19 X. XX XXXXXXX, Istituzioni di diritto privato, 2° ed. (a cura di F. Maroi), Messina-Milano, 1939, p. 547 ss. «La convenzione, cioè l’accordo delle volontà, è oggi sinonimo di contratto ed il contratto stesso si identifica col consenso. L’idea di contratto si emancipa in tal guisa dalle chiuse e ristrette categorie dei tipi fissi romani e s’eleva a concetto generale ed astratto».
20 All’art. 108 del c.c xx.xx legge: «Quattro condizioni sono essenziali per la validità di una convenzione:il consenso di colui che si obbliga; la capacità di contrattare; un oggetto determinato che costituisca la materia della convenzione; una causa lecita che formi oggetto dell’obbligazione».
21 Per un efficace excursus storico si v. X. XXXXXXXXXX, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 2000, p. 185 ss. Per una ricostruzione nel segno della continuità tra modello napoleonico del contratto ed il contratto contemporaneo, X. XXXX, Definizione codicistica di contratto e vinculum juris, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XX, 1990, p. 135 ss.; X. XXXXXXX, Autonomia privata e contratto giusto, in Riv. Dir. priv., 2000, p. 21 ss.
termini, il ruolo della causa sembra essere confinato all’individuazione di limiti esterni che garantiscono il rispetto dell’ordine pubblico inteso quale nucleo delle norme cogenti dello Stato liberale22, vale a dire di uno Stato che lascia fare, che per propria vocazione è neutrale nei riguardi delle finalità perseguite dai privati nell’ambito della propria autonomia.
Il codice italiano del 1865, noto anche come Xxxxxx Xxxxxxxxx, aderì fortemente alle concezioni civilistiche francesi, poiché il prestigio del Codice civile francese era fortemente sentito dai giuristi italiani dell’epoca e favorito sul versante dottrinale, dalla diffusione in Italia dei metodi e delle concezioni della Scuola dell’Esegesi francesi, sul versante giurisprudenziale, dall’accostamento allo stile di giudizio delle corti transalpine. Si rileva, dunque, una sostanziale identità della normativa ivi dettata in tema di contratto rispetto a quella del codice di Xxxxxxxxx.
Il consenso è menzionato come requisito essenziale del contratto, di esso se ne disciplinano i vizi, ma non ci si occupa dei suoi presupposti di validità. Anche per il nostro codice del 1865 il contratto si forma con l’incontro di volontà non viziate di due o più persone e fonda la sua vincolatività sul consenso. I pochi riferimenti alla formazione si ritrovano nell’enunciazioni degli effetti: all’art. 1123 ove si richiama la forza di legge dei contratti «legalmente formati»23 e all’art. 1125 ove richiamando l’art. 1138 del codice di Xxxxxxxxx si cristallizza il principio consensualistico24. Per una prima e scarna regolamentazione dei procedimenti formativi occorre attendere il codice di commercio.
22 Il tema della neutralità dello Stato liberale è ampiamente trattato nella letteratura statunitense, si v. , tra i tanti, B.A. XXXXXXXX, La giustizia sociale nello Stato liberale, trad. it. a cura di X. Xxxxxxxxx, Bologna, 1984, spec. p. 429. Per un’analisi storica del rapporto tra autorità (dello Stato) e libertà (degli individui) si v. le illuminanti pagine di X. XXXXXX, L’età dei diritti, Torino, 1990, p. 89 ss.
23 Il codice civile italiano del 1865 all’art. 1123 sanciva: «I contratti legalmente formati hanno forza di legge per coloro che li hanno fatti».
24 Il codice civile del 1865 all’art. 1125 sanciva «nei contratti che hanno per oggetto la traslazione della proprietà o di altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmette e si acquista per effetto del consenso».
2. Con l’evolversi dell’economia industriale, nel corso del diciannovesimo secolo, si estendono i mercati, si sviluppano i mezzi di trasporto e comunicazione, e maggiori sono le contrattazioni a distanza.
La forte accelerazione dei traffici commerciali inevitabilmente sollevò il problema della circolazione e la sicurezza dello scambio e, pertanto, viene avvertita la necessità di regolamentare i procedimenti formativi.
Con il codice di commercio del 1882 i procedimenti formativi conquistano un ruolo significativo in quanto mediante quest’ultimi si cerca di fornire una soluzione pratica ai problemi legati al crescente fenomeno della contrattazione a distanza25. Per alcuni aspetti il legislatore commerciale si discostò timidamente dallo schema dichiarazione/consenso con la previsione del contratto tramite inizio di esecuzione che diede luogo a forti discussioni, poiché in conflitto con il fondamento volontaristico dell’efficacia. In xxx xxxxxxxx, xx osservato che nel codice di commercio albergavano istanze eterogenee di una società ancora monoclasse: da un lato le istanze della borghesia proprietaria che puntava alla valorizzazione delle cose possedute reclamando la difesa dei diritti proprietari acquisiti con la rivoluzione, dall’altro quelle della borghesia industriale che sosteneva l’espansione dei mercati esigendo una disciplina volta ad assicurare certezza agli scambi commerciali26. La contrapposizione tra le due diverse differenti espressioni dell’individualismo borghese è evidente nella regola generale di cui all’art. 36 cod. comm. ove si sancisce «Il contratto bilaterale tra persone lontane non è perfetto se l’accettazione non giunga a notizia del proponente». In essa trovano estrinsecazione quella esigenza di certezza oggettiva dello scambio in ordine al luogo e al momento della conclusione del contratto sollecitata dalla borghesia industriale e quella esigenza di affermazione del dominio della
25 C. VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, IV, 4 ed., Milano, 1916, p. 6 s.: «l’istituto della conclusione dei contratti ha trovato la sua sede nel Codice di Commercio, perché gli affari dei commercianti, che un tempo si concludevano principalmente nelle fiere e nei mercati fra presenti, oggi si concludono per lo più fra lontani colla posta e col telegrafo, e questa lontananza fece sentire al legislatore commerciale la convenienza di indicare in quale momento e in quale luogo il contratto divenga perfetto».
26 X. XXXXXXX, La democrazia, Milano, 1993, p. 223 ss. il quale distingue tra proprietà liberale intesa quale garanzia di libertà e proprietà liberista finalizzata all’investimento.
volontà cara alla borghesia fondiaria secondo cui non era possibile individuare il momento della conclusione se non in quello della conoscenza effettiva. Considerata la necessità della notizia, l’art. 36 lasciava aperte tutte le possibilità riguardo le condizioni di efficacia delle dichiarazioni. Diverse le teorie elaborate dalla dottrina: quella della dichiarazione, trasmissione, ricezione e cognizione27. La teoria che, com’è noto, prevalse fu quella della cognizione in quanto questa appariva coerente con l’essenza del contratto quale incontro di volontà28. L’applicazione del principio della cognizione, tuttavia, è stata mitigata dall’applicazione di altri principi quali quello di responsabilità e di diligenza, finendo sostanzialmente per coincidere con la recezione.
In definitiva, può sostenersi che anche con l’introduzione del codice di commercio al termine del diciannovesimo secolo la disciplina della formazione del contratto è ancora embrionale. Da un punto di vista sostanziale, infatti, non ci si allontana dallo schema dichiarazione/consenso; è sempre con l’incontro di volontà non viziate che il contratto si forma ed è sempre il consenso a costituirne il fondamento della propria vincolatività.
3. Mentre il Codice Xxxxxxxxx si è caratterizzato come un ‘codice rivoluzionario’, il BGB, senz’altro meno innovativo, fu subito etichettato come un ‘codice conservatore’ in quanto codice di un Impero che si consolidava curando la conservazione del proprio passato ed esaltando la scienza giuridica nazionale espressa dall’indirizzo pandettistico.
Il BGB pur riflettendo in gran parte l’etica materialista della borghesia industriale si distingue dalle precedenti codificazioni soprattutto per aver
27 Per un’analisi delle teorie si v. X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. Xxxxxxxx, XX, 0, Xxxxxx, 1975, p. 151 ss.; X. XXXXXXX, I profili della conclusione del contatto, Milano, 1968, p. 49 ss.
28 La Relazione ministeriale Xxxxxxx relativa all’art. 36 integralmente riportata da X. XXXXXXX, Principii di diritto civile, 2° ed., XV, Milano s.d. (ma 1990) p. 509 ss «il generatore dell’obbligazione e del vincolo non è già, e non potrebbe essere, la materiale esistenza di due concordi volontà reciprocamente ignorate, bensì la reciproca notizia delle medesime tra le parti contraenti».
‘consacrato’ l’insegnamento pandettistico e con esso il dogma della completezza e del rigore del sistema voluto dal Windscheid29 il quale normativizza la figura del negozio giuridico.
Tramontata l’epoca dell’economia industriale, il legislatore tedesco manifestò una maggiore sensibilità alle esigenze della società post-industriale che richiedeva sicurezza nella circolazione, introducendo una disciplina piuttosto rigida della formazione del consenso.
Si contemplano, pertanto, in tema di formazione del contratto diverse disposizioni normative. Al § 147 si statuisce che in caso di contrattazione tra persone presenti o per via telefonica, la proposta decade se non accettata istantaneamente. «La proposta fatta a un assente può essere accettata soltanto fino al momento in cui il proponente può, in circostanze normali, aspettare l’arrivo della risposta». Ciò posto, la proposta, fino a tale momento, è vincolante se non diversamente disposto dal medesimo proponente (§ 145). Riguardo alla revoca degli atti formativi, il legislatore germanico sembra aver operato una scelta che sostanzialmente esclude la revocabilità delle dichiarazioni. Secondo il § 130, la dichiarazione «diviene inefficace se, prima o contemporaneamente, perviene […] una revoca». L’efficacia della dichiarazione si esplica nel momento in cui essa perviene al destinatario. Dunque, quella di cui si discorre non è una vera e propria revoca poiché la sua funzione è quella di impedire all’origine l’efficacia. La sicurezza è così garantita dalla vincolatività della proposta e dalla tempestività dell’accettazione.
Come il codice di commercio italiano anche il codice tedesco, se pur in modo non esplicito, contempla l’ipotesi della conclusione del contratto tramite inizio di esecuzione. Infatti, al § 151 si sancisce «Il contratto è perfetto con l’accettazione della proposta, senza che l’accettazione debba essere dichiarata in confronto del proponente se una tale dichiarazione non è, secondo l’uso dei comuni rapporti, da attendersi, oppure se il proponente vi
29 X. XXXXXXXXXX, Diritto delle pandette, trad. con note e riferimenti al diritto italiano a cura di X. Xxxxx x X.X. Xxxxx, Xxxxxx 0000.
ha rinunciato». Appare evidente come il legislatore germanico, nonostante qualche concessione all’oggettività, abbia con tale norma fatto prevalere la teoria della volontà. Infatti, è sempre con l’accettazione che si perfeziona il contratto, anche se questa non è stata dichiarata ed è rimasta un fatto interno al contraente. Ancora una volta, quindi, non ci si discosta dallo schema dichiarazione e consenso. Riguardo l’efficacia della dichiarazione a distanza, la richiamata regola di cui al § 130 «la dichiarazione diviene efficace nel momento in cui perviene» ha lasciato aperte (come si è visto per l’art. 36 del Codice di commercio Italiano) tutte le possibilità. Difatti la formulazione
«tutt’altro che xxxxxx (e infatti ha dato luogo ad ampie discussioni in Germania) non corrisponde né all’arrivo né all’indirizzo (…), né a quell’ulteriore requisito, ridotto dalla dottrina italiana alla soggettiva possibilità di aver notizia»30.
Rispetto alle codificazioni precedenti particolarmente significative paiono le disposizioni di cui ai §§ 119 e 138. Il primo paragrafo sancisce che la dichiarazione è impugnabile «se è a ritenersi che il dichiarante, data la conoscenza dello stato delle cose e secondo un ragionevole apprezzamento del caso, non l’avrebbe fatta». Si evince come sia sottratta alla volontà dello stesso dichiarante la valutazione dell’errore che invece rinviene nel ragionevole apprezzamento un metro oggettivo. Il §138 sancisce la nullità del negozio con il quale si abusa del bisogno o dell’inesperienza di altri che fa promettere o dare vantaggi i quali «si trovano in evidente sproporzione con la prestazione». Può agevolmente intuirsi come dinanzi alla presa di coscienza della diversità di condizione economica dei contraenti non trova più spazio quel principio secondo cui non è ingiusta una regola dove vi sia stato consenso31.
Ben si comprende, altresì, come queste innovazioni esprimono, sul piano del diritto positivo, un senso di insofferenza verso gli equilibri della società borghese e rispondono alle istanze di giustizia e di eguaglianza
30 X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. Xxxxxxxx, cit., p. 168, nota 6.
31 X. XXXX, Xxxxx e trattati morali letterari politici e economici, Torino, 1974, p. 217.
sostanziale tra i contraenti emerse in quella fase con la diffusione dei primi movimenti socialisti.
E’ bene, inoltre, menzionare l’inserimento nel BGB delle clausole generali che rinviano alla buona fede, ai buoni costumi, etc, che hanno fortemente temperato il carattere borghese ed individualistico impresso dalle logiche pandettistiche e alle quali ha fatto appello, con differenti valenze ed implicazioni tecniche, la giurisprudenza tedesca al fine di realizzare la giustizia sostanziale.
4. Lo scenario muta quando agli albori del ventesimo secolo la media e piccola borghesia palesano insofferenze verso l’ordine dello Stato liberale. E’ un momento in cui le istanze di giustizia sociale incominciano a diffondersi prepotentemente anche in Italia. Eventi sconvolgenti quali il primo conflitto mondiale, il mutamento dei meccanismi della politica (passaggio dalla politica parlamentare a quella dei partiti come organizzazioni di massa) trasformano fortemente la struttura sociale, politica ed economica del Paese.
Le forze economiche non sono capaci di esercitare grandi pressioni: la borghesia industriale è colpita dalla crisi degli anni ’20 e la piccola borghesia fortemente impoverita. I movimenti operai e contadini sono repressi. I grandi proprietari terrieri, spaventati dalle rivolte dei contadini, chiedono il sostegno del regime. Il nazionalismo, l’eroismo patriottico32, si sprigionano tra i ceti medi e il sentimento del pubblico investe l’immobile quiete dei valori privati33 segnando il declino dello Stato liberale.
E’ in questo clima che incomincia a percepirsi il bisogno di una nuova codificazione nella quale possano trovare sede interessi prevalentemente intesi non più dei singoli, ma della collettività e dello Stato34. Si avverte
32 X. XXXXX, L’uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, 4 ed., Roma-Bari, 2002, p. 97 ss.
33 Al riguardo si v. E.J. LEED, Class and Disillusionment in World War I, in 50 J. Modern History (1978), p. 67 ss.
34 X. XXXXXXXX, Arte e vita nel diritto civile, in Riv. Dir. civ, 1931, ora in Studi giuridici, II, Milano, 1960, p. 410, il quale nella descrizione del contesto politico ormai lontanissimo per
insoddisfazione verso l’efficacia assoluta della volontà individuale, affermata nel codice del 1865 che, come visto, non regolava il consenso35 e anche verso quei vizi del consenso oramai non al passo dei tempi. Il contratto inteso come accordo di volontà, infatti, presuppone che le parti siano in posizione di eguaglianza, mentre in realtà possono contrarre una parte forte e una debole. I procedimenti di formazione iniziano, quindi, ad esser concepiti come mezzi attraverso cui assicurare la giustizia nelle contrattazioni.
L’opera di ricodificazione, attuatasi negli anni del regime, ha comportato in origine l’inclusione nel codice del ’42 di alcune norme specificamente fasciste (ad esempio, l’art. 811, che sottoponeva i beni alla disciplina dell’ordinamento corporativo, in relazione alla loro funzione economica e alle esigenze della produzione nazionale; l’art. 1175, nel punto in cui correlava il concetto di correttezza ai principi della solidarietà corporativa). Tuttavia le ‘incrostazioni’ più espressive dell’ideologia del ventennio sono state prontamente rimosse, attraverso le modifiche apportate nel 1944. La tendenza alla pubblicizzazione degli istituti e l’autoritarismo hanno inciso sui codici di procedura civile36 e penale, ma non hanno condizionato significativamente il codice del ’42 che nella sua essenza non è mai stato fascista37. In esso è stata operata una sorta di pubblicizzazione dell’autonomia privata, ma questa, tuttavia, non ha varcato i limiti di quella socializzazione rispondente alle istanze della società civile dell’epoca. Ciò rende comprensibili le motivazioni per le quali il codice del ’42 non è stato
aspirazioni da quelli della società borghese ottocentesca afferma «interessi che ieri erano guardati prevalentemente privati, e pei quali, in corrispondenza, riguardatasi decisiva la volontà dei singoli, s’impongono prevalentemente come interessi della collettività e dello Stato».
35 X. XXXXX, Istituzioni di diritto civile, 3 ed., Milano, 1914, p. 461 il quale segnala «Ma il diritto civile dei nostri giorni non può arrestarsi a considerare soltanto quei vizi del consenso che da secoli il giurista fece entrare nel proprio dominio. Se il contratto deve essere un accordo di volontà si presuppone che le parti contraenti godano di piena eguaglianza: mentre di fatto il regime economico che è base del nostro ordinamento sociale può ridurre il contratto una violenza di forti contro deboli».
36 Sull’influenza dell’ideologia fascista sugli istituti più importanti del codice di procedura civile, X. XXXXXXXX, Il codice di procedura civile tra gerarchi e processualisti. Riflessioni e documenti nel cinquantennio dell’entrata in vigore, Xxxxxx, 0000.
37 Ritiene neutro il codice del 1942 rispetto all’ideologia fascista, X. XXXXX, Fascismo e diritto: una ricerca sul nulla, in Riv. Trim., 2001, p. 597; sull’argomento si x. X.X. XXXXX, Xxxxxxx Xxxxxxxx o il diritto civile come opera d’arte, Xxxxxx, 0000, spec. p. 65.
esposto a quelle revisioni integrali sollecitate dall’idea di una
defascistizzazione del sistema38.
Il legislatore del ’42 fa tesoro dell’esperienza delle precedenti codificazioni ed anche della loro difficile applicazione e per superare tale empasse si serve delle clausole generali. Nel nuovo codice la parte del contratto non è più la persona, il borghese, ma un centro d’interessi39. Assai significativo è l’atteggiamento nuovo assunto nei confronti dell’autonomia privata: diventa per la prima volta oggetto di valutazione sostanziale da parte dell’ordinamento il contenuto delle regole prodotte dai privati. Non si guarda più soltanto alla liceità, ma se ne giudica anche la meritevolezza con specifico riferimento agli interessi in concreto perseguiti. Inoltre, attraverso la regolamentazione delle trattative si effettua una netta distinzione tra la contrattazione individuale e la contrattazione di massa40. In altri termini, ci si sforza di adeguare il sistema alla realtà storica. I procedimenti formativi, come accennato, assumono una funzione di garanzia della certezza degli scambi nonché, mediante l’adozione della tecnica dell’affidamento,41 di tutela del consenso anche delle parti più deboli. Tuttavia, la posizione dei procedimenti formativi nell’ambito nostro sistema codicistico rimane subordinata rispetto alla causa: il controllo di meritevolezza e di conformità delle regole negoziali ai principi dell’ordinamento ora ispirato ai principi di solidarietà e di eguaglianza42 si realizza mediante l’analisi funzionale degli atti più che mediante la disciplina del loro profilo dinamico.
38 X. XXXXXXXX, Introduzione al Codice civile, 7 ed., Roma-Bari, 2001, p. 37 ss.
39 G.B. FERRI, Parte, I, Parte del negozio giuridico, in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, p. 902 ss.
40 Della quale detta una disciplina specifica e che non aveva precedenti nella legislazione degli altri Stati europei.
41 Così X. XXXXXX, voce Codice civile, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, p. 247 il quale precisa che «in sede di formazione del libro delle obbligazioni e dei contratti, si poneva il problema dell’autonomia privata e dei suoi limiti».
42 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, pp. 77 ss., 176 ss.
5. L’adozione della tecnica dell’affidamento43 costituisce una delle innovazioni più significative del codice del 194244 in tema di formazione del contratto, poiché sottrae al contraente forte il dominio della contrattazione. Per comprendere l’importanza di questo principio occorre soffermarsi sugli artt. 1335 e 1428 c.c.
L’art. 1335 c.c. introduce una presunzione di conoscenza: la dichiarazione è conosciuta dal destinatario nel momento in cui giunge all’indirizzo, salvo se il destinatario prova di essersi trovato nell’impossibilità di conoscerla. Il criterio sotteso non è quello della conoscenza soggettiva bensì quello oggettivo della conoscibilità45 (la stessa prova contraria è riferita non alla mancata conoscenza soggettiva, ma all’impossibilità di conoscere ovvero la non conoscibilità).
L’art. 1428 c.c. prevede l’annullabilità per errore soltanto se questo è essenziale e riconoscibile. L’errore deve essere palese, e la sua apparenza
«deve essere tale che possa essere rilevata da una persona di normale diligenza e senza richiedere indagini maggiori di quelle che tale persona suole fare per individuare la volontà dell’altra parte»46. Il contratto, quindi, anche in presenza di una volontà viziata (o in assenza di volontà come nel caso di errore nella trasmissione) è valido se il destinatario della dichiarazione ha fatto legittimo affidamento su di essa47.
Queste due regole, come è agevole intuire, introducono dei parametri di giudizio oggettivi in ordine all’efficacia delle dichiarazioni. In questo rinnovato quadro, insigni studiosi hanno ravvisato il tramonto del consenso
43 X. XXXXX, Affidamento, in Enc. dir., I, Milano, 1958, p. 661 ss. La giurisprudenza tedesca ha nel dopoguerra ampiamente utilizzato, per far fronte alle esigenze di eguaglianza dei contraenti, il principio dell’affidamento e applicato l’istituto dell’apparenza. Ciò perché se il dominio della volontà non comportava vincoli e favoriva il contraente forte, l’oggettività e la certezza proteggono il più debole.
44 Nel discorrere di affidamento e di apparenza in senso tecnico X. XXXXXX, Voci di teoria generale del diritto, 3 ed., Xxxxxx, x.x, x. 000 xx. xxxxxxx: «la dichiarazione non è indice di realtà e quindi non può ad essa farsi richiamo per giustificare il convincimento della esistenza della volontà che ne dovrebbe rappresentare il contenuto».
45 X. XXXXXXXXXXX, La dichiarazione recettizia, Milano, 1959, p. 303 ss.
46 Rel. Re, n. 119.
47 X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, in Tratt. dir. Civ. diretto da Xxxxxxxx, XX, 0, 0 xx., Xxxxxx, , 0000, p. 415.
effettivo: chi in ragione di una delineata oggettivazione dello scambio la quale
«sposterebbe l’asse della teoria del contratto dal momento volitivo al momento causale»,48 chi in favore della dichiarazione49, chi in favore della percezione di questa50. Secondo quest’ultimo autorevole orientamento sarebbe la percepibilità della dichiarazione a fondare l’accordo senza che il consenso effettivo giochi un ruolo,51 e ciò perché l’affidamento non fa riferimento alla volontà del promittente, ma a come il destinatario percepisce la dichiarazione di quest’ultimo52.
Una acuta dottrina sottolinea, tuttavia, come questo non sembri corrispondere al reale disegno codicistico, poiché «una cosa è la giustificazione della vincolatività, altra cosa è la valutazione normativa della corrispondenza tra voluto, dichiarato e percepito»53. Pertanto, «la tutela dell’affidamento fa retrocedere la volontà ed il consenso effettivo da dati ‘materiali’ causativi a criteri (sia pure non esclusivi) di legittimazione della medesima. Ma questo non ne cancella affatto la rilevanza»54. Il dato della percepibilità in senso oggettivo è significativo ai fini dell’esistenza del consenso, ma indubitabilmente ciò che deve essere percepibile non è una semplice dichiarazione, bensì una dichiarazione che oggettivamente esprime la volontà del dichiarante. In questa prospettiva, quindi, non va discussa la volontà degli effetti,55 ma piuttosto l’effettività del consenso quando gli effetti voluti non
48 X. XXXXXXX, Negozio giuridico,II, Diritto privato: a) premesse problematiche e dottrine generali, in Enc. Dir., XXVII, Milano, 1977, p. 941.
49 C.M. XXXXXX, Diritto civile, III, Il contratto, 2 Ed., Milano, 2000, p. 20 ss.
50 X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. Xxxxxxxx, cit., p. 168 e 370.
51 X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. Xxxxxxxx, cit., p. 168 e 370; X. XXXXX, Il dogma del “consenso” o “accordo” e la formazione del contratto di mandato gratuito nel diritto continentale, in Riv. dir. civ., I, 1956, p. 923 ss.
52 X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. Xxxxxxxx, cit., p. 168 e 370.
53 R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso,Napoli, 2003, p. 61.
54 R. DI XXXXX,o.l.u.c.
55 Secondo X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. Xxxxxxxx, cit., p. 168 e 370, invece,
«chi accetta una proposta senza averla letta, agisce iure, e si vincola» pertanto «’la volontà degli effetti’ non è dunque un elemento necessario del contratto». Di opinione difforme, X. XX XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso,cit., p. 63, il quale afferma «E’ tuttavia assai difficile immaginare che qualcuno proponga o accetti una proposta senza avere una, sia pure superficiale o parziale, idea degli effetti del contratto che si appresta a concludere: quando ciò avvenisse ci si troverebbe probabilmente dinanzi ad una ipotesi di incapacità naturale. Normalmente avviene che si concludano contratti senza leggerne il testo
corrispondono a quelli prodotti. In altri termini, non si pone un problema di esistenza di una volontà negoziale, ma semmai di piena consapevolezza riguardo la consistenza degli effetti. Dunque, l’efficacia della dichiarazione segue l’accertamento della volontà quale fondamento legittimante dell’atto di autonomia56, e non l’accertamento della volontà intesa come causa diretta della produzione di ogni effetto.
Assodato il fondamento consensuale delle regole negoziali, come testimoniano gli artt. 1362 c.c. ss., il giudizio normativo in ordine alla loro concreta efficacia non si basa sulla sola volontarietà degli effetti, ma risulta dal bilanciamento degli interessi dei contraenti.
In definitiva, nel codice civile del 1942 il consenso fondato sulla volontà resta il fondamento dell’autonomia privata, ma differentemente dal codice del 1865 modellato sulla disciplina del Code Napoléon, con la tutela dell’affidamento si è spostata l’attenzione dalla mera esistenza formale all’effettività del consenso57, quale criterio di legittimità delle regole private.
