Indubbiamente il contratto 1 ha assunto un ruolo centrale nel sistema
CONTRATTO E MERCATO
Sommario
1. Specializzazione e mercato. – 2. Specializzazione e dipendenza. – 3. Contratto e costi transattivi. – 4. Contratto e giustizia contrattuale. – 5. Gli effetti del contratto.
1. Specializzazione e mercato
Indubbiamente il contratto 1 ha assunto un ruolo centrale nel sistema
1 La bibliografia sul contratto è praticamente sterminata; in questa sede ci si limita a ri- cordare le opere più significative: X. XXXXXX, Teoria del negozio giuridico, Padova 1947; X. XXXXXXX XXXXXXX, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli s.d.; E. XXXXX, Teo- ria generale del negozio giuridico, 2a ed., Torino 1950; X. XXXXXXXX, Il contratto in genere, 2 voll., in Tratt. dir. civ., dir. da Cicu e Mesineo, Milano 1972, 1973; X. XXXXXXXXXXXX, Con- tratti in generale, in Tratt. dir. civ., dir. da Grosso e Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx, 3a ed., Milano 1972;
X. XXXXXXXXX, Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ., 1321-1469, 3a ed., Torino 1980; CARRESI, Il contratto, 2 voll., in Tratt. dir. civ., dir. da Cicu e Messineo, Milano 1987; X. XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, II, 1, 3a ed., Padova 1999; Il contratto in generale, più volumi, in Tratt. dir. civ., dir. xx Xxxxxxx, XIII, Torino 1999, 2007; C.M. XXXXXX, Diritto civi- le, III, Il contratto, 3a ed., Milano 2019, su cui AA.VV., Riflessioni sul contratto. In occasione della 3a ed., del volume “Il contratto”, in RDC, 2020, 561-680; R. XXXXX, X. DE NOVA, Il con- tratto, 4a ed., Milano 2016; ID., Il contratto, in Tratt. dir. civ., dir. da Xxxxxxxx, Milano 2018; I contratti in generale, 2 voll., a cura di X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, 2a ed., Torino 2006; Tratta- to del contratto, a cura di X. XXXXX, 6 voll., Milano 2006; X. XXXXX, Contratto e buona fede, Torino 2009; con recensione di ABAS, in RTPC, 2010, 1005, nonché in RDC, 2011, 137-142, con recensione di XXXXX, in RIDC, 2011, 166; X. XXXXX, Trattato del contratto, 3 voll., Torino 2010; ID., Contratto e buona fede, 2a ed., Torino 2014, con recensione di ABAS, in RDC, 2016, 449; X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. dir. priv., dir. da Iudica e Zatti, 2a ed., Milano 2011; AL- PA, Le stagioni del contratto, Bologna 2012, con ampia recensione di X.X. XXXXX, Le stagioni del contratto e le idee di Xxxxx Xxxx, in RDCo, 2013, I, 205-244; XXXXXXX, MORELLO (a cura di), Lezioni di diritto civile, 2a ed., Milano 2013; ALPA, Il contratto in generale, I, Fonti, teorie, metodi, in Tratt. dir. civ., dir. da Cicu e Messineo, Milano 2014, con recensione di GRONDO- NA, A proposito del contratto di Xxxxx Xxxx, in RTDPC, 2016, 285-296; si vedano inoltre i commenti di: GATT, SENSALE, DE NOTARISTEFANI DI VASTOGIRARDI, IACCARINO, CAGGIANO, ALPA in NGCC, 2018, II, 1135-1167 e di BRUTTI, La storicizzazione del diritto contrattuale, in NGCC, 2019, II, 601-611; BALESTRA, Introduzione al diritto dei contratti, Bologna 2015; ALESSI, La disciplina generale del contratto, Torino 2015, con presentazione di XXXXXXXXX,
in RTDPC, 2017, 333-337; PERFETTI, Il contratto in generale, II, La conclusione del contratto, in Tratt. dir. civ., dir. da Cicu e Messineo, Milano 2016; X’XXXXX, Profili del nuovo diritto dei contratti, Milano 2014; POLLICE, Appunti sulla parte generale del contratto, Torino 2014; ALESSI, La disciplina generale del contratto, Torino 2015; BALESTRA, Introduzione al diritto dei contratti, Bologna 2015; E. XXXXXXXXX, Studi sulle tutele contrattuali, Milano 2017; CER- NIGLIARO (a cura di), Death of Contract?, Napoli 2017; GUAGLIONE, Il contratto. Sistema di diritto civile, Torino 2018; A. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Il contratto, Napoli 2019; DE NOVA, Arbitrato, contratto, danno, Torino 2019.
Sterminata è altresì la letteratura negli altri Paesi; si rinvia a questo proposito a: P. GAL- LO, Introduzione al diritto comparato, II, Istituti giuridici, 2a ed., Torino 2003, 1-209; nonché a: X. XXXXX, Sopravvenienza contrattuale e problemi di gestione del contratto, Milano 1992.
Si vedano inoltre: XXXXXX, An Introduction to the Law of Contract, 5a ed., Oxford 1995; XXXXXXX, The Richness of Contract Law, Dordrecht 1997; ERRANTE, Le droit anglo-améri- xxxxx des contrats, 2a ed., Paris 2001; XXXXXXX, Il contratto in Cina e Giappone nello specchio dei diritti occidentali, Padova 2004; ALPA, DELFINO (a cura di), Il contratto nel common law inglese, 3a ed., Padova 2005; XXXXXXXXXX, The German Law of Contract, 2a ed., Oxford 2006; KLASS, Contract Law in the Usa, New York 2010; XXXXXXXXX, XXXXXXXXX, XXXXXXXXX, Contract Law in Russia, Oxford 2014; XXXXX, The Law of Contract 1670-1870, Cambridge 2015; XXXXXXXXX, Accordo e contratto in diritto attico, in Studi De Nova, II, Milano 2015, 1511-1556; XXXXXXXXXX, Il diritto inglese dei contratti. Una presentazione per il civil lawyer, in CeI, 2017, 819-839; X. XXXXXXXXX, X.X. XXXXXXX, Il contract in Inghilterra. Lezioni e ma- teriali, Torino 2012; MONATERI (a cura di), Comparative Contract Law, Cheltenham, UK, 2017; AA.VV., La riforma dei contratti in Francia, a cura di E. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, in GI, 2018, 1216-1318.
Sul diritto europeo dei contratti: XXXXXX, Il nuovo diritto europeo dei contratti, tra effi- cienza ed uguaglianza. Regole dispositive, inderogabili e coercitive, in RCDP, 1999, 624; CA- SUCCI, Il principio di proporzionalità nell’ordinamento comunitario, Napoli 2000; CASTRONO- VO, Il contratto nei principi di diritto europeo, in EuDP, 2001, 798; ID. (a cura di), Principi di diritto europeo dei contratti, Milano 2001; XXXXXXXXX (a cura di), Il contratto e le tutele, To- rino 2002; ID., Il contratto di diritto europeo, 2a ed., Torino 2015; SICCHIERO, Tramonto della causa del contratto?, in CeI, 2003, I, 100; RASCIO, I principi di diritto europeo e la causa del contratto, in EuDP, 2003, 255; XXXXXXXXXX, Diritto comunitario e trasformazioni del contrat- to, Napoli 2003; NIGLIA, The Transformation of Contract in Europe, The Hague 2003; X. XXXXXX, La disciplina dell’invalidità nei principi europei di diritto europeo dei contratti, Napo- li 2005, 98 ss., 122 ss., 149 ss.; ALPA, XXXXXXX, Fondamenti del diritto privato europeo, Mila- no 2005; X. XXXXXX, La disciplina dell’invalidità nei principi di diritto europeo dei contratti, Napoli 2005; XXXXXXXX, GATT (a cura di), Contratto e diritto uniforme, Napoli 2005; BUSSANI, Libertà contrattuale e diritto europeo, Torino 2005, con recensione di COSTA, in RIDC, 2007, 441; ID., Faut-il se passer du common law (européen)? Réflexions sur un code civil continen- tal dans le droit mondialisé, in RIDC, 2010, 7; XXXXXX, XXXXXXXX, Le contrat en droit privé européen, Lichtenham 2006; KOTZ, PATTI, Diritto europeo dei contratti, Milano 2006; 2a ed., Milano 2017; PASA, XXXXX, XXXXXXXXXX, Diritto contrattuale europeo, Torino 2007; XXXXX, Un droit européen por quel contrat?, in RIDC, 2007, 475; PANETTI, Autonomia contrattuale e persone nella dialettica tra diritti sociali e libertà individuali: un percorso europeo, in RDC, 2007, I, 517; SINESIO, Note in tema di armonizzazione del diritto contrattuale e sviluppo, in Studi Comporti, III, Milano 2008, 2505; HESSELINK, The Common Frame of Reference as a Source of European Private Law, in 83 Tul. L.R., 2008, 919; ID., Democratic contract law, in ERPL, 2015, 81-126; ALPA, JUDICA, ZATTI, XXXXXX, Il draft common frame of reference, Pado- va 2009; XXXXXXX, La réforme du droit francais des contrats; trois projets en concurrence, in Liber amicorum Xxxxxxxxx, Paris 2009; XXXXXXXX, TAJTI (a cura di), The Case Law of Cen- tral and Eastern Europe, Enforcement of Contracts, 2 voll., Berlin, London 2009; MASCH, MAZEAUD, XXXXXXX (a cura di), Nouveaux défis du droit des contrats en France et en Europe,
giuridico, al pari del resto del mercato nel sistema economico; la centrali- tà del contratto e del mercato sono peraltro eventi relativamente recenti; è solo nell’epoca moderna che il contratto e come conseguenza ulteriore il mercato, inteso come luogo in cui hanno luogo gli scambi, ha assunto una crescente rilevanza.
