Dal diritto della famiglia al diritto delle persone: ritorno al futuro
AREA RICERCA E TRASFERIMENTO TECNOLOGICO SETTORE DOTTORATI E CONTRATTI PER LA RICERCA
U. O. DOTTORATI DI RICERCA
Dottorati di Ricerca in Dinamica dei Sistemi Dipartimento di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali
Ius 02
Dal diritto della famiglia al diritto delle persone: ritorno al futuro
IL DOTTORE IL COORDINATORE
Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxx
IL TUTOR
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxx
CICLO XXXVI
ANNO CONSEGUIMENTO TITOLO 2024
Dal diritto della famiglia al diritto delle persone: ritorno al futuro
Capitolo 1 - Famiglia e diritto
1. Diritto comparato e diritto di famiglia. Una premessa
2. Diritto di famiglia e comparazione
3. Peculiarità del concetto di famiglia tra definizioni e significati diversi
4. Le famiglie nel diritto: evoluzione e nuove realtà
Capitolo 2 - L’evoluzione della famiglia in Europa tra civil law e common law: da famiglia a famiglie
1. Modelli di famiglia in Europa a cavallo del 2000: un’analisi sociologica
2. Modelli contemporanei di famiglia in Europa
Capitolo 3 - Modelli familiari contemporanei nei sistemi di common law e civil law
1. La disciplina giuridica della famiglia tra common law e civil law
2. La struttura della famiglia nel modello di common law: l’ordinamento inglese
2.1 Matrimonio e autonomia contrattuale dei coniugi
2.2 Divorzio e autonomia dei coniugi nella crisi della famiglia
2.3 Family mediation e procedimenti stragiudiziali
2.4 Civil partnership e cohabitation
2.5 La disciplina della filiazione e lo status di figlio
2.6 Procreazione medicalmente assistita e maternità surrogata
3. La famiglia nei sistemi di civil law: l’ordinamento italiano
3.1 Matrimonio e autonomia negoziale dei coniugi
3.2 I tempi sempre più brevi del divorzio
3.3 Mediazione familiare e altri procedimenti stragiudiziali
3.4 Unioni civili e convivenze
3.5 La disciplina della filiazione e lo status di figlio
3.6 Maternità surrogata e tecniche di fecondazione assisitita
Capitolo 4 - Dalla famiglia alle persone: considerazioni conclusive sulla riscoperta dell’autonomia privata nei rapporti familiari
1. Lo sviluppo della disciplina delle relazioni familiari: la privatizzazione della famiglia nell’ordinamento inglese
2. Lo sviluppo della disciplina delle relazioni familiari: la privatizzazione della famiglia nell’ordinamento italiano
3. Quali prospettive per la disciplina italiana delle relazioni familiari? La riscoperta del diritto privato tra spinte innovative e radici tradizionali
4. Ipotesi e limiti per una ritrovata autonomia privata familiare Bibliografia
Capitolo 1 Famiglia e diritto
1. – Diritto comparato e diritto di famiglia. Una premessa
Uno studio sulle norme che oggi regolano i rapporti familiari e sulla loro possibile evoluzione non può non tenere conto della peculiarità della famiglia, che inevitabilmente si ripercuote sulle scelte normative compiute dai diversi ordinamenti.
Al di là delle definizioni e interpretazioni elaborate nel tempo, infatti, è innegabile che quello di famiglia sia un concetto composito e influenzato da una pluralità di fattori diversi, tanto da aver portato alcuni autori a sottolineare l’aspetto extra giuridico del diritto di famiglia, piuttosto che ad evidenziarne le radici liberali, che lo accomunano agli altri rami del diritto privato, ritenendolo un “oggetto improprio per la scienza giuridica, la quale deve qui necessariamente contendersi il campo con la politica, la sociologia, la religione ecc.”1.
Mai come negli ultimi decenni, l’evoluzione tecnologica e il progresso scientifico, così come l’abbattimento delle frontiere nazionali e la diffusione di fenomeni migratori, hanno influenzato le relazioni familiari, facendo emergere esigenze nuove.
Ciò ha messo in evidenza la complessità del rapporto tra le relazioni familiari e il diritto, che in ciascun sistema giuridico si connota in modo diverso in base all’approccio concretamente adottato, che determina la maggiore o minore aderenza delle sue regole alle esigenze concretamente manifestate a livello
1 XXXXXX, X., XXXXXXX M., Xx cosa parliamo quando parliamo di famiglia, 2014, 50-51.
sociale, sempre più variegate e legate all’individualità dei singoli membri della famiglia.
Ciò che principalmente differenzia il modo in cui gli ordinamenti si relazionano ai rapporti familiari ed ai processi di evoluzione scientifica, tecnologica e sociale che li influenzano è, essenzialmente, la linea di indirizzo, o per meglio dire la policy, che sottostà alle scelte compiute in merito alle regole da adottare.
Tale differenza, si manifesta concretamente non solo se si guarda alle innovazioni che i rapporti familiari hanno subito a causa del progresso scientifico, ma anche se si considera la crescente pluralizzazione e internazionalizzazione che caratterizza sempre di più la società moderna.
In altre parole, ciò può essere sintetizzato distinguendo tra ordinamenti che adottano un approccio remediale, che prevedono norme poste a tutela delle relazioni familiari nelle sole ipotesi in cui sia necessario un intervento di garanzia dei diritti dei soggetti coinvolti, da ordinamenti che, al contrario, dettano norme che diano riconoscimento statale alle relazioni familiari, inquadrandole in categorie giuridiche apposite al fine di regolarle e delinearne la struttura e le dinamiche evolutive, intervenendo dunque proletticamente.
Alla luce di tale situazione, questo lavoro si prefigge l’obiettivo di analizzare il diritto di famiglia nell’ordinamento italiano, tendenzialmente riconducibile all’ultima tipologia descritta, anche considerando i diversi risultati raggiunti da altri sistemi, caratterizzati invece da un approccio remediale, al fine di individuare le prospettive di un suo possibile sviluppo, che tenga conto delle nuove esigenze e del contesto attuale, frutto delle recenti evoluzioni culturali, scientifiche e sociali.
A questo scopo, al diritto di famiglia italiano viene raffrontato quello inglese, caratterizzato da una tradizione giuridica e da un approccio alle relazioni familiari del tutto differenti, dove la personalità dell’individuo all’interno della famiglia, e dunque la sua autonomia, sono valorizzati e hanno un ruolo determinante nella regolamentazione giuridica delle relazioni familiari.
Tale confronto considera non solo la struttura dei sistemi e la loro evoluzione, ma è arricchito dalla considerazione di quei fattori socio-politici, storici e culturali che delineano l’identità e la tradizione di ciascuno di essi. Ciò consente di comprendere meglio l’adeguatezza delle regole alle esigenze sociali e, di conseguenza, la loro concreta efficacia.
2. – Diritto di famiglia e comparazione
La particolarità del diritto di famiglia ha fatto sì che esso venisse trascurato da parte della scienza comparatistica, che lo ha considerato poco appetibile, se non del tutto incompatibile con i propri metodi, a causa dell’eterogeneità dei diversi sistemi e dell’intreccio di elementi giuridici, tradizionali e culturali spiccatamente particolaristici.2
Secondo alcune interpretazioni3, infatti, il principale ostacolo riscontrato era proprio la dipendenza dei rapporti familiari e delle loro regole dalla morale e dalle credenze religiose di ciascun popolo e il loro stretto legame con scelte di natura
2 Cfr. XXXXXX, X., XXXXXXX M, op. cit., 50 e XXXXXX, X. X. Xxxxxxxxxxx Family Law. Past Traditions Battle Future Trends – and Viceversa, in Oxford Handbook of Comparative Law, cit., 1101.
3 R. SALEILLES, Rapport sur l’utilité, le but et le programme du Congrès, Congrès de Paris, Paris, LGDJ, 1905, vol. 1, 9 sgg.; XXXXXXX, X. Comparative Law, in Encyclopedia of the Social Sciences, 1937, 127-29
politica, che li rendeva “invariabilmente, afflitti dai particolarismi nazionali, dunque tendenzialmente incomparabili”.4
La comparazione giuridica, infatti, è stata a lungo legata all’idea dell’unificazione del diritto e, attraverso il raffronto formale delle regole poste nei diversi ordinamenti, ha cercato di individuare norme di diritto uniforme.5
Tutto ciò mal si conciliava con le caratteristiche del diritto di famiglia, che era ritenuto poco idoneo alla comparazione, se non addirittura incomparabile, a causa della sua marcata peculiarità6 e dell’idea che il legame tra il diritto di famiglia e le tradizioni nazionali di ciascun ordinamento fosse troppo forte.7
Al pari di altre materie, anche il diritto di famiglia è stato oggetto di interesse per gli studi comparatistici fin dal primo Congresso di diritto comparato, tenutosi a
4 XXXXXX X., XXXXXXX, M. op. cit. 51-52
5 Cfr. XXXXXXXXXX, X. X. Comparative Law. An Introduction to the Comparative Method of Legal Study & Research, 1971, 173 s., che distingue tre fasi nell’elaborazione di un testo di diritto uniforme (preliminary or exploratory stage, formulatory stage e operative stage), tra cui la prima serviva ad un confronto preliminare tra le regole dei diversi ordinamenti ed era affidata alla comparazione.
6SALEILLES, R., Rapport sur l’utilité, le but et le programme du Congrès, Congrès de Paris, Paris, LGDJ, 1905, vol. 1, 9 sgg.; XXXXXXX, X. Comparative Law, in Encyclopedia of the Social Sciences, New York 1937, 127-29; XXXXXX X., XXXXXXX, X. op. cit. 52. Ma cfr. anche XXXXXXX, X. in Le droit commun de la S.d.N – Ses organes actuels – Ses organes à venir, pubblicato in Mémoires de l’Academie Internationale de Droit Comparé, I (1928), 126 ss.; in questo senso anche XXXXX, B. C. H., Europäisches Einheitsrecht oder Intereuropäische Rechtsarmonie? Grundfragen einer europäischen Zusammenarbeit im Privatrecht, in ZWEIGERT, K. (a cura di), Europäische Zusammenarbeit im Rechtswesen, 1955, 45 ss., in part. 62, che vede nell’unificazione del diritto famiglia sostanziale, anche solo in ambito europeo “una speranza” (als aussichtslos).
7 Xxx XXXXXXX, X. Le droit commun de la S.d.N – Ses organes actuels – Ses organes à venir, in Mémoires de l’Academie Internationale de Droit Comparé, I (1928), 126 ss., cit. in CAGGIA, F., Per un uso politico del diritto di famiglia comparato, in Comparazione e Diritto Civile 1/2018, 3, il diritto di famiglia viene considerato “dominio del diritto all’intimità nazionale, luogo di resistenza del particolarismo giuridico, un ambito in cui l’uniformazione non appare percorribile, e forse neanche auspicabile”.
Parigi nel 19008, nel cui programma figurava una sessione dedicata ai regimi patrimoniali della famiglia.
È stato osservato, ricostruendo i diversi approcci della scienza comparatistica alla famiglia, che “l’analisi di tipo strutturalista, maggiormente incline a indagare le strutture profonde del diritto e perciò tale da cogliere e spiegare anche le ragioni e le dinamiche proprie dei legal transplants da sistema a sistema, ha fatto di tale fenomeno l’oggetto centrale dell’analisi comparatistica, ma forse anche per questo è rimasta sostanzialmente lontana dai temi del diritto di famiglia”, mentre in quest’ambito, “ha proliferato una metodologia di tipo funzionalista, più coerente con le presunte radici politico-sociologiche di tale disciplina e più interessata al tema del legal reform”.9
Secondo la tesi funzionalista, il comparatista avrebbe il compito di perseguire un obiettivo politico, adottando gli strumenti ritenuti più idonei allo scopo. Questi andrebbero individuati attraverso un’indagine che consenta di individuare, in ciascuno degli ordinamenti presi in considerazione, quegli equivalenti funzionali posti per conseguirlo, per poi selezionare quello migliore o più adatto al caso.10 Peraltro, evidenziando la forte connotazione politica di questa ricostruzione, non è mancato chi ha sottolineato che gli anni di maggiore affermazione del metodo di comparazione funzionalista sono coincisi con quelli delle trasformazioni sociali che hanno caratterizzato la prima metà del Novecento.11
8 I materiali del Congresso di Parigi sono raccolti in Congrés internationale de droit comparé. Tenu à Paris du 31 juliet au 4 août 1900 – Procés-verbaux des séances et documents, Vol. 1-2, Librairie Générale de Droit et de Jurisprudence, Paris 1905- 1907.
9 XXXXXX X., XXXXXXX, M. op. cit. 51 e cfr. anche XXXXXXX, X., Critical Family Law in
Journal of Gender, Social, Policy & the Law”, 19, 2, 2011.
10 XXXXX, X. Le droit de la famille dans le code civil Ethiopien, 1967.
11 Cfr. XXXXXX X., XXXXXXX X. op. cit.
In quegli anni, le riforme normative emanate in molti paesi europei hanno offerto numerosi argomenti di analisi,12 consentendo di osservare la generale tendenza dei sistemi di diritto di famiglia ad allontanarsi dai valori tradizionali e religiosi,13 convergendo verso ideali di libertà, uguaglianza e laicità,14 in risposta alla diffusione di esigenze di innovazione analoghe. L’emancipazione femminile, l’industrializzazione e l’affermazione dei diritti umani hanno portato i sistemi occidentali ad allinearsi lungo alcune direttive comuni in materia di famiglia, come il riconoscimento e l’affermazione dell’uguaglianza tra i coniugi, la parità di trattamento e di status dei figli legittimi e naturali e il divorzio non fondato sulla colpa.
La teoria funzionalista e l’idea dell’unificazione normativa come obiettivo ultimo della comparazione non sono mai state del tutto superate e sono ancora seguite da parte della scienza comparatistica, tanto da avere recentemente ispirato un più ampio progetto di creazione di un diritto privato europeo comune.
Nonostante il legislatore europeo abbia riconosciuto lo stretto legame della disciplina della famiglia con l’identità di ciascuno stato membro, dichiarandosi non competente in materia e limitandosi a regolare gli aspetti transnazionali dei rapporti familiari,15 nel 2001 è stata creata la Commission on European Family
12 Il processo è messo in evidenza da GLENDON, M. A. The Transformation of Family Law. State, Law, and Family in the United States and West-Europe, 1989.
13 XXXXXX-XXXXXXXXXX, X. The Unification of Family Law in American Journal of Comparative Law, vol. 16, 1968, 175 ss.
14 Cfr. XXXXXX X., XXXXXXX X. op. cit., 53-54; XXXXXXX, X. The Non-Subversive Function of European Private Law: The Case of Harmonisation of Family Law, in European Law Journal, n. 12/2006, 78-79.
15 Nonostante, di fatto, gli interventi normativi dell’Unione Europea sempre più spesso incidano sul diritto di famiglia, che è tradizionalmente di competenza degli Stati membri, essa gode, in base al principio di attribuzione contenuto nell’art. 5, par. 1, TUE, delle sole competenze che le sono state conferite dagli Stati e che sono codificate nei Trattati, e comunque, esclusivamente per la realizzazione degli obiettivi previsti dai Trattati stessi, come quelli individuati dall’art. 3 TUE, tra
Law, che ha riunito alcuni studiosi della materia con l’obiettivo di redigere un elenco di principi di diritto di famiglia europeo comuni a tutti gli stati membri, utile per fornire ai legislatori modelli di legge ispirati a criteri omogenei, in vista dell’armonizzazione delle norme interne in materia di famiglia16.
La Commission ha adottato un metodo di lavoro noto come Better law, improntato all’analisi degli ordinamenti dei diversi stati membri e all’individuazione, tra le loro norme, di quelle ritenute più efficaci e idonee a tutelare e perseguire gli obiettivi e gli interessi ritenuti comuni alle famiglie europee.
Il limite di questo metodo, e dunque dell’intero lavoro della Commission, tuttavia, sta nell’obiettiva difficoltà di individuare una regola che sia effettivamente migliore di altre.
Se anche in materia di contratti, proprietà e obbligazioni fosse efficacemente ipotizzabile un confronto tra le norme di ordinamenti diversi al fine di valutarne l’utilità e l’efficacia sulla base di elementi meramente, ciò lo sarebbe ancor meno in materia di famiglia. E anche ipotizzando di poter condurre un’analisi delle norme di diritto di famiglia dei diversi ordinamenti in maniera neutrale e senza influenze ideologiche e culturali17, non sarebbe comunque possibile essere
cui la realizzazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, senza frontiere interne, nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. Tutte le competenze non espressamente attribuite nei Trattati all’Unione, come la regolamentazione dei rapporti familiari, spettano agli Stati membri. Cfr. XXXXXXXX, X., Verso una competenza della Comunità europea in materia di diritto di famiglia, in BARIATTI, S., XXXXX, C., XXXXXX, L., La famiglia nel diritto internazionale privato, 2007, pp. 3-45.
16Gli obiettivi e i metodi di lavoro di questa commissione sono spiegati in BOELE-XXXXXX, K. The principles of european family law: its aims and prospects, in Utrecht Law Review, 1, 2002, 160 ss. oltre che nel volume Perspectives for the Unification and Harmonisation of Family Law in Europe, a cura di XXXXX-XXXXXX, K., 2003.
17 La possibilità di una analisi imparziale non è generalmente condivisa e non mancano teorie secondo le quali le regole di diritto di famiglia sono troppo fortemente influenzate da fattori politici e che è proprio la politica a influenzare le scelte legislative in materia di famiglia. Cfr. XXXXXXX, X. Family Law and Political Culture, 1996 e XXXXXXX, D., Family law, in Elgar
altrettanto imparziali nella scelta della norma più efficace, e dunque astrattamente migliore.
L’efficacia delle norme di diritto di famiglia, infatti, non deriva solo dall’individuazione e dall’imposizione delle regole ritenute astrattamente più idonee e opportune, ma dipende inevitabilmente dalla loro capacità di essere condivise e percepite come utili a livello sociale e ciò dipende da fattori che non sono giuridici, bensì politici, culturali, religiosi, geografici, che non possono essere valutati in termini di astratta efficienza, senza calarli in un contesto concreto.
In altre parole, quand’anche il diritto di famiglia, di fronte a sollecitazioni di rinnovamento analoghe, tendesse a convergere verso soluzioni normative simili, diffuse attraverso fenomeni di circolazione e imitazione, ciò non basterebbe per legittimare l’idea che tali norme siano “migliori” di altre e possano dunque essere applicate a livello generale, come principi uniformi, con esiti positivi.
Il successo di un determinato modello in uno o più sistemi, infatti, non dipende dal fatto che esso sia, semplicemente, “migliore”, bensì dalla sua capacità di intercettare le esigenze di rinnovamento per come specificamente e concretamente percepite a livello sociale in ciascun ordinamento; dunque l’applicazione generalizzata del medesimo principio, seppure recepita con successo in alcuni ordinamenti, in altri verrebbe avvertita come l’imposizione di una regola forse
Encyclopedia of Comparative Law, a cura di XXXXX, J. M., 2006, pp. 259 ss. Secondo Xxxxxxx “family law is political discourse” e la natura della relazione tra il diritto di famiglia e l’ordinamento cui appartiene è strettamente politica, poiché esso opera come strumento del legislatore per la realizzazione di obiettivi politici e di politica del diritto, ed è in questa chiave che vanno analizzati e spiegati i fenomeni circolatori.
anche comprensibile, ma non per questo automaticamente percepita come giusta, e pertanto non applicata e seguita in concreto.
Le norme di diritto di famiglia, infatti, non possono essere utilmente trapiantate in base alla loro efficienza o idoneità nel perseguire l’obiettivo di tutela preposto, poiché sono destinate a operare in contesti che, per quanto vicini e simili, presentano peculiarità tali da richiedere un approccio diverso a fenomeni ed esigenze uguali.
In altre parole, anche e soprattutto in materia di famiglia, il solo fatto che due ordinamenti contemplino istituti o regole analoghe non implica automaticamente che siano tali anche i loro presupposti e che le norme di uno possano indistintamente applicarsi all’altro, e viceversa.
Alla luce di queste osservazioni, l’idea di una possibile armonizzazione dei sistemi di diritto di famiglia europei che non tenga conto delle peculiarità di ciascun sistema, rischia di ridursi ad uno sterile tentativo di ingegneria giuridica, che tralascia del tutto aspetti fondamentali quali l’influenza di fattori sociali, culturali, tradizionali, per basarsi esclusivamente sull’individuazione delle regole funzionalmente più efficaci.
L’idea che i sistemi di diritto di famiglia possano essere armonizzati attraverso l’applicazione di regole uniformi è stata criticata, osservando l’erroneità delle sue premesse e, in particolare, l’inevitabile assenza di legittimazione che sconterebbe una regola introdotta in un ordinamento solo perché più efficace nel suo ordinamento di origine.
Ciò non vuol dire che il particolarismo dei sistemi di diritto di famiglia ne impedisca la circolazione, adattandosi a ordinamenti diversi da quelli in cui hanno
origine; tuttavia, la giustificazione di tale fenomeno non può limitarsi al fatto che la regola trapiantata sia “migliore” rispetto alle sue omologhe, ma deve fondarsi anche sulla considerazione dei motivi che si celano dietro la sua efficacia e della possibilità che, in un contesto diverso, essa possa essere recepita positivamente e ottenere i medesimi risultati.
Un approccio più recente all’argomento è quello adottato nell’ambito del Common Core Project, portato avanti già dagli anni ’90 dapprima in materia di contract, tort, e property, ma successivamente esteso anche ai rapporti familiari e in particolare, ai duties of care and duties of cash.
Il progetto mira ad analizzare questi aspetti del diritto di famiglia in ciascun sistema, ma non con l’obiettivo di imporre i principi ritenuti migliori, bensì per rilevare quel nucleo di elementi comuni verso cui i sistemi convergono spontaneamente, senza però trascurare le singole peculiarità e gli elementi di divergenza.
Il punto di partenza dei lavori condotti nell’ambito di questo progetto è l’osservazione di come sistemi differenti adottino spesso modelli giuridici analoghi in materia di relazioni familiari, che però trovano diversa applicazione in concreto, e di come l’enunciazione delle regole e la loro applicazione pratica, il noto binomio law in the books and law in action, spesso non coincida. Alla luce di ciò, partendo dall’analisi della struttura dei sistemi e dei loro meccanismi di funzionamento, si è cercato di individuare quali sono i fattori che portano a tali circostanze, non per individuare quale regola funzioni meglio degli altri, bensì per riconoscere quali sono quegli elementi comuni, un common core appunto, che
fanno sì che una regola mantenga la sua efficacia anche se applicata in sistemi diversi.
Sulla base di queste considerazioni, ad un’analisi che si concentra sullo studio della struttura e sul raffronto formale dei diversi ordinamenti e delle loro norme, o ad una funzionalistica, che mira all’uniformazione normativa e si ferma ad osservare le norme e i loro scopi senza indagare le peculiarità del contesto all’interno del quale operano,18 si è affiancata una concezione più moderna, che studia con particolare interesse la materia delle relazioni familiari.
Quest’ultima si fonda sull’idea che lo scopo della comparazione sia, oltre all’imprescindibile studio della struttura dei sistemi presi in esame, la loro comprensione e la conseguente capacità di valutare i fenomeni circolatori, individuandone le motivazioni e spiegandone gli esiti alla luce dell’analisi del contesto economico, sociale e politico che li caratterizza.
Nello studio della struttura dei sistemi, si è da anni affermata la teoria dei formanti, ampiamente seguita e fondata sull’idea che, ai fini della comparazione, giochi un ruolo essenziale l’individuazione di quelle componenti fondamentali, esplicite, cioè legge, giurisprudenza e dottrina, e implicite, i cosiddetti crittotipi19,
18MIRANDA, A., The Bleeding of Legal Rules Between Rights and Limits, in the Age of Migration Flows and the Crisis of the Nations, in COLOMBO, G. Hybridizations, Contaminations, Triangulations: itineraries in Comparative Law Through the Legal Systems of Italy and Japan, special issue of The Italian Law Journal, 2018, 23.
19 Secondo Xxxxx “alcuni formanti del diritto nascono già verbalizzati, ossia enunziati mediante parole (ad esempio, la definizione dottorale nasce verbalizzata); ma altri non vengono espressi. Questi modelli impliciti, la cui importanza è immensa, possono dirsi crittotipici o inferenziali”. “Le regole non verbalizzate hanno un’importanza centrale nel diritto. Esse vengono percepite e trasmesse da una generazione di giuristi a quella successiva, così come vengono trasmesse e custodite le regole di una società tradizionale. Il portatore della regola non verbalizzata suole trovarla «ovvia» e non trova facile liberarsene nel corso del ragionamento giuridico. L’insieme dei crittotipi che dominano in un dato ambiente incide in modo rilevante sulla «mentalità» dell’ambiente in questione.”. Cfr. SACCO R., XXXXXXX A., Sistemi giuridici comparati, 2010, 6-7.
in base alla quali ogni sistema si sviluppa e nelle quali può essere scomposto, che consente di delinearne la struttura in base all’analisi del modo in cui essi si manifestano e si relazionano tra loro20.
