COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) GAMBARO Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia (MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) GRECO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(MI) ESTRANGEROS Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore (MI) ESTRANGEROS
Nella seduta del 12/12/2013 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La ricorrente chiede di accertare la violazione, nella fase precontrattuale e contrattuale, da parte dell’intermediario dei doveri informativi inerenti a contratti in derivati finanziari e di dichiarare, alternativamente, la nullità o l’annullabilità di tali contratti. Chiede, inoltre, il risarcimento del danno, da determinarsi in via equitativa, derivante dalla citata stipulazione e il rimborso delle spese legali, quantificate in Euro 500,00.
In particolare, con reclamo del 2 aprile 2013, negativamente riscontrato dall’intermediario il 31 aggio 2013, e con successivo ricorso all’ABF presentato in data 29 maggio 2013, la ricorrente evidenzia quanto segue:
- di essere conduttore dal 25 luglio 2003 di un contratto di leasing immobiliare stipulato con una società del gruppo di appartenenza dell’intermediario convenuto del valore originario di poco meno di 1 milione di Euro per effetto dell’intervenuta cessione, in tale data, del suddetto contratto;
- di aver stipulato con l’intermediario, in data 13 aprile 2007, un contratto di mutuo ipotecario decennale per € 600.000,00 “ di cui era previsto il rimborso periodico, con interesse mensile composto da una quota variabile, pari ad un dodicesimo del tasso annuo euribor 6 mesi, e da una quota fissa, pari ad un dodicesimo di 1,250% annuali”;
- in occasione della stipulazione del contratto di mutuo, di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto e su sua proposta un “contratto quadro in interest rate swap, opzione cap, opzione floor, opzione collar, swap option forward rate agreement per società o persone giuridiche qualificate” al fine di consentire alla ricorrente “di cautelarsi contro gli eventuali effetti delle variazioni del tasso d’interesse” riferite al suddetto mutuo;
- di aver stipulato con l’intermediario il contratto di tipo “interest rate swap” n. 503180328 “con decorrenza 22.03.2005 e termine 22.03.2010”, con capitale di riferimento € 1.000.000. Di aver sottoscritto un nuovo contratto di opzione di tipo Interest Rate Swap accrual con decorrenza 27 febbraio 2007 e termine 27 febbraio 2012 in sostituzione di altro contratto con decorrenza 17 marzo 2006 e termine 21 marzo 2011. Di aver sostituito anche quest’ultimo contratto con altro contratto Interest Xxxx Xxxx a tasso protetto con decorrenza 27 aggio 2010 e termine 27 maggio 2012, con capitale di riferimento di Euro 500.000 e con ammontare a debito di Euro 68.500 di cui l’intermediario ha preteso il pagamento.
Lamenta la ricorrente la violazione, da parte dell’intermediario, dei doveri informativi di cui all’art. 21 del T.U.F. e di buona fede “in occasione della stipula, rinegoziazione, estinzione, rimodulazione, sostituzione e/o trasformazione dei contratti derivati su tasso d’interesse” in parola. Xxxxxxx, al riguardo, come tali contratti siano stati “raccomandati” alla stessa dall’intermediario e siano stati presentati “come ancillari ed a scopo assicurativo, ma solo in apparenza serventi agli interessi del mutuatario”. Precisa la ricorrente come l’intermediario avesse riferito che i contratti de quo “si sarebbero comportati alla stregua di una garanzia di protezione contro il rischio di variazione del tasso di interesse inerente al contratto di leasing finanziario prima, e poi di mutuo, nell’esclusivo interesse della società”. Lamenta in particolare la ricorrente come la medesima non sia stata informata circa la rischiosità e la “vera natura” dei derivati in discorso.
Sotto altro profilo, la ricorrente lamenta altresì come l’intermediario avesse sottoposto alla propria firma documentazione attestante la propria qualifica di “operatore qualificato” nonché comprovante la ricezione da parte della stessa di informazioni circa l’inapplicabilità della normativa di tutela prevista dal T.U.F. per tale tipo di operatore. Precisa che, al momento della sottoscrizione dei contratti derivati de quo, non aveva mai operato “correntemente in strumenti finanziari derivati” e che, come risulta dall’analisi del profilo finanziario redatta dallo stesso intermediario, la stessa è “cliente al dettaglio, privo di qualsivoglia conoscenza in campo di strumenti finanziari anche complessi ed ovviamente pure della capacità di valutarne i principali rischi”.