Molto diversa era la situazione nel medio evo, quando gli scambi erano molto rarefatti ed ogni nucleo famigliare tendeva nei limiti del possibile
Monaco 2009; DE CRISTOFARO (a cura di), I principi del diritto comunitario dei contratti, To- rino 2009; LORENZ, Prospettive del diritto europeo dei contratti: la violazione di un obbligo, in RDC, 2010, I, 93; XXXXXXXX, Le contrat en droit privé européen. Exercises de comparaison et d’harmonisation, 2a ed., Xxxxxxx and Lichtenhahn 2010, con recensione di FAUVARQUE- XXXXXX, in RIDC, 2012, 601; XXXXXXX, MARRELLA, Diritto del commercio internazionale, Padova 2011; WADDAMS, Principle and Policy in Contract Law, Cambridge 2011; HOGG, Promises and Contract Law, Cambridge 2011; R. CERCHIA, X. XXXXXXXXX, Il contract in In- ghilterra, Torino 2012; FERRARI, LAGHI, Diritto europeo dei contratti, Milano 2012; GIROLA- MI, Modernità e tradizione nel diritto dei contratti: i progetti di riforma del Code Napoleon nel- la prospettiva del giurista italiano, in RDC, 2012, I, 243-292; ID., L’artificio della causa con- tractus, Padova 2012, 26 ss.; Il DCFR: lessici, concetti e categorie nella prospettiva del giurista italiano, a cura di X. XXXXXXXXX, Torino 2012; CABRILLAC, Droit européen comparé des con- trats, Paris 2012; XXXXXXX, XXXXXX, TERRYN (Eds.), The Draft Common Frame of Reference: National and Comparative Perspectives, Cambridge 2012; PATTI, Autonomia contrattuale e diritto privato europeo, in CeI, 2013, 633; ABAS, Proposta per una modernizzazione del diritto delle obbligazioni e dei contratti in Spagna, in RDC, 2014, 163-166; ID., Un nuovo diritto delle obbligazioni in Svizzera, in RDC, 2014, 675-684; X. XXXXXX, Problemi del contratto e diritto privato europeo, Napoli 2014; XXXXXXX, Il diritto dei contratti: la riforma all’orizzonte, in RDC, 2014, 800-849; ALPA, Réflexions sur le projet francais de réforme du droit des contrats, in RIDC, 2015, 877-899; XXXXXXXX, SPRAGUE, Common Law Contract Law, A Practical Gui- de for the Civil Law Lawyer, Milano 2015; KLESTA, La riforma francese del diritto delle obbli- gazioni: un atelier per il diritto codificato?, in NGCC, 2016, II, 1543-1551; XXXXXXX XXXXXXX (a cura di), Derecho Contractual Comparado, 2 voll., 3a ed., Civitas, Spagna 2016; XXXXXXXXX, L’influence du droit européen et international des contrats sur la réforme francaise du droit des obligations, in RIDC, 2017, 758-777; FOKOU, La réforme du droit francais du contrat: innova- tions et aspects comparatifs avec le droit québecois, in RIDC, 2018, 811-835; XXXXXX, XXX- XXXXXXX (a cura di), Commentaries on European Contract Laws, Oxford 2018, con recen- sione di XXXXXXXXX, in RDC, 2018, 1557-1561.
Su altri ordinamenti: XXXXXXX, La vera teorica dei contratti discussa secondo la lettera e lo spirito del codice civile generale austriaco, Milano 1824; XXXXXXXXXXX, TOTI, Leggi tradotte della Repubblica Popolare Cinese: legge sui contratti, Torino 2002; BENCHENEB, Le droit algé- rien des contrats. Données fondamentales, Dijon 2011, con recensione di SALEM, in RIDC, 2012, 595; XXXXXXXXX, YAKOLEVA, XXXXXXXXX, Contract Law in Russia, Oxford 2014; HOLLE, Le projet d’Xxx Xxxxx sur le droit nordique des contrats, in RIDC, 2017, 779-805; sul carattere relazionale del diritto contrattuale in Cina e Giappone: FONDRIESCHI, Contratti relazionali e tutela del rapporto contrattuale, Milano 2017, 80 ss.; DI XXXXXX, Chinese Con- tract Law, Cambridge 2018; SONO XXXXXXX, PARDIECK, SAIGUSA, Contract Law in Japan, Alphen aan den Rijn 2019; YINGYI, Le nouveau droit chinois des contrats: Dans une perspec- tive comparative, in RIDC, 2019, 983-1001.
Notevole rilevanza rivestono inoltre i Principi Latino-Americani del Diritto dei contratti: DE LA MAZA, XXXXXXX, XXXXX, Los principios latinoamericanos de Derecho de los contratos, Madrid 2018; SIRENA, I Principios Latinoamericanos de Derecho de los Contratos e il diritto nazionale dei consumatori, in ODCC, 2019, 3-18.
all’autosufficienza; gli scambi erano in altre parole ridotti ai minimi ter- mini e ciascun nucleo familiare era costretto a produrre tutto quello di cui vi era bisogno; cibo, vestiario, utensili, e così via. Questo spiega perché nel diritto intermedio il diritto dei contratti non era molto sviluppato ed i trattatisti dedicavano viceversa ampio spazio alle successioni per causa di morte; in una società statica, come era quella medioevale, del resto le suc- cessioni per causa di morte erano il principale strumento di trasferimento della ricchezza da una generazione all’altra; di qui il sorgere di una miria- de di potenziali conflitti tra tutti gli aspiranti successori.
In seguito, tutto si è gradualmente modificato; dopo la rinascita del- l’anno mille si nota in tutta Europa un miglioramento generalizzato delle condizioni della vita materiale, al quale si associa un progressivo sviluppo dei commerci e dei traffici 2; la possibilità di scambiare i propri prodotti o manufatti con quelli degli altri ha progressivamente accresciuto la centra- lità del mercato e come conseguenza ulteriore del contratto, fino a farli diventare il cardine del sistema economico moderno. L’economia moder- na, diversamente rispetto a quella medioevale, si connota per una pro- gressiva specializzazione del lavoro; nessuno produce più tutto quello di cui ha bisogno, ma piuttosto ci si specializza nella produzione di un bene o di un servizio, confidando nella presenza del mercato per scambiarlo con gli altri prodotti di cui si ha bisogno.
Mentre l’economia medioevale era un’economia chiusa, che tendeva al- l’autosufficienza, l’economia moderna è tendenzialmente aperta; questo ovviamente implica una progressiva specializzazione del lavoro; mentre cioè nel medioevo ciascun contadino produceva, nei limiti del possibile, tutto il cibo, gli utensili ed il vestiario di cui aveva bisogno, attualmente ciascuno di noi tende a specializzarsi nella produzione di un bene o di un servizio; basti per esempio pensare al panettiere, al macellaio, al ciabatti- no e così via; può anzi ravvisarsi una progressiva tendenza alla specializ- zazione, che a sua volta si giustifica considerando i vantaggi che essa può comportare; la specializzazione è efficiente dato che consente di produrre meglio e di più; tanto più elevata è la specializzazione tanto maggiore è la quantità e la qualità dei beni e dei servizi prodotti; la specializzazione, unitamente al progresso tecnologico, è infatti una delle principali cause dell’incremento della produttività del lavoro; a parità di ore lavorate au- menta in altre parole la quantità di beni o servizi prodotti, con conseguen- ti vantaggi sia individuali che collettivi; la specializzazione è cioè una leva che consente di aumentare le dimensioni della torta, vale a dire il prodotto interno lordo (PIL) e questa è la ragione principale per cui la specializza- zione tende ancora ad aumentare. Ma si pensi ancora a tutta una serie di beni molto sofisticati, come per esempio le automobili, i telefonini, i com-
2 X. XXXXX, Introduzione al diritto comparato, I, Grandi sistemi, 2a ed., Torino 2001.
puter e così via che non potrebbero essere prodotti senza la specializza- zione, senza cioè persone che hanno la possibilità di dedicarsi esclusiva- mente alla produzione di questa tipologia di beni in quanto liberati dal- l’onere di prodursi direttamente il cibo, il vestiario e tutto il resto di cui hanno bisogno per vivere; esiste in altre parole un rapporto di proporziona- lità diretta tra il grado della specializzazione da un lato ed il livello della produzione dall’altro lato; più ci si specializza più si produce; proprio que- sta del resto è la ragione per cui lo sviluppo dell’economia moderna è avve- nuto di pari passo con la progressiva specializzazione del lavoro; può anzi dirsi che la crescente specializzazione del lavoro è sicuramente una delle ragioni principali del crescente sviluppo economico delle società moderne.
La progressiva specializzazione del lavoro è altresì la causa della cre- scente centralità del mercato e del contratto. Non sarebbe infatti possibile specializzarsi nella produzione di un certo bene, e quindi produrre meglio e di più, se poi non fosse possibile trovare sul mercato tutti gli altri beni di cui si ha bisogno per vivere; in altre parole, il panettiere non potrebbe pro- durre solo pane, se poi non fosse in grado di reperire sul mercato, tutti gli altri beni di cui ha bisogno, come per esempio la carne, i vestiti, e così via.
La specializzazione non sarebbe in altre parole possibile senza il mer- cato e come conseguenza ulteriore il contratto; questo spiega il perché del- la crescente centralità del mercato e del contratto nei moderni sistemi economici; il mercato tende anzi a diventare sempre più globale; si tenta di abbattere le barriere e agevolare gli scambi in ambiti territoriali sempre più vasti; basti per esempio pensare alla creazione dell’Unione Europea, all’introduzione di una moneta unica, nonché alla progressiva uniforma- zione del diritto in Europa; il che è ovviamente funzionale al progressivo sviluppo del mercato, il che a sua volta consente di sfruttare al meglio le rispettive specializzazioni, capacità e competenze, in una dimensione ter- ritoriale sempre più vasta che passa dal villaggio, alla regione, allo stato alle confederazioni di stati ed infine al mondo.
Più aumenta la specializzazione, più aumenta il livello e la qualità della produzione globale; questo non sarebbe però ovviamente possibile senza il mercato, inteso come luogo in cui sono possibili gli scambi, e senza il con- tratto, inteso come mezzo che rende possibile lo scambio.
2. Specializzazione e dipendenza
Il rovescio della medaglia della specializzazione è però costituito dalla dipendenza; ciascuno di noi è in misura maggiore o minore specializzato nella produzione di un certo tipo di beni o servizi; il panettiere produce esclusivamente pane, il macellaio carne e così via; il che è possibile pro- prio perché ciascun operatore economico è in grado di vendere sul merca-
to i suoi prodotti e procurarsi con il ricavato tutti i beni e servizi di cui ha bisogno; il panettiere non potrebbe in altre parole sopravvivere senza il macellaio, e così via; il livello della specializzazione ha in altre parole or- mai raggiunto un livello tale per cui nessuno di noi sarebbe in grado di sopravvivere, se non per un breve periodo di tempo, senza gli altri; pro- viamo ad immaginare cosa potrebbe succedere se improvvisamente cia- scuno di noi dovesse procurarsi da solo tutto quello di cui ha bisogno, dal cibo al vestiario, alla casa, al combustibile, e così via? Si tratterebbe di una rivoluzione radicale che ci farebbe ripiombare in brevissimo tempo nell’età della pietra; non tutti riuscirebbero a sopravvivere, con un abbas- samento notevolissimo del livello del tenore di vita e con tutte le altre con- seguenze che questo potrebbe comportare! Eppure per millenni gli uomi- ni c.d. “primitivi” sono riusciti a sopravvivere di sola caccia e raccolta, dando prova forse di maggior abilità, acume ed intelligenza di quella che potremmo avere noi oggi se improvvisamente ci trovassimo nella necessi- tà di sopravvivere cacciando gli animali nei boschi o pescando i pesci nei fiumi con il solo ausilio delle mani e di utensili rudimentali.