Alla teoria della scomponibilità in formanti degli ordinamenti, si accompagna poi quella secondo la quale lo studio dei sistemi non può limitarsi a guardare alla loro struttura, ma deve anche indagare i fenomeni circolatori che hanno fatto sì che determinate regole, tipiche di un sistema, vengano adottate anche da un altro.21 Secondo la teoria dei trapianti giuridici sono proprio questi fenomeni di circolazione a determinare l’evoluzione del diritto, che si svilupperebbe dunque attraverso un meccanismo di imitazione che “non dipende tanto da qualità intrinseche dell’ordinamento o del modello imitato, quanto dalle strategie e dai problemi del sistema che imita”22, e che dunque non può non essere studiato senza
20Secondo la teoria dei formanti, elaborata da Xxxxxxx Xxxxx, “la comparazione non può (…) fare a meno di analisi giuridiche che procedano distinguendo, ossia dissociando, i vari formanti”, ossia quei “vari tipi di regole e di proposizioni” che “vengono tenuti distinti nel discorso del giurista, il quale parla di regole legali, proposizioni dottrinali, regole giurisprudenziali ecc.” e che coesistono negli ordinamenti. Cfr. SACCO R., Introduzione al diritto comparato, 1990, 50-51. Secondo xxxxx, infatti “La pura legge non è tutto il diritto. La pura definizione dottrinale non è tutto il diritto. La pura massima non è tutto il diritto. Ma nemmeno la serie esaustiva di tutte le ragioni del decidere non è tutto il diritto. Per vedere tutto il diritto bisogna dare dimensioni e collocazione appropriata ad ognuna di queste figure – legge, definizione, ragione, massima, ecc. – Bisogna cioè accettare la presenza di tutti i formanti dell’ordinamento, e ridurre ognuno di essi alle dimensioni che gli competono, senza illusioni ottiche capaci di far vedere ingrandite le figure più generali (definizioni d’insieme) e di nascondere le regole di dettaglio, ma anche senza errori di prospettiva che rendano invisibili le figure più astratte.” Cfr. SACCO R., Introduzione al diritto comparato, 1990, 60 ss. Cfr. anche SACCO R., XXXXXXX A., Sistemi Giuridici Comparati, 2010, 4, SACCO R., Introduzione al diritto comparato, 1992, 57 ss., XXXXX, R. Legal formants. A dynamic approach to comparative law, in 39 American Journal of Comparative Law, 1991, I, pp. 1-34; R. SACCO, Legal formants. A dynamic approach to comparative law, in 39 American Journal of Comparative Law, 1991, II, pp. 343-401.
21 La teoria dei trapianti giuridici si fonda sul concetto di legal transplants, definiti “as the moving of a rule or a system of law from one country to another, of from one people to another” da Xxxx Xxxxxx. Essi hanno ad oggetto “rules -not just statutory rules- institutions, legal concepts and structures that are borrowed, not the spirit of the legal system” che circolano da un sistema all’altro. Cfr. XXXXXX A., Legal transplants, 1974, 21 e XXXXXX A., Legal transplants and European Private Law Ius Commune Lectures on European Private Law, 2, 2000.
22 XXXXXXX, X., Trapianti giuridici, circolazione dei modelli e persistenza della norma: l’insegnamento di Xxxx Xxxxxx, in XXXXXXX, A., Diritto e tradizione. Circolazione, decodificazione e persistenza delle norme giuridiche, 2004, 17.
conoscere non solo la struttura, ma anche la tradizione giuridica dei sistemi presi in considerazione.
La comparazione, in quest’ottica, ha dunque il compito di “suggerire e di individuare nell’ordinamento giuridico i trapianti, di stabilirne la provenienza, di ricostruirne la genesi e controllarne l’esattezza dei presupposti rispetto all’ordinamento donante, di comprenderne e di valutarne i modi, i motivi e gli effetti, alla luce di una data tradizione giuridica, anche per poterne giudicare esattamente l’impatto e quindi, in definitiva, per potere offrire una ricostruzione più puntuale e completa del proprio sistema giuridico”23.
Il trapianto di un modello, infatti, non necessariamente ne contempla interamente ogni elemento e presupposto, ma avviene spesso in modo parziale, quasi creativo, poiché può riguardare un formante piuttosto che un altro e manifestarsi, ad esempio, nell’adozione della regola normativa di un ordinamento, ma non anche dell’interpretazione giurisprudenziale che, nel sistema di origine, la accompagna. In materia di relazioni familiari la principale difficoltà avvertita è quella dell’inefficacia delle norme adottate per regolarle, troppo frequentemente poco utili a colmare le lacune aperte dall’evoluzione sociale e a rispondere alle istanze di rinnovamento avvertite, e ciò, molto spesso, dipende proprio dalla trasposizione di un modello straniero il cui trapianto viene eseguito in modo parziale o impreciso, all’esito di scelte incaute dei governi e dei legislatori, spesso dovute a ragioni politiche, o semplicemente a errori di interpretazione o ad una diversa percezione delle regole normative24.
23 XXXXXXX, X., op. cit., 17.
24 Non a caso è stato sostenuto che “rules of private law have been and are in large measure out of step with the needs and desires of society” cfr. XXXXXX X., Society and legal change, 1977.
Affinchè un fenomeno circolatorio abbia buon esito, infatti, non può non considerarsi, oltre al contesto da cui il modello trapiantato proviene e dove si applica con successo, anche quello cui è destinato, con le sue esigenze e caratteristiche.
Diventa dunque centrale, nella comparazione, non solo l’analisi della struttura dei sistemi e delle loro peculiarità, ma anche lo studio delle scelte legislative che sono state compiute per arrivare alla loro configurazione.
La comprensione delle ragioni che hanno spinto ad adottare una regola straniera, trapiantandola nel proprio sistema, può infatti spiegare qual era l’obiettivo perseguito dal legislatore e valutarne l’efficacia e le possibilità di successo.
Sul punto, non sono mancate teorie che, concentrandosi sul concetto dell’efficienza delle norme e del loro trapianto, hanno guardato all’analisi economica, e in particolare alla system dynamics25, per approfondire i meccanismi che la determinano.
In particolare, è stato osservato come spesso il successo di un trapianto sia determinato dalla convinzione diffusa che esso possa portare ad un miglioramento della qualità della vita e cioè, per semplificare, che piaccia.
Infatti “ci sono cose che «piacciono» e sono considerate «belle» in relazione ad un dato gruppo sociale. Ecco che, venendo al dato giuridico, ritorna prepotente il concetto di tradizione giuridica” poiché “il contesto sociale è anche contesto giuridico e il background culturale in senso lato di una società influisce sul comportamento dei singoli e sulla loro percezione della «quality of life» a
25 La system dynamics, cioè una metodologia di studio volta alla comprensione del comportamento dei sistemi complessi nel corso del tempo è dettagliatamente spiegata in VON XXXXXXXXXXX L., General system theory. Foundations, development, applications, 1969.
prescindere dal fatto che si sia cittadini o sudditi o appartenenti a questa o a quella nazione o stato”.26
Mai come in materia di famiglia, dunque, è necessario combinare l’analisi di un sistema e della sua struttura con l’attenzione alla sua tradizione giuridica, cioè a quell’insieme di comportamenti e valori che, in un determinato contesto storico, viene spontaneamente condiviso da uno specifico gruppo sociale, a prescindere dalla sua imposizione.
Solo questa compatibilità con la tradizione giuridica, e non la mera scelta politica di adottare un determinato modello, può portare alla sua effettiva applicazione in concreto, e dunque al successo del suo trapianto, ed evitare che le norme imposte vengano di fatto ignorate dalla popolazione, di cui non riescono a soddisfare le istanze.
È stato osservato, infatti, che la comparazione non può avvenire solo in modo diretto, attraverso il raffronto delle “manifestazioni esteriori della vita giuridica”27 degli ordinamenti, ma deve anche “ammettere che in essi v’è sempre un elemento concettuale, non arbitrario, indipendente dalla volontà e dal potere degli operatori del diritto, in qualunque posizione si trovino, frutto invece del loro sapere giuridico”.28
Secondo tale ricostruzione il diritto “sta dunque nel pensiero, nelle argomentazioni, ovunque si presentino e chiunque ne sia l’autore – legislatore, giudice, uomo di scienza – da cui tali fatti ricevono la loro qualità di elementi coordinati d’un sistema egualitario” e “se si parte dall’idea che il diritto è
26 XXXXXXX X., Lo “stingimento” delle regole giuridiche tra diritti e limiti nell’era dei flussi migratori e della crisi delle nazioni in The Xxxxxxx electronic law bulletin, 2018, 18 ss.
27 XXXX, X. Introduzione al diritto della civiltà europea, 1982, 50.
28 XXXX, X. Introduzione al diritto della civiltà europea, 1982, 52.
un’opera umana che riflette per sua natura l’umanità di chi vi attende, esso non può essere opera soltanto del potere, né può venir ricercato soltanto negli atti legislativi, nelle sentenze dei giudici o nelle opere di scienza che danno conto degli uni e delle altre”.29
Una analisi comparatistica completa, dunque, sarebbe effettivamente “possibile soltanto se si accetta l’idea che il diritto non è un fatto unilaterale di chi pone la norma, bensì un rapporto tra costui e il destinatario della norma; che esso suppone tanto l’atto di emissione della norma, quanto l’atto di ricezione” e “mentre il contenuto del comando, il provvedimento, dipende unicamente dalla volontà del legislatore e può variare all’infinito secondo tale volontà, la definizione dei fatti giuridicamente rilevanti e dei loro effetti giuridici e quindi dei tipi di rapporti di dovere e potere, viene adoperata dal legislatore e dal giudice per disporre e per decidere, ma sfugge alla loro volontà, perché tale definizione può essere soltanto esatta o inesatta, vale a dire coerente o non coerente col sistema: è l’espressione della cultura giuridica – del senso d’uguaglianza – della società umana cui appartiene. 30
Quest’idea della comparazione come “esame comparato del sapere giuridico dei popoli”31 si adatta particolarmente bene allo studio della disciplina dei rapporti familiari. Questo infatti non può ridursi all’analisi di norme, provvedimenti giurisdizionali e ricostruzioni dottrinali, ma deve necessariamente tenere conto degli elementi culturali, sociali e tradizionali che li connotano e che, inevitabilmente, ne influenzano anche la ricostruzione giuridica.
29 XXXX, X. Introduzione al diritto della civiltà europea, 1982, 50. 30 XXXX, X. Introduzione al diritto della civiltà europea, 1982, 51. 31 XXXX, X. Introduzione al diritto della civiltà europea, 1982, 52.
I sistemi, infatti, non differiscono solo perché al loro interno i formanti si esplicano e dialogano in modo diverso, ma ancor prima perché differisce la loro tradizione giuridica e culturale e, di conseguenza, anche il loro stesso modo di intendere, definire e comprendere in senso giuridico i rapporti familiari.
Non sempre, dunque, le differenze tra ordinamenti si manifestano esteriormente, ma frequentemente le loro divergenze più evidenti sono frutto di differenze più profonde e non esplicitate direttamente.
Un esempio, meglio approfondito nelle pagine successive, è proprio quello della differenza tra la disciplina delle relazioni familiari nel sistema italiano e in quello inglese, che deriva prima di tutto dalla loro connotazione pubblicistica, nel primo, e negoziale, nel secondo, da cui discende il diverso modo in cui giurisprudenza, legge e dottrina li hanno affrontati.
Il diritto di famiglia, oggi, si pone dunque nel panorama scientifico come una materia di particolare interesse per i comparatisti che, superata ormai l’iniziale diffidenza, possono meglio di altri coglierne la complessità e approfondirne non solo gli aspetti prettamente giuridici, ma anche quelli legati a fattori sociali, culturali, economici, consentendo di raggiungere quella visione d’insieme necessaria per valutare le direzioni del suo futuro sviluppo e comprendere fino a che punto la circolazione di un modello straniero possa avere esiti positivi, grazie alla conoscenza delle tradizioni sottese a ciascun ordinamento.
3. – Peculiarità del concetto di famiglia tra definizioni e significati diversi
I primi, fondamentali, interrogativi da porsi nello studio della disciplina delle relazioni familiari sono quelli su cosa sia la famiglia e, successivamente, quale sia il suo rapporto con il diritto, dunque quale sia il suo significato in senso giuridico. Poiché quello di famiglia è un concetto intimamente radicato in ogni individuo, descriverlo può sembrare, a un primo sguardo, fin troppo semplice, anche solo attingendo alle proprie esperienze e al proprio vissuto personale; al contrario, invece, è un concetto complesso e ricco di sfaccettature diverse, di cui non è agevole dare una definizione onnicomprensiva, che non si limiti a coglierne solo alcuni, specifici aspetti.
Proprio per questo le definizioni di famiglia sono numerose e diverse, poiché ben più di altri fenomeni essa è stata oggetto di studio nei più disparati ambiti scientifici e quasi tutte le scienze umane, dalla sociologia alla biologia, l’hanno analizzata, enucleandone gli elementi e classificandone, sulla base di diversi criteri, diverse tipologie.
Volendo però ricercare una definizione generale, comune a tutte le categorie individuate dalle diverse discipline scientifiche, è necessario ricostruire il concetto di famiglia a partire dall’unico elemento distintivo che è tipico di ogni sua forma, cioè l’interazione tra individui fondata su un legame affettivo.
Ciò che contraddistingue veramente la famiglia, infatti, è il rapporto affettivo che si instaura tra più persone, in contrapposizione all’idea di solitudine32.
Non a caso, in senso generale, si può dire che la famiglia sia “una comunità umana, diversamente caratterizzata nelle varie situazioni storiche e geografiche,
32 Cfr. XXXXXXXX, X. Profili Evolutivi Del Diritto Di Famiglia (Per Un’introduzione Storico- Sistematica) in Comparazione e diritto civile 2, 2018, 14.
ma in genere formata da persone legate fra loro da un rapporto di convivenza, di parentela, di affinità”33 o, per dirla con le parole della Costituzione, una “società naturale”.
Quello di comunità è dunque l’unico elemento sempre presente quando si parla di famiglia, ma il concetto viene poi volta per volta caratterizzato in modo diverso in base all’influenza di fattori socio-culturali tipici di ciascun contesto.
Proprio la diversa combinazione e interazione di questi fattori rende la famiglia una realtà dinamica, suscettibile di variazioni nel tempo e nello spazio e capace di assumere forme diverse. E tutto ciò, oltre a rendere più articolato il lavoro descrittivo e classificatorio dello scienziato, complica anche il lavoro del giurista. Per stabilire quando sia applicabile il diritto di famiglia, infatti, è necessario prima stabilire cosa sia o non sia famiglia in senso giuridico, dunque enucleare gli aspetti giuridicamente rilevanti del rapporto tra individui che si crea nella comunità familiare.
La peculiarità del diritto di famiglia, infatti, è quella di occuparsi di fattispecie che non hanno un’originaria connotazione giuridica e che il diritto non definisce e, in un certo senso, non può utilmente definire: la dinamicità della famiglia, infatti, mal si concilia con i tempi del diritto e con i criteri di certezza e stabilità cui questo, soprattutto nella concezione europea occidentale, si ispira.
La prima criticità del diritto di famiglia, dunque, è il precoce invecchiamento delle sue norme che, con i mutamenti dovuti all’evoluzione della società, diventano obsolete o incomplete, restando legate a concetti ormai superati.34
33 “Famiglia”, in Xxxxxxxx.xx – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Basti pensare all’esempio italiano, dove, superato il dato meramente letterale, la famiglia non è più solo quella “fondata sul matrimonio” richiamata dalla Costituzione, ma anche all’unione di una coppia di persone dello stesso sesso fondata su vincoli affettivi, i cui rapporti personali ed economici vengono espressamente formalizzati in un accordo, o all’unione di due persone che fondano la loro relazione sul reciproco consenso, a prescindere dalla forma in cui questo venga manifestato.
Queste e altre fattispecie si sono sviluppate come aggregazioni sociali spontanee e sono rimaste per lungo tempo prive di regolamentazione giuridica, creando la necessità di prendere atto della loro esistenza e rilevanza giuridica per adeguare il diritto di famiglia alla realtà sociale.
Il conseguente ampliamento della portata del concetto di famiglia, i cui confini sono stati ridisegnati fino a ricomprendere nuove fattispecie, ha fatto sorgere esigenze ancora non contemplate dalle norme esistenti in materia; e ciò ha fatto sì che quello che era stato per secoli un concetto statico, dunque ben definito e ben definibile anche in termini giuridici, diventasse sempre più elastico, sfuggendo a classificazioni e categorizzazioni giuridiche precedenti o, a volte, ponendosi anche in contrasto con esse.
Ciò dipende, a sua volta, dal fatto che molti dei fattori di innovazione non solo erano sconosciuti, ma non erano nemmeno minimamente immaginabili al tempo in cui sono stati disciplinati i rapporti familiari. E, venendo dunque a mancare gli strumenti giuridici per affrontare queste novità e le loro conseguenze, i sistemi
34 Quelle “incrostazioni” che “in un diritto moderno dovrebbero senz’altro essere eliminate”, cfr. XXXXXX, X. La crisi dell’attività normativa dello Stato, in Studi in onore di Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, 1970, p. 399.
giuridici hanno inevitabilmente ignorato realtà che, pur essendosi affermate a livello sociale, non rientravano nelle categorie giuridiche esistenti.
È stato - ed è - necessario, dunque, ripensare il diritto di famiglia, non solo dando riconoscimento giuridico ai nuovi modelli familiari che si sono diffusi e attribuendo loro diritti e tutele, ma, nel farlo, prendendo atto della loro novità e differenza rispetto alla concezione tradizionale di famiglia, i punti di contatto con la quale non possono, comunque, essere del tutto persi di vista.
La scarsa aderenza35 di molte norme di diritto di famiglia alla realtà, come uno “scollamento”, è infatti sempre più evidente e accentuata, soprattutto se si pensa alle trasformazioni del mondo contemporaneo, in cui, da un lato, internet e la tecnologia hanno facilitato la comunicazione e la diffusione di informazioni e, dall’altro, fattori economici, storici e politici hanno reso sempre più frequenti e facili gli spostamenti di individui, beni e servizi da una parte all’altra del mondo. Tutto ciò ha determinato un vero e proprio abbattimento delle frontiere e una commistione di usi, rapporti e comportamenti in parte interamente originali e in parte trapiantati da altre tradizioni e culture o ibridi di realtà e usi diversi.
Tra tutti questi fattori di innovazione, hanno giocato un ruolo particolarmente rilevante le recenti scoperte scientifiche in campo biologico, che hanno consentito una maggiore conoscenza dei meccanismi della vita umana, consentendo di
35 Già Xxxx Xxxxxx osservando il fenomeno parlava di “divergence”, affermando che “there is a divergence in the sense in which I am using the term when the legal rule, principle or institution is inefficient for its purpose in satisfying the needs of the people or the will of its leaders and when a better rule could be devised, and when both the inefficiency and the possibility of marked improvement are known to the persons concerned. Divergences appear in many shapes and sizes and might be classified in various ways whether in terms of how they come into existence or the effect they have upon the legal system or upon society in general. […] Ad for their effect upon society in general this is basically either to produce a result different from what society could wish or need or, whatever the end results, to increase unnecessarily the economic cost” in XXXXXX, A., Society and legal change, 2001 p. 5.
prolungarne la durata e rivoluzionando il rapporto dell’uomo con la procreazione, rendendolo capace di controllarla, di aumentarne le possibilità e di replicarla artificialmente.
Ciò ha avuto, come si vedrà più avanti, notevoli ripercussioni anche in campo giuridico e ha aperto nuovi scenari in materia di genitorialità e filiazione, stravolgendo le relazioni familiari e lasciando spazio a possibilità nuove che, essendo lontane dai concetti giuridici esistenti, sono difficili, se non impossibili, da regolare sulla base delle categorie tradizionali del diritto di famiglia.
In un certo senso, di fronte alla mutevolezza della famiglia e alla sua sensibilità a fattori di influenza diversi, si può dire che la posizione del diritto sia quella di un costante inseguimento36 e non è un caso che il diritto di famiglia, in Italia come in altri sistemi occidentali, sia più frequentemente soggetto a riforme e modifiche rispetto ad altri ambiti del diritto privato, oltre ad essere uno dei pochi per i quali non è stato possibile realizzare un corpus completo e organico di norme37.
36 Appare particolarmente calzante il richiamo al paradosso dell’esploratore in DE XXXXXXX, C.
M. The Evolution of Family Law: Changing the Rules or Changing the Game, in Xxxxxxx Xxxxx University Journal of Public Law, 30, 2, 2016, 239 e ss. che racconta di “an explorer wants to reach the North Pole driving his dogsled. On the first day, before beginning his journey, the explorer checks the direction with his compass and begins to move at a high speed on a snowy frozen ground towards the north. He stops every three hours and verifies the direction of his trip with the compass. Each and every time, after reassuring himself that he is heading north, he notices that he is further from the North Pole than he was at the beginning of the day. At the end of the day - after twelve hours of exhausting effort during which he has continually travelled north - he is further from the North Pole than he was in the morning. How is this possible? To solve this paradox, one has to adopt a different perspective. From a birds-eye-view, we would be able to notice that the explorer is making his journey on a very huge iceberg, which is going to the south faster than he is able to go to the north in his dogsled.” Secondo l’autore “to better understand the reasons for this crisis of the family, and for Family Law, we have to gain perspective; all the social and public efforts relating to family life are based on incorrect assumptions about family and human relations. We are devoting substantial efforts to peripheral family issues, but we are failing in the way we, as a society, are dealing with the core aspects of family life. It is therefore imperative to completely rethink the way our western societies are dealing with sex, marriage, and family”.
37Non a caso, anche il Common Core Project (cfr. infra), si è inizialmente interessato ad altri aspetti del diritto privato, per focalizzarsi solo in un secondo momento sul family law.
Di fronte a questo quadro, l’approccio degli ordinamenti ai rapporti familiari risulta spesso inadeguato e non riesce a fornire una regolamentazione efficace di un fenomeno così dinamico e mutevole.
Il distacco tra la famiglia per come definita dalle norme giuridiche e la famiglia per come effettivamente percepita dalla società e manifestata nella vita reale, infatti, aumenta progressivamente e ciò rende auspicabile ripensare la struttura e i meccanismi del diritto di famiglia per conciliare l’esigenza di certezza delle regole, con quella dell’efficacia e concretezza della tutela.
Tale problema, tuttavia, è maggiormente avvertito nel sistema italiano e in quelli continentali, ad esso simili, mentre è stata affrontata con maggiore successo nei sistemi di Common law, come quello inglese.
Le ragioni di questa differenza vanno ricercate nell’approccio dei due sistemi, che si distinguono e hanno una diversa tradizione giuridica, che si riflette in metodi e scelte differenti, anche nell’approccio alle relazioni familiari e alla loro evoluzione.
Il sistema inglese, tradizionalmente, è un sistema remediale e pratico, tanto da poter dire che “la misura della sua forza è data dalla portata della sua concreta incidenza”38. Il diritto inglese, infatti, si fonda sull’apprendimento pratico, piuttosto che su principi teorici e ciò fa sì che, ferma restando la fondamentale
38 CRISCUOLI G., Introduzione allo studio del diritto inglese, 2000, 22. Ma si vedano anche: XXXXXX, O.W., The Common Law, 1881; XXXXX, J.W., Historical introduction to the Theory of Law, 1940; XXXXXX F.H The rational strength of English law, 1951; XXXXXXXX, G., Lo spirito del diritto inglese, 1962; MAITLAND F.W., The Constitutional history of England, 1968; XXXXXX, S.F.C., Historical foundation of the Common Law, 1981; XXXXXXX, A.K.R., The English Legal System, 1990; XXXXXXX, W. Elements of English Law, 1991; XXXXXXX, X., A social history of English Law, 1991.
rilevanza del dato normativo, la figura intorno alla quale il suo sviluppo e la sua evoluzione ruotano sia quella del giudice39.
Quest’ultimo, “ritiene che la situazione reale sia sempre diversa da quella ipoteticamente immaginata, per cui, pur rimanendo pronto all’innovazione normativa ed aperto nel correggersi e modificarsi ogni volta che il caso lo richieda, preferisce aspettare che i fatti sopravvengano per risolverli con giudizi a posteriori”40.
Di fronte ad una circostanza nuova, dunque, il giudice inglese elabora una regola nuova, ma lo fa non in modo arbitrario, bensì ricollegandosi alle regole già esistenti, che rinviene nei precedenti, “considerando, per l’aggancio dell’operazione concettuale alla realtà, le ragioni che fanno distinguere il caso di oggi da quello o da quelli più affini presentatisi in precedenza”.41
Quello inglese è dunque un sistema non solo aperto, ma anche e soprattutto remediale, che trova cioè impulso per la sua evoluzione nella necessità di risolvere i casi pratici che, concretamente, vengono posti.
Infatti, “il giudice inglese, nel valutare il merito di una soluzione, si chiede non se questa sia astrattamente logica, ma «does it work?»: è, cioè, una soluzione che praticamente funziona, che risolve il caso sottoposto a giudizio?”42
39 Cfr. XXXXXX F.H. op. cit., 29, che afferma che: “the great strength of judge-made law is that it is the product less of a formal system of thought than of a diffused wisdom derived from the collective tradition of a profession and from long personal experience in the handling of legal problems”.
40 CRISCUOLI X., op. cit., 22.
41 CRISCUOLI X., op. cit., 22.
42 CRISCUOLI X., op. cit., 23.
Diversamente l’ordinamento italiano, che come altri ordinamenti continentali ha ereditato i tratti della codificazione napoleonica, si fonda su un’idea di diritto che è teorica, fatta da regole e principi astratti espressi dalla legge, codificata e anticipatrice.
