LINEE GUIDA PER LA REDAZIONE DEI PIANI URBANI DELLA MOBILITÀ
Direzione Infrastrutture di Trasporto
LINEE GUIDA PER LA REDAZIONE DEI PIANI URBANI DELLA MOBILITÀ
(settembre 2003)
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI COSTRUZIONI E TRASPORTI
00000 XXXXXX (Xxxxx) - Xxx Xxxxxxx, 0
A cura di: Xxxx XXXXX XXXXX
Xxxxxxxx XXXXX
INDICE
PARTE I – ASPETTI GENERALI E DEFINIZIONI 2
1 Generalità 2
2 Obiettivi del PUM e misure di efficacia 4
2.1 Finalità ed obiettivi generali 7
2.2 Le informazioni 8
3 Aspetti normativi 9
4 Gli ambiti di applicazione previsti dalla normativa nazionale 10
5 Gli ambiti della Regione Veneto 10
6 Integrazione e coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione 11
PARTE II – LINEE GUIDA REGIONALI PER LA REDAZIONE DEI PUM 13
1 Generalità 13
2 Finalità del PUM 14
3 Gli ambiti di applicazione 14
4 Analisi delle criticità del sistema di trasporto attuale. 16
5 Strategie di intervento, indicatori di obiettivo e valori attuali 17
6 Obiettivi di qualità oltre che obiettivi di quantità 18
7 Coordinamento con altri strumenti di pianificazione 18
8 Gli scenari di riferimento e scenari di progetto 19
9 Conseguimento degli obiettivi del PUM 19
10 Effetti complessivi, valutazioni economiche ed ambientali 19
11 Metodologia, modelli utilizzati. 20
12 Procedura di adozione del piano 20
Appendice A – “Best practices”
Appendice B – L’esperienza dei PDU (Plans des Déplacements Urbains) francesi
Appendice C – Il coordinamento tra urbanistica e trasporti: spunti dall’esperienza svizzera
Appendice D – La procedura per il finanziamento nelle bozze ministeriali
PARTE I – ASPETTI GENERALI E DEFINIZIONI
1 Generalità
La normativa nazionale sui temi della programmazione dei trasporti ha introdotto un nuovo strumento identificato come Piano Urbano della Mobilità.
Si tratta di uno strumento caratterizzato da un riferimento temporale di medio- lungo periodo e da un riferimento spaziale concernente le realtà urbane più importanti (comuni o gruppi di comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti).
In accordo con quanto stabilito dall’articolo di legge istitutivo1 la definizione di Piano Urbano della Mobilità data dal Piano Generale dei Trasporti e della logistica nazionale (PGT), configura tale strumento come “progetto di sistema” fondato su un insieme di investimenti e di innovazioni organizzative-gestionali da attuarsi per fasi in un definito arco temporale (nell’ordine della decina d’anni), in grado di mettere le Amministrazioni Locali in condizione di gestire più efficacemente i temi della mobilità.
Tale strumento costituisce, negli intenti del PGT, la risposta “normativa” ai problemi di mobilità tipici delle aree densamente urbanizzate caratterizzate da un elevato numero di spostamenti cui è associata, generalmente, una ridotta velocità commerciale media. Allo scopo, come viene sottolineato, occorre mettere in atto un processo di pianificazione integrato tra l'assetto del territorio ed il sistema dei trasporti.
Il PUM è identificato, pertanto, come nuovo strumento per la pianificazione della mobilità nel medio-lungo periodo, con un ruolo di complementarietà con il
1 L’ articolo 22 della legge n. 340 del 2000 ("Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999") al comma 1 recita quanto segue:
“Al fine di soddisfare i fabbisogni di mobilità della popolazione, assicurare l’abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l’aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la minimizzazione dell’uso individuale dell’automobile privata e la moderazione del traffico, l’incremento della capacità di trasporto, l’aumento della percentuale di cittadini trasportati dai sistemi collettivi anche con soluzioni di car pooling e car sharing e la riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree urbane, sono istituiti appositi piani urbani di mobilità (PUM) intesi come progetti del sistema della mobilità comprendenti l’insieme organico degli interventi sulle infrastrutture di trasporto pubblico e stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle tecnologie, sul parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura dei mobility manager, i sistemi di controllo e regolazione del traffico, l’informazione all’utenza, la logistica e le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle città.”
PUT (Piano Urbano del traffico) il quale fa riferimento al breve periodo con interventi di tipo organizzativo piuttosto che infrastrutturale.
Il PUM si presenta come strumento integrato con:
- gli altri strumenti di programmazione settoriale: il PUT (strumento di gestione settoriale di breve periodo) il PRIT (regionale), Piani di Bacino (provinciali);
- gli strumenti di programmazione urbanistica (PRG, PTP, PRUSST, Piani d’area,…)
Dagli attuali riferimenti normativi (ancora incompleti per l’attesa emanazione dello specifico regolamento previsto dalla legge 340/2000) si evince che lo strumento del PUM è stato concepito per la necessità di razionalizzare l’assetto decisionale i cui limiti attuali sono in prima istanza riconducibili alla difficoltà di governare il sistema attraverso i soli strumenti di pianificazione e programmazione urbanistica, nonché alla scarsa efficacia degli approcci monotematici evidenziati dall’esperienza di applicazione delle leggi speciali di finanziamento (122/89- parcheggi, 211/92-tram e metro, 66/98 piste ciclabili, …). Il PUM viene, sotto questo aspetto, identificato quale modalità operativa per la richiesta di cofinanziamento per progetti complessi che devono avere la caratteristica di essere legati ad una sequenza di obiettivi (obiettivi di mobilità e generali stabiliti dagli enti di governo alla scala regionale, nazionale, europea).
Si vuole accentuare l’importanza di un approccio di tipo strategico introducendo il principio del finanziamento per obiettivi piuttosto che per progetti.
L’elaborazione del PUM dovrà favorire l’Identificazione delle criticità del sistema con riferimento ad una serie di obiettivi dichiarati e l’effettuazione della valutazione delle soluzioni mediante interventi per i quali si prevede esplicitamente la misurazione degli effetti.
In una situazione in cui il percorso decisionale si fa sempre più complesso, per la necessità di integrare l’azione e l’interesse di più soggetti, è opportuno che il Piano si faccia carico, oltre che della rappresentazione del progetto, anche della rappresentazione dell’assetto delle decisioni e del contenuto informativo necessario.
Pertanto il Piano dovrà preoccuparsi di rappresentare oltre che i progetti
anche le due dimensioni degli attori e degli obiettivi.
Secondo queste premesse il PUM dovrà possedere tre requisiti fondamentali:
1. Elaborare e presentare uno scenario di riferimento integrato a livello comunale o sovracomunale delle politiche della mobilità;
2. Identificare gruppi di azioni (progetti ed interventi) sui quali fare convergere risorse di diversa provenienza (interventi con forme di cofinanziamento);
3. Prevedere e monitorare gli effetti degli interventi.
La bozza di regolamento ministeriale2 stabilisce che il procedimento di formazione e di approvazione dei PUM è di competenza delle Regioni; nello stesso documento si fa riferimento alla necessità di costituire un fondo statale riservato al cofinanziamento di elaborazione del PUM, che si aggiunge a quello per il cofinanziamento della realizzazione dei PUM stessi. Vengono inoltre identificati il procedimento di formazione ed approvazione del PUM, i requisiti minimi dei relativi contenuti, i criteri di priorità nell’assegnazione delle risorse, le modalità di erogazione del finanziamento statale, di controllo dei risultati e le relative procedure3.
2 Obiettivi del PUM e misure di efficacia
Lo scopo principale delle linee guida regionali per la realizzazione dei PUM riguarda la definizione degli elementi minimi necessari alla costruzione di un approccio strategico alla programmazione degli interventi nel campo del trasporto di merci e di persone.
L’esperienza dimostra la necessità di spostare l’attenzione dai progetti agli obiettivi. Troppe volte il progetto di intervento tecnico si identifica quale obiettivo primario dell’azione tecnica e politica. Le attività per l’acquisizione del finanziamento (redazione del progetto e definizione degli accordi) assorbe la maggior parte delle risorse dedicate ad ogni iniziativa.
Il progetto di intervento non è pertanto concepito come strumento per perseguire il miglioramento di certi aspetti e di un certo assetto del sistema (assetto definito negli strumenti di programmazione), ma costituisce per se stesso l’obiettivo da raggiungere. Questo succede per la difficoltà di rendere organiche e coordinate le programmazioni dei diversi soggetti competenti, insieme al costante riferimento alla necessità di agire con urgenza. Ogni intervento rimane così auto- referenziato e la correlazione agli obiettivi generali di funzionamento del sistema passa in secondo piano o viene data per scontata.
L’isolamento del singolo progetto appare a volte come un vantaggio di semplificazione delle procedure, soprattutto quando si opera in condizioni di urgenza o emergenza. Tuttavia la carenza di riferimenti concreti alla strategia generale (obiettivi di livello superiore ed indicatori di stato del sistema) è spesso la causa della difficoltà di costituire la necessaria convergenza di interessi e di consenso da parte dei diversi attori coinvolti. Infatti al singolo intervento tecnico restano associati numerosi motivi di conflittualità che sarebbero sensibilmente
2 Una bozza di regolamento è rintracciabile nel documento “Regolamento per il cofinanziamento statale dei Piani Urbani della Mobilità (PUM). Prime indicazioni”, aprile 2003.
3 Non siamo in grado di prevedere quale sarà l’effettivo ruolo combinato di stato e regioni per la costruzione e finanziamento dei PUM. Allo stato attuale il dibattito tecnico-politico sembra aver prodotto uno stallo fra le posizioni di chi sostiene la necessità di una guida centrale alle iniziative e la posizione di chi sostiene la necessità di attuare il principio della delega pressoché totale alle regioni.
ridotti attuando preventivamente una condivisione degli obiettivi di livello superiore.
Per spiegare gli effetti di una eccessiva semplificazione del percorso decisionale facciamo riferimento ai due schemi di fig. 1.
Il primo schema (fig 1.a) corrisponde alla rappresentazione di una strategia nella quale sono identificati quattro livelli strettamente correlati che comprendono:
1. Finalità generali (es. il miglioramento della qualità ambientale, la promozione dello sviluppo, migliorare il trasporto pubblico, aumentare l’efficienza, la sicurezza…);
2. Obiettivi specifici (es. la riduzione degli incidenti stradali che coinvolgono pedoni, la riduzione delle giornate di superamento delle concentrazioni di inquinanti, l’aumento della regolarità delle corse del servizio di trasporto,…). Si tratta di obiettivi caratterizzati dalla correlabilità a precisi indicatori e quindi di tipo “misurabile”.
3. I progetti di intervento, cioè le azioni proposte (es. realizzazione di opere, riassetto tariffario, altri interventi)
4. Serie di indicatori (es. numero di incidenti, concentrazione di inquinanti, numero di passeggeri trasportati, introiti tariffari…)
Il secondo schema (fig. 1.b) identifica una strategia semplificata a due livelli dove sono rappresentate le finalità/obiettivi generali e la serie di azioni (o progetti) proposte dal piano. Corrispondono a questo approccio semplificato molte iniziative che partono dal presupposto della necessità di potenziamento del sistema infrastrutturale e dove la realizzazione di interventi di tipo infrastrutturale costituisce l’obiettivo operativo.
Le attività per la gestione di una strategia a quattro livelli sono sicuramente più complesse e richiedono la predisposizione di specifiche risorse. Tuttavia i vantaggi sono considerevoli e riguardano principalmente:
- Una maggiore efficacia del dibattito tecnico-politico, per la possibile separazione del momento politico (identificazione degli obiettivi) dal momento tecnico (identificazione delle soluzioni);
- Una maggiore conoscenza dei fenomeni e decisioni più informate;
- La crescita di una competenza sui problemi oltre che sui progetti;
- Una minore conflittualità delle decisioni, per una possibile condivisione degli obiettivi rispetto alle soluzioni prospettate.
Una strategia orientata alla semplificazione delle procedure che non precisa il sistema degli obiettivi specifici e degli indicatori di efficacia è finalizzata a rendere rapida l’attuabilità gli interventi ed a ridurre i tempi di elaborazione dei documenti. Il vantaggio di questo approccio “semplificato”, alla luce dei risultati osservabili su diverse iniziative condotte nel periodo passato o recente appare piuttosto illusorio. E’ frequente riscontrare che un progetto in avanzata fase di elaborazione venga messo in discussione, con la necessità di costosissimi interventi di aggiornamento
ed integrazione, a causa di carenze (tecniche o politiche) di informazione e/o di comunicazione.
Uno degli elementi caratterizzanti l’approccio strategico alla pianificazione dei trasporti è costituito dal carattere normativo della stessa: in sostanza non vengono solo identificati gli obiettivi (aspetto politico) ma vengono anche dettate le modalità (aspetto normativo) per il perseguimento degli stessi. In tal senso è utile operare una classificazione degli obiettivi: in generale essi derivano da successive specificazioni di valori e finalità: i valori rappresentano i punti di riferimento a carattere etico che riflettono alcune aspirazioni dell’uomo; la loro specificazione in forma atta ad essere perseguiti con azioni umane è rappresentata dalle finalità. La specificazione operativa delle finalità in relazione ad un determinato contesto spazio-temporale porta all’identificazione degli obiettivi. In questo contesto gli obiettivi hanno la caratteristica di essere associabili a degli indicatori misurabili.
(b) (a)
Fig. 1 – Pianificazione per obiettivi (a) o per progetti (b).