Tornare indietro sarebbe peraltro impensabile! Questo significa però essere consapevoli del progressivo grado di dipendenza che ci lega agli al- tri e del fatto che ben difficilmente potremmo sopravvivere da soli, senza il ricorso al mercato ed al contratto. Attualmente non sarebbe infatti pra- ticamente possibile sopravvivere senza concludere contratti; si pensi per esempio a quanti contratti devono essere conclusi affinché noi possiamo mangiare un piatto di spaghetti! Sicuramente innumerevoli; ne consegue che se una persona è molto attenta potrebbe fare a meno per esempio del- la responsabilità civile; ma si pensi ancora alla disciplina del matrimonio, se una persona non si sposa può benissimo fare a meno del matrimonio; sono dunque sicuramente innumerevoli le cose di cui volendo è possibile fare a meno; non altrettanto è possibile dire a proposito del contratto, il quale attiene alla possibilità stessa di sopravvivenza delle persone, le quali non potrebbero sopravvivere da sole; in questa prospettiva il contratto è dunque lo strumento che consente la collaborazione delle persone; cia- scuno agendo per soddisfare i suoi bisogni contribuisce inconsapevolmen- te al benessere dell’intera umanità e questo è reso possibile per l’appunto dal contratto. Si provi a pensare al numero di contratti che inevitabilmen- te concludiamo nell’arco di una giornata, per non parlare a quelli che ven- gono conclusi nell’arco di un’intera vita, sicuramente migliaia, forse mi- lioni! Ma se è vero è che non è possibile fare a meno degli altri e quindi come conseguenza ulteriore del contratto, ne consegue che il contratto è una specie di droga della quale non più possibile fare a meno; se improv- visamente non venissero più stipulati contratti il sistema economico si fermerebbe al pari di un motore al quale non venga erogato il carburante!
Si consideri ancora la dipendenza reciproca che in questo modo viene
a crearsi tra le persone, le quali non sarebbero più in grado di sopravvive- re da sole, senza cioè poter usufruire dei beni e dei servizi prodotti dagli altri; il che implica anche la necessità di fidarsi degli altri, ovvero di fidar- si del fatto che il panettiere mi venderà il pane, il macellaio la carne e così via; in genere sempre meno persone producono il cibo di cui hanno biso- gno per vivere; questo significa fidarsi del fatto che altri lo produca al no- stro posto e soprattutto sia disposto a vendercelo per un prezzo ragionevo- le; nessuno ovviamente può costringere il panettiere a vendergli il pane, il macellaio a vendergli la carne e così via; se non lo facessero noi ovviamen- te non potremmo soddisfare il bisogno in questione, salva la possibilità di rivolgerci ad altri operatori sul mercato, se presenti; in genere il bisogno è peraltro prontamente soddisfatto, dato che è reciproco; anche il panettiere ha bisogno di concludere il contratto, dato che solo concludendo contratti può monetizzare i risultati del suo lavoro e quindi soddisfare a sua volta tutti i suoi bisogni; è dunque la reciprocità dei bisogni la molla che fa sì che i contratti vengano conclusi. L’ordinamento contempla peraltro lo sciopero, attualmente tutelato alla stregua di un diritto, il quale consente legittimamente di astenersi per un periodo più o meno lungo dal processo produttivo; la gravità dello sciopero risulta evidente ove si consideri che scioperando si impedisce ad altri soggetti di soddisfare i loro bisogni; si pensi per esempio allo sciopero dei benzinai, dei mezzi di trasporto e così via; nel contempo anche chi sciopera si priva della possibilità di monetiz- zare i risultati del proprio lavoro e quindi come conseguenza ulteriore di soddisfare i propri bisogni; questo spiega perché in genere anche la durata dello sciopero è limitata nel tempo.
Risulta dunque confermata la centralità del mercato e del contratto nei sistemi economici moderni. In questa prospettiva risulta importante age- volare il più possibile gli scambi, abbattendo ogni tipo di barriera che possa in qualche modo ostacolare o impedire il contratto, quali barriere doganali, costi transattivi, ostacoli giuridici, carenze di informazioni, abu- si e così via 3; abbiamo infatti visto che la specializzazione crea dipenden- za; la dipendenza a sua volta crea il rischio di abusi; se una persona pro- duce solo pane non può in altre parole fare a meno di rivolgersi al merca- to per procurarsi tutti gli altri beni di cui ha bisogno, con il rischio peral- tro che qualcuno possa cercare di sfruttare la sua condizione di bisogno; il che è particolarmente vero se vengono a crearsi situazioni di monopolio.
La specializzazione crea dipendenza; ma se per soddisfare il bisogno occorre rivolgersi ad un monopolista è forte il rischio che questi cerchi di approfittare della situazione di dipendenza altrui richiedendo un corri- spettivo troppo elevato. Questo è il motivo per cui è importante monitora-
3 X. XXXXX, Introduzione al diritto comparato, III, Analisi economica del diritto, Torino 1998.
re costantemente il mercato per scongiurare il monopolio in virtù di un’idonea legislazione antitrust 4.
Una seconda conseguenza della crescente specializzazione è costituita dallo sviluppo delle città; le persone, nella misura in cui sono specializzate nella produzione di un certo tipo di bene o di servizio, non possono fare a meno degli altri; in queste condizioni diventa indispensabile abitare gli uni accanto agli altri; solo se il panettiere abita vicino al macellaio potrà scambiare il suo pane con la carne, e così via; questo spiega la formazione di nuclei urbani sempre più grandi e convulsi; solo la vicinanza consente lo scambio reciproco; ovviamente è possibile abitare fuori città, ma non è possibile fare a meno della città, perché tutta una serie di servizi, si pensi agli ospedali, all’Università, e così via, sono presenti solo in città; ne con- segue che la città diventa indispensabile punto di riferimento anche per chi non vi abita.
Più aumentano le dimensioni della città, più aumentano i servizi offer- ti, nonché la possibilità di scegliere tra di essi; più aumentano le dimen- sioni, più aumenta la convulsione, la congestione, l’inquinamento, i tempi di spostamento da una parte all’altra della città e così via; questo fa sì che le dimensioni delle città non si espandano all’infinto e si raggiunga un punto di equilibrio.
Una terza conseguenza della specializzazione, o meglio ancora un ef- fetto collaterale, è costituito dalla crescente monotonia del lavoro; se in- fatti è vero che specializzandosi si produce meglio e di più, è anche vero che lo svolgimento del lavoro tende a diventare sempre più monotono e ripetitivo; mentre infatti il contadino medioevale cambiava continuamen- te lavoro, passando dai campi all’allevamento del bestiame, alla fabbrica- zione degli utensili e così via, il moderno operaio passa otto ore al giorno per cinque giorni della settimana a fare sempre lo stesso lavoro, senza contare il fatto che non si lavora più all’aria aperta con un ritmo naturale, ma in locali chiusi, in cui a volte non si vede mai la luce del sole e magari anche con turni notturni. “Tempi moderni”, come direbbe Xxxxxxx Xxxxxxx!
3. Contratto e costi transattivi
Ma proprio perché il contratto è diventato lo strumento principale che consente alle persone di collaborare scambiandosi i prodotti del loro lavo- ro, ne consegue che quanti meno sono i requisiti del contratto e gli adem- pimenti richiesti ai fini della sua conclusione meglio è; più il contratto è semplice, ridotto all’essenziale, maggiori sono le possibilità per le persone di scambiarsi beni e servizi; non basta infatti che le persone si specializzi-
4 X. XXXXX, Analisi economica del diritto, cit.
no sempre più nella produzione di beni e servizi, ma è altresì fondamenta- le che gli scambi possano avvenire nel modo più semplificato e rapido possibile; minori sono i costi transattivi nonché gli adempimenti richiesti ai fini della conclusione di un valido contratto, tanto più elevato è il volu- me degli scambi e la rapidità delle transazioni, con conseguente incre- mento del benessere collettivo. In questa prospettiva è auspicabile una concezione minimale del contratto, il più semplice ed elementare possibi- le, salva la presenza di esigenze particolari che potrebbero rendere neces- saria l’adozione di requisiti ulteriori, come per esempio la forma.
4. Contratto e giustizia contrattuale
Il contratto è dunque un accordo finalizzato allo scambio ed alla coo- perazione; si tratta di un fatto puramente privato; in queste condizioni l’ordinamento è chiamato ad effettuare un duplice ordine di scelte: deci- dere se considerarlo vincolante o meno e in caso di risposta positiva se concedere soltanto il risarcimento del danno o anche l’esecuzione in for- ma specifica 5. Assume dunque centrale importanza capire in quali condi- zioni, in presenza di quali presupposti, l’ordinamento è disposto a consi- derare vincolante l’accordo, con conseguente possibilità di avvalersi dei rimedi previsti dall’ordinamento.
In generale l’ordinamento interviene con i suoi strumenti di tutela solo se l’accordo è giusto, cioè non affetto da errore, dolo, violenza, squilibrio non giustificato tra le prestazioni, o altro ancora. Semmai il problema è quello di capire qual’è la soglia minima al di sotto della quale l’ordinamento non è disposto ad intervenire; a seconda dei periodi storici questa soglia può essere più o meno elevata; si può effettuare un controllo sul contenuto, o viceversa considerare sufficiente che il contratto sia stato accettato; pos- sibili sono altresì soluzioni intermedie che consistono nel controllare il mo- do, la correttezza, la trasparenza, con cui è stato concluso il contratto; ed è proprio in questa direzione che si è incamminata la più recente dottrina; in questa prospettiva non può considerarsi sufficiente che la controparte pre- sti il suo consenso, ma occorre che il contratto possa considerarsi frutto di un accordo effettivo, senza condizionamenti ed approfittamenti di sorta.
5. Gli effetti del contratto
La conclusione di un contratto vincola le parti ad eseguirlo; può sem- brare banale ricordarlo, ma l’effetto del contratto consiste proprio nell’im-
5 XXXXX, XXXXXXXX, Specific Performance, London 1996.
pedire la possibilità di un ripensamento, anche nel caso in cui si dovesse cambiare idea, non importa ovviamente per quale ragione; dopo che il contratto è stato concluso il recesso unilaterale non è più possibile, salvi i casi previsti dalla legge. Proprio questo è peraltro il punto nevralgico at- torno al quale ruota l’intera disciplina del contratto, vale a dire la sua effi- cacia vincolante.
Si consideri tuttavia che la disciplina dei rimedi contrattuali ha come funzione proprio quella di mitigare l’assolutezza del vincolo contrattuale, configurando una pluralità di vie di fuga; si pensi in particolare ai vizi del consenso, all’incapacità, alla nullità, alla sopravvenienza contrattuale, alla buona fede, e così via; anzi è possibile notare come le principali trasfor- mazioni del contratto che si sono verificate nel corso degli ultimi due se- coli sono avvenute proprio sotto il profilo dei rimedi usufruibili; attual- mente il contratto è per certi versi meno vincolante di quanto lo fosse nel diciannovesimo secolo (pacta sunt servanda, qui dit contractuel dit juste), dato che si è assistito ad una forte espansione dell’ambito di applicazione dei rimedi disponibili, basti pensare ai vizi del consenso, alle nullità, alla sopravvenienza contrattuale, ai contratti del consumatore, alla buona fe- de, all’equità ed ora anche alla meritevolezza dell’interesse. Ne consegue che attualmente il contratto è meno vincolante di quanto lo fosse anche solo cento anni fa, dato che esistono più vie di fuga, più rimedi che con- cretamente consentono di liberarsi legalmente dal vincolo contrattuale; il che significa che la sfera del rischio o meglio ancora l’alea normale del contratto è più limitata di un tempo; il limite del sacrificio, questa ipoteti- ca linea di frontiera, tende in altre parole a spostarsi, con conseguenti maggiori possibilità per il contraente che per un motivo o per l’altro non considera più conveniente il vincolo contrattuale di liberarsi da esso. Tut- to questo può apparire per certi versi paradossale, dato che il contratto è diventato più “complesso”, ma nel contempo meno vincolante e quindi meno “contratto”, dato che le vie di fuga sono aumentate.