Ancor più si comprende quanto sin qui affermato se si considera il concetto di parte che segna una mutazione fortemente rilevante rispetto ai codici liberali ove, come si è visto, si discorreva esclusivamente di persona libera di dettare le proprie regole. La parte58 è strumentale al riferimento (alle
semplicemente perché la volontà si forma sinteticamente su una percezione ‘sociale’ o personale dell’affare (…)».
56 Come sostiene X. XX XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso,cit., p. 64, «il sistema, stabilisce, volta per volta in quale misura essa si possa considerare sufficiente (…) tenendo conto della varietà di manifestazioni dell’esercizio del potere privato di autoregolamentazione, della varietà dei contesti nei quali esso si esplica, della specificità degli interessi regolati».
57 R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso, cit., p. 66 ss il quale evidenzia anche come l’iter della formazione del consenso è, rispetto alle codificazioni precedenti, più articolato: dichiarazione, ricezione e consenso e non più dichiarazione,e consenso.
58 Si v. la Relazione al codice, n. 605, in X. XXXXXX E X. XXXXXX, Il nuovo Codice civile codice civile commentato. Libro IV, I, p. 135: «il codice del civile del 1865 (…) accenna a ‘più persone’ in sinonimia ‘con più parti’» invece «la definizione del contratto data dall’art. 1321 tiene conto della possibilità che ad esso partecipino non soltanto due o più persone ma due o più parti; vale a dire che il concetto possa riferirsi a due o più centri di interessi». Rivendica espressamente la paternità della locuzione, X.XXXXXXXX, Il contratto in genere, in Tratt. Di dir. civ. e comm. Cicu Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1973, p. 100 s., il quale sostiene che
«‘parte’ è il centro (o nucleo), al quale si riporta l’interesse di ciascun paciscente (costituendo, appunto, un ‘centro di interessi); e poiché, nel contratto, sono due di regola i paciscenti (parti), due, almeno, sono i ‘centri di interesse’». Più di recente, X. XXXXXXXX e G.
persone) dei regolamenti e delle situazioni soggettive prodotte dell’autonomia privata. Rileva la distinzione tra soggetto e situazione giuridica e la distinzione tra l’imputazione della situazione giuridica al soggetto cioè la titolarità (la quale si verifica all’esterno della situazione medesima), e l’imputazione alle situazioni degli effetti costitutivi modificativi estintivi, quindi tra titolarità e legittimazione.
Ne consegue, alla luce del concetto di parte, che il consenso ascrivibile solo ai soggetti diviene uno dei criteri di riferibilità dei regolamenti59. Esso, infatti, è criterio di valutazione dell’esercizio in concreto del potere di produzione e non è, invece, unico criterio ai fini dell’imputazione.
Dunque, non vi è sempre coincidenza tra soggetto (o soggetti) cui va imputata o riferita la fattispecie e soggetto (o soggetti) cui si imputa o si riferisce il corrispondente regolamento di interessi. Talvolta la fattispecie e il regolamento si riallacciano a soggetti fisicamente distinti; sì che la dualità dei ruoli risulta percepibile anche nella sfera della realtà materiale60. Si deve distinguere nella consueta ma polivalente nozione di parte, la nozione di parte della fattispecie da quella di parte del regolamento di interessi.
L’accordo o consenso, pertanto, costituisce non già l’essenza della figura contrattuale, come reminiscenze giusnaturalistiche indurrebbero ad affermare, bensì il meccanismo in presenza del quale il diritto opera il riferimento dell’assetto d’interessi ad una pluralità di parti.
XXXXXXXXXX, L’autonomia negoziale e il concetto di parte nella dottrina e nella giurisprudenza, Xxxxxx, 0000.
59 X. XXXXXX, Il contratto con sé stesso, Camerino-Napoli, 1992, p. 72 ss., il quale individua la
«bilateralità» che connota il contratto non nel procedimento né nella fattispecie ma facendo capo all’assetto di interessi.
60 In tema di rappresentanza c.d. diretta la fattispecie negoziale e il regolamento di interessi non si appuntano sullo stesso soggetto ma si fissano su soggetti distinti: la fattispecie sul procurator, il regolamento di interessi sul dominus. Con la rilevante conseguenza che quest’ultimo non può essere, per così dire, degradato a mero destinatario degli effetti dell’atto compiuto dal cooperatore, dovendoglisi invece riconoscere la posizione di gran lunga più pregnante di termine di riferimento dell’assetto di interessi programmato quantunque non abbia assunto il ruolo di termine soggettivo della fattispecie.
6. L’attuale momento storico è caratterizzato dal progressivo avanzamento dell’integrazione europea che ha comportato una rivoluzione nel sistema delle fonti, dando luogo ad un sistema italo-comunitario61. Come è attestato da un’ampia letteratura sull’argomento, oggi ci si trova di fronte ad un sistema profondamente mutato sia da un punto di vista economico-sociale che normativo62.
Si discorre di crisi della legge e del concetto di sovranità sul quale si fondava l’idea di Stato moderno. L’antico dogma della statualità del diritto, secondo cui «all’intangibilità fisica dei confini corrisponde l’esclusività dell’ordinamento giuridico»63 si è nel tempo presente spezzato. I fattori primari della produzione e dello scambio, quali il lavoro e le merci, il denaro, la tecnologia, attraversano con crescente facilità i confini nazionali; lo stato- nazione ha sempre meno potere per regolare questi flussi, per imporre la sua autorità sull’economia64. E così che l’effetto esautorante della globalizzazione dei mercati agisce ridimensionando la sovranità dello Stato, svuotandolo dei suoi poteri65. Dinanzi alla crisi della statualità ed ad una sovranità che non è più quella di un tempo, un’insigne dottrina ribadisce che «occorre trovare xxxx
61 Espressione autorevolmente coniata da X. XXXXXXXXXXX, Diritto comunitario e legalità costituzionale. Per un sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 1992. Sull’impatto delle fonti di matrice comunitaria sulla disciplina dei contratti e sulla nostra cultura giuridica si v., tra molti, i lavori monografici di X. XXXXXXXXXX, Diritto Comunitario e trasformazioni del contratto, Napoli, 2003; X. XXXXXXXXX, Diritto dei contratti e sensibilità dell’interprete, Xxxxxx, 0000.
62 X. XXXXXXXXXXX, Nuovi profili del contratto, in ID., Il diritto dei contratti fra persona e mercato. Problemi del diritto civile, Napoli, 2003, p. 417 ss.
63 X. XXXX, Xxxxx e Xxxxxx. Problemi di geo-diritto, Bari, 2001, p. 5.
64 X. XXXXX X. XXXXX, Impero, Milano, 2001, p. 13, secondo i quali «anche i più potenti tra gli stati-nazione non possono essere più considerati come le supreme autorità sovrane non solo all’esterno ma neppure all’interno dei propri confini».
00 X.X. XXXXXXXXX, Xx istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società trasnazionale, Bologna, 2000, p. 7ss., rileva che la ‘globalizzazione’ costituisce un processo di trasferimento di poteri dagli stati ai mercati (così anche X. XXXXXXX, Chi governa l’economia mondiale?, Bologna, 1998, p. 57, per il quale il fenomeno in esame può essere descritto come ‘un passaggio di consegne’ di poteri dallo Stato ai mercati) che produce significativi effetti ‘dirompenti’ in quella parte del mondo saldamente organizzata intorno al baricentro statale ed alle sue logiche centralizzatrici. Sotto questo profilo, la ‘globalizzazione’ non può essere intesa come una vicenda ‘interna’ del capitalismo, in grado di modificare l’assetto e le relazioni economiche, bensì rappresenta di questi ultimi la loro incidenza nella sfera ‘istituzionale’ e della ‘giuridicità’. La tendenziale pervasività del fenomeno ne scoraggia definizioni generalizzanti, ed impone di saggiarne la reale portata nei diversi settori della conoscenza.
di mediazione politica – non soltanto economica – per governare l’economia, il quesito da scegliere è: il giurista è espressione del potere dell’economia e del primato della politica?». Problema decisivo è: «Chi regolamenta il mercato internazionale?66». La mondializzazione dei mercati ha operato una grande trasformazione del diritto: non solo la formazione di quel diritto uniforme, spontaneo e globalizzato che si sovrappone al diritto degli Stati, ossia la cosiddetta lex mercatoria67; non solo il fatto che «vari ordinamenti statuali manifestano la sempre più pronunciata attitudine, in passato neppure pensabile, a proporsi fuori dai confini nazionali quali modelli per uno shopping del diritto, ed ai cittadini di uno Stato è dato scegliere, per la regolazione dei loro rapporti contrattuali, il diritto di uno Stato terzo»68; ma soprattutto si sono prodotti effetti devastanti nel momento in cui «lo stesso diritto statuale si trasforma al suo interno per adeguarsi alla globalizzazione della odierna società, ed il contratto, che ha valenza universale, è chiamato a prendere il posto prima occupato dalla legge, la cui autorità si arresta ai confini dello Stato, perdendo l’antica capacità regolatrice della società»69. In questo processo di globalizzazione dell’economia e della società, alla crisi della legislazione ha corrisposto un trionfo del diritto contrattuale. Si ravvisa il
66 X. XXXXXXXXXXX, I mobili confini dell’autonomia privata, in ID., Il diritto dei contratti fra persona e mercato. Problemi del diritto civile, Napoli, 2003, p. 19 ss.
67 X.XXXXXXX, Lex mercatoria, Bologna, 1993, p. 215.
68 X.XXXXXXX, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005, p. 34; X. XXXXXXXX, La scelta della legge applicabile al contratto, Napoli, 2003, p. 20 ss., secondo cui il fenomeno relativo al potere di designazione autonoma della legge applicabile al contratto si presenta come un istituto ‘bifronte’ incline a favorire da un lato il cd. law shopping, e dall’altro, viceversa, si configura quale strumento in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze di certezza del diritto rilevate nel commercio internazionale sì da favorire l’elaborazione di discipline uniformi e non soltanto ove consenta alle parti contrattuali di determinare lo specifico ordinamento ‘nazionale’ bensì anche là dove si diriga verso l’applicabilità di regole di formazione ‘non statuale’.
69 X.XXXXXXX, Può esistere oggi la linea culturale di una rivista?, in Contratto e impresa, 2002, p. 453; Suggestiva è l’analisi recente di X. XXXXXXX, La cultura del diritto nell’epoca della globalizzazione. L’emergere delle Costituzioni civili, Roma, 2005, il quale evidenzia come a questa “rivoluzione” del diritto globale si accompagni una riconsiderazione delle tradizionali fonti del diritto. A una relativa svalutazione del diritto politico-legislativo corrisponde una simultanea rivalutazione dei diritti plurali-societari come risultato dei conflitti intra-societari e del diritto giurisprudenziale quale antenna sensibile per le normatività societarie. La globalizzazione sfida il sistema del diritto e richiede alle costituzioni civili di porsi il problema delle “esternalità istituzionali”, ossia dei “danni ambientali” non solo individuali provocati dai processi di autonomizzazione.
raggiungimento di «uno stadio mai realizzato prima» nella «transizione from status to contract», poiché il contratto è lo strumento che esprimerebbe «al meglio anche l’adesione ad una ratio economica» e, ad esempio, la funzione delle grandi law firms trasnazionali non sarebbe «tanto quella di interpretare un diritto considerato prescrittivo, quanto quella di contribuire a creare e ad adattare nuovi strumenti giuridici rispetto alle possibilità ed ai bisogni dello scambio»70. Oggi, infatti, «se continuassimo a concepire il contratto come mera applicazione del diritto, e non come fonte di diritto nuovo, ci precluderemmo la possibilità di comprendere in qual modo muta il diritto del nostro tempo»71.
Il contratto, quindi, quale strumento cardine della società globalizzata è da intendersi non soltanto come libertà riconosciuta di autodeterminazione ma pure come regola72, strumento diretto a disciplinare anche futuri rapporti; la funzione regolatrice del contratto può cogliersi tanto nei rapporti interni tanto in quelli esterni73 a coloro i quali hanno concorso a stabilire la regola. La regola privata, regola oggettiva, manifesta l’attitudine a disciplinare esaustivamente interi settori dell’esperienza socio-economica atteggiandosi, in tal modo, a strumento per il perseguimento di interessi non solo di parte74.
Questo nuovo e complesso quadro impone di considerare l’autonomia privata «non tanto nel suo pure indiscutibile atteggiarsi a manifestazione di libertà, sibbene nel suo essere manifestazione di ‘potere’, e più precisamente del potere anche dei privati di creare, in concorso con altre fonti, regole oggettive di condotta, o, se si preferisce regole (norme) giuridiche»75. Occorre,
00 X.X. XXXXXXXXX, Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, Bologna, 2002, p. 82 ss.
71 X. XXXXXXX, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005, p. 93.
72 X. XXXXXXXXX, Diritto dei contratti e sensibilità dell’interprete, cit., p. 11
73 X. XXXXXXXXX, L’autodisciplina. Autonomia privata e sistema delle fonti, Napoli, 2000, p. 50.
74 X.XXXXXXX, La globalizzazione nello specchio del diritto, cit., p. 99, il quale evidenzia che il «contratto era, nella sua concezione classica, lo strumento per comporre interessi particolari» oggi si «spinge fino a sostituirsi ai pubblici poteri nella protezione di interessi generali».
75 X. XXXXXXXXX, L’autodisciplina. Autonomia privata e sistema della fonti, Napoli, 2000. Una riconsiderazione della regola negoziale come norma oggettiva, incardinata nel quadro della normazione statale che la riconosce, determinandone la competenza, si trova, come noto, in X. XXXXX, L’autonomia privata, Milano, 1959, p. 6, nonché p. 41 ss., 247 ss.; XXXXX XXXXXX, Frammenti di un dizionario giuridico, voce ‘Autonomia’, Milano, 1983, rist., p.
dunque, guardare all’autonomia privata come fonte del diritto oggettivo non più ristretta entro i tradizionali limiti del diritto soggettivo76. In tale direzione, peraltro, spinge anche il novellato art. 118 cost. nel quale si discorre di sussidiarietà dell’autonomia negoziale77.
Il superamento della concezione dell’autonomia privata quale fenomeno essenzialmente sociale e la conseguente esaltazione della sua valenza normativa implica la valutazione delle regole prodotte dai privati, che del sistema normativo entrano a far parte, secondo i parametri della legalità e della legittimità78. Alla stregua di questi parametri devono poter esser lette, quali regole d’esercizio del relativo potere normativo79, le regole di cui agli artt. 1326 e ss. del c.c. nonché tutte le altre regole codicistiche e quelle portate dalla normativa comunitaria inerenti alla formazione dei contratti80.
I procedimenti formativi acquistano nella normativa comunitaria e nei progetti di codificazione xxxxxxx00 una posizione assolutamente centrale. Il legislatore comunitario è intervenuto fortemente sulla disciplina dei contratti ponendo un’accurata regolamentazione del procedimento formativo del contratto, sancendo oneri e obblighi assai rigorosi in ordine alla forma e al contenuto degli atti formativi. E’ attraverso di essi che si persegue l’obiettivo
27; X. XXXXXXXX D’ENTREVES, Il negozio giuridico – Saggio di filosofia del diritto, Torino, 1934, p. 14 ss.; X. XXXXXXXXX, Sistema delle fonti normative, 3° ed., rist., Milano, 1973, p. 98 ss.; SALV. ROMANO, Autonomia privata, in Riv. trim. dir. pubbl., 1956, p. 811, 815 ss, 853 ss, 875 ss. Tali concezioni si intersecano con le elaborazioni della dottrina tedesca, in relazione alla quale si vedano, per tutti, X. XXXXX, Prologomena einer Teorie des rechtlichen Stufenbaues, in Gesellschaft, Staat und Recht, Untersunchungen zur reinen Rechtslehere, herausegeben von X. Xxxxxxxx, Wien, 1931, p. 264; X. XXXXXX, Die Privatautonomie im Aufbau Rechtsquellen, Berlino, 1935, p. 45 ss, 67 ss., 127 ss.
76 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto privato europeo, in ID., Il diritto dei contratti fra persona e mercato. Problemi del diritto civile, Napoli, 2003, p. 495 il quale afferma che appare possibile «superare dal punto di vista concettuale la distinzione tra l’interpretazione del contratto e l’interpretazione della legge» là dove, appunto, la «ricostruzione di un fatto non è più un procedimento di ricostruzione della volontà ma ha rilevanza normativa secondo l’ordinamento giuridico di riferimento».
77 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto privato europeo, cit., p. 493.
78 V. ampiamente cap. II.
79 X. XXXXXXXXXXX, Valori normativi e loro gerarchia. Una precisazione dovuta a Xxxxxxxx Xxxx, in Rass. dir. civ., 1999, p. 809 ss.
80 Così, R. DI XXXXX, Linee evolutive dei procedimenti di formazione dei contratti (dal codice civile alla legislazione comunitaria), in Il Diritto dei consumi, I, (a cura di) X. Xxxxxxxxxxx e X. Xxxxxxxx, Napoli, 2004, p. 121.
81 Dei quali con i Principi Unidroit ci si occuperà nel Cap. IV.
di tutela dei contraenti xxxxxx e si cerca di attuare il controllo della meritevolezza delle contrattazioni. Anche l’equilibrio tra le prestazioni si valuta attraverso un giudizio sulla buona fede nella fase di formazione dei contratti. Declina l’elemento causale: di là dal controllo a priori operato attraverso i procedimenti, oggetto di valutazione a posteriori non è più la causa ma la ragione delle singole attribuzioni nelle quali ciascuna operazione si compone82. La disciplina dei procedimenti formativi posta dal legislatore comunitario appare predisposta non più alla tutela della certezza della circolazione ma, alla tutela del valore d’uso dei beni acquistati dai consumatori83. Esso, tuttavia, non è da intendersi secondo un’accezione ottocentesca come conservazione dei diritti sui beni, ma come acquisizione di utilità. Ciò che rileva, infatti, non è l’acquisto in sé ma la fruizione di un’utilità da parte del consumatore84. Dinanzi a questo nuovo sistema ove marcate sono le diversità sul piano valoriale rispetto al nostro codice e che, ai fini di una sua corretta ricostruzione ed interpretazione, esige cautela nell’utilizzo di categorie proprie del sistema precedente, è necessario chiedersi come si possa conciliare la disciplina di cui agli artt. 1326 c.c. e ss. con quella recata dalla normativa comunitaria. E ciò anche a fronte della tendenza manifestata da non pochi studiosi85 e dallo stesso legislatore in sede di recepimento di alcune direttive86
82 X. XXXXXX, Per una disciplina uniforme dell’attribuzione patrimoniale, in AA. VV., Fonti e tecniche legislative per un diritto contrattuale europeo, a cura di X. Xxxxxxxxxxx x X. Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000. Il declino della causa trova già origine nelle parole di X. XXXXX, Il contratto, Milano, I, 1965, p. 63, secondo il quale «di ogni possibile promessa (…) non resta, come requisito, che il puro consenso effettivo di obbligarsi giuridicamente». Di morte della causa parla anche U. BRECCIA, Morte e resurrezione della causa: rimedi, Atti del convegno “Il contratto e le tutele: prospettive di diritto europeo» (tenutosi il 31 maggio – 1° giugno 2001 presso l’Università di Roma Tre), p. 2 ss.
83 R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso,cit., p. 34 ss
84 X. XXXXXX, Difetto di conformità e tutele sinalgmatiche, in Riv. dir.civ, 2001, I, p. 863 ss. 85 In questa direzione autorevole è l’opinione di X.XXXX, Disumanizzazione del contratto?, in Xxx. xxx. xxx., 0000, X, x. 000; si v. anche X. Xxxxx, Lo «ius poenitendi», tra tutela del consumatore e razionalità del mercato, in Riv. Crit. dir. priv., 2001.
86 All’art. 13 del d.lgs 9 aprile 2003, n. 70 di attuazione della direttiva n. 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno, ora trasfuso nel Codice del Consumo, si legge che «Le norme sulla conclusione dei contratti si applicano anche nei casi in cui il destinatario di un bene e servizio della società dell’informazione inoltri il proprio ordine per via telematica». A riguardo si v. le considerazioni di X. XXXXXXX E X. XXXXX, Restano dubbi sulla conclusione del negozio, in Guida al diritto, 2003, n. 20, spec. p. 42.
a far salvo soprattutto lo schema codicistico fondato sullo scambio delle dichiarazioni.
CAPITOLO II
Legalità e legittimità della disciplina dei procedimenti formativi nel sistema italo - comunitario.
SOMMARIO: 1. Affermazione del principio di legalità a seguito delle ideologie connesse alla Rivoluzione francese. Principio di legalità nel codice civile e nella Costituzione. Legittimità. Bilanciamento di valori. 2. Normatività dei contratti e procedimenti di formazione quali forme legittimanti la vincolatività. Legalità e legittimità dei procedimenti formativi. 3. La legalità e la democraticità delle regole private. Le trattative e la conclusione in senso stretto.
4. Efficacia degli atti formativi: vincolatività, stabilità ed imputazione degli effetti; l’accordo come prodotto della coesistenza di proposta e accettazione. Recettizietà degli atti formativi: conoscenza e tutela della certezza statica del diritto; conoscibilità e tutela della certezza dinamica del diritto; oggettività delle dichiarazioni e tutela del consenso. Natura formale del controllo di legalità. 5. Legittimità delle regole. Controllo a posteriori dell’effettività del consenso. Disciplina dell’errore e clausola generale di buona fede dell’art. 1337 c.c. 6. Artt. 1341 e 1342 c.c.: contrattazione di xxxxx e assenza delle trattative. Carattere formale dei criteri di valutazione. Legittimità e procedimento. 7. Normativa comunitaria e procedimentalizzazione del consenso. Confronto con il 1341 c.c. La debolezza contrattuale come elemento comune ma maggiore incisività delle soluzioni comunitarie. Oneri sia formali che sostanziali, nella disciplina comunitaria, per l’effettività del consenso. 8. Legittimità e buona fede nella normativa comunitaria. Rilievo dei rimedi: jus poenitendi e inefficacia relativa. Dal giudizio sui contratti a quello degli atti di attribuzione. 9. Il ruolo della clausola generale di buona fede nella formazione del contratto. 10. Segue. La portata dell’art. 1337 c.c.
11. Segue. Il giudizio di responsabilità e di validità. 12. Segue. Violazione della correttezza e rilevanza sul regolamento degli interessi. 13 Ipotesi di interferenza tra regole di comportamento e regole di validità. 14. Scambi senza accordo. Crisi del consensualismo. Potere di iniziativa privata.
1. I criteri di giudizio dei procedimenti formativi si basano sui principi di legalità e legittimità, due concetti che occorre in questa sede analizzare allo scopo di rilevare che quello strumento di produzione di regole oggettive che è l’autonomia privata non deve essere inteso soltanto come fedeltà ai meccanismi formativi, ma anche come esplicazione dei valori e dei principi alla base del nostro ordinamento.
Il principio di legalità è «un’espressione tecnica del linguaggio giuridico, in base alla quale si designa la subordinazione dei poteri pubblici alla legge e si inferisce l’invalidità di ogni atto imperativo che alla legge non
sia conforme»87. Con riferimento a detto principio occorre innanzitutto soffermarsi su un primo fondamentale postulato contenuto nella Costituzione: il giudice è autonomo rispetto al potere esecutivo ma nello stesso tempo è sottoposto alla legge medesima (art. 101 Cost.). Storicamente si deve alla Rivoluzione francese la prima affermazione di questo principio da cui conseguì la codificazione non più suppletiva, ma imperativa, ossia posta a garanzia del legislatore nei confronti della libertà dell’interprete. Il principio di legalità si coniuga strettamente con la certezza del diritto, la sicurezza del traffico, la stabilità del diritto, l’ordine e, come rileva un insigne dottrina, esprime «quale norma di salvaguardia l’esigenza del rispetto del diritto positivo»88.
Il principio di legalità appena esplicitato non necessariamente svolge una funzione di conservazione, anzi esso quando è portatore di contenuti innovativi svolge una funzione riformatrice o anche rivoluzionaria, comunque di garanzia per la realizzazione di un ordine giuridico più moderno89. Ne consegue che il principio di legalità non può essere rappresentato senza aggettivi, in modo neutrale: esso è collegato ai valori dell’ordinamento e va valutato secondo un giudizio di congruità e di adeguatezza alle scelte di fondo dell’ordinamento giuridico. E se nella Rivoluzione francese esso si relazionava ai valori della libertà, della fratellanza e dell’eguaglianza formale, nel nostro ordinamento riveste una connotazione prettamente sociale, caratteristica di uno Stato che pone a suo fondamento un impegno di intervento, programmazione e controllo in campo economico e sociale90. Esempi ne sono gli artt. 1, 2, 3 co. 2 e 41 co. 3 Cost. che attribuiscono al principio di legalità un nuovo significato rispetto a quello tradizionale: le situazioni soggettive assumono nuovi contenuti e il principio di eguaglianza di fronte alla legge si trasforma in eguaglianza sostanziale. Il codice civile ispirato al principio di giustizia retributiva basata sullo scambio è mitigato dalla giustizia distributiva presente nella Costituzione, la quale «si propone, con la partecipazione e con il
87 P.P. PORTINARO, Legalità (principio di), in Enc. sc. soc., V, Treccani, Roma, 1996, p. 216.
88 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo- comunitario delle fonti, Napoli, 2006, p. 235.
89 X. XXXXXXXXXXX, Profili istituzionali del diritto civile, 2° ed., Napoli, p. 94.
90 X. XXXXXXXXXXX, o.u.c., p. 99.
contributo del cittadino alla vita economica, politica e sociale del paese, l’attuazione di equi rapporti sociali, l’effettivo rispetto della persona, della sua dignità (artt. 2. 3, 36 co. 1, 38, 41 co.1 e 2, 44 co. 1, 53 Cost)»91.
La giustificazione della norma, tuttavia, non si esaurisce nella legalità, quindi nella sua formale validità dovuta alla sola osservanza delle procedure di produzione, ma «si determina nel rispetto dei vincoli anche sostanziali derivanti da norme gerarchicamente superiori, dei valori normativi di rilevanza sovraordinata fondatori dell’ordinamento dello Stato»92. Ed è in questo contesto valoriale che assume un’importanza fondamentale la legittimità, la quale attiene al valore della scelta politica compiuto dall’ordinamento e come tale non può non comportare conflitti sociali.
Il conflitto sui valori non può essere risolto, hobbesianamente, sul timore della disobbedienza civile e della rivolta politica. Ciò vorrebbe dire identificare la legittimità nella legalità. Ma nel conflitto occorre individuare le relazioni di preferenza e di compatibilità per misurare la meritevolezza delle attività dei poteri, pubblici e privati, e quindi l’effettivo grado di soddisfazione degli imperativi contenuti nei principi costituzionali93.