Un esempio esplicito del processo descritto riferito ad un ambito urbano è mostrato in fig. 2.
Fig. 2 – Esempio di rappresentazione della strategia per un piano della mobilità in ambito urbano.
2.1 Finalità ed obiettivi generali
Le linee guida nazionali e regionali forniscono le indicazioni circa gli obiettivi generali (finalità) del Piano. Nella bozza di regolamento di cui si è detto sono suggeriti alcuni di essi; è evidente il richiamo ai temi dell’accessibilità, del rispetto dell’ambiente e della sicurezza in coerenza con le attuali tendenze delle politiche nazionali e comunitarie. In sostanza gli obiettivi da perseguire con il Piano potranno essere ricondotti ai seguenti gruppi:
1. favorire l’approccio strategico alle decisioni (finanziamento per obiettivi e non per progetti)
2. soddisfare i bisogni di mobilità della popolazione (obiettivo ovvio?);
3. abbattere i livelli di inquinamento acustico ed atmosferico;
4. ridurre i consumi energetici;
5. aumentare i livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale;
6. minimizzare l’uso individuale dell’automobile privata;
7. incrementare la capacità di trasporto (obiettivo ovvio?);
8. aumentare la percentuale di cittadini trasportati con mezzi alternativi all’auto privata (anche con carpooling e car-sharing);
9. ridurre i fenomeni di congestione nelle aree urbane;
10. internalizzazione dei costi esterni del trasporto (cioè far percepire il costo delle esternalità);
11. sviluppare gli strumenti per effettuare un bilancio del costo della mobilità nelle diverse componenti (investimenti, manutenzioni, consumi, ecc.);
12. attuazione di strumenti per la valutazione/verifica degli impatti delle politiche urbanistiche.
Altri obiettivi generali possono essere dedotti dalla conoscenza della realtà territoriale locale e delle situazioni problematiche ad essa associate:
- identificazione e messa in sicurezza dei punti neri della rete stradale ed in particolare negli attraversamenti dei siti sensibili (attraversamenti abitati e luoghi centrali dei quartieri);
- gestione del traffico pesante (attraversamenti);
- migliorare le condizioni per gli spostamenti delle componenti “deboli” (spostamenti a piedi, bicicletta, persone a ridotta capacità motoria);
- migliorare l’offerta di trasporto collettivo verso i comuni di cintura e per il raccordo dei luoghi centrali dei quartieri;
- favorire l’addensamento urbanistico sugli assi serviti dal TPL e razionalizzare gli accessi sulla rete stradale (coordinamento con le politiche urbanistiche).
2.2 Le informazioni
L’identificazione degli obiettivi propriamente detti, nonché delle misure di intervento su cui misurare l’efficacia delle decisioni mediante indicatori significativi opportunamente costruiti, costituisce uno degli elementi centrali dell’attività del PUM.
Si tratta di un’attività piuttosto complessa che deve essere accompagnata da un adeguato livello di informazione (strumenti informativi).
Le linee guida regionali potranno individuare una serie di indicatori da adottare nell’ambito del Piano quali strumenti per la caratterizzazione dello stato attuale del sistema e come misura dell’efficacia degli interventi programmati sia in fase previsionale che di verifica. Tali grandezze richiedono elementi di conoscenza che potranno essere dedotti da un sistema informativo appropriato che il Piano dovrà prevedere quale strumento centrale sia della fase di analisi e valutazione delle diverse situazioni problematiche, sia dell’attività di monitoraggio che deve accompagnare le diverse fasi di sviluppo del piano.
In fase di formazione del PUM, sarà opportuno individuare (per quanto possibile) realtà nazionali od internazionali simili a quelle dell’ambito territoriale di interesse cui riferirsi in un’analisi di tipo “benchmarking” in relazione ai valori degli indicatori da assumere come riferimento.
3 Aspetti normativi
L’articolo istitutivo della legge 340/2000 al comma 4 prevede la redazione di un regolamento nazionale in cui devono essere definiti l’elenco delle autorizzazioni legislative di spesa di cui al comma 1, il procedimento di formazione e di approvazione dei PUM, i requisiti minimi dei relativi contenuti, i criteri di priorità nell’assegnazione delle somme, nonché le modalità di erogazione del finanziamento statale, di controllo dei risultati e delle relative procedure.
Attualmente è in fase di definizione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in coordinamento con la conferenza delle Regioni un “Regolamento per il cofinanziamento statale dei Piani Urbani della Mobilità (PUM): prime indicazioni” che contiene le indicazioni sulle procedure ed i requisiti necessari per l’ammissione al cofinanziamento statale sia per la redazione che per la realizzazione degli interventi dei PUM.
Nel documento viene posto in evidenza come il quadro legislativo attuale imponga una revisione di quanto stabilito dal comma 4 precedentemente citato. In particolare, facendo riferimento alle modifiche introdotte all’art. 17 della Costituzione con legge costituzionale nr. 3 del 18 ottobre 2001, si è stabilito come il procedimento di formazione e di approvazione dei PUM sia di competenza delle Regioni; lo Stato, d’altro canto, deve dettare le linee di indirizzo utili a garantire su tutto il territorio nazionale eguali condizioni di accessibilità ai soggetti. In virtù di quest’ultima considerazione, deve assumere il ruolo di cofinanziatore di specifici interventi dei PUM: in sostanza agli enti locali è lasciato il compito di definire le soluzioni di intervento che vengono cofinanziate dallo Stato laddove tali interventi consentano di raggiungere precisi e quantificabili obiettivi prefissati, nell’ambito di PUM redatti con opportune metodologie e coinvolgenti ampi bacini di mobilità.
Nel documento citato si auspica, inoltre, il finanziamento di un apposito fondo per la redazione dei PUM e per la realizzazione degli interventi e delle attività previste dai medesimi, come conseguenza della piena attuazione della modifica costituzionale e, quindi, del passaggio alle Regioni dei fondi previsti dall’art. 22 della legge 340/2000, ferme restando quanto stabilito dall’art. 19 della Costituzione.
L’istituzione di tale fondo per il cofinanziamento degli interventi nei PUM e per la redazione dei medesimi ha determinato la necessità di definire una proposta di regolamento sui criteri di ammissibilità degli interventi al cofinaziamento statale. Coerentemente con quanto stabilito dall’art. 22 della legge 340/2000, nella suddetta proposta di regolamento vengono stabiliti:
- i requisiti minimi dei contenuti dei PUM;
- l’elenco delle autorizzazioni di xxxxx;
- i criteri di priorità nell’assegnazione delle somme;
- le modalità di erogazione del finanziamento;
- le modalità di controllo dei risultati e delle relative procedure.
Nel documento citato si pone in evidenza la necessità che il PUM sia redatto tenendo conto di quanto previsto dalla legislazione della regione in cui ricade l’area oggetto di intervento.
In generale si richiama l’attenzione sull’importanza del più ampio coinvolgimento sia di soggetti pubblici che privati nella redazione del piano.
La compatibilità e la coerenza del piano con le previsioni degli strumenti di pianificazione a valenza locale devono essere verificate ed eventualmente certificate secondo le procedure stabilite dagli enti locali.
4 Gli ambiti di applicazione previsti dalla normativa nazionale
Il comma 2 dell’art. 22 della legge 340/2000 identifica i soggetti che possono presentare richiesta di cofinanziamento sul fondo ministeriale in misura non superiore al 60% per la redazione del PUM e per la realizzazione degli interventi relativi:
a) singoli comuni o aggregazioni di comuni limitrofi con popolazione complessiva superiore ai 100.000 abitanti;
b) le province aggreganti comuni limitrofi con popolazione superiore ai 100.000 abitanti d’intesa con in comuni stessi;
c) le regioni nel caso di aree metropolitane di tipo policentrico e diffuso, d’intesa con in comuni interessati;
d) i comuni con popolazione inferiore ai 100.000 che per ragioni tecniche, geografiche o socio-economiche adeguatamente motivate non possono fare parte delle aggregazioni di cui sopra.
5 Gli ambiti della Regione Veneto
Per quanto riguarda il Veneto, in prima analisi, possono essere identificati due livelli territoriali significativi ai fini della definizione degli ambiti di applicazione dei Piani Urbani della Mobilità.
Nella nostra realtà si percepisce la necessità di razionalizzare la pianificazione settoriale considerando almeno due livelli:
- un primo livello costituito dai centri urbani più significativi e dai sistemi urbani comprendenti i comuni della cintura aventi relazioni importanti con gli stessi (potremmo parlare in questo caso di PUM “di area urbana”)
- un secondo livello può comprendere ambiti allargati come ad esempio tutta o parte dell’area centrale veneta con il territorio servito dal sistema ferroviario metropolitano regionale (SFMR) in fase di realizzazione (potremmo parlare in questo caso di PUM “di area vasta”).
Rimane il problema di precisare la diversità e complementarietà dei due strumenti: PUM di area urbana e PUM di area vasta.
Ribadiamo il concetto generale in base al quale il PUM si caratterizza per essere uno strumento di coordinamento decisionale senza alterare le prerogative di responsabilità dei singoli enti che aderiscono alla iniziativa. Pertanto resta
aperta la possibilità per i vari enti di valutare come più efficace l’adesione al progetto di un PUM di area urbana oppure al progetto di un PUM di area vasta.
Una ulteriore possibilità riguarda la utilizzazione contemporanea (sullo stesso territorio) dei due strumenti, sviluppando i PUM a livello di polo urbano (secondo un approccio integrato multiobiettivo) e proponendo inziative di area vasta (PUM di area vasta) caratterizzate da obiettivi circoscritti ad ambiti tematici (ad esempio con riferimento alle singole problematiche del trasporto pubblico, del trasporto merci, dell’ assetto della grande viabilità, del coordinamento delle strategie ambientali,…). In questo caso il PUM tematico di area vasta assume il ruolo di strumento attuativo degli indirizzi del Piano Regionale dei trasporti PRT4.
6 Integrazione e coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione
Nella bozza di regolamento ministeriale viene messo in evidenza come il Piano Urbano della Mobilità, in analogia con esperienze internazionali di pianificazione dei trasporti in area urbana, debba integrarsi con le altre forme di pianificazione urbanistico territoriale, ambientale, economica e igienico-sanitaria.. Tale affermazione è coerente con quanto affermato nel PGT (Piano Generale dei Trasporti nazionale) in cui si precisano le relazioni che devono essere garantite tra il PUM e le altre forme di pianificazione trasportistiche e non-trasportistiche. In tal senso nel PGT viene precisato come il PUM sia nettamente differenziato dal PUT (Piano Urbano del Traffico) ma con esso interagente. Il PUM è un piano strategico di medio-lungo termine, con il quale si affrontano problemi di mobilità la cui soluzione richiede “investimenti” e quindi risorse finanziarie e tempi tecnici di realizzazione. Gli obiettivi, ancorché complanari con quelli previsti dai PUT, vengono perseguiti “non a risorse infrastrutturali inalterate”. Il PUT, invece, essendo un piano tattico di breve periodo, assume “risorse infrastrutturali inalterate” ed organizza al meglio l’esistente; esso è, quindi, sostanzialmente un piano di gestione. In tale ottica è evidente che, spesso dall'analisi delle criticità irrisolvibili con il PUT nascono le opere previste dal PUM e che il PUT, una volta realizzate le opere del PUM, dovrà essere rivisto poiché risulta mutato l’insieme delle infrastrutture disponibili.
4 Per chiarezza si riportano le definizioni del Piano Generale dei Trasporti dove si mette in risalto il fatto che il piano regionale PRT si riferisce ad un ambito territoriale esteso (regione) mentre i PUM si riferiscono ad aree più ristrette, in modo specifico nel cap.10 si dice: “Il PUM si differenzia nettamente anche dal Piani Regionale dei Trasporti (PRT). Quest'ultimo, infatti, è un piano alla scala regionale nel quale sono previste opere di ben più ampio ambito territoriale rispetto a quelle previste dal PUM che sono, invece, alla scala urbana e/o metropolitana. Le opere normalmente previste nei PRT per il trasporto terrestre delle persone sono essenzialmente ferroviarie e/o stradali d'interesse regionale o almeno interprovinciale.”
Nel medesimo documento di pianificazione nazionale viene osservato come il PUM debba trovare una integrazione sinergica con i programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio.
Inoltre, per quanto riguarda l'aspetto urbanistico, nel PGT si osserva come sia “indispensabile che gli interventi previsti dal PUM abbiano la forza di variante dei piani urbanistici (il PUM li integra per le sue parti di competenza), del Piano Regolatore Generale (PRG) e di altri piani (PRUSST, Piani Integrati, ecc.). Inoltre il PUM, con le politiche e le previsioni della mobilità, costituisce uno degli elementi rilevanti per la predisposizione degli strumenti urbanistici generali ed attuatitivi: il tema della mobilità, anche in base ai suoi aspetti ambientali, rivisto alla luce delle tematiche della pianificazione territoriale, può assumere il valore di “standard” qualitativo. Tale concetto va esteso alla pianificazione di area vasta, anche in base alla definizione dei soggetti beneficiari dei finanziamenti per obiettivi di mobilità”.