LA FORMAZIONE DELLA CATEGORIA GENERALE DEL CONTRATTO
Sommario
1. Dallo status al contratto. – 2. Formalismo e consenso nella tradizione romanistica.
– 3. Dal diritto romano ai nostri giorni.
1. Dallo status al contratto
Secondo una fortunata ricostruzione storica il contratto sarebbe tipico soprattutto delle società moderne. Xxxxxx Xxxxx in un famoso studio sul diritto primitivo ha sostenuto che mentre nelle società primitive la condi- zione delle persone era determinata soprattutto dal loro status, in primo luogo nell’ambito della famiglia, marito e moglie, padre e figlio, fratello e sorella, ed in secondo luogo nell’ambito della società, sovrano e suddito, padrone e schiavo 1, e così via, nelle società moderne il contratto ha preso il posto dello status 2. La condizione delle persone non è più determinata in modo assoluto dal loro status di origine, ma piuttosto dalle loro capaci- tà e dai contratti che saranno in grado di concludere. Per esempio, mentre le società antiche conoscevano largamente la schiavitù, e la società feuda- le si basava sulla servitù della gleba che vincolava le persone alla terra, la società moderna ha abolito questi vecchi istituti riconoscendo a ciascun lavoratore la più piena libertà contrattuale. Il contratto e la libertà con- trattuale hanno così soppiantato lo status.
Si tratta di una tesi che indubbiamente racchiude un nocciolo di verità, anche se sarebbe fuorviante ritenere che le società antiche non conoscevano
1 Alcuni autori hanno sostenuto che se il nostro obiettivo è unicamente il benessere so- ciale, senza che ci si preoccupi della distribuzione, è più efficiente un sistema basato sulla schiavizzazione che un sistema fondato sul binomio proprietà/contratto: riferimenti in MI- XXXXXXX, XXXXXXX, Are Property and Contract Efficient?, in 8 Xxxxxxx L.R., 1980, 711; BAR- ZEL, An Economic Analysis of Slavery, in 20 J. Law & Econ., 1977, 87.
2 MAINE, Ancient Law, 1861, ed. London 1907.
il contratto. In realtà gli studi di antropologia giuridica chiariscono che lo scambio, e quindi il contratto, è sempre stato centrale nella vita delle società umane. Presso tutte le società umane sono sempre stati vietati i rapporti tra consanguinei; dal divieto dell’incesto deriva come conseguenza ulteriore che tra i vari gruppi vi sono sempre stati contatti per consentire lo scambio per lo meno delle donne 3. Molto frequenti erano inoltre gli scambi commerciali di manufatti e generi alimentari 4. Il baratto è una delle forme più primitive di contratto che è sopravvissuta fino ai nostri giorni con la denominazione di permuta, anche se dopo l’affermazione dell’economia monetaria e della mo- neta il suo campo d’applicazione si è vieppiù ristretto a favore della vendita.
Molto diffuso nelle società primitive era altresì il dono. Secondo un no- to studio di Xxxxx, il dono sarebbe anzi stato la forma più tipica di scam- bio presso le società primitive; nel senso cioè che il ricevimento di un do- no faceva sorgere l’obbligo di ricambiarlo 5. Periodicamente in occasione delle festività più varie, matrimoni, ricorrenze, e così via, venivano orga- nizzati colossali banchetti la cui funzione era quella di consentire la con- sumazione del cibo e lo scambio dei doni 6.
Lo scambio di donne, manufatti, derrate alimentari, e così via, nella for- ma del baratto o della donazione reciproca, ha pertanto connotato il genere umano fin da tempo immemorabile. Volendo andare ancora più indietro nel tempo ci si potrebbe domandare quando, o meglio ancora in quale epoca di sviluppo dell’umanità, è stato concluso il primo contratto della storia. Il con- tratto, inteso come scambio volontario, è in altre parole una manifestazione peculiare del genere umano o è praticato anche da altre specie animali, ed in particolare dai primati che più ci sono vicini nella scala evolutiva?
Non vi è alcun dubbio che il contratto non è l’unico mezzo che consen- te di attuare lo scambio. Un’alternativa allo scambio volontario può per esempio essere costituita dal furto; si pensi per esempio ai furti di bestia- me o ai rapimenti di donne così frequenti presso le società più primitive 7. La stessa guerra, secondo la ben nota teoria dello scambio formulata da Xxxx-Xxxxxxx, costituirebbe una forma di relazione sociale tra gli uomini che ha luogo quando falliscono le relazioni pacifiche fondate su doni reci- proci. In questa prospettiva la guerra sarebbe null’altro che una forma pa- tologica delle relazioni sociali 8.
3 MAC XXXXXX, Primitive Marriage, London 1865.
4 XXXXXXXXXX, Diritto e costume nelle società primitive, 1926, tr. it., Roma 1972.
5 XXXXX, Essai sur le don. Forme et raison de l’échange dans les sociétés archaiques, in So- ciologie et anthropologie, Paris 1950, 143 ss.
6 REMOTTI, Xxxxxxx, in DI-IV DPriv SezCiv, XIV, Torino 1996, 127.
7 XXXXX-XXXXXXXXX, I Nuer. Un’anarchia ordinata, 1940, tr. it., Milano 1975; XXXX-XXXXXXX,
La vita familiare e sociale degli indiani Nambikwara, Torino 1970.
8 ROULAND, Antropologia giuridica, Milano 1992.
Prima del contratto viene quindi il furto, la pura violenza, la legge del più forte. Ad un certo punto la pura violenza ha però iniziato a cedere il passo a forme più consensuali di scambio. I comportamenti cooperativi, e tra questi in primo luogo i contratti, hanno gradualmente soppiantato forme più arcaiche di appropriazione. Del resto alcune forme embrionali di accordo e di scambio volontario nella forma do ut des sono ben testimo- niate anche presso i primati che più ci sono vicini nella scala evolutiva 9.
È però soprattutto con gli uomini che il contratto, lo scambio volon- tario, è diventato il fulcro della vita sociale. Il contratto consente di au- mentare la propria soddisfazione per il tramite dello scambio con altri individui dei propri prodotti e manufatti. Un particolare tipo di accordo, il matrimonio, consente di assicurarsi una famiglia ed una discendenza. La centralità dello scambio volontario nella vita delle comunità umane è ben testimoniata dalla crescente importanza assunta dai mercati e dalle fiere, intesi quali punto di incontro per consentire lo scambio di beni e prodotti 10.
Come mai il contratto, e più in generale le forme di scambio consen- suale, hanno gradualmente soppiantato forme più arcaiche di appropria- zione e di scambio 11? In altre parole come mai ad un certo punto i vari gruppi umani hanno cessato di sottrarsi reciprocamente le donne od i ge- neri alimentari, ed hanno preferito instaurare pacifiche relazioni di scam- bio commerciali?
Ovviamente lo scambio volontario è più efficiente rispetto a quello vio- lento, ed è meno cruento; esso evita inoltre di diventare a propria volta soggetti passivi dell’altrui violenza, nonché ancora di cadere nella spirale delle vendette e delle ritorsioni incrociate. Presso le società primitive una delle cause più ricorrenti di guerra tra gruppi confinanti è proprio costi- tuita dalla vendetta in caso di rapimento di donne o di sottrazione di capi di bestiame.
2. Formalismo e consenso nella tradizione romanistica
Sebbene il contratto e lo scambio volontario sia diventato da tempo immemorabile uno degli aspetti più caratterizzanti il comportamento so- ciale dell’uomo, il contratto non può sicuramente considerarsi una figura unitaria 12.
9 CHIARELLI, Origine della socialità e della cultura umana, Bari 1984.
10 BRAUDEL, I giochi dello scambio, Torino 1981.
11 ROULAND, Antropologia giuridica, Milano 1992; VERDIER, La vengeance, Paris 1980.
12 GROSSO, Contratto (dir. rom.), in ED, IX, Milano 1961, 750; ASTUTI, Contratto (dir. in- term.), in ED, IX, Milano 1961, 784.
La prima forma di contratto è probabilmente stata costituita dal barat- to in senso proprio, vale a dire dallo scambio di beni giudicati di valore equivalente, come per esempio un casco di banane ed una lancia, e così via. In seguito in tutte le società umane si è verificata una progressiva tendenza ad utilizzare determinati beni, come per esempio l’oro, certi capi di bestiame, conchiglie, e così via, come mezzo di scambio universale. In vari periodi della nostra storia, anche recente come per esempio durante la seconda guerra mondiale, la scarsità della moneta o altri motivi contin- genti hanno indotto le persone ad utilizzare come mezzo di scambio beni diversi dal denaro, come per esempio pacchetti di sigarette, bottiglie di li- quore, e così via. Gradualmente il baratto si è comunque evoluto nella compravendita nel senso moderno dell’espressione, vale a dire nello scam- bio di beni dietro un corrispettivo pecuniario, senza peraltro scomparire mai del tutto.
Sebbene la moneta sia generalmente diventata il mezzo di scambio più diffuso, il contratto può assumere molteplici aspetti. In particolare pos- sono variare anche notevolmente le circostanze o i presupposti in presen- za dei quali l’ordinamento è disposto a configurare l’esistenza di un vali- do contratto vincolante. In generale le società più antiche non conosce- vano ancora la forma moderna del contratto puramente consensuale vin- colante. Il mero impegno consensuale di tenere un certo comportamento nel futuro, per esempio di dare o di fare qualche cosa, non poteva consi- derarsi vincolante sul piano giuridico. L’ordinamento non disponeva an- cora di mezzi coercitivi tali da garantire il rispetto della parola data per il futuro. Piuttosto diversa era invece la situazione se l’accordo consensuale rivestiva certe formalità, era accompagnato dalla dazione di garanzie rea- li, o dall’adempimento per lo meno di una delle due parti. Il mero scam- bio dei consensi, vale a dire le parole, non era dunque sufficiente ai fini della conclusione del contratto, ma si richiedeva un qualche fatto mate- riale, come per esempio il trasferimento di un bene da un soggetto ad un altro.
I primi contratti non sono infatti stati i contratti puramente consensua- li, ma piuttosto i contratti formali ed i contratti reali. Il rispetto di certe formalità, la pronuncia di parole solenni, si pensi tipicamente alla sponsio romana, poteva infatti essere preso in considerazione dall’ordinamento giuridico al fine del sorgere di impegni giuridicamente vincolanti 13. Molto probabilmente nelle società più primitive la pronuncia di parole solenni o rituali rivestiva altresì un significato magico o rituale. La pronuncia di certe formule o il compimento di formalità prestabilite poteva cioè modi- ficare la stessa realtà, attribuire la proprietà dei beni, legare in matrimo- nio due persone, e così via. Si pensi per esempio alla ritualità tipica di cer-
13 CORBINO, Il formalismo negoziale nell’esperienza romana, Torino 1994.
te forme di trasferimento della proprietà come la mancipatio, il matrimo- nio, e così via. Gli stessi romanisti hanno del resto evidenziato le commi- stioni magiche e religiose insite nelle formule romane più antiche 14.