Pertanto il principio di legittimità, nell’esercizio del potere dei privati, non può non tradursi nella ponderazione di tutti gli interessi coinvolti nella fattispecie e nella regolamentazione degli interessi in funzione dei valori dell’ordinamento racchiusi nei principi costituzionali sciogliendone la loro naturale assolutezza. L’attuazione dei valori dell’ordinamento non implica la negazione di un ordine di preferenza tra i principi fondamentali racchiusi nella Costituzione, come affermato da un’autorevole dottrina che discorre di “diritto mite”94, poiché ciò comporterebbe un bilanciamento senza gerarchia che
91 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo- comunitario delle fonti, cit., p. 238.
92 X. XXXXXXXXXXX, Valori normativi e loro gerarchia. Una precisazione dovuta a Xxxxxxxx Xxxx,in Rass. dir. civ., 1999, p. 809.
93 X. XXXXXXXXXXX, o.u.c., p. 811-813.
94 G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite, Torino, 1992, p. 170 ss. sostiene che «La pluralità dei principi e dei valori cui rinviano è l’altra ragione di impossibilità di un formalismo dei principi. Essi non si strutturano, di regola, secondo un “gerarchia dei valori”. Se ciò avvenisse, si determinerebbe un’incompatibilità col carattere pluralistico delle società, inconcepibile nelle condizioni costituzionali materiali attuali. In caso di conflitto, il principio
deresponsabilizzerebbe il giudice95. Questi potrebbe cambiare opinione senza alcun onere di motivazione e ridurre il bilanciamento dei valori ad «una mera espressione descrittiva della soluzione che quell’interprete ha dato in quel senso»96. «E’ errato contrapporre gerarchia di valori e bilanciamento»97, che deve tener conto delle relazioni di preferenza e compatibilità che sono governate dal valore della persona98. A tal riguardo giova ricordare che l’autonomia negoziale non assurge a valore in sé: l’atto di autonomia viene valutato positivamente soltanto nella misura in cui è idoneo alla realizzazione dei valori fondamentali dell’ordinamento99, innanzitutto quello della dignità della persona umana. In questa prospettiva, il negozio non può considerarsi limitatamente all’area dei rapporti economici, ma diventa essenzialmente un atto d’iniziativa100. L’autonomia negoziale, ad ogni modo, è il prodotto della ponderazione di tutti gli interessi in gioco101 ed è determinata, nella sua concreta dimensione, in forza di un approccio ermeneutico sistematico, teleologico-assiologico102. L’atto di autonomia, in definitiva, è condizionato della liceità e della meritevolezza103.
più elevato priverebbe di valore tutti i principi inferiori e darebbe luogo a una minacciosa “tirannia del valore” fondamentalmente distruttiva». L’insigne autore afferma, inoltre, che
«La pluralità dei principi e l’assenza di una gerarchia formalmente determinata comporta che non vi possa essere una scienza della loro composizione ma una prudenza nel loro bilanciamento».
95 X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, Realtà sociale e ordinamento giuridico, in X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Manuale di diritto civile, in X. Xxxxxxxxxxx, Manuale di diritto civile, Napoli, 2000, p. 15.
96 X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, o.l.u.c..
97 X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, o.u.c., p. 16.
98 X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, o.l.u.c., affermano che «Nel vigente ordinamento giuridico il fondamento della ragionevolezza, l’idea universale, è il valore della persona, tutelata da un principio corrispondente (2 cost.)».
99 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, p. 138 ss.
100 X. XXXXXXXXXXX, o.u.c., p. 139.
101 X. XXXXXXXX, Autonomia negoziale e discrezionalità amministrativa, Gli "accordi tra privati e pubbliche amministrazioni", Napoli, 1999, p. 127.
102 X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, Metodo giuridico e interpretazione, in X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Manuale di diritto civile, Napoli, 2000, p. 94 ss.
103 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 146 ss.; X. XXXXXXXX,
Autonomia negoziale e discrezionalità amministrativa, cit., p. 210 ss, afferma che è il
«principio della causalità negoziale che àncora la configurabilità del paradigma negoziale alla presenza di una causa lecita e meritevole di tutela».
2. Nel sistema codicistico gli artt. 1326 ss. e 1341 s. trovano un punto di convergenza effettuale nell’art. 1372 ove è sancita la forza di legge del contratto104. Detta norma descrive, per il carattere enfatico della sua formulazione, il grado di cogenza e di irresolubilità che il legislatore del 1942, alla stessa stregua di quello francese, ha inteso assicurare alle regole contrattuali nei confronti delle parti. La forza di legge del contratto esprime il carattere essenziale dei fenomeni di autoregolamentazione privata e rileva significativamente nell’ampia materia della formazione dei contratti, in quanto sul piano sostanziale si discorre di procedimenti attraverso i quali l’autonomia privata «crea diritto»105, dunque di procedimenti a carattere normativo che legittimano la stessa vincolatività.
La valorizzazione della funzione regolamentare di tutti i contratti fa comprendere, come già osservato, che non è più tempo di considerare l’autonomia privata quale fenomeno normativo residuale e particolaristico. E ciò soprattutto alla luce del nuovo orizzonte interpretativo dell’art. 118 cost., secondo cui «l’attività dei privati è intesa come attività di regolamentazione in termini di sussidiarietà»106.
In ragione della normatività dei fenomeni di autoregolamentazione è necessario, come precedentemente detto, leggere le disposizioni codicistiche e comunitarie relative alla formazione dei contratti, secondo i parametri della legalità e della legittimità107 attraverso cui si valutano tutte le regole che compongono il sistema normativo.
La legalità che, come rilevato, esprime la coerenza formale della regola con l’ordinamento rappresenta la legittimazione del potere normativo sul piano
104 Per un’ampia lettura della norma si v. G. DE NOVA, Il contratto ha forza di legge, Milano, 1993, p. 8 ss.; più di recente, con specifico riferimento alla problematica dell’autonomia privata come fonte di diritto oggettivo, X. XXXXXXXXX, L’autodisciplina. Autonomia privata e sistema delle fonti, cit., p. 73 ss.
105 X. XXXXXXXXX, Il contratto come fatto giuridico. L’accordo. L’impegno, in Il contratto. Silloge in onore di Xxxxxxx Xxxx, I, Padova, 1992, p. 6.
106 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto privato europeo, cit., p. 493.
107 Riguardo al rapporto tra legalità e legittimità si v., X. XXXXXXXXXXX e X. XXXXX, Nozioni introduttive e principi fondamentali del diritto civile, Napoli, 2000, p. 36 ss. Le pagine citate hanno stimolato lo scambio di opinioni fra gli autorevoli Xxxxxxx: X. XXXX, Quattro giuristi del nostro tempo, in Riv. dir. priv., 1998, p. 765 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Valori normativi e loro gerarchia. Una precisazione dovuta a Xxxxxxxx Xxxx, cit., p. 809 ss.
della sua disponibilità e della modalità del suo esercizio. La legittimità esprime la conformità della regola ai valori e ai principi fondanti l’ordinamento108 che legittimano al suo interno l’esercizio del potere normativo109.
Occorre osservare che il giudizio di legalità investe il procedimento di formazione delle regole cioè il profilo dinamico della negoziazione; mentre quello di legittimità, condizionato dalla liceità e dalla meritevolezza110, riguarda il profilo statico cioè la struttura e il contenuto.
Tuttavia il consenso in senso sostanziale e la sua maturazione, pur essendo legati al profilo dinamico, ricadono nell’ambito del giudizio legittimità. Ciò comporta alcune importanti implicazioni: un procedimento formalmente perfetto può essere positivo sotto il profilo della legalità anche quando una parte ha subito la maggiore forza contrattuale dell’altra o quando una delle parti non sia sostanzialmente consapevole. In una siffatta prospettiva, una regola benché legale può non essere legittima a seguito di una valutazione a posteriori111.
Si tenterà, mediante l’analisi dei procedimenti sotto il profilo della legalità e della legittimità, di far emergere nei paragrafi che seguono come il potere dei privati di creare regole non si giustifica più in sé stesso, il contratto non può assumere qualsiasi contenuto ma deve rispettare e concretare i valori della Costituzione consentendo l’effettiva libertà della persona.
3. L’ordinamento giuridico mediante la regolamentazione del procedimento di formazione persegue e garantisce il principio di democraticità il quale «in funzione della partecipazione e promozione della persona (art. 2 Cost.) caratterizza, quindi, il nostro ordinamento costituzionale»112. La
108 X. XXXXXXXXXXX e X. XXXXX, Nozioni introduttive e principi fondamentali del diritto civile, cit., p. 28 ss.
109 X. XXXXXXXXXXX, Valori normativi e loro gerarchia. Una precisazione dovuta a Xxxxxxxx Xxxx, cit., p. 811.
110 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 141 ss.
111 R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso,cit. , p. 111 ss.
112 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo- comunitario delle fonti, cit., p. 443.
democraticità «è inseparabile dalla eguaglianza e dalla persona».
«Dall’eguaglianza, perché non sarebbe altrimenti giustificabile il diritto di partecipazione di tutti»113. E’ proprio sulla partecipazione di ciascun contraente alla determinazione del regolamento contrattuale che si fonda la tutela giuridica dell’autonomia negoziale114. La democraticità non è separabile dalla persona, perché non può ritenersi legittima la regola nella quale una parte abbia subito la maggiore forza contrattuale dell’altra indebolendone la partecipazione ed il consenso effettivo.
Per comprendere a quali condizioni si garantisce la partecipazione delle parti occorre analizzare la disciplina codicistica relativa ai procedimenti formativi distinguendo la fase delle trattative e quella della conclusione in senso stretto. Tale distinzione è bene evidenziata da una acuta dottrina la quale relativamente alla trattativa osserva come essa «non si sostanzia nel compimento di atti che si connettono – in relazione di causa ad effetto – ad una modificazione della realtà esterna al soggetto che li pone in essere, in direzione del futuro contratto; le parti, invero, si prefiggono di conseguire un risultato che è principalmente interno alla loro rispettiva sfera psichica (…)». Inoltre, si osserva «per quel che concerne la fase di ‘formazione del contratto’, anch’essa non necessariamente conduce alla conclusione del negozio. Detta fase è, tuttavia, autonomamente caratterizzata in quanto orientata – in modo diretto ed univoco - al perfezionamento di un accordo e si esplica – di regola – mediante attività ‘impegnative’ per i soggetti interessati, di rilevanza ‘esterna’ e, per questo, produttive di determinati effetti giuridici»115. Sotto il profilo meramente strutturale può aggiungersi che, mentre la trattativa ha luogo mediante comportamenti normativamente non predeterminati, né tutto sommato predeterminabili, la fase di formazione si sostanzia in una sequenza di atti tipici, ordinati dalla legge secondo l’articolazione dei procedimenti anch’essi tipici.
113 X. XXXXXXXXXXX, o.u.c., p. 442.
114 G.B. XXXXX (a cura di), Diritto privato europeo e categorie civilistiche, Napoli, 1998, p. 169 s.
115 X. XXXXX, L’obbligo precontrattuale di informazione, Napoli, 1990, p. 44 ss.
Le trattative sono state concepite, dal legislatore del 1942, come fase propedeutica alla contrattazione, quale luogo naturale di maturazione ed evidenziazione degli interessi da regolare116 ma con il definivo tramonto dell’idea di contratto come incontro di volontà è preferibile discorrere nella prospettiva attuale di atto di evidenziazione e regolamentazione degli interessi117. Evidenziazione implica la specificazione o ancor meglio la determinazione del contenuto del regolamento. Dunque, è evidente che se l’ordinamento si pone il problema della consapevolezza (risultato della partecipazione e del principio di democraticità) dei contraenti, tale rilevante profilo investe senz’altro la fase delle trattative piuttosto che quella della formazione in senso stretto118. Ne consegue una chiara separazione tra determinazione del contenuto e procedimento finalizzato a fornirlo di vincolatività119.
4. Il meccanismo del 1326 c.c., pacificamente reputato ‘generale’ ovvero ‘ordinario’120, è costruito intorno allo scambio di proposta e accettazione generalmente definiti quali atti prenegoziali, in quanto si reputa la volontà ancora in movimento e diretta a produrre un effetto provvisorio che si esaurisce nella predisposizione del negozio121, e dei quali se ne ravvisa il carattere della ricettizietà122.
116 X. XXXXXXXXX, La formazione del contratto, I, Le fasi del procedimento, Milano, 1973, p. 31.
117 X. XXXXXX, Atto reale e negozio giuridico, in ID., Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica, Milano, 1997, p. 776 ss.
118 Opinione confortata da una affermazione della S.C. secondo la quale «bisogna distinguere l’accettazione formale dalla proposta (art. 1326 c.c.), come dichiarazione unilaterale ricettizia che dà luogo alla conclusione del contratto, dal preannuncio di accettazione formale che è il momento terminale delle trattative, con cui si dà atto che un accordo è stato raggiunto e che si può procedere alla conclusione del contratto» Xxxx., 4 marzo 2002, n. 3103, in Corriere giur., 2002, p. 909 ss.
119 R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso, cit., p. 111 ss.
120 C.M. XXXXXX, Il contratto, cit., p. 227; X. XXXXX, Xx xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 98.
121 X. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, IX ed., 1966, rist. 1997, p. 209; X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, IX ed., Napoli, 2001, p. 189. Contra, X. XXXXXXX, Il contratto, in Tratt. dir. civ e comm. Cicu e Messineo, XXI, T. 1, Milano, 1987, p. 754, secondo il quale «proposta e accettazione, pur non potendosi considerare come negozi giuridici perché singolarmente inidonee a produrre effetti negoziali, debbano tuttavia
Secondo una recente dottrina123 si dovrebbe muovere dall’inefficacia della proposta e dell’accettazione per qualificare tale atti come «prenegoziali» e non il contrario124 ed, inoltre, si dovrebbe attribuire efficacia soltanto al contratto come combinazione di atti unilaterali per ritenere quest’ultimi privi di effetti125. Ed ancora, detto assunto (inefficacia degli atti unilaterali) sembra essere smentito direttamente dal sistema positivo, non appena ci si discosta dallo schema dell’art. 1326 c.c. Si pensi, ad esempio, all’annoso problema dell’efficacia della proposta nello schema dell’art. 1333 c.c.
Innanzitutto se è vero, come si è avuto modo di rilevare nel paragrafo precedente, che l’attribuzione dell’efficacia normativa agli atti negoziali da parte dell’ordinamento è condizionata in primis dalla necessità di garantire la partecipazione dei destinatari alla creazione della regola negoziale, allora appare non più rilevante la produzione di effetti in sé, quanto la vincolatività e la stabilità degli effetti medesimi relativamente a ciascuno dei destinatari. Quindi, si pone essenzialmente un problema di imputazione (e, dunque, rileva dove vanno a finire gli effetti).
Il meccanismo di cui all’art. 1333 c.c. ove si attribuisce efficacia alla promessa, salvo il potere del destinatario di rifiutarla, non può ritenersi contrario a legalità nell’accezione sopra riferita, in quanto è vincolante la
considerarsi atti negoziali»; nello stesso senso X. XXXXXXXXXXXX, Contratti in generale, in
Tratt. di dir. civ. Grosso e Xxxxxxx–Xxxxxxxxxx, IV – 2, Milano, 1977, p. 91.
122 X. XXXXXXXXXXX, La dichiarazione recettizia, cit.
123 R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso,cit., p. 117 ss.
124 Invece si inverte l’ordine logico e si dice sono «atti prenegoziali (…) pertanto, di per sé, non producono alcun effetto», cosi X. XXXXXXX, Manuale, cit., p. 189. In direzione della inefficacia sul piano negoziale delle dichiarazioni unilaterali si v. X. XXXXXXXXX, Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ. UTET, IV, 2 Ed., Torino, 1980, p. 45; C.M. XXXXXX, Il contratto, cit. p. 222
125 X. XX XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso, cit., p. 117 ss. secondo il quale tale assunto potrebbe condividersi soltanto se si ravvisasse una differenziazione ontologica tra atti unilaterali e contratto, intendendo quest’ultimo come la combinazione dei primi. Inoltre, si dovrebbe ricercare nel consenso inteso come fusione di volontà, incontro tra proposta e accettazione, quel quid necessario affinché all’attività di autoregolamentazione privata si possa attribuire efficacia vincolante.
promessa del proponente mentre xxxxx che non ha partecipato alla creazione della regola dispone di un potere eliminativo o impeditivo degli effetti126.
Queste brevi osservazioni in ordine al meccanismo di cui all’art. 1333 c.c., conducono ad affermare che non vi sono ragioni per escludere la prospettabilità di atti unilaterali dotati di efficacia finale127. D’altro canto, anche gli atti formativi degli art. 1326 ss. esprimono la stessa efficacia finale.
«Resta infatti indimostrata l’attribuzione alla loro combinazione di un quid pluris costituito dall’incontro di volontà; resta indimostrata ed anzi, […..] il sistema induce a rappresentare proposta ed accettazione come componenti strutturali rilevanti nello loro isolata oggettività (né, dunque, manifestazioni né dichiarazioni di volontà, ma come meri fatti), ciascuno dei quali dotato di un’efficacia che, di principio, presuppone la volontà e perciò il consenso del dichiarante, e che è variabile a seconda della specifica struttura del procedimento nel quale si colloca»128.
E’ opportuno ora soffermarsi sul carattere della ricettizietà degli atti formativi anche per trarre un’ulteriore conferma a quanto sin qui affermato relativamente all’efficacia degli atti.
L’art. 1335 c.c. introducendo una presunzione di conoscenza, delinea il carattere essenziale degli atti unilaterali in termini di conoscibilità. Tale carattere sottolinea come ai fini dell’efficacia dei medesimi atti rileva la loro percepibilità129 e non solamente la loro funzione dichiarativa della volontà. Infatti, se intendessimo la presunzione suddetta in termini di conoscenza effettiva verrebbe assicurata la tutela della certezza statica del diritto e quindi nessuna regola privata produrrebbe effetti nella sfera di un soggetto senza la volontà del soggetto medesimo.
Considerato che l’art. 1335 c.c. richiede la conoscibilità, affinché gli atti producano effetti è sufficiente che siano oggettivamente percepibili dal
126 X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. Xxxxxxxx, xxx., x. 00 xx; si v. X. XXXXXXXXX, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969, p. 100 che distingue tra effetto eliminativo ed impeditivo.
127 X. XXXXXX, Il contratto con se stesso, cit., p. 80.
128 R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso,cit. , p. 122.
129 X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. Xxxxxxxx, cit., p. 105.
destinatario130. Quindi si tutela la certezza dinamica del diritto, prevale cioè l’interesse all’efficacia dell’autore rispetto a quello della conoscenza del destinatario.
In questa direzione tendono anche altre disposizioni. L’art. 1327 cc. delinea un meccanismo alternativo rispetto a quello fondato sullo scambio delle dichiarazioni e che opera sostituendo alla recezione dell’accettazione un’attività dell’oblato131 che la norma presume non conoscibile per il proponente. Così l’art. 1330 c.c. ove si sancisce l’efficacia degli atti compiuti dall’imprenditore anche in caso di morte sopraggiunta prima della conclusione del contratto132.
Nelle ipotesi contemplate il procedimento può senz’altro dichiarasi conforme a legalità. E ciò perché si muove dal presupposto che ciascun atto è dotato di una propria autonoma efficacia e che anche nello schema dell’art. 1326 la produzione dell’effetto non dipende dalla combinazione di proposta ed accettazione, ma dalla loro coesistenza. In tale prospettiva l’accordo viene inteso non più come quid pluris rispetto a ciò che ciascun singolo atto e ciascun singolo consenso è in grado di esprimere, ma come prodotto della coesistenza e non della fusione di proposta e accettazione.
130 X. XXXXXXXXX, Dal contratto al negozio unilaterale, cit., p. 88 il quale rintraccia il fondamento della caratteristica della ricettizietà e le ragioni della relativa disciplina nella funzione partecipativa delle dichiarazione. X. XXXXXXXXXXX e X. XX XXXXX, Strumenti dell’autonomia negoziale: profilo dinamico, in X. Xxxxxxxxxxx, Manuale di diritto civile, cit., p. 381.
131 Tale attività viene qualificata dalla dottrina in diverso modo: in termini negoziali e più precisamente come negozio di attuazione da X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, cit. p. 274 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, cit. p. 137; X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti in generale, cit. p. 113 s; in termini non negoziali come ingerenza autorizzata dell’oblato, X. XXXXX E G. DE NOVA, Il contratto, I, in Tratt. di dir. civ. Xxxxx, Torino, 1993, p. 112; come contegno legalmente tipizzato, X. XXXXXXXXXXX, Note sul comportamento concludente, in Riv. Trim., 1961, p. 778. Sottolineano nella regola la tutela dell’interesse – diverso ed autonomo a quello delle parti – al funzionale svolgimento dell’attività economica, X. XXXXXXXXXXX e X. XX XXXXX, Strumenti dell’autonomia negoziale: profilo dinamico, cit., p. 381. Si rinvia, per un esame più approfondito della norma al Cap. 3.
132 Questa disposizione codicistica evidenzia come le scelte del legislatore del 1942 prescindano dal collegamento tra volontà, dichiarazione ed efficacia. Nell’ipotesi disciplinata oggetto di tutela è l’interesse dell’impresa come attività in senso oggettivo piuttosto che l’interesse soggettivo dei dichiaranti, X. XXXXXXXXX, Dal contratto al negozio unilaterale, cit., p. 134; X. XXXXXXXXXXX e X. XX XXXXX, Strumenti dell’autonomia negoziale: profilo dinamico, cit., p. 381.
In definitiva, i meccanismi di conclusione del contratto consistono in sequenze di fatti o di atti legali che sotto un profilo logico-funzionale consentono l’esercizio legale del potere normativo. In un quadro siffatto la legalità si presenta come mero dato strutturale.
5. Osservati i meccanismi formativi sotto il profilo della legalità occorre ora procedere alla valutazione funzionale dell’esercizio del potere privato secondo il parametro della legittimità. La finalità che si persegue mediante il giudizio di legittimità è quella di evitare che le regole contrattuali si formino in presenza di elementi che, oltre a condizionare la valutazione dei soggetti relativamente al contenuto della regola, ne indeboliscono la sostanziale partecipazione e il consenso effettivo.
La valutazione di legittimità, negli art. 1326 ss., attiene alla fase delle trattative e non del procedimento di formazione in senso stretto. Si tratta di un giudizio a posteriori che investe il regolamento nella sua fase statica, sia pure in presenza di vizi originati da disfunzioni della fase dinamica. In questa prospettiva, la regola benché legale potrebbe non risultare legittima. Si pensi all’errore che pur consistente in una disfunzione del procedimento incide sulla difformità del regolamento rispetto all’interesse di una delle parti. Pertanto, la regola colpita da errore è illegittima e non illegale.
L’errore attiene alla fase delle trattative ed esprime il seguente criterio: è illegittima la medesima regola se l’altra parte avrebbe dovuto percepire il vizio133 ed è legittima la regola anche se la partecipazione di uno dei contraenti non è consapevole. E’ l’affidamento del destinatario ad essere preferito rispetto al contraente non pienamente consapevole. Ciò equivale a dire prevalenza del voluto sul non voluto; quest’ultimo in mancanza dei requisiti dell’essenzialità e riconoscibilità si mostra inidoneo a colpire l’efficacia del consenso prestato.
133 X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, cit., p. 415; X. XXXXXXX, Adempimento e rischio contrattuale, Milano, 1969, p. 39 ss.
Sotto il profilo della legittimità anche la clausola generale di buona fede (1337 c.c.) nelle trattative sembra non risolvere molto, perché questa rappresenta un parametro di valutazione della condotta dei contraenti ai fini dell’applicazione delle altre regole del sistema134.
Non può non osservarsi, ancora una volta, che il legislatore del ‘42 reputa legittima la regola negoziale anche quando al perfezionamento formale del procedimento non corrisponda un sostanziale consenso. In definitiva, il sistema degli artt. 1326 ss. c.c. prevede che il contratto «ha forza di legge tra le parti» quando la partecipazione di quest’ultime ne assicura la legalità e quando vi sia legittimità, in quanto nella maturazione del consenso non vi sia violenza, dolo o errore di un contraente che sia essenziale e riconoscibile all’altro contraente. Ciò detto, non significa affermare che il legislatore del ’42 non si sia posto il problema di tutelare il contraente debole, tuttavia, giunge a colpire la vincolatività mediante l’art. 1429 c.c.
La scelta attuata nel codice può sintetizzarsi nel rilievo accordato alla volontà e alla certezza della circolazione. Il «rilievo della volontà o, meglio il fondamento volontario delle dichiarazioni si trova espresso nella disciplina che accorda rilievo all’errore; nella definizione poi, dell’estensione minima del voluto ai fini della vincolatività dei complessivi regolamenti – circoscritta, tale estensione, dalla disciplina che nega rilievo all’errore - trovano riscontro istanze di tutela dei contraenti deboli e della circolazione»135.
In definitiva, non ha più senso disquisire sulla volontà come elemento essenziale dei negozi ma è l’esercizio del potere di iniziativa privata a dover essere considerato ed è la legittimità dei suoi effetti e della loro imputazione che è molto rilevante.
134 X. XXXXXXXXXXX e X. XXXXX, Nozioni introduttive e principi fondamentali del diritto civile, cit., p. 33 s. E’ del resto, la sua natura di clausola generale non corrispondente – nel sistema del codice civile come invece nel sistema italo-comunitario – ad un principio.
135 R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso,cit. , p. 132.
6. Agli articoli 1341 e 1342 c.c. si riscontra come dato caratterizzante la probabile assenza di trattative136 e si è regolato la contrattazione di massa. Si tratta di procedimenti ove si mira ad assicurare la vincolatività di regole predisposte da una sola parte, e non da entrambe, e proposte all’altra con l’alternativa di prendere o lasciare137. La parte predisponente, muovendosi in funzione all’interesse della sua attività imprenditoriale, regola non singoli rapporti ma una pluralità di rapporti identici138.
I caratteri della fase formativa cambiano notevolmente rispetto allo schema dell’art. 1326 c.c. in quanto, come già accennato, è difficile che vi sia una fase di trattative ove possa maturare il consenso e si cerca di assicurare quel minimo di consenso attraverso il procedimento di formazione in senso stretto.
Il legislatore del 1942 cerca di legittimare il procedimento in senso stretto mediante la previsione di alcuni adempimenti formali. Innanzitutto la necessaria conoscibilità delle condizioni generali, adempimento tendente a garantire la vincolatività piuttosto che il consenso tra le parti. In secondo luogo, la specifica approvazione delle clausole vessatorie, requisito anch’esso formale «comunque necessaria a prescindere dalla circostanza che l’aderente abbia o non abbia avuto sufficiente consapevolezza delle clausole vessatorie»139. Infine, la prevalenza delle clausole aggiunte su quelle predisposte, ipotesi di trattative che vengono assorbite comunque nel contratto già predisposto.