PARTE II – LINEE GUIDA REGIONALI PER LA REDAZIONE DEI PUM
1 Generalità
L’ articolo 22 della legge nr. 340 del 2000 ("Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999") definisce i Piani Urbani della Mobilità quali strumenti di pianificazione dei trasporti di medio-lungo periodo intesi come progetti del sistema della mobilità. In accordo con l’impostazione data dall’articolo istitutivo il Piano Nazionale dei Trasporti configura i PUM quali strumenti utili alle Amministrazioni Locali per la gestione della mobilità da attuarsi mediante un insieme di investimenti e di innovazioni organizzative-gestionali da realizzarsi per fasi in un arco temporale di medio-lungo periodo. L’elemento innovativo che contraddistingue tali piani è l’introduzione del principio di pianificazione per obiettivi e non per progetti. Identificare le criticità del sistema tenendo conto di finalità ed obiettivi e, quindi, valutare soluzioni mediante interventi di varia natura di cui si va a prevedere e misurare gli effetti, costituisce il percorso naturale di una pianificazione intesa quale strumento di supporto alle decisioni quale dovrà essere quella caratterizzante i PUM negli intenti del legislatore. Il carattere normativo della pianificazione impone non solo l’identificazione degli obiettivi (aspetto politico) ma anche la definizione delle modalità (aspetto normativo) per il perseguimento degli stessi. L’identificazione degli obiettivi propriamente detti, nonché delle misure di intervento su cui misurare l’efficacia delle decisioni mediante indicatori significativi opportunamente costruiti, costituisce, d’altra parte, uno degli elementi centrali dell’attività del PUM. Si tratta di un’attività piuttosto complessa che deve essere accompagnata da un adeguato livello di informazione.
Le linee guida regionali individuano una serie di indicatori da adottare nell’ambito del Piano quali strumenti per la caratterizzazione dello stato attuale del sistema e come misura dell’efficacia degli interventi programmati sia in fase previsionale che di verifica. Tali grandezze richiedono elementi di conoscenza che potranno essere dedotti da un sistema informativo appropriato che il Piano dovrà prevedere quale strumento centrale sia della fase di analisi e valutazione delle diverse situazioni problematiche, sia dell’attività di monitoraggio che deve accompagnare le diverse fasi di sviluppo del piano.
Un ulteriore elemento caratterizzante questi nuovi strumenti di pianificazione è evidenziato nel Piano Nazionale dei Trasporti è la necessità di mettere in atto un processo di pianificazione integrato tra l'assetto del territorio ed il sistema dei trasporti. Pertanto il PUM si presenta come strumento da integrare con gli altri strumenti di programmazione settoriale (il PUT quale strumento di gestione settoriale di breve periodo, il PRIT regionale, i Piani di Bacino ) e con gli strumenti di programmazione urbanistica (PRG, PTP, PRUSST, Piani d’area,…).
Nel seguito sono messi in evidenza gli elementi essenziali caratterizzanti il PUM anche in riferimento alle definizioni previste nella bozza di regolamento nazionale in fase di elaborazione.
2 Finalità del PUM
Il Piano Urbano della Mobilità è concepito quale (nuovo) strumento di supporto e di coordinamento decisionale.
Le attività di costruzione del piano sono pertanto costituite da elaborazioni di tipo progettuale (identificazione degli interventi specifici sul sistema della mobilità), ma sono anche costituite da attività finalizzate al coordinamento decisionale ed operativo (elaborazione di strumenti per l’informazione, il controllo, la partecipazione, la verifica).
L’elaborazione del PUM dovrà favorire l’Identificazione delle criticità del sistema con riferimento ad una serie di obiettivi dichiarati e l’effettuazione della valutazione delle soluzioni mediante interventi per i quali si prevede esplicitamente la misurazione degli effetti.
In una situazione in cui il percorso decisionale si fa sempre più complesso, per la necessità di integrare l’azione e l’interesse di più soggetti, è opportuno che il Piano si faccia carico, oltre che della rappresentazione del progetto, anche della rappresentazione dell’assetto delle decisioni e del contenuto informativo necessario.
Pertanto il Piano dovrà preoccuparsi di rappresentare oltre che i progetti
anche le due dimensioni degli attori e degli obiettivi.
Secondo queste premesse il PUM dovrà possedere tre requisiti fondamentali:
1. Elaborare e presentare uno scenario di riferimento integrato, a livello comunale o sovracomunale, delle politiche della mobilità;
2. Identificare gruppi di azioni (progetti ed interventi) sui quali fare convergere risorse di diversa provenienza (interventi con forme di cofinanziamento);
3. Prevedere e monitorare gli effetti degli interventi.
3 Gli ambiti di applicazione
L’elaborazione del PUM può essere promossa direttamente da comuni o gruppi di comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti, oppure dalle province o dalla stessa Regione, previo accordo con gli enti interessati.
Nel Veneto, possono essere identificati due livelli territoriali significativi ai fini della definizione degli ambiti di applicazione dei Piani Urbani della Mobilità:
- un primo livello costituito dai centri urbani più importanti e dai sistemi urbani comprendenti i comuni della cintura aventi relazioni importanti con gli stessi (PUM “denso”)
- un secondo livello può comprendere articolazioni più ampie del sistema urbano come ad esempio l’area centrale veneta, che include il territorio servito
dal sistema ferroviario metropolitano regionale (SFMR) in fase di realizzazione (PUM “diffuso”).
Comprensori di primo livello
La regione identifica quali comprensori di primo livello (PUM denso) gli ambiti costituiti da polarità urbane (comuni principali) che presentano una significativa dinamica di mobilità. Utilizzando i dati relativi alla mobilità sistematica dell’ultimo censimento disponibile (mobilità casa-lavoro) sono stati selezionati i comuni veneti aventi un numero significativo di spostamenti giornalieri attratti (superiore a
20.000 unità) ottenendo un elenco di 17 polarità che coinvolgono potenzialmente circa 120 comuni.
Polo | Spostamenti giornalieri di | |
Urbano/Metropolitano | persone attratti dal comune | |
principale | ||
dati ISTAT 1991, casa-lavoro, | ||
casa-studio | ||
1 | Venezia | 200.000 |
2 | Padova | 180.000 |
3 | Verona | 160.000 |
4 | Vicenza | 82.000 |
5 | Xxxxxxx | 00.000 |
6 | Xxxxxx | 00.000 |
7 | Bassano | 28.000 |
8 | Belluno | 22.000 |
9 | Xxxxx | 00.000 |
10 | Xxxxxxxxxx | 00.000 |
11 | Xxxxxxxxxxxx | 00.000 |
12 | Chioggia | 21.000 |
13 | S.Dona di Piave | 20.000 |
Fig. 3 – Regione Veneto, mobilità sistematica intercomunale, relazioni con più di 1000 spostamenti giorno (ISTAT 1991).
4 Analisi delle criticità del sistema di trasporto attuale
Il PUM deve fornire un’adeguata caratterizzazione del funzionamento del sistema dei trasporti attuale, finalizzata a porre in evidenza le situazioni problematiche di maggior rilievo che ne limitano le prestazioni, oltre a fornire la base di riferimento per la valutazione degli effetti degli interventi proposti dal Piano. A tale scopo andranno indagate:
a) Le caratteristiche qualitative e quantitative della domanda di mobilità ricavate sulla base di indagini campionarie, dati da fonte e simulazioni;
b) La struttura dell’offerta infrastrutturale e dei servizi per: (a) TPL collettivo su ferro e su gomma, (b) rete stradale; (c) sistema della sosta; (d) distribuzione delle merci.
c) Le politiche adottate per il controllo della domanda di mobilità;
d) I dati relativi all’inquinamento e alla qualità dell’aria;
e) Gli aspetti economici della gestione dei trasporti.
Gli elementi descritti costituiscono la base informativa necessaria ad inquadrare lo stato attuale del sistema anche mediante la definizione di opportuni indicatori.
5 Strategie di intervento, indicatori di obiettivo e valori attuali
Il piano dovrà descrivere la strategia proposta con riferimento alle seguenti aree problematiche:
1. Riassetto modale (ripartizione delle quote di domanda fra i diversi modi di trasporto)
2. Trasporto Pubblico;
3. Rete Viaria;
4. Sistema della sosta e dell’intermodalità;
5. Distribuzione delle merci;
6. Mobilità ciclo-pedonale;
7. Sicurezza stradale;
8. Emissioni e consumi energetici;
9. Strumenti per la gestione ed il coordinamento;
L’identificazione della strategia di intervento richiede la definizione dei seguenti elementi: gli obiettivi da perseguire; gli indicatori sui quali misurare il grado di attuazione degli obiettivi; le azioni di progetto (i progetti di intervento).
Per ciascuno degli obiettivi del Piano vanno riportati espliciti indicatori di raggiungimento dei risultati ed il loro valore attuale.
Nel seguito sono indicati a titolo esemplificativo alcuni indicatori di obiettivo ritenuti di interesse generale:
Obiettivo Indicatori
soddisfare il fabbisogno di
mobilità riduzione inquinamento
atmosferico riduzione inquinamento
acustico riduzione consumi
energetici
livello di accessibilità
concentrazione inquinanti
livello medio pressione sonora (Leq) / popolazione esposta
consumo di TEP da fonte non rinnovabile
aumento livello sicurezza Numero incidenti, numero feriti gravi,
numero morti.
ripartizione modale quote di ripartizione modale, spazio pubblico
asservito ai modi dolci
qualità del trasporto
pubblico incremento affidabilità trasporto pubblico incremento capacità trasporto pubblico
velocità media, cadenzamento, frequenza, coefficiente di riempimento, copertura territoriale
numero corse fuori orario posti x km offerti
efficienza rete stradale tempi di percorrenza
potenziare le infrastrutture a servizio della bicicletta recupero spazio pubblico occupato dalle autovetture Favorire l’elaborazione dei piani degli spostamenti casa-lavoro e casa-studio
estesa della rete ciclabile (riservata, protetta, promiscua)
metri quadrati recuperati all’uso pedonale, al trasporto pubblico
numero di aziende che hanno adottato il piano PSCL, numero di scuole (di studenti)
6 Obiettivi di qualità oltre che obiettivi di quantità
Si sottolinea che i piani di nuova generazione, nell’identificazione degli obiettivi dovranno tenere in debita considerazione gli obiettivi di qualità oltre ai classici obiettivi di quantità (es. capacità delle infrastrutture). Emergono su altri gli obiettivi di riqualificazione ambientale e di riduzione dell’incidentalità stradale: fenomeni che presentano elevatissimi costi sociali. In particolare il PUM si confronterà con gli obiettivi del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale che prevede un notevole investimento di risorse tecniche, organizzative e conoscitive finalizzate alla riduzione di almeno il 40% degli incidenti con danni alle persone entro 10 anni. Il PUM si farà carico di promuovere e sostenere le iniziative per la costituzione di nuove modalità e nuovi strumenti di controllo, monitoraggio e gestione della sicurezza.
7 Coordinamento con altri strumenti di pianificazione
Nell’ambito del PUM occorre affrontare e garantire il coordinamento e la coerenza del Piano con gli altri strumenti di programmazione ed in particolare:
- Piano Generale dei trasporti
- Piano Regionale dei Trasporti
- Piano di tutela e risanamento dell’atmosfera (ARPA Veneto)
- Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (PNSS)
- Procedure di Valutazione Ambientale Strategica (VAS)
- Piani Generali del Traffico Urbano
- Piani di Bacino del TPL
- PRUSST
- Piani d’area
- Piano Territoriale di Coordinamento.
Il PUM dovrà identificare le iniziative più adeguate a favorire il coordinamento.
8 Gli scenari di riferimento e scenari di progetto
Il PUM dovrà rappresentare diversi scenari di riferimento nell’orizzonte decennale oltre ad eventuali assetti intermedi;
I diversi scenari saranno caratterizzati da diverse ipotesi e strategie alternative e dovranno essere correlati con lo stato attuale.
Gli scenari saranno descritti con strumenti adeguati con riferimento a:
- infrastrutture esistenti;
- interventi in realizzazione, programmate con copertura finanziaria;
- interventi organizzativi e gestionali per l’ottimizzazione del sistema di trasporto.
Per ciascuno scenario di riferimento vanno evidenziate, mediante modelli di previsione, le criticità del sistema di trasporto e calcolati gli indicatori di obiettivo.
Lo scenario di progetto (scenario di riferimento contenente le proposte progettuali del piano) sarà rappresentato con riferimento ai seguenti aspetti:
- la definizione degli interventi del PUM;
- l’analisi della coerenza con gli strumenti di programmazione;
- la verifica di prefattibilità tecnica ed ambientale delle opere;
- la progettazione funzionale di ogni intervento;
- la definizione degli interventi organizzativi e gestionali che si intendono adottare.
9 Conseguimento degli obiettivi del PUM
Gli effetti del PUM in relazione al raggiungimento degli obiettivi si valutano in via preliminare mediante modelli di previsione e simulazione che consentono di stimare le grandezze utili alla quantificazione degli indicatori.
Il PUM deve inoltre prevedere ed indicare le modalità, gli strumenti, le attività ed eventualmente i soggetti per realizzare:
- il monitoraggio dell’attuazione del piano;
- il monitoraggio degli esiti (verifica ex-post degli indicatori).
10 Effetti complessivi, valutazioni economiche ed ambientali
La valutazione degli effetti complessivi degli scenari di progetto rispetto agli scenari di riferimento dovrà avvenire in termini trasportistici, ambientali, territoriali, economici, finanziari e gestionali.
Il PUM sarà elaborato considerando la necessità di soddisfare ai requisiti della procedura di Valutazione Ambientale Strategica prevista dalla direttiva europea 2001/42/CE, secondo i criteri nazionali di recepimento che saranno definiti entro luglio 2004.
Il PUM dovrà confrontarsi con l’obiettivo di avviare le attività utili e necessarie per la realizzazione di un bilancio dei costi della mobilità con riferimento ai costi pubblici diretti (investimenti, manutenzioni, esercizio), ai costi privati (costi degli utenti), ai costi pubblici indiretti (esternalità relative all’inquinamento, alla sicurezza,…).