Presso altre popolazioni primitive, come per esempio i germani, i con- tratti consensuali si perfezionavano mediante la consegna di un oggetto (Xxxxx), che fungeva da pegno garantendo la serietà dell’impegno e l’ef- fettiva intenzione di adempiere.
Oltre ai contratti formali ed ai contratti garantiti da pegno, un’altra forma contrattuale molto diffusa presso gli ordinamenti giuridici meno evoluti è costituita dai contratti reali, che si perfezionano solo come con- seguenza dell’effettiva dazione di un bene, o in senso lato come conse- guenza dell’effettiva esecuzione di una delle due prestazioni 15.
In queste condizioni il mero accordo consensuale, per esempio finaliz- zato allo scambio di un bene dietro un certo corrispettivo, non è conside- rato vincolante dall’ordinamento se non nel momento in cui ha luogo l’ef- fettiva dazione materiale del bene in questione. Il contratto si perfeziona in altre parole solo nel momento in cui il bene oggetto di scambio viene materialmente consegnato. La dazione del bene determina in altre parole l’obbligo giuridicamente vincolante di devolvere il corrispettivo pattuito, ed il conseguente diritto della controparte di esigerne il pagamento.
Una delle forme contrattuali più antica è sicuramente costituita dai contratti reali. La figura era ben rappresentata già nel diritto romano con i contratti di deposito, comodato, mutuo e pegno, che in conformità alla tradizione sono configurati come contratti reali anche dai principali codi- ci moderni ed in particolare dal codice civile italiano del 1942. In origine il campo di applicazione dei contratti reali era però sicuramente più am- pio e comprendeva anche il contratto di compravendita. Nulla osta infatti alla configurabilità come contratto reale dello stesso contratto di compra- vendita, che in questa prospettiva si perfeziona solo nel momento in cui ha effettivamente luogo la consegna del bene compravenduto.
Successivamente i contratti formali e reali hanno iniziato a subire la concorrenza dei più moderni e snelli contratti puramente consensuali. L’evoluzione è ben testimoniata dal diritto romano dove erano considerati puramente consensuali i contratti più tipici delle economie mercantili, come per esempio il contratto di compravendita, di società, la locazione, ed il mandato.
In questa prospettiva il diritto romano può essere considerato come una sorta di tappa intermedia tra il diritto delle società più antiche e quel-
14 XXXXXXX, Diritto e magia. Saggio su A. Xxxxxxxxxx, in PATTARO (a cura di), Contributi al realismo giuridico, Milano 1982, 1.
15 GORLA, Il cosiddetto unilateral contract o contratto con executed consideration nella common law anglo-americana, in RDCo, 1954, I, 271, 275.
lo contemporaneo. Il diritto romano non conosceva ancora la figura gene- rale del contratto consensuale moderno, ma piuttosto una pluralità di fi- gure contrattuali tipiche. I contratti potevano sorgere re, verbis, litteris, consensu, vale a dire mediante l’effettiva dazione del bene (re), mediante la pronuncia di parole solenni, o il rispetto di certi formalismi (verbis, lit- teris), o infine mediante il puro scambio dei consensi (consensu) 16.
In questo quadro i contratti puramente consensuali, che pur erano già ben rappresentati, costituivano ancora una minoranza. Sarà infatti solo in seguito ad una lunga evoluzione che gradualmente nel corso del diritto in- termedio i contratti consensuali prenderanno definitivamente il soprav- vento rispetto alle forme più arcaiche di contratto.
3. Dal diritto romano ai nostri giorni
In materia contrattuale uno degli sforzi principali intrapreso dai giuri- sti intermedi è consistito nel superare gradualmente il sistema romano di rigorosa tipicità contrattuale 17. In particolare un caposaldo del diritto romano classico era il principio per cui ex nudo pacto actio non oritur. L’accordo nudo, privo di vestimentum, vale a dire il contratto meramente consensuale, non poteva cioè assumere rilevanza in base ai principi del diritto comune fondato sul diritto romano. L’attacco contro il dogma in questione, nonché il principio di tipicità delle figure contrattuali, venne intrapreso essenzialmente lungo due direttrici: da un lato dal fronte del diritto canonico, dall’altro lato dal fronte del diritto naturale 18.
Il diritto canonico ha sempre costituito un ordinamento a parte rispet- to al diritto comune fondato sul diritto romano 19. In particolare il diritto canonico ha sempre attribuito notevole importanza al rispetto della parola data, o all’impegno assunto in qualsiasi modo, anche senza il rispetto delle formalità prescritte dal diritto civile 20. L’impegno, ancorché informale, poteva avere una ben precisa rilevanza per lo meno sul piano della co- scienza; tanto più poi se era stato confermato mediante un vero e proprio giuramento. La denuntiatio evangelica 21 consentiva di denunciare l’ina- dempimento di fronte alle competenti autorità ecclesiastiche affinché ve-
16 Grosso, Il sistema romano dei contratti, 2a ed., Torino 1950.
17 CARLINI, Contratto e patto nel diritto medievale e moderno, in DI-IV DPriv SezCiv, IV, Torino 1989, 77; VOLANTE, Il sistema contrattuale del diritto comune classico, Milano 2001.
18 MOCCIA, Promessa e contratto, in RDC, 1994, I, 819.
19 X. XXXXXX, Lo spirito del diritto canonico, Padova 1962.
20 X. XXXXXX, Considerazioni sull’efficacia dei xxxxx xxxx in diritto canonico, in AMacerata, 11, 1937, 115.
21 Più ampiamente, X. XXXXX, Grandi sistemi giuridici, 2a ed., Torino 2001.
nissero presi i provvedimenti più opportuni al fine della redenzione del peccatore. E poiché la remissione del peccato presupponeva il ravvedi- mento del peccatore, l’assoluzione era subordinata all’effettivo adempi- mento dell’impegno assunto, ancorché in via informale.
Ecco quindi come in questo modo le Corti ecclesiastiche si siano xxxx- gliate una ben precisa competenza in materia contrattuale. L’espansione della competenza delle Corti ecclesiastiche in materia contrattuale deter- minò un crescente conflitto con i tribunali civili, al quale si cercò di porre rimedio limitando la possibilità di adire tali corti ai soli casi in cui la promessa fosse stata assunta mediante giuramento 22.
Il mero scambio dei consensi, sebbene privo di rilevanza sul piano del- lo stretto diritto civile, poteva inoltre far sorgere obblighi sul piano della coscienza e come conseguenza ulteriore vere e proprie obbligazioni natu- rali; le quali sebbene siano prive di azione, escludono la possibilità di ot- tenere la restituzione di quanto spontaneamente prestato in esecuzione di esse (soluti retentio). A loro volta le obbligazioni naturali, sebbene prive di azionabilità diretta, potevano acquisire rilevanza sul piano dello stesso di- ritto civile se confermate successivamente al loro sorgere. La conferma del debito valeva in altre parole a renderlo direttamente azionabile di fronte alle corti civili. Questa è in buona sostanza l’origine dei c.d. pacta gemina- ta, un tempo diffusi specie nell’Italia settentrionale. Ecco quindi come nel corso del medioevo si sia assistito ad una progressiva erosione dell’as- sioma romanistico in base al quale il nudo consenso non era sufficiente ad obbligare.
Un ulteriore contributo a favore della piena affermazione della figura generale del contratto consensuale, venne altresì effettuato dal giusnatura- lismo europeo. Fondamentale sotto questo profilo appare il contributo di Xxx Xxxxxx nel De iure belli ac pacis del 1625. Nelle premesse filosofiche di quest’opera Xxxxxx pose le basi del giusnaturalismo europeo, indivi- duando alcuni principi di ragione talmente evidenti da apparire giustifica- ti di per sé 23. Tra i principi minimi che devono necessariamente reggere una società civile, spicca la regola pacta sunt servanda 24. Nel sistema di Xxxxxx la necessità di rispettare in ogni caso la parola data assurge infatti a principio cardine di qualsiasi forma di aggregazione civile. Ovviamente i principi enunciati da Xxxxxx nel 1625 non riflettevano il diritto effettiva- mente applicato dai tribunali, ancora largamente basato sul diritto roma-
22 XXXXXX (a cura di), Towards a General Law of Contract, Berlino 1990, 51.
23 Si tratta di principi che volutamente Xxxxxx fa derivare dalla ragione e non da Dio, in una prospettiva dunque tendenzialmente laica, ma che per certi versi svolgono una funzione simile ai dieci comandamenti, vale a dire indicare regole fondamentali di com- portamento.
24 XXXXXX, Droit de la guerre et de la paix, tr. francese a cura di Xxxxxxxxx, Amsterdam 1729, discorso preliminare, § 8.
no. Si trattava di un diritto dei filosofi che andava ben oltre rispetto al di- ritto del diciassettesimo secolo. I principi del diritto naturale hanno però fornito chiare indicazioni circa la direzione in cui doveva evolversi la prassi, fornendo nel contempo una griglia concettuale che ha favorito l’ag- gregazione e la razionalizzazione dei rimedi e delle figure contrattuali ti- piche offerte dalla tradizione romanista.
Gradualmente doveva quindi farsi vieppiù strada l’idea che anche il mero scambio dei consensi può essere idoneo a far sorgere obbligazioni giuridicamente vincolanti. Occorreva però attendere il codice Xxxxxxxxx prima che un testo legislativo effettivamente vigente recepisse e rendesse concretamente operante una tale idea (art. 1134 cod. nap.). Successiva- mente non è più stata messa in discussione l’idea che per rendere vinco- lante un accordo è sufficiente lo scambio dei consensi (art. 1321 c.c.). Dal- la tipicità dei contratti tipica del diritto romano si è così passati alla piena ammissione della possibilità per i contraenti di concludere qualsivoglia contratto, anche non specificamente previsto dal codice (art. 1322 c.c.) 25.
25 BENEDETTI, Categoria generale del contratto, in RDC, 1991, I, 649.
LA NOZIONE DI CONTRATTO
Sezione prima
CONTRATTO E NEGOZIO
Sommario
1. Negozio giuridico e contratto. – 2. L’autonomia privata. – 3. Le clausole negoziali.
– 4. Gli atti unilaterali. – 5. Il principio di maggioranza e autonomia privata.
1. Negozio giuridico e contratto
In conformità alla ben nota concezione sviluppata dalla pandettistica tedesca del diciannovesimo secolo, il contratto 1 sarebbe null’altro che una figura particolare di negozio giuridico 2. In particolare si tratterebbe di un
1 OSTI, Contratto, in NDI, IV, Torino 1938, 36; ALLARA, La teoria generale del contratto, 2a ed., Torino 1955; MESSINEO, Contratto (dir. priv.), in ED, IX, Milano 1961, 784; GROSSI, Sul- la natura del contratto, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, XV, Milano 1986, 609; CENDON (a cura di), I contratti in generale, Torino 2000; XXXX- XXXXXXX (a cura di), I contratti in generale, Torino 1991; E. XXXXXXXXX, La nozione di con- tratto (Appunti su contratto, negozio giuridico e autonomia privata), in GI, 2018, 2780-2818; ID., L’autonomia privata, I, Dal contratto alla crisi d’impresa, Padova 2020, con recensione di XXXXXXX in RDC, 2021, 809-816; ID., L’autonomia privata, II, Teoria del contratto e diritto comparato, Milano 2021, con recensione di XXXXXXX, in RDC, 2021, 990-997.