Come tutti i sistemi di civil law, anche quello italiano riconosce dal punto di vista formale l’assoluta supremazia della legge e dunque, a prescindere dalla loro rilevanza sociale, le fattispecie che questa non prevede rimangono prive di riconoscimento giuridico e dunque prive di tutela.
La diffusione di fattispecie non riconducibili alle norme esistenti e alle categorie e regole normativamente già poste, dunque, mette in crisi un sistema che, per definizione, si ritiene compiuto, e lo pone dinanzi a uno dei suoi principali limiti, cioè l’impossibilità di prevedere, effettivamente ed efficacemente, tutto.
Per combattere quella che si può definire una vera e propria obsolescenza normativa dei sistemi di civil law, fondati su norme fisse, diventa necessario adeguare le vecchie norme non solo ampliando la portata di quelle in essere attraverso un adattamento dei concetti esistenti, ma a volte anche affermando regole nuove per fattispecie nuove. Se è vero, infatti, che la difficoltà nell’approcciarsi a fenomeni innovativi e dirompenti può essere comprensibile, non è però giustificabile la permanenza di lacune e vuoti di tutela.
Ciò porta, però, come detto, ad un continuo inseguimento e a inevitabili fasi di transizione, facilmente appesantite e allungate da complicazioni politiche, che condannano ad una ricorrente, periodica, inadeguatezza normativa e alla perdurante assenza di regolamentazione di numerose fattispecie.
Proprio per questo, il diritto si trova sempre un passo indietro rispetto alla famiglia, che si estrinseca in forme impossibili da prevedere, e dunque ignorate dal legislatore.
Non è un caso ad esempio, che, come meglio approfondito più avanti, nell’ordinamento italiano, fattispecie come l’omogenitorialità, la genitorialità intenzionale, la maternità surrogata e la procreazione medicalmente assisitita non abbiamo ancora trovato una regolamentazione normativa compiuta ed efficace o siano, addirittura vietate o ancora ignorate dal diritto, e solo parzialmente tutelate attraverso l’intervento, pur sempre limitato, della giurisprudenza.
I diversi approcci, remediale e prolettico, inoltre, si ripercuotono inevitabilmente nelle scelte normative e politiche dei due legislatori, e mentre quello italiano, cercando e non trovando risposta nelle leggi già codificate, ne emanerà altre, per regolare ogni nuova fattispecie, quello inglese cercherà la soluzione ai problemi che dovessero sorgere ispirandosi ai principi generali già assodati, ma senza perdere di vista le esigenze effettivamente emerse.
4. - Le famiglie nel diritto: definizioni, evoluzione e nuove realtà
Le difficoltà definitorie che accompagnano il concetto di famiglia sono particolarmente accentuate in ambito giuridico. Come accennato, infatti, non tutte le relazioni e i rapporti instaurati e percepiti come familiari sono qualificabili come tali anche in senso giuridico.
In altre parole, non è raro che molte delle relazioni che vengono normalmente ritenute familiari in ambito sociale, non siano ritenute tali anche dal diritto e restino escluse dall’ambito applicativo delle regole del diritto di famiglia,
comportando un evidente disallineamento tra le esigenze concretamente avvertite e i diritti effettivamente riconosciuti.
Ciò dipende anche dal fatto che la struttura e l’organizzazione della società cambiano nel tempo e si evolvono anch’esse e dunque, parallelamente, cambia anche la percezione sociale della famiglia e dei suoi modelli.
Mentre ordinamenti e legislatori recepiscono e si adeguano alle esigenze della società, dunque, la società stessa cambia, insieme con le sue percezioni e istanze, discostandosi nuovamente dal dato normativo.
Tutto ciò appare evidente già ripercorrendo brevemente l’evoluzione della disciplina e della legislazione in materia di rapporti familiari, diversamente concepiti nel tempo43.
Inizialmente, il diritto romano riconosceva un modello parentale di famiglia, intesa come pluralità di soggetti sottoposta al potere del pater familias e avente origine nel matrimonio, frutto della instaurazione dell’affectio maritalis e cioè della situazione di fatto derivante dalla volontà di un uomo e una donna di essere marito e moglie, il cui venir meno faceva venir meno il matrimonio stesso.
L’idea di famiglia come entità parentale è rimasta tendenzialmente invariata nei secoli successivi, durante i quali le relazioni familiari e, in particolare, il matrimonio sono stati di competenza prettamente esclusiva della Chiesa.
43 Sull’evoluzione storica del diritto di famiglia cfr. XXXXX, X. Natura e storia nell’evoluzione del diritto di famiglia in Italia 1942-2008, in Riv. crit. dir. priv., 26, 2008, 4, 559-570; UNGARI, P., Storia del diritto di famiglia in Italia (1796-1975), 2002; DIURNI, A. Storia e attualità della filiazione in Europa, in Dir. famiglia, 36, 2007, 3, II, 1397- 1431; XXXXXX, X. Il diritto di famiglia. Evoluzione storica e prospettive di riforma, in Dir. e giur., 118, 2003, 1, 267-277.
Solo con la rivoluzione francese e la codificazione napoleonica si è avuta una svolta e il matrimonio e le relazioni familiari sono state laicizzate e disciplinate, acquisendo maggiore rilevanza giuridica ed entrando a far parte di quei rapporti privati regolati e preordinati dall’ordinamento statale.
Il paradigma di famiglia dettato dal codice civile francese è rimasto comunque caratterizzato dall’idea della famiglia come nucleo unitario, nascente unicamente dal vincolo matrimoniale, i cui componenti, moglie e figli legittimi, erano sottoposti all’autorità del capo famiglia. Inoltre, mantenevano la loro rilevanza la volontà e il consenso delle parti, tanto che il matrimonio era considerato un contratto44 e, in quanto tale, ne era originariamente prevista la possibile risoluzione, cioè lo scioglimento conseguente al divorzio, espunto dalla disciplina solo con la Restaurazione e, per questo, non presente in altre codificazioni ottocentesche ispirate a quella napoleonica né nel codice italiano del 1865.
La connotazione negoziale del matrimonio è sopravvissuta, rappresentando quasi una risposta laica al matrimonio cattolico e diventando, in Italia e in molti ordinamenti continentali, il simbolo della distinzione tra dimensione politica e sfera religiosa, tipica dell’ideologia liberale e separatista post rinascimentale.45 L’unica differenza, nel panorama europeo, rimaneva quella del Common law inglese, frutto di un percorso peculiare e mai coinvolto dai fenomeni di
44 Per la Costituzione francese del 1791, il matrimonio è un contratto, indipendente dalle convinzioni religiose dei nubendi, che ha fine con il divorzio. Allo stesso modo, il Codice napoleonico del 1804 afferma che “la loi ne considère pas le mariage que comme un contrat civil”.
45 Emblematica è l’idea di una “libera Chiesa in libero stato”, frase di Xxxxxxx xx Xxxxxxxxxxxx nota anche in Italia dopo essere stata citata da Xxxxxx nel discorso in cui, nel 1861, ha appoggiato in Parlamento l’acclamazione di Roma capitale d’Italia.
codificazione ottocenteschi, la cui originalità si manifestava anche nella disciplina delle relazioni familiari.
Nella tradizione giuridica inglese il matrimonio era originariamente visto come il risultato dell’esplicazione della concorde volontà delle parti, da cui derivava l’acquisizione di uno specifico status46 e degli specifici diritti ed obblighi che ad esso si ricollegavano.47 A questa concezione, tuttavia, si è progressivamente affiancata quella del matrimonio come negozio, attraverso un percorso “from status to contract”48 orientato al riconoscimento di una sempre maggiore libertà degli individui di gestire i loro rapporti familiari con strumenti e dinamiche riconducibili alla sfera tipica del diritto privato e contrattuale.49 Non a caso, si è parlato di una “growing tendency to permit the parties to regulate some of the legal consequences of marriage for themselves”50 e a ritenere i coniugi liberi in tal senso, come se fossero “equal partners in a joint enterprise”.51
Proprio questa coesistenza di status e contract, che caratterizza la concezione inglese del matrimonio e della famiglia ha consentito una efficace mediazione tra
46 Lo status può essere descritto come una situazione giuridica particolare, che trae origine dalla volontà delle parti di acquisirlo e assumere “un determinato ruolo nella società, cui la legge ascrive peculiari diritti e doveri, capacità e incapacità”. Cfr. XXXXXXXXX, X., Variazioni e scelte in tema di status, in Riv. Dir. Civ., I, 1984, 180. Esso coinvolge dunque gli individui e lo stato e presuppone un “sostrato esistenziale tipicamente bilaterale o partecipativo” poiché “il rapporto organico al quale questo geneticamente si riannoda può nascere solo se ricorrano insieme un atto di adesione voluto o, comunque, riferibile al singolo ed un correlativo atto di ricezione del gruppo, di cui il primo entra a far parte come membro e componente.” Cfr. XXXXXXXXX, X., Variazioni e scelte in tema di status, in Riv. Dir. Civ., I, 1984, 181.
47 Anche nell’ordinamento inglese, secondo una concezione tradizionale del diritto di famiglia lo stato manteneva un interesse fondamentale nel regolare le relazioni familiari e gli effetti che ne derivavano, dimostrando da un lato la consapevolezza della necessità sociale di certezza dei rapporti e, dall’altro, la sussistenza dell’idea che le norme in materia di famiglia avessero una funzione di protezione. Cfr. XXXXXXX S.M., XXXXXX J., XXXXXX-XXXXXX R., Principles of family law, 2002, 4 e XXXXXX X., Il matrimonio nel diritto inglese, 2007, 4-5.
48 MAINE. H., Ancient law, 1906, 179.
49 Per un quadro più completo sull’evoluzione storica e giuridica del matrimonio inglese di rimanda a XXXXXX X., Il matrimonio nel diritto inglese, 2007, p. 8 ss.
50 XXXXXXX S.M., XXXXXX J., XXXXXX-XXXXXX R., op. cit., 4.
51 Midland Bank Trust Co. Ltd. X. Xxxxx [1981] AC 513
le esigenze di certezza della collettività e quelle di libertà dei singoli, grazie anche all’assenza di una specifica predisposizione normativa dei diritti e doveri nascenti dal matrimonio e alla sensibilità e attenzione delle Corti alle esigenze sociali e alle circostanze concrete.
Nonostante la loro valenza privatistica, la disciplina delle relazioni familiari ha dunque una connotazione pubblicistica, data dal suo essere imposta dallo stato, e non effettivamente rimessa all’autodeterminazione degli individui.
Non a caso, già la ricostruzione in chiave giuridica del concetto di famiglia elaborata nel 1840, nel primo volume del System des heutigen römischen Recht di Xxxxxxxxx Xxxx xxx Xxxxxxx, prende le mosse dall’idea della sua pregiuridicità ed evidenzia l’unicità delle norme in materia di famiglia, come conseguenza della peculiarità delle relazioni umane che esse disciplinano, fondate sulla natura e sulla morale e, solo successivamente, riconosciute dal diritto52.
L’interpretazione savigniana, nonostante si inserisca in un contesto in cui il matrimonio è visto quale vero e proprio contratto, fondato sul mutuo consenso delle parti, vede infatti la famiglia come un fenomeno di carattere naturale e pregiuridico, disciplinato da norme che si distinguono per la loro necessità e
52 Cfr. XXX XXXXXXX, F.K. System des heutigen römischen Recht,1840-1849. Il ruolo di Xxxxxxx in quest’ambito, già sottolineato in MARINI, G., XXXXXXX, M. Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia, 2014, 20, è stato analizzato da XXXXXXX, D. Xxxxxxx’x Family/ Patrimony Distinction and its Place in the Global Genealogy of Classical Legal Thought, in The American Journal of Comparative Law, vol. 58, 2010, 811 ss.
imperatività53, diversamente da quelle tipiche del diritto privato patrimoniale che, al contrario, sono positive e derogabili54.
In quest’ottica, dunque, seppure volto a regolare i rapporti tra individui, il diritto di famiglia veniva contrapposto al diritto privato e ritenuto jus publicum, poiché il suo compito era quello di attribuire uno status familiare agli individui, qualificandoli padri, figli, coniugi e, su questa base, determinare la natura dei loro reciproci rapporti, senza che venisse riconosciuto alcun ruolo alla loro volontà.
Secondo questa interpretazione, dunque, i rapporti familiari erano regolati esclusivamente dal diritto positivo e proprio l’assenza di spazio per la volontà degli individui li contrapponeva ai rapporti contrattuali, basati invece sull’autodeterminazione.
Sul punto, sono state individuate55 tre diverse fasi evolutive dell’interpretazione giuridica della famiglia, tutte caratterizzate dalla connotazione pubblicistica delle norme in materia di rapporti familiari: una prima fase formalista, di impianto savigniano, tipica degli anni delle prime codificazioni, successivamente, un’altra improntata al pensiero giuridico sociale, negli anni dei conflitti mondiali e, infine, un’ultima corrispondente alla riaffermazione e al riconoscimento dei diritti degli individui, tipica delle costituzioni del dopoguerra.
53 Cfr. XXXXXX, X., XXXXXXX, M., op. cit., 20, i quali affermano che nella ricostruzione savigniana “la naturalità delle relazioni familiari, cioè il fatto che l’essere umano per natura tenda ineluttabilmente a completarsi nel gruppo familiare, determina la loro stessa necessità e la necessità del diritto che le regola; l’influenza su di esse della morale, nonché il loro carattere necessario, determina l’imperatività delle norme che le riguardano”.
54 Cfr. Ancora MARINI, G., XXXXXXX, M., op. cit., 22, che affermano sul punto che “il diritto patrimoniale è dunque, diversamente dal diritto di famiglia, arbitrario nella sua esistenza, ossia non necessitato, di carattere essenzialmente positivo, dunque tendenzialmente indifferente ai dettami della morale, e derogabile per vocazione, dato che il contenuto delle obbligazioni e l’oggetto delle situazioni di appartenenza deve adattarsi alla determinazione delle parti”.
55 Cfr. XXXXXX, X. XXXXXXX, X., op. cit, 27 ss.
In particolare, secondo tale analisi, la visione tradizionale e formalista del diritto di famiglia, che segna quella che è stata ritenuta la prima fase di sviluppo del diritto di famiglia occidentale moderno56, troverebbe riscontro nelle prime codificazioni, che, nel rispetto della dicotomia savigniana tra diritto privato patrimoniale e pregiuridicità del diritto, pubblico, di famiglia, disciplinavano quegli aspetti delle relazioni familiari utili a fissare i diritti e i doveri connessi al ruolo, dunque allo status, attribuito a ciascuno dei suoi membri, così da assicurare la certezza e la prevedibilità dei loro rapporti.
Successivamente, una seconda fase interpretativa del diritto di famiglia si sarebbe aperta con l’affermazione del pensiero giuridico sociale57, negli anni in cui la rigida logicità deduttiva delle prime codificazioni e il formalismo dell’interpretazione tradizionale venivano superati per rispondere alle esigenze nascenti dall’attribuzione di un nuovo ruolo alla società, intesa organicamente come insieme dei singoli individui e considerata portatrice di interessi comuni che il diritto aveva il compito di soddisfare.
Proprio per questo, gli interventi normativi di quegli anni in materia di famiglia xxxxxxxxxxxxx spunto dal suo essere considerata il nucleo primario della società, dunque il punto di partenza ideale per l’affermazione di nuove regole di legislazione sociale.
Secondo tale ricostruzione, dunque, da realtà naturale e pregiuridica, la famiglia sarebbe divenuta un fenomeno sociale istituzionalizzato, di cui la legge,
56 Cfr. XXXXXX, X. XXXXXXX, X., op. cit., 6, ma anche XXXXX, X. XXXXXX, X., English Family Law since World War II: From Status to Chaos in Cross Currents: Family Law and Policy in the US and England, 2000, 123 ss. e XXXXXXX, V. Le stagioni della famiglia nel diritto dall’Unità d’Italia a oggi, in Rivista di Diritto Civile, 2013, 1043 ss. e 1287 ss.
57 Cfr. XXXXXX, X. XXXXXXX, X., op. cit, 31 ss.
facendosene artefice, delineerebbe la struttura e le forme, in nome del nuovo ordine sociale solidaristico che mirava a stabilire.
Anche in questa seconda fase, dunque, verrebbe mantenuta l’idea del diritto di famiglia come diritto pubblico poichè, seppure assumendo contenuti nuovi, questo rimarrebbe governato dalla legge e sottratto al potere di autodeterminazione degli individui, i cui interessi personali cederebbero rispetto a quelli della comunità sociale e, dunque, di quella familiare, che ne viene considerata il fondamento58.
Per questo motivo, i sostenitori di questa ricostruzione hanno ritenuto che il diritto di famiglia sia stato utilizzato come strumento attraverso il quale perseguire e realizzare quello che era ritenuto l’interesse della comunità, rendendolo, in virtù della preminenza di quest’ultimo sugli interessi dei singoli e la loro volontà, un vero e proprio strumento di organizzazione e controllo della società.
A sostegno di tale teoria, peraltro, viene evidenziato come quest’idea della famiglia come gruppo istituzionalizzato, le cui regole perseguivano interessi prestabiliti e prevalenti sull’autodeterminazione dei singoli, è stata efficacemente sfruttata dai regimi totalitari del Novecento che, in questo modo, miravano a rafforzare il loro potere autoritaristico attraverso la costruzione di un ordine sociale rigido59.
Come ulteriore riscontro, viene evidenziato che i codici e le costituzioni di quegli anni definivano la famiglia come fondamento della società e, in questo modo,
58 Cfr. XXXX, X., Lo spirito del diritto familiare nel nuovo codice civile, in Rivista di diritto civile, 1939, 3 ss. e CICU, X., Principi generali del diritto di famiglia, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 1955, 1 ss. e, dello stesso autore Lo spirito del diritto familiare, (1913), in Scritti minori di Xxxxxxx Xxxx, I, 1,1965, 127, il quale affermava che «manca completamente la libertà di conformare secondo i propri interessi i rapporti familiari, di diminuire o ampliare i diritti ed obblighi fra genitori e figli, fra marito e moglie [...] di garantire meglio di quel che faccia la legge l’adempimento di tali obblighi, o di eliminare le garanzie di legge».
59 Cfr. XXXXXX, X. XXXXXXX, X., op. cit, 33 ss.
giustificavano l’ingerenza dello Stato che, così, assolveva il suo compito di tutelarne gli interessi. Ad esempio in Germania, la Costituzione di Weimar del 1919 individuava nel matrimonio il fondamento della famiglia, nonché del mantenimento e potenziamento della xxxxxxx00, ma anche nella Spagna franchista la famiglia era dichiarata “fondamento della società”61 e similmente, in Francia, il valore della famiglia veniva affermato espressamente nel progetto di Costituzione della Repubblica di Vichy62.
Queste definizioni stabilizzavano il concetto di famiglia, accentuandone l’indissolubilità e richiamando precetti morali e religiosi tradizionali, con cui convergevano.
Secondo questa ricostruzione, dunque, il diritto di famiglia europeo della prima metà del Novecento non solo manterrebbe la sua connotazione pubblicistica, ma questa sarebbe anzi rafforzata, in virtù dell’affermazione del potere dello stato di interferire nell’organizzazione interna della famiglia, regolandola con l’intento dichiarato di tutelarla, ma non a beneficio dei suoi singoli componenti, bensì in quanto nucleo fondante dell’ordine sociale.
60 Il capo II della Costituzione di Weimar, dedicato alla Vita Collettiva (“Das Gemeinschaftsleben”), era aperto dall’art. 119 che recita, nella traduzione di XXXXXXX, C. La Costituzione di Weimar, 1946: “Il matrimonio, quale fondamento della vita della famiglia, e del mantenimento e potenziamento della nazione, è posto sotto la speciale protezione della costituzione. Esso è fondato sull’uguaglianza dei due sessi. L’elevamento spirituale, la salute e lo sviluppo sociale della famiglia è compito dello Stato e dei Comuni. Le famiglie numerose hanno diritto ad un’adeguata assistenza. La maternità ha diritto alla protezione ed all’assistenza dello Stato.”.
61 All’ Art. 22 del Fuero de los espanoles del 1945, che acquista carattere di legge fondamentale, la famiglia viene riconosciuta dallo Stato come “El Estado reconoce y ampara a la familia como institución natural y fundamento de la sociedad, con derechos y deberes anteriores y superiores a toda ley humana positiva. El matrimonio será uno e indisoluble. El Estado protegerá especialmente a las familias numerosas”.
62 La Costituzione della Repubblica di Vichy prevedeva all’art. 5 che “l’Etat reconnait les droit des communautés spirituelles, familiales, professionelles et territoriales au sein desquelles l’homme prend le sens de sa responsabilité sociale et trouve appui pour la défense des libertés”.
Il crollo dei regimi totalitari e l’avvento delle costituzioni moderne, infatti, avrebbero fatto riemergere l’idea, già presente nella tradizione di molti ordinamenti continentali, ma soprattutto di quelli di Common law63, della famiglia come insieme di persone poste in relazione tra loro, ponendo l’accento sui diritti loro spettanti, e dunque sull’autonomia dei loro interessi e sulla loro volontà.
Ciò avrebbe aperto la via all’idea che ancora oggi ispira l’interpretazione contemporanea del diritto di famiglia, cioè il riconoscimento non più di un diritto della famiglia, ma dei diritti degli individui nella famiglia, e dunque alla fase dell’interpretazione giuridica della famiglia, caratterizzata dall’avvento delle Costituzioni moderne.64
Nell’ordinamento italiano, secondo tale analisi, proprio con la Costituzione il principio ispiratore del diritto di famiglia sarebbe cambiato da solidaristico- produttivistico, tipico del codice civile del 1942, a quello di solidarietà sociale, elevata a criterio informatore dell’intero ordinamento giuridico65.
Proprio la Costituzione italiana ha fissato una definizione giuridica di famiglia, formulata all’art. 29, che stabilisce che la Repubblica ne “riconosce e garantisce i diritti come società naturale fondata sul matrimonio”. Tuttavia, diversamente che negli altri testi costituzionali prima citati, con cui non condivide i presupposti storici e culturali, questa definizione va interpretata alla luce della concezione contemporanea di famiglia, identificata come fondamento della società civile,
63 Come osservato, (cfr. infra) in Europa l’idea del matrimonio come contratto, dunque della natura intrinsecamente negoziale e privatistica delle relazioni familiari, aveva ispirato la codificazione napoleonica, che l’aveva tratta dagli ideali laici e liberali portati avanti dalla Rivoluzione Francese ed era rimasta latente, nonostante la regolamentazione dei rapporti familiari fosse dettata dallo stato e non rimessa alla volontà degli individui coinvolti. Diversamente, l’ordinamento inglese era sempre stato tradizionalmente legato all’idea della natura negoziale e privatistica dei rapporti familiari.
64 Cfr. XXXXXX, X. XXXXXXX, X., op. cit, 41 ss.
65 Cfr. XXXXXXXX, G., op. cit, 8 e Manuale di diritto di famiglia, 1997, 4-5.
all’interno della quale ciascun individuo si forma, sviluppando interessi autonomi, per vivere e operare in conformità con i principi dell’ordinamento.
Secondo l’interpretazione tipica della fase contemporanea, infatti, la definizione costituzionale non sarebbe un richiamo alla pregiuridicità della famiglia e il richiamo alla “società naturale” andrebbe letto alla luce di quanto affermato dall’art. 2 della stessa Costituzione, che tutela tutte quelle formazioni sociali all’interno delle quali si svolge la personalità degli individui, alle quali appartiene anche la famiglia, tutelata dall’ordinamento “in quanto idonea a svolgere le funzioni essenziali che le sono assegnate, legate all’esistenza e allo svolgimento della personalità dell’individuo”.66
La Costituzione, dunque, non mira a regolare la famiglia, bensì dichiara di tutelarla.
Ciò è di particolare rilevanza, poiché apre uno spiraglio per riagganciare la disciplina della famiglia ai suoi aspetti privatistici, evidenziando il fatto che, di fronte ai rapporti familiari, il ruolo dello stato non è regolamentarli, bensì garantire tutela agli individui coinvolti.
Attraverso questa interpretazione sistematica, peraltro, è possibile riconosce tutela giuridica alla famiglia in quanto tale, non solo esteriorizzata nel vincolo matrimoniale, ma anche nelle diverse forme che essa può venire concretamente ad assumere, considerate tutte formazioni sociali al cui interno sono tutelati gli individui che le compongono.
Il richiamo all’art. 2, i cui confini, in quanto clausola generale, sono facilmente estendibili in virtù dell’elasticità e indeterminatezza del suo contenuto, consente
66 Cfr. XXXXXXXX, X. op. cit., 8.
inoltre di superare anche l’idea di una famiglia istituzionalizzata, poiché consente di ampliare la portata applicativa della norma, andando oltre il suo significato letterale, riconoscendo tutela non solo alla famiglia fondata sul matrimonio, ma anche ad altri schemi familiari, come le convivenze o le coppie dello stesso sesso, tutte parimenti annoverabili tra le formazioni sociali che la Costituzione tutela.67 Gli articoli dal 29 al 31 della Costituzione italiana, infatti, se coordinati con gli articoli 2 e 3, esprimono un’idea nuova della famiglia e dei diritti ad essa connessi, che non si ferma a considerarla come entità organica, ma si proietta sui suoi membri, tutelati nella loro dignità di individui e liberi di sviluppare la propria personalità.