11 Metodologia, modelli utilizzati.
Si richiede al PUM una particolare attenzione nella individuazione e nella descrizione accurata delle metodologie e dei modelli di valutazione/simulazione adottati.
Si richiede altresì una cura nella descrizione delle fonti di dati utilizzate e nel creare le condizioni all’accessibilità alle basi dati, allo scopo di costituire le premesse della fase di verifica degli esiti dell’attuazione del Piano.
12 Procedura di adozione del piano
La procedura di adozione del PUM viene definita nell’ambito dell’accordo di collaborazione preliminare sottoscritto fra gli enti ed altri soggetti aderenti all’iniziativa. L’accordo viene preliminarmente approvato dalla Regione.
L’accordo preliminare dovrà precisare altresì le modalità organizzative per la redazione del Piano.
In generale si prevede la costituzione di tre organismi:
a. un comitato di coordinamento con i compiti di rappresentanza politico- istituzionale e di indirizzo.
b. un comitato tecnico con compiti di indirizzo e consulenza tecnica, eventualmente organizzato in gruppi di lavoro tematici.
c. una segreteria tecnica dotata degli strumenti per il supporto organizzativo alle attività. La segreteria tecnica è caricata anche del compito di coordinare le attività di verifica delle fasi di attuazione e della gestione delle fasi di consultazione.
Le procedure di finanziamento saranno definite nell’ambito degli specifici provvedimenti regionali, nazionali e/o europei.
Appendice A
“Best practices”
A1
Edinburgh’s Local Transport Strategy
Ambito territoriale: Città di Edinburgo (Scozia), circa 450.0000 abitanti.
Tema dello studio: Il Local Transport Strategy è centrato sulla necessità di creare alternative di viaggio migliori per gli spostamenti interni, attratti e generati dall’area urbana di Edinburgo. In tal senso il piano punta alla realizzazione di un sistema in cui l’auto può avere un nuovo ruolo servendo e non dominando la città. Il Local Transport Strategy (LTS) definisce tale visione e le politiche da mettere in atto al fine di assicurarne la piena attuazione.
Inizio del progetto: 2000
Orizzonte temporale: il Local Transport Strategy prevede tre differenti orizzonti temporali di riferimento,
- fino a tre anni (breve termine)
- da tre a cinque anni (medio termine)
- da 5 a 20 anni (lungo termine)
Soggetti coinvolti: Amministrazione locale (City of Edinburgh Council’s)
Finalità: l’amministrazione locale di Edimburgo ha individuato sette finalità preminenti (chiamate “strategic aims”):
- fornire servizi di qualità
- promuovere la città a livello nazionale ed internazionale
- sviluppare l’economia locale
- ridurre la povertà e le condizioni di svantaggio
- promuovere un ambiente sano e sostenibile
- fare in modo che la comunicazione e la consultazione avvengano in maniera efficiente
- sviluppare la propria l’organizzazione ed il proprio staff
Da esse sono state derivate le finalità relative al sistema dei trasporti (specificazione delle precedenti):
- sviluppare la sicurezza per tutte le strade e per gli utenti dei trasporti
- ridurre gli impatti ambientali legati al fenomeno della mobolità
- sostenere l’economia locale
- promuovere la salute
- ridurre le barriere sociali
- massimizzare il ruolo delle strade quale luogo per incontrarsi e divertirsi
Obiettivi:
1. aumento dell’accessibilità
2. ridurre l’uso dell’auto
3. incoraggiare e facilitare l’uso del trasporto pubblico, della bicicletta e degli spostamenti pedonali
4. ridurre gli impatti indesiderati quali gli incidenti stradali ed i danni ambientali
5. ridurre il predominio delle auto nell’uso delle strade anche per ciò che attiene lo stazionamento
6. sviluppare la propensione della popolazione con basso reddito o delle categorie deboli ad utilizzare il sistema dei trasporti, specialmente il trasporto pubblico, la bicicletta ed i percorsi a piedi
7. mantenere ad un livello accettabile in termini di sicurezza e confort la rete stradale ed ogni altro servizio a supporto degli spostamenti a piedi, con la bicicletta e sui mezzi di trasporto pubblico
Indicatori e targets:
1. Indicazioni qualitative relative alla necessità di incremento dell’accessibilità
2. Indicazioni quantitative:
a. Intera città: stabilizzare ai valori del 1996 i dati di traffico dei veicoli privati per il 2005 e ridurre del 10% detti valori entro il 2010;
b. Centro città: al 2005, riduzione del traffico del 10% rispetto al valore del 1996 e del 30
% al 2010.
3. Targets per la ripartizione modale relativamente ai residenti in Edinburgo al 2010
Ripartizione modale (in percentuale) da raggiungere al 2010
Bicicletta | Piedi | Trasporto pubblico | Motoveicoli | Autoveicoli | ||
Spostamenti per i maggiori di anni 16 | 6 | 26 | 23 | b | 45 | |
Lavoro1 | 10 | 18 | 38 | 1 | 34 | |
Acquisti | 5 | 32 | 18 | b | 45 | |
Scuola | 6 | 60 | 25 | b | 9 |
1 Escluso lavoro da casa
b Spostamenti da incoraggiare
4. a - Sicurezza stradale
Riduzioni da raggiungerea
Categoria 2005 2010
Morti 14b 10b
Incidenti con morti e feriti gravi 25% (per arrivare a 225) 33% (per arrivare a 201)
Totale incidenti con feriti 10% (per arrivare a 2128) 25% (per arrivare a 1773) Incidenti con feriti di età compresa tra 0 e 15 anni 25% (per arrivare a 268) 33% (per arrivare a 239) Ciclisti (tasso di incidenti per chilometri percorsi) 25% 33%
Pedoni (tasso di incidenti per chilometri percorsi) 10% 25%
a: riduzioni basate sui valori medi calcolati per gli anni 1993-1997
b: riduzioni basate sui valori medi determinati nel trienni precedente la data considerata
4. b – Inquinamento dell’aria
Entro il 2005 o 2010, raggiungimento dei valori di biossido di Azoto e dei particolati ai valori previsti dagli standards di qualità dell’aria propri della Grand Bertagna e delle direttive UE in materia.
4. c – Inquinamento acustico Targets non identificati.
5. Si prevede la determinazione di appropriati indicatori legati all’obiettivo di ridurre il predominio delle auto nell’uso delle strade in analogia con quanto proposto in uno studio compiuto per la città di San Xxxxxxxxx.
6. Vedi punto 5.
7. Non specificati in termini quantitativi.
Stato di avanzamento: Il Consiglio Comunale di Edimburgo ha sottoposto nel luglio del 1999 una versione temporanea del Local Transport Strategy all’esecutivo Scozzese prevedendo di inviare la versione completa entro il luglio del 2000, coprendo gli anni finanziari 2001-2004.
Referenze: xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx.xx
A2
Cornwall Local Transport Plan 2001-2006
Ambito territoriale: Cornovaglia (UK). La Cornovaglia è una contea rurale e marittima con una popolazione di 488.400 (dati 1998). È inclusa all'interno della regione a sud-ovest dell'Inghilterra, ha una superficie di 3.559 chilometri quadrati ed è la seconda più grande contea nella regione. La densità demografica dei quattro distretti occidentali varia da 185 a 202 persone per il chilometro quadrato. Nella parte orientale la densità risulta inferiore con un minimo di soltanto 68 persone per il chilometro quadrato nella zona nord.
Tema dello studio: Il LTP si sviluppa all'interno di un contesto di lunga durata, comprende obiettivi di natura economica, sociale ed ambientale di ampio respiro. La sua natura implica la necessità di identificare gli obiettivi di trasporto sia di lungo che di breve termine, di individuare una strategia generale e di precisare le diverse linee di azione e le proposte.
Inizio del progetto: 2001
Orizzonte temporale: 5 anni
Soggetti coinvolti: nello schema seguente sono evidenziati i soggetti coinvolti nel processo redazione del piano
Finalità:
1. Ridurre gli effetti negativi del trasporto, promuovere la salute, proteggere e sostenere l'ambiente.
2. Migliore la sicurezza per tutti i viaggiatori.
3. Contribuire ad un'economia locale efficiente ed ad un suo sviluppo sostenibile
4. Promuovere l’accessibilità al lavoro ed ai servizi per tutte le persone ed in particolare per gli utenti privi di auto
5. Promuovere l’integrazione tra tutte le forme di trasporto
Obiettivi:
1. O1: contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2 ed altre emissioni nocive legate al trasporto, mediante
O2: aumentare la proporzione dei viaggi fatti con modi e mezzi sostenibili
O3: aumentare la consapevolezza fra i residenti e non della necessità di introduzione di mezzi con caratteristiche di sostenibilità
O4: con riferimento alla rete autostradale, promuovere programmi di gestione a supporto dell’ambiente e della biodiversità
2. O5: ridurre il numero di morti e feriti gravi a casa di incidenti stradali O6: garantire la riduzione del numero di incidenti
O7: migliorare la sicurezza dei pedoni, dei ciclisti, delle persone fisicamente impedite e dei bambini
O8: ridurre, in collaborazione con le istituzioni preposte, il crimine ed il timore che avvengano atti delittuosi nell’ambito del trasporto di persone e merci
3. O9: consentire spostamenti efficaci ed efficienti delle persone e delle merci all’interno dell’area di studio
O10: gestire i problemi presenti nel sistema di trasporto al fine di ridurre la congestione ed aumentare l’efficienza
O11: mantenere ed accrescere l’attrattività, la vitalità e la viabilità delle aree urbane rendendo accessibili i luoghi di impiego, i servizi ed i negozi a tutte le categorie sociali
O12: dare impulso al turismo sostenibile
4. O13: sviluppare l’integrazione sociale fornendo alternative di trasporto soprattutto nelle aree rurali
O14: accrescere le opportunità di accesso al sistema dei trasporti per consentire agli utenti fisicamente impediti di compiere spostamenti
O15: sostenere la conservazione dei sistemi di vendita, dell’educazione e della sanità a livello locale al fine di ridurre la necessità di spostamento
5. O16: lavorare in cooperazione per ottenere un sistema di trasporto efficiente ed integrato O17: assicurare che gli indirizzi di pianificazione futuri vadano verso la riduzione della lunghezza e del numero dei viaggi, in modo particolare per gli autoveicoli
O18: sostenere la strategia di gestione del territorio prevista nel County Structure Plan
O19: sostenere gli investimenti nei sistemi di telecomunicazione moderni e nella tecnologia dell’informazione che darà nuovo impulso all’interazione sociale ed economica riducendo la domanda di mobilità.
Indicatori e targets:
- I1: entro il 2011, la durata dei periodi medi in cui si hanno condizioni di congestione nelle strade principali di accesso alle dieci principali città della regione non dovrà superare i valori misurati nel 1999/2000.
- I2: entro il 2011, i flussi medi nelle ore di punta nel centro delle dieci principali città non dovrà superare i livelli del 1997
- I3: entro il 2011, aumentare il numero di spostamenti relativi al TP del 30% rispetto ai valori del 1997
- I4: entro il 2011, aumentare il numero di spostamenti a piedi del 10% rispetto ai valori del 2001
- I5: entro il 2006, raddoppiare l’uso della bicicletta rispetto ai valori del 1996
- I6: incoraggiare tutte le aziende nuove o esistenti con più di 350 dipendenti a dotarsi di un piano di spostamenti
- I7: incoraggiare tulle le nuove scuole o quelle in fase di espansione ad adottare un piano di spostamenti casa-scuola
- I8a: entro il 2010, ottenere una riduzione di almeno il 40% rispetto ai valori medi del periodo 1994-1998, nel numero di morti o feriti gravi a causa di incidenti stradali
- I8b: entro il 2010, ottenere una riduzione minima del 50% (rapportata ai dati medi del periodo 1994-1998) nel numero di morti e di feriti gravi per incidenti stradali di età inferiore ai 16 anni
- I8c: entro il 2010, non avere incrementi nel numero totale di incidenti rispetto ai valori medi del periodo 1994-1998
- I9: entro il 2006, ridurre dal 44% al 25% l’estensione della rete delle strade principali che richiede interventi di manutenzione
- I10: entro il 2004, completare il consolidamento delle infrastrutture e dei ponti sulla rete stradale primaria
- I11: entro il 2004, identificazione tutti i ponti e le infrastrutture presenti nella rete stradale della contea non conformi agli standard
- I12 entro il 2011, raddoppiare il volume della merce trasportata mediante treno e nave con riferimento ai valori del 1997
- I13 entro il 2004, tutti i piani locali di distretto dovranno includere indicazioni dettagliate per guidare alla realizzazione di un sistema insediativo caratterizzato da un adeguato livello di accessibilità per i diversi modi di trasporto
Stato di avanzamento:
Un requisito del processo di realizzazione del Local Transport Plan è documentare la fase di attuazione mediante la redazione di rapporti annuali Annual Progress Report (APR). L’APR fornisce un meccanismo di verifica sul livello di raggiungimento degli obiettivi locali e sul grado di perseguimento delle finalità locali e nazionali. Tale strumento viene usato dal Governo per effettuare l’allocazione delle risorse finanziarie.
A luglio del 2002 è stato sottoposto a verifica l’ APR relativo all’anno finanziario 2001/2002.