2 VASSALLI, Sommario delle lezioni sulla teoria dei negozi giuridici, Roma 1934; XXXXXX, Teoria del negozio giuridico, Padova 1947, ristampa inalterata 1961, il quale asserisce che è tuttora saldo il dogma dell’autonomia della volontà, XIII, anche se ammette che ora vi sono più eccezioni al dogma della volontà di un tempo, XXVIII; in senso marcatamente dichiara- zionistico: BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino 1950; X. XXXXXXXXXXXX, Con- tributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli 1950, con recensione di CARRESI, in RTPC, 1952, 482; CALASSO, Il negozio giuridico: lezioni di storia del diritto italiano, 2a ed., Milano 1959; CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli s.d.; GALGA- NO, Il negozio giuridico, Milano 1988; XXXXXXX, La teoria del negozio giuridico a cento anni dal
negozio giuridico bilaterale, formato da due dichiarazioni reciproche, la proposta e l’accettazione, adesive l’una rispetto all’altra.
La teoria generale del negozio giuridico, ed in particolare il tentativo di aggregare le varie fattispecie, come per esempio il contratto, il matrimo- nio, il testamento, e così via, al fine di giungere a concetti sempre più vasti ed onnicomprensivi, si inquadra in un approccio dogmatizzante del dirit- to che fu per l’appunto tipico della pandettistica tedesca del diciannove- simo secolo. Così come dalle varie figure contrattuali tipiche si è giunti ad elaborare una teoria generale del contratto, così i fautori del negozio giu- ridico auspicavano che fosse possibile aggregare il più unitariamente pos- sibile le varie figure negoziali tradizionali, come per esempio il contratto, il matrimonio, il testamento, e così via. In questa prospettiva qualsiasi at- to, unilaterale o plurilaterale, implicante la volontà del soggetto, finalizza- to a produrre un certo effetto giuridico, costituisce un negozio giuridico 3.
Un tale metodo venne recepito anche in Italia, specie nella prima metà del ventesimo secolo, quando la dottrina italiana appariva particolarmen- te recettiva nei confronti del mondo giuridico tedesco 4; sebbene il codice civile italiano del 1942 sia stato elaborato quando l’influenza della dogma- tica tedesca aveva raggiunto il suo apice in Italia, esso non ha peraltro re- cepito una tale figura generale. Il codice civile del 1942, diversamente dal BGB, non ha infatti previsto né una parte generale, né una teoria generale della manifestazione di volontà e del negozio giuridico.
Il libro quarto dedicato alle obbligazioni ed ai contratti è incentrato sulla figura del contratto. In queste condizioni la disciplina del contratto funge però da fondamentale punto di riferimento anche per gli atti unila- terali. Salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contrat- ti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti tra vivi a contenuto pa- trimoniale (art. 1324 c.c.).
Sebbene il legislatore italiano non abbia recepito la figura generale del negozio giuridico, essa ha svolto per molti anni un ruolo centrale nell’am- bito delle costruzioni dogmatiche elaborate dalla dottrina 5. In tempi più
BGB, in RDC, 1998, I, 535; FALZEA, L’atto negoziale nel sistema dei comportamenti giuridici, in RDC, 1996, I, 1; SACCO, Negozio giuridico, in DI-IV DPriv SezCiv, Agg., Torino 2014, 452.
3 XXXXXX, op. cit., 1 ss., definisce il negozio giuridico come “la manifestazione di volontà di una o più parti che mira a produrre un effetto giuridico”.
4 SACCO, Negozio giuridico (Circolazione del), in DI-IV DPriv SezCiv, XII, Torino 1995, 86; sul negozio giuridico utili riferimenti anche in G.B. FERRI, Causa e tipo nella teoria del nego- zio giuridico, Milano 1966, 3 ss., 7, 13 ss.; ID., Negozio giuridico, in DI-IV DPriv SezCiv, XII, Torino 1995, 76; IRTI, Itinerari del negozio giuridico, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, I, 1973, 229; X. XXXXXXXXXXXX, Interpretazione del contratto e interessi dei contraenti, Padova 1992, 3 ss., 23 nota 31, 48 ss.; XXXXXXX, La teoria del negozio giuridico a cento anni dal BGB, in RDC, 1998, I, 535; ID., Il negozio giuridico tra scienza e di- ritto positivo, Milano 1998.
5 Il concetto di negozio giuridico compare spesso altresì a livello di legislazione speciale,
recenti l’importanza della figura è però diminuita. In dottrina si è infatti vieppiù diffusa la convinzione circa l’inutilità di creare concetti o catego- rie onnicomprensive, quando poi la disciplina concreta dei vari istituti non consente generalizzazioni così estese. Per esempio sarebbe del tutto inutile elaborare una teoria generale dei vizi del consenso, comprensiva di contratto, matrimonio e testamento, dato che la disciplina concreta dei vizi del consenso è differente a seconda che si tratti di contratto, matri- monio, o testamento.
2. L’autonomia privata
Uno dei cardini della nozione moderna di contratto nell’ambito della tradizione giuridica occidentale è costituito dall’autonomia privata 6. Au- tonomia significa che l’individuo è libero di contrattare e di non contrat- tare, di determinare liberamente il contenuto del contratto, nonché di concludere qualsivoglia tipo di accordo, ancorché non espressamente con- templato dal legislatore (art. 1322, 2° comma, c.c.). L’autonomia privata ovviamente incontra limiti dovuti al fatto che l’accordo raggiunto dai pri- vati non deve porsi in contrasto con l’interesse generale, e non deve recare nocumento a terze persone.
Il secolo d’oro dell’autonomia privata è indubbiamente stato il dician- novesimo secolo, quando imperversava il volontarismo, ed era diffusa la convinzione che l’ordinamento non dovesse intralciare in alcun modo il libero esplicarsi dell’iniziativa privata anche in materia contrattuale; salvo il limite dell’illiceità, intesa come contrarietà alla legge, all’ordine pubblico ed al buon costume.
La volontà è la causa prima del diritto; in questa affermazione si sinte- tizza il credo filosofico del diciannovesimo secolo. Lo Stato, la legge, l’atto
nonché di giurisprudenza: si veda sul punto l’accurata indagine di XXXXXXX, Sul negozio giuridico, in Scritti Cattaneo, II, Milano 2002, 1005.
6 CARRESI, Autonomia privata nei contratti e negli atti giuridici, in RDC, 1957, I, 265; DI MAJO, Libertà contrattuale e dintorni, in RCDP, 1995, 9; CALÒ, Il ritorno della volontà. Bioeti- ca, nuovi diritti e autonomia privata, Milano 1999; GRISI, L’autonomia privata. Diritto dei contratti e disciplina costituzionale dell’economia, Milano 1999; SOMMA, Autonomia privata e struttura del consenso contrattuale, Milano 2000; ID., Autonomia privata, in RDC, 2000, II, 597; ID., Il diritto fascista dei contratti: raffronto con il modello nazional socialista, in RCDP, 2000; ID., Giustizia sociale nel diritto europeo dei contratti!, in RCDP, 2005, 75-97; XXXXXX- GIERI (a cura di), Autonomia negoziale e autonomia contrattuale, Napoli 2014; PALERMO, L’autonomia negoziale, 3a ed., Torino 2015; DELFINI, Autonomia privata e contratto: tra sinal- lagma genetico e sinallagma funzionale, 2a ed., Torino 2017. Per alcuni profili storici: MACA- RIO, Ideologia e dogmatica nella civilistica degli anni settanta: il dibattito su autonomia priva- ta e libertà contrattuale, in Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxx, II, Milano 2008, 1491-1577; MA- CARIO, XXXXXXX, Il diritto civile nel pensiero dei giuristi, Padova 2010; DELLE MONACHE, Un- fair Contracts in European Contract Law, in ODCC, 2019, 153-168.
giuridico si pensava discendessero in modo immediato dall’autonomia della volontà 7. In seguito, nel ventesimo secolo, in tutto l’occidente indu- strializzato si è assistito ad una forte espansione della legislazione vincoli- stica, tesa a porre limiti sempre più pressanti all’autonomia privata 8. In alcuni casi si è trattato di provvedimenti tesi a controllare il contenuto stesso del contratto, imponendo la sostituzione di clausole in contrasto con il dettato legislativo (art. 1339 c.c.), prezzi d’imperio 9, o ancora l’inte- grazione del contratto (art. 1374 c.c.) 10. In altri casi ancora dell’impo- sizione dell’obbligo stesso di concludere il contratto (art. 2597 c.c.).
Ancora più massicci sono stati ovviamente i provvedimenti limitativi dell’autonomia privata adottati nell’ex Unione Sovietica, dove la pianifica- zione dell’economia aveva praticamente escluso ogni libertà circa la de- terminazione del contenuto del contratto; salvo forse aspetti del tutto ac- cessori 11. Il prezzo, nonché ancora la quantità e la qualità dei beni che dovevano essere prodotti dalle varie imprese di Stato era già predetermi- nato a livello di piano, e così pure le altre imprese con cui dovevano essere conclusi i contratti per l’acquisto delle materie prime e dei semilavorati, e per la vendita dei prodotti finiti. L’area ex socialista ha però sempre costi- tuito un discorso a parte. A partire dalla fine degli anni ottanta lo sfalda- mento dell’ex Unione Sovietica ha comunque accelerato il processo di transizione dal piano al mercato, ed il conseguente tendenziale ritorno nell’alveo della tradizione giuridica occidentale.
Sebbene negli ordinamenti occidentali non si sia mai giunti ad una pianificazione e ad una ingerenza dello Stato nell’economia paragonabile a quella tipica degli ordinamenti dell’est europeo, in dottrina si è parlato diffusamente di crisi dell’autonomia privata; quasi come se il maggior di- rigismo statale tipico del ventesimo secolo avesse comportato un venir meno della libertà contrattuale dei privati cittadini.
In effetti tra contratti imposti, prezzi d’imperio, illiceità, sostituzione automatica di clausole, e integrazione del contratto sembrerebbe restare ben poco della piena libertà contrattuale tipica del diciannovesimo secolo. In realtà, sebbene i controlli ed i limiti dell’autonomia privata siano in- dubbiamente aumentati, non pare che il fenomeno in questione abbia comportato un venir meno dell’autonomia privata. Piuttosto si è trattato di un tentativo da parte del legislatore di distinguere il buono dal cattivo,
7 BEUDANT, Le droit individuel et l’Etat, Paris 1891.
8 BENATTI, Quello che resta dell’autonomia dei privati, in Studi in onore di Xxxxxxx Xxx- xxxx, II, Milano 2017, 1409-1421.
9 GOBBO, Il controllo dei prezzi industriali in Italia, Bologna 1982; Cass., 22 dicembre 1994, n. 11032, in GC, 1995, I, 1237.