Il ruolo dello stato, in quest’ottica, non è più quello di istituzionalizzare la famiglia, bensì di tutelare gli individui che la compongono, cui è riconosciuta la libertà di regolare i loro rapporti, seppure entro limiti fissati dalla legge. La pubblicità del diritto di famiglia si affievolisce68, anche se l’ingerenza dello stato non scompare, ma, in linea anche con la normativa sovranazionale, ha il nuovo obiettivo di tutelare i diritti dei membri della famiglia.
Il diritto di famiglia contemporaneo, dunque, si contraddistingue per due elementi caratteristici, che sono la molteplicità dei modelli familiari e la centralità dei diritti umani nella loro disciplina.69
67 Cfr. SESTA, M., Manuale di diritto di famiglia, 2023, 2-4.
68 Nonostante il ruolo politico e pubblico del diritto di famiglia non viene meno, come sottolineato da Xxxxxx Xxxxxxx che affermano che “il ruolo e la fisionomia della famiglia come istituzione giuridica dipende dal modo in cui si costruisce il rapporto fra essa e lo Stato, fra lo Stato e la società civile e fra il diritto comune che regola le strutture del mercato e il regime giuridico della famiglia” in MARINI, X. XXXXXXX, X. op. cit., 41.
69 Sul punto, cfr. XXXXXX, X. XXXXXXX, X., op. cit., 41 ss. e, sempre sul ruolo e sul significato di questi elementi, cfr. anche XXXXXX, X. X. Comparative Family Law. Past Traditions Battle Future Trends – and Viceversa, in Oxford Handbook of Comparative Law, a cura di XXXXXXX X., XXXXXXXXXX, R., 2006, 1099 ss., in part. 1106 e 1114 ss.; ANTOKOLSKAIA, M.
Il primo era già emerso e acquista adesso nuova e maggiore concretezza70 grazie all’interpretazione adeguatrice delle clausole generali71, tra cui agli articoli 2 e 3 della Costituzione,72 e l’applicazione coerentemente fattane dalle Corti, che ha consentito l’effettivo riconoscimento di diversi modelli familiari, tutelando l’affermazione delle individualità e identità espresse al loro interno dagli individui e dai singoli gruppi sociali.
Il secondo, invece, rinvia all’attribuzione e al riconoscimento dei diritti degli individui che sono parte della famiglia, anche attraverso l’interpretazione della giurisprudenza sovranazionale. Infatti, anche se la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo riconoscono, rispettivamente all’art. 9 e all’art. 12, la competenza degli stati a disciplinare i rapporti familiari con le loro leggi nazionali, molti dei principi che esprimono sono connessi proprio con il diritto di famiglia73.
Il dettato costituzionale deve essere coordinato anche con queste disposizioni che, da un lato, risentendo di una impostazione già più moderna, si rivolgono direttamente ai singoli, valorizzati nella loro individualità come destinatari dei
Comparative Family Law: Moving with the Times? in Comparative Law. A Handbook, a cura di XXXXX X., XXXXXX, D., 2007, 241 ss.
70 Sull’importanza del tema nel diritto di famiglia inglese nella seconda meta` del Novecento si x. XXXXX, X., XXXXXX X., op. cit., 128; per il dibattito sviluppatosi nell’esperienza italiana nella seconda meta` degli anni ’80 esemplarmente XXXXXXX, V. La «famiglia» e le «famiglie», in La riforma del diritto di famiglia dieci anni dopo. Bilanci e prospettive, 1986, 270 ss.
71 Oltre alle clausole generali, in questo ambito ha giocato un ruolo particolarmente rilevante il principio della preminenza dell’interesse del minore, applicato nel tentativo di rimediare a un divieto o ad una lacuna normativa, come nelle ipotesi di omogenitorialità e maternità surrogata, ampliando la portata del concetto di famiglia e ammettendone la pluralità dei modelli. Cfr. DI XXXX, X. Maternità surrogata: dal contratto allo «status», in Riv. crit. d. priv., 2014, 615 ss.
72 Cfr. XXXXXX, X. op. cit. 1587; XXXXXXXXXX, X. Diritti della famiglia e identità della persona, in Rivista di Diritto Civile, 2005, 137 ss.
73Il diritto di famiglia non è oggetto di competenza dell’Unione Europea e l’art. 81, paragrafo 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, riconoscendo la peculiarità della materia, sancisce un potere di blocco dei singoli stati membri a presidio delle prerogative nazionali in materia familiare.
diritti e dei divieti posti, ma che, dall’altro, hanno un carattere chiaramente “relazionale”74, che deriva dall’idea che l’individuo operi all’interno di un contesto complesso, cioè il gruppo familiare.
Proprio grazie alla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, dunque ai principi sovranazionali, sono state infatti ricondotte nel novero dei rapporti familiari le convivenze, anche tra persone dello stesso sesso, in virtù dell’interpretazione dell’art. 8 della Convenzione75.
Tuttavia, guardando all’ordinamento italiano è evidente come ciò non sia bastato a determinare una effettiva apertura all’autonomia delle parti, e dunque una privatizzazione del diritto di famiglia intesa non solo come riconoscimento della natura negoziale dei rapporti familiari, ma anche come arretramento del potere pubblico e ampliamento dell’autodeterminazione privata.
E ciò, come detto, determina l’inevitabile difficoltà del legislatore a reagire efficacemente dinanzi a circostanze nuove, che fanno emergere l’inadeguatezza delle norme e le numerose lacune.
Come mostra l’esempio del lungo iter normativo che è stato necessario per il riconoscimento delle coppie dello stesso sesso e delle convivenze di fatto, infatti, nonostante l’evoluzione dottrinale e interpretativa, è il legislatore che, nei sistemi di civil law come quello italiano, mantiene il potere di influire, di fatto, sulla qualificazione dei rapporti familiari, attraverso l’emanazione di leggi che li regolano.
74 SESTA M., op.cit., 3, che porta l’esempio del “diritto di sposarsi e costituire una famiglia” che “deve necessariamente coordinarsi con quello dei minori di “intrattenere regolarmente rapporti personali e diretti con i due genitori”.
75 Cfr. Corte XXX Xxxxxx ed altri c. Italia del 21 luglio 2015 e i numerosi altri precedenti in materia.
Tuttavia, un nuovo intervento legislativo non è sempre efficace e proprio in materia di famiglia le nuove leggi non centrano spesso il loro obiettivo e falliscono nell’intento di rispondere alle esigenze di tutela espresse a livello sociale.
La gravità della situazione si manifesta chiaramente se si prendono in considerazione i fenomeni con cui l’attuale sistema del diritto di famiglia è chiamato a confrontarsi: da un lato, il progresso scientifico, e in particolare la scoperta di nuove tecniche di fecondazione assistita, che ha notevoli ripercussioni sul concetto di genitorialità e omogenitorialità e poi, dall’altro, i flussi migratori e gli spostamenti, sempre più frequenti e facili che, con la crisi dei concetti di nazione e identità nazionale, spingono verso la rivisitazione dei rapporti, anche e soprattutto giuridici, in chiave sempre più pluralistica e multiculturale76.
É anche attraverso la sempre maggiore facilità di spostamento e comunicazione, infatti, che usi e comportamenti dapprima ignoti si sono diffusi e affermati, anche mescolandosi con quelli già presenti e trasformando l’assetto della società europea contemporanea, sempre più composita e, per questo, definita multiculturale e multi comunitaria.
In particolare, il concetto di multiculturalismo identifica una società in cui più culture possono convivere rispettandosi reciprocamente senza impedire un interscambio reciproco; diversamente, il multicomunitarismo indica un contesto in cui ciascun individuo, seppure all’interno di un gruppo sociale ampio e composito, manifesta la sua totale fedeltà e appartenenza alla sua minoranza di
76 Cfr. XXXXXXX, X. Multiculturalism in the Italian family law, in Annuario di Diritto Comparato e di studi legislative, 2019.
origine, che coesiste con altre senza che vi sia, però, tra loro, uno scambio o un’integrazione77.
Osservando questo fenomeno da un punto di vista giuridico, dunque con riferimento ai sistemi, è stato osservato che, anche all’esito di fenomeni circolatori e del trapianto di norme e modelli da un paese all’altro78, tutti gli ordinamenti sono in qualche modo ibridi79 e, parallelamente alla loro reciproca contaminazione, l’identità nazionale e il potere rappresentativo dei singoli paesi si è sempre più indebolito.
In questo nuovo e complesso contesto, dunque, è evidente che “lo «Statutory Law» ma anche interi sistemi giuridici non abbiano più il «controllo» sui destinatari”80 trovandosi in sempre maggiori difficoltà nel garantire il rispetto dei diritti e libertà fondamentali.
Questo fenomeno è stato definito anche “stingimento” normativo81, rinviando all’immagine evocativa di un tessuto che, con gli anni e l’uso, si macchia e perde il suo colore originale, o a quella del risultato di una mescolanza di colori troppo
77 Sui concetti di multicomunitarismo e multiculturalismo, vedi XXXXXXXX, X., Multicultural Citizenship: A Liberal Theory of Minority Rights, 1996, ma anche XXXXXX, Z., In Search of Politics, 2006; XXXXXXX, G., Pluralismo, multiculturalismo e estranei. Saggio sulla società multietnica, 2000.
78 Sulle teorie della circolazione dei modelli e del trapianto legale cfr. XXXXXX X., Legal Transplants: an Approach to Comparative Law, 1993 e SACCO R., Circolazione e mutazione dei modelli giuridici, in Digesto civ., vol. II, 1988, p. 365-370.
79 Cfr. XXXXXXX, X., State and Society - the "Legal Culture" in the “Interdisciplinary” Comparison between Legislation and Family Law and between Law in the Book and Law in Action, in Ius Comparatum, vol. 2, 2022, p. 233-234.
80 Cfr. XXXXXXX X., Lo “stingimento” delle regole giuridiche tra diritti e limiti nell’era dei flussi migratori e della crisi delle nazioni, in The Xxxxxxx Electronic Law Bulletin, 2018, pp., p. 10.
81 Il riferimento è a MIRANDA, A., op. cit.., che parla di “stingimenti non tradotti necessariamente in esplicite regole giuridiche” e dell’“effetto «scolorente» di regole, valori, miti e mode aliene sul canovaccio del sistema autoctono”. L’effetto stingimento rispetto all’ibridazione o al trapianto è sostanzialmente indipendente dal riconoscimento o dall’importazione operata dai “poteri” dello Stato. Esso come si è visto può avvenire con l’adozione da parte di una data popolazione o società di miti, mode, culture, riti, costumi, lingua e abitudini aliene.
azzardata per un lavaggio in lavatrice. Esso infatti sta ad indicare proprio la scoloritura e l’affievolimento dei caratteri tipici dei sistemi che deriva dalla commistione e dall’incontro di elementi diversi, un effetto che “rispetto all’ibridazione o al trapianto è sostanzialmente indipendente dal riconoscimento o dall’importazione operata dai “poteri” dello Stato. Esso come si è visto può avvenire con l’adozione da parte di una data popolazione o società di miti, mode, culture, riti, costumi, lingua e abitudini aliene”.82
Il fenomeno ha portata generale, ma coinvolge in modo particolare i rapporti familiari poichè, più di altri rami del diritto privato, il diritto di famiglia esprime quella che è la percezione che gli individui hanno degli ordinamenti e delle loro regole e rispecchia quelle che sono le idee, le tradizioni e la cultura di ciascun popolo83.
Un esempio tipico è quello della convivenza, all’interno dei sistemi contemporanei, di minoranze etniche e religiose diverse e della commistione di regole che ne deriva.
Basti pensare che, all’inizio del 2020, l’8,2% di tutta la popolazione residente negli stati membri dell’Unione Europea proveniva da un paese diverso da quello
82 Cfr. XXXXXXX, X. op. cit. p. 11.
83Non a caso, in MARINI G., XXXXXXX A., op. cit., p. 25 ss., si fa riferimento al peculiare ruolo del diritto di famiglia in epoca coloniale e a come i paesi colonizzatori abbiano tendenzialmente rispettato e mantenuto il diritto di famiglia locale, imponendo invece le proprie regole in materia di diritto privato patrimoniale e di rapporti contrattuali. Inoltre, anche successivamente, “nelle colonie, la disciplina della famiglia offriva la possibilità al nazionalismo di contrapporsi al potere coloniale e alla degenerazione del mondo occidentale, ribadendo i caratteri della tradizione e dando vita a una serie complessa di compromessi in cui posizioni estremamente ‘moderne’ e avanzate nel diritto del mercato si combineranno con visioni estremamente tradizionali della famiglia. Anche nella fase postcoloniale, le élites locali impegnate nell’opera di modernizzazione del sistema giuridico nazionale, forti anche di quella specialità del diritto di famiglia di cui Xxxxxxx costituisce il primo rilevante teorico, prendono in considerazione il ‘trapianto giuridico’, cioé l’importazione della cultura giuridica straniera dominante, per singoli settori, e spesso la conservazione delle tradizioni locali nel diritto di famiglia rappresenta il prezzo da pagare per imporre al Paese un diritto patrimoniale moderno”.
di origine, per un totale di 36,5 milioni, di cui poco più di 22 milioni da paesi extra-Ue.
I numeri più elevati si registravano in Germania, con circa 10,4 milioni, il 12,4% della popolazione complessiva, seguita a distanza dalla Spagna, con oltre 5,2 milioni e l’11,0% e dalla Francia, con 5,1 milioni e il 7,6%84.
In Italia, che si posizionava quarta in Europa con l’8,4% della popolazione totale, poco più di 5 milioni di residenti stranieri, i numeri sono leggermente cresciuti e, stando ai dati Istat, al primo gennaio 2022, gli stranieri regolarmente residenti in Italia erano 5,030 milioni, cioè l’8,5% della popolazione totale e, di questi, ben 3,6 milioni avevano origini extracomunitarie. La comunità straniera più numerosa era quella proveniente dalla Romania, rappresentata da ben il 21,5% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita da quella marocchina con l’8,4%, quella albanese, con l’8,3% e quella cinese, con quasi il 6%.
Stando poi alla stima Cesnur sul pluralismo religioso in Italia, nel 2023 il 4,3% dei cittadini italiani appartiene ad una minoranza religiosa e, di questi, il 24,6% sono di fede musulmana, il 2,5% induisti, il 9,5% buddhisti.
La coesistenza di culture eterogenee all’interno dei medesimi gruppi sociali comporta l’affiancamento alle regole giuridiche delle usanze e dei precetti religiosi seguiti dagli appartenenti alle diverse comunità che, anche quando sono pienamente integrate nel contesto degli stati che le ospitano, mantengono identità e tradizioni proprie e al loro interno hanno ricreato le loro istituzioni, applicando
84 Stando alle statistiche del dossier Idos 2021 sull’immigrazione.
le loro regole, in un contesto che richiama il multi comunitarismo, più che la multiculturalità.85
Ad una realtà in cui, come detto, gli ordinamenti hanno confini sempre più elastici e sfumati e l’identità delle nazioni tende ad affievolirsi, si aggiunge dunque il rischio di una sovrapposizione di identità e di competenze, che rende necessaria la ricerca di un equilibrio tra la necessità di tutelare le minoranze e quella di garantire il rispetto dei principi e valori giuridici fondamentali.
Tutti i sistemi europei contemporanei, infatti, riconoscono la libertà fondamentale di ciascun individuo di professare la propria religione86, ma è innegabile che questa sia stata sancita con riferimento a un contesto storico e sociale non più attuale, in cui non si era posto, né era immaginabile, il problema di capire e stabilire fino a che punto, effettivamente, questa libertà potesse spingersi, proprio come, parallelamente, non era stato pensato, né era pensabile che sarebbe divenuto utile, se non necessario, definire il concetto di madre.
In un contesto sociale in cui convivono individui appartenenti a minoranze religiose profondamente diverse e in cui, dunque, ciascuno applica e segue i
85 Cfr. XXXXXXX, X. op. cit., pp. 11 e ss. che, partendo dall’osservazione della circolazione dei modelli giuridici, osserva che “i moderni flussi migratori e la enorme circolazione di persone e di regole comportano comunque lo "stingimento" di principi e prassi aliene sulla tela del sistema giuridico ospitante”, cioè un fenomeno che definisce di “circolazione non (ancora) istituzionalizzata”, determinata dalla modificazioni nella composizione dei gruppi sociali, ad esempio a causa di fenomeni migratori, e dalla presenza di comunità e gruppi che, portando con loro modelli e tradizioni giuridiche proprie, inevitabilmente contaminano il sistema del paese che li ospita.
86 La libertà di religione trova affermazione e riconoscimento già nelle prima carte costituzionali. Vi fanno riferimento l’articolo 10 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese del 1789 e l’articolo 5 delle successive Costituzioni francesi del 1814 e del 1830, poi articolo 7 in quella del 1848, così come gli articoli dal 144 in poi della Costituzione di Francoforte del 1849 e poi gli articoli 135 e ss. della Costituzione tedesca del 1919, ma anche l’articolo 16 della Costituzione spagnola del 1978. Inoltre è sancita nelle principali dichiarazioni internazionali e sovranazionali dei diritti, ad esempio all’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, all’articolo 9 della CEDU, all’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 e all’articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
precetti del suo credo, che sono frutto di culture e tradizioni spesso profondamente diverse e lontane, è infatti possibile che emerga la loro incompatibilità con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico di cui fanno parte. Basti pensare alla poligamia, ai matrimoni tra minorenni e alle tante usanze che, seppure dovrebbero essere consentite nell’ambito della libertà di professare la propria fede, sono di fatto incompatibili con i principi fondamentali degli ordinamenti europei.
Non in tutti i sistemi, infatti, la distinzione tra la sfera religiosa e quella giuridica è netta come nei paesi occidentali, dove la laicità dello stato è un principio ormai affermato, e si pone dunque la necessità di operare un bilanciamento tra la libertà di religione e il divieto di agire in contrasto con l’ordinamento e i suoi valori fondanti.
Ancora una volta, viene in rilievo la diversità dell’approccio dei sistemi di
common law e di quelli di civil law.
I primi, infatti, si basano sull’idea di fondo che, in una società multiculturale, la legge nazionale possa ottenere un effettivo livello di tutela dei diritti solo grazie al bilanciamento e all’armonizzazione e, pur potendo e dovendo intervenire ogniqualvolta i diritti fondamentali dell’individuo siano messi a rischio, non debba imporre la sua supremazia vietando gli usi delle diverse comunità cui si rivolge, poiché ciò porterebbe ad una reazione di rifiuto e, paradossalmente, rafforzerebbe proprio quelle regole tradizionali che mirava ad estirpare.
L’approccio dell’ordinamento inglese alle trasformazioni sociali è ben sintetizzato da un discorso tenuto nel 2008 dall’allora Xxxxxxxxxxx xx Xxxxxxxxxx
e Lord Chief Justice, Xxxxx Xxxxxxxx,87 che evidenzia la necessità di trovare uno spazio per il riconoscimento dell’identità delle minoranze religiose nell’ambito della legge nazionale.
In quest’ottica, un punto di centrale importanza è il riconoscimento della duplice identità di ciascun individuo, al contempo cittadino e credente, che deve essere considerata e rispettata in quanto tale, senza attribuire una generica maggiore rilevanza ad uno solo dei due aspetti che la compongono88.
La chiave di volta di un ordinamento pluralistico deve essere dunque l’idea della supremazia dei diritti e principi fondamentali, riconosciuti a tutti gli individui a prescindere dall’appartenenza religiosa; dunque, “no «supplementary» jurisdiction could have the power to deny access to the rights granted to other citizens [regardless of faith affiliation], or to punish its members for claiming those rights”89.
In particolare, prendendo spunto dalla riflessione della giurista ebraica Xxxxxx Xxxxxx,90 Xxxxxxxx afferma la necessità di superare l’ultimatum “either your culture or your rights” e ribadire l’idea che a ciascun individuo sono riconosciuti diritti la cui tutela è garantita dall’ordinamento e che non possono essere violati, compressi o messi in discussione in conseguenza del riconoscimento di uno spazio per regole e autorità giurisdizionali religiose.
87 Il testo è interamente reperibile online ed è stato pubblicato dall’Ecclesiastical Law Journal. Cfr. XXXXXXXX, X., Civil and Religious Law in England: A Religious Perspective in Ecclesiastical Law Journal,10(3), 2008, pp. 262-282.
88 “The danger arises not only when there is an assumption on the religious side that membership of the community (belonging to the umma or the Church or whatever) is the only significant category, so that participation in other kinds of socio-political arrangement is a kind of betrayal. It also occurs when secular government assumes a monopoly in terms of defining public and political identity” XXXXXXXX X., op. cit., p. 265.
89 Cfr. XXXXXXXX R., op. cit. p. 268.
90 Cfr. XXXXXXX, X. Multicultural Jurisdictions: Cultural Differences and Women’s Rights
Cambridge University Press, 2001.
Il rimedio per dare pieno riscontro alle esigenze derivanti dalla sovrapposizione di identità che caratterizza la moderna società pluralista, secondo questa teoria, è l’adozione di un sistema di “transformative accomodations”91 in cui a ciascun individuo, in alcuni ambiti specifici, venga lasciata la libertà di scegliere a quale organo giurisdizionale rivolgersi,92 ma sempre nei limiti del rispetto di quei valori e diritti fondamentali propri dell’ordinamento93.
L'approccio inglese, dunque, si fonda sull’idea che, nel contesto contemporaneo, il ruolo della legge dovrebbe essere ripensato in base all’idea che “the rule of law is thus not the enshrining of priority for the universal/abstract dimension of social existence but the establishing of a space accessible to everyone in which it is possible to affirm and defend a commitment to human dignity”94.
È innegabile infatti che, a prescindere da un riconoscimento ufficiale, le minoranze e le comunità presenti all’interno di un paese, sia la Gran Bretagna, l’Italia o qualunque altro stato, conservano e tramandano le proprie usanze e abitudini e, pur rispettando le leggi nazionali nei rapporti esterni, continuano a seguire le proprie regole in tutti quegli aspetti che rimangono interni alla comunità: matrimoni, divorzi, successioni, ma anche rapporti contrattuali o
91 XXXXXXX, X. Multicultural Jurisdictions: Cultural Differences and Women’s Rights, p. 122.
92 XXXXXXXX, X. op. cit. p. 274.
93 È esemplificativo l’aneddoto riportato in MIRANDA, A., op. cit., p. 2, tratto da XXXXXX, W. F. P., The Life and Opinions of General Xxx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx, G.C.B, Cambridge University Press, 2011, sulla risposta data dal Governatore britannico in India, Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx, al dibattito sulla possibilità di vietare o limitare la pratica del Sati (la pratica tradizionale di bruciare le vedove sulla pira del marito defunto) senza violare il principio del pieno riconoscimento delle tradizioni e delle regole locali. Dinanzi alle lamentele dei locali, che chiedevano il rispetto delle loro regole religiose, si dice infatti che egli rispose: “Be it so. This burning of widows is your custom; prepare the funeral pile. But my nation has also a custom. When men burn women alive, we hang them, and confiscate all their property. My carpenters should all therefore erect gibbets on which to hang all concerned when the widow is consumed. Let us all act according to national customs”.
94 XXXXXXXX, X. op. cit. p. 272.
commerciali. E l’inevitabile riconoscimento cui si riferisce il discorso citato, altro non sarebbe che una presa d’atto di questa situazione, in cui parallelamente al progressivo processo di integrazione, sopravvivono tante giurisdizioni “sommerse” quante sono le comunità e le minoranze.
Non una convivenza di giurisdizioni parallele, ma un dialogo tra ordinamenti diversi che, seppure nella consapevolezza della diversità delle tradizioni giuridiche di ciascuno, si fondi sulla reciproca conoscenza e tolleranza, potrebbe dunque essere la soluzione per ripensare il ruolo del diritto in una prospettiva più pluralista e idonea a confrontarsi con una società sempre più multiculturale e le sue esigenze95.
Questo approccio trova numerose conferme concrete non solo nell’ordinamento inglese, ma anche in Australia, Canada e Stati Uniti, non a caso tutti paesi dell’area di Common Law.
Un esempio è quello degli appartenenti a polizia e forze armate di origini Sikh, cui è stata riconosciuta la possibilità di portare la barba e di indossare il turbante al posto del copricapo d’ordinanza, come prescritto dai precetti della loro fede, purchè ciò non compromettesse la riconoscibilità del loro ruolo.96
95 Sul punto si veda anche la teoria della Sustainable Diversity and Reconciliaton of Legal Traditions e in particolare XXXXX X. X., Legal Traditions of the World: Sustainable Diversity in Law, Oxford Un. Press, 2000.
96 Negli Stati Uniti, dopo la generale esenzione prevista per i Sikh dal 1958 al 1981, il regolamento dell’esercito aveva espressamente vietato di indossare il turbante e portare la barba, sia per motivi di sicurezza, sia per evitare il proliferare di richieste di esenzioni anche da parte degli appartenenti ad altre fedi (si veda il caso Xxxxxxxx x. Xxxxx, 000 X.0x 00 0xx Xxx. 1980). Più recentemente, dopo i casi Xxxxx x. Xxxxxx, 168 F. Supp. 3d 216 (D.D.C. 2016) e Xxxxx v. XxXxxx, 185 F. Supp. 3d 201, è stata nuovamente riconosciuta ai Sikh la possibilità di ottenere un’esenzione dal regolamento, confermata poi ufficialmente nel 2020 con l’Instruction 1300.17, Religious Liberty in the Military Services, del Department of Defense. Sempre negli Stati Uniti, la stessa possibilità è stata riconosciuta anche ai poliziotti, così come anche in Australia e in Canada, dove già nel 1991 era stato consentito a Baltej Xxxxx Xxxxxxx, membro della Royal Canadian Mounted Police, di indossare il turbante al posto del copricapo tradizionale. Sul punto, cfr. XXXXX X., BARONE XXXXXX, A., Born-Again RFRA: Will the Military Backslide on Its Religious Conversion? in
Diversamente invece, i sistemi di civil law, come quello italiano, si fondano sulla supremazia della legge e sulla esclusività, da un punto di vista “positivo”, del suo ruolo di fonte del diritto e dunque devono necessariamente intervenire a livello normativo, applicando le norme esistenti o, qualora queste non siano compatibili, emanandone di nuove e scegliendo se vietare, consentire o limitare questi comportamenti.