Eccepisce altresì la ricorrente come, rispetto a quanto lasciato intendere dall’intermediario, i contratti derivati in questione non hanno finalità di copertura. Infatti, nella “proposta di rimodulazione con contratto di interest rate swap del 25.05.2010, l’intermediario ha affermato che il nozionale di contratti derivati aventi ad oggetto strumenti finanziari OTC su tassi d’interesse [...] è pari a € 1.000.000, nonostante l’esposizione debitoria [della ricorrente] verso l’intermediario, già dal 2007, si fosse ridotta quasi alla metà”.
Sulla base di tali premesse, la ricorrente chiede a questo Xxxxxxx quanto segue:
- di accertare la violazione dei doveri informativi da parte dell’intermediario in occasione della proposta, conclusione, esecuzione, scioglimento, rinegoziazione, rimodulazione del contratto quadro e dei singoli contratti in derivati esecutivi del primo;
- di dichiarare la nullità per assenza di causa o per assenza della volontà delle parti del contratto quadro e dei singoli contratti derivati condannando l’intermediario, nei limiti di competenza per valore, alla “restituzione di tutte le
somme percepite in base ai medesimi; alternativamente, di dichiarare l’annullabilità dei predetti contratti, previo accertamento dell’errore essenziale sulla natura ovvero sull’oggetto dei suddetti contratti, con conseguente condanna dell’intermediario alla restituzione delle somme percepite sulla base dei medesimi;
- in ogni caso, di accertare il diritto della ricorrente al risarcimento del danno patito nella misura da determinarsi equitativamente. In via subordinata rispetto alla dedotta domanda di nullità o di annullamento, disporre la compensazione tra il maggior credito risarcitorio accertato in capo alla ricorrente e la parte residua del credito di Euro 68.000 vantato dall’intermediario.
- disporre la condanna dell’intermedio alla refusione delle spese di consulenza legale di Euro 500,00.
In uno con il ricorso, la ricorrente ha depositato la seguente documentazione: all. A) copia reclamo; all. 1) scrittura 24 giugno 2003; all. 2) scrittura del 25 luglio 2003; all. 3) lettera intermediario 25 novembre 2003; all. 4) contratto di riscatto anticipato del leasing; all. 5) contratto di mutuo; all. 6) contratto quadro in strumenti derivati; all. 7) contratto di interest rate swap; all. 8 comunicazione intermediario; all. 9) contratto di interest rate swap accrual; all. 10) contratto di interest rate swap 25 maggio 2010; all. 11) piano di ammortamento; all. 12) analisi profilo finanziario della Società; all. 13) estratti conto con spese in derivati.
L’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni in data 27 agosto 2013. In via preliminare l’intermediario eccepisce l’improcedibilità del ricorso per molteplici motivi: per incompetenza per materia dell’ABF, posto che le richieste della ricorrente ineriscono operazioni in derivati finanziari e, in generale, servizi e attività d’investimento; per difetto di coincidenza del reclamo con il ricorso, facendo il reclamo esclusivo riferimento al “contratto quadro in derivati stipulato il 18.03.2005” e non anche ai contratti in derivati sottoscritti in esecuzione del medesimo il 18.03.2005, il 17.03.2006, il 23.02.2007, il 25.05.2010; per incompetenza per valore, essendo il valore delle somme di cui la ricorrente chiede la restituzione superiore al limite di competenza per valore dell’ABF; in quanto la domanda di annullamento dei contratti derivati implicherebbe una pronuncia costitutiva che esulerebbe dalla competenza dell’ABF; per incompetenza temporale, essendo il contratto di cui la ricorrente chiede la nullità o l’annullabilità stato stipulato anteriormente al 1° gennaio 2009.
Nel merito, l’intermediario osserva come la sola operazione che rientrerebbe nell’ambito della cognizione temporale dell’ABF sarebbe rappresentata dal derivato stipulato il 25 maggio 2010. Rileva come la ricorrente abbia dichiarato di essere “operatore qualificato” in occasione della sottoscrizione del contratto quadro del 18 marzo 2005, allorquando sono state dalla medesima fornite le informazioni relative alla propensione al rischio, agli obiettivi d’investimento e alla situazione finanziaria, ricevendo altresì il “documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari”. Osserva altresì come la ricorrente avesse esperienza in strumenti finanziari derivati, per averne in precedenza sottoscritti con lo stesso, il 18 luglio 2003 e il 26 febbraio 2004. Ciò premesso, l’intermediario deduce come i contratti derivati in questione siano “contratti di interest rate swap” finalizzati alla copertura del rischio di un eventuale andamento sfavorevole dei tassi d’interesse rispetto ad una posizione debitoria, risultando il nozionale di tali derivati coerente con l’indebitamento a tasso variabile della ricorrente. Con particolare riferimento al derivato stipulato il 25 maggio 2010, osserva come il prodotto “denominato tasso certo” integri uno strumento semplice finalizzato ad una copertura base, ed accessibile anche ad una clientela al dettaglio, priva di qualificate competenze finanziarie. Precisa che tale contratto è stato il frutto di una rimodulazione del “precedente contratto del 23 febbraio 2007 e ha
comportato la riduzione del nozionale a € 500.000 con addebito al cliente di € 68.500 quale costo di sostituzione e l’accensione del nuovo contratto che comportava un accredito al cliente, di pari valuta, di € 68.500”.