10 RODOTÀ, Le fonti di integrazione del contratto, Milano 1969.
11 AJANI, Diritto dell’europa orientale, Torino 1996.
vale a dire le manifestazioni lecite dell’autonomia privata da quelle illecite. L’autonomia privata e la libertà contrattuale è infatti in linea di princi-
xxx un bene, sempre che non si ponga in contrasto con l’interesse genera- le, o causi in qualche modo pregiudizio a terzi. L’autonomia privata, al pari della concorrenza commerciale, e di qualsiasi altro diritto, incontra limiti oltrepassare i quali significa commettere un abuso. In questa pro- spettiva gli interventi limitativi del legislatore che si sono verificati nel corso del ventesimo secolo, non hanno tanto avuto la funzione di mettere in crisi l’istituto, quanto quella di circoscriverne il campo di operatività; distinguendo in particolare le forme di esercizio lecite dell’autonomia pri- vata rispetto a quelle illecite.
3. Le clausole negoziali
Autonomia privata significa altresì facoltà delle parti di inserire nel contratto clausole negoziali in deroga a norme di legge 12; il che è sempre possibile, con il solo limite costituito dalle norme imperative.
4. Gli atti unilaterali
Dai contratti occorre distinguere gli atti unilaterali, i quali consistono nella dichiarazione di volontà di una sola parte. Sono atti unilaterali l’atto di fondazione (art. 14 c.c.), la procura (art. 1387 c.c.), le promesse unilate- rali (art. 1987 c.c.), e così via.
Gli atti unilaterali, diversamente dai contratti, non sono disciplinati in termini generali dal legislatore, ma solo con riferimento alle singole fatti- specie. Ai sensi dell’art. 1324 c.c. risulta però stabilito che le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unila- terali tra vivi aventi contenuto patrimoniale 13. La giurisprudenza ha peral- tro precisato che l’estensione si riferisce esclusivamente alle norme che di- sciplinano il contratto in senso sostanziale e non anche a quelle che pre- vedono limitazioni sotto il profilo della prova 14.
Deve pertanto trattarsi di atti unilaterali: a) tra vivi, con esclusione de- gli atti a causa di morte come per esempio il testamento; nonché b) a con-
12 CONFORTINI (a cura di), Clausole negoziali, I, Milano 2017; ID., Corso di diritto civile, estratto da Clausole negoziali, Milano 2017; ID. (a cura di), Clausole negoziali, II, Milano 2019.
13 IRTI, Per una lettura dell’art. 1324 c.c., in RDC, 1994, I, 559; XXXXXXX, Il principio di ti- picità dei negozi unilaterali, Napoli 2018.
14 T. Lucca, 6 luglio 2018, n. 1095.
tenuto patrimoniale, con esclusione degli atti unilaterali a contenuto non patrimoniale come per esempio il riconoscimento di figlio naturale.
Agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale saranno per- tanto in primo luogo applicabili le norme sull’interpretazione del contrat- to; quelle sulla forma, che in linea di principio è libera, salva diversa pre- scrizione legislativa; quelle in tema di invalidità, nullità ed annullabilità, e così via. L’art. 1334 c.c. precisa ulteriormente che gli atti unilaterali pro- ducono effetto a partire dal momento in cui pervengono a conoscenza del- la persona alla quale sono destinati. Non è quindi sufficiente la loro ema- nazione, ma occorre che pervengano a conoscenza del destinatario.
5. Il principio di maggioranza e autonomia privata
Problemi particolari si pongono nel caso in cui l’atto di autonomia debba essere deciso da un ente collettivo, personificato, come per esempio le associazioni e le società o non personificato, come per esempio la co- munione. Nei casi di questo genere trova applicazione il principio di mag- gioranza 15, per cui la volontà dei più vincola anche gli altri, salvo che sia previsto un diritto di veto o ciascuno possa individualmente vincolare an- che gli altri. Il principio di maggioranza ovviamente comporta una coar- tazione della volontà di chi si viene a trovare in minoranza e proprio per questo motivo è stato oggetto di critiche da parte della dottrina; si consi- deri tuttavia che non sussistono alternative concretamente praticabili che consentano di coordinare più persone, senza coartare la volontà delle mi- noranze.
15 Sul principio di maggioranza nonché sulle sue possibili alternative si veda in partico- lare il classico studio di E. XXXXXXX, Il principio maggioritario. Profilo storico, Torino 1927, scritto anche in polemica antifascista, nonché X. XXXXXXX, Il principio di maggioranza nelle società personali, Padova 1960; ID., La forza del numero e la legge della ragione, Bologna 2007, nonché in tempi più recenti TAMPONI, Principio di maggioranza, legittimazione del po- tere e autonomia privata, in RDC, 2015, 1313-1329.
La nozione di contratto 25
Sezione seconda
CONTRATTO E RAPPORTI PATRIMONIALI
Sommario
1. Il termine contratto. – 2. La definizione di contratto. – 3. Costituire, regolare o estinguere. – 4. Rapporti giuridici. – 5. L’intento giuridico. – 6. I patti parasociali. –
7. Le lettere di intenti. – 8. La patrimonialità del rapporto. – 9. I contratti ad interessi non patrimoniali.
1. Il termine contratto
Il termine contratto deriva dal latino contrahere, e fa riferimento ad un’attività congiunta di per lo meno due soggetti, finalizzata al raggiun- gimento di un certo scopo 16. L’espressione contratto richiama quindi alla mente l’idea di accordo, di scambio dei consensi, di raggiungimento di un’intesa vincolante tra le parti.
Le accezioni del termine contratto sono peraltro numerose 17. Da un punto di vista terminologico l’espressione contratto può in primo luogo indicare il testo contrattuale redatto dai contraenti, sempre che essi ab- biano utilizzato la forma scritta. Da un punto di vista sostanziale il termi- ne contratto indica viceversa il raggiungimento di un accordo, di un’in- tesa, tra due o più soggetti.
Il termine contratto assume comunque un significato tecnico più ri-
16 XXXXXX, Promesse e contratto, in RDC, 1994, I, 823; X. XXXXXXXX, Il contratto oltre pri- vato e pubblico, Padova 1998; SOMMA, Il discorso concettuale come mark of a certain idea. Riflessioni storico-comparative in tema di strutture del consenso contrattuale, in RCDP, 2001, 258; E. GABRIELLI, Il contratto e l’operazione economica, in RDC, 2003, I, 93; AZZARO (a cura di), Contratto e mercato, Torino 2004; XXXXXXXXXX (a cura di), L’accordo contrattuale, Roma 2006; XXXXXXX, MILETTI, Tradizione civilistica e complessità del sistema, valutazioni storiche e prospettive della parte generale del contratto, Milano 2006; SACCO, Contratto (genotipi e feno- tipi), in DI-IV DPriv SezCiv, Agg., ****, Torino 2009, 127.
17 Sui vari significati dell’espressione contratto: XXXXXXXXXXX, Complessità del proce- dimento di formazione del contratto ed unità del negozio contrattuale, in RTPC, 1964, I, 1352; TAMPONI, Contributo all’esegesi dell’art. 1419 c.c., in RTPC, 1978, 105, 133 ss.; X.X. XXXXX, La nozione di contratto, in XXXXXXXX (a cura di), I contratti in generale, Torino 1999, I, 3, 12; CERQUETTI, Le regole dell’interpretazione tra forma e contenuto del contratto, Perugia 2008, 11. In una prospettiva storica: ALPA, Le stagioni del contratto, Bologna 2012.
stretto rispetto a quelli più generici di accordo, promessa 18, patto, con- venzione 19, intesa 20, che compaiono a volte nel linguaggio legislativo 21.
Specie in certe aree, come per esempio il diritto di famiglia, il legislato- re preferisce usare altre espressioni, come per esempio quella di conven- zione, tradizionalmente considerata più adatta ad indicare gli accordi, an- corché di carattere patrimoniale, raggiunti tra i coniugi. In altri casi tradi- zionalmente si preferisce l’espressione patto, come per esempio in materia di prelazione (pactum protomiseos). Questo può essere un indice delle dif- ferenze strutturali riscontrabili, sotto il profilo della causa, degli interessi perseguiti, e così via 22.
2. La definizione di contratto
Il legislatore non si accontenta peraltro di far riferimento al significato corrente, usuale, di contratto nel linguaggio comune, ma si premura di for- nire una definizione di contratto. In particolare ai sensi dell’art. 1321 c.c.:
“Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estin- guere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
Stando alla lettera di questa norma sembrerebbe quasi che il contratto si risolva nel puro accordo tra le parti; in realtà il 1321 c.c. deve essere coordinato con il 1325 c.c. che completa l’elenco dei requisiti minimi pre- visti per la presenza di un valido contratto, pur non facendo menzione dei contratti reali che presuppongono la datio rei e del problema dell’inte- grazione del contratto (1374 c.c.). Il 1321 c.c. definendo il contratto come un accordo, si limita ad indicare una parte per il tutto; si tratta dunque di un tipico esempio di sineddoche 23. In alcuni casi il legislatore richiede re- quisiti ulteriori, come per esempio l’atto pubblico alla presenza di due te-
18 XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Lineamenti della promessa di matrimonio secondo il nuovo codi- ce civile, in RDC, 1939, 12; anche per una ricostruzione storica e comparativa: MOCCIA, Promessa e contratto, in RDC, 1994, I, 819.
19 Tradizionalmente il termine è riferito agli accordi di natura non patrimoniale: MESSI- NEO, Convenzione dir. priv., in ED, X, Milano 1962, 510, 511; XXXXXXXXXXXX, I contratti normativi, Padova 1969, 119 ss.
20 Cass., 1° febbraio 1999, n. 827, in GCo, 1999, II, 223, con nota di DELLI PRISCOLI, La dichiarazione di nullità dell’intesa anticoncorrenziale da parte del giudice ordinario; il legisla- tore parla volutamente di intese anticoncorrenziali in modo tale da inglobare anche accordi di natura non contrattuale, come per esempio i gentlemen’s agreements, o ancora semplici ipotesi di parallelismo consapevole: PARDOLESI, Parallelismo e collusione oligopolistica, in FI, 1994, IV, 72.
21 XXXXXXXX, Xxxxxxxx, accordo, convenzione, patto (la terminologia legislativa nella ma- teria dei contratti), in RDCo, 1988, I, 3-18.
22 Più ampiamente: X. XXXXX, Trattato del contratto, 3 voll., Torino 2010.
23 MONATERI, La sineddoche, Milano 1984.
stimoni in materia di donazione; anche le parti possono inoltre richiedere elementi ulteriori, come per esempio la forma convenzionale (art. 1352 c.c.) e così via. Più elementi vengono richiesti, più è difficile configurare un valido contratto; meno ne vengono richiesti, maggiori sono le probabi- lità che le parti abbiano concluso un accordo giuridicamente vincolante; in questa prospettiva notevole rilevanza assume l’art. 2:101 PECL, ai sensi del quale il contratto è concluso quando le parti hanno manifestato la vo- lontà di vincolarsi giuridicamente ed hanno raggiunto un accordo suffi- ciente. Gli unici due requisiti ai fini della configurabilità di un valido con- tratto sono dunque la volontà di vincolarsi ed un accordo sufficiente; il che aumenta notevolmente le possibilità di ravvisare un valido contratto, il che è a sua volta funzionale alla riduzione dei costi transattivi ed all’in- cremento del volume globale degli scambi.