Ciò, tuttavia, ha notevoli implicazioni politiche, prima che giuridiche, poiché in materia di pluralismo e multiculturalismo, le scelte circa l’approccio da adottare e il tenore delle norme da applicare o emanare sono spesso condizionate dall’ideologia prevalente e dagli obiettivi dei gruppi al governo e ciò porta spesso a risultati controversi e poco efficaci.
È ormai noto il caso, emblematico e ampiamente commentato, della legge francese del 200497 che ha vietato l’esposizione di simboli religiosi nelle scuole pubbliche, come crocifissi, kippah, turbanti sikh e abaya o veli islamici.
La norma, in cui si concretizza l’approccio di chiusura tipicamente francese, è fondamentalmente un atto politico e riflette il sentire di parte dell’opinione pubblica rispetto alla cospicua crescita della comunità musulmana, ma non ha un fondamento o una giustificazione giuridica e ha sollevato dubbi di compatibilità con la Costituzione francese e la CEDU.
Missouri Law Review 435, 2022, 87(2); XXXXXXXX G., NATH V., XXXXXX S., Religion and Belief Discrimination at Work: Legal Challenges in the UK in Athens Journal of Law 421, 2023, 9(3).
97 La Loi 2004-228 del 15 marzo 2004 encadrant, en application du principe de laïcité, le port de signes ou de tenues manifestant une appartenance religieuse dans les écoles, collèges et lycées publics, che vieta tutti quei “signes ou tenues par lesquels les élèves manifestent ostensiblement une appartenence religieuse”, è il frutto del lavoro di due commissioni, la prima nominata dall’Assemblea Nazionale, la Mission d’information sur la question du port ses signes religieux à l’école, e l’altra voluta dall’allora Presidente, Xxxxxx Xxxxxx, la Commission de réflexion sur l’application du principe de la laïcité dans la République, più nota come Commissione Stasi, dal nome del suo presidente, Xxxxxxx Xxxxx.
In particolare, essa si fonda sull’idea che uno stato laico, quale la Francia si professa, sia “uno stato per il quale le scelte spirituali o religiose attengono alla libertà individuale, pur mantenendo anche una dimensione pubblica, nel senso che lo stato non ignora i culti religiosi, ma si adopera perché tutti possano esprimersi, garantendo libertà di culto e di espressione proteggendo il singolo nelle sue scelte più personali”.98 La neutralità dello stato dunque, nella visione francese, dovrebbe realizzarsi attraverso l’esclusione di ogni manifestazione religiosa dalla sfera pubblica, soprattutto in un ambiente come quello scolastico, destinato a formare gli individui.
Questa visione, peraltro, è stata avallata anche dalla giurisprudenza europea, che, in un caso recente, ha ritenuto legittimo il divieto di indossare il velo islamico imposto negli uffici comunali belgi, affermando che la scelta di un Comune che miri a rendere gli uffici amministrativi neutrali rispetto a tutte le religioni e convinzioni filosofiche si fondi sul principio di non discriminatorietà e che, dunque, la scelta di vietare di indossare qualsiasi segno religioso sia legittima, al pari di quella che invece ne consenta l’uso totalmente libero e a chiunque.
Secondo la Corte, infatti, ogni Stato membro e ogni suo ente dispongono, nell’ambito delle loro competenze, di un margine di discrezionalità nella concezione della neutralità del servizio pubblico che intendono promuovere sul luogo di lavoro. Tale finalità deve essere perseguita in modo coerente e sistematico, e le misure adottate per conseguirla devono essere limitate allo stretto necessario. Dunque il compito dei giudici nazionali, in questo campo, resta quello
98 XXXXXXXX, F. Se non ora quando? Principio di eguaglianza e laicità all’italiana, in Ianus, n. 12, 2015, p. 26.
di verificare se le misure adottate realizzino una conciliazione tra la libertà di religione e le finalità legittime che sono alla base della scelta adottata99.
Tuttavia una laicità “a tutti i costi”, imposta per legge, rischia di generare un fenomeno inverso e, piuttosto che favorire l’integrazione e la parità, può invece portare ad un allontanamento dei membri delle comunità dalla vita pubblica e dalle istituzioni statali, ottenendo un effetto opposto e certamente indesiderato.
Inoltre, le interpretazioni restrittive risultano spesso intrinsecamente contraddittorie, poiché per impedire un fenomeno ritenuto contrario all’ordinamento, si pongono in contrasto proprio con principi e diritti su cui lo stesso si fonda e che, in altre ipotesi, sono invece garantiti e tutelati.
Anche in Italia, nonostante l’idea di laicità dello stato non corrisponda a quella francese100, si assiste all’abbassamento del livello di tutela dei diritti religiosi101 e a un crescente dibattito circa l’approccio da seguire.
99 Cfr. la sentenza sulla causa C-148/22 della Corte di giustizia dell’Unione Europea sul caso di una dipendente di un Comune belga, che svolgeva la sua funzione di responsabile di un ufficio comunale principalmente senza contatto con gli utenti del servizio, cui è stato vietato di indossare il velo islamico sul luogo di lavoro. A seguito della modifica del regolamento di lavoro dell’ufficio e della disposizione di osservare una rigorosa neutralità, vietando ogni forma di proselitismo e non consentendo di indossare segni vistosi della propria appartenenza ideologica o religiosa, la donna aveva chiesto ai giudici nazionali di accertare la violazione della sua libertà di religione e della discriminazione da lei subita. La Corte, investita del rinvio pregiudiziale sulla domanda, ha affermato che una politica di rigorosa neutralità imposta da una pubblica amministrazione ai suoi dipendenti, se finalizzata alla creazione di un ambiente amministrativo totalmente neutro, è oggettivamente giustificata da una finalità legittima, così come sarebbe altrettanto giustificata la scelta di consentire, in maniera generale e indiscriminata, di indossare segni visibili di convinzioni filosofiche o religiose.
100Nell’ordinamento italiano, diversamente da quello francese, manca una disposizione costituzionale che qualifichi espressamente lo stato italiano come laico ed è la sentenza della Corte Costituzionale n. 203 del 12 aprile 1989 ad esplicitare per la prima volta il principio di laicità dello stato nel nostro ordinamento, elaborandone una visione definita in dottrina “positiva”. La Corte, infatti, prende le distanze da una concezione del fenomeno religioso come elemento strettamente correlato alla sfera privata e personale, senza adottare un atteggiamento di mera astensione ed estraneità verso di esso, ma piuttosto un approccio positivo, cioè una valutazione “favorevole” e non quindi distaccata, né indifferente, rispetto al fenomeno religioso.
101 Un noto esempio è la sentenza della Cassazione penale n. 24084 del 15 maggio 2017, con cui è stato condannato per il reato di porto abusivo di armi o oggetti atti a offendere, un uomo appartenente alla minoranza indiana Sikh, trovato in possesso di un Kirpan, un pugnale di circa 19
La conclusione, ancora una volta, è una diretta conseguenza della tradizione giuridica della famiglia dei sistemi di civil law, cui l’ordinamento italiano appartiene: solo un intervento normativo, infatti, potrebbe porre fine all’incertezza individuando i criteri in base ai quali operare il necessario bilanciamento tra i valori in gioco.
Viene però da chiedersi fino a che punto, una disposizione generale e astratta, inevitabilmente statica e rigida, possa efficacemente dare risposta ad esigenze talmente mutevoli e fenomeni dagli sviluppi così imprevedibili.
A fronte di ciò, grazie anche all’osservazione dell’esperienza inglese, è stata ipotizzata l’idea della privatizzazione delle relazioni familiari e delle regole che le disciplinano attraverso la valorizzazione del ruolo degli individui e della loro volontà102.
L’espansione dell’autonomia dei membri della famiglia, liberi di regolamentare i propri rapporti familiari103 e, al contempo, certi della tutela loro garantita dallo stato, il cui intervento è ridotto all’essenziale ed esclusivamente volto a tutelare diritti e interessi ugualmente riconosciuti a tutti gli individui, sembra consentire di fronteggiare con maggior efficacia le nuove esigenze emerse nella società contemporanea.
Infatti, alla luce dei fondamentali elementi del pluralismo dei modelli familiari e del riconoscimento della primazia dei valori umani, è proprio nella direzione della
centimetri, che uno dei cinque articoli di fede, le cinque K, che tutti i Sikh sono tenuti a indossare per dimostrare la propria convinzione religiosa e che, per questo, egli si era rifiutato di consegnare. 102 Cfr. XXXXXXX, X. La privatizzazione del diritto di famiglia: il modello di Common Law, in BRUNETTA D'USSEAUX, F., X’XXXXXX X., (a cura di) Matrimonio, matrimonii, 2000, 371 e ss.
103 Cfr. XXXXXXX, X. La privatizzazione del diritto di famiglia: il modello di Common Law, in
Matrimonio, matrimonii, 2000, 371 ss.
riscoperta autodeterminazione degli individui all’interno del nucleo familiare che pare auspicabile che il diritto di famiglia si muova, superando la complessità104 delle sue contraddizioni interne, e confrontandosi così più efficacemente con la realtà attuale e le nuove esigenze sociali, ma assicurando, al contempo, l’effettiva tutela dei diritti fondamentali.
104 Sul carattere complesso della fase contemporanea del diritto di famiglia x. XXXXX X. e XXXXXX S., op. cit,, 130 ss. e in questo senso anche XXXXXXX, H. Concluding thoughts: The enduring chaos of family law, in Rights, Gender and Family Law, a cura di XXXXXXXX, J., XXXXXXXX S., E XXXXXXX, J., 2010, 276 ss.
Capitolo 2
L’evoluzione della famiglia in Europa tra civil law e common law: da famiglia a famiglie
1. - Modelli di famiglia in Europa a cavallo del 2000: un’analisi sociologica
I rapporti e le relazioni familiari, oltre ad essere caratterizzati da una intrinseca dinamicità e mutevolezza, sono oggetto di regole peculiari e diverse in base all’approccio adottato dai diversi ordinamenti e all’interpretazione, anch’essa suscettibile al cambiamento e alle caratteristiche di ciascun contesto, datane dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Tutto ciò, inevitabilmente, influenza e complica l’analisi giuridica, soprattutto comparatistica, di quel complesso di norme, interpretazioni e casi giurisprudenziali relativi ai rapporti familiari, che è il diritto di famiglia.
Inoltre, non può trascurarsi il fatto che, così come avviene per la maggior parte dei rapporti privati, il progresso e l’evoluzione sociale incidono anche e soprattutto sulla percezione e sulla struttura dei rapporti familiari, poi recepiti dapprima nella ricostruzione dottrinale e nell’interpretazione casistica delle corti e, in ultimo, dal diritto positivo.
Basti pensare al matrimonio, che ancora oggi è regolato da norme risalenti, pensate per un istituto ritenuto fondamentale, ma che sta perdendo la sua centralità e, pur essendo rimasto apparentemente identico, è in realtà profondamente trasformato e ha una struttura e una valenza sociale del tutto diverse dal passato.
Proprio partendo dall’idea che fosse necessario prendere in considerazione un più ampio quadro evolutivo economico, sociale e culturale, un’interessante analisi sociologica inglese condotta a cavallo del duemila si è soffermata sulle relazioni tra famiglia e scelte politiche e legislative105.
Grazie alla attualità del suo approccio, questo studio mantiene ancora oggi, dopo più di venti anni, un notevole interesse. Esso infatti cristallizza la fase iniziale dell’evoluzione sociale e culturale che è in atto ancora oggi e che ha fatto emergere le esigenze di rinnovamento del diritto di famiglia, che solo parzialmente hanno trovato risposta nelle più recenti riforme normative.
Ovviamente, il confronto con uno studio sociologico, come quello citato, richiede tutte le cautele necessarie ad una incursione fuori campo, anche quando riguarda, come in questo caso, temi rilevanti anche per l’analisi giuridica, con cui condivide alcune premesse.
Anche lo studio in esame, infatti, attraverso l’analisi e il confronto dal punto di vista sociologico delle principali fattispecie familiari negli ordinamenti europei e dei diritti ed obblighi ad esse riconnessi, cerca di risalire ad una definizione del concetto di famiglia e all’individuazione delle sue caratteristiche e, a tal fine, prende anch’esso in considerazione l’inevitabile impatto dei diversi contesti geografici, sociali e politici sulle scelte degli individui e dei legislatori, dunque le loro ripercussioni sulle relazioni familiari e sulle regole che ciascun sistema adotta per disciplinarle.
I concetti chiave alla luce dei quali viene osservata e differenziata la disciplina dei rapporti familiari, e in particolare degli obblighi che ne derivano, sono la
105 XXXXXX X., XXXXXX, A., Family obligations in Europe, 1996.
“privacy”106, intesa però come sfera familiare privata, e la “autonomy”107, nel senso più che di autonomia, di indipendenza108.
Il concetto di privacy indica lo spazio di riservatezza proprio di ciascun nucleo familiare, cioè la sfera privata all’interno della quale i membri della famiglia sono liberi di stabilire e gestire i loro rapporti, che si contrappone allo spazio di ingerenza e intervento che ciascun sistema riconosce allo stato. Se infatti è vero che le scelte inerenti alla famiglia e alle relazioni familiari rientrano nell’ambito della sfera privata di ciascun individuo, è altrettanto vero che ciò ha delle ripercussioni a livello sociale e ciascun sistema, nel disciplinare i rapporti familiari, sceglie di dare maggiore rilevanza all’aspetto privatistico o a quello pubblicistico della famiglia, adottando dunque un diverso approccio e diverse scelte politiche.
Il primo elemento preso in considerazione, dunque, è l’ampiezza dell’ingerenza statale nei rapporti familiari e, di conseguenza, lo spazio lasciato alla autodeterminazione privata.
Quanto alla autonomy, essa consiste nell’indipendenza, o meglio nella “non- dipendenza” reciproca dei membri di uno stesso gruppo familiare, dunque nel livello di autodeterminazione riconosciuto ai componenti della famiglia all’interno di essa, ed è tanto maggiore quanto più ne è riconosciuta l’eguaglianza. Questi due elementi, in un certo senso, delimitano lo spazio di libertà e azione lasciato alla famiglia, intesa sia come entità organica che si relaziona all’esterno con lo stato e la società, sia come gruppo di individui in rapporto tra loro. Essi
106 XXXXXX X., XXXXXX, A., op. cit., 9.
107 XXXXXX X., XXXXXX, A., op. cit., 10.
108 XXXXXX J., XXXXXX, A., op. cit., 10.
dipendono dalle scelte legislative e politiche adottate nei diversi ordinamenti e ne rispecchiano l’idea predominante di famiglia.
Osservando la struttura familiare dei sistemi europei del tempo alla luce di questi due elementi, lo studio sociologico citato ha individuato tre diversi modelli di famiglia.
Al primo modello, detto anglo-scandinavo, appartengono i paesi dell’area nordeuropea109, caratterizzati già negli anni novanta dall’elevato numero di convivenze110 e dalla marginalità del matrimonio, dimostrata dall’elevato numero di nascite fuori dal matrimonio, oltre che da numerosi divorzi.
Al secondo gruppo appartengono invece i paesi dell’area mediterranea e l’Irlanda, che nonostante la posizione geografica veniva loro assimilata a causa del comune sentimento religioso cattolico e della sua influenza sulla struttura e le regole della famiglia. In questi paesi il quadro appariva del tutto difforme rispetto al gruppo precedente, essendo caratterizzati dalla netta prevalenza dei matrimoni sulle convivenze, quasi del tutto assenti, e dalla scarsità di divorzi e nascite al di fuori del matrimonio111. Nonostante tutti questi sistemi avessero introdotto leggi sul divorzio112, la struttura familiare era più omogenea e meno dinamica, ancora
109 Stando alle statistiche diffuse dal Consiglio d’Europa riportate nella tabella in XXXXXX J., XXXXXX A., op. cit., 12, nel 1994 Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia e Regno Unito erano tutte accomunate da una percentuale di convivenze tra il 12% (Regno Unito) e il 48% (Svezia) del totale delle famiglie di persone tra i 25 e i 29 anni e da una percentuale di divorzi dal 2,4% (Norvegia) al 4,3% (Regno Unito) ogni 1000 persone. Inoltre, ogni 1000 nascite, dal 28,9 (Finlandia) al. 46,4% (Danimarca) sono avvenute al di fuori del matrimonio.
110 Il numero elevato di convivenze in Svezia aveva portato a ritenere che, qualora l’aumento si fosse mantenuto costante, entro il 2030 meno della metà delle coppie sarebbe stata sposata. Cfr. XXXXXX X., XXXXXX A., op. cit., 12.
111 Nei paesi dell’area mediterranea, solo in Italia e Portogallo si registrava una percentuale, seppure minima di convivenze. Cfr. XXXXXX X., XXXXXX A., op. cit. tabella pag. 12.
112 In tutti i paesi del gruppo mediterraneo il divorzio è stato introdotto tra gli anni ’70 e ’80 e solo in Irlanda nel 1995.
incentrata sulla tendenziale indissolubilità del matrimonio, come risultato di un contesto sociale tradizionale e molto influenzato dal sentimento religioso.
I restanti paesi europei presentavano caratteristiche comuni ad entrambi i modelli descritti e per questo venivano collocati in un terzo gruppo, intermedio, caratterizzato dalla prevalenza dei matrimoni, ma anche da un’elevata diffusione dei divorzi e da un più elevato numero di persone che sceglievano di vivere sole, piuttosto che in coppia, fenomeno quasi assente nel gruppo nordico.
La caratteristica comune a tutti i tre modelli era la previsione della sussistenza di specifici obblighi derivanti dai rapporti familiari, sebbene il reciproco dovere di contribuire alle esigenze della famiglia fosse stato affermato e formulato in modo diverso dai vari ordinamenti. Ad esempio in Italia, ma anche in Germania e Spagna, nonostante l’enunciazione della formale eguaglianza tra i coniugi, ne veniva ammessa la possibile differenza di fatto, attraverso l’espressa previsione della possibilità di adempiere all’obbligo di contribuire alla vita familiare non solo in termini economici, ma anche attraverso il lavoro domestico e di cura, rispecchiando così la realtà sociale del tempo e, in parte, ancora attuale, caratterizzata dalla scarsa diffusione del lavoro femminile e dalla divergenza di fatto tra la condizione sociale degli uomini e delle donne.
Solo in caso di divorzio, gli obblighi familiari si manifestavano con maggiore evidenza, concretizzandosi in un contributo economico che, anche in questo caso, veniva disciplinato in modo diverso da un ordinamento all’altro, prevedendo la possibilità di determinarlo attraverso l’autonomo accordo delle parti o l’intervento, obbligatorio o sussidiario, delle Corti.
Nei paesi di modello scandinavo l’ottenimento del divorzio non è subordinato alla prova di specifici presupposti e le parti hanno piena libertà nello stabilirne concordemente le condizioni, previo, in alcuni casi, il decorso di un periodo intermedio di separazione o un tentativo di mediazione, soprattutto a tutela dei figli113. In altri sistemi, al ruolo delle parti si affianca quello delle Corti, chiamate a ratificare gli accordi di divorzio114 o ad intervenire quando non sia possibile trovarne, determinando le condizioni e gli obblighi ritenuti più opportuni con un provvedimento apposito. Infine, in alcuni casi è previsto che le Corti debbano riconoscere la sussistenza di specifici requisiti, come la colpa di uno dei coniugi o il decorso di un determinato periodo di tempo, prima di concedere il divorzio alle parti che ne abbiano fatto richiesta.115
113 In Norvegia il diritto ad ottenere il divorzio non è soggetto alla prova di alcun requisito, né necessita di motivazioni specifiche, ma è interamente rimesso alla autonoma decisione delle parti, tranne in presenza di figli sotto i 16 anni, quando è obbligatorio il decorso di un periodo intermedio di separazione durante i quali seguire un percorso obbligatorio di mediazione per stabilire le condizioni del loro mantenimento. Allo stesso modo, in Svezia solo le coppie con figli minori sono obbligate a un periodo di separazione di sei mesi, prima di ottenere il divorzio. Cfr. XXXXXX X., XXXXXX A., op. cit. 13.
114In Italia, ma anche in Austria, Portogallo, Belgio e altri paesi europei, è prevista la ratifica degli accordi di divorzio con un provvedimento giudiziale.
115 Nell’ordinamento italiano, non ricorre la necessità di provare specifici presupposti per l’ottenimento della separazione, che ai sensi dell’articolo 151 del codice civile può essere “chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all'educazione della prole”. Peraltro, è ormai indiscussa l’interpretazione più volte ribadita in giurisprudenza secondo la quale “ciascun coniuge ha un diritto costituzionalmente fondato di ottenere la separazione personale e interrompere la convivenza ove, per fatti obiettivi, ancorché non dipendenti da colpa dell'altro coniuge o propria, tale convivenza sia divenuta intollerabile, così da essere divenuto impossibile svolgere adeguatamente la propria personalità in quella “società naturale” costituita con il matrimonio che è la famiglia. Il concetto di “intollerabilità” della convivenza si presta a un'interpretazione aperta a valorizzare anche elementi di carattere soggettivo, costituendo un fatto psicologico squisitamente individuale, riferibile alla formazione culturale, alla sensibilità e al contesto interno alla vita dei coniugi” (Cass. 09/10/2007, n.21099). Al contrario, il secondo comma dell’articolo 151 del codice civile prevede che “il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”, e “la dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di
2. - Modelli contemporanei di famiglia in Europa
Dallo studio sociologico citato emerge un quadro piuttosto variegato dei rapporti familiari europei negli anni immediatamente precedenti al duemila, caratterizzato da una netta divisione tra il gruppo scandinavo, già proiettato verso un contesto sociale più vicino a quello attuale, e il gruppo mediterraneo, dove il peso della tradizione religiosa e di una struttura sociale statica e tradizionalista facevano da freno agli impulsi innovativi che si sarebbero maggiormente avvertiti solo pochi anni dopo.
La classificazione fin qui brevemente descritta, tuttavia, non ha resistito alla prova del tempo.
La profonda alterazione del contesto sociale, economico e politico europeo degli ultimi decenni ha ridotto le distanze tra i modelli familiari tipici degli anni novanta e ne ha stravolto la struttura tradizionale, facendo emergere nuove esigenze di rinnovamento del diritto di famiglia che accomunano pressocchè tutti i sistemi.
Nella società odierna, la scelta di formare una famiglia viene presa ad un’età sempre più alta e i nuovi nuclei familiari sono sempre più ristretti, poichè non è raro che le coppie decidano di avere un solo figlio o anche di non averne,
entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza” (Xxxx. 30/05/2023, n.15196).
Diversamente, il divorzio viene pronunciato senza che sia necessario dare prova di alcuna circostanza, ma all’esito dell’accertamento del venir meno della comunione materiale e spirituale tra i coniugi e dell’impossibilità di ricostituirla e della presenza degli altri presupposti elencati all’articolo 2 della legge n.898 del 1970 tra cui il decorso di un determinato periodo di separazione ininterrotto dal momento dell’emissione della sentenza o dell’omologa dell’accordo che l’hanno disposta.
In alcuni paesi, la non tollerabilità della prosecuzione del rapporto deve essere dimostrata dal decorso di un determinato periodo di separazione, come nel caso della Germania e dell’Italia, ma anche, seppure con diversi criteri, del Regno Unito.
attendendo una stabilità economica sempre più difficile da trovare. Basta pensare all’evoluzione del mercato del lavoro che diventa sempre più flessibile a causa del declino di impieghi stabili e dell’ascesa di occupazioni part-time e a tempo determinato, che peraltro si ottengono dopo un periodo di studio e formazione più lungo che in passato, e che genera una precarietà da cui deriva inevitabilmente una maggiore difficoltà nel raggiungere la stabilità economica, con ovvie conseguenze sulla vita e le scelte familiari.
Guardando alla situazione italiana, ad esempio, è subito evidente che il riferimento al modello mediterraneo, citato dalla classificazione sociologica di cui sopra, è ormai anacronistico e il concetto tradizionale di famiglia, con un numero elevato di matrimoni, pochi divorzi e ancor meno convivenze, è ormai superato.
Negli anni ’90 lo scarso tasso di natalità era già la spia di una situazione economica e sociale in trasformazione, ma il processo è oggi giunto ad uno stadio più avanzato, come dimostrano i numeri delle più recenti statistiche. I dati attuali, infatti, evidenziano da un lato l’emergere di nuove tendenze, ma dall’altro il permanere di istituti e concetti già noti, ma di fatto trasformati e riempiti di nuovi contenuti.
In Italia, il calo dei matrimoni, soprattutto religiosi,116 e l’aumento delle convivenze mostrano la tendenza all’instabilità delle strutture sociali tradizionali e solo il 21,8% degli uomini che lasciano la famiglia di origine entro i trent’anni
116 L’ultima nota Istat riporta che nel 2021 i matrimoni sono stati 180.416, quasi il doppio del 2020, che ha scontato le conseguenze della pandemia, ma comunque il 2% in meno rispetto al 2019.