Referenze: xxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx.xx/Xxxxxxxxx/Xxx/Xxxxxxx.xxx
A3
Southampton Local Transport Plan 2001/2 to 2005/6
Ambito territoriale: Southampton si trova nel cuore di una città-regione di 750.000 abitanti ed all’interno dell’area metropolitana del centro-sud dell’Inghilterra (1,75 milioni di abitanti). La popolazione di Southampton è di circa 216.000 abitanti. Altri dati significativi:
- popolazione che si sposta per lavoro nell’area regionale: 566.000
- popolazione con un tempo di viaggio inferiore all’ora: 4.540.000
- popolazione scolastica: 30.654
- popolazione scolastica superiore: 33.000.
Tema dello studio: Con il LTP il Consiglio cittadino intende definire, con riferimento ad un orizzonte temporale di 5 anni, obiettivi, politiche e piani di investimento unitari per i trasporti. Il piano costituisce, inoltre, uno strumento per ottenere dall’Amministrazione Centrale risorse utili allo sviluppo di un sistema di trasporti sicuro, accessibile, integrato e sostenibile. Esso presenta le politiche dei trasporti previste per la città e descrive gli investimenti programmati per ciascuno dei cinque anni di riferimento.
Inizio del progetto: 2001
Orizzonte temporale: 2001/2 to 2005/6
Soggetti coinvolti: Amministrazione locale e popolazione mediante forme di consultazione pubblica.
Finalità ed obiettivi generali: Il documento Draft Regional Planning Guidance per il Sud-est dell’Inghilterra (RPG9) pubblicato nel marzo del 2000, identifica, riconoscendone l’elevato potenziale di sviluppo, Southampton quale area di particolare interesse per la “rigenerazione” economica. Detto piano dà rilievo alla necessità di potenziamento del servizio di trasporto pubblico in relazione ad una possibile riduzione del trasporto privato ed ad un incremento dell’accessibilità. Nel capitolo 9 l’RGP9 presenta la “Regional Transport Strategy” contraddistinta da nove temi (finalità da perseguire) di primario interesse:
- minimizzare la necessità di spostamento mediante lo sviluppo di politiche per un migliore uso del territorio
- promuovere la consapevolezza degli effetti degli spostamenti e la pianificazione dei viaggi per le attività che generano mobilità
- adottare degli standard per lo stazionamento dei veicoli
- promuovere la mobilità pedonale e l’uso della bicicletta
- sviluppare il servizio di TP per competere in modo efficiente con il trasporto privato
- promuovere un sistema di distribuzione della merce pienamente integrato
- promuovere uno sviluppo sostenibile dei porti
- assicurare un accesso sostenibile agli aeroporti
- rivedere e sviluppare gli investimenti regionali a supporto delle strategie di intervento sul territorio
Obiettivi:
1. Accessibilità
2. Fornire i migliori risultati in termini di costi e risorse impiegate, sia pubbliche che private, per rispondere alle esigenze del cittadino
3. Città sicura: assicurare la sicurezza fisica sia reale che percepita durante il viaggio
4. Economia, imprenditorialità e lavoro: sostenere l’occupazione ed il benessere economico attraverso la politica dei trasporti
5. Salute, ambiente e sostenibilità: ridurre il rumore e le emissioni determinate dal trasporto e promuovere modelli di vita salubri e sostenibili
6. Integrazione sociale: sostenere i propositi di integrazione sociale della città e promuovere la parità sociale mediante le politiche dei trasporti
Indicatori e targets:
Accessibilità
• Il 98% della popolazione dovrà risiedere a meno di 400 metri da una fermata del Bus o da una stazione ferroviaria fornendo almeno un servizo di trasporto orario tra le 7.30 e le 18.00 da lunedì al sabato.
• Il 100% delle intersezioni dovranno avere dei servizi per i disabili entro il 2006
• Entro il 2003 dovranno essere sviluppati i servizi di trasporto per le persone con assistenza sociale
• Entro il 2008 dovranno realizzarsi adeguati interventi sul sistema di trasporto per rispondere alle esigenze della popolazione giovane
• Entro il 2002 dovrà essere ridotta la percezione negativa da parte delle persone anziane circa l’informazione sui servizi di trasporto
Sicurezza e protezione
Entro il 2010, partendo dai dati medi annuali sugli incidenti stradali calcolati nel periodo 1994- 1998:
• ridurre del 40% il numero complessivo di morti e feriti in modo grave
• ridurre del 50% il numero di ragazzi (minori di 16 anni) morti o gravemente feriti
• ridurre del 10% il numero di incidenti di lieve entità (facendo riferimento al numero di incidenti per milioni di veicoli-chilometro)
• aumentare del 20% il numero di bambini di età tra i 10 e gli 11 anni che imparano ad andare in bicicletta
• ridurre del 2% ogni anno il numero di reati compiuti a scapito delle auto in sosta
Sostenibilità
• Raggiungere i target nazionali di qualità dell’aria riducendo le emissioni nocive
• Entro il 2010, ridurre le emissioni di biossido di carbonio legate al traffico a valori inferiori del 20% a quelli del 1990
• Ridurre la proporzione di veicoli privati circolanti nelle ore di punta sui percorsi primari del centro cittadino al 65% entro il 2005 e al 60% entro il 2010
• Aumentare la xxxxxxxx xxxxx xxxxxxxxxxx xxx xxxxx xxxxxxxx xxxx’xxxx xxx xxxxxx xxxxxxxxx nelle ore di punta al 30% entro il 2005 ed al 33% entro il 2010
• Entro il 2003 il 50% degli enti pubblici e delle società private presenti nel centro cittadino e delle scuole dovranno partecipare alla “pianificazione” degli spostamenti
• Aumentare la percentuale di spostamenti con mezzo pubblico nell’area del centro cittadino nelle ore di morbida al 25% entro il 2005 ed al 28% entro il 2010
• Aumentare la frazione degli spostamenti che usano la bicicletta dal 1,6% (dato medio 1994- 1996) al 4% al 2005 ed al 7% entro il 2010.
Integrazione sociale
• ottenere un incremento continuo nelle espressioni di soddisfazione (rilevate mediante indagini) da parte dei gruppi sociali emarginati riguardo ai servizi di trasporto
• rimuovere completamente i graffiti di tipo razzista
Imprese ed impiego
• Raggiungere un miglioramento continuo nell’opinione (derivata da indagini specifiche, Southampton Business Survey) sulle condizioni del trasporto nella città
Stato di avanzamento: è stato pubblicato il resoconto annuale “Annual Progress Report 2003”.
Referenze: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxx.xxx.xx/xxxxxxxxx/xxx/xxx.xxxx
A4
Plan des Déplacements Urbains (PDU) 2000-2010 di Grenoble
Ambito territoriale: Comunità urbana di Grenoble (23 comuni) circa 370.000 abitanti
Tema dello studio: La città di Grenoble rappresenta una realtà che si è distinta negli ultimi anni per il notevole impegno nell’attuazione di iniziative a favore dei sistemi di mobilità alternativa. Grenoble vanta la realizzazione di due tra le prime linee di tram moderno, attuate negli anni ottanta ed accompagnate da significativi interventi complementari di natura urbanistica.
In occasione dell’elaborazione del recente Piano della Mobilità (PDU-2000) si è potuto effettuare un bilancio e rilanciare un programma strategico per la mobilità. Da segnalare che l’evoluzione della mobilità registrata a Grenoble ha evidenziato per gli anni 80 una dinamica apparentemente paradossale: il trasporto pubblico è cresciuto del 40% (passando da una incidenza dal 10% al 14%
sulla mobilità complessiva), ma è cresciuto anche l’uso dell’autovettura passato dal 38% al 54%. Si tratta dell’esito di una combinazione di fattori che hanno migliorato l’utilizzabilità del trasporto pubblico nelle relazioni verso la parte centrale della città, con fattori di natura urbanistica e comportamentale che hanno portato ad un aumento nell’uso dell’autovettura nelle relazioni alla scala territoriale.
Il PDU è stato condotto con riferimento alla realtà della comunità urbana (23 comuni per 370.000 abitanti) investendo molte risorse per coinvolgere nel lavoro la molteplicità di soggetti pubblici e privati. Il PDU è stato elaborato sulla base del lavoro di tre gruppi di lavoro principali (comitato di coordinamento, comitato di consulenza tecnica, comitato delle rappresentanze istituzionali) coadiuvati da una decina di gruppi di lavoro tematici (del tipo: pedonalità, ciclabilità, trasporto pubblico, stazionamento, circolazione, finanziabilità, coordinamento urbanistico,…)
Inizio del progetto: 1996
Orizzonte temporale: 10 anni con aggiornamento/verifica a metà percorso (5 anni).
Soggetti coinvolti: SMTC (Syndicat mixte des transports en commun) coordinamento generale + tutti i soggetti istituzionali coinvolti nei gruppi di lavoro.
Finalità: Possiamo riconoscere quattro finalità generali tra loro parzialmente correlate:
1. Migliorare la qualità della vita e dell’ambiente urbano;
2. Favorire la vitalità economica, culturale, commerciale e rafforzare il ruolo di polarità primaria nel contesto della regione alpina (università e servizi di scala regionale);
3. Favorire una politica solidale fra le realtà territoriali della comunità urbana, gestire la difesa dei luoghi più sensibili;
4. Puntare ad un riequilibrio modale nella ripartizione della domanda di mobilità fra i diversi mezzi di trasporto, a favore dei modi “dolci”.
Sulla base di questi aspetti sono stati confrontati tre scenari di base attraverso un lavoro durato circa due anni. Gli scenari corrispondono a:
(a) scenario corrispondente alla somma-unione delle previsioni dei diversi soggetti implicati territorialmente;
(b) scenario favorevole al potenziamento dei modi alternativi all’auto (senza investimenti in nuove infrastrutture stradali;
(c) scenario tutti i modi. Questo scenario prevede l’adozione di un vincolo quantitativo sui finanziamenti che prevede l’attribuzione del 50% delle risorse al potenziamento del Trasporto Pubblico, il 10% per la riqualificazione degli spazi pubblici (modi dolci) ed il 40% delle risorse per interventi sulla circolazione veicolare (per la maggior parte dedicati al completamento della tangenziale - Rocade nord);
Obiettivi:
• Potenziare il trasporto collettivo nell’agglomerazione
• Creare una vera offerta di trasporto su ferro alla scala metropolitana
• Ottimizzare il funzionamento della grande viabilità
• Completare la rete viaria principale (tunnel Bastille)
• Aggiornare la politica dello stazionamento
• Favorire i modi alternativi all’auto (riduzione dell’inquinamento)
• Promuovere comportamenti nuovi da parte degli utenti
Indicatori e targets:
Ripartizione modale
Per la mobilità interna il PDU di Grenoble dichiara la necessità di porsi l’obiettivo ambizioso di riduzione di 6 punti per la quota modale dell’autovettura, un aumento di 3 punti per la quota di trasporto collettivo e delle due ruote.
1985 | 1992 | 2010 | |
auto privata | 48% | 54% | 48% |
trasporto pubblico | 11% | 14% | 17% |
due ruote | 5% | 5% | 8% |
spostamenti a piedi | 36% | 27% | 27% |
Modo di trasporto ripartizione
ripartizione
ripartizione di piano
per la mobilità di scambio
1992 | 2010 | |
auto privata | 94% | 89% |
trasporto pubblico | 5% | 10% |
due ruote | 1% | 1% |
spostamenti a piedi | - | - |
Modo di trasporto ripartizione
ripartizione di piano
Emissioni inquinanti
Si prevede una riduzione minima del 50% delle emissioni inquinanti relative a: polveri sottili, monossido di carbonio, COV, Nox.
Spazio occupato dalle autovetture
Si prevede che il 10% dello spazio attualmente dedicato all’autovettura (circolazione e sosta) venga messo a disposizione del Trasporto collettivo.
Emissioni acustiche
Portare dal 25% al 20% la popolazione esposta a livelli sonori superiori a Leq 65 dB(A).
Sicurezza stradale
Ci si riferisce all’obiettivo nazionale di riduzione del 50% dei morti per incidente in cinque anni e di monitoraggio degli effetti.
Xxxxxxx energetici
La stima dei consumi energetici per la mobilità da parte delle famiglie residenti nell’agglomerazione Grenobloise era stimata in 250 TEP nel 1992. Con le azioni del piano si prevede di ridurre il consumo di energia da fonti non rinnovabili di almeno il 10% (si dichiara la necessità di mettere a punto una procedura di stima di queste quantità).
Stato di avanzamento: Nel 1996, anche a seguito della legge istitutiva dei PDU (legge sulla qualità dell’aria), l’autorità organizzatrice dei trasporti urbani della comunità di Grenoble deliberava la attuazione del PDU in aggiornamento del piano 1987. Nel 1997 venne costituito il comitato di coordinamento (comite de pilotage) e incaricato un gruppo di lavoro per la redazione di un documento di impostazione generale (diagnostic).
9 gruppi di lavoro tematici con partecipazione dei vari soggetti istituzionali hanno sviluppato òe diverse attività di analisi e proposta progettuale coordinata dal comité de Pilotage.
I temi: pedonalità, biciclette, carpooling, stazionamento, distribuzione merci urbane, interfaccia PDU-strumenti urbanistici, aspetti urbanistici, questioni ambientali, prospettive finanziarie.
Il Piano è stato adottato e pubblicato nel 2000.