Le suddette tecniche formali lasciano trasparire l’intento del legislatore, cioè quello di individuare un minimo di consenso tale da sostenere il contraente meno forte e legittimare la vincolatività del regolamento contrattuale posto in essere.
136 Cass., 1 dicembre 2000, n. 15385, in Cd Rom Juris data.
137 X. XXXXXXXXX, Obblighi di informare e procedimenti contrattuali, Napoli, 2002, p. 161.
000 X. XXXXX, Condizioni generali del contratto e predisposizione normativa, Camerino- Napoli, 1983, p. 20 ss.
139 C.M. XXXXXX, Il contratto, cit., p. 360.
7. Si è detto come il legislatore comunitario sia intervenuto incisivamente in materia di contratti regolamentando in modo minuzioso i procedimenti formativi.
Nella normativa di derivazione comunitaria rileva, come nello schema codicistico di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c, la condizione di debolezza di uno dei contraenti, l’ipotesi di assenza di trattative o squilibrio economico e/o informativo che rendono difficoltosa la realizzazione dell’interesse del contraente svantaggiato.
Alla stessa stregua del legislatore del 1942 anche quello comunitario interviene nel procedimento di formazione in senso stretto introducendo diverse modalità al fine di garantire idoneità al procedimento. Diverse sono le tecniche attraverso le quali si persegue l’obiettivo di proteggere il contraente ritenuto “debole”: mediante l’imposizione di una complessa rete di obblighi di informazione a carico del professionista e l’adozione di vincoli formali che hanno, in virtù della loro sempre maggiore intensità e frequenza, sollevato più di una questione in ordine al risorto formalismo dei negozi140; mediante l’attribuzione di un diritto di ripensamento al contraente che, per le particolari modalità in cui si svolge la negoziazione, si trovi in posizione deteriore rispetto alla controparte professionale: diritto consistente, com’è noto nella possibilità
140 Si è consolidato il dibattito sulla presenza nell’ordinamento di una tendenza ‘neoformalistica”, da alcuni ritenuta addirittura in grado di segnare un ritorno al formalismo arcaico. Si v. S. T. XXXXXXX, La forma del contratto, in AA.VV., Trattato di diritto privato europeo, a cura di X. Xxxxxx, Padova, 2003, Vol. III, p. 230, secondo la quale attraverso
«l’indisponibilità giuridica del requisito della forma, legata ad un processo disoggettivante che va ad identificare la genesi psicologica dell’atto in un modulo esteriore, in cui si annulla l’individualità del volere» deve ritenersi «suggellato il ritorno al formalismo arcaico, nel quale la produzione di effetti giuridici è collegata al compimento di pratiche o di riti determinati, cioè atti identificabili e identificati nella forma – non dal contenuto». Nota comunque X. XX XXXXXX, Riflessioni sulla forma nel nuovo diritto dei contratti, in Riv. Crit. dir. priv., 2001, pp. 419 ss che «la riduzione delle asimmetrie informative attraverso la comunicazione di informazioni dal contraente forte (anche perché informato) al contraente debole (anche perché non adeguatamente informato) costituisce un cardine della complessa strategia legislativa di riequilibrio delle posizioni contrattuali nel diritto contemporaneo (…) nel nuovo diritto dei contratti la funzione protettiva della forma è dunque soprattutto dell’informazione». Forma vincolata e obblighi di informazione danno luogo alla cd. procedimentalizzazione del consenso. v. A.C. XXXXXXX, Obblighi di informare e procedimenti contrattuali, Napoli, 2000, p. 289 ss.
di “pentirsi” della dichiarazione, esprimendo una volontà di segno opposto idoneo a privarla di efficacia141.
Non può non osservarsi come in tale rinnovato contesto risulta più marcata l’autonomia degli atti unilaterali ora difficilmente qualificabili come proposta ed accettazione ai sensi degli art. 1326 ss.; gli atti formativi sembrano orientati, tuttavia, non alla concreta partecipazione delle parti ma, piuttosto, a creare quelle condizioni affinché la partecipazione possa ritenersi idonea a creare una consapevolezza sostanziale in chi non può trattare.
Appare, inoltre incerta la natura di revoca o di recesso dello jus poenitendi. Vi è, infatti, fra gli studiosi chi ha parlato, in termini di revoca del consenso manifestato142 e chi invece, pur mantenendo tale denominazione, preferisce attribuirvi un significato più circoscritto, riferendolo in particolare ai casi in cui il consumatore figuri quale proponente143. Non mancano tuttavia opinioni differenti, che discorrono di un recesso in senso proprio, operante sul piano del rapporto contrattuale144. Di là delle critiche che pure potrebbero essere rivolte a tali ricostruzioni, il “recesso” in questione sembrerebbe in concreto atteggiarsi secondo forme così diverse da impedirne una definizione univoca145. La disciplina che lo riguarda è ora ampiamente unificata nel cd.
141 Non deve sfuggire comunque la stretta connessione tra i due profili della tutela, come ricorda fra gli altri X. XXXXXXX, Sintesi inconclusiva in materia di contratto, in AA.VV., Causa e contratto nella prospettiva storica e comparatistica, a cura di X. Xxxxx, Torino, 1995, p. 571 che afferma «che cos’è il diritto di pentirsi, conferito ai consumatori dalle leggi sui contratti conclusi fuori dagli esercizi commerciali, se non uno strumento per selezionare le promesse serie e meditate da quelle strappate ai consumatori in momenti poco propizi per la riflessione? E come non percepire che gli ordinamenti moderni volendo proteggere il promettente più a rischio , vale a dire il cd. non professionista, fanno sempre più ricorso al formalismo negoziale (…)?»
142 M.C. CHERUBINI, Sul cd. diritto di ripensamento, in Riv. dir. civ., 1999, II, p. 695.
143 P.M. PUTTI, in AA.VV., Decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50 (Attuazione della direttiva n. 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dai locali commerciali), Commentario a cura di X. Xxxxxx, in Nuove Leggi civ. comm., 1993, p. 196; X. XXXX- ZENCOVICH, Il diritto europeo dei contratti (verso la distinzione tra contratti commerciali e contratti dei consumatori), in Giur. it., 1993, IV, c. 59 ss.
144 Ad. es. A.M. XXXXXXXXXXX, La tutela del consumatore, in AA.VV., Le vendite aggressive, a cura di X. Xxxxxxxxxx, Napoli, 1995, p. 104.
145 Secondo X.XXXXX, Lo “ius poenitendi” tra tutela del consumatore e razionalità del mercato, in Riv. crit. dir. priv., 2001, p. 569 «oramai, in riferimento ad un crescente numero di tipologie contrattuali, per lo più di derivazione comunitaria, emerse nel settore del consumerism, discettare di tutela del consumatore e di diritto di recesso – o, per meglio dire,
“Codice del Consumo”, ovvero il D.Lgs 6 settembre 2005 n. 206146 ma fra i testi normativi che si annoverano, per ricordare i più significativi: il D.Lgs. 50/1992 (di attuazione della direttiva 85/577 CEE) in ordine ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali, il D.Lgs. 58/ 1998 (art. 30, co. 6) in relazione ai «contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede ovvero collocati a distanza», il D.Lgs. 427/1998 per i contratti «relativi all’acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili», il D.Lgs. 185/1999 in materia di contratti a distanza, il Dlgs 190/2005 relativo alla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari e in ultimo il D.Lgs. 174/ 1995 in materia di assicurazione diretta sulla vita, sebbene il diritto di recesso ivi regolato (art. 111) non viene attribuito in modo specifico al contraente non professionale147. Comune a tutte le normative citate è la finalità di tutelare la volontà del contraente a fronte di circostanze e situazioni che ne minacciano una meditata formazione: tra queste anzitutto, le modalità in cui si svolge la negoziazione e le tecniche di comunicazione adottate, ma anche la disparità di competenza con la parte professionale. Nel tentativo di raggiungere tale scopo, la concessione di un periodo di tempo in cui valutare la convenienza dell’affare148, affiancato da altri strumenti, indubbiamente assume un rilievo preponderante nel processo formativo del negozio.
di jus poenitendi (o, ancora, di ius se poenitendi) o di diritto di ripensamento – è un tutt’uno. L’un termine rimanda all’altro, quasi naturalmente e pressoché costantemente».
146 Più precisamente gli artt. 64 (per il recesso nei contratti a distanza ovvero negoziati fuori dai locali commerciali) e 73 (per i contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento ripartito di beni immobili). Per una prima disamina della normativa, si v. X. XXXX, Commento, in Contratti, 2005, pp. 1047 ss. e X. XX XXXXXXXXXX, Il “Codice del Consumo”: un’occasione perduta?, in Studium iuris, 2005, pp. 1137 ss. Per alcune interessanti riflessioni in ordine alla natura paternalistica della normativa ivi dettata, v. X. XXXXXXX, Consumatore, utente e paternalismo del legislatore, in Le Xxxxx Xxxxxxxxx, 0, 2006, p. 443 ss.
147 Si x. XXXX XXXXXXXXX, in X. XXXXXXX, X. XX XXXX et. al., Il diritto di “ripensamento” nel contratto di assicurazione sulla vita: una nuova forma di tutela dell’assicurato, in Dir. econ. assicur., 1996, p. 100, secondo il quale la ratio ispiratrice è la medesima delle normative citate.
148 Definito nei paesi anglosassoni “cooling-off period”, adatto cioè ad un ripensamento a “mente fredda”.
8. Nella normativa comunitaria, oltre alle tecniche procedimentali prima citate, particolare rilievo assume ai fini della legittimità delle regole negoziali, nella fase dinamica della formazione, il giudizio di buona fede plasmato dalla proporzionalità149 che esplica la sua incidenza sulla vincolatività come stabilito dall’art. 1469 bis x.x. xxx xxx. 00 Xxxxxx xxx Xxxxxxx (xxxxxxxx la buona fede). Il principio della buona fede oggettiva, già presente nel nostro codice, manifesta la sua incisività per via del collegamento tra contrarietà alla buona fede-vessatorietà-inefficacia della clausola. Il ruolo giocato dalla buona fede consente di sganciare la valutazione di legittimità della fase dinamica dalla disciplina dell’errore e con ciò è possibile separare il profilo formale e quello sostanziale dei procedimenti e quindi operare un controllo contenutistico.
Altra novità rilevante da annoverare è il rimedio previsto in caso di inadempimento degli obblighi informativi: quello dell’inefficacia relativa che colpisce la vincolatività nei confronti di uno soltanto dei contraenti. In tal caso, l’illegittimità non comporta la caducazione totale del contratto, bensì incide soltanto parzialmente sulla sua vincolatività150. In questa prospettiva ciascun atto unilaterale presenta condizioni di vincolatività ed effetti propri che ci spingono inevitabilmente a non concepire più il regolamento quale prodotto normativo unitario dei procedimenti di formazione. Pertanto, i giudizi di legalità e legittimità divengono i parametri di valutazione dell’effetto dei
149 Sul principio di proporzionalità, v., ampiamente, X. XXXXXXXXXXX, Equilibrio normativo e principio di proporzionalità nei contratti, in ID., Il diritto dei contratti fra persona e mercato. Problemi del diritto civile, Napoli, 2003, p. 441. Sulla proporzionalità come principio in funzione dell’equità, v. X. XXXXXXXXX, Equità e buona fede come fonti di integrazione del contratto. Potere di adeguamento delle prestazioni contrattuali da parte dell’arbitro (o del giudice) di equità, nota a Trib. Milano, 9 gennaio 1997, in Riv. arbitr., 1999, p. 71 ss.; X. XXXXXXX, Arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1999, p. 837 ss. Sottolinea la necessità di un’ampia applicazione del principio di proporzionalità, X. XXXXXXX, Il problema dell’alea contrattuale, Napoli, 2001, p. 110; R. DI XXXXX, Contratto e gestione indiretta di servizi pubblici. Profili dell’«autonomia negoziale» della pubblica amministrazione, Napoli, 2000, p. 188, il quale sostiene: «Sia la buona fede che la proporzionalità rappresentano esigenze che non sembrano poter soffrire limitazioni derivate da categorizzazioni dogmatiche e astratte». Nella stessa direzione, X. XXXXX, La giustizia contrattuale tra autonomia e mercato, Napoli, 2004, p. 59 ss., Sulla proporzionalità nel sistema giuridico comunitario, si rinvia all’ampia trattazione di X. XXXXXXX, Il sistema giuridico proporzionale nel diritto privato comunitario, Napoli, 2001.
150 X. XXXXXXXX, Discipline della nullità e interessi protetti, Camerino-Napoli, 2001, p. 20 ss.
singoli atti e non solo del loro risultato complessivo. Vi è una frammentazione dell’oggetto della valutazione e dell’unità dei regolamenti contrattuali.
Un quadro nuovo rispetto al sistema codicistico ove le parti, quali centri di interessi, non sono qualificate e pertanto sono neutrali rispetto alla definizione della disciplina.
Come visto nei precedenti paragrafi, negli artt. 1326 c.c. ss. si conferisce certezza al contratto, maturato con le trattative, mediante l’affidamento e nell’art. 1341 c.c. s. la validità del contratto si basa su espedienti formali. La ratio della normativa comunitaria va in altro senso: rileva la qualificazione della parte, espleta un ruolo centrale la buona fede quale parametro oggettivo di valutazione dell’equilibrio sostanziale del regolamento151 e rileva la proporzionalità come criterio legittimante della fase dinamica della formazione.
Nel sistema codicistico la disciplina dei procedimenti formativi recata dagli artt. 1326 ss. si mostra sensibile tanto alla tutela della circolazione giuridica e del mercato quanto alla protezione del consenso dei deboli. La legalità e la legittimità delle regole rappresentano, nel disegno codicistico, l’esito di un giudizio che assicura tutela anche ad interessi ulteriori rispetto a quelli connessi alla titolarità delle situazioni sulle quali incide la negoziazione.
Nella disciplina comunitaria l’oggettivazione dei criteri di giudizio, l’esasperazione delle forme e dei procedimenti esplicano una funzione se legati alla buona fede e dall’equilibrio del contratto che assurgono a criteri di legittimità delle regole in senso sostanziale.
Tuttavia, nel contesto normativo comunitario diversa è la percezione dell’oggetto del giudizio di legittimità. Non si può più muovere dalla considerazione della legalità e legittimità del contratto inteso come corpo unitario di regole vincolanti per i contraenti, poiché si è rilevata una profonda frammentazione dei regolamenti sotto il profilo della vincolatività. In questa prospettiva, l’efficacia non può rappresentarsi come risultato finale e unitario
151 X. XXXXXXX, Equilibrio contrattuale e buona fede dei contraenti, in X. Xxxxxx (a cura di),
Diritto privato europeo e categorie civilistiche, Napoli, 1998, p. 186.
della fattispecie. Si profila una distribuzione dell’effetto secondo l’articolazione del procedimento. Dunque, la valutazione di legittimità non investe l’unità della fattispecie bensì attiene all’effetto delle singole fasi del procedimento, il quale è variabile in ragione degli statuti applicabili e secondo le qualità soggettive delle parti.
9 Dopo aver analizzato, se pur con particolare riguardo allo schema generale di cui all’art. 1326 c.c. il procedimento di formazione del contratto sotto il profilo della legalità e della legittimità e rilevato che nella disciplina comunitaria la buona fede assurge a criterio di legittimità delle regole in senso sostanziale, appare opportuno soffermarsi sul ruolo assunto da questa clausola in seno al procedimento formativo al fine anche di assoggettare a nuovo vaglio il rapporto tra regole di comportamento e regole di validità, rapporto che le costruzioni correnti non paiono di avere sufficientemente chiarito.
La buona fede assume nel sistema normativo un ruolo peculiare152, orientato com’è a «moralizzare la fase precontrattuale»153 e a garantire la tutela dell’interesse ad un comportamento “leale ” e «corretto»154, durante il
«procedimento»155 di formazione del consenso156. Va osservato che «il diritto continentale da sempre crede nelle clausole generali e le utilizza mentre il mondo della common law vede in esse, spesso “vago concetto” che può rendere le decisioni giurisprudenziali imprevedibili»157. I giuristi di lingua
152 X. XXXXXXXXXX, Diritto comunitario e trasformazioni del contratto, Napoli, 2001, p. 9 ss.
153 X. XXXX, Attività d’impresa e formazione del contratto, Milano, 2001, p. 93 s.
154 X. XXXX, voce Responsabilità precontrattuale II) Diritto comparato e straniero, in Enc. Giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991, p. 2 s.
155 X. XXXXXXXXXX, I contratti. Parte generale, 2 ed., Torino, 2000, p. 33.
156 Riguardo al modo in cui la pluralità delle dichiarazioni dei contraenti riesce a sfociare nell’unità del negozio contrattuale vedi X. XXXXXXXXXXX, Complessità del procedimento di formazione del consenso ed unità del negozio contrattuale, in Riv. trim., 1964, p. 1345 ss., X. XXXXXX, Il contratto con se stesso, Napoli, 1997. Sulla funzione delle trattative e sulle fasi della formazione del contratto v. X. XXXXXXXXX, I vincoli unilaterali nella formazione progressiva del contratto, Milano, 1954, p. 5 ss.
157 X. XXXXXXX, Buona fede e diritto europeo dei contratti, in Eur. e dir. priv., 2002, p. 915 ss.
inglese giungono, infatti, alla enumerazione di varie nozioni di buona fede158 e alla formulazione delle ipotesi più disparate sui pericoli che l’ingresso di una così problematica figura potrebbe comportare: rendere incerti diritti e obblighi delle parti, autorizzare i giudici a cambiare il contenuto del contratto, obbligare ciascuna parte a rivelare all’altra le circostanze che rendono più o meno conveniente l’affare, ecc.
Alla luce della «ragguardevole immissione di valori culturali propri del mondo di common law nel nostro mondo di civil law»159una recente dottrina sottolinea come sia necessario per comprendere il significato e la portata della regola precontrattuale di buona fede, abbandonare le logiche formalistiche proprie della tradizione del civil law e utilizzare «una metodologia empirico- funzionale proprio della tradizione anglo-americana e dell’essenza stessa delle clausole generali»160. Non può non osservarsi, infatti, come esse siano caratterizzate da una capacità di adattarsi alle variabili circostanze ed anche dalla attitudine di autointegrare il regolamento di interessi e di «rimodellare» questi ai valori dell’ordinamento.
Nello statuire che «le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede» l’art. 1337
c.c. esprime un obbligo di comportamento che coincide con l’area del
«fatto»161, ossia con la fase del procedimento formativo del contratto. Le parti, siano o no in una situazione di disparità congenita, devono comportarsi secondo lealtà, correttezza, trasparenza e diligenza durante tutta la fase della formazione del contratto (trattative e formazione in senso stretto), pena di
158 X. XXXXXX, The Law of Contract, 3 ed., London, 1997, p. 251, che è tra i pochi autori inglesi a occuparsi della fairness come uno dei principali concetti del diritto contrattuale, ne indica tre nozioni: «First, in cases involving the fairness of the price, the criterion is likely to be one connect to the market price. Secondly, for challenger to ancillary termes, we discover a combination of the ideas of bilance of advantage and conformità to reasonable expectations. Thirdly, in connection with subsequent events wich arguably render the contract unfair in its application, the comparison lies with the original balance of advantage at the time when the contract was formed».
159 P. GROSSI, Globalizzazione, diritto, scienza giuridica, in Foro it., 2002, c. 161 ss.
160 X. XXXXXXXXXXX, Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 codice civile, Napoli, 2003, p. 14
161 X. XXXXXX, Il contratto con se stesso, cit., p. 39 afferma che il fenomeno negoziale in genere e, dunque, anche contrattuale ruota interno alla dialettica «fatto-valore».
regola il solo risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale162. L’obbligo di comportarsi secondo buona fede ai sensi dell’art. 1337 c.c. opera, come può intuirsi, a prescindere se vi sia o no lo stadio preliminare delle trattative163.
La norma in esame introduce, dunque, una regola di comportamento, una clausola generale la quale è caratterizzata da un «particolare tipo di vaghezza»164 che «si concretizza di volta in volta in una serie di obblighi, quali quello di informazione, segretezza, chiarezza trasparenza, custodia, protezione ecc., che, talvolta trovano fondamento in specifiche norme, ma che non è possibile determinare a priori, attraverso un ragionamento meramente logico- razionale, ma è necessario individuare quantitativamente e qualitativamente»165, e ciò in base alle circostanze, alle peculiarità dei contraenti, al tipo di bene oggetto dell’accordo, agli interessi che nel caso specifico occorre soddisfare, quindi in relazione al contesto situazionale e alle caratteristiche dell’iter formativo dell’accordo166. I comportamenti che le parti sono tenute ad osservare non si possono ricavare «dalle singole previsioni legislative che dispongono doveri precontrattuali, poichè, così operando, si contraddirebbe alla funzione della norma dettata proprio per colpire qualunque
162 X. XXXXXXX FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Xxxxxx, x.x, x. 00 il quale afferma che la difformità dal diritto dà luogo alle invalidità nel negozio; il comportamento illecito, durante la formazione del negozio, dà luogo al risarcimento dei danni.
163 X. XXXXX, L’obbligo precontrattuale di informazione, cit., p. 34, il quale osserva che l’obbligo di comportamento secondo buona fede grava in capo alle parti nelle trattative e nella formazione in senso stretto. E ciò a conferma «della tendenza a sottoporre tutta l’attività che i privati pongono in essere (…) anche quella che si estrinseca mediante comportamenti e atti non aventi un’intrenseca valenza impegnativa e obbligatoria, al controllo esercitato per il tramite della clausola generale della buona fede».
164 Riguardo la nozione di clausola generale intesa quale frammento di disposizione caratterizzato da un contenuto vago e da una «indeterminatezza intenzionale» e circa la differenza tra le clausole generali e i principi, X. XXXXXXXXXXX e X. XXXXX, Nozioni introduttive e principi xxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxx xxxxxx, Xxxxxx, 0000, x. 00 xx. Xx v. anche, C. LUZZATI, La vaghezza delle norme, Milano, 1990, p. 299 ss. X. XXXXXXX, Spunti per una teoria delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv., 1986, p. 10 ss.; X. XXXXXX, Il tempo delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 727 ss.
165 X. XXXXXXXXXXX, Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 codice civile, cit., p. 23,
166 X. XXXXXXXXXXX, o.u.c., p. 2..
condotta scorretta nella fase anteriore la stipulazione del contratto»167. Concretizzandosi anche in doveri preventivamente indeterminabili, l’obbligo di comportamento secondo buona fede impone, dunque, una regola di condotta la quale dà attuazione non soltanto al principio di solidarietà168 ma anche ad altri
«valori» costituzionali169. Per il tramite delle clausole generali170, infatti, il principio di solidarietà accede nei rapporti privati intervenendo sui limiti, sul contenuto171 e sulla fattispecie. In questa prospettiva la buona fede si configura come fonte di concreti, volta per volta individuabili, doveri di prestazione, grazie ai quali si determina il passaggio costante dalla astrattezza della indeterminabilità a priori degli obblighi precontrattuali alla concretezza delle ipotesi tipizzate172.
La ratio della norma in esame è sia quella di tutelare l’affidamento indotto dalle trattative, quindi assicurare il regolare svolgimento dei traffici negoziali e una maggiore sicurezza di questi, sia di garantire la libera esplicazione dell’autonomia negoziale affinché l’area del valore, ossia il
«contenuto»173 del contratto risponda al potere di autoregolamentazione. Xxxxxxx, al fine di cogliere la portata generale dell’art. 1337 e la sua influenza sulla validità del contratto, svincolarsi dall’analisi del problema della correttezza e della trasparenza nella fase «precontrattuale» dei contratti del consumatore in particolare e del contraente debole anche non consumatore in
167 X. XXXXXXX, voce Responsabilità precontrattuale I) Diritto civile, in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991, p. 2
168 Sulla clausola di buona fede come attuativa del principio di solidarietà «contrattuale», C.
M. XXXXXX, Diritto civile, III, cit., p. 162.
169 Si pensi a titolo esemplificativo, all’operatore finanziario che, in quanto contraente tecnicamente più esperto, è titolare di un severo obbligo di informazione nei confronti del cliente al fine di garantire la tutela del risparmio (art. 47 Cost). Sul punto si v. X. XXXXXXXXXXX, L’informazione e il contratto in Il diritto dei contratti tra persona e mercato, cit., p. 369.
170 Circa l’impossibilità di identificare l’etica degli affari e la trasparenza con la clausola della buona fede vedi X. XXXXXXXXXXX, L’informazione e il contratto, in Il diritto dei contratti tra persona e mercato, cit., p. 372
171 X. XX XXXXX, Xxxxxxxxx e reato. Profili civilistici, in Tratt. di dir. civ. del C.N.N., Napoli, 2003, p. 70.
172 X. XXXXXXXX, Il risarcimento della pura perdita patrimoniale, Milano, 2003, p. 142.
173 Sul concetto di contenuto e regolamento di interessi e sulla distinzione tra procedimento, testo e precetto negoziale inteso come valore si v. X. XXXXXXXXXXX, Complessità del procedimento di formazione del consenso ed unità del negozio contrattuale, cit., p. 1352.
generale, perché in questi casi è lo stesso legislatore che, di regola, prevede le conseguenze e le sanzioni quando si violano i doveri di correttezza e gli obblighi di informazione, differentemente dai rapporti tra contraenti dotati del medesimo potere contrattuale dove le conseguenze della violazione sono rimesse quasi sempre alla valutazione dell’interprete e alla sola clausola generale della buona fede. Nella categoria orizzontale dei c.d. contraenti deboli, infatti, a prescindere dal tipo di contratto174, gli strumenti di tutela previsti (che garantiscono in via diretta interessi di categoria, in via riflessa interessi generali) sono diversi al punto da operare in momenti cronologici distinti, con modalità alternative e con proprie specificità. In queste ipotesi non soltanto le sanzioni sono specifiche ma spingono al punto di far vacillare la distinzione tra regole di validità e di responsabilità.