Sulla base di tali presupposti, l’intermediario, oltre ad eccepire l’improcedibilità del ricorso per le plurime ragioni sopra descritte, nel merito chiede il rigetto del ricorso, essendo stata documentata “la correttezza del proprio operato e l’assolvimento degli obblighi sul medesimo gravanti”.
In uno con le controdeduzioni, l’intermediario ha depositato la seguente documentazione: all. 1)lettera ufficio reclami 31 maggio 2013; all. 2) contratto quadro per l’operatività in derivati del 25 maggio 2010; all. 3) contratto di negoziazione del 18 marzo 2005; all. 4) Informazioni richieste alla cliente ai sensi della normativa Consob; all. 5) Contratti in derivati del 18 luglio 2003 e del 26 febbraio 2004; all. 6) Contratto di prestazione servizi di investimento 25 maggio 2010; all. 7) Centrale rischi; all. 8) Scheda prodotto derivato 25
maggio 2010; all. 9) Contratto tasso certo del 25 maggio 2010; all. 10) Estratto contro
5/2010; all. 11) Proposta estinzione derivato del 23 febbraio 2007; all. 12) Rendicontazione periodica derivato del 25 maggio 2010.
In data 5 dicembre 2013 la ricorrente ha presentato una replica alle controdeduzioni ribadendo la propria posizione.
DIRITTO
Preliminarmente al merito, il Collegio deve esaminare l’eccezione di improcedibilità del ricorso, in considerazione dei rilievi specificamente dedotti dall’intermediario in tema di incompetenza per materia e per valore e in tema di competenza temporale dell’ABF. Quanto alla incompetenza per materia, eccepisce l’intermediario come le richieste della ricorrente siano riferite ad operazioni in derivati finanziari e dunque a servizi e attività d’investimento che, ai sensi della Sez. I, par. 4, delle Disposizioni sui sistemi risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e sevizi bancari e finanziari, sono escluse dalla competenza per materia dell’ABF. La predetta eccezione, nel caso di specie, appare passibile di accoglimento.
La Sez. I, par. a) delle suddette disposizioni della Banca d’Italia esclude la competenza dell’ABF per quelle controversie attinenti ai servizi ed attività di investimento ovvero ai servizi che non siano assoggettati al titolo VI del TUB.
Ciò premesso, non v’è dubbio che i contratti derivativi integrino servizi ed attività di investimento, essendo “strumenti finanziari” ai sensi dell’art. 1, comma 2°, lett. e), f), h), j) del D.Lgs. n. 58/1998 la cui relativa attività di collocamento (i.e. di sottoscrizione) integra, appunto, “servizi e attività di investimento” ai sensi dell’art. 1, comma 5° D.Lgs. 58/1998.
Più complessa appare la verifica della seconda parte della Sez. I, par. a) della suddetta previsione regolamentare, cioè quella volta ad appurare se, per i contratti in derivati dedotti in causa, trovi applicazione, o meno, il Titolo VI del TUB.
Come previsto dalla sez. 1 par. 1.1 delle Disposizioni Banca d’Italia sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari (da ora in poi, Disposizioni), può trovare applicazione il Titolo VI del TUB per la sottoscrizione di contratti oggetto di servizi e attività di investimento (nel caso di specie contratti in derivati) nel solo caso in cui tali contratti siano inseriti in “prodotti composti la cui finalità esclusiva o preponderante non sia di investimento”. La sez. 1 par. 3 delle Disposizioni precisa che per “prodotti composti” debbono intendersi quegli “schemi negoziali composti da due o più contratti tra loro collegati che realizzano un'unica operazione economica”.
Ciò premesso, affinché si verifichi l’effetto dell’applicazione del Titolo VI del TUB ad un “servizio di investimento”, al quale consegue la competenza dell’ABF a valutare il rispetto da parte dell’intermediario della suddetta normativa anche per tale componente di
“investimento” del prodotto bancario, occorre che il “servizio di investimento” sia compreso nel singolo schema negoziale predisposto dall’intermediario, schema che preveda più contratti fra loro collegati che, complessivamente, esprimano una finalità (esclusiva o preponderante) diversa da quella di investimento.