I matrimoni religiosi sono in calo (-5,1%) rispetto al periodo pre - pandemico e i dati provvisori dei primi nove mesi del 2022 indicano, rispetto al 2021, un aumento dei soli matrimoni civili del 4,8%.
scelgono di sposarxx, mentre il 22,5% preferisce la convivenza117; al contrario, il 40% delle donne della stessa fascia di età preferisce il matrimonio, anche se la scelta della convivenza è anche per loro in aumento guardando alle generazioni più giovani118.
Indubbiamente, dietro questi numeri si cela l’influenza dell’evoluzione della società, influenzata anche dalle diverse politiche sociali adottate119, poichè oggi il matrimonio non è più il principale motivo per lasciare il nucleo familiare di origine e raggiungere l’indipendenza, ma anzi, al contrario, il mutamento dei modelli culturali e l’allungamento del periodo di studio e formazione, insieme con l’instabilità del mercato del lavoro, portano spesso i giovani a posticipare la scelta di formare una famiglia, restando più a lungo con i genitori o da soli. Inoltre questa instabilità, porta spesso a preferire la convivenza al matrimonio, infatti dal 2014 ad oggi la propensione a sposarsi è scesa del 16% per gli uomini e del 9,7% per le donne nella fascia di età al di sotto dei trent’anni e solo da questa età in su vede un leggero aumento120.
L’aumento delle convivenze in Italia, spesso preferite anche da coloro che instaurano un secondo rapporto familiare a seguito di un divorzio, oltre che dai più giovani, fa venire meno il primo elemento distintivo che consentiva di ricondurre questo paese al modello mediterraneo. E sulla stessa direzione spinge
117 Secondo i dati dell’Indagine Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita ISTAT del 2016.
118 Cfr. il report Istat per il 2021.
119 Le scelte statali in materia di welfare familiare contribuiscono al mantenimento dell’instabilità e a disincentivare i matrimoni e, in generale, la nascita di nuove famiglie. Il modello italiano, infatti, si caratterizza ancora oggi per il riversamento degli oneri di assistenza e cura sulle famiglie, senza la predisposizione di idonee misure previdenziali, assistenziali e fiscali di sostegno e incentivo che facciano da bilanciamento. Al contrario altri paesi, soprattutto del gruppo nordeuropeo, si distinguono per l’adozione di politiche sociali apposite, che incoraggiano e sostengono gli individui, e in particolare i giovani, a creare nuove famiglie. Cfr. XXXXXX X., XXXXXX A., op. cit.p. 16 ss.
120 Cfr. il report Istat per il 2021.
l’aumento dei divorzi, in costante aumento fin dalla loro introduzione, nel 1970, e poi cresciuti del 57,5% nel 2015, dopo l’introduzione di procedimenti stragiudiziali alternativi e la riduzione dei tempi dei procedimenti giudiziali.121 Parlare di modelli familiari diversificati in Europa, dunque, non ha più lo stesso significato che poteva avere in passato e, nonostante permangano numerose differenze, la classificazione analizzata nel paragrafo precedente è stata stravolta dallo sviluppo culturale e sociale degli ultimi decenni e le divergenze culturali che prima erano maggiormente accentuate, tanto da ripercuotersi sui comportamenti e sulle statistiche e determinare differenze nette, oggi sono meno marcate.
121 Il riferimento è alla legge n. 55 del 6 maggio 2015, rubricata “Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi”, più nota come legge sul cd. “divorzio breve”, e al decreto legge n. 132 del 12 settembre 2014 sulle “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile”, che ha introdotto anche per i procedimenti in materia di separazione e divorzio la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita.
Capitolo 3.
Modelli familiari contemporanei nei sistemi di common law e civil law
1. - La disciplina giuridica della famiglia tra common law e civil law
Le statistiche mostrano come la struttura delle famiglie europee appaia più omogenea che in passato e i modelli familiari contemporanei attraversino una generale fase di trasformazione, ispirata da fenomeni diffusi in modo pressocchè generale nei diversi paesi.
Se, infatti, “fino ad una trentina di anni or sono, l’idea prevalente era quella che vedeva nella famiglia una microcomunità con comunione di scopi, adesso pare nettamente primeggiare una sorta di sostanziale individualismo”,122 ma la reazione dei diversi ordinamenti a questa emersione del ruolo dei singoli individui all’interno della famiglia non è stata altrettanto omogenea.
All’affermazione di nuovi modelli di famiglia e alla riformulazione di quelli tradizionali, infatti, sono seguite reazioni normative diverse, frutto di un approccio e di una tradizione giuridica differenti, ciascuna maggiormente legata ad una delle due componenti che caratterizzano il ruolo che, in questo contesto, il diritto può assumere. Se da un lato, infatti, esso può essere propulsore, poiché può incoraggiare a tenere o ad astenersi da determinati comportamenti, dall’altro esso deve avere soprattutto un ruolo adeguatore, così da mediare tra gli spontanei cambiamenti dei rapporti familiari e le regole preesistenti, adeguando le leggi alla realtà sociale e rendendole così efficaci.
122 DIDUCK A. Law’s families, 2003, p. 24.
Guardando alla regolamentazione giuridica della famiglia nell’area europea, cui restringiamo questa analisi, la prima grande differenza da notare è quella tra l’approccio del common law inglese e quello dei sistemi di civil law, nei quali per la differenza della loro tradizione e dei loro meccanismi di funzionamento ed evoluzione, “the classification, the concepts of the two law families therefore cannot be the same”. 123
La comparazione dei sistemi di queste due famiglie, lungi dall’essere ormai obsoleta, è invece di particolare attualità e interesse in materia di famiglia, poiché proprio in questo campo l’evoluzione normativa è stata influenzata in modo particolare dalla tradizione giuridica di ciascun ordinamento, caratterizzata da un diverso modo di intendere la famiglia e il suo rapporto con il diritto.
È stato osservato124 che il diritto di famiglia dell’Europa continentale è caratterizzato, con le dovute differenze tra i vari sistemi, dall’enunciazione legislativa fattane attraverso la codificazione cui, successivamente, si sono affiancati i testi costituzionali.
É proprio in base a tale osservazione che i sistemi di civil law sono stati distinti in tre gruppi.125
In paesi come l’Italia, il Lussemburgo e la Grecia, la famiglia è ritenuta un elemento fondante dell’ordine giuridico e sociale e per questo il suo ruolo è affermato a livello costituzionale, mentre specifiche disposizioni di legge introducono e regolano la possibilità di intervenire per assicurarne la protezione economica e sociale. Diversamente, paesi come la Germania, la Francia, il
123 Cfr. XXXXXX, X., Beiträge zur Rechtsvergleichung, 1976, p. 85 e ss.
124 Cfr. XXXXXX X., XXXXXXX M., op. cit
125 Cfr. XXXXXX X., XXXXXXX M., op. cit., 56-58.
Portogallo e la Spagna, riconoscono il ruolo della famiglia come entità sociale meritevole di tutela costituzionale in ambito economico e sociale, mentre rimandano a specifici interventi normativi la previsione e la regolamentazione dell’intervento dello stato a tutela e protezione di soggetti deboli, come i minori, e di situazioni di particolare delicatezza, come la maternità. Infine altri paesi, come la Danimarca, l’Olanda, il Belgio, non fanno alcun riferimento alla famiglia nelle loro costituzioni ma, tramite l’intervento della giurisprudenza, la ricollegano comunque a specifici valori sovranazionali e costituzionali come l’uguaglianza, giungendo a riconoscere anch’essi tutela costituzionale alla famiglia e al diritto alla vita familiare.
L’idea della famiglia come elemento basilare dello stato, di cui forma e mantiene la struttura sociale, dunque, fa da denominatore comune ai sistemi europei di civil law, che le attribuiscono tutti valore costituzionale.
Ovviamente, il significato di queste declamazioni è stato ridimensionato e attualizzato dalla giurisprudenza e, nonostante l’affermazione costituzionale del suo ruolo simbolico, nessun sistema intende ancora la famiglia come entità organica, ma è ormai prevalente l’interpretazione che la vede più come un insieme di rapporti individuali, accomunati da una specifica funzione e per questo tutelati a livello costituzionale e riconducibili a diritti fondamentali.
Nonostante l’intervento pubblico nel diritto di famiglia sia ormai concentrato sul riconoscimento e sull’attribuzione di diritti agli individui che la compongono, la sua connotazione di fondo rimane, in un certo senso, pubblicistica.
Guardando, ad esempio, al sistema italiano, è evidente come i rapporti familiari, nonostante siano pacificamente ritenuti di natura privatistica, si fondino su un complesso di norme etero imposte e inderogabili dalla volontà degli individui.
Anche i più recenti interventi normativi, volti a modificare o innovare singoli aspetti della disciplina sostanziale e processuale delle relazioni familiari, non hanno ampliato lo spazio di autodeterminazione dei privati se non in modo parziale e disarmonico, peraltro attraverso disposizioni che si sono inserite, non senza contraddizioni, nell’impianto già esistente del diritto di famiglia, rendendolo un coacervo di disposizioni vecchie e nuove, nate con finalità diverse e formulate con linguaggio differente, che si sono spesso rivelate poco efficaci a causa di ambiguità e omissioni che hanno generato dei veri e propri vuoti di tutela.
La situazione è ben diversa al di là della Manica, dove il family law è più recente e ha avuto uno sviluppo del tutto peculiare.
Il family law inglese è il prodotto della tradizione giuridica e dell’evoluzione culturale del paese, infatti risente dell’approccio casistico, tipico del Common law, tradizionalmente orientato all’analisi pratica dei casi concreti, piuttosto che alla sistematizzazione e categorizzazione in fattispecie astratte, che invece, spinte dal pensiero Illuminista e poi dalle grandi codificazioni, hanno preso piede in Europa e condizionato lo sviluppo giuridico dei paesi di civil law.
Quello inglese, infatti è un sistema giuridico che si può definire aperto, non confinato in categorie codicistiche rigide come i sistemi dell’Europa continentale. Si può dire, anzi, che il common law inglese si trova in una posizione diametralmente opposta rispetto a quella della codificazione, la cui tecnica non è
congeniale alla mentalità del giurista inglese, il cui linguaggio deve essere “narrow enough to indicate basic principles, yet broad enough to allow flexibility, since no legislature can foresee and solve the problems with which the future is fraught”, dunque “abbastanza netto e rigoroso nella posizione delle regole, ma allo stesso tempo sufficientemente aperto e flessibile per la risoluzione dei problemi di adattamento che la pratica immancabilmente e non raramente pone”126.
Lo sviluppo delle categorie e dei concetti giuridici in Inghilterra, infatti, ha sempre avuto origine dai singoli casi sottoposti alle Corti, di fronte ai quali i Giudici, che non necessariamente dovevano essere giuristi, “did what was appropriate to impede the penetration of a purely academic and «systematically» orientated tradition of legal thought into the English way of «stumbling forward in the empirical fashion, of blundering into wisdom (Maitland)»127”128.
Il family law in senso moderno si è affermato solo a metà del novecento e, diversamente da quanto accaduto in materia di contratti, torts e in altri campi del diritto privato, le relazioni familiari sono state per molti secoli trascurate dal diritto inglese.
Nel diciottesimo secolo Xxxxxxxxxx, ispirandosi a Gaio per la redazione del suo Commentario129 divise la parte dedicata ai Rights of Persons in cinque sezioni:
126 Cfr. CRISCUOLI X., Introduzione allo studio del diritto inglese, 2000, 17.
127 Il riferimento è alla frase di Maitland, in MAITLAND, F. The Collected Papers of Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, vol. 3, 1911, 445.
128 Cfr. XXXXXXX-FREIENFELS W. The emergence of «Droit de Famille» and «Familienrecht» in Continental Europe and the Introduction of Family Law in England, in Journal of Family History, vol. 28, 2003, 40.
129 Il Commentaries on The Laws of England, definito da Xxxxx magnum opus di X. Xxxxxxxxxx, venne pubblicato nel 1765, riedito dallo stesso autore per l’ottava volta nel 1778 e ristampato fino alla ventisettesima edizione, nel 1876. È uno dei più noti books of authority inglese e costituisce un vero e proprio trattato organico di diritto. Cfr. CRISCUOLI X., op. cit., 514. ss.
master and servant, husband and wife, parents and children, guardian and xxxx, and corporations, rifacendosi alla categoria, già diffusa nella tradizione giuridica continentale, del “diritto delle relazioni domestiche”.
Questa categorizzazione, già proposta da Pufendorf130 prima della distinzione savigniana tra diritto pubblico di famiglia e diritto privato patrimoniale, raggruppava tutti i rapporti finalizzati alla produzione di beni e servizi, ma anche alla riproduzione umana, tutti fondati su relazioni ordinate giuridicamente e gerarchicamente.131
Influenzato dalla visione conservatrice di Blackstone dei rapporti familiari,132 il diritto di famiglia inglese ha subito una lunga stasi, restando pressocchè inalterato fino alla seconda metà del diciannovesimo secolo133.
Le profonde trasformazioni sociali e politiche ottocentesche, conseguenza dell’avvento dell’industrializzazione e dalla trasformazione delle abitudini e dei costumi sociali, resero però inevitabile una presa di coscienza circa l’inadeguatezza della disciplina dei rapporti familiari.
Proprio considerando questa situazione, si tentò una spinta riformatrice con il Matrimonial Causes Act del 1857 che introdusse una prima, embrionale, disciplina del divorzio e fu seguito da altre leggi.
Le istanze di rinnovamento vennero affidate al diritto positivo, affinchè si affiancasse ad una ricostruzione dottrinale ormai superata e a principi fondati su
130 Cfr. XXXXXX, X. Die Systematik des Privatrechts in Blackstone’s “Commentaries on the Laws of England”,1938, 77.
131 MARINI A., XXXXXXX M., op. cit. 24.
132 Xxx Xxxxxxx ne criticò l’approccio che, non a caso, è stato ritenuto una delle cause del ritardo nello sviluppo del diritto di famiglia inglese. Cfr. ad esempio, XXXXXXXXX, X. in Xxxxxxx’x England, a cura di TURBERVILLE, A.S., vol. 2, 1933, 290.
133 Un tipico esempio della “stagnazione” del diritto di famiglia inglese e del suo isolamento dal parallelo sviluppo cui si assisteva nello stesso campo in Europa, è la disciplina del matrimonio e del divorzio, che rimase competenza delle autorità ecclesiastiche fino al 1857.
precedenti giurisprudenziali, che da soli non potevano sopperire alle nuove esigenze sociali.
Tuttavia, gli interventi normativi della metà del diciannovesimo furono spesso frammentari e disomogenei e accanto a loro continuarono a sopravvivere usi ancora obsoleti, impedendo la formazione di un gruppo organico di norme che disciplinassero compiutamente i rapporti familiari.
Ciò portò ad un crescente distacco della disciplina della famiglia dalla realtà sociale, tanto aggravato dall’avvento delle guerre mondiali da rendere inevitabile un nuovo intervento normativo, che recepisse le istanze sociali, nuovamente mutate, in materia di divorzio e regolasse gli obblighi di mantenimento che ne derivavano.
Il radicale intervento di riorganizzazione e riforma della disciplina giuridica dei rapporti familiari, pensati in chiave organica come fattispecie interconnesse, incontrò il favore dell’opinione pubblica e del dibattito scientifico,134 tanto da portare Xxxx Xxxxxxx, a riconoscere che “the word ‘family’ has suddenly become fashionable with lawyers”135.
Alla base della riforma del family law, stava il superamento dell’idea di famiglia come entità statica e unitaria, ritenuta “primitive community”136 e “originary natural phenomenon”137. Fu infatti la realizzazione della dinamicità della famiglia
134 L’interesse e il positivo riscontro dell’opinione pubblica sono testimoniati, tra l’altro, dal lavoro pubblicato nel 1964 ad opera di un gruppo nominato dall’Xxxxxxxxxxx xx Xxxxxxxxxx. Cfr. “Putting Asunder: a Divorce Law for Contemporary Society: the Report of a Group Appointed by the Archbishop of Canterbury in January 1964, 1966.
135 Cfr. The Listener 24, n. 9, 1970, 407 ss.
136 XXXXXXXXX, X. Recht, Staat und Völkergemeinschaft, 1948, 115, definisce la famiglia “die Ursprungsgemeinschaft”, cioè la comunità di origine.
137 XXXX, X. Urphänomene, 1946, 13, definisce la famiglia come “erstes Urphänomen der Natur”.
e della sua connessione con la realtà sociale a rendere il family law un “trademark for fundamental reforms in social life”138.
In questo processo di riforma, fu fondamentale il ruolo del “family law workshop”, il primo nel suo genere, organizzato a Londra presso la London School of Economics and Political Science, da Xxxx Xxxx-Xxxxxx, comparatista ritenuto tra i “padri” del diritto di famiglia inglese139. Ad esso parteciparono, oltre a trentadue professori provenienti da diverse università inglesi e scozzesi, anche giudici e giuristi, come Xxx Xxxxxx Xxxxxxx, L.J., allora capo della Law Commission e giudice della Probate, Divorce and Admiralty Division della High Court e L. C. B. (Xxx) Xxxxx, membro della Law Commission responsabile in materia di diritto di famiglia.
Nel suo discorso di apertura dei lavori, Xxxx-Xxxxxx dichiarò che “although family law has always been regarded as an integral part of the private law syllabus in continental countries, a battle has been necessary to introduce it in England”, ritenendo che la principale motivazione fosse che “statute law was central in this subject, and it was widely thought that statute law could not be taught as easily as case law”.140
Il riferimento ad una “battaglia” combattuta per l’introduzione del diritto di famiglia, come è stato osservato, voleva rappresentare l’idea di una lotta non solo
138 Cfr. XXXXXXX-FREIENFELS W., op. cit., 42.
139 Come osservato in XXXXXXX-FREIENFELS W., op. cit. alla nota 52 a pagina 42, nonostante gli artefici della affermazione del moderno Family law inglese furono senza dubbio numerosi, Xxxx Xxxx-Xxxxxx ne è spesso ritenuto il vero “padre”, ma ciò soprattutto da parte di giuristi tedeschi, che padroneggiavano già l’idea di un diritto di famiglia categorizzato, come Xxxxxx Xxxxxx, nella prefazione alla traduzione tedesca della prima edizione di Family Law and Social Politics di Xxxx Xxxxxxx del 1983.
140 XXXX-XXXXXX, X. The Content of the Undergraduate Course in General, in Journal of the Society of Public Teachers of Law, 9, 1966-1967, 202.
per una riforma normativa, ma anche per l’apertura ad una nuova dimensione della concezione giuridica delle relazioni familiari141.
Fino a quel momento, infatti, in Inghilterra era stata principalmente la giurisprudenza a occuparsi dei rapporti familiari e il suo approccio tipicamente concreto e remediale, che pure aveva efficacemente garantito la tutela dei diritti e delle situazioni portate alla cognizione delle Corti, aveva dato origine a un corpus di principi disomogenei, senza che vi fosse tra essi e le singole norme una armonia o una connessione e senza riuscire a sradicare del tutto un’interpretazione dottrinale conservatrice e obsoleta, legata a consuetudini e precedenti troppo lontani dalla realtà sociale. Non a caso, infatti, è stato affermato che “as the century opened there was no academic discipline of family law. For this we had to wait until after the Second World War”142.
Tuttavia, l’interpretazione dottrinale, la letteratura scientifica143 e l’organizzazione dell’insegnamento universitario,144 seppure hanno contribuito a dare maggiore
141 Non è un caso, peraltro, che Xxxx-Xxxxxx, da comparatista, avesse ben presente la categorizzazione tipica del diritto di famiglia continentale. Cfr. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, X., op. cit., 43.
142 XXXXXXX, X. Family Values and Family Justice Current Legal Problems, 1997, 318.
143 Nel 1953 venne pubblicato il primo testo intitolato Family Law, scritto da Xxxx Xxxxxx, che ricostruiva, però, solo la normativa in materia e che per questa sua incompletezza viene ritenuto da XXXXXXX-FREIENFELS W., op.cit. 44, un “modest learning manual of 364 pages”. Successivamente, nel 1957, venne pubblicata la prima edizione del manuale Xxxxxxx’x Family Law di Xxxxx Xxxx Xxxxxxx, ristampato in otto successive edizioni fino al 1998 e, da quella data, riedito a cura di N. V. Xxxx e X. Xxxxxxx. Solo l’anno successivo, nel 1958, dopo aver tenuto un corso universitario sullo stesso argomento al King’s College di Londra E. L. Xxxxxxx pubblicò un volume dedicato al Family Law, di cui è stato detto che “it fits the familiar material into the general frame- work of family law, and presents a logical whole, which does indeed show (as the author has hoped) the recent developments of English Family Law and their place within the general structure of our Law”, cfr. il commento di X. X. Xxxxxx, Xxxxxxx’x Family Law, in Cambridge Law Journal, Vol. 16, N. 2, Nov. 1958, 243-244. Infine, nel 1957 venne pubblicata a cura di R. H. Xxxxxxxx and X. X. Xxxxx, la raccolta A Century of Family Law 1857-1957, che già dal titolo appare però contraddittoria rispetto alle parole di Xxxx-Xxxxxx sull’introduzione del Family Law nel secondo dopoguerra e che è, in realtà, una raccolta di scritti su diversi temi inerenti al diritto di famiglia, più che un manuale organico sulla materia.
144 La London School of Economics and Political Science, grazie a Xxxx-Xxxxxx, Xxxxx Xxxxx, and Xxx Xxxxx, fu la prima in tutta l’Inghilterra ad offrire, nell’anno accademico 1951-1952, un corso
omogeneità e sistematicità alla materia, hanno avuto di fatto un ruolo poco determinante nell’evoluzione del diritto di famiglia inglese che, anche in quest’ambito, è stata determinata principalmente dalla giurisprudenza e dall’intervento delle Corti.
Queste, che a differenza dei Tribunali italiani e degli organi giurisdizionali tipici dei sistemi di civil law non sono meramente interpreti e portavoce del diritto positivo, si sono sempre più specializzate nel tempo, affrontando il tema delle relazioni familiari con maggiore competenza ed elaborando decisioni aderenti al sentire sociale e alle esigenze concretamente avvertite dalla popolazione.
Dal 1857, infatti, nonostante si continuassero di fatto ad applicare i principi tratti dalle regole del diritto romano e di quello canonico, su cui si basavano le precedenti pronuncie delle corti religiose, la competenza per le questioni matrimoniali venne trasferita da queste ultime145 alla Divorce Court, appositamente istituita dal Matrimonial causes Act e, neanche vent’anni dopo, riunita alla Court of Probate146 nella Probate, Divorce, and Admiralty Division, una delle cinque sezioni della High Court, ironicamente ricordata come Wreck
dedicato al Family law, sebbene ancora denominato “Law of Domestic Relations”. Anche il King’s College e l’University College di Londra furono sede di numerose lezioni sull’argomento già negli anni ‘50 e lo stesso fecero altri College, tra cui Cambridge. A Oxford, invece, fu Xxxx- Xxxxxx ad introdurre un corso sul Family Law, quando vi giunse negli anni ‘60 e nel 1964 e fu sempre lui a organizzare un corso post-laurea in materia di divorce law che confrontava i sistemi inglese, francese e neozelandese. Infine, nel 1969, Xxxx Xxxxxxx tenne lì la sua prima lezione sul family law e, nel 1970 il Family Law fu per la prima volta materia di esame in un corso di laurea ordinario.
145 Le Ecclesiastical Courts furono create dopo la conquista normanna da con l’intenzione di separare la giurisdizione civile, amministrata dalle Lay Courts, da quella ecclesiastica ed ebbero ampi poteri e competenze, più o meno spirituali, come la materia matrimoniale e delle successioni, ma anche tutte le vicende che coinvolgevano chierici e religiosi. Cfr. CRISCUOLI X., op. cit., 51 ss.
146 Anch’essa, analogamente alla Divorce Court, istituita nel 1857 dal Court of Probate Act con il compito di decidere le controversie in materia testamentaria, sottratta alla giurisdizione ecclesiastica allo stesso modo di quella familiare.
Court per la sua competenza in naufragi di vario genere.147 Ne prese poi il posto la Family Division della High Court, istituita dall’Administration of Justice Act del 1970 e ulteriormente specializzata, così come le Family Courts, di grado inferiore, sezioni distinte delle corti civili competenti in specifiche aree del diritto di famiglia.
Oltre alla giurisprudenza, anche la legislazione in materia di famiglia si è evoluta nel segno di una maggiore specializzazione, anche grazie al supporto fornito al Parlamento dalla Law Commission, in seno alla quale il diritto di famiglia venne considerato un’area del diritto a sé stante e di particolare rilevanza sociale148.
All’esito di quella che si può definire una vera e propria rivoluzione del pensiero giuridico sui rapporti familiari, fu effettivamente possibile ricomporre i pezzi del family law in un sistema organico ed efficiente, fondato sull’unione dell’operato del Parlamento con quello delle Corti. E quale risultato del coordinamento della coerenza e generalità dei principi posti dalla legge con la concretezza del metodo casistico, affidato esclusivamente al ruolo di “comparatively few judges of high calibre who know each other’s minds and are masters of the law”,149 il “family law, as used nowadays in England, is a sociological, biological, general concept, not a precise, sharp legal one”150.