Un siffatto approccio è utile per valutare se la clausola generale della buona fede, oltre a riferirsi ai rapporti precontrattuali ed alle trattative incida anche (e dunque indipendentemente dai casi disciplinati dalla legislazione speciale) sul momento della formazione della volontà negoziale (conclusione del contratto) e sul contenuto del negozio (sulla sua validità). Si potrà accertare, inoltre, se nei rapporti con disparità di potere contrattuale, il contraente debole possa invocare, a stipulazione avvenuta, il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale. In tal modo è possibile non escludere a priori la possibilità di un cumulo dei rimedi e cioè quello previsto in generale dall’art. 1337 c.c. e quello previsto dalla legge speciale, la quale anche se attuativa dell’art. 1337 c.c. è sempre dotata di autonomia di operatività.
Ciò conformemente a quella autorevole dottrina175 la quale osserva da un lato che «l’equilibrio si adegua alle concrete situazioni contrattuali,
174 Sulla crisi del tipo contrattuale e sulla necessità di far riferimento all’interesse regolato, al
«fenomeno sostanziale fatto da tante circostanze che non possono essere tutte previste» quali
«il tipo di soggetto, il tipo di bene» vedi X. XXXXXXXXXXX, L’attuazione della Direttiva 99/44/CE in Itali ed Europa, La tutela dell’acquirente dei beni di consumo, in Atti del Convegno internazionale dedicato alla memoria di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Padova, 2002, p. 31;
X. XXXXXXXXXXX, Commentario alla disciplina della vendita dei beni di consumo, Artt. 1519- bis – 1519-nonies cod. civ. e art. 2 d.lgs. 2 febbraio 2002, n. 14, (coordinato da) Xxxxx Xxxxxxxx, Padova, 2003.
175 X. XXXXXXXXXXX, Equilibrio normativo e principio di proporzionalità nei contratti, in ID, Il diritto dei contratti fra persona e mercato, cit., p. 455.
secondo che si tratti di contratti d’impresa, del consumatore, con funzione aleatoria, divisori»; dall’altro che la proporzionalità è uno «strumento di controllo» quantitativo e qualitativo dell’autonomia privata, sostenendo così la scelta di una metodologia orientata sia a contemperare la pluralità degli interessi richiamati, sia a valutare la situazione a seconda della intensità della lesione e in relazione al tipo di esigenza del caso concreto, individuabile, nell’ipotesi di specie, in capo al singolo contraente debole.
10. Nell’ambito di una breve analisi volta a chiarire la portata che assume l’art. 1337 c.c. e a sottoporre a revisione critica il rapporto tra regole di condotta e regole di validità, appare utile percorrere, anche se solo sommariamente, l’evoluzione storico-giuridica della responsabilità precontrattuale. Sulla scia del codice Xxxxxxxxx, anche il codice del 1865 non contemplava una disposizione normativa diretta a disciplinare il comportamento delle parti nella fase delle trattative e nella formazione precontrattuale. Non si ammetteva, in coerenza con il dogma volontaristico, un intervento (esterno) del legislatore che imponesse ulteriori limiti ed obblighi alle parti rispetto a quelli che le parti stesse liberamente pattuivano nell’ambito della loro autonomia. La necessità di una regolamentazione del lavoro preparatorio posto in essere dai contraenti al fine di tutelare l’affidamento eventualmente prodotto è stata sollecitata un’autorevole dottrina176 la quale, contrariamente all’orientamento dominante177, affermò agli inizi del secolo
176 X. XXXXXXXX, Fondamento giuridico della responsabilità in tema di trattative contrattuali, in Arch. Giur., 1909, p. 128 ss. Sotto il vigore del vecchio codice la dottrina, dunque, si era posta il problema di determinare una qualche forma di sanzione nei casi di comportamento scorretto di una delle parti (come nel caso di “rottura ingiustificata delle trattative”, di “mancata comunicazione di una causa di invalidità del contratto”, di “informazioni colposamente inesatte”) poichè pur ricorrendosi, sulla base dell’esperienza francese, all’istituto della responsabilità extracontrattuale, si coglieva tuttavia la difficoltà di utilizzare estensivamente la disciplina dell’illecito aquiliano, sperimentando nuove soluzioni anche a seguito della teoria di Xxxxxxx. Sul punto, X. XXXXXX, Culpa in contraendo oder shadensersatz bei nichtgen oder nicht zur Perfection gelangten Ventragen, Jherings Jahrbucher, 1861, p. 155.
177 X. XXXXXXX, La formazione dei contratti, Milano, 1915, p. 12; X. XXXXXXX, Xxxxx critici sulla c.d. responsabilità precontrattuale, in Dir. comm., 1910, II, p. 235 ss.
scorso, l’obbligo di risarcimento nel caso di recesso ingiustificato dalle trattative, revoca della proposta e vendita di cose altrui. E’ con il codice del 1942, sotto l’impulso di una giurisprudenza pìù sensibile alle tesi del Faggella178 che venne introdotta una esplicita norma in tal senso. Benchè la scelta codicistica del 1942 si poneva in coerenza con la tendenza all’adozione di clausole generali, la dottrina di allora palesò un atteggiamento ancora sfavorevole nei confronti dell’art. 1337 c.c., norma che fu letta solo come una mera esemplificazione della fattispecie disciplinata nell’art. 1338 c.c. In sostanza, era tramite l’applicazione dell’art. 1338 c.c. ove si sancisce l’obbligo di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale in capo alla parte che «conosceva» o «doveva conoscere» l’esistenza di una causa di invalidità del contratto che si attuava l’ampio precetto espresso dall’art. 1337 c.c.
Solo più tardi lo strumento del risarcimento del danno ex art. 1337 c.c. assume una sua autonomia di là dal contratto invalido ogni qual volta rilevi la lesione dell’interesse al «corretto» svolgimento delle «trattative». E ciò, sia nelle ipotesi di contratto concluso con rilevante ed ingiustificato ritardo179, sia in quelle di contratto non concluso o contratto inesistente a causa di recesso ingiustificato dalle trattative180, purché si configuri «l’affidamento della parte che subisce il recesso nella conclusione del contratto, il recesso senza giusto motivo (o causa) dall’altra»181 e il correlativo danno. Va evidenziato che l’autonoma operatività dell’art. 1337 c.c. è per lo più individuata nel caso di recesso ingiustificato delle trattative, ipotesi in cui la decisione di abbandonare le trattative segue ad un contegno sleale e poco corretto del recedente. Anche in relazione a quest’ultima fattispecie, si sono manifestate resistenze riconducibili all’esigenza di preservare il dogma dell’autonomia della volontà
178 Cfr. Cass. Napoli, 18 ottobre 1922, in Xxxxx Xxxxxx, 0000, p. 271; Cass. Napoli, 31 luglio 1923, in Foro it., 1923, I, c. 1005 ss.; App. Venezia, 11 giugno 1924, I, c. 1013 ss. ove si osserva che «la parte che arbitrariamente recede (…) è tenuta verso l’altra al risarcimento dei danni, alla rifusione delle spese e al compenso delle prestazioni occorse».
179 Cass., 16 ottobre 1998, n. 10249, in Xxxxx e responsabilità, 1999, p. 419 ss, con nota di
X. Xxxxx.
180 Cass., 21 gennaio 1985, n. 226, in Resp. civ. e prev., 1985, p. 757, con nota di P.G. XXXXXXXX, Concorso di colpa e affidamento nella responsabilità precontrattuale.
181 X. XXXXXXXX, Il dovere precontrattuale di buona fede, in Rass. dir. civ., 1982, p. 1054.
negoziale, che si vuole libera particolarmente nella fase precontrattuale. Tuttavia, non esiste una libertà indiscriminata di agire, l’autonomia privata non può esplicarsi in modo arbitrario. Come significamente osservato182, la clausola di buona fede costituisce uno dei «limiti» interni posto dall’ordinamento giuridico diretti a modulare l’arbitrarietà, dunque, essa è strumento di garanzia posto dall’ordinamento giuridico all’esplicazione arbitraria dell’autonomia. Ragionando in questi termini, senza tralasciare che la proposta e l’accettazione sono atti revocabili e che «l’inizio di una trattativa non autorizza nessuno a fare assegnamento sul suo esito positivo, mentre il progressivo sviluppo della contrattazione può maturare al punto da giustificare il convincimento del contraente che l’altra parte è seriamente decisa a concludere l’affare»183, si è compiuto quel passaggio che ha fatto acquisire alla buona fede oggettiva nella fase precontrattuale una rilevanza autonoma.
Più avanti l’operatività della responsabilità precontrattuale si è estesa anche alla fattispecie del contratto concluso184, quindi anche all’ipotesi prevista dall’art. 1440 c.c nel quale si sancisce che «se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni». Detta norma è considerata applicazione della clausola di buona fede prevista dall’art. 1337 c.c.185, quindi, anche del principio di solidarietà espresso dalla Costituzione e del principio di proporzionalità, di rilevanza comunitaria186. Secondo un’opinione187, la norma di cui all’art. 1440 cc.
182 X. XXXXXXXXXXX, Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 codice civile, cit., p. 57.
183 C.M. XXXXXX, Diritto civile, III, cit., p. 168, nota 39.
184 X. XXXXX, Responsabilità precontrattuale e contratti standard, in Il Cod. Civ. Comm., diretto da X. Xxxxxxxxxxxx, (artt. 1337 – 1342), Milano, 1993, p. 95 ss.
185 X. X’XXXXX, «Regole di validità» e principio di correttezza nella formazione del contratto. Napoli, 1996, p. 119. note 54 e 56. Cass., 29 marzo 1999, n. 2956, in Rep. Foro it., 2000, voce Contratto in genere, n. 553.
186 X. XXXXXXXXXXX, Equilibrio normativo e principio di proporzionalità nei contratti, in ID. Il diritto dei contratti fra persona e mercato, cit. p. 449, afferma che se il principio di solidarietà, tramite il principio di ragionevolezza e di adeguatezza, è idoneo ad assicurare un riequilibrio tra interessi disomogenei, non comparabili che coinvolgono interessi non quantificabili, ad esempio, non patrimoniali, il principio di proporzionalità risulta applicabile là dove sia necessario procedere ad un bilanciamento tra interessi omogenei, comparabili e quantificabili, consentendo, quindi, di effettuare una valutazione sul piano equitativo.
proprio perché attuativa della buona fede oggettiva è suscettibile di applicazione analogica anche alle fattispecie dell’errore e della violenza incidenti. Detto orientamento sembra in linea con le tesi di chi nel ribadire la non eccezionalità dell’art. 1440 c.c. propone la coesistenza tra validità e risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1337 c.c. sì da configurare la categoria del «vizio incompleto»188 ogni qual volta «si fa salva la validità del contratto, perché il vizio non raggiunge la soglia che consente l’impugnazione, ma sussiste ciò non di meno il rimedio risarcitorio, in ragione di una condotta scorretta in contrahendo»189. In definitiva, la norma di cui all’art. 1440 c.c. dimostrerebbe la compatibilità tra validità del contratto e sussistenza di una responsabilità per violazione della regola di buona fede.
11. Il rapporto tra regole di validità e comportamento impone, tuttavia, una riflessione ancor più profonda. Un’autorevole dottrina190 individua un fondamento unitario tra regole di condotta e regole di validità nella buona fede. Queste regole pur trovandosi sul medesimo piano «si distinguono solamente per la diversa funzione»191: le une hanno nella giustizia il fine immediato, cioè tendono direttamente alla giustizia sostanziale, le altre hanno nella giustizia un fine mediato. Nonostante le regole di condotta e le regole di validità presentino un fondamento unitario, esse non interferiscono mai «secondo il principio di non interferenza tra giudizi di validità e di giudizi di risarcimento». Ciò conduce ad escludere che l’errore sul motivo (riconosciuto dall’altro contraente) possa inficiare la validità del contratto ed anche che oltre ai vizi del consenso strettamente intesi possano sussistere altre ipotesi di annullabilità del contratto. Tale impostazione basata sulla diversità di funzione delle regole in
187 X. XXXXXXXXXXX, Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 codice civile, cit., p. 60.
188 X. XXXXXXXXX, «Vizi incompleti» del contratto e rimedio risarcitorio, Torino, 1995, p. 289
189 X. XXXXXXXXX, o.l.u.c.
000 X. XXXXXXXXX, Xxxxxx, volontà e affidamento nel negozio giuridico, Padova, 1990, p. 104 ss.
191 X. XXXXXXXXX, o.u.c., p. 112.
esame non è apparsa priva di contraddizioni. Infatti, una recente dottrina192 ha sottolineato come la distinzione tra regole di comportamento, finalizzate a regolare la condotta reciproca dei contraenti nella fase dinamica, e regole di validità attinenti alla struttura della fattispecie e dirette a verificare la conformità del regolamento di interessi allo schema legale, perda inevitabilmente forza comportando una concreta interferenza, ove si individua un fondamento unitario.
Secondo altra impostazione193, invece, le regole di validità e di comportamento hanno un fondamento unitario nell’art. 1337 c.c., sì che la stessa tematica della tutela della volontà è ricondotta all’interno di una esigenza di tutela più ampia, quella della buona fede. Si è affermato che «a monte del negozio valido non sta tanto la volontà (o la dichiarazione) quanto il rispetto delle regole di onestà e correttezza»194, sì che la non correttezza determinerebbe sempre invalidità. Tuttavia, si è obbiettato che non tutte le ipotesi di invalidità sarebbero determinate dalla non correttezza195: basti pensare a quelle ipotesi di illegalità o illiceità dell’atto perché contrario ad una norma imperativa di carattere proibitivo. Condividere una siffatta tesi appare rischioso perché rende instabile le fondamenta del sistema giuridico e delle disciplina dell’invalidità.
Altra dottrina196 fa coincidere responsabilità precontrattuale e invalidità individuandone il fondamento nel «malgrado la buona fede» dell’art. 1469 bis. Anche tale soluzione è apparsa non condivisibile perché fondata sul sillogismo: come la buona fede oggettiva determina l’invalidità-inefficacia della singola clausola, così la stessa può invalidare un intero contratto. Non sembra possibile attribuire alla buona fede un valore così determinante nel giudizio di vessatorietà di una singola clausola. Infatti, è necessario sottolineare che la
192 X. XXXXXXXXXXX, Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 codice civile, cit., p. 65.
193 X. XXXXX, in X. XXXXX e X. XX XXXX, Il contratto, I, in Tratt. di dir. civ., diretto da X. Xxxxx, Torino, 1993, p. 355 ss.
194 X. XXXXX, o.u.c., p. 356
195 X. XXXXXXXXXXX, o.u.c., p. 69.
196 X. XXXXXXX, Squilibrio contrattuale e mala fede del contraente forte, in Contr. impr., 1997, p. 418 ss.
buona fede oggettiva197 in materia dei contratti del consumatore è soltanto un parametro per valutare la significatività di uno squilibrio normativo ed economico. Dunque, la buona fede non fonda, essa sola, l’invalidità della singola clausola o del contratto ma è un criterio di valutazione della gross disparity198. Squilibrio e violazione della buona fede oggettiva sono due parametri autonomi che incidono entrambi sul giudizio di vessatorietà. La seconda è chiamata a valutare la significatività e non il mero squilibrio. Una clausola contrattuale non sarà mai inefficacie soltanto se in contrasto con la buona fede, al massimo sarà vessatoria se da sé determina una gross disparity.
Altro orientamento199 opera un netto distinguo tra regole di validità e regole di condotta. La buona fede e le regole di comportamento non possono avere alcun rilievo in ordine alla validità dell’atto quindi non inferire nei giudizi di validità. Diversamente la buona fede diverrebbe un principio antagonista capace di scardinare l’intero sistema dei vizi del consenso. Pertanto, l’applicazione della norma di validità dovrà avvenire secondo criteri rigorosamente concettuali.
Anche questa tesi ha sollevato delle critiche. Si evidenzia come questo orientamento sembra fondarsi su un approccio meramente logico-razionale teso ad attribuire ad ogni concetto (nullità, annullabilità, buona fede) un’unica funzione predeterminata, sacrificando le peculiarità degli interessi e i valori riferibili alla fattispecie200. Dal quadro sin qui delineato, sembra evincersi che tutte le tesi in ordine al rapporto tra regole di validità e regole di comportamento presentino delle vistose incongruenze. E ciò per diversi motivazioni: in alcune non si ha attenzione agli interessi del caso concreto, alla peculiarità delle invalidità e si riscontra una compressione del dovere di informare; in altre invece si estende eccessivamente l’obbligo di informazione
«a tutti quegli elementi la cui conoscenza permette una esatta rappresentazione
197 X. XXXXXXXXX, Tutela del consumatore e clausole vessatorie, Napoli, 1999, p. 103, nota 12.
198 Vedi l’art. 3:10 dei Principi UNIDROIT.
199 X. X’XXXXX, «Regole di validità» e principio di correttezza nella formazione del contratto,cit., p. 147 ss.
200 X. XXXXXXXXXXX, Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 codice civile, cit., p. 82.
dell’oggetto delle trattative»201. Il ruolo della buona fede viene esaltato al punto tale da creare una corrispondenza tra non correttezza ed invalidità; si corre anche il rischio di renderne incerto il ruolo facendola assurgere a principale criterio per determinare l’invalidità. A questo punto si impone una soluzione diversa attenta agli interessi in gioco e alle particolarità della situazione, che non confonde le regole di validità e di comportamento le quali hanno fondamenti diversi e diversità di ruoli, talora coincidenti. Una soluzione volta a garantire l’applicazione dei principi costituzionali e comunitari, quali la ragionevolezza, la solidarietà, la proporzionalità, l’adeguatezza202 e la trasparenza, idonea a bilanciare gli interessi, e a favorire sia una riprovazione per i comportamenti formalizzati nelle diverse ipotesi di vizio e sia la ricezione di indici legislativi che nel regolare i comportamenti delle parti impongano degli obblighi e delle modalità di condotta solo talvolta in grado di «penetrare» nel regolamento e a decidere la sorte del contratto203.
Occorre, in altri termini, ricercare soluzioni non esclusiviste orientate ad affermare che la responsabilità precontrattuale è idonea ad incidere o soltanto sul risarcimento, o sulla validità, ma, piuttosto, soluzioni capaci di analizzare gli interessi che rilevano (in momenti distinti e appartenenti a fasi autonome) e di porre in evidenza che anche l’inesatta o la mancata informazione può talvolta incidere sia soltanto sul risarcimento, sia sulla validità, sia coniugare
201 X. XXXXXXXXX, La reticenza nella formazione dei contratti, Padova, 1972, p. 104. La stessa giurisprudenza non ha contribuito a far luce sul rapporto tra regole di validità e regole di comportamento. Emblematica è la sentenza della Suprema Corte nella quale si osseva che
«non esiste certamente un principio generale di applicabilità dei principi di correttezza e buona fede anche nel momento genetico del negozio e con riferimento al suo contenuto. Né tantomeno esiste un principio generale secondo il quale la violazione di tali principi produce di per sé nullità o annullabilità. Cass., 30 dicembre 1997, n. 13131, in Rep. Foro it., 1997, voce Contratto in genere, n. 259.
202 X. XXXXXXXXXXX, Equilibrio normativo e principio di proporzionalità nei contratti, in ID, Il diritto dei contratti fra persona e mercato, cit., p. 455 assegna rilevanza al principio di proporzionalità nel nostro sistema e alla sua interazione con i principi costituzionali, in ordine al rapporto tra autonomia privata ed equilibrio contrattuale nel nuovo «diritto» dei contratti.
203 Secondo X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxx e comportamenti nella formazione del contratto, cit., p. 91, necessita «una soluzione rigorosa ed unificante da un punto di vista meramente logico- formale, coerente con l’intenzione del legislatore, con la lettera e la ratio delle norme, ma al contempo equa, al fine di non dimenticare quello che è il ruolo e l’impegno civile del giurista, quindi soluzioni tese a bilanciare gli interessi, basate non già su un tecnicismo fine a sé stesso, ma su di una tecnica ed una forma attenti alla complessità della realtà e dell’ordinamento giuridico».
invalidità e risarcimento. Nell’ipotesi di lesione della buona fede precontrattuale con conseguente conclusione di un contratto non annullabile, né nullo possono, infatti, profilarsi diverse esigenze. Una è quella di tutelare l’esatto adempimento, l’altra è quella di garantire che la formazione del contratto in senso lato sia sempre condotta con serietà correttezza e lealtà.
Va verificato, in detta ipotesi, se l’adempimento del contratto valido assorbe l’interesse leso nella fase precontrattuale, o se diversamente l’adempimento non assorbe, quantitativamente e qualitativamente, detto interesse. Nel caso di assorbimento, nulla quaestio. Nella seconda ipotesi il contratto rimane valido, ma si potrebbe configurare una autonoma rilevanza dell’interesse ai sensi dell’art. 1337 c.c. (risarcimento aggiuntivo alla prestazione, commisurato alla differenza tra l’interesse soddisfatto con la prestazione e quello leso durante la contrattazione). Ciò non implica la negazione di qualsivoglia relazione tra regole di comportamento e regole di validità come parte della dottrina ha fatto204 bensì significa preferire una soluzione diversa a seconda che la violazione della regola di comportamento sia idonea o meno di penetrare di volta in volta nella fattispecie negoziale o almeno nell’operazione economica cui il rapporto (precontrattuale e contrattuale) è preordinato, al punto da determinare l’illiceità pur se non dell’atto, dell’operazione negoziale valutata nel suo complesso e alla quale l’atto è orientato. In talune ipotesi (espressamente previste dal legislatore, artt. 428, 1425, e 1434 ss c.c. e ogni caso ad esse riconducibile) la violazione delle regole di comportamento può determinare invalidità dell’atto per idoneità della condotta, non a penetrare «nella regola contenuta nell’atto di disposizione»205 ma ad incidere sulla libera formazione della volontà. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di errore essenziale e riconoscibile, della violenza relativa, del dolo commissivo determinante e in quei casi nei quali non è a configurarsi una
204 X. XXXXXXXXX, Errore, volontà e affidamento nel negozio giuridico, Padova, p. 104 ss.; X. X’XXXXX, Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, cit. 40 ss.
205 X. XX XXXXX, Contratto e reato. Profili civilistici, cit., par. 45.
semplice reticenza206, ma un dolo omissivo determinante, ovvero una reticenza dolosa, determinante su aspetti rilevanti la contrattazione. Ciò perché trovano fondamento ora nello stesso art. 1337 c.c. ora in disposizione espressamente previste per tutelare i contraenti xxxxxx, ora in alcune norme anche penalmente rilevanti (ad es. art. 641 c.p.). Mentre però in queste ipotesi, l’antigiuridicità rimane esterna alla fattispecie al punto da non incidere sulla regola contrattuale e caricarla di disvalore, in altre l’invalidità dell’atto è determinata per motivi diversi: ora per penetrazione della condotta scorretta nella struttura della singola fattispecie (vizio strutturale per mancanza totale dell’accordo=illegalità; vizio funzionale dell’atto=illeicità), ora nel rapporto sì da poter determinare non già l’illeicità del singolo negozio ma dell’operazione economica.
12. La violazione di una regola di comportamento nella fase precontrattuale può, dunque, in talune ipotesi riflettersi sul regolamento di interessi, sulla regola contrattuale, in altre no. Quando la violazione si riflette il contratto sarà nullo per illiceità207 (e cioè potrà produrre tanto l’illeicità del singolo atto, quanto determinare l’illiceità dell’operazione economica nel suo complesso). Negli altri casi il contratto rimarrà valido o al massimo annullabile e in un solo caso, cioè nell’ipotesi di violenza privata assoluta208, si avrà nullità
206 Sulla distinzione tra mera reticenza e dolo omissivo, v., X. XXXXXXXXXXX, Regole e comportamenti nella formazione del contratto, cit., p. 70 nota 144.
207 Si pensi alle ipotesi di violazione, da parte di un contraente o di entrambi, di alcune norme penali, le quali, pur essendo incriminazioni che riguardano la condotta illecita tenuta nella fase precedente l’accordo, sono in grado di incidere sul contenuto dell’atto, giustificando un giudizio civile di nullità per ingiustizia dell’atto di disposizione (nullità da disvalore). A riguardo, v. X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxx e comportamenti nella formazione del contratto, cit., p 103.
208 La violenza privata assoluta non prende in alcun modo il contenuto dell’atto o del rapporto ed incentra il giudizio esclusivamente nel comportamento prenegoziale. Essa sanzionando la vis absoluta, fisica (violenza) o morale (minaccia) che sia, si distingue dalla fattispecie civilistica della violenza relativa, in quanto come afferma X. XX XXXXX, Contratto e reato. Profili civilistici, cit, par. 46 è tale da impedire totalmente che si possa configurare una volontà imputabile al suo autore.
strutturale. In presenza di “vizio della volontà”209 o in presenza della violazione di norme penali nella fase precontrattuale inidonee a determinare una valutazione di ingiustizia dell’atto si avrà annullabilità. Va ricordato che vi sono reati concernenti la formazione della volontà contrattuale e quindi idonei a configurare annullabilità per violenza relativa, o nullità strutturale per violenza assoluta, e reati che pur concernenti la formazione della volontà contrattuale sono idonei ad incidere sulla regola negoziale determinando una valutazione negativa, da parte dell’ordinamento, anche del fatto negoziale in sé, in quanto si conforma la regola, espressa dall’atto di disposizione, in modo ingiusto. Riconducibile alla seconda categoria è la truffa (art. 640 c.p.), la quale si caratterizza per essere causa di nullità da disvalore e non di annullabilità210 in quanto, non soltanto è caratterizzata dalla presenza di artifizi e raggiri, ma l’illecito consiste proprio nella circostanza di procurare a sé o ad altri, «mediante violenza o minaccia», un ingiusto profitto con altrui danno. Elemento essenziale del reato è, dunque, non soltanto il raggiro, ma l’atto di disposizione patrimoniale la cui funzione è l’ingiusto profitto con altrui danno. Si chè per il reato di truffa è richiesta l’ingiustizia dell’atto di disposizione, a differenza del dolo, vizio del consenso, dove tale requisito non è necessario, tanto da essere annullabile anche il contratto che sia stato vantaggioso per il contraente, il cui consenso sia stato carpito con il raggiro. Lo stesso accade per la concussione (art. 317 c.p) e l’estorsione (art. 629 c.p.) per i quali è richiesta l’ingiustizia dell’atto di disposizione. Il disvalore del regolamento di interessi non deriva dal mero profitto ingiusto ma dall’ingiusto perseguimento del profitto collegato il raggiro, la dannosità per la vittima e la disfunzione sociale che è propria di ogni reato e di ogni operazione negoziale che nel suo complesso è antigiuridica. Alla luce di quanto detto, l’illiceità del negozio è non già da riscontrare in astratto, ma in concreto; essa si realizzerà ogni qual
209 Tra i quali, oltre a quelli espressamente previsti dal legislatore è da ricomprendere il dolo omissivo. Questi è da intendersi tuttavia soltanto quale reticenza dolosa, far riferimento all’omessa comunicazione di aspetti fondamentali o almeno rilevanti ai fini dell’assetto degli interessi (che il contratto dovrebbe realizzare) e non conoscibili dalla controparte mediante ordinaria diligenza.