Programma intereventi sulla rete di Tram Date di riferimento
Miglioramento delle condizioni di esercizio del tronco in comune
esistente (linee A e B)
Prolungamento della linea B: stazione-distretto scolastico internazionale
in corso
2001
Prolungamento della linea B: Università – Gières 2003 – 2005
Realizzazione linea C: Seyssin – Università 2003 – 2005
Realizzazione linea C’: Saint-Xxxxxx d’Heres – Potié 2003 – 2005
Referenze: xxx.xxxx-xxxxxxxx.xxx
Appendice B
L’esperienza dei PDU (Plans des Déplacements Urbains) francesi
1 Premessa
Nell’esperienza francese di elaborazione dei piani urbani della mobilità (PDU, Plans des Deplacements Urbains) sono rintracciabili molti riferimenti di particolare interesse sul problema di come procedere alla elaborazione di un PUM.
Il PDU francese è uno strumento di pianificazione con orizzonte decennale che deve essere aggiornato ogni 5 anni. È stato reso obbligatorio con la legge n.1236/1996 sulla qualità dell’aria e la razionalizzazione dell’energia, mediante la modifca dell’articolo 28 della LOTI (loi d’orientatione des transport interieurs, Loi 82-1153 del 30 dec 1982).
L’obbligo della redazione del piano della mobilità riguarda circa 60 “agglomerations” con più di
100.000 abitanti e, oltre all’aggiornamento quinquennale, viene richiesta l’adozione attraverso l’attuazione di una “enquete” pubblica, in analogia con l’inchiesta per la dichiarazione di pubblica utilità prevista per i progetti di interesse pubblico.
Entro il dicembre 2003 i PDU francesi dovranno essere aggiornati con le richieste previste dalla legge urbanistica SRU del 2000 che integra e rafforza il significato del PDU come strumento di coordinamento tra urbanistica e trasporti1. Fra le novità più significative introdotte dalla SRU 2000 (art.113, 114) troviamo l’obbligo di effettuare dei bilanci sui costi della mobilità: costi pubblici, costi individuali, costi sociali (inquinamento ecc.); la legge non identifica specifici indicatori da valutare, ma promuove le attività orientate al miglioramento della conoscenza, dell’informazione e del coordinamento delle tariffe.
Il PDU francese viene elaborato rispettando le seguenti tappe e mediante la costituzione di due gruppi/comitati: il comitato di coordinamento (comité de pilotage), il quale comprende i rappresentati politico/istituzionali, ed un comitato tecnico.
Tappe di attuazione del PDU Comitato Tecnico Comitato di coordinamento
Costituzione di un comitato di
1 -
2 Pre-diagnostica
coordinamento e definizione degli indirizzi generali del Piano
programma di attuazione | ||
4 | Diagnostica | |
5 | Formalizzazione degli obiettivi | |
6 | Elaborazione degli scenari alternativi con relativa analisi | |
degli impatti | ||
7 | Scelta dello scenario di riferimento | |
8 | Approfondimento progettuale |
3 Identificazione degli obiettivi e
9 Procedura di inchiesta (enquete)
pubblica”
10 adozione
11 Attuazione
1 Il ruolo del PDU viene rafforzato per quello che concerne gli aspetti attinenti al miglioramento della sicurezza, lo stazionamento, il trasporto delle merci in ambito urbano.
2 Gli obiettivi del PDU nelle città francesi
É interessante vedere come le diverse realtà hanno interpretato la necessità di definire una strategia di intervento basata su degli obiettivi dichiarati. Alcuni temi/obiettivi sono trasversali ai diversi piani, mentre ogni piano risulta caratterizzato da alcune scelte specifiche.
I PDU più recenti confermano il forte impegno sul fronte della sicurezza e rispetto agli obiettivi di riqualificazione urbanistica ed ambientale degli spazi stradali. Il tema delle rotatorie, particolarmente attuale da noi, è uno degli strumenti ormai consolidati nell’ambito della riqualificazione della viabilità a favore della sicurezza e delle componenti “deboli” della mobilità (i francesi parlano di mobilità “dolce”).
Fra gli obiettivi più specifici rintracciabili nei recenti piani della mobilità francesi troviamo i seguenti:
- Le città di Lille, Lione, Nizza, Rennes fissano obiettivi quantitativi sulla riduzione del numero di incidenti con danni alle persone (30-40% in meno in 5-10 anni);
- Il PDU della Ile-de-France ha puntato sulla attuazione di un livello minimo di servizio pubblico identificato nello standard di frequenza delle linee2: almeno un passaggio ogni 10 minuti nelle ore di punta, servizi di qualità durante la domenica,…
- Nella stessa Ile-de-France ed a Grenoble si è definito l’obiettivo di aumentare il numero degli spostamenti a piedi per i tragitti inferiori ai 1000m e per gli spostamenti casa-scuola (obiettivo
+10% in 5 anni).
- A Rennes uno studio dettagliato sulla dinamica della distribuzione urbana delle merci, insieme ad una stretta collaborazione tra rappresentanti dei commercianti e dei trasportatori, ha permesso di sottoscrivere accordi operativi specifici.
- Strasburgo ha attuato un piano degli spostamenti casa-lavoro che prevede il finanziamento del 50% del costo dell’abbonamento Bus
- Valencienne e Bordeaux hanno fissato una soglia massima del 50% alla quantità di suolo pubblico dedicato alle auto.
- Lione propone di congelare la capacità delle penetranti viarie.
- Nantes conferma la l’obiettivo perseguito negli scorsi anni di riconversione della viabilità di scorrimento: le penetranti autostradali sono riconvertite in strade urbane: rotatorie a raso al posto di svincoli a due livelli e semafori. L’esperienza di Nantes è piuttosto interessante per l’efficacia dell’azione di coordinamento tra urbanistica e trasporti voluta e gestita direttamente dal sindaco nell’ambito di un apposito comitato consultivo. E’ interessante anche il particolare approccio “all’inglese” nella realizzazione delle rotatorie compatte (rond points).
- Lille, Lione, Tolone hanno prodotto carte dell’accessibilità (associate ai maggiori poli attrattori cittadini) che oltre alle linee di trasporto pubblico documentano i percorsi a piedi ed i percorsi in bicicletta.
- Montbéliard. Il PDU ha permesso la sottoscrizione di un impegno formale alla realizzazione di
25 progetti cui hanno aderito tutti i soggetti implicati (comuni, stato, Ademe, centro di produzione auto di Sochaux,…).
- Grenoble e Strasburgo hanno optato per la restrizione di offerta di posti auto nell’area centrale e gli strumenti urbanistici definiscono un plafond massimo di dotazione di posti per i nuovi insediamenti. Altre città puntano al mantenimento (a volte al potenziamento) dell’offerta di parcheggi.
2 Il principio del cadenzamento per la riconoscibilità del servizio è simile al criterio adottato nel piano svizzero per il trasporto extraurbano e ferroviario (progetto TCP 2000).
- Bordeaux, Lione, Annecy, Nimes hanno impostato iniziative orientate alla costruzione di un bilancio dei costi della mobilità (costi pubblici, costi privati, costi sociali). La comunità di Lille dispone di un servizio di valutazione delle politiche territoriali. Molte città hanno costituito comitati per l’attuazione del Piano e strutture (osservatori) per l’analisi degli effetti.
- Orleans e Brest sono due esempi di buona integrazione fra le politiche urbanistiche ed i trasporti. Il PDU di Brest fornisce precise indicazioni sulla localizzazione delle nuove attività e sull’addensamento dei corridoi serviti dal trasporto pubblico (stazioni e fermate).
Appendice C Coordinamento tra urbanistica e trasporti: spunti dall’esperienza svizzera
1 Il PUM come strumento per le decisioni
L’identificazione delle procedure e degli obiettivi costituisce la concreta premessa per il successo di progetti complessi. Le attività per la definizione e l’identificazione dei ruoli dei diversi attori, devono essere ritenute di importanza primaria piuttosto che incombenze di tipo incidentale o secondario.
Non tutti riconoscono la reale necessità della formalizzazione di una struttura organizzativa per la gestione dei progetti complessi. E’ ancora frequente un approccio che predilige una gestione del coordinamento attraverso una negoziazione di tipo informale. Si tratta di un approccio apparentemente semplificato e agile, ma che si accompagna sempre ad una sovraesposizione del momento politico sul momento tecnico (logica di potere prevalente sulla logica di azione3). Il risultato è spesso connesso a conflitti difficilmente conciliabili, oltre alla bassa qualità del livello informativo in cui si svolge il confronto (soluzioni tecniche poco elaborate e documentate).
Un gruppo di ricerca svizzero ha condotto, nell’ambito di una ricerca europea COST, uno studio per l’analisi di significative esperienze relative al coordinamento urbanistica-trasporti. Sono stati analizzati i percorsi di sei progetti in quattro città della Svizzera.
I motivi di interesse di questa lettura sono molteplici e documentano l’importanza di una serie di attività “non tecniche” che accompagnano la costruzione dei progetti complessi come quelli inerenti l’urbanistica ed i trasporti. La necessità di fare interagire diversi soggetti e diverse responsabilità giustifica e richiede la formalizzazione di percorsi e strumenti decisionali di tipo trasversale (verticale ed orizzontale).
Nelle esperienze documentate si evidenzia che ogni realtà (ogni città) ha costruito una propria architettura organizzativa ed istituzionale per il coordinamento dei progetti che tiene conto delle caratteristiche specifiche in termini di strutture (competenze formali di enti e uffici), ma anche sulla base delle caratteristiche dei soggetti implicati (persone e capacità decisionali).
Viene evidenziata anche la sensibile diversità culturale dei diversi contesti (cultura partecipativa nella Svizzera tedesca e cultura rappresentativa nella Svizzera romanda) che ha portato a scelte diverse di impostazione degli strumenti di coordinamento..
Riassumendo alcune conclusioni della ricerca COST si può affermare che, pur nella diversità dei modi, l’efficacia delle attività di coordinamento risulta correlata ai seguenti aspetti principali:
- Caratteristiche della rete di attori coinvolti (gruppo ampio/ristretto, numero fisso/variabile, ruolo decisionale/consultivo);
- Xxxxxx distinzione del momento politico (obiettivi) dal momento tecnico (soluzioni);
- Evoluzione temporale dell’organizzazione (capacità di seguire l’evoluzione del progetto); Questi aspetti quasi sempre richiedono l’attuazione di una struttura organizzativa che comprenda tre livelli:
- una struttura di coordinamento (gruppo di coordinamento del progetto);
- un tavolo di tipo istituzionale (ruolo politico);
- un tavolo di consulenza tecnica (ruolo tecnico), con specializzazioni professionali chiaramente riferite ad obiettivi definiti.
3 Nell’ambito delle attività di coordinamento si scoprono due logiche dominanti, che possono corrispondere sia a diverse fasi del processo che al processo tutto intero. Una logica dove gli attori si confrontano in vista del proprio potere (nel confronto vince il potere dominante con i suoi obiettivi). Una logica dove gli attori collaborano in vista della realizzazione del progetto (l’obiettivo è la realizzazione del progetto e l’attuazione di compromessi risulta un aspetto necessario).
3 Lettura interpretativa del problema del coordinamento nella realtà svizzera alla luce delle interviste condotte dal gruppo COST presso gli operatori (politici e tecnici) nelle diverse realtà indagate4
Negli anni 50 le questioni di urbanistica e trasporti sono di competenza quasi esclusivamente comunale e fanno riferimento ai settori delle costruzioni (architettura e genio civile). Negli anni 60- 70 la dinamica di crescita della triade strade-motorizzazione-pendolarità fa emergere le questioni della congestione e della qualità della vita. Nasce così la necessità di occuparsi della funzionalità delle infrastrutture e il problema del coordinamento urbanistica-trasporti. Le amministrazioni cominciano a dotarsi di uffici e servizi tecnici rivolti alla gestione del traffico e dello stazionamento. Parallelamente emerge la necessità di affrontare le problematiche della triade s-m-p ad un livello sovra-comunale. La scala comunale si rivela via via inadeguata alla gestione dei problemi.
Si tratta di una dinamica molto simile a quella in atto nel nostro paese e nella nostra regione.
A Losanna, in Svizzera, (caso precursore) si è cominciato a porre la questione del coordinamento sovracomunale e dell’armonizzazione fiscale, con l’adozione del Plan Directeur de la Region Lausannoise del 1973.
Il periodo successivo ha visto emergere le questioni legate alla qualità ambientale (introduzione di vincoli per inquinamento acustico ed atmosferico)
Con la LAT (loi sur l’amenagement du terriotoire) il principio del coordinamento ha cominciato ad assumere il significato di vincolo legale.
Prima osservazione. Si nota che si è passati in poche decine di anni da una problematica di scala comunale ad una problematica di scala regionale, la quale richiede una stretta collaborazione e coordinamento istituzionale verticale ed orizzontale.
Seconda osservazione. I dispositivi (legislativi ed organizzativi) messi in atto per rispondere a questa complessità crescente sono piuttosto simili nelle diverse realtà svizzere analizzate:
1. Nell’ambito comunale o cantonale sono state costituite commissioni di coordinamento fra servizi/uffici (Berne: conférence de coordination “Espace/Transport/Economie”; Basilea: Com. Interdipartimentale de coordination de la planification des transports (Koko); Ginevra: comm. Consultative cantonale pour l’amenagement ; Losanna : GTLT coordination interservice au sein du departement des travaux publics e de l’amenagement du terriotire.
2. Tra istituzioni diverse esistono diversi dispositivi di collaborazione in funzione delle diverse caratteristiche delle quattro realtà analizzate: in qualche caso sono organismi di tipo orizzontale (comunità urbane fra i comuni a Berna e Losanna). Nel caso di Ginevra e Basilea, stante la loro posizione di frontiera le collaborazioni più importanti riguardano il coordinamento fra le regioni degli stati adiacenti.