147 Cfr. CRISCUOLI X., op. cit., 53.
148 Il lavoro della Law Commission in materia di famiglia è sempre stato caratterizzato da un approccio critico e dall’attenzione alle esigenze sociali e alle soluzioni proposte in sistemi giuridici diversi. Ciò ha contribuito all’efficacia e alla modernità delle riforme proposte, oltre a supportare l’idea del necessario confronto su un piano politico, economico e sociale, oltre che giuridico. Cfr. XXXXXXX X., Convergence in Family Law: Mirrors, Transplants and Political Economy in Maastricht Journal of European Law, 1999.
149 Per usare le parole di Xxxx Xxxxxxx in una lecture tenuta nel 1966 all’Università di Bristol in materia di Family Law and Law Reform.
150 XXXXXXX-FREIENFELS W., op. cit. 46.
La peculiarità del diritto inglese, che si manifesta anche in ambito familiare, sta infatti proprio nell’equilibrio dei rapporti tra giurisprudenza e diritto positivo151 e nel ruolo di quest’ultimo che, diversamente dalle leggi dei sistemi dell’Europa continentale, non enuncia categorie generali cui ricondurre i singoli rapporti familiari, incasellandoli in uno schema che consenta di individuare la regola da applicare.
Al contrario, nel family law inglese la legge individua i principi di riferimento necessari a formare un quadro giuridico che assicura la tutela dei soggetti deboli coinvolti, ma al suo interno le parti sono libere di manifestare la loro volontà e autodeterminarsi, fermo restando il potere delle Corti di decidere conformemente ai principi stabiliti dalla legge, trovando la soluzione più idonea ai casi concreti patologici che vengono loro sottoposti152.
In conformità al meccanismo che, tipicamente, governa i rapporti tra case law e statute law inglese, il diritto positivo pone regole che prevalgono su quelle giurisprudenziali in virtù della loro specialità, ma tale prevalenza è solo “relativa perché, se è vero, dal punto di vista di una considerazione statica dell’ordinamento, che il diritto giudiziario è per principio destinato a cedere il passo alla legge con cui viene a porsi in contrasto, dal punto di vista di una
151 La peculiarità del rapporto tra case law e statute law, tra diritto giurisprudenziale e positivo, sta proprio nel fatto che “the statutes assume the existence of the common law” e si pongono come “addenda and errata of the book of common law; and they would have no meaning except by reference to the common law” (cfr. XXXXXXX X., Elements of English Law, 1991, cit. in CRISCUOLI X., op. cit., 20). Il diritto positive, dunque è complementare a quello giurisprudenziale, nei confronti del quale si trova in una posizione di prevalenza proprio in virtù di tale specialità.
152 Non a caso, durante una lezione tenuta all’Università di Yale, negli Stati Uniti, fu proprio Xxxx-Xxxxxx, evidenziando la peculiarità del diritto di famiglia rispetto ad altre materie, ad affermare che “to teach family law in terms of ‘case law’ is to act like a professor of medicine who teaches pathology in terms of the rarest diseases to students knowing nothing about anatomy or physiology”.
considerazione dinamica dello stesso ordinamento è decisivo il fatto che i singoli statutes, una volta emanati, vengono rispettati dalla giurisprudenza nello spirito del common law, di guisa che finiscono tosto con l’essere condizionati da una serie di decisioni interpretative vincolanti che fissano la loro concreta portata normativa: con l’effetto finale, per gli stessi, di essere inglobati nel sistema, venendo a fare indissolubilmente parte del tessuto elastico ed assorbente del common law”.153
Soprattutto con riferimento all’epoca contemporanea, dunque, è stato sostenuto che l’idea del diritto positivo come “corpo estraneo”154 nel Common law, sia ormai superata e che questo, al contrario, sia ormai un “elemento del tutto fisiologico”, spesso l’unico in grado di promuovere riforme effettivamente innovative, soprattutto in ambito sociale, tali da consentire di deviare dalla rigorosa applicazione e reiterazione “a senso unico” dei precedenti.155
La legge, infatti, è condizionata “dall’impegnatività propria dei giudizi ermeneutici delle corti”, ma questi sono raggiunti “in aderenza o nel rispetto di canoni ermeneutici particolarmente rigidi nell’assicurare il costante ossequio delle corti al comando del Parlamento”, le cui leggi, a loro volta, “debbono
153 Cfr. CRISCUOLI X., op. cit., 21, che paragona il sistema inglese a un “telaio da ricamo la cui tela di base rappresenta il diritto giudiziario ed il ricamo su di essa operato il diritto legislativo”, che “si sovrappone alla tela che lo sorregge, ma incorporandovisi, perde, rispetto alla medesima tela, la sua autonomia e la sua stessa individualità nella armonia del risultato complessivo”.
154 Il riferimento è a Xxxxx che, nella sua classificazione, afferma che “la legge, nella concezione tradizionale inglese, non viene vista come un modo di espressione normale del diritto. Essa continua ad essere un corpo estraneo nel sistema del diritto inglese”. Cfr. XXXXX X., I grandi sistemi giuridici contemporanei, 1980, 338.
155 Cfr. CRISCUOLI X., op. cit., 410 sulla funzione dello statute law di “rompere, come dice il xxxx. Xxxxxxx, il nodo gordiano con il quale i giudici, percorrendo la strada dei precedenti, che è una via obbligata ed a senso unico - «one way street» -, finiscono a volte col legarsi le mani, cadendo in contraddizioni e sentenziando in modo difforme”. Come avviene in materia di social legislation “ossia quelle riforme d’interesse sociale e di grande respiro che richiedono sensibili virate di bordo”.
essere rispettate nei limiti del contenuto normativo per esse fissato da tali precedenti, che pertanto effettualmente prevalgono sulle leggi medesime nella dinamica della loro attuazione”156.
Proprio questo peculiare rapporto che lega la legge alle pronuncie dei giudici, unito all’elasticità tipica del suo approccio remediale e alla particolare sensibilità alla situazione sociale, ha portato il sistema inglese a reagire con maggiore prontezza alle emergenti esigenze sociali di rinnovamento in materia di relazioni familiari.
La presenza di più fonti e la mancata affermazione del primato del diritto positivo, unitamente alla tipica natura remediale del common law, hanno consentito un approccio più elastico e concreto anche a questo tipo di evoluzione sociale, senza confrontarsi, o forse meglio scontrarsi, con la necessità di un intervento normativo157.
Queste considerazioni sono quanto più rilevanti se si guarda al diritto di famiglia, la cui analisi non sarebbe completa se non ci si soffermasse anche su questo aspetto della sua evoluzione.
I rapporti familiari, infatti, sono i primi ad essere colpiti dalla commistione e dallo “stingimento” delle regole, poiché per loro stessa natura hanno una forte componente culturale e religiosa e non è un caso, dunque, che proprio in materia di famiglia emerga con maggiore evidenza la sovrapposizione di regole e competenze.
156 CRISCUOLI, G., op. cit., 2000, 410-411.
157 Sul punto è fondamentale la diversa concezione dei principi e diritti fondamentali dell’ordinamento tra i sistemi di civil law e di common law. In particolare, la differenza tra le idee di stato di diritto, in cui l’ordinamento si fonda sulla primazia della legge e sul riconoscimento legislativo anche dei diritti fondamentali, che infatti sono spesso enunciati a livello costituzionale e comunque sempre normativizzati, e di rule of law.
Sempre più spesso i Tribunali si trovano dinanzi a casi che riguardano la validità di matrimoni celebrati secondo i riti religiosi di specifiche comunità,158 o la competenza degli organi giurisdizionali religiosi in materia di divorzio159 e altri rapporti familiari, o ancora la legittimità di istituti tipici della cultura di alcune minoranze160.
In ipotesi di questo tipo, piuttosto che l’approccio dei sistemi di civil law, che, interpretando restrittivamente le proprie regole, cadono spesso in contraddizione, appare più efficace la pragmaticità del sistema inglese che, svincolato dall’insormontabile primato del diritto positivo, valuta la compatibilità con l’ordinamento delle fattispecie nuove e di istituti e regole estranei attraverso il
158 Come il caso Ahkter v Khan [2020] EWCA 122 in materia di validità del matrimonio religiosi islamici e il successivo dibattito sul ruolo delle Sharia Courts nell’ordinamento inglese. Sul punto si fa rinvio a PERA A., Family law, religious marriage and sharia courts in western societies. one comparative insight on the english model, in The Xxxxxxx Electronic Law Bulletin, 2017.
159 Si veda il caso Re AI and MT [2013] EWHC 100 (Fam), in cui, ferma restando l’affermazione della esclusiva competenze delle Corti inglese in materia di minori, poichè “first, insofar as the court has jurisdiction to determine issues arising out of the marriage, or concerning the welfare and upbringing of the children, that jurisdiction cannot be ousted by agreement. The parties cannot lawfully make an agreement either not to invoke the jurisdiction or to control the powers of the court where jurisdiction is invoked” e ricordando che il rispetto per tutte le confessioni religiose “does not oblige the Court to depart from the welfare principle because the welfare principle is sufficiently and broad and flexible to accommodate many cultural and religious practices”, viene sottolineata l’importanza del ruolo del Xxxx Din, il Tribunale ebraico scelto dalle parti in ragione della loro profonda fede religiosa, affermando che “at a time when there is much comment about the antagonism between the religious and secular elements of society, it was notable that the court was able not only to accommodate the parties’ wish to resolve their dispute by reference to their religious authorities, but also buttress that process at crucial stages”.
160 Come nel caso del ripudio islamico o ṭalāq, oggetto della sentenza n. 17170 del 14 agosto 2020 della Corte di Cassazione, dove si riconosce la contrarietà dell’istituto ad alcuni principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, come l’uguaglianza e la parità dei coniugi, in quanto nel fiqh, come abbiamo visto, è esclusivamente il marito a dare impulso al ṭalāq, senza che la moglie ne sia necessariamente informata e senza possibilità di contraddittorio tra le parti. Ma è anche il caso della kafalah, che nella sentenza n. 25310 dell’11 novembre 2020 è stata ritenuta dalla Corte di Cassazione un valido presupposto al ricongiungimento familiare di un minore con il suo affidatario, purchè in considerazione del caso concreto ciò risulti coerente con il superiore interesse del minore.
loro raffronto, operato in concreto dalle Corti161, con quei principi giuridici generali e non codificati che sono i values.162
In questo modo, adottando come termine di paragone non il diritto positivo, ma un criterio che è duttile, poichè si evolve parallelamente al sentire sociale e al contempo è profondamente ancorato ai tradizionali principi fondanti dell’ordinamento, diventa più agevole individuare la compatibilità con l’ordinamento, e dunque la legittimità, di tutti quei comportamenti e quelle circostanze che non appartengono ad esso e che esulano dalle sue tradizioni e dal contesto in cui esso si è formato, sia perché nuove, sia perché estranee.
Osservando lo specifico incastro dei formanti legislativo e giudiziario, l’approccio pluralistico e la qualificazione in termini effettivamente, e non solo formalmente, privatistici dei rapporti familiari, è evidente come la disciplina inglese delle relazioni familiari, diversamente da quella italiana, risponda con maggiore efficacia alle sollecitazioni sociali che spingono verso il suo rinnovamento.
Questa differenza, che riguarda in generale lo spirito dei due sistemi e la loro tradizione giuridica, è particolarmente evidente in una materia come il diritto di
161 In XXXXXXX, X., op. cit., p. 23, si individua la possibilità di “replicare”, con le dovute differenze, il metodo inglese, facendo “ricorso ai «principi generali» -richiamati espressamente dal codice civile all’art. 12 delle disposizioni preliminari- ed inoltre facendo leva non solo esclusivamente sull’ordine pubblico ma anche sul buon costume”, in modo da “stabilire in modo più oggettivo quali siano i “valori” a fondamento della società e del sistema giuridico e dunque attraverso essi valutare se ed in che misura la «regola» aliena che ha stinto il tessuto normativo autoctono sia o meno compatibile e dunque accettabile”.
162 I values, sono una delle fonti storiche del diritto inglese, cioè fonti di natura persuasiva, non vincolanti, che influiscono “con il peso del loro valore, solo in via di supporto” e consentono “la determinazione, in via essenzialmente giudiziale, del contenuto delle norme di diritto positivo (…) in vista della precisa correlazione sostanziale che lega l’esperienza alla storia”. In particolare, i values sono quei valori fondamentali, la cui “forza d’influenza scaturisce direttamente dalla loro corrispondenza – al di là del carattere individuale di alcuni di essi- a precisi interessi collettivi o sociali”. Essi non sono codificati, né esiste “alcuna regola che fissi le modalità di apprezzamento di questi valori da parte del giudice nello svolgimento del c.d. «judicial reasoning» che lo deve portare alla sentenza” e coincidono con quei principi comunemente sentiti come fondanti e ispiratori, tra cui la sanctity of the person e of property, il social welfare, la national and social safety. Cfr. XXXXXXXXX, G., op. cit., p. 57-58.
famiglia. Quest’ultimo infatti, per sua natura, è strettamente legato a fattori non giuridici, ma sociali, politici, morali e dunque, affinchè sia efficace, non basta la sola coerenza delle norme con i concetti e le categorie giuridiche tipiche dell’ordinamento, ma è anche necessario che venga percepito a livello sociale come adeguato.163
2. - La famiglia nei sistemi di common law: l’ordinamento inglese
2.1 - Matrimonio e autonomia contrattuale dei coniugi
Come già accennato all’inizio di questo lavoro (infra 1.4), il matrimonio nel sistema inglese è sempre stato tradizionalmente inteso come un contratto.
L’act of marrying164, cioè la convergenza delle distinte dichiarazioni di volontà dei due coniugi dirette verso un interesse comune per formare un rapporto unitario, infatti, “involves a contract that is recognized at law”165 e già la dottrina tradizionale definiva il matrimonio come un “agreement by which a man and a woman enter into a certain legal relationship with each other and which creates and imposes mutual rights and duties”, concludendo che “looked at from this point of view, marriage is clearly a contract”.166
Il contract of marriage ha caratteristiche peculiari rispetto agli altri contratti di diritto privato,167 ma presenta comunque quello scambio di considerations168,
163Cfr. XXXXXXX X., Surrogate motherhood in Italy, in Gestation pour autrui: surrogate motherhood, a cura di XXXXXXX F., 2011.
164 Nel sistema inglese si possono distinguere due aspetti del matrimonio: the act of marrying, cioè il momento costitutivo del rapporto, inteso sia come rito, sia come atto costitutivo, e the state of being married, cioè il rapporto che si instaura tra i coniugi a seguito della manifestazione del loro consenso.
165 XXXXXX X., Family law, 1990, p. 210.
166 XXXXXXX. P.M., XXXXX N.V., op. cit., p. 20.
167 Brevemente, le caratteristiche proprie del matrimonio rispetto agli altri contracts, risiedono nella capacità delle parti, che possono ottenere un parental consent che legittimi il matrimonio
rinvenibile nel reciproco impegno di adempiere agli obblighi del rapporto coniugale che le parti assumono, tale da consentire di qualificare il matrimonio come un rapporto contrattuale.
Ma la privatizzazione della disciplina della famiglia, nel sistema inglese, si manifesta in una vera e propria redistribuzione dei ruoli dello stato e dei privati a favore di questi ultimi, dove al primo è lasciato quello di controllore, supervisore e garante degli interessi protetti, mentre al secondo è riconosciuta la libertà di regolamentare, anzi di autoregolamentare il proprio rapporto.
La famiglia infatti, nell’ottica inglese, è vista come un vero e proprio affare privato, nel quale lo stato non ha motivo di intervenire, se non per garantire la tutela di interessi e diritti superiori, da accertare caso per caso.
A prova di questo disinteresse del legislatore per la famiglia, basta pensare al
Common law marriage, una sorta di matrimonio consuetudinario, parallelo a
contratto prima del raggiungimento della maggiore età e che comunque, anche in mancanza di quest’atto, rimane valido, a differenza degli altri contracts che, se stipulati da un soggetto incapace, al di là dei casi eccezionali dei beneficial contracts e dei contracts for necessaries, sono invalidi ed eventualmente sanabili attraverso un atto di conferma posto in essere una volta raggiuta la maggiore età. Ancora, a differenza dei normali contracts, il matrimonio prevede il rispetto di specifiche formalità, come i banns, equiparabili al concetto italiano di pubblicazioni. Infine, l’invalidità del matrimonio dipende da vizi diversi da quelli tipici del diritto dei contratti, come nel caso di nullità del matrimonio posto in essere senza il rispetto delle formalità previste o nonostante la sussistenza di un precedente matrimonio di una delle parti o di un vincolo di parentela tra loro. cfr. BROMLEY. P.M., XXXXX N.V., op. cit.
168 La consideration, termine inizialmente usato in campo processuale per indicare la motivazione delle sentenze, è stata originariamente definita, nel suo significato attuale, come “«what induces a grant or a promise» e cioè la giustificazione di una concessione o di un impegno. (…) Per il tempo successivo, fino ai nostri giorni, non si notano modificazioni sostanziali rispetto a quest’ultimo significato, ma solo un ancoraggio sempre più rigoroso ed esclusivo del termine nel campo contrattuale fino a significare il più tipico degli elementi del contract, ben distinto dall’omologa figura della causa, propria dei contratti regolati negli ordinamenti continentali di civil law”. Ancora oggi permane una notevole difficoltà nel dare una definizione univoca di questo concetto, che gli stessi giuristi inglesi definiscono di solito con riferimento al suo contenuto o alla sua funzione. Nel primo senso, la definizione classica, che non è né l’unica, né può considerarsi del tutto esaustiva, è data dal giudice Xxxx nel caso Xxxxxx v Misa [1875] LR 10 Exch 153,162 che afferma che “a valuable consideration in the sense of the law may consist either in some right, interest, profit or benefit, accruing to one party, or some forbearance, detriment, loss, or responsibility given, suffered or undertaken by the other”. Cfr. CRISCUOLI G., Il contratto nel diritto inglese, 2001, p. 32 ss.
quello regolato dalla legge e risalente alla prassi delle corti ecclesiastiche, fondato esclusivamente sul tacito accordo delle parti di vivere come marito e moglie, senza nessuna altra formalità o requisito169.
La coesistenza di questo istituto accanto al matrimonio tradizionale ha a lungo generato notevole confusione170, cui fu posto rimedio nel 1753, con la decisione del caso Xxxxxxxx v. Campbell171, in cui la House of Lords dichiarò la validità del secondo matrimonio contratto formalmente in Chiesa da un uomo, nonostante il suo precedente Common Law Marriage. Per evitare che situazioni del genere si ripetessero, Xxxx Xxxxxxxxx, allora Lord Xxxxxxxxx, curò nello stesso anno l’emanazione dell’English Marriage Act,172 che aboliva il Common Law Marriage, ribadendo il necessario rispetto delle formalità religiose173 ai fini della conclusione di un matrimonio valido.
Nonostante questo divieto, il Common Law Marriage è sopravvissuto, anche grazie all’incompletezza della legge del 1753, dal cui campo di applicazione erano escluse numerose ipotesi,174 tanto da farne spesso mettere in dubbio l’effettiva
169 Cfr. XXXXXXX, X., La privatizzazione del diritto di famiglia: il modello di Common Law, in
F.B. D’USSEAUX e X. X’XXXXXX (a cura di), Matrimonio, matrimonii, 2000, p. 377
170 Cfr. XXXXXXXXXXX, X., Common Law Marriage, the case for a change in the Law,, 1994
171 Il caso metteva in discussione la validità di un matrimonio religioso, contratto formalmente in conformità alle regole canoniche, sulla base dell’esistenza di un matrimonio precedente, contratto in segreto per sponsalia de presenti sulla base della disciplina del Common Law Marriage. La prima moglie rivendicava l’eredità per lei e i figli nati dall’unione, ma la Corte, considerando prevalente il matrimonio formale, seppure successivo, non le riconobbe alcun diritto, considerando lei come concubina e i figli come illegittimi, dato anche che il testamento dell’uomo non faceva riferimento alcuno alla prima famiglia. Cfr. XXXXXXX, X., The formation and annulment of marriage, 1969, p. 62.
172 Si veda sempre X. XXXXXXX, op. cit., 63 ss.
173 Per contrarre validamente matrimonio religioso era richiesta la celebrazione in una Parish Church dinanzi ad un sacerdote e la pubblicità del matrimonio mediante pubblicazioni in una Chiesa o cappella pubblica per tre domeniche consecutive prima della celebrazione, tranne che non si fosse ricevuto il previo consenso di entrambi gli sposi per come stabilito dalla legge.
174 Il divieto non si applicava ai membri della Famiglia Reale, Ebrei e Xxxxxxxxx, né ai matrimoni contratti nelle colonie e in Scozia, dove era ancora valido il matrimonio per sponsalia de presenti. Per evitare spostamenti in massa verso la Scozia per eludere l’English Marriage Act, nel 1856
portata abrogativa,175 e all’omissione, nel successivo Marriage Act del 1949, di ogni riferimento alla necessaria conformità al rito della Chiesa d’Inghilterra; ciò ha portato a ritenere ancora esistente e valido il Common Law Marriage176, che, creando un rapporto convenzionale, attribuisce delle regole a una situazione che sarebbe altrimenti priva di tutela e riconosce alle parti lo stesso status dei coniugi uniti conformemente alla legge.
La sopravvivenza del Common Law Marriage manifesta l’evidente propensione del sistema inglese a non fornire una dettagliata regolamentazione giuridica dei rapporti familiari e a valorizzare piuttosto la volontà e l’autonomia delle parti,177 che non solo opera a livello costitutivo del rapporto, ma assume notevole rilevanza anche per regolarne l’assetto o rideterminarlo in caso di crisi, e ciò sia nell’ambito del matrimonio formale, sia delle convivenze.
Se è vero, dunque, che la conseguenza della conclusione di un contract of marriage è, anche nel sistema inglese, l’attribuzione ai coniugi di uno status, lo state of being married, cui si ricollegano diritti ed obblighi specifici, è altrettanto vero che, nei limiti della public policy e del rispetto dei fondamentali principi
venne introdotto l’obbligo di residenza per almeno tre settimane nel luogo di celebrazione del matrimonio. Solo nel 1939 il Marriage Scotland Act abolì i matrimoni informali, contratti validamente con la sola dichiarazione di volontà delle parti. Si veda sempre X. XXXXXXX, op. cit. che riporta quanto detto da Xxxx Xxxxxxxx nel 1856: «In Scozia, un rispettabile gentiluomo, le cui due figlie andarono a fare una cavalcata con il palafreniere, scoprì con infinito stupore e non meno sgomento che una di loro tornò a casa un’ora dopo affermando di essersi sposata con il palafreniere stesso e che il suo matrimonio era perfettamente valido per la legge vigente in Scozia come se fosse stato celebrato da un sacerdote dopo le pubblicazioni».
175 Cfr. X. XXXXXXX, Common Law Marriage, in F. B. D’USSEAUX e X. X’XXXXXX (a cura di),
op. cit., 26-29; X. XXXXX, The law relating to cohabitation, Londra, 1998, 2ss.
176 Anche la giurisprudenza ne ha avallato la sopravvivenza e nel 1978 in Xxxxx x. Xxxxxxx [1978] 2 W.L.R. 553, Xxxx Xxxxxxx ha affermato, riferendosi a una coppia convivente che “if they were living together in the same household as husband and wife, that is enough”. Cfr. infra §2.4.2.
177 Anche nel caso della legge del 1753 di Xxxx Xxxxxxxxx, infatti, le prescrizioni indicate avevano fondamento religioso, ma non giuridico.
tipici di questo rapporto178 le parti di un contract of marriage, così come quelle di qualsiasi altro contract, hanno piena libertà di regolare l’assetto del loro rapporto. Lo state of being married, dunque, non deve intendersi come uno status rigido previsto normativamente, bensì in ottica negoziale, come la concreta manifestazione della volontà espressa dalle parti di costituire un rapporto coniugale, plasmato, in forza di questo accordo, sulle loro esigenze.
Ciò si manifesta, in concreto, attraverso la stipula di accordi para-matrimoniali che, proprio come un contratto, nascono dalla volontà liberamente e chiaramente manifestata dalle parti, consapevoli del rapporto così posto in essere.179
In particolare, le Corti hanno più volte sottolineato la differenza tra un mero domestic arrangement, xxxxxxxx a costituire in capo alle parti un obbligo eseguibile poiché privo di una intention to create legal relations180, e un vero e proprio accordo contrattuale costitutivo di effetti e diritti azionabili in giudizio. La sussistenza di un accordo contrattuale, a meno che non venga fornita prova contraria, si presumerebbe in tutti quei casi in cui l’accordo intervenga in un contesto familiare in crisi, nel quale la separazione sia già intervenuta o sia imminente, mentre in caso contrario è presumibile che ci si trovi di fronte ad
178 Nonostante la “growing tendency to permit the parties to regulate some of the legal consequences of marriage for themselves”, evidenziata in XXXXXXX S. M., XXXXXX J. M., Principles of family law, 1990, p.4, i principi generali e i diritti e obblighi fondamentali riconnessi al rapporto coniugale restano inalterati, come nel caso del diritto del coniuge di succedere all’altro quale erede necessario, in mancanza di testamento.
179 Cfr. XXXXXXX S. M., XXXXXX J. M., op. cit., p. 248 e ss.
180 Cfr. Xxxxxxx x Xxxxxxx [1919] 2 KB 571, in cui Xxxx Xxxxx distingue i domestic arrangements dai contratti, ritenendo riguardo ai primi che “the small courts of this country would have to be multiplied one hundredfold if these arrangements were held to result in legal obligations. They are not sued upon, not because the parties are reluctant to enforce their legal rights when the agreement is broken, but because the parties, in the inception never intended that they should be sued upon. Agreements such as these are outside the realm of contracts altogether.
accordi non giuridicamente vincolanti,181 ma inerenti alla normale gestione domestica familiare.