210 Contra, per tutti, X. XXXXXXXX, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica. Profili ricostruttivi e sistematici. Napoli, 2002, p. 364.
volta v’è coincidenza tra condotta vietata e attività negoziale, ossia quando la concreta economia dell’affare, perseguendo l’evento vietato, lede l’interesse protetto. Ciò si può desumere anche da un’analisi ermeneutica non già di un singolo negozio, ma di un’operazione economica complessa. Per valutare l’illeicità di un negozio è necessario, dunque, far riferimento all’operazione complessa di cui il negozio è parte, sì che per valutare l’illeicità di un atto si deve far riferimento talvolta, all’operazione complessiva cui il negozio afferisce e sempre al testo e al contesto, ovvero alla lettera ed al comportamento contestuale, successivo e anteriore alla conclusione del contratto (art. 1362, comma 2, c.c.). Se è vero, infatti, che non bisogna confondere il testo211 con il procedimento attraverso il quale l’accordo su quel testo è stato raggiunto212, è altrettanto vero che il precetto negoziale, che, proprio per effetto della stipulazione, viene ad assumere valore vincolante per i contraenti, quindi norma o regola dei loro rapporti, «può essere individuato solamente attraverso quella delicata opera di «lettura» del testo che si chiama interpretazione, opera che in primo luogo non ha per punto di riferimento soltanto il «testo» approvato dai contraenti, occorrendo altresì valutare il
«comportamento complessivo» delle parti: art. 1362, comma 2, c.c.»213. Pertanto ai fini dell’individuazione del «valore», quindi del precetto e della disposizione negoziale, non si può prescindere dal procedimento di formazione del consenso e dal testo e dal contesto, poiché «la dichiarazione non è data solo dalla parola o dallo scritto ma dal contegno complessivo del dichiarante, e cioè anche dalle circostanze»214. Il precetto negoziale ed il regolamento di interessi devono essere individuati attraverso il riferimento alla lettera ed al comportamento anche anteriore alla conclusione del negozio, perché la
211 Ossia «i segni espressivi approvati concordamente dalle parti per rappresentare l’intesa raggiunta», P. XXXXXXXXXXX, Complessità del procedimento di formazione del consenso ed unità del negozio contrattuale, cit, p. 1355.
212 Cosi, P. XXXXXXXXXXX, o.u.c., p. 1354
213 P. XXXXXXXXXXX, Complessità del procedimento di formazione del consenso ed unità del negozio contrattuale, cit., p. 1355.
214 X. XXXX, Profili dell’interpretazione oggettiva del negozio giuridico, Bologna, 1943, p.
17. In argomento V., N. IRTI, Xxxxx e contesto. Una lettura dell’art. 1362 codice civile.
Padova, 1996.
decisione di colui o di coloro che hanno accettato è spesso determinata dalla controparte e quindi talvolta, il comportamento stesso è capace di «colorare» la regola negoziale, il risultato finale voluto, o meglio l’operazione nel suo complesso. Dunque, in tutti e soltanto in quei casi dove l’illeicità della condotta precontrattuale è tale da essere vista e tale da penetrare nel precetto, saremo in presenza non già di una mera lesione assoluta o relativa della libertà contrattuale (nullità strutturale o annullabilità), ma di un atto viziato funzionalmente, ossia nullo per una condotta illecita che, in un rapporto di causa-effetto, è risultata capace di «colorare» il regolamento di interessi (o la cd. volontà comune). La contrarietà dell’atto al sistema, quindi, si evince non soltanto dalla presenza di una chiara norma imperativa di carattere proibitivo in tal senso, ma per la lesione della regola privata «ai principi di ordine etico- politico che costituiscono nell’essenza lo «spirito» dell’ordinamento»215.
La violazione della correttezza nella fase precontrattuale incide, dunque, sulla validità soltanto in alcuni casi, cioè quando è idonea ad incidere sulla libera formazione della volontà ed ogni qualvolta è tale da determinare una valutazione negativa, di dannosità sociale, del regolamento degli interessi e del precetto negoziale (nullità da disvalore). Sarà compito dell’interprete, volta per volta e nella transizione dal procedimento di conclusione del contratto alla fattispecie negoziale, distinguere i comportamenti destinati a restare esterni alla fattispecie negoziale e quelli idonei a penetrarvi. E ciò, come più volte ribadito, sulla base di una valutazione globale dell’assetto degli interessi, tesa ad individuare tra i comportamenti destinati a restare esterni quelli capaci di incidere sull’intera operazione sì da determinare l’illeicità della stessa e quindi anche degli atti ad essa preordinati e quelli che, pur non essendo idonei a procurare l’illeicità del negozio sono capaci di trarre su di sé autonoma rilevanza. Ovvero se l’adempimento del contratto valido assorbe l’interesse leso nella fase precontrattuale , nulla quaestio, se l’adempimento non assorbe l’interesse leso nella fase della formazione del contratto, il contratto rimane
215 X. XXXXX, voce Negozio giuridico IV) Negozio illecito, in Enc. giur. Treccani, XX, Roma, 1990, p. 4.
valido, ma con un’autonoma rilevanza dell’interesse ai sensi dell’art. 1337 c.c. al fine di configurare un risarcimento aggiuntivo alla prestazione. Questa soluzione appare coerente con i principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza espressi da tempo a livello comunitario e costituzionale, e sembra insuscettibile di prescindere da elementi estrinseci alla fattispecie, quali il
«contesto situazionale» nel quale l’atto è inserito, l’operazione complessiva della quale il negozio è parte, quindi gli interessi che di volta in volta quantitativamente e qualitativamente emergono da ciò che c’è intorno all’atto.
Questo perché lì dove c’è un contratto è necessario pur sempre far riferimento al comportamento, contestuale e successivo alla conclusione dello stesso.
13. Se è vero che una relazione, a priori, diretta ed immediata tra regole di comportamento e regole di validità sembra esclusa216, è pur vero che tenendo conto delle circostanze del caso concreto non può certo escludersi a priori. L’impossibilità di escludere del tutto un rapporto tra regole di comportamento e regole di validità si evince sia da alcuni orientamenti giurisprudenziali217 sia dell’art. 4:109 dei Principi di diritto europeo dei contratti elaborati dalla Commissione Lando, «ove è previsto che se una parte, al momento della conclusione del contratto, abbia tratto un ingiusto profitto o un vantaggio iniquo a causa di una situazione di dipendenza o fiducia dall’altra o dal bisogno economico di questa, la parte interessata può chiedere, oltre all’annullamento, che l’autorità giudiziaria riequilibri il contenuto del contratto. E siffatto intervento giudiziale è realizzabile, adeguandolo il regolamento di interessi a quello che i contraenti avrebbero stabilito se si fossero comportati correttamente»218.
Del resto, sulla base di quanto precedentemente osservato, pare non potersi più sostenere una netta separazione tra comportamenti destinati a
216 App. Firenze, 16 giugno 195, in Giur. tosc., 1950, p. 327.
217 Cass., 15 ottobre 1955, n.3175, in Giust. civ., 1956, I, p. 19, ove si osserva che «se una norma imperativa prevede, per l’ipotesi di una sua violazione, una sanzione penale, e non anche espressamente la nullità del contratto, tale nullità non può senz’altro ritenersi esclusa». 218 Sul punto siv. X. XXXXXXX, Xxxxx fede ed interessi dedotti nel rapporto obbligatorio tra legalità costituzionale e comunitaria, in Rass. dir. civ., 2002, p. 293,
restare ‘esterni’ alla fattispecie negoziale e comportamenti idonei a ‘penetrarvi’, poiché così si affermerebbe che i primi restano irrilevanti ai fini del giudizio di validità del contratto, mentre i secondi contribuendo a definire gli elementi strutturali e funzionali siano rilevanti ai fini del giudizio di validità219. Non si terrebbe conto del fatto che se nel giudizio di responsabilità oggetto di valutazione è la condotta, nel giudizio di validità oggetto di valutazione è l’autoregolamento quanto anche la stessa condotta. Inoltre alla luce dell’importante distinzione tra illegalità ed illeicità, più volte sottolineata dalla dottrina,220 pare opportuno condividere quella tesi secondo cui l’invalidità di un atto può essere fondata tanto sull’idea di incompletezza strutturale (non conformità dell’atto allo schema legale), quanto sulla non conformità funzionale del negozio a norme imperative di carattere proibitivo poste a tutela di interessi generali221, all’ordine pubblico e al buon costume. Nella prima accezione il negozio non è conforme al modello legale stabilito dal legislatore (cd.valutazione limitativa di non conformità) ad esempio per mancanza di un requisito essenziale determinata da un comportamento sleale posto in essere nella fase precontrattuale; nella seconda accezione, invece, rientra il negozio caratterizzato da comportamenti, anche anteriori alla conclusione del contratto, tali da «colorare negativamente» il regolamento di interessi (cd. valutazione negativa di riprovazione)222. In ambedue le ipotesi il contratto è invalido. Pertanto, la relazione tra regole di comportamento e regole di validità sembra rafforzarsi perché la validità di un atto può dipendere anche dal comportamento nella fase precontrattuale il quale può assurgere a canone ermeneutico del giudizio di validità dell’atto e di conformità dell’operazione complessiva al sistema.
219 X. XXXXXXX, Contratto illecito e norma penale. Contributo allo studio della nullità, Milano, 2000, p. 64.
220 Si veda, per tutti, F. FERRARA sr., Teoria del negozio illecito nel diritto civile italiano, Milano, 1914, p. 298. Più di recente, X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxx illecito e negozio illegale. Una incerta distinzione sul piano degli effetti. Napoli, 2003, p. 5 ss.
221 X. XXXXXXXXXXX, Regole e comportamenti nella formazione del contratto, cit., p. 135.
222 X. XXXXXXXXXXX, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987, p. 26 il quale distingue tra illiceità del contratto (valutazione di riprovazione) e semplice illegalità (valutazione di non conformità).
La violazione del dovere di «comportarsi secondo buona fede nella fase precontrattuale», nell’ambito di un contratto posto in essere tra due soggetti senza alcuna disparità di potere contrattuale, può dunque determinare o non l’invalidità dell’atto. Nella prima ipotesi potrà aversi, come precedentemente detto, annullabilità (quando la condotta lesiva, pur non penetrando nella regola negoziale, ha inciso sulla formazione della volontà: ed. es. l’errore), nullità strutturale (la condotta lesiva, pur non penetrando nella regola negoziale, ha impedito di configurare una volontà imputabile all’autore dell’atto), nullità da disvalore (condotta lesiva, che penetrando nella regola negoziale, ha prodotto una regola negoziale contraria a norme imperative proibitive).
Nell’ipotesi di validità dell’atto sarà l’interprete a valutare se l’interesse leso nella fase precontrattuale è o non suscettibile di autonoma rilevanza rispetto all’adempimento. Quando, ad esempio, l’adempimento del contratto valido non assorbe l’interesse leso nella fase di formazione del contratto matura, in capo alla vittima, un diritto al risarcimento del danno aggiuntivo alla prestazione.
La soluzione prospettata sembra trovare conforto nella scelta operata dalla Suprema Corte che in una recente sentenza ha configurato responsabilità precontrattuale per ritardo ingiustificato e notevole nella conclusione del contratto, quindi la coesistenza tra risarcimento del danno e validità del contratto223.
A riguardo occorre precisare che, pur condividendosi l’esigenza di sanzionare ogni tipo di comportamento sleale ed antieconomico, è necessario valutare volta per volta, a seconda del contratto, bene e contraenti, e sia delle ulteriori circostanze esistenti al momento della conclusione del negozio, se l’interesse leso nella fase precontrattuale è tale da penetrare nel regolamento di interessi al punto da incidere sulla causa (illiceità), oppure, pur non essendo capace di riflettersi sulla fattispecie, rendendola in qualche modo invalida
223 Cass., 16 ottobre 1998, n. 10249, in Danno e responsabilità, 1999, p. 419 ss, con nota di
X. XXXXX e in Xxxxxxxxx, 1999, p. 329 ss., con nota di X. XXXXXX.
(annullabilità o nullità per illegalità), è tale da essere assorbito o no, da un punto di vista quantitativo e qualitativo, nell’area del valore.
Analizzando attentamente il caso concreto sarà possibile individuare, da una parte, il proprium della responsabilità precontrattuale e della convivenza di questa con le invalidità, dall’altra, soluzioni né troppo favorevoli all’incomunicabilità tra regole di comportamento e di validità, né troppo orientate a far coincidere due aspetti che solamente talvolta hanno un unico fondamento.
L’obbligo di correttezza, dunque, non deve essere valutato in base al momento cronologico in cui viene violato, ma nel modo in cui la lesione dell’interesse tutelato incide sull’area del valore unitariamente intesa; quest’ultima non può precludere l’eventuale diritto al risarcimento del danno che trova la sua fonte in un comportamento per lo più autonomo (dal punto di vista funzionale, strutturale, logico e cronologico) dal disvalore contrattuale224. Il dovere di correttezza non è del mero periodo precontrattuale ma della fase esecutiva (artt. 1375, 1460, comma 2, c.c.) ovvero del comportamento anteriore, contestuale e successivo alla conclusione del contratto (art. 1362). Dunque, la violazione della correttezza non può non rilevare, talora, sul piano del regolamento di interessi, lì dove è in grado di incidervi: o sotto forma di annullabilità, o sotto forma di nullità da disvalore e di nullità strutturale, o sotto forma di mera responsabilità, quando non è in grado di penetrare nella fattispecie ma, tuttavia, l’interesse leso dal comportamento precontrattuale non è assorbito qualitativamente e quantitativamente dall’interesse soddisfatto con l’adempimento, sì che s’impone un risarcimento del danno aggiuntivo alla prestazione. Xxxxxxxx può convivere, anche con un negozio autonomamente illecito, sotto forma di mera responsabilità.
224 Si pensi ad esempio alla illiceità di un atto derivante dalla violazione di una norma imperativa-proibitiva autonoma rispetto al dovere di correttezza. Ad esempio il caso dell’accordo lesivo 81 Ce sottoposto di recente alla Corte di Giustizia. Si v., Corte di Giustizia C.E. 20 settembre 2001, in Foro it., 2, 2002, IV, c. 75 ss. con nota di X. XXXXXXXX e
X. Xxxxxxxxx, Intesa illecita e risarcimento a favore di una parte: «chi è causa del suo mal…si lagni e paghi i danni».
14. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte certamente rafforzata appare quell’esigenza, peraltro sollecitata da tempo, di liberarsi dall’influenza di una serie di dogmi ritenuti da sempre corollario della teoria del contratto: il dogma del consenso e quello della relatività degli effetti. E’ indubbio, secondo una suggestiva analisi225, che con il fenomeno della contrattazione di massa e con il proliferare di nuove tecniche di formazione dell’accordo, le quali non si esprimono più nei tradizionali canoni linguistici di un diretto e chiaro dialogo fra le parti, l’autonomia soggettiva si estrinseca in contratti senza accordi in cui le parti (o una di esse) sono escluse dalla conformazione del rapporto e manifestano soltanto «un’intenzione reale, intenzione cioè orientata e consumata verso la res nel suo essere fisico o nella sua immagine»226. «C’è, nei luoghi degli scambi silenziosi, una sorta di meccanica ritualità, di spersonalizzante ripetitività, che annulla qualsiasi attrito psicologico e volontaristico»227. L’ampia diffusione di tecniche conformatrici e l’emersione di taluni rituali nuovi rispetto a quelli che la tradizione mercantilistica ci aveva consegnato hanno fatto venir meno quel contatto dialogico tra le parti che, nel quadro della disciplina codicistica relativa alla formazione, necessariamente precede l’espressione del consenso.
Secondo un’altra autorevole opinione228 la quale ha replicato sottolineando il pericolo di “disumanizzazione” del contratto cui espone la riferita teoria, le tecniche di formazione del contratto caratterizzate dall’assenza di dialogo, come ad esempio quelle relative ai contratti telematici, configurerebbero comunque un accordo sia pure all’inizio del complesso processo decisionale che conduce alla formazione del contratto (scelta del programma informatico ove sono determinati i prezzi di acquisto o di vendita), piuttosto che nella fase delle trattative, che qui non vi sono. A ciò si è ribattuto, evidenziando come il compito del giurista non si esplica nella difesa dei valori umani bensì nel «descrivere i fenomeni, quando accadono e come accadono,
225 X. XXXX, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, p. 347 ss.
226 X. XXXX, o.u.c., p. 360
227 X. XXXX, o.u.c., p. 354
228 X. XXXX, Disumanizzazione del contratto?, in Riv. dir. civ., 1998, I, p. 525 ss.
scoprendone l’intima logica e le potenze dominanti»229, il che mostrerebbe che gli scambi di massa si svolgono senza accordi. Così, nella realtà socio- economica del nostro tempo l’autonomia privata sembra riconducibile ad una serie di atti, analizzabili anche nella loro unilateralità, che si incontrano, si combinano in poteri di iniziativa, mediante i quali lo scambio si sostanzia. In tale contesto, la protezione dei soggetti non si attua nella tutela della volontà o dell’incontro tra volontà, bensì in un insieme di regole oggettive, spesso di ordine pubblico. I «limiti all’autonomia, posti a tutela dei contraenti più deboli, non sono (…) esterni ed eccezionali, ma interni, espressione diretta dell’atto e del suo significato costituzionale»230.
Quanto sin qui osservato conviene con le intuizioni di chi da molto tempo propugna l’idea che «l’elemento costante nella teoria degli atti e dell’attività dei privati è l’iniziativa, non l’autonomia privata, poiché in concreto l’autoregolamentazione può mancare»231 esprimendosi in termini di poteri di iniziativa che trovano disciplina integrata nell’autoregolamento e nelle fonti sovraordinate232. Con ciò si pone alla sensibilità dell’interprete il compito di armonizzare le varie fonti233 di disciplina dei fatti umani. Il potere dei privati, in una siffatta ottica, assume rilievo per la sua capacità di creare regole secondo modalità diverse da quelle ereditate dalla tradizione statalistica. Da altra prospettiva, non può non osservarsi che nell’odierno contesto sociale dominato da quel diritto uniforme, spontaneo, amministrato da collegi arbitrali internazionali e creato dai «mercanti del diritto»234, le regole di matrice privata non presuppongono la coincidenza tra chi pone la regola e il destinatario di essa. Un’élite di potenti imprenditori fa passare come espressione di regole fondate sul consenso quelle che, invece, sono determinazioni unilaterali, regole prive di “riflessività”. L’attuale sistema
229 X. XXXX, «E’ vero ma…» (Replica a Xxxxxxx Xxxx), in Riv. dir. civ., 1999, I, p. 273 ss.
230 X. XXXXXXXXXXX, Profili del diritto civile, cit., p. 243.
231 X. XXXXXXXXXXX, o.u.c., p. 24.
232 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, p. 141 ss., p. 163 ss.
233 X. XXXXXXXXXXX, o.u.c., p. 151.
234 P. GROSSI, Globalizzazione, diritto, scienza giuridica, in Foro it., V, 2002, c. 163 parla di
«rango servile» e di «ruolo spregevole».
mercantilistico detta strumenti normativi deficitari anche del tradizionale requisito della contrattualità intesa alla stregua della disponibilità dell’effetto da parte dei soggetti nella sfera giuridica dei quali esso è destinato a prodursi e, pertanto, dà luogo a vincoli caratterizzati da situazioni di forza sperequate. In tale contesto, risulta, necessario rinvenire, alla stregua di fonti sovraordinate, strumenti integrativi e correttivi dei rapporti di forza che si sviluppano nel mercato tesi al riequilibrio di situazioni contrattuali squilibrate, anche in una fase posteriore a quella della conclusione del vincolo, in vista della realizzazione di interessi maggiormente meritevoli di protezione235.
A tal riguardo, possono enumerarsi molteplici strumenti normativi, fra i quali ad esempio la legge n. 192/98 della subfornitura nelle attività produttive, la legge n. 281/98 c.d. sulla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti. Si sottopone il contraente con maggior forza ad un potere di controllo contenutistico del regolamento pattizio, diretto a valutare complessivamente gli interessi delle parti e dotato della forza di incidere sulla “giustizia” contrattuale.
A questa stregua, la regola negoziale, norma oggettiva236, deve essere incardinata in un ottica che «ci induce ad abbandonare la prospettiva strutturalistica del contratto, incline ad enfatizzare il ruolo dell’accordo, per prediligere un punto di vista funzionale, ispirato alla valutazione degli interessi in gioco, ed alla prevalenza di quelli più meritevoli secondo il diritto. Ad abbandonare l’idea che il contratto sia essenzialmente accordo per prediligere l’idea che il contratto sia essenzialmente rapporto»237. E’ così che il contratto può ritenersi il «principale strumento della innovazione giuridica»238.
235 X. XXXXXXXXX, Diritto dei contratti e sensibilità dell’interprete, cit., p. 18.
236 X. XXXXX, L’autonomia privata, cit., p. 6.
237 X. XXXXXXXXX, Adeguamento del contratto e poteri del giudice, in Scritti in memoria di Xxxxx Xxxxxxxxxxxxx, I, Napoli, 2002, p. 218 ss.
238 X. XXXXXXX, Le fonti del diritto nella società post-industriale, in Sociologia del diritto, 1990, p. 158.
CAPITOLO III
I procedimenti di formazione del contratto on-line e del contratto di subfornitura
Sommario:
a) I contratti conclusi in rete.
1. Premessa. 2. Peculiarità del commercio elettronico. Difficoltà di inquadramento delle modalità di formazione del contratto virtuale in uno dei procedimenti codicistici. 3. Il d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70, in materia di contratti conclusi in rete. Inapplicabilità degli schemi degli artt. 1326 e 1327 c.c. 4. Segue: Inapplicabilità dello schema dell’offerta al pubblico. 5. Diversità della previsione del terzo comma dell’art. 13, d.lgs. 70/2003 rispetto a quella dell’art. 1335 c.c.
b) Il contratto di subfornitura.
6. Premessa. 7. I procedimenti di formazione del contratto di subfornitura: inizio esecuzione e forma scritta. Ripensamento del tradizionale principio dell’inapplicabilità ai contratti formali del procedimento di formazione per facta concludentia. La fictio iuris. 8. La natura giuridica dell’inizio esecuzione e l’accordo. Le condizioni di applicabilità dell’art. 1327 c.c. : richiesta del proponente, natura dell’affare e usi e loro autonomia. 9. Confronto tra il 1327 c.c. ed art. 2, comma 2, della legge 192/98. Efficacia perfezionativa dell’inizio esecuzione ed inefficacia delle clausole vessatorie non approvate per iscritto. 10. Libertà di scelta del subfornitore e potere del committente.
a) I contratti conclusi in rete.
1. Appare necessario sottoporre a stringente verifica la possibilità di applicare i tradizionali schemi di formazione ai nuovi modelli rintracciati nei provvedimenti di derivazione comunitaria. Si comincerà dai contratti conclusi tramite internet. In via preliminare, occorre vedere a fronte dell’incredibile diffusione del commercio elettronico se l’innegabile portata rivoluzionaria si traduca nell’impossibilità di accostarsi al fenomeno facendo uso delle categorie concettuali consegnateci dalla tradizione civilistica o se invece sia consentito comprendere all’interno dei vigenti ordinamenti anche il complesso della cd. cyberlaw. Si rendono necessarie, per verificare l’effettiva compatibilità delle categorie sistematiche conosciute alle nuove tecniche formative, alcune brevi note sul funzionamento della Rete. Si afferma che ciò che connota «lo spazio cibernetico è il fatto che esso si presenta come virtuale, che non comporta
alcun movimento fisico di veicoli o di cose, ma soltanto di impulsi elettronici»:239 non ha confini, perché il costo e la velocità della trasmissione sono praticamente indipendenti dalla collocazione fisica dei soggetti e i messaggi sulla Rete possono essere inviati e ricevuti senza ritardi o possibilità di danneggiamento, non essendo influenzati da alcun ostacolo o barriera che normalmente potrebbero separare luoghi e persone distanti. Internet rende così possibili scambi di ogni tipo tra persone che non sanno (e in molti casi neppure possono sapere) dove fisicamente si trovi la controparte. Non che la collocazione risulti comunque assolutamente indifferente, tutt’altro: quello che interessa non è però un luogo “reale”, ma soltanto la collocazione nello spazio virtuale degli indirizzi Web, il cui collegamento fisico con un territorio è, quando esiste, del tutto effimero. Tale caratteristica ha pertanto indotto a negare radicalmente la possibilità di inserire i fenomeni connessi ad internet nei canoni propri delle legislazioni esistenti, in virtù dell’estrinseca inapplicabilità alla rete di uno dei requisiti ritenuti essenziali nella normazione: il principio di territorialità240. Si è proposto quindi di considerare il ciberspazio come “luogo” in sé, distinto dal mondo reale e caratterizzato dall’assenza di confini al suo interno, possibile oggetto di normative unitarie, spontaneamente generate all’interno delle comunità virtuali presenti su tutta la rete, applicabili a chiunque vi faccia ingresso e in tutto alternative alle prescrizioni dei diritti nazionali nei singoli settori: dalla privacy alla libertà espressione, dal commercio elettronico al diritto d’autore. L’ipotesi di questo nuovo «diritto virtuale», (che viene accostato alla lex mercatoria, al fine di sottolinearne la natura di normativa speciale, applicabile a rapporti caratterizzati da eccezionalità rispetto al diritto comune241) non è priva di fascino, ma deve
239 X. XXXX, Premessa, in AA.VV, I problemi giuridici di internet, a cura di X. XXXX, Milano, 1999, p. XIII.
240 D.R. XXXXXXX e D.G. POST, Law and Borders – The Rise of Law in Cyber space, in 48 Stan. L. Rev. (1996), p. 1367. Nel suggestivo saggio di X. XXXX, Scambi senza accordo, cit., pag. 358 si legge che la tecnologia telematica «determina la creazione di un universo impalpabile, di un’astratta iper-realtà, che, stando sopra le cose, le svuota di storicità e territorialità».