3. Commissioni consultive che aggregano vari soggetti, attori associativi, lobbies (ACS, TCS, CITRAP, ATE,… commissione consultiva sulla circolazione, sui trasporti pubblici,ecc.).
Le interviste a testimoni privilegiati, con riferimento ai casi analizzati, hanno evidenziato che la valutazione di efficacia del lavoro delle commissioni nelle varie realtà è piuttosto diversificata:
- a Losanna si è osservata una situazione di paradosso, valutando che la trasmissione di un progetto alla commissione di coordinamento corrispondesse di fatto ad una strategia dell’amministrazione per bloccare l’iniziativa;
4 Le considerazioni di questo allegato sono tratte da X.Xxxxxxxx, X.Xxxxx, X.Xxxxxxx, X.Xxxx, Coordonner transports et urbanisme, presses polytecniques et universitaires romandes, 2003.
- a Ginevra gli interlocutori hanno valutato pressoché unanimemente che in un caso il coordinamento si è “bloccato” a livello concettuale, in quanto posizioni divergenti non risultano più conciliabili.
- A Basilea si segnalano delle riserve sulla qualità delle commissioni di tipo professionale;
- solo Berna registra valutazioni globalmente positive sull’utilità del lavoro delle commissioni di coordinamento.
4 Lettura interpretativa dell’evoluzione del problema del coordinamento nella realtà svizzera alla luce delle analisi dei documenti ufficiali.
Concettualmente il tema del coordinamento è affrontato in diversi documenti di programmazione secondo modalità anche piuttosto diverse.
Nell’ambito dei Piani direttori per la gestione territoriale e dei trasporti, si è potuto osservare che l’approccio concettuale al problema della razionalizzazione del rapporto fra insediamenti e trasporti si è modificato nel corso del tempo:
- A Berna e Basilea si è passati da uno schema che puntava sulla integrazione plurimodale fra trasporto pubblico e privato per approdare a soluzioni basate sul ruolo prevalente del solo trasporto pubblico. Attualmente nei piani direttori i nuovi insediamenti sono rigorosamente collocati in adiacenza di fermate o stazioni del TP.
- Ginevra e Losanna sono passate da una impostazione prevalentemente orientata all’autovettura ad una impostazione orientata a favorire la integrazione modale (secondo un concetto di complementarietà). Allo stato attuale i piani direttori puntano ad offrire un’accessibilità di tipo doppio.
L’esito dei diversi approcci è piuttosto evidente. Ginevra e Losanna hanno smantellato (anni 60- 70) alcune linee forti di TP su sede propria e nuovi insediamenti produttivi e residenziali sono stati realizzati in siti poco accessibili da parte del servizio pubblico. Viceversa Berna e Basilea presentano una chiara correlazione fra la scelta delle nuove urbanizzazioni e la posizione dei corridoi serviti dal TP (attenzione, non si può per questo concludere che l’assetto urbanistico- trasportistico delle città “tedesche” di Berna e Basilea sia migliore a priori delle città romande, si tratta semplicemente di due approcci diversi)
Dall’analisi dei piani direttori si osserva inoltre che per Basilea e Berna esiste una progressiva convergenza verso un coordinamento xxx xxx xxx xxxxxxx (x Xxxxx con il rapporto Infras 1991 non esiste praticamente più la separazione fra la pianificazione dei trasporti e la pianificazione territoriale).
Ginevra e Losanna il coordinamento fra urbanistica e trasporti non è molto cambiato nel corso degli ultimi 25 anni. Il fallimento della CIURL con il suo piano ambizioso ha decretato di fatto la separazione del gruppo che si occupa di pianificazione dei trasporti dal gruppo che si occupa della pianificazione territoriale (dal 1980 la pianificazione viene svolta in due diversi dipartimenti).
5 Quattro tipi di esperienze di coordinamento
Le considerazioni scontano altresì il problema di identificare le pratiche di coordinamento e procedurali di tipo informale.
Si osserva che in ogni caso le città analizzate hanno affrontato in modo efficace il problema della crescente complessità, utilizzando percorsi e strumenti diversi. Giocando cioè sulla doppia possibilità di effettuare un coordinamento stretto nell’ambito dei piani direttori oppure puntando ad un coordinamento fra gli approcci settoriali che restano comunque distinti.
Attuazione nell’ambito dei piani settoriali
Valutazione delle strutture istituzionali
Coordinamento effettivo previsto negli strumenti di programmazione
Scarso coordinamento previsto negli strumenti di programmazione
Valutazione positiva del coordinamento istituzionale
BERNA (coordinamento istituzionalizzato praticato ed efficace)
Riserve nella valutazione del coordinamento istituzionale
BASILEA (coordinamento istituzionalizzato effettivo ma poco efficace)
GINEVRA (poco coordinamento effettivo e coordinamento istituzionale scarsamente efficace)
Valutazione negativa del coordinamento istituzionale
LOSANNA (poco coordinamento istituzionalizzato ne effettivo ne efficace)
(fonte: Xxxxxxxx, Sager, Ferrari, Joye, coordonner transports et urbanisme, 2003)
I ricercatori svizzeri che hanno analizzato la situazione delle quattro città citate arrivano ad ipotizzare una relazione fra il fatto che gli strumenti di coordinamento e partecipazione sembrano maggiormente utilizzati nei contesti dove sono più sviluppate forme di democrazia semidiretta e fortemente partecipativa (svizzera tedesca) rispetto agli ambiti dove si adottano forme di democrazia di tipo fortemente rappresentativo (svizzera romanda) ispirate anche dalla vicinanza del territorio francese. Xxxxxxxx affermare anche che gli strumenti di coordinamento isituzionale sono più efficaci laddove viene attribuita una maggiore legittimità politica agli organismi di coordinamento.
6 Elementi della strategia
Richiamiamo il concetto generale che identifica, nell’approccio strategico, la possibilità di razionalizzare le decisioni attraverso:
a. Precisa distinzione fra gli obiettivi di tipo operativo (cose da fare) e gli obiettivi di tipo tattico (quali aspetti vogliamo migliorare).
b. la identificazione di quali parametri utilizziamo per valutare l’efficacia degli interventi (grado di raggiungimento degli obiettivi tattici).
Con questo riferimento è opportuno indagare nall’ambito delle esperienze e nelle cosiddette buone pratiche quali sono gli obbiettivi che sottendono le iniziative. Si tratta a volte di obiettivi dichiarati a volte di obiettivi sottintesi.
Per rimanere negli esempi svizzeri:
Progetto RAIL+BUS 2000 (progetto della confederazione svizzera 1986). Si tratta di un grosso progetto di investimenti in infrastrutture ed in servizi finalizzato al miglioramento del servizio pubblico extraurbano (treno + linee bus extraurbane). Alla base del progetto l’obiettivo è il
cadenzamento degli orari (partenze a cadenza prefissata) e, associato a questo, il coordinamento dell’orario fra la rete ferroviaria e la rete extraurbana.
Ordinanza confederale sulla separazione dei traffici (1991). Prevede il cofinanziamento da parte della confederazione (fino all’80% di contributo) di progetti per la separazione del traffico individuale motorizzato dal traffico su ferro (treno e tram).
I Piani direttori Urbanistici di Berna e Basilea. Le due città della svizzera tedesca hanno adottato precise indicazioni e prescrizioni per la localizzazione di nuovi insediamenti in corrispondenza di nodi del servizio pubblico. Diversamente da Ginevra5 e Losanna che prevedono un doppio sistema di accessibilità ai nuovi poli urbanistici.
7 Le dinamiche del coordinamento urbanistica-trasporti nei casi analizzati.
7.1 Progetto del polo urbano di Wankdorf (Berna).
Il progetto riguarda la costruzione di un PDE (Pole Developpement Economique) ad ovest di Berna. Prevede la costruzione di un centro fieristico internazionale, uno stadio, uno dei più grossi centri commerciali della Svizzera, un centro congressi e un parco, il tutto servito da una nuova stazione della ferrovia (S-Bahn), dal prolungamento di una linea di tram oltre ad uno svincolo autostradale.
L’esperienza viene proposta come un buon esempio di coordinamento fra urbanistica e trasporti. La prima fase del progetto è stata dedicata esclusivamente all’inquadramento ed alla definizione del “problema” attraverso numerose consultazioni bilaterali di esperti ed operatori interessati. Anche la struttura del comitato di coordinamento ufficiale venne decisa nell’ambito delle consultazioni. Venne posta molta attenzione nell’organizzazione separata dei tavoli politico/istituzionali da quelli di natura tecnica: l’identificazione del problema è considerata compito politico, mentre l’elaborazione della soluzione è compito degli esperti, l’approvazione delle proposte, di nuovo, compito dei politici. Si riteneva necessario procedere attraverso decisioni consensuali secondo un percorso a tappe (ogni tappa doveva costituire la base per la successiva). Una delle condizioni è stata quella di coinvolgere persone con potere decisionale. Il gruppo di lavoro era costituito da tre commissioni:
- Il gruppo di coordinamento del progetto
- la delegazione delle autorità politiche ed istituzionali.
- Un comitato di esperti
7.2 Il polo de la Praille-Brache di Ginevra
In questo caso le esperienze di coordinamento sono dichiarate come meno soddisfacenti. Il progetto riguarda una iniziativa urbanistica di riqualificazione dell’ingresso Sud di Ginevra. Anche in questo caso il progetto riguarda la realizzazione di un stadio, un centro commerciale, insediamenti ricettivi (hotels e centro congressi) serviti da un polo intermodale per l’integrazione ferro-gomma.
5 A Ginevra ci sono 12 km di linee di tram, ma costituiscono circa 1/10 di quelle esistenti negli anni 20 ed 1/5 di quelle presenti nel 1950. Losanna non dispone di Tram. Berna e Basilea hanno mantenuto la loro rete ferroviaria urbana che costituisce un grosso riferimento per la pianificazione urbanistica
Un gruppo di coordinamento troppo numeroso (40-50 persone), di carattere solo consultivo (nessuna responsabilità decisionale), ha determinato la scarsa efficacia nella costruzione del dibattito e la gestione degli elementi conflittuali. Anche una certa promiscuità di presenza, fra persone con grande responsabilità decisionale e persone scarsamente rappresentative, ha determinato una scarsa efficacia del confronto (vennero esclusi dal numeroso gruppo alcuni soggetti importanti, mentre figure di secondario rilievo hanno condizionato il dibattito).
Il progetto finale sembra carente proprio nello scarso rilievo assegnato alla problematica dell’accessibilità all’insediamento con mezzi alternativi all’autovettura privata.
7.3 Progetto della Grune Linie Regio-S-Bahn di Basilea
Il progetto, realizzato, riguardava la riorganizzazione dei servizi di trasporto pubblico regionale, attraverso il reimpiego di linee esistenti (progetto inserito nel più ampio programma di revisione dei servizi regionali di Basilea).
La prima fase di sviluppo del progetto accusò un netto fallimento per l’incapacità di gestire le decisioni nell’ambito di un comitato di gestione eccessivamente numeroso e reso eterogeneo dalla presenza di delegazioni straniere (sindaci ed operatori delle regioni di Francia e Germania).
Il progetto venne rilanciato in una seconda fase con modalità completamente diverse. Le decisioni non venivano prese dentro le strutture esistenti, ma venne costituito un comitato ad hoc, poco numeroso e con competenze/capacità decisionali adeguate. L’allargamento delle competenze dei pochi soggetti coinvolti ha avuto l’effetto di “accorciare” e semplificare i percorsi decisionali oltre a rendere più vincolanti gli accordi.
Il criterio adottato per la selezione dei soggetti partecipanti al comitato ristretto era basata sul livello di partecipazione finanziaria (impegnativamente formalizzata) e sull’autonomia decisionale.
7.4 Progetto La Plaine (Rhone Express Regional)
Progetto attuato. Il tema riguardava la organizzazione del servizio ferroviario tra l’area centrale ed i settori ovest del cantone di Ginevra utilizzando infrastrutture esistenti. Il progetto si è confrontato con il problema del servizio in zone a bassa densità urbana e con la prospettiva della densificazione urbanistica a ridosso delle stazioni6.
L’efficacia del coordinamento del progetto La Plaine è da ricondurre al fatto che il gruppo di lavoro ad hoc venne costituito e coordinato dal gruppo di gestione del progetto TC2000 che dispone di una commissione permanente.
7.5 Progetto di prolungamento del tram di Caragraben
Progetto di prolungamento di una linea di tram a nord di Basilea, in una zona di forte urbanizzazione. Il percorso del progetto è particolarmente complesso avendo subito fasi alterne di affossamento e di rilancio. Allo stato attuale sembra che il progetto sia definitivamente abbandonato.
6 Tema particolarmente interessante con riferimento alla realtà veneta.
7.6 Prolungamento della linea regionale Losanna-Echallens-Bercher.
In corso di realizzazione. La linea regionale LEB viene prolungata verso il centro della città di Losanna realizzando un nuovo terminale dei servizi pubblici. Il progetto implica la gestione di partenariati pubblico-privato legati alla ricomposizione delle centralità urbane. Data la forte autonomia comunale di Losanna rispetto al cantone di Vaud si è ritenuto non indispensabile la gestione di vero e proprio organismo di coordinamento. Le decisioni strategiche sono state negoziate in via informale e poi fatte proprie in sede dei consueti organismi istituzionali. Anche in seguito alla costituzione di gruppi formalizzati finalizzati all’attuazione del progetto è continuata la prassi della preventiva negoziazione informale esterna.