Il riferimento agli “schemi negoziali” espresso nella definizione di “prodotti composti” è tale da individuare l’unicità dell’offerta del singolo prodotto, così composto. Ed è in tal senso che le medesime Disposizioni, al par. 3 sez. II, dispongono che “Nel caso di prodotti composti, gli intermediari predispongono un unico foglio informativo, relativo a tutte le componenti del prodotto offerto. Per i prodotti composti che includono componenti non disciplinate dalle presenti disposizioni (ad esempio, perché aventi natura assicurativa), il foglio informativo rinvia agli eventuali strumenti di trasparenza per esse stabiliti dalle normative di settore. In ogni caso, il foglio informativo riporta tutti i costi che il cliente deve sostenere, a qualsiasi titolo, in relazione al prodotto composto”.
Ciò premesso, un primo elemento costitutivo del “prodotto composto” ai sensi delle Disposizioni deve ravvisarsi nella contestualità dell’offerta e della sottoscrizione delle differenti componenti del prodotto e ciò al di là del format contrattuale proposto dall’intermediario (cioè che i due contratti siano compresi in un unico modulo contrattuale o meno). Un secondo elemento costitutivo è invece rappresentato dal collegamento negoziale fra le due componenti volte a realizzare un’unica “operazione economica”. In mancanza del primo, ovvero, del secondo presupposto, ai fini della applicazione della disciplina di trasparenza bancaria ed ai fini della conseguente individuazione della competenza, o meno, dell’ABF a decidere nel merito della componente “di investimento”, non potrà giammai ravvisarsi la sussistenza di un “prodotto composto” e dunque dovrà essere negata la relativa competenza dell’ABF.
Nel caso di specie, entrambi i presupposti sopra menzionati non appaiono sussistere. Il contratto quadro in derivati depositato sub all. 6 ricorrente riporta la data del 18 marzo 2005 e risulta anteriore di due anni al contratto di mutuo del 13 aprile 2007 (all. 5 ricorrente). Anche il collegamento negoziale (e dunque il rapporto di correlazione) tra il mutuo e l’Interest Rate Swap Accrual del 23 febbraio 2007 non appare coerente essendo il mutuo stipulato per un valore capitale di 600.000,00 Euro ed ammontando il Capitale di Riferimento del derivato ad Euro 1.000.000,00.
Deve peraltro osservarsi come nelle premesse al contratto quadro sopra menzionato non possa ravvisarsi un collegamento negoziale espresso con rapporti di finanziamento specificamente individuati e, comunque, intercorrenti con l’intermediario, facendosi in tale sede generico riferimento a “operazioni commerciali o finanziarie dalle quali derivano posizioni creditorie o debitorie, in Euro o in valuta, rispetto alle quali (la ricorrente) intende cautelarsi” e prevedendosi, all’art. 1, che “Eventuali successivi mutamenti delle esigenze e motivazioni che hanno indotto le Parti a concludere il contratto-quadro e ciascun contratto derivato specifico su tassi di interesse non influiscono e non hanno effetto alcuno sulla validità e sull’efficacia dei singoli contratti derivati specifici su tassi di interesse”. Al di là della effettiva opponibilità di tali previsioni fra le parti, ai fini che qui ci occupano, i contenuti sopra indicati non possono convergere nel senso di individuare i presupposti per il riconoscimento della natura composta del prodotto asseritamente costituito, da un lato, da un finanziamento riconosciuto dall’intermediario alla ricorrente e, dall’altro, dai derivati sottoscritti, secondo la narrazione della ricorrente, ad esclusivo fine di copertura.
È, in altri termini, evidente lo iato temporale e sostanziale fra le due componenti e la non
riconducibilità dell’operazione derivativa nel quadro di una funzione geneticamente ancillare al finanziamento: sicché non può riconoscersi, in una prospettiva ontologica prima ancora che giuridica, una ricercata e strutturale combinazione dei due prodotti capace di relegare lo swap ad un mero segmento compositivo del prevalente prodotto
finanziario (come si verificherebbe, viceversa, nel caso in cui il supposto prodotto complesso “incorporasse” ab origine il derivato in una prospettiva funzionale del tutto correlata e inequivocabilmente servente rispetto allo specifico finanziamento).
L’accoglimento dell’eccezione di improcedibilità del ricorso per insussistenza dell’ambito oggettivo di competenza dell’ABF assorbe ogni altra domanda ed eccezione proposta dalle parti.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio dichiara la non procedibilità del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1