241 La dottrina francese ha talora parlato dell’emersione di una vera e propria “lex electronica”: cfr. M. VIVANT, Quel droit pour les flux trans-frontière des données?, in R.I.D.E., 1988, pp. 255 ss. e X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, K. BENYEKHLEF, Droit du
essere respinta. In primis, perché ad essa si connette una visione “anarchica” della rete, fermamente contraria a qualsiasi forma di regolamentazione eteronoma e, inoltre, perché si pone in netta controtendenza rispetto alle posizioni concretamente assunte dai diversi ordinamenti. In generale nei confronti di internet, ma soprattutto in relazione al fenomeno più eclatante tra quelli connessi alla Rete, il commercio elettronico. Il problema, naturalmente, ha confini ben più ampi di quello oggetto di questa indagine: già per la contrattazione telematica, tuttavia, non si può non considerare che le numerose e pressanti questioni poste dalla rete, dalla certezza nell’imputabilità di dichiarazioni che in concreto si presentano quali trasmissioni di dati informatici (intrinsecamente anonimi, o meglio riferibili a un elaboratore) ai profili di disciplina generale del contratto (tempo e luogo della conclusione, anzitutto, ma anche possibilità di revoca dell’accettazione, responsabilità, tutela dell’acquirente, ecc.) devono essere sì esaminate senza preconcetti ma con cautela, poiché «(n)on tutte le regole hanno portata dirompente e non sempre problematico si rivela il loro inquadramento armonico nel sistema. Molte regole consolidate, continueranno, quindi, a rappresentare un referente affidabile, mentre – in altri casi – sarà d’uopo esprimere un giudizio diverso. Sarà l’esperienza, poi a rivelare, nei diversi settori, l’esigenza di formulare, ancora, nuove regole»242.
2. Una volta stabilito che lo spazio cibernetico non è un «luogo», ma che almeno ai fini contrattuali la Rete si presenta come mezzo di trasmissione di dichiarazioni, è opportuna una sintetica precisazione sulla nozione di “contratto telematico”243. L’aggettivo viene utilizzato in dottrina,
commerce èlectronique et normes applicables: l’émergence de la Lex electronica, in R.D.A.I., 1997, pp. 547 ss.
242 X. XXXXX, Lo “ius poenitendi” tra tutela del consumatore e razionalità del mercato, in Riv. crit. dir. priv., 2001, p. 571.
243 Negli ultimi anni si registrano innumerevoli contributi sul tema, si rinvia qui almeno a F. XXXXXXX, Contratto telematico e commercio elettronico, Milano, 2002; X. XXXXXXX, Volontà e accordo nella contrattazione telematica, in Nuova giur. civ. comm., 2003, II, pp. 201 ss.; M.
conformemente alla sua etimologia244, per indicare «il metodo tecnologico di trasmissione del pensiero a distanza mediante l’impiego di un linguaggio computerizzato, che veicola informazioni automatizzate»245: il “contratto telematico” è quindi caratterizzato dalla conclusione a distanza, attraverso l’utilizzazione di mezzi informatici per la trasmissione delle dichiarazioni che si inseriscono nel procedimento di formazione. Gran parte dell’elaborazione sui contratti informatici, nella quale a partire dagli anni ottanta si sono cimentati numerosi studiosi,246 appare tuttavia inadeguata per affrontare i nuovi problemi posti dalla contrattazione “in rete”: per dimensioni, tecnica e facilità di accesso essa si presenta con caratteristiche del tutto peculiari247.
Il commercio elettronico, infatti, nasce prima della diffusione di internet, ma pur assumendo dimensioni spesso ragguardevoli (si pensi, ad esempio, alle reti interbancarie) avveniva in genere soltanto tra operatori professionali (imprenditori, società commerciali) e su reti “dedicate”, o comunque non accessibili a utenti esterni: la principale caratteristica di internet è invece quella di essere una rete aperta, ove la possibilità di accesso è praticamente illimitata. In secondo luogo, le transazioni che si svolgevano sulle reti “chiuse” si fondavano nelle forme tra i soggetti interessati: quindi si risolvevano spesso a ben vedere, in adempimenti di obbligazioni assunte aliunde248. Nella rete, al contrario, i siti commerciali fungono da “vetrine
PENNASILICO, La conclusione dei contratti on-line tra continuità e innovazione, in Dir. inf., 2004, pp. 805 ss.
244 “Tele”, a distanza, “(infor)matica”. Per una efficace sintesi dell’evoluzione storica del significato si x. X. XX XXXXX, xx Xxxxxx, 0000, p. 5.
245 X. XXXXXXX, Telematica e informatica giuridica, in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, p. 60, che ivi definisce l’informatica come «un procedimento di memorizzazione artificiale dei dati per mezzo di impulsi elettromagnetici su un supporto fisico (nastro, disco, silicio) di elaborazione, cioè di confronto, analisi ed aggregazione dei dati così registrati, di decifrazione e comunicazione visiva su uno schermo ovvero su uno stampato delle informazioni così ottenute».
246 Si v. per tutti X. XXXXXXXX, Informatica e conclusione del contratto, Milano, 1985; AA.VV., I contratti di informatica, a cura di X. XXXX e X. XXXX XXXXXXXXX, Xxxxxx, 0000.
247 Sul punto si v. X. XXXXXXX XXXX e X. XXXXXXX XXXXXX, Despatches from the Front: Recent Skirmishes Along the Frontiers of Electronic Contracting Law, in 55 Bus. Law. (1999), p. 455 e sopratutto XXXXXXX XXXX, Open System, Free Market and Regulation of internet Commerce, in 72 Tul. L. Rev. (1998), p. 1177.
248 E’ il caso, ad esempio, dei trasferimenti elettronici di fondi, sui quali v., fra gli altri, X. XXXXXXXXXXXX, Trasferimenti elettronici dei fondi e autonomia privata, Milano, 1986.
telematiche”, che possono essere raggiunte da chiunque, in qualunque Stato fisicamente si trovi e senza che vi sia stato un preventivo accordo sulle regole che presidieranno all’eventuale scambio. La più diffusa fra le modalità di acquisto on line prevede infatti l’ingresso del navigatore telematico in un sito strutturato come una sorta di supermercato (si parla spesso infatti di cyber o virtual mal), ove si possono visionare i prodotti o i servizi, descritti in modo più o meno dettagliato e corredati dei relativi prezzi (di solito più convenienti di quelli praticati fuori dalla rete), e inserirli in un “carrello” virtuale:249 al termine della visita, l’utente può decidere quali prodotti acquistare semplicemente compilando un modulo d’ordine, ove in “campi” predefiniti gli verranno richiesti i suoi dati anagrafici, l’indirizzo di posta elettronica e (in genere) il numero della carta di credito, per operare l’addebito del prezzo (talvolta maggiorato delle spese di spedizione).
Lo schema così tratteggiato si presta naturalmente a innumerevoli varianti, relative alla conclusione del contratto, alle modalità di pagamento, all’esecuzione da parte del venditore.250 Per quest’ultima, basti ricordare che è possibile acquistare su internet sia beni mobili (che verranno in seguito recapitati al cliente) che beni immateriali (programmi informatici, abbonamenti a periodici “elettronici” pubblicati solo on line, brani musicali, ecc.): i quali verranno trasmessi per E-mail all’indirizzo dell’acquirente o, più spesso, saranno fruibili direttamente attraverso la rete.251 Il pagamento del corrispettivo
249 Nota giustamente F. XXXXXXX, Il D.P.R. 513/1997 e il contratto telematico, in Contratti, 1998, p. 297, che «l’imitazione della realtà del supermercato viene perseguita con decisione dai produttori, nella consapevolezza della attitudine ad agevolare gli acquisti anche di coloro che sono più inesperti di informatica».
250 Per una recente sintesi si v. E. TOSI, Contrattazione telematica e conclusione del contratto virtuale, in X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXX, Commercio Elettronico, documento informatico e firma digitale, Torino, 2003, pp. 97 ss.; A.M. BENEDETTI, Autonomia procedimentale e formazione del contratto virtuale: annotazioni sull’art. 13 del d.lgs. 70/2003, in Diritto dell’internet n.1/2006.
251 Pertanto sarà necessario il “download” dei relativi files, il cliente dovrà cioè “scaricarli” nella memoria rigida (hard disk) del proprio computer: l’operazione può durare da qualche secondo a decine di minuti, secondo la velocità di connessione dell’utente e il numero di bytes di cui è composto il programma. Com’è noto, attraverso alcuni programmi “scaricabili” senza alcun costo per l’utente è possibile procurarsi una quantità pressoché illimitata di brani musicali di ogni genere, talvolta anche prima che vengano messi in commercio: si può facilmente immaginare l’impatto sul mercato discografico di tale tecnica, diffusa in modo impressionante, e i problemi che suscita in tema di tutela del diritto d’autore.
da parte dell’acquirente, che nella maggior parte dei casi avviene per mezzo di carta di credito, può assumere invece un rilievo ai fini della conclusione stessa del contratto e impone una più attenta considerazione. In astratto, infatti, le modalità di conclusione dei contratti in rete sono diverse, e in gran parte dipendono dalla configurazione del sito. Sembra, tuttavia, non convincente l’idea ampiamente diffusa, secondo la quale per i contratti conclusi mediante la rete internet si possono continuare ad utilizzarsi i procedimenti formativi previsti dal codice civile, dei quali, pur con qualche adattamento, la dottrina prevalente tende a servirsi (anche) con riferimento ai contratti dell’e- commerce.252 Occorre muovere da una constatazione di fondo: la rete può interagire con le parti nella conclusione di un contratto in modi così diversi, soggetti a variazioni continue, poiché l’evolversi della tecnica è, in questo ambito, così rapido da apparire, talvolta, inafferrabile. L’e-commerce è dominato, quanto a conclusione del contratto, dalla volontà di chi predispone il sito, il quale segnando un certo percorso che l’acquirente deve necessariamente seguire, costringe l’oblato a tenere una serie di comportamenti che nel complesso, manifestano il proprio consenso al regolamento contrattuale253. In altre parole, nell’offerta al pubblico diffusa sul sito commerciale sono contenute (anche) le regole tecnico-procedimentali che presiedono alla formazione del contratto concluso on-line254. Alla luce di queste brevi osservazioni, sembra non appagante la soluzione che inquadra il contratto
252 Per tutti: X. XXXXXXX – X. XXXX, Il commercio elettronico. Profili giuridici, Torino, 2001,
p. 53 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Diritto di internet, Bologna, 2001, p. 51 ss; X. XXXXXX, Contratti on line, in X. XXXXXXX (a cura di), Internet. Nuovi problemi e questioni controverse, Milano, 2001, p. 109-111. X. XXXXXXXXXX, La formazione del contratto. Normative di protezione ed efficienza economica, Milano, 2006, p. 141 ss. Nell’ottica degli schemi formativi codicistici si pone anche lo studio di X. XXXXX, La conclusione del contratto xxx xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000,
p. 57 ss.
253 Osserva a questo proposito X. XXXXXXX, L’inefficacia del contratto telematico, in Riv. dir. civ., 2000, I, p. 753: «è un dato oggettivo che un vero e proprio potere privato sia esercitato da chi predispone il sito commerciale. Non bisogna dimenticare che la possibilità del contratto e della “negoziazione” è intensamente condizionata al modo in cui il sito è stato predisposto».
254A.X. XXXXXXXXX, Autonomia procedimentale e formazione del contratto virtuale: annotazioni sull’art. 13 del d.lgs. 70/2003, cit, p. 78, il quale sostiene che la conclusione del contratto virtuale è «in gran parte affidata all’autonomia privata (appunto procedimentale), talvolta convenzionale, e, molto più spesso, frutto della sostanziale “imposizione” da parte dell’offerente, di regole formative del quale l’oblato non poteva che prendere atto».
virtuale, quanto alle sue modalità di formazione, in uno dei procedimenti previsti dalla legge; vuoi ricorrendo all’art. 1326 c.c., vuoi invocando l’applicazione dell’art. 1327 cc. Si tenterà di dimostrare che nessuno di questi schemi, appare adatto ad essere applicato alla realtà virtuale, e ciò perché le modalità formative dei contratti virtuali possiedono caratteristiche tutte loro, e che difficilmente possono essere ricomprese in uno degli schemi delineati dal codice civile.
3. L’art. 13 del d.lgs n.70/03 (di attuazione della Direttiva 2000/31/CE ora trasfuso nel Codice del Consumo) prevede esplicitamente che «Le norme sulla conclusione dei contratti si applicano anche nei casi in cui il destinatario di un bene o di un servizio della società dell’informazione inoltri il proprio ordine per via telematica». Questo richiamo porterebbe ad escludere che la disciplina dei contratti conclusi tramite internet evidenzi una “incompatibilità” con le tecniche di formazione del consenso disciplinate agli artt. 1326 c.c., ma, a ben vedere, detto richiamo sembra più di facciata, perché se si osserva con attenzione al complesso della normativa citata si scopre che la formazione del contratto concluso on-line è governata diversamente, e ben poco spazio rimane all’applicazione delle norme codicistiche sulla formazione del contratto.
Seppure si volesse adottare uno schema di diritto comune questo non si ricaverebbe dall’alternativa degli schemi degli artt. 1326 e 1327 c.c.. Innanzitutto perché dello schema delineato dall’art. 1326 c.c. mancherebbe la proposta cioè una dichiarazione del prestatore del servizio diretta al singolo consumatore e contenente i termini definitivi della negoziazione. I siti web, come ognun sa, contengono offerte rivolte alla generalità dei consumatori e sovente è consentito a questi di optare tra diverse condizioni inerenti, ad esempio, le modalità di pagamento ovvero alle modalità di spedizione e ai correlativi tempi di consegna dei beni acquistati: solo la scelta del destinatario del servizio consentirebbe di configurare un compiuto programma contrattuale. Occorre poi considerare l’ulteriore fase prevista dal 2 comma dell’art. 13 del
decreto legislativo in esame, l’invio «senza ingiustificato ritardo», da parte del prestatore della ricevuta dell’ordine «contenente un riepilogo delle condizioni generali e particolari applicabili al contratto, le informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio e l’indicazione dettagliata del prezzo, dei mezzi di pagamento, del recesso, dei costi di consegna, dei tributi applicabili». Sembrerebbe, quindi, in tal caso che ai fini del perfezionamento del contratto non sia sufficiente l’arrivo dell’accettazione-ordine all’indirizzo del proponente (come, invece, nello schema generale dell’art. 1326, comma 1, c.c.), ma necessita che il proponente avvisi l’altra parte di aver ricevuto l’accettazione «quasi che il procedimento formativo del contratto subisca uno spostamento in avanti, venendo a concludersi presso l’oblato-consumatore, e quando questi è messo a conoscenza che il proprio ordine è stato ricevuto dal venditore»255. Sul piano funzionale resta, dunque, la perplessità sollevata da una proposta fatta al buio da un consumatore che riceverà le informazioni sulle qualità essenziali del servizio o del prodotto acquistato soltanto con l’accettazione e quindi dopo aver (conclusivamente ed inconsapevolmente) consumato il proprio potere di autonomia. Non va dimenticato, come più volte accennato, che la rete veicola dichiarazioni che si incrociano in tempi brevissimi, talvolta neppure misurabili. La brevità dei tempi di invio e ricezioni delle dichiarazioni rende di fatto impossibile esercitare la revoca prima dell’accettazione, poiché, è chiaro che è impossibile far pervenire la revoca prima dell’accettazione (secondo il parametro dell’art. 1328 c.c.). Anche per tali ragioni, il cyberspace azzera, o riduce fortemente, le differenze tra procedimento generale di formazione del contratto (art. 1326 c.c.) e quello speciale previsto dall’art. 1327 c.c..
255 A.M. BENEDETTI, Autonomia procedimentale e formazione del contratto virtuale: annotazioni sull’art. 13 del d.lgs. 70/2003, cit, p. 80, che ritiene la conferma d’ordine sia oggetto non già di un obbligo ma di un onere procedimentale che garantirebbe la chiusura del contratto presso il consumatore. Di opinione difforme, X. XXXXXXX e X. XXXXX, Xxxxxxx dubbi sulla conclusione del negozio, in Commercio on line: contratti più sicuri per i consumatori che stipulano in rete, in Guida al diritto, 24 maggio 2003, p. 43, secondo i quali tale fase «non si inserisce nell’iter di perfezionamento del contratto informatico» e, conseguentemente, non saremmo «al cospetto di un momento integrante una tecnica di conclusione irriducibile a quelle ‘di diritto comune’».
Di quest’ultimo mancano i presupposti enumerati dalla norma: la richiesta del proponente, la natura dell’affare, gli usi. Soprattutto manca la ratio di certezza e di rapidità dell’esecuzione, propria dei rapporti tra imprenditori e non trasponibile ai rapporti con i consumatori senza un sacrificio della loro posizione contrattuale. La deroga allo schema generale proposta-accettazione è disciplinata sul presupposto che il soggetto sacrificato sia il proponente e trova ragion d’essere negli usi del commercio e nell’interesse (ancora del proponente) a che l’oblato esegua senza indugio. Sulla tutela del consenso prevale quella dell’efficienza dei meccanismi di organizzazione delle imprese e del mercato256. Nella nostra ipotesi a concludere tramite l’esecuzione (cioè il pagamento con carta di credito) sarebbe il consumatore (quindi il soggetto che dovrebbe essere maggiormente protetto) nell’interesse del prestatore. E anche se tale soluzione troverebbe una giustificazione sul piano strutturale, non lo è sul piano funzionale. Tuttavia, anche sul piano strutturale, l’ipotesi appare poco convincente: innanzitutto perché vi sia inizio di esecuzione è necessaria una proposta specifica che, come sopra rilevato, manca fintanto il consumatore non individua il bene o il servizio desiderato, le quantità, le condizioni. Se invece, anziché una proposta, si profilasse un’offerta (al pubblico) non si tratterrebbe più di inizio esecuzione ma, piuttosto di accettazione tramite comportamento concludente (come ad esempio avviene quando per accedere ad uno spettacolo teatrale ci si limita a consegnare alla cassiera il prezzo del biglietto). Ciò è alquanto improbabile, poiché presuppone che il consumatore possa limitarsi a pagare senza compiere nessun’altra operazione finalizzata a selezionare il prodotto o il servizio richiesto. Resta inoltre la perplessità in ordine a ciò che in una transazione finalizzata all’acquisto di un bene o di un servizio, il pagamento del prezzo possa di per sé essere qualificato come inizio esecuzione per i fini propri dell’art. 1327 x.x.
000 X.XXXXXXXXXXX x X. XX XXXXX, Strumenti dell’autonomia negoziale: profilo dinamico, cit., p. 378.
4. Valutiamo ora l’applicabilità dello schema dell’offerta al pubblico che sembra mostrarsi adeguato almeno sul piano strutturale. L’art. 1336 c.c. prevede che l’offerente manifesti al pubblico la propria intenzione di contrarre riguardo determinati beni, a determinate condizioni; la sua offerta “vale come proposta” se taluno accetta il contratto è concluso. L’offerente è vincolato ed è tenuto all’esecuzione fin quando non revochi l’offerta e, in caso contrario, non può opporre l’esaurimento del prodotto. Si evince dal meccanismo dell’art. 1336 c.c. che esso funziona sul presupposto che le contrattazioni avvengano fra persone presenti. L’offerente sa quale è la sua capacità di vendita ed è pronto a revocare quando questa venga meno. Nella vendita telematica non c’è un operatore addetto alle scorte e che aggiorni in tempo reale il sito che, come detto, funge da vetrina virtuale. La conclusione del contratto per il consumatore, sarebbe altamente aleatoria: egli sino all’invio della ricevuta d’ordine da parte del prestatore (prevista dall’art. 13, comma 2) non saprebbe se, in quale tempo il suo acquisto andrà a buon fine. Tale incertezza si avrebbe anche nell’ipotesi in cui il prestatore attivi meccanismi di controllo delle scorte, poiché potrebbe verificarsi che un numero indefinito di ordini venga inviato nello stesso istante.
Una diversa soluzione è rintracciabile riconoscendo che la comunicazione del prestatore svolge un ruolo non trascurabile ai fini dell’efficacia. Essa, fuori dagli schemi del codice civile, integra un nucleo minimo di rapporto dialogico essenziale affinché vi sia la formazione di un accordo fondato sul consenso: l’alternativa, quindi, è fare salve le strutture logiche ma rinunciare alla funzione di tutela del consenso oppure prendere atto che la logica è cambiata e perseguire l’effettività del consenso.
5. Verifichiamo l’applicabilità dell’art. 1335 c.c. che disciplina l’efficacia delle dichiarazioni. L’art. 13, comma 3, recita «L’ordine e la ricevuta si considerano pervenuti quando le parti alle quali sono indirizzati hanno la possibilità di accedervi». Questa disposizione è diversa dall’art. 1335
c.c. non solo perché si dice presunta la ricezione anziché la conoscenza, ma soprattutto perché non è contemplata la prova contraria da parte del ricevente. La presunzione è assoluta e non relativa.
La norma è diversa e la sua ratio è comprensibile: le comunicazioni telematiche sono sempre conoscibili poiché è possibile accedervi da qualsiasi terminale, da qualsiasi parte del mondo. La scelta attuata dal legislatore comunitario, appare senz’altro orientata a favorire lo sviluppo della cd. società dell’informazione e desta qualche dubbio là dove si consideri che essa costituisce un’assoluta oggettivazione dei presupposti dell’efficacia e sposta l’equilibrio tra volontà e affidamento in favore di quest’ultimo e a vantaggio degli operatori professionali.
Le perplessità sorgono soprattutto in relazione al ruolo svolto dall’effettiva conoscenza della comunicazione del prestatore; questa rappresenta la conferma dell’impegno assunto dal prestatore e al contempo la prima informativa in ordine alle qualità del prodotto; la sua ricezione individua il momento dal quale comincia a decorrere lo jus poenitendi. Dunque, sembra potersi ritenere che neanche la regola dell’art. 1335 c.c. trovi applicazione.
b) Il contratto di subfornitura.
6. La legge 18 giugno 1998, n. 192, ispirata alle finalità di protezione del subfornitore e di riequilibrio delle posizioni nascenti dal contratto, pur non essendo attuativa di alcuna direttiva comunitaria, si ritiene comunemente di libera attuazione di indicazioni comunitarie in materia di concorrenza e di termini di pagamento257. Essa detta un’articolata disciplina formale del
257 Il provvedimento normativo, infatti, fa séguito alle numerose iniziative comunitarie volte principalmente ad arginare le degenerazioni della prassi dei pagamenti nelle «transazioni commerciali»: per un sintetico excursus delle iniziative comunitarie in tema di subfornitura, cfr. G. GIOIA, La subfornitura nelle attività produttive, in Corriere giur., 1998, p. 883, ID., I rapporti di subfornitura, in Giur. it., 1999, p. 672 ss.; X. XXXXXXX, Il contratto di subfornitura industriale. I contenuti, le fonti, le formule. L. 18 giugno 1998, n. 192, Roma, 1998, p. 71 s.; X. XXXXXXX, Nozione e contenuto del contratto, in X. XXXXXXX (a cura di), La
contratto di subfornitura, fortemente innovativa rispetto ai canoni codicistici. Il contratto deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità. Costituiscono forma scritta anche le comunicazioni degli atti di consenso alla conclusione o alla modificazione dei contratti effettuate per telefax o altra via telematica. In caso di nullità per carenza di forma il subfornitore conserva comunque «il diritto al pagamento delle prestazioni già effettuate ed al risarcimento delle spese sostenute in buona fede per l’esecuzione del contratto» (art. 2, comma 1). Il che significa che la nullità travolge tutti gli effetti salvo quelli relativi al pagamento delle prestazioni già eseguite dal fornitore e già accettate dal committente. Sì è, in tal modo, inteso attribuire certezza a relazioni spesso affidate in passato a mere intese verbali, secondo una prassi propiziatrice dell’abuso di dipendenza economica a danno della piccola impresa. Cruciale importanza presenta il comma 2 del richiamato art. 2, ove si prevede la possibilità per il subfornitore di concludere il contratto mediante esecuzione. Da un lato, si richiede la forma scritta a pena di nullità, per poi mitigarne la rigorosità con la previsione di un procedimento semplificato di conclusione; dall’altro, si conferma il rapporto di stretta connessione tra la forma ed il contenuto del contratto, quando alla prima sia affidato il compito di veicolare la puntuale informazione su tutti gli aspetti del programma contrattuale, in attuazione del principio di trasparenza contrattuale che oramai informa ogni disciplina tesa al riequilibrio delle posizioni contrattuali speraquate.
Si profilano, così, due forme di “accordo” alternative e ugualmente disposte quoad validitatem. A riguardo, un’acuta dottrina ha osservato come
«per la prima volta, nella regolamentazione legale di un contratto, si coniuga la tradizionale valenza della forma come elemento di validità, imperativamente imposto, con una “frammentazione”, sotto il profilo formale, del consenso delle parti reputata rispondente alle esigenze di tutela perseguite in
subfornitura nelle attività produttive, Napoli, 1998, p. 19, nota 37; X. XXXXXXXX, Brevi note in materia di subforniture industriale, in Resp. com e impr.,1998, p. 85 ss.; in una prospettiva di comparazione con le discipline di altri paesi comunitari, v. X. XXXXXXXXXXXX, Aspetti e problemi della subfornitura nella prospettiva comunitaria e comparativa, in Contr. e impr. Europa, 1999, p. 122.
concreto»258. E’ agevole intuire che la valutazione di detta disposizione normativa imponga all’interprete interrogativi di non poco conto. Innanzitutto per la “sovrapposizione” che in essa si crea tra modalità formativa e forma legale259 e, non in secondo luogo, per l’impatto che essa esplica sul tradizionale principio di incompatibilità tra conclusione del contratto per facta concludentia e vincoli formali. Appare, dunque, necessario muovere da alcune considerazioni relative agli oneri formali previsti dalla legge del ’98 per comprendere in quale misura esse presentino caratteristiche e finalità differenti rispetto alle tradizionali prescrizioni di forma.
7. Il singolare modo di regolare un contratto formale da parte del legislatore ha sollevato in dottrina un nutrito dibattito. Si è in un primo momento parlato di una deroga al principio dell’inapplicabilità del modello formativo delineato dalla norma di cui all’art. 1327 c.c. ai contratti formali260. Sulle opinioni tese a sottolineare la specificità261 e peculiarità del modello di formazione contrattuale della subfornitura rispetto al procedimento disegnato
258 X. XXXXXXXX, Forma legale e tecniche formative del contratto. La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Napoli, 2005, p. 13, la quale richiama M.C. ANDRINI, Forma contrattuale, formalismo, negoziale e documentazione informatica, in Contr. e impr. 2001, p. 220, secondo cui «tutto quel minuetto sulla simmetria della forma, che siamo tradizionalmente abituati ad eseguire in tema di formazione del contratto ex distantibus è completamente bypassato».
259 Sulle non infrequenti interrelazioni nel diritto dell’impresa tra tecniche formative del contratto e forma legale X. XXXXX, Dalla formazione alla forma dei contratti su valori mobiliari (prime note sul «neoformalismo» negoziale), in Banca, borsa e tit. cred., 1990, p. 788 ss.