Polo WANKDORF | Polo de LA PRAILLE | Grune linie Regio- S-Bahn | RER de la PLAINE | Prolungamento Tram Claragraben | Prolungamento LEB | |
Xxxxx | Xxxxxxx | Basilea | Ginevra | Basilea | Losanna | |
Caratterizzazione della rete di attori | operativa | di potere | operativa | operativa | di potere | di potere |
Attuazione del progetto | Successo | Successo Parziale | Successo | Successo | Fallimento | Successo |
Coordinamento intersettoriale | Successo | Successo Parziale | Successo | Fallimento | Successo Parziale | Fallimento |
Efficacia del progetto | Successo | Da valutare | Successo | Successo Parziale | Non attuato, non valutabile | Da Valutare |
Architettura istituzionale | ||||||
Cont. verticale | Cantone, comune | Cantone, comune | Cantone (regioni transfrontaliere) | Cantone | Cantone | Cantone, comune |
Configurazione della rete di attori | Gruppo ad hoc chiuso, poco numeroso, con soglia elevata di accesso | Piccolo gruppo ad hoc chiuso, grosso gruppo consultivo non strutturato con competenze poco definite ed elevata eterogeneità dei soggetti | Gruppo ad hoc chiuso, poco numeroso, con soglia elevata di accesso | Piccolo gruppo chiave ad hoc chiuso. | Gruppo istituzionale esistente, separazione poco chiara fra livello politico e livello tecnico. | Separazione fra delegazione politica con competenza decisionale e delegazione tecnica in veste di consulenza professionale |
Aspetti finanziari | ||||||
Risorse finanziarie del progetto | Medie | grandi | grandi | medie | medio/grandi | grandi |
Principale finanziatore | Cantone e città | Settore privato | Cantoni | Cantone | Città | Confederazione, cantone, città |
Polo WANKDORF | Polo de LA PRAILLE | Grune linie Regio- S-Bahn | RER de la PLAINE | Prolungamento Tram Claragraben | Prolungamento LEB | |
Xxxxx | Xxxxxxx | Basilea | Ginevra | Basilea | Losanna | |
Ruolo dei soggetti istituzionali di livello nazionale (CFF, routes nationales) | Medio inibente | Medio Favorente | Medio inibente | Grande favorevole | Modesto inibente | Grande Favorevole (gruppo TCC2000) |
I valori | ||||||
Aspetti ecologici | grande | medio | grande | debole | medio | debole |
Precedenti della pianificazione | Tradizione di coordinamento trasporti e urbanistica a Berna | Forte predominanza della tradizione di pianificazione urbanistica su quella dei trasporti | Politiche di trasporti divergenti fra i cantoni coinvolti | Forte tradizione di pianificazione urbanistica a Ginevra | Orientamento TIM per lungo tempo | Tentativi di coordinamento fino al 1991 Coordinamento inesistente dopo il 1991 |
Concezione della pianificazione | interventista | incitatrice | interventista | Par offre | Par offre | Par offre |
Cultura professionale | ||||||
Rapporto tra Ingegneri trasportisti e urbanisti | Integrazione ma conflitti generazionali | I vincoli economici favoriscono gli urbanisti | Rendere utilizzabile la pluralità di esperti | Decisioni di tecnica dei trasporti prevalenti | Conflitto e blocco | Dominanza degli ingegneri trsportisti |
(fonte: Xxxxxxxx, Sager, Ferrari, Joye, coordonner transports et urbanisme, 2003)
Appendice D
La procedura per il finanziamento nelle bozze
ministeriali
Le attività di elaborazione e di attuazione dei PUM potranno essere supportate da contributi e finanziamenti regionali e/o nazionali. A titolo esemplificativo riportiamo una traccia di procedura ispirata ad una bozza di linee guida ministeriali.
Per ciascun PUM dovrà esser identificato un soggetto promotore (Regione o Provincia o Comune) che, d’intesa con tutti gli altri soggetti proponenti, assumendo la funzione di direzione dell’iniziativa presenta la richiesta di cofinanziamento.
1 Cofinanziamento per la REDAZIONE dei PUM
1.1 Modalità di presentazione delle richieste
La data ultima per la presentazione delle domande di cofinanziamento è fissata al 31 dicembre di ciascun anno.
La documentazione che il soggetto promotore deve inoltrare a tale scopo consta di:
(d) Delibera del soggetto promotore d’adozione della proposta e d’impegno alla redazione del piano;
(e) Proposta tecnica contenente:
- Area di studio con indicazione dei comuni interessati e della relativa popolazione
- Motivazioni ed obiettivi di piano
- Indicatori sintetici delle criticità della situazione di partenza, ad esempio:
• Indicatori di accessibilità
• Indicatori di qualità ambientale
• Indicatori di sicurezza
- Metodologia che s’intende adottare per la redazione del piano
- Entità del cofinanziamento richiesto per la redazione del piano con il limite che non superi il 50 percento del costo di redazione del piano di settore (vedasi al proposito la circolare del Ministero dei LLPP nr. 6679 del 01.12.1969).
Entro 90 giorni dall’approvazione della legge di bilancio da parte del Parlamento sono individuai i PUM da ammettere a cofinanziamento.
Le modalità di selezione delle proposte sono indicate nei paragrafi che seguono.
1.2 Selezione delle proposte di PUM
La selezione delle proposte è effettuata da un apposito Comitato.
1.3 Criteri di priorità nell’assegnazione del cofinanziamento
Le priorità nell’assegnazione del cofinanziamento sono identificate sulla base dell’attribuzione di un punteggio (ciascuna proposta può raggiungere un punteggio massimo pari a 100 punti); i criteri di assegnazione di detto punteggio sono riassumibili come segue:
Punteggio
massimo
Motivazioni ed obiettivi generali del piano 10
Criticità della situazione di partenza 25
Qualità della metodologia proposta per la redazione del PUM (rispondenza ai 25
requisiti minimi, indicatori di prestazione, …)
Popolazione complessiva dell’ambito territoriale rapportata all’entità del 15
cofinanziamento richiesto
Numero di comuni dell’aggregazione 15
Appartenenza a sistemi territoriali integrati (es. sistemi territoriali del lavoro) 10
1.4 Modalità di erogazione dei finanziamenti
I piani sono finanziati in ordine di classifica sulla base del punteggio conseguito fino ad esaurimento del fondo PUM.
Entro 18 mesi dall’ammissione a cofinanziamento essi devono essere redatti a spese dei soggetti partecipanti ed approvati con delibera dl soggetto promotore. Vengono, quindi, inviati al MIT che esegue una verifica di compatibilità con la proposta cofinanziata.
I PUM risultati idonei vengono ammessi a cofinanziamento fino ad un massimo del 50% delle spese documentate; ci si riferisce, ovviamente, alle spese di redazione del piano.
2 Cofinanziamento per la REALIZZAZIONE degli interventi del PUM
2.1 Modalità di presentazione delle richieste
La data ultima per la presentazione delle domande di cofinanziamento per la realizzazione di pacchetti di interventi dei PUM è fissata al 31 dicembre di ciascun anno.
La documentazione che il soggetto promotore deve inoltrare al MIT a tale scopo consiste di:
(a) PUM e relative delibere d’approvazione
(b) Cartografia dell’area di intervento in scala adeguata alle dimensioni del territorio ( 1:10.000, 1:25.000 o 1:50.000) con localizzazione degli interventi previsti dal piano;
(c) Pacchetto di interventi per i quali si richiede il cofinanziamento, mediante i seguenti elementi caratterizzanti:
- Descrizione e localizzazione degli interventi;
- Studi di fattibilità tecnica, economica ed amministrativa degli interventi;
- Progettazione disponibile;
- Quadro economico-finanziario dei singoli interventi con l’entità del cofinanziamento richiesto e con la definizione dell’apporto di ciascun soggetto finanziatore;
- Intese ed accordi eventualmente sottoscritti tra il soggetto promotore e gli altri soggetti proponenti e tra i soggetti stessi necessari per la realizzazione degli interventi;
- Cronoprogramma dei tempi di realizzazione degli interventi;
- Ogni altro elemento ritenuto significativo ai fini della valutazione degli interventi (vedasi a proposito il § 1.1)
(d) Auto dichiarazione del soggetto promotore di coerenza e compatibilità del piano con gli altri strumenti urbanistici e di pianificazione o l’impegno a conseguire tale coerenza;
(e) In caso di richiesta di rimborso, costo delle progettazione già disponibili.
Entro 90 giorni dall’approvazione della legge di bilancio da parte del Parlamento, sono individuai i pacchetti di interventi da ammettere a cofinanziamento. Le modalità di selezione sono indicate nei paragrafi che seguono.
Entro i 30 giorni successivi il MIT sottoscrive con il soggetto promotore un accordo di programma
indicante:
- le attività ed interventi da realizzare;
- i soggetti responsabili dell’attuazione;
- il cronoprogramma di attuazione ed entrata in esercizio di ciascun intervento;
- gli impegni di ciascun soggetto, nonché del soggetto cui competono poteri sostitutivi in caso di inerzie, ritardo o inadempienze;
- i procedimenti di conciliazione o definizione di conflitti;
- le risorse finanziarie per le diverse tipologie d’intervento e le modalità di erogazione;
- le modalità di monitoraggio;
- le modalità di erogazione dei fondi;
- l’eventuale rimborso delle spese per le progettazioni disponibili.
In tale accordo di programma devono figurare i provvedimenti previsti in caso di mancato rispetto del cronoprogramma degli interventi. È, inoltre, prevista la possibilità di aggiornare il cronoprogramma e/o, in generale, di modificare l’accordo di programma (sostituzione di un intervento con un altro purché compreso nel PUM) fermo restando il raggiungimento degli incrementi o delle riduzioni percentuali degli obiettivi previsti per il pacchetto di interventi e previa approvazione da parte di tutti i partecipanti all’accordo di programma.
2.2 Selezione dei pacchetti di intervento dei PUM
La selezione delle proposte è effettuata da un apposito Comitato di valutazione e selezione appositamente istituito con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il Comitato è composto da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, uno del Ministero dell’economia e delle finanze e uno del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e da un rappresentante ciascuno per le Regioni, le Province ed i Comuni. Una volta verificata la rispondenza ai requisiti minimi dei PUM, tale comitato ammette a valutazione di cofinanziamento dei pacchetti di interventi. Nel paragrafo seguente sono descritti i criteri di priorità nell’assegnazione del cofinanziamento.
2.3 Criteri di priorità nell’assegnazione del cofinanziamento per a realizzazione dei pacchetti di interventi
Le priorità nell’assegnazione del cofinanziamento sono identificate sulla base dell’attribuzione di un punteggio (ciascuna proposta può raggiungere un punteggio massimo pari a 100 punti); i criteri di assegnazione di detto punteggio sono riassumibili come segue:
(a) Valutazione del PUM (max 30 punti)
1. qualità del PUM (max 15 punti)
i. della progettazione
ii. delle azioni organizzative e gestionali
iii. della metodologia adottata per la verifica della pre-fattibilità tecnica ed ambientale degli interventi
2. capacità di aggregazione (max 10 punti)
i. popolazione complessiva rapportata all’entità del cofinanziamento richiesto (max 5 punti)
ii. numeri di comuni coinvolti (max 5 punti)
3. raggiungimento obiettivi (max 5 punti)
i. generali (sulla base del contributo al miglioramento degli indicatori dei diversi obiettivi) (max 3 punti)
ii. collaterali (effetti sull’occupazione, rispondenza alle esigenze di trasformazione territoriale, qualità ecologica ed ambientale e dei valori paesaggistici) (max 2 punti)
(b) Valutazione del pacchetto di interventi del PUM sia in termini di efficienza che di efficacia (max
50 punti)
1. raggiungimento obiettivi generali (max 25 punti), essi comprendono:
i. variazione degli indicatori di obiettivo (viene calcolato come differenza tra i valori degli indicatori di obiettivo negli scenari di riferimento e di progetto; tale differenza è, poi, rapportata all’entità del cofinanziamento richiesto) (max 15 punti)
ii. rapidità del raggiungimento degli obiettivi (occorre rapportare il valore del cofinanziamento richiesto al numero di anni previsti per la messa in esercizio degli interventi cofinanziata) (max 10 punti)
2. copertura finanziaria (max 20 punti)
i. percentuale dei finanziamenti pubblici (escluso quello statale) sul totale (punti 0,07 per ogni punto percentuale di finanziamenti disponibili) (max 7 punti)
ii. percentuale finanziamenti privati disponibili (0,13 punti per ogni punto percentuale) (max 13 punti)
3. qualità degli studi di fattibilità tecnica, economica e procedurale degli interventi (max 5 punti)
(c) Valutazione della criticità della situazione di partenza (max 20 punti).
2.4 Modalità di erogazione dei finanziamenti, di controllo dei risultati e delle relative procedure
L’erogazione dei fondi avviene in funzione dello stato di attuazione dell’accordo di programma e del controllo dei risultati, secondo le modalità seguenti:
- anticipazione del 10% del finanziamento accordato al momento del l’affidamento dei lavori dei singoli interventi;
- erogazione della quota di cofinanziamento, depurata della quota di anticipo e di saldo finale, in proporzione ai costi sostenuti, alla fine di ogni anno, se l’avanzamento dei lavori è pari almeno all’80% del cronoprogramma di previsione di realizzazione del pacchetto di interventi del PUM cofinanziato. Disimpegno delle risorse ancora da erogare, se il ritardo accumulato rispetto al cronoprogramma di previsione di realizzazione del pacchetto di interventi del PUM cofinanziato supera i 360 giorni;
- saldo finale, per una quota pari al 10% della quota di cofinanziamento accordato, erogato al collaudo degli interventi del pacchetto del PUM cofinanziato.