Dalla necessità di superare queste presunzioni attraverso la prova dell’effettiva volontà delle parti, deriva l’opportunità che gli accordi para-matrimoniali abbiano forma scritta, nonostante ciò non sia espressamente previsto quale requisito di validità dell’accordo, che può astrattamente concludersi anche oralmente o per fatti concludenti.182 Solo nel caso in cui l’accordo preveda obblighi a carico di una sola delle parti e manchi, dunque, quel reciproco scambio di prestazioni e impegni che integra il necessario requisito della consideration, dovrà sopperirsi a tale carenza attraverso la stipula in una particolare forma scritta ufficiale, il deed183.
Infine, come per tutti i contratti, anche gli accordi finalizzati a regolare l’assetto dei rapporti tra i coniugi dovranno essere espressione della libera volontà delle parti, esente da vizi, come l’undue influence184 e gli altri tipici vizi della volontà, violenza, dolo e errore185.
181 Così Lord Xxxxxxx in Xxxxx x. Xxxxx [1969] XXXX Civ J0618-1: “in family cases, when husband and wife are living together happily, the Court does not, as a rule, impute to them by their domestic arrangements an intention to create legal relations (…) But when husband and wife decide to separate and the husband promises to pay a sum as maintenance to the wife during the separation, the Court does, as a rule, impute to them an intention to create legal relations”.
182 Cfr. BLACK J. M., XXXXXX A. J., A practical approach to family law, 1989, p. 387.
183 Il deed o act under seal è “uno speciale strumento tecnico di carattere generale, il quale serve a dare valore giuridico impegnativo a numerosi atti convenzionali o solo unilaterali dal diverso scopo e dal vario contenuto.” Esso, dunque, quale “speciale vestimentum del rapporto, è la causa diretta ed esclusiva della sua giuridicità vincolante” e “lo schema del deed rende giuridicamente vincolante qualunque impegno «by the form of the record itself» e cioè per la forma in sé, nella quale esso si sostanzia, indipendentemente dal suo specifico contenuto e dalla specifica ragione obiettiva o psicologica che ne abbia determinato l’assunzione”. Cfr. CRISCUOLI X., op. cit. p. 26 ss.
184 Per undue influence o prevalenza abusiva si intende “l’abuso non violento della debolezza e del bisogno altrui”, in presenza del quale “it would be unconscentiuous and inequitable for the law to enforce a contract”, che rimanda al principio di equity “secondo cui una persona non può approfittare, a danno di un’altra, del rapporto di fiducia o di confidenza esistente tra loro o, per altro verso, dello stato di necessità o di bisogno economico o di debolezza psicologica in cui taluno si trovi”. Una delle più note definizioni è quella del caso Xxxxxxx x Xxxxxxx [1887] 36 CH D 145, che la descrive come “some unfair or improper conduct, some overreaching, some form of
2.2 - Divorzio e autonomia dei coniugi nella crisi della famiglia
Anche in Inghilterra, passata alla storia proprio per lo scioglimento del matrimonio di Xxxxxx XXXX, ottenere un divorzio è stato a lungo difficile186 ed è stato necessario un lungo percorso di riforma, conclusosi solo nel 2022.
La competenza in materia di divorzio è stata attribuita alle Corti inglesi solo nel 1857 e la legge sul divorzio è stata a lungo criticata e ritenuta “full of inconsistencies, anomalies, and inequalities amounting almost to absurdities; and it does not produce desirable results in certain important respects”187.
Nel 1973 il Matrimonial Causes Act è intervenuto riformando la materia e fissando come unico presupposto per ottenere lo scioglimento del matrimonio l’“irretrievable breakdown of the marriage”, che doveva essere dimostrato sulla base di cinque possibili elementi. I primi tre sono basati sulla dimostrazione del comportamento colpevole del coniuge188 e sono: l’adulterio e la conseguente intollerabilità della convivenza, il comportamento irragionevole dell’altra parte, tale che “the petitioning spouse cannot reasonably be expected to live with the respondent spouse”, e l’abbandono della casa coniugale per almeno due anni. I
cheating and generally, though not always, some personal advantage obtained by the guilt part” cfr. CRISCUOLI X., op. cit. p. 251 ss.
185 Ne sono esempio i casi Wales x Xxxxxx [1977] 1 WLR 199, Fam D, Allsop v Allsop [1980] 124 SJ 710, e Xxxxxxxx x. Xxxxxxxx [1914] 30 TLR 531.
186 Prima del 1857, le corti ecclesiastiche potevano concedere il divorzio a mensa et xxxxx, letteralmente “dalla tavola e dal letto”, che era però più simile alla nostra separazione, poiché non consentiva di contrarre un nuovo matrimonio, ma faceva soltanto venire meno l’obbligo di coabitare. Il potere di sciogliere un matrimonio rimase riservato al Parlamento fino a quando, nel 1857, il Matrimonial Causes Act lo attribuì alle Corti, composte dal Cancelliere, dai presiding judges delle tre Corti di common law e dal senior puisne judge di ciascuna di queste e dal judge of the Probate Court, rendendo il divorzio solo formalmente più semplice, ma di fatto accessibile “from the very rich (who alone coul afford the expense of divorce by Act of Parliament) to the rich”. Cfr. XXXXXXX S. M., Principles of family law, 1979, p. 97, che cita XXXX XXXXX X., XXXXXXX R., Xxxxxxx and the Court, 1967, p. 42.
187 Così Xxx Xxxxxx Xxxxxx P. in Xxxx x. Xxxx già nel 1906.
188 Definiti appunto “conduct based rather than fault based” da Xxxx xxxx in Xxxxx x. Xxxxx.
restanti due elementi invece prescindono dal comportamento delle parti e consistono nella dimostrazione del decorso di un periodo di separazione di due anni, in caso di consenso di entrambi i coniugi alla domanda di divorzio, oppure di un periodo di cinque anni, qualora la domanda provenga da uno solo dei coniugi, senza il consenso dell’altro.
L’inadeguatezza di una disciplina ancora basata sulla dimostrazione della colpa dell’altra parte, o quanto meno di una sua determinata condotta, è emersa con sempre maggiore intensità189 e una ulteriore conferma è stata data dal caso Xxxxx
v. Owens190 in cui, nonostante fosse evidente l’irrimediabilità del fallimento del matrimonio, la ricorrente non aveva dimostrato la conseguenzialità tra l’irragionevolezza del comportamento del marito e la crisi familiare e, stante l’opposizione del marito alla domanda, la Corte non aveva potuto emettere una pronuncia di divorzio, costringendo la ricorrente ad attendere il decorso dei cinque anni previsti in caso di dissenso della parte convenuta.
Nel decidere il caso, i giudici non avevano potuto ignorare l’inadeguatezza della norma, rilevando che “the application of the test to the facts of an individual case is likely to change over time, in line with changes in wider social and moral values. The most relevant change over the past forty years is the recognition of equality between the sexes, and of marriage as a partnership of equals”. Proprio alla luce di ciò, la Corte aveva invitato il Parlamento “to consider replacing a law which denies Mrs. Xxxxx a divorce in the present circumstances”, xxxxxx, come affermato da Xxxx Xxxx, “it is not for us to change the law laid down by
189 Già nel 1996 era stato presentato un disegno di legge volto a semplificare il procedimento di divorzio, che venne però ritirato quando, nel 2014, il governo inglese dichiarò la sua contrarietà a questa riforma.
190 Owens x. Xxxxx [2017] EWCA Civ 182.
Parliament - our role is only to interpret and apply the law that Parliament has given us”.
L’invito della Corte è stato finalmente accolto191 e nel 2022 è entrato in vigore il Divorce, Dissolution and Separation Act, subito acclamato per avere finalmente determinato il superamento del divorzio per colpa in Inghilterra.
Se già prima della riforma la procedura di divorzio era ritenuta “quasi- administrative”192, attualmente il ruolo del giudice nel procedimento di divorzio è ulteriormente ridotto.
La domanda viene presentata attraverso la compilazione di specifici moduli, che consentono alla parte ricorrente di esprimere la sua volontà di porre fine al matrimonio e dichiarare lo stato di irrimediabile compromissione della relazione familiare; il compito del giudice è solo quello di controllare la correttezza della dichiarazione resa, che non necessita di ulteriori prove e non richiede alcuna verifica nel merito delle circostanze dedotte. 193
Il necessario e unico presupposto è rimasto l’“irretrievable breakdown of the marriage” ai fini dell’ottenimento del divorzio, ma senza che sia più necessaria la dimostrazione di specifici comportamenti dell’altra parte. La sola dichiarazione circa l’irrimediabilità della crisi e l’intollerabilità della convivenza, infatti, sarà sufficiente a darne dimostrazione e potrà provenire da una sola parte, ma anche da
191 Già nell’autunno del 2018 il segretario alla Giustizia aveva indetto una consultazione e, a seguito del plebiscitario consenso ad una riforma della legge sul divorzio, nel 2019 è stato confermato l’inserimento di un progetto di legge in materia nella successiva sessione parlamentare.
192 XXXXXXXX M. Familial relationships: entrances and exits in BRINIG, M., International Survey of family law, 2019, p. 92.
193 Ai sensi della section 1 del Divorce, Dissolution and Separation. Act, “The court dealing with an application under subsection 1 must:
(a)take the statement to be conclusive evidence that the marriage has broken down irretrievably, and
(b)make a divorce order.”
entrambe in un ricorso congiunto, e non potrà essere contestata dal coniuge convenuto.
Nonostante la lunga attesa e il ritardo194 rispetto all’insorgenza delle prime critiche circa l’inadeguatezza della precedente normativa, la riforma ha finalmente concretizzato anche in materia di divorzio la valorizzazione della volontà degli individui all’interno della famiglia, realizzando “the avowed aims of a humane divorce law which is to strive for a balance between buttressingn the stability of marriage and allowing those couples whose marriage have broken down to leave the relationship with the minimum of bitterness and distress”.195
Inoltre, anche in vista dello scioglimento del matrimonio è riconosciuta alle parti la libertà di ridefinire l’assetto dei loro rapporti alla luce delle sopravvenute esigenze.
Gli accordi più diffusi sono quelli che hanno ad oggetto prestazioni patrimoniali a favore di uno dei coniugi, i maintenance agreements, e quelli che, più generalmente, determinano i complessivi diritti ed obblighi reciproci che i coniugi acquisiscono con lo scioglimento del matrimonio, i separation agreements.
I maintenance agreements non implicano il contestuale scioglimento del matrimonio o la separazione personale, e sono definiti dalla section 34 del Matrimonial Causes Act del 1973 “any agreement in writing made, whether before or after the commencement of this Act, between the parties to a marriage, being: (a) an agreement containing financial arrangements, whether made during the continuance or after the dissolution or annulment of the marriage; or (b) a
194 Le implicazioni connesse alla Brexit hanno distolto il Parlamento dalla riforma, rallentandone il percorso.
195Cfr. il Family Xxx Xxxx [HL] [Bill 82 of 1995/96] Divorce Law Reform Research Paper 96/42 del 21 Marzo 1996.
separation agreement which contains no financial arrangements in a case where no other agreement in writing between the same parties contains such arrangements”; essi possono contenere la previsione di obblighi di natura patrimoniale a carico di uno dei coniugi nei confronti dell’altro o dei figli, a titolo, appunto, di mantenimento.
La stessa legge, riprendendo alcuni principi già affermati dalle Corti e confermando l’approccio del sistema inglese all’autonomia privata in materia familiare, interviene per porre alcuni limiti all’autonomia privata al fine di garantire la tutela delle parti più deboli.
Un esempio è la previsione della nullità parziale di qualsiasi clausola di questi accordi che limiti il potere di una delle parti di agire in giudizio,196 ritenuta illecita “on ground of public policy”,197 o la previsione della possibilità che le Corti intervengano, su istanza di una delle parti, per modificare il contenuto degli accordi qualora venga loro dimostrato che “by reason of a change in the circumstances in the light of which any financial arrangements contained in the agreement were made or, as the case may be, financial arrangements were omitted from it (including a change foreseen by the parties when making the agreement), the agreement should be altered so as to make different, or, as the case may be, so as to contain, financial arrangements”, oppure che “that the
196 La section 34 afferma che: “if a maintenance agreement includes a provision purporting to restrict any right to apply to a court for an order containing financial arrangements, then— (a)that provision shall be void; but
(b)any other financial arrangements contained in the agreement shall not thereby be rendered void or unenforceable and shall, unless they are void or unenforceable for any other reason (and subject to sections 35 and 36 below), be binding on the parties to the agreement.”
Questa norma si ispira alla decisione del caso Xxxxx x. Xxxxx [1929] AC 601 e ai successivi conformi Xxxxxx x Xxxxxx [1979] AC 593 e Lasala x Xxxxxx [1980] AC 546.
197 Xxxxx x. Xxxxx [1929] AC 601
agreement does not contain proper financial arrangements with respect to any child of the family”.198
Ai sensi della section 35, inoltre, le Corti non potranno intervenire sull’accordo inserendo obblighi di natura patrimoniale o modificandone l’entità, qualora essi perdurino “beyond the death or remarriage of that party” mentre la section 36 stabilisce che, anche dopo la morte di una delle parti, le Corti possano intervenire sull’accordo su richiesta o nei confronti del suo personal representative.199
Per quanto riguarda invece i separation agreements, con questi accordi le parti stabiliscono i termini della loro separazione, rideterminando l’assetto familiare e i reciproci diritti ed obblighi dei coniugi senza il necessario coinvolgimento delle Corti, come peraltro ritenuto preferibile anche in dottrina,200 e dunque esclusivamente attraverso strumenti di diritto privato.
Tali accordi non sono soggetti al Matrimonial Causes Act, bensì regolati dalle norme generalmente valide in materia di contratti201 e possono avere contenuto ampio e variabile in base alle concrete esigenze di ciascuna coppia202.
Tipicamente, prevedono un obbligo di natura economica a carico di uno dei coniugi, a titolo di mantenimento di quello economicamente più debole, di cui può essere stabilito l’adempimento attraverso la corresponsione diretta, periodica o in unica soluzione, di una somma, oppure attraverso l’istituzione di un trust, di cui un coniuge è nominato beneficiario e che può essere soggetto a limiti o
198 Matrimonial Causes Act 1973, section 35.
199 Sul punto, cfr. XXXXXXX X., Il testamento nel diritto inglese, 1995, p. 407 ss.
200 Cfr. XXXXXXX P.M. Family Law, 1976, p. 164.
201 Come già accennato in materia di contract of marriage, i separation agreements non sono soggetti a requisiti di forma obbligatori ai fini della loro validità e, come tutti i contratti, possono essere inficiati dai tradizionali vizi della volontà e da undue influence. Essi saranno inoltre soggetti alle norme in materia di inadempimento contrattuale. Per una più completa analisi della disciplina inglese in materia di contratti si rinvia a CRISCUOLI G., Il contratto nel diritto inglese, 2001.
202 Cfr. XXXXXX X., I contratti paramatrimoniali in Common Law, 1997, p. 45 ss.
condizioni, ad esempio nel caso in cui il coniuge beneficiario contragga nuovo matrimonio203. Ancora, prevedono le modalità secondo cui le parti assolveranno al dovere di mantenere i figli dopo lo scioglimento del matrimonio, valutabili dalle Corti con riferimento al preminente interesse del minore.204 Infine, le parti hanno la massima libertà nello stabilire se e come redistribuire il loro patrimonio e dividere i beni comuni, soprattutto in considerazione dell’assenza di una precisa disciplina sull’attribuzione della proprietà dei beni acquistati in costanza di matrimonio e la conseguente applicazione delle regole in materia di proprietà dei beni, nonché dell’ampiezza dei poteri attribuiti alle Corti nel caso in cui la definizione dei rapporti patrimoniali avvenga in giudizio.
Per quanto riguarda, invece quegli accordi volti a regolare anticipatamente le condizioni dello scioglimento di un matrimonio, la dottrina inglese più risalente vi guardava con diffidenza ritenendo, con un ragionamento parzialmente simile a quello di parte della giurisprudenza e dottrina italiana (cfr. infra), che ciò potesse avere l’inaccettabile effetto di incoraggiare i divorzi.205
Questa posizione è stata progressivamente superata, ma è sopravvissuta più a lungo la diffidenza per quegli accordi che, prima che venga contratto il
203Secondo Xxxxxx v Aylesford [1884]14 QBD 792, la clausola che prevede il venir meno dell’obbligo di mantenere l’ex coniuge qualora quest’ultimo contragga un nuovo matrimonio o instauri una nuova relazione deve essere espressamente inserita nel testo dell’accordo e approvata e non può presumersi altrimenti.
204 Tradizionalmente era ritenuto nullo per contrarietà all’ordine pubblico qualsiasi accordo che prevedesse la rinuncia di uno dei genitori all’obbligo di mantenere i figli. Nonostante il Guardianship Act del 1973 abbia attenuato questa previsione, ammettendo questa rinuncia, anche parziale, resta fermo il limite del rispetto dell’interesse del minore, in forza del quale nessun accordo ad esso contrario potrà essere ritenuto eseguibile dalle Corti.
205 Nel 1848, decidendo il caso Xxxxxx x Xxxxxx [1848] I HL 538, la House of Lords affermò l’assenza di qualsiasi profilo di illiceità in un accordo che individui i termini di una separazione già in atto.
matrimonio, ne prevedano le condizioni di un futuro e solo eventuale scioglimento.
L’opinione più diffusa206 era che tali contratti andassero contro l’ordine pubblico, se non nel caso in cui una coppia già separata, volendo tentare una riconciliazione, prevedesse, al contempo, l’assetto familiare per il caso in cui questa fallisse207.
Solo nel 2009, con l’ormai notissimo caso Xxxxxxxxx v Granatino208, la Court of Appeal ha posto le basi per superare la nullità dei contratti prematrimoniali, confermate l’anno successivo dalla Supreme Court, che ha affermato che “the Court should give effect to a nuptial agreement that is freely entered into by each party with a full appreciation of its implications unless in the circumstances prevailing it would not be fair to hold the parties to their agreement”.
Il caso riguardava l’accordo sottoscritto prima del loro matrimonio, contratto in Inghilterra, da un banchiere francese e un’ereditiera tedesca, in forza del quale ciascuno dei coniugi rinunciava ad ogni pretesa o diritto sui beni di proprietà dell’altro, acquistati prima o durante il matrimonio.
La coppia, con due figli, aveva divorziato otto anni dopo e l’uomo, che aveva abbandonato il lavoro per dedicarsi alla carriera accademica, riducendo così notevolmente i suoi guadagni, aveva contestato la validità dell’accordo, voluto dalla moglie, deducendo lo squilibrio economico a vantaggio della donna e l’inevitabile influenza che, in quanto parte debole, aveva subito. La donna, per
000 Xxxxxxx x. Westmeath [1827] 6 B&C 200; Westmeath v Westmeath [1830] I DOW&CL 519 HL
207 In questo caso, veniva ritenuta prevalente la volontà di riconciliarsi, per favorire la quale veniva e ritenuto ammissibile che si stipulasse un accordo di questo tipo.
208 Xxxxxxxxx (formerly Granatino) vs Granatino [2010] UKSC 42
parte sua, deduceva l’assenza di un divieto normativo e la piena libertà e consapevolezza del marito al momento della sottoscrizione dell’accordo.
L’accordo, con una sola dissenting opinion,209 è stato ritenuto valido dalla Supreme Court, che ha affermato che nessun contratto avente ad oggetto diritti derivanti dal matrimonio, anche se stipulato all’estero, può essere considerato valido in Inghilterra se non in presenza di una serie di requisiti, ritenuti sussistenti nel caso in esame: prima dell’accordo, le parti dovranno avere consapevolezza delle reciproche situazioni patrimoniali e personali all’esito di una full disclosure, inoltre ciascuna parte dovrà essere assistita da un legale e la lingua in cui sarà redatto l’accordo dovrà essere nota ad entrambi210.
2.3. - Family mediation e procedimenti stragiudiziali
209 L’unica dissenting opinion è stata quella di Lady Xxxx, peraltro la componente della Supreme Court ad avere maggiore esperienza in materia di famiglia. Nella sua decisione ha dissentito con l’idea che i pre-nuptial agreements fossero generalmente considerati vincolanti ed eseguibili in giudizio, e non ne fosse rilevata la differenza rispetto agli accordi stipulati successivamente al matrimonio, richiamando il caso Xxxxxxx x. Xxxxxxx [2008] UKPC 64, da lei deciso, con il quale è stato affermato il principio in forza del quale solo per motivi di policy è ammesso che le Corti modifichino il contenuto di un post nuptial agreement. Inoltre Xxxx Xxxx, evidenziando il fatto di essere l’unica donna del collegio, ha posto l’attenzione sulla “gender dimension” della questione, esprimendo la sua preoccupazione per il fatto che le Corti potessero perdere di vista l’originario obiettivo degli accordi prematrimoniali e “deny the economically weaker spouse the provision to which she – it is usually although by no means invariably she – would otherwise be entitled”. Inoltre, pur condividendo l’idea della necessaria valutazione di ciascun accordo al fine di determinarne la rilevanza, Xxxx Xxxx non ha condiviso i criteri proposti per valutarli, temendo che da ciò potesse derivare una presunzione di generale validità e vincolatività e una conseguente limitazione del potere discrezionale delle Corti. Il diverso esame da lei proposto prevedeva di esaminare i pre-nuptial agreemets chiedendosi se “did each party freely enter into an agreement, intending it to have legal effect and with full appreciation of its implications? If so, in the circumstances as they now are, would it be fair to hold them to their agreement?”. Infine, secondo Xxxx Xxxx, c’è comunque un “irreducible minimum” di doveri e diritti scaturenti dal matrimonio che non dovrebbe essere modificabile dalla volontà delle parti, come il dovere di reciproco sostentamento e di mantenimento dei figli.
210 Cfr. XXXXXXXX X., ROYCE- GREENSILL A., Binding issues, in Family Law Journal, November 2011, pp. 12 ss.
Conformemente ai principi che hanno già ispirato la riforma delle civil procedure rules nel 1999, anche e soprattutto in materia familiare la soluzione giudiziale delle controversie deve restare una “last resort”211.
E nel rispetto di questo principio, prima della presentazione della domanda di divorzio, i coniugi hanno la possibilità di concludere dei separation agreement212, concordando le condizioni economiche e personali da fare valere dopo il loro divorzio, nonché di tentare la composizione della crisi familiare o il raggiungimento di un accordo sulle condizioni del divorzio attraverso la mediazione familiare.
Quest’ultima, ormai diffusa in tutta Europa, è comparsa per la prima volta proprio in Inghilterra, quando negli anni settanta si è diffuso il ricorso alla family mediation per favorire la conciliazione delle parti nell’ambito dei procedimenti promossi dinanzi alle giurisdizioni inferiori.
Nel 1971 venne emanata dal Presidente della Family division della High Court la Practice direction on matrimonial conciliation, che prevedeva che, nelle cause di divorzio, il giudice avesse facoltà di rimettere i coniugi al Divorce County Court Welfare Officer, che agiva come ausiliario del giudice e inoltre, successivamente si diffuse anche la prassi del tentativo di mediazione operato direttamente dal giudice.
211 Cfr. Access to justice: final report, sez. III, cap. 10, n. 2, il report conclusivo in materia di
Access to justice di Xxxx Xxxxx.
212 Attraverso questi accordi, le parti possono liberamente pianificare e concordare le conseguenze del loro divorzio, regolando i reciproci rapporti attraverso la previsione di obblighi di natura economica, ma anche relativi al mantenimento e alla crescita dei figli.
Nonostante già nel Both Report213 fosse emersa l’opportunità che le parti fossero assistite da un mediatore esterno nella determinazione dei loro rapporti familiari, solo a maggio del 1995 vennero diffusi dal governo inglese un Green paper in materia di mediazione come strumento di conciliazione in caso di crisi familiare e un White paper in materia di mediazione come strumento per favorire la comunicazione tra i coniugi. Ad essi seguì l’emanazione del Family law act del 1996, che ha introdotto e regolato definitivamente l’istituto della mediazione familiare.
Questa legge si basa sull’idea che la regolamentazione dei rapporti familiari debba tenere conto delle loro implicazioni sociali, psicologiche ed emotive e si ispira a due principi: “that the institution of marriage is to be supported” e “that the parties to a marriage which may have broken down are to be encouraged to take all practicable steps, whether by marriage counselling or otherwise, to save the marriage”.214
Per questo motivo, è previsto che prima della proposizione della domanda di divorzio, come condizione di procedibilità215, venga esperito un tentativo di mediazione, che ha inizio con un information meeting in cui vengono fornite alle parti informazioni e chiarimenti sulla procedura di divorzio e sulle sue implicazioni, come la tutela dei figli e le questioni economiche da affrontare.216
213 Il Report of the Committe on Matrimonial Causes Procedure di luglio del 1985, detto Both report dal nome del giudice incaricato di presiedere la Commissione.
214 Cfr. XXXXX, M., Osservazioni sul Family law act inglese del 1996, in Europa e dir. privato, 1999, p. 565
215Ai sensi della section 8 del Family law act “a party making a statement must (except in prescribed circumstances) have attended an information meeting not less than three months before making the statement”.
216 XXXXX, Divorce Reform - Peering auxilium into the future, in Family law journal, 1994, p. 564.