Specie in passato la dottrina si è lungamente interrogata circa il signi- ficato, nonché l’effettiva rilevanza delle definizioni giuridiche, che di tanto in tanto vengono enunciate dal legislatore. Può peraltro ritenersi che i dubbi circa la loro rilevanza giuridica sono ormai stati completamente superati 24. La dottrina concorda infatti che anche le definizioni giuridiche hanno una funzione precettiva ben precisa, in particolare esse assolvono l’importante funzione di definire l’ambito di operatività di una certa disci- plina; il che è particolarmente evidente in materia di contratto, dove l’art. 1321 c.c. svolge l’importante funzione di definire l’ambito di operatività della disciplina del contratto.
In queste condizioni si tratta peraltro di individuare, sulla base della lettura della norma in questione, a sua volta oggetto di interpretazione, quali sono gli elementi in presenza dei quali si è in presenza di un contratto.
A) Il primo elemento è sicuramente quello dell’accordo, vale a dire del- lo scambio dei consensi tra due o più parti.
La nozione di scambio dei consensi, di accordo, è però sicuramente generica rispetto a quella di contratto, così come definito dall’art. 1321
c.c. L’accordo non è infatti necessariamente un contratto. La nozione di accordo, ancorché giuridicamente rilavante, è infatti sicuramente più am- pia rispetto a quella di contratto.
B) Occorre quindi far riferimento ad elementi ulteriori; in particolare l’elemento che connota l’accordo, trasformandolo in un contratto giuridi- camente rilevante, è costituito dal contenuto dell’accordo; in particolare si ha contratto solo se si tratta di accordi finalizzati a costituire, regolare o estinguere tra loro rapporti giuridici patrimoniali.
24 BELVEDERE, Il problema delle definizioni nel codice civile, Milano 1977; DELLA CASA, Sulle definizioni legislative nel diritto privato, Torino 2004; LANTELLA, XXXXXX, DEGANELLO, Operazioni elementari di discorso e sapere giuridico, Torino 2004.
La compravendita è pertanto un contratto, proprio perché si tratta di un accordo finalizzato a produrre effetti giuridici di carattere patrimoniale. Il matrimonio, l’adozione, e più in generale gli accordi familiari, non sono contratti proprio perché non solo finalizzati a costituire, modificare o estin- guere rapporti di natura patrimoniale. Questo ovviamente non significa che il matrimonio o l’adozione non abbiano a loro volta effetti di carattere pa- trimoniale ben precisi; tradizionalmente si ritiene però che in questo genere di accordi prevalga la componente personale rispetto a quella patrimoniale, con la conseguenza di relegare gli aspetti patrimoniali in un secondo piano, vale a dire sotto il profilo delle conseguenze che in base all’ordinamento de- rivano dall’instaurazione del vincolo di carattere personale.
3. Costituire, regolare o estinguere
Il legislatore parla genericamente di costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. Da un punto di vista sistema- tico il contratto costituisce dunque un fatto giuridico, ed in particolare un atto umano bilaterale, lecito, il cui effetto è per l’appunto quello di costi- tuire, regolare o estinguere rapporti giuridici.
Il contratto può dunque costituire rapporti giuridici, può regolarli du- rante la loro esistenza, ed infine può estinguerli. Da un punto di vista si- stematico si nota quindi una corrispondenza quasi perfetta con la nozione di vicende del rapporto giuridico, salvo l’uso da parte del legislatore del termine regolare, il cui significato è leggermente più ampio rispetto a quello di modificare; in particolare si può regolare un rapporto anche quando ci si limita ad accertarlo 25.
4. Rapporti giuridici
Notevole rilevanza assume altresì la precisazione, che si desume dalla definizione legislativa di contratto, in base alla quale si tratta di accordi finalizzati ad incidere esclusivamente sul piano dei rapporti giuridici, che per l’appunto possono essere costituiti, regolati o estinti; a contrario se ne può desumere che il contratto non può in linea di principio venire ad in- cidere su realtà o meglio ancora su piani diversi, come per esempio quello delle fattispecie e quello degli effetti giuridici.
25 In dottrina si è parlato a questo proposito anche di negozio regolamentare, inteso co- me negozio di secondo grado, finalizzato a fissare, confermare, interpretare, risolvere, as- sorbire e così via un contratto precedentemente concluso tra le parti: G.D. XXXXXXXXXXXX, Considerazioni sul pactum de non petendo, in RN, 1086, 641, 609, ivi riferimenti.
La fattispecie si pone a monte, gli effetti giuridici a valle; o meglio an- cora la fattispecie costituisce un prius, gli effetti un posterius. In questa prospettiva l’autonomia privata non potrebbe venire ad incidere a) né sul piano delle fattispecie legali, come per esempio eliminando il requisito della causa o della forma ove richiesto, b) né su quello degli effetti, per esempio stabilendo che l’accordo non è vincolante sul piano giuridico.
In realtà entrambe queste affermazioni meritano di essere riviste. Per quel che riguarda il primo punto, la negazione della possibilità di modifi- care le fattispecie legali non appare del tutto corretta. Le parti non posso- no ovviamente venire ad escludere o modificare elementi previsti da nor- me di carattere imperativo a pena di nullità (art. 1418 c.c.). Un eventuale accordo finalizzato per esempio ad eliminare la causa, o la forma ove ri- chiesta a pena di nullità (artt. 1350, 1351 c.c.), non potrebbe ovviamente essere valido, ma sarebbe a sua volta inficiato da nullità per contrasto con norme imperative.
Questo non significa peraltro che le parti siano completamente prive di ogni possibilità di manovra. In particolare nulla impedisce alle parti di modificare elementi della fattispecie regolati da norme di carattere dispo- sitivo; come per esempio escludere la garanzia per vizi od evizione nella compravendita, o prevedere forme di responsabilità maggiori, in virtù per esempio di una clausola penale, e così via 26.
Si consideri ancora che le fattispecie legali sono in gran parte costituite da norme di carattere suppletivo, la cui funzione è proprio quella di forni- re un assetto di regole standard, anche in assenza di una diversa e specifi- ca previsione da parte dei contraenti; si pensi per esempio ai vizi del con- senso, alla rescissione, alla risoluzione del contratto per inadempimento, impossibilità ed eccessiva onerosità sopravvenuta, e così via.
Si tratta di conseguenze che discendono normalmente dalla conclusio- ne di un contratto; questo però non significa che le parti possono disporre in senso contrario, per esempio in virtù di clausole di irresolubilità, riferi- te ai casi di inadempimento, impossibilità ed eccessiva onerosità soprav- venuta, e così via. Le clausole di assunzione del rischio sono infatti gene- ralmente ammesse sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza.
In queste condizioni il problema non sembra tanto quello di escludere la possibilità per i contraenti di modificare le fattispecie legali, quanto quello di stabilire in quali casi ciò è possibile ed in quali casi ciò risulta vietato 27.
26 È stata per esempio giudicata valida la clausola inserita in un contratto di assicura- zione che escludeva la possibilità di contestare la falsità delle informazioni fornite: Cass., 22 maggio 1958, n. 1718, in RDCo, 1960, II, 1, con nota contraria di XXXXX: “La clausola di incontestabilità per dichiarazioni inesatte o reticenti, prevista in un contratto d’assicurazio- ne dopo la decorrenza di un dato termine, è applicabile anche se l’assicurato muoia prima che sia decorso il termine”.
27 Non è per esempio consentito disporre del possesso separatamente rispetto al diritto
Anche in questo caso fondamentale importanza assume la distinzione tra norme derogabili ed inderogabili. Ne consegue pertanto che, salvo il limite costituito da norme imperative, nulla osta alle parti di modificare anche le fattispecie legali. Ne consegue pertanto che mentre le parti non hanno la facoltà di escludere il ricorso alla forma scritta, ove prescritta a pena di nullità (artt. 1350, 1351 c.c.), nulla esclude che le parti possano prevedere l’impiego di formalità particolari, anche ove non richiesto dal legislatore (art. 1352 c.c.).
Parimenti l’autonomia privata può in qualche misura operare in mate- ria di garanzie e privilegi 28. Un discorso comparabile può essere ripetuto per quel che riguarda le norme di diritto processuale. Anche in questo ambito l’accordo tra le parti, sarà valido solo nel caso in cui non si ponga in contrasto con norme di carattere imperativo. In giurisprudenza si è così ritenuto valido l’accordo con cui le parti assumevano reciprocamente l’impegno di non far eseguire una sentenza prima del suo passaggio in giudicato 29; sempre secondo la Corte di Cassazione, l’accordo con cui le parti hanno assunto l’impegno di effettuare un tentativo di conciliazione prima di agire in giudizio ha una rilevanza meramente interna tra le par- ti, con conseguente obbligo di risarcire i danni, ma non esclude la possi- bilità di agire comunque in giudizio, vista l’irrinunciabilità dei diritti pro- cessuali 30.
Il contratto può altresì costituire nuovi soggetti di diritto nei casi previ- sti dalla legge; si pensi per esempio alle associazioni ed alle società.
di proprietà: Cass., 27 settembre 1996, n. 8528, in RN, 1998, 279; in GI, 1998, 934: “Il con- tratto preliminare atipico con cui le parti, in base all’autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.), si siano obbligate, rispettivamente, ad alienare e ad acquistare la sola situazione possessoria è nullo, ai sensi degli artt. 1418 e 1325 c.c., per impossibilità dell’oggetto”; Cass., 8 agosto 1996, n. 7283; XXXXXX, Circolazione del possesso e autonomia privata, Napoli 2003.
28 PARENTE, Nuovo ordine dei privilegi ed autonomia privata, Napoli 1981.
29 Cass., 12 agosto 1991, n. 8774, in GI, 1992, I, 1, 484; in FI, 1992, I, 1845: “È legittima l’obbligazione reciproca negativa assunta dalle parti di non far eseguire una sentenza, pri- ma del suo passaggio in giudicato, sebbene questa sia già, per legge, eseguibile. Infatti, in questo caso, l’interesse privato di evitare reciproche attribuzioni patrimoniali e incombenze processuali tra le parti, a seconda delle vicende del processo di cognizione, coincide con cri- xxxx di economia processuale”.
30 Cass., 13 luglio 1992, n. 8476, in GI, 1993, I, 1, 1518: “L’inosservanza di una clausola contrattuale che obblighi le parti, prima di promuovere l’azione giudiziaria, ad esperire un tentativo di amichevole componimento della lite può determinare unicamente conseguenze di natura sostanziale, come l’obbligazione di risarcimento del danno, ma non ha rilevanza nel sistema processuale e non comporta l’improcedibilità, neppure temporanea, dell’azione giudiziaria promossa senza aver ottemperato all’obbligo in discorso, non implicando detta clausola rinuncia alla tutela giurisdizionale, atteso anche che i presupposti processuali per la validità del procedimento, rispondendo ad esigenze di ordine pubblico, possono trovare ragione di esistenza soltanto nella legge e non nell’autonomia privata”.