260 Principio ritenuto “certo e indiscusso”, si v. X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, Napoli, 1993, p. 808; in giurisprudenza, tra le altre, x. Xxxx., 00 marzo 1998, n. 2772, in Appalti Urbanistica Edilizia, 1999, p. 107; Pret. Milano, 22 novembre 1997, in Lavoro nella giur., 1998, p. 515; Cass., 9 settembre 1988, n. 5133, in Mass. Giust. civ., 1988, fasc. 8-9, secondo la quale «al fine del perfezionarsi del contratto di trasferimento in favore dell’assegnatario della proprietà di alloggio della edilizia residenziale pubblica, non può ritenersi sufficiente la proposta negoziale, ravvisabile nell’atto con cui l’ente assegnante manifesti la volontà di accogliere la volontà di riscatto e determini il corrispettivo (…) tenendo conto che detto contratto è soggetto alla forma scritta ad substantiam e che quindi la sua conclusione non è ricollegabile ad un consenso per facta concludentia, né alla mera esecuzione della prestazione senza preventiva accettazione della proposta».
000 X. XXXXXXXXXXXXX, Xx subfornitura: un nuovo contratto commerciali, in X. Xxxxxxxxxxxxx (x xxxx xx), Xxxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 18.
dal 1327 c.c. xxxxx, tuttavia, prevalso quelle argomentazioni volte ad affermarne una sostanziale analogia262 o una testuale riconducibilità263.
Sulla ratio della previsione dello schema formativo della subfornitura non si sono riscontrate, invece, posizioni univoche. Si è rilevato come la notevole attenuazione del rigorismo formale sia il risultato «di un compromesso tra le esigenze di speditezza nei rapporti commerciali tra le imprese, da un lato, e l’esigenza di chiarezza e precisione (nonché di informazione) circa gli obblighi reciproci delle parti, al fine della tutela del contraente debole, dall’altro lato»264.
Il profilo della celerità è sembrato più incline a realizzare l’interesse preminente del proponente il quale per sottrarsi al rischio di non poter invocare le clausole vessatorie che il subfornitore non abbia specificamente approvato, può richiedere un’accettazione resa per iscritto265 ai sensi dell’art. 1326, comma 4, c.c.
Diversa è la ratio se, invece, si osserva il modello semplificato di formazione del contratto di subfornitura sotto il profilo dell’interesse del subfornitore. In tal caso è possibile configurare la modalità formativa introdotta dalla norma in esame come un “privilegio” riservato al subfornitore. Questi, infatti, può attraverso l’immediata esecuzione rendere inefficaci quelle clausole vessatorie predisposte dal committente, poiché appare non estensibile
262 X. XXXXXXXX, sub art. 2, in X. XXXXXX (a cura di), Legge 18 giugno 1998, n. 192, Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in Le nuove leggi civ. comm., 1-2/2000,
p. 379; M. DELL’UTRI, La conclusione del contratto, in X. Xxxxxxx (a cura di), La subfornitura nella attività formative, Napoli, 1998, p. 71; X. XXXXXXXX, Sub Art. 2, in X. XXXXX e X. XXXXXXXX, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive. Commento alla legge 18 giugno 1998, n. 192 come modificata dalla legge 5 marzo 2001, n. 57 e dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, Milano, 2003, p. 57; X. XXXXXXXXXX, Il contratto di subfonitura, Torino, 2000, p. 64;
263 X. XXXXXXXX, Subfornitura e attività produttive. Commento alla L. 18 giugno 1998, n. 192,
p. 44 ss. il quale ravvisa nell’art. 2, comma 2, «una testuale fattispecie di conclusione del contratto secondo il procedimento generale del quale all’art. 1327 del codice civile»; in questa direzione anche X. XX XXXXXX e X. XXXXXXX, La subfornitura nelle attività produttive, Il nuovo contratto di subfornitura ex legge 18 giugno 1998, n. 192, Disciplina civilistica e fiscale, Milano, 1998, p. 25.
264 M.A. LIVI, Le nullità, in X. Xxxxxxx (a cura di), La subfornitura nelle attività produttive, cit. p. 171 s.; di opinione conforme, X. XXXXXXXXX, Obblighi di informazione, cit. p. 215 ss.;
X. XXXXXXXX, Sub Art. 2, cit., p. 57.
265 X. XXXXXXXX, sub art. 2, in X. Xxxxxx (a cura di), Legge 18 giugno 1998, n. 192, Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in Le nuove leggi civ. comm., 1-2/2000, p. 379.
a quest’ultime «la garanzia della perfezione formale espressamente riservata al ‘contratto’ (“il contratto si considera concluso per iscritto agli effetti della presente legge”) in contrasto con l’inequivoco tenore del testo normativo (“ferma restando l’applicazione dell’art. 1341 del codice civile”)»266. Il subfornitore, quindi, sarebbe “libero” di concludere il contratto secondo modalità differenti: accettando tempestivamente per iscritto267, se non richieda la modificazione per iscritto della proposta, dando inizio all’esecuzione della prestazione.
Si evince come lo schema delineato dall’art. 2, comma 2, della legge n. 192/98 manifesti un’elasticità particolare. Certamente la sua peculiarità, cioè il suo porre in stretto collegamento l’esigenze di celerità del rapporto con il requisito formale della proposta del committente a garanzia degli impegni da questi assunti, sollecita alcune riflessioni tese a verificare se ed in quali limiti la norma in considerazione reca delle novità alla regola codicistica o se, invece, ne disvela «una duttilità coerente con l’evoluzione delle funzioni che governano il sistema delle forme negoziali»268. Sembra potersi affermare che non ci troviamo di fronte ad un’applicazione eccezionale della norma dell’art. 1327 c.c.269, in quanto operante in forza di un principio diverso dalla regola caratterizzante il sistema270, poiché la regola di cui all’art. 2, comma 2, della legge sulla subfornitura legittima la compatibilità del procedimento di conclusione mediante inizio esecuzione con l’imposizione del requisito formale per la validità del contratto quando la finalità, come già detto, è quella della certezza e della trasparenza delle condizioni contrattuali.
266 M. DELL’UTRI, La conclusione del contratto, in X. Xxxxxxx (a cura di), La subfornitura nella attività formative, Napoli, 1998, p. 57.
267 Cfr., Cass., 18 marzo 1986, n. 1844, in Rep. Foro it., 1986, voce Contratto in genere, c. 621, n. 207.
268 X. XXXXXXXX, Forma legale e tecniche formative del contratto. La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., p. 107, la quale sottolinea che la verifica della compatibilità del procedimento della norma in esame con quello delineato dall’art. 1327 c.c. non debba concretarsi in una forzatura della regola tradizionale e piegarla ad una logica estranea per ricomprendervi un caso eccentrico. L’autrice evidenzia, altresì, che detta verifica si inquadra inevitabilmente nella riflessione sull’impatto che il diritto europeo dei contratti svolge sull’ordinamento nazionale “sconvolgendo” talune regole consegnate dalla tradizione come immodificabili.
269 X. XXXXXXXX, o.c., p. 106.
270 X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, p. 101.
L’accertamento della compatibilità del procedimento delineato dalla norma in esame con quello di cui all’art. 1327 c.c. risulta, tuttavia, non agevolato dallo «stratagemma» della fictio iuris dell’equiparazione dell’inizio di esecuzione alla dichiarazione scritta. L’infelice formulazione «si considera concluso per iscritto» ha infatti sollevato non poche incertezze sul piano interpretativo. Innanzitutto riguardo la natura del comportamento dell’oblato, e sul necessario coordinamento con l’art. 1341 c.c. richiamato nell’ultima parte della norma, e sugli effetti derivanti dalla equiparazione dell’inizio esecuzione con il requisito della «forma scritta a pena di nullità». Tali controverse questioni impongono riflessioni di non poco momento e richiedono ai fini di una loro soluzione, di muovere dalla ricostruzione del procedimento formativo ai sensi dell’art. 1327 c.c per un suo corretto raffronto con la disciplina in esame.
8. La disposizione normativa di cui all’art. 1327 c.c. è stata inquadrata dalla dottrina prevalente nell’ambito dell’ampio genus della manifestazione271. Talune autorevoli opinioni hanno qualificato l’inizio di esecuzione come manifestazione tacita di volontà272, altre come comportamento concludente, il cui giudizio di concludenza è affermato autoritativamente dalla legge273, altre ancora come negozio di attuazione274. La maggior parte delle tesi sopra
271 X. XXXXXXXXXXX, Dichiarazione (teoria generale), in Enc. dir., XXV, Milano, 1975, p. 371 ss.
272 C.M. XXXXXX, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1987, p. 244; X. XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, Padova, 1993, II, 1, p. 166; X. XXXXXXXX, I «negozi di attuazione» e la manifestazione dell’intento negoziale, Milano, 1958, p. 212.
273 X. XXXXXXXXX, La formazione del contratto, I, cit., p. 373, ss.; X. XXXXXXXX, Poteri del proponente e conclusione del contratto, in Giust. civ, 1992, II, p. 559.
274 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, IX ed., 1966, rist. 1997, p. 136 s.; X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, cit. p. 276 ss.; X. XXXXX, La conclusione dell’accordo, in X. Xxxxxxxxx, I contratti in generale, I, in Tratt. dei contr. Xxxxxxxx, Torino, 1999, p. 38 ss., il quale ravvisa nell’inizio esecuzione un comportamento esecutivo attuativo della ipotesi prevista e regolata nella proposta contrattuale; X. XXXXXXX, Xxxxxxx, xxx., x. x. 00; D. PERAINIS, Il silenzio, seguito da esecuzione, ha lo stesso valore nella conclusione di un contratto nuovo e nel rinnovo, con modifiche, di un contratto esistente?, nota a Cass., 22 luglio 1993, n. 8191, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 1564 ss.
citate275, come è agevole intuire, sembrano dirette a corroborare lo schema dell’accordo fondato sul consenso delle parti.276
Secondo altra opinione277dette ricostruzioni sono da ritenersi, il risultato del dogma del consensualismo, che spinge a ricorrere alle finzioni per ricondurre la vincolatività del contratto all’accordo o incontro dei consensi, anche là dove non è possibile ravvisarlo. L’art. 1327 c.c. attribuendo rilevanza al comportamento esecutivo nega, invece, la necessità dell’incontro tra consensi per la formazione del contratto, in quanto quest’ultimo è dato da una dichiarazione e da una esecuzione non intesa come manifestazione di volontà278.
A differenza dell’orientamento dottrinale maggioritario che tende a raffigurare la disposizione di cui all’art. 1327 c.c. come una deroga allo schema generale delineato dall’art. 1326 c.c. a sostegno di un’interpretazione restrittiva della norma medesima ancorata ai soli presupposti in essa previsti, quest’ultima ricostruzione, considerando l’esecuzione della prestazione come fattispecie autonoma soggetta a regole proprie, sembra allargare la portata della norma di cui all’art. 1327 c.c. non solo ai casi previsti (richiesta del proponente, dalla natura dell’affare o dagli usi), ma anche a quelle ipotesi in cui l’esecuzione sia espressamente autorizzata perché il proponente non ha interesse alla preventiva accettazione279.
La capacità espansiva della regola formativa in esame, tuttavia, non dipende dall’abbandono della “finzione” del carattere manifestativo della volontà di accettare nel comportamento dell’oblato, ma è intrinsecamente legato alla comprensione del suo concreto ambito di operatività, il che implica
275 C.M. XXXXXX, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1987, p. 244 ss; X. XXXXXXXXX, La formazione del contratto, cit., p. 373.
276 X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. priv., a cura di X. XXXXXX e X. XXXXX, Milano, 2001, rileva come lo schema semplificato dell’art. 1327 c.c., implichi «l’accordo delle parti sulla proposta: accordo che l’oblato manifesta con chiarezza, cominciando ad eseguire la prestazione in essa prevista. Non è forzato equiparare questo comportamento dell’oblato ad accettazione della proposta».
277 D. PEIRAINIS, Il silenzio, seguito da esecuzione, cit., c. 1564. 278 D. PEIRAINIS, Il silenzio, seguito da esecuzione, cit., c. 1564. 279 D. PEIRAINIS, o.l.u.c .
tener conto dei contrapposti interessi coinvolti280 nella contrattazione in stretta relazione con il tipo e le caratteristiche dell’operazione economica che le parti intendono realizzare281. Le ipotesi nel quale viene superato lo schema di cui all’art. 1326 c.c. basato sulla proposta e accettazione sono indicate chiaramente: richiesta del proponente, natura dell’affare, usi. E’ nel contesto segnato dalla ricorrenza di uno di questi presupposti che si “sacrifica” la posizione del proponente. Detto ciò, la ricostruzione del significato dalla legge dato all’inizio esecuzione come uno dei termini dell’accordo delle parti (quindi come accettazione) oppure quale mero comportamento commissivo non rilevante in quanto manifestazione di volontà dell’oblato, deve essere effettuata all’interno dell’area disegnata dalle condizioni di applicabilità della norma.
La ricerca di una chiave di lettura unitaria della norma di cui all’art. 1327 c.c. per delimitarne il suo ambito di applicazione è apparsa un’operazione non agevole. I singoli presupposti di attivazione dello schema formativo contemplati sono disgiunti e non si evince una correlazione fra questi. Si è cercato di individuare una ratio unificante nella esigenza di celerità dei rapporti commerciali, esigenza che, in una prospettiva soggettiva, esalta l’interesse del proponente all’immediata esecuzione ed il vantaggio per l’oblato di non subire la revoca della proposta. Tuttavia, considerata la speditezza dei mezzi di comunicazione odierni che annulla «lo scarto temporale tra un inizio immediato di esecuzione ed un inizio successivo alla comunicazione dell’accettazione»282e mitiga il rilievo di un prevalente interesse dell’oblato a “realizzare” l’affare, il riferimento all’esigenza di celerità non è apparsa una soluzione appagante ai fini dell’individuazione della ratio sottesa alle tre distinte ipotesi. Un profilo unificante può rinvenirsi,
280 X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. priv., cit., p. 97.
281 A.M. XXXXXXXXX, La conclusione del contratto mediante esecuzione della prestazione richiesta, in X. XXXXXX (a cura del), Il diritto privato nella giurisprudenza, I contratti in generale, III, Torino, 2000, p. 29.
282 X. XXXXXXXXX, Il contratto in generale, II, in Trattato di diritto privato diretto da X. Xxxxxxx, Torino, 2000, p. 80.
invece, nel fatto che la prestazione deve essere direttamente (piuttosto che immediatamente) eseguita283.
Il differente piano sul quale operano i tre presupposti richiamati dalla norma, nonché la non necessaria coincidenza degli interessi sottesi, è stata talvolta sottolineata dalla dottrina284. Si è, infatti, affermato che «quando la pronta esecuzione è richiesta dal proponente, è possibile ragionare di tutela della volontà delle parti; quando però la deroga alla disciplina generale si prospetta in ragione di condizione esterne ed oggettive quali gli usi o la natura dell’affare rilevante è un diverso interesse (autonomo rispetto a detta volontà), cioè quello diretto al funzionale svolgimento delle attività economiche»285. Si è sostenuto, altresì, che natura del contratto e volontà del proponente assumono
«funzioni solo parzialmente coincidenti. La prima genera effetti a carico di entrambi i contraenti, la seconda a carico del solo offerente».
Occorre far emergere l’autonomia dei presupposti per l’attivazione del procedimento formativo semplificato e ciò richiede il superamento di quelle posizioni dottrinali che sovente hanno posto l’accento soprattutto sulla richiesta del proponente e sul suo interesse all’esecuzione immediata. Se si dà forte rilievo a questo solo presupposto, si finisce per attribuire un carattere residuale alla natura dell’affare e agli usi, dei quali è chiara la connotazione oggettiva, e si riduce l’art. 1327 c.c. ad una mera “specificazione” dell’art. 1326 c.c. comma 4286 comprimendone il suo significato e la sua potenzialità.
«Natura degli affari e usi consentono, infatti, di attrarre nel procedimento semplificato che prescinde dalla preventiva risposta i numerosi casi in cui
283 X. XXXXXXXX, Forma legale e tecniche formative del contratto. La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., p. 122, che afferma : «o perché il proponente valuta più confacente al proprio interesse subordinare il sorgere dell’impegno contrattuale al concreto avvio dell’attività necessaria a soddisfarlo o perché le caratteristiche dell’affare (…) fanno sì che una preventiva accettazione possa risultare non utile o dannosa al buon fine dello stesso».
284 X. XXXXX, La conclusione dell’accordo, cit.,p. 82.
285 X. XXXXXXXXXXX, e R. DI XXXXX, Strumenti dell’autonomia negoziale: profilo dinamico, cit., p. 384.
286 Nel caso di richiesta del proponente (vi concorra o meno la natura commerciale dell’affare) a soddisfare suoi specifici interessi, anche diversi da quello alla speditezza all’operazione: ad es., a testare le capacità esecutive dell’oblato. Sotto questo profilo, l’art. 1327 c.c. può essere letto come una specicazione dell’art. 1326 comma 4.
quest’ultima giocherebbe un ruolo contrastante con gli interessi delle parti ad un celere o più agevole svolgimento dell’operazione»287. La natura dell’affare invita a spingere lo sguardo di là della struttura giuridica del tipo contrattuale, per valutare se nel contesto della concreta operazione economica la composizione di un interesse dei contraenti prescinda dall’accettazione. Si chiarisce, in tal modo, il significato da assegnare alla “doverosità” del comportamento dell’oblato che deve essere graduato in relazione alle situazioni concrete.
Nell’ipotesi in cui l’attivazione dello schema formativo dell’art. 1327
c.c. è determinata dall’interesse alla speditezza dell’esecuzione che il proponente ha manifestato attraverso la richiesta, e detto interesse non risulta pregiudicato da una preventiva accettazione (come ad esempio nel caso di accettazione inviata tramite posta elettronica, seguita dalla spedizione della merce richiesta) il contratto si perfeziona ai sensi dell’art. 1326 c.c. E ciò perchè «la rapidità del mezzo utilizzato dall’oblato (mezzo che garantisce l’arrivo in tempo reale dell’accettazione all’indirizzo del proponente) non dilaziona l’esecuzione e soddisfa comunque l’interesse che giustificava la richiesta del proponente»288.
La medesima ipotesi non può prospettarsi se l’inizio di esecuzione derivi dalle caratteristiche obiettive della natura dell’affare e, pertanto, non dipende da una libera scelta del proponente. La natura dell’affare opera allorquando l’affare stesso oggettivamente considerato deve prescindere dall’accettazione per andare a buon fine. In questa ipotesi la preventiva risposta appare estranea al modo in cui possono comporsi gli interessi delle parti.
Ne consegue alla luce di quanto sin qui asserito che la ratio della norma si individua nel “non dover” dare una preventiva risposta anziché “dover” eseguire immediatamente la prestazione.
287 X. XXXXXXXX, Forma legale e tecniche formative del contratto, cit., p. 128.
288 A.M. XXXXXXXXX, x.x., p. 62, nota 69.
9. La modalità conclusiva del contratto di subfornitura delineata dall’art. 2, comma 2, viene, come già detto, ricondotta dalla dottrina prevalente nell’alveo dell’art. 1327 c.c. Xxxxxxx, tuttavia, rilevare che il meccanismo semplificato di formazione nella legge sulla subfornitura non esige né la richiesta del proponente, né gli usi; inoltre, la “doverosità” dell’esecuzione senza una preventiva risposta indotta dall’esplicita richiesta o dalla natura dell’affare o dagli usi, si trasforma in una mera possibilità del subfornitore289. Quanto al primo profilo, si arguisce che l’elemento accomunante la fattispecie di cui all’art. 1327 c.c. e il modello formativo disciplinato dalla legge del ’98 sia la “natura dell’affare” . Del resto, le ipotesi più ricorrenti di applicazione dell’art. 1327 c.c. sulla base della natura dell’affare «sono proprio gli scambi aventi ad oggetto merce destinata per sua natura al commercio»290. Non vi sono ragioni, dunque, per dubitare che lo schema semplificato previsto dall’art. 2, comma 2, si inquadri facilmente nell’ambito di applicazione dell’art. 1327 c.c. L’introduzione del vincolo formale a tutela del subfornitore, infatti, non elimina le ricorrenti modalità conclusive del contratto di subfornitura e ammette esplicitamente il ricorso all’art. 1327 c.c.291
Relativamente al secondo profilo attinente la possibilità di scelta della modalità conclusiva da parte del subfornitore, occorre evidenziare come questa dia luogo ad un’alterazione del rapporto di forza tra proponente e accettante. All’oblato sembra, infatti, trasferito il potere non solo del se, ma anche del come e del dove292 chiudere la sequenza formativa. Tuttavia, la possibilità per l’oblato di scegliere se accettare o iniziare l’esecuzione se, da un lato, ridimensiona il ruolo assegnato alla “doverosità” del contegno esecutivo, dall’altro, non consente di sganciare l’art. 2, comma 2, dall’area tracciata dall’art. 1327 c.c. Anche sotto questo profilo, dunque, la norma dell’art. 2 sembra non essere in contrasto con la regola tradizionale, poiché la sua
289 M. DELL’UTRI, La conclusione del contratto, cit., p. 59; X. XXXXXXXX, Sub Art. 2, cit., p. 58; X. XXXXXXXXXX, Il contratto di subfonitura, Torino, 2000, p. 64, che ne parla come di
«una modalità di espressione della volontà del subfornitore ammessa, e non già imposta».
290 X. XXXXXXXXX, Obblighi di informazione, cit., p. 216 s
291 X. XXXXXXXXX, o.l.u.c..
292 X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. di dir. priv., cit., p. 116.
funzione sarebbe quella di consentire tale modalità di formazione anche in presenza dell’onere formale.
Ricondotta la regola di cui all’art. 2 comma 2 nell’alveo dell’art. 1327
c.c. occorre, tenendo conto sia della “libertà” dell’oblato che dell’interesse del proponente a perfezionare il contratto secondo una diversa modalità formativa, chiedersi se la natura della norma considerata sia derogabile o meno. La questione è alquanto problematica e assume un rilievo non solo teorico, poiché investe il coordinamento che la disposizione in esame crea tra l’efficacia perfezionativa dell’inizio esecuzione e l’inefficacia delle clausole vessatorie non approvate specificamente per iscritto. Si equipara, infatti, il contegno esecutivo all’accettazione fatta per iscritto ai soli «effetti della presente legge» e non anche ai fini dell’applicazione dell’art. 1341 c.c.; si esclude, dunque, la possibilità per il subfornitore di ritenersi vincolato da clausole vessatorie predisposte dal committente non specificamente approvate per iscritto293. Il proponente, dinanzi al potere del subfornitore di concludere il contratto secondo la modalità che gli è congeniale non sarebbe più arbitro del modo di formazione del contratto e della predisposizione del regolamento contrattuale; infatti, questi potrebbe anche subire l’espunzione delle clausole vessatorie da lui predisposte se il subfornitore inizia l’esecuzione del contratto. Per ovviare a tale problema e temperare il potere del subfornitore, si consente al committente di richiedere che l’accettazione delle clausole vessatorie abbia luogo con specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1326, comma 4,
c.c.294. Questa soluzione, tuttavia, si innesta sempre con il chiarimento della
natura non imperativa della norma di cui all’art. 2, comma 2295.
293 X. XXXXXXXXX, La specifica approvazione per iscritto, cit., p. 827, ove l’autore critica l’atteggiamento di perdurante «fiducia nella tutela squisitamente formale approntata dagli artt. 1341, comma 2, e 1342, comma 2, c.c. ».
294 X. XXXXX, La subfornitura, in Comm. del cod. civ. Scialoja Branca, Libro IV - Delle Obbligazioni, Titolo III, Dei singoli contratti - Supplemento, Legge 18 giugno 1998, n. 192, Bologna-Roma, 2003, p. 110, spec. nota 20.
295 La dottrina prevalente ha ritenuto derogabile e non imperativa la norma in esame, si v.: X. XXXXX, o.c., p. 111; X. XXXXXXXX e X. XXXXXXX, Contratti commerciali, Padova 2000, p. 367; X. XXXXX, La sanzione della nullità nel contratto di subfornitura, in I contratti, 1999, p. 294; X. XXXXXX, La subfornitura industriale: considerazioni i nmerito all'ambito di
La fictio iuris «il contratto si considera concluso per iscritto», attestando la piena validità del contratto concluso per inizio di esecuzione induce a ritenere che ci si trova dinanzi non alla violazione di un precetto formale, ma piuttosto di fronte ad un contegno esecutivo non formale idoneo alla conclusione di un contratto per il quale è richiesto il requisito della forma a pena di nullità. La distinzione rinviene i propri natali nel principio di variabilità della struttura e delle forme delle dichiarazioni296. Se si segue quell’autorevole affermazione secondo la quale la natura derogabile o inderogabile della singola norma sulla forma degli atti è «non un prius indefettibile ma un risultato dell’interpretazione, la quale tiene conto dell’interesse e del valore tutelati dalla disposizione normativa, dell’intensità della sua rilevanza e delle garanzie richieste per l’eventuale autoregolamentazione delle parti anche nel rispetto delle circostanze della peculiare incidenza che i soggetti concreti hanno nella valutazione dell’ordinamento giuridico»297, allora, è agevole rilevare che la natura di inderogabile della norma (in ragione della tutela dell’interesse del subfornitore alla trasparenza delle condizioni contrattuali) riguarda le
«condizioni indicate nella proposta» le quali devono possedere la forma scritta ad substantiam. Il subfornitore, quindi, può semplificare il procedimento formativo, ma il proponente deve osservare i limiti di forma e contenuto prescritti dalla legge per garantire l’equilibrio tra le parti. E’, dunque, in questa prospettiva che occorre valutare quelle tesi a sostegno della possibilità dell’impresa proponente di “aggravare” la modalità espressiva della dichiarazione del subfornitore, invocando l’operatività dell’art. 1326, comma 4, c.c, per scongiurare l’eventualità che questi lo vincoli ad un programma contrattuale divergente da quello da lui voluto298. Detto aggravamento da parte del proponente, infatti, non è senza argini: esso deve essere, comunque,
applicazione della Legge n. 192 del 1998 e alla forma del contratto di subfornitura, in Giust. civ., II, 1999, p. 251; X. XXXXXXXXX, o.c., p. 826.
296 X. XXXXXXXXXXX, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, art. 1230-1259, Bologna-Roma, 1975, p. 21 ss., 208 ss.
297 X. XXXXXXXXXXX, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987, p. 23.
298 F.L. XXXXXXX e X. XXXXXXX, La subfornitura cinque anni dopo, in Contr. e impr./Europa, 1/2003, p. 526.