Prefazione
Prefazione IX
Il contratto di rete, e più ancora la codatorialità, intesa come possibilità di simultanea riconduzione di un rapporto di lavoro a più datori di lavoro, re- sta, per molti versi, un enigma tutto italiano.
Noncurante delle conclusioni cui era giunta la giurisprudenza più autore- vole che aveva affermato la necessaria unicità ex latere creditoris del rapporto di lavoro, il legislatore ha agevolato le imprese che sottoscrivono un contrat- to di rete garantendo loro una più vantaggiosa disciplina del distacco e la possibilità di costituire rapporti di lavoro caratterizzati dalla codatorialità dei dipendenti “ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stes- so”.
Senonché, come rileva Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxx, i problemi sorgono tutti dal fatto che la codatorialità fa sì ingresso nell’ordinamento italiano, “ma la legge nomina l’istituto senza tipizzarlo e senza descriverne caratteristiche e con- torni, lasciando la regolamentazione al contratto di rete, con tutti i problemi che ne derivano in tema di ripartizione dei poteri e di individuazione e tutela dei diritti”.
Fatto è che, nello spazio di pochi anni e a ragione dell’incompletezza del- la disciplina legislativa, si è aperto un articolato e approfondito dibattito che ha finito per assumere una posizione “centrale” nella prospettiva culturale della materia giuslavoristica. Ed è questa la ragione per cui il tentativo di Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxx di trarre le conclusioni di quel dibattito aiuta anche a comprendere dove sta andando il diritto del lavoro.
Come puntualmente è stato ricostruito da Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxx, le voci che hanno alimentato quel dibattito hanno avuto toni ed intensità diversi. Tuttavia, dovendo semplificare, l’impressione è che, per quanto multiformi, sfaccettate o sfumate, le diverse posizioni della dottrina possono, ancora una volta, essere coagulate attorno ai due partiti storici che, regolarmente e scon- tata una qualche circolazione dei protagonisti, si fronteggiano ogni volta che si tratti di valutare novità normative, specialmente quelle più destrutturaliz- zanti.
Da un lato, coloro che ritengono di assecondare fino in fondo la tendenza innovativa che ha caratterizzato l’intenzione del legislatore non evitando, a
X Il rapporto di lavoro nell’impresa multidatoriale
volte, di proporre soluzioni eversive. Dall’altro, le interpretazioni riduzioni- ste o normalizzatrici.
Solo che, nel caso della codatorialità ex lege, è impossibile negare cittadi- nanza all’una o all’altra delle posizioni tendenzialmente assunte dalla dottri- na, considerato che ambedue sono sorrette da argomenti persuasivi che, anzi e paradossalmente, sovrabbondano.
E questo non può essere imputato a lassismo o al decadimento degli in- terpreti e delle interpretazioni, come alle volte sarebbe potuto accadere per i giuslavoristi della mia generazione. Ciascuno deve fare il suo mestiere: il legi- slatore regoli, l’interprete interpreti.
Senonché, sia pure in un ambito ristretto come quello del contratto di re- te, una disposizione come quella del comma 4 ter dell’art. 30 del d.lgs. n. 276/2003 è potenzialmente ancor più deregolatrice di quanto poteva esserlo l’art. 8 della legge n. 148/2011. Pertanto, sarebbe stato necessario qualcosa di più che una frase sintetica e situata, oltretutto, al termine di un comma aggiunto. Quel di più avrebbe evitato la babele delle interpretazioni e le incertezze di un dibattito dottrinale che potrebbe essere considerato infrut- tuoso.
All’interno di questo dibattito deve ora essere considerata anche la nitida voce di Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxx.
La sua collocazione, meditata nel tempo e da ultimo ulteriormente moti- vata, è nel senso di ritenere la codatorialità uno strumento di flessibilità ge- stionale rilevante sul piano dell’esercizio dei poteri datoriali. Sarà il contratto di rete a indicare quale tra i vari imprenditori coinvolti eserciterà, di volta in volta, il potere direttivo e quello disciplinare, potrà esigere le mansioni, con- trollare le modalità di esecuzione della prestazione.
Secondo Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxx, però, neppure la codatorialità, sotto for- ma di previa definizione e condivisione delle regole di ingaggio, consente di derogare alla regola generale della responsabilità solidale dei diversi datori di lavoro.
Vi osta, a suo dire, proprio la funzione tipica dell’istituto, da ricondurre alla condivisione delle competenze e delle professionalità del personale alle dipendenze delle singole imprese ed a cui fa da necessario contraltare la con- divisione delle responsabilità derivanti dall’impiego comune dei dipendenti retisti.
Xxxxxxx, perciò, al cospetto di una rivoluzione a metà. E ciò perché la responsabilità solidale rimane, non è dato sapere se per imperizia o carenza di volontà del legislatore, la cittadella imprendibile che non può essere, o non si vuole, espugnare.
Per le ragioni già dette, anche quella che qui viene proposta è una solu-
Prefazione XI
zione inevitabilmente opinabile e, forse, non potrebbe essere diversamente. Nondimeno, trattasi di soluzione pienamente plausibile anche e soprattutto perché sostenuta con quella tensione e quel rigore necessari a garantirne la più completa scientificità.
Pertanto, chi volesse ulteriormente approfondire uno degli snodi teori- camente più interessanti del diritto del lavoro degli ultimi anni non potrà esimersi dal misurarsi con le proposte contenute nelle pagine che seguono.
Roma, 9 novembre 2017
Xxxxxx Xxxxxxxx
XII Il rapporto di lavoro nell’impresa multidatoriale
I contesti economico-organizzativi e giuridici dei collegamenti fra imprese
SOMMARIO: 1. La figura del datore di lavoro nei processi di trasformazione organizzativa: l’ipotesi della codatorialità. – 2. Tipologie dei fenomeni di frammentazione e aggregazio- ne delle imprese. – 3. Gli strumenti giuridici del collegamento fra le imprese: a) appalto e tipologie affini. – 4. b) Le reti di impresa: un fenomeno economico all’attenzione del legi- slatore. – 5. Segue: programma comune e contratto di rete: funzione, causa e struttura. –
6. c) I vincoli proprietari e di controllo: i gruppi nel moderno contesto economico e giu- ridico. – 7. Segue: gli elementi caratterizzanti l’impresa di gruppo. – 8. Segue: interesse di gruppo, attività d’impresa e riflessi sui rapporti di lavoro.
1. La figura del datore di lavoro nei processi di trasformazione organizza- tiva: l’ipotesi della codatorialità
Il persistente interesse per i moderni processi di trasformazione e fram- mentazione organizzativa delle imprese 1 dimostra che il diritto del lavoro, chiamato a reagire all’incessante evoluzione dei suoi referenti esterni – eco- nomici, culturali e politici – che investe categorie fondanti della disciplina, non ha ancora trovato risposte normative adeguate, elaborazioni teoriche condivise e, tanto meno, approdi giurisprudenziali univoci.
1 È significativo che, a distanza di otto anni dal convegno A.I.D.La.S.S. di Catania del 2009, nel quale era stato posto al centro della riflessione il tema della trasformazione della figura del datore di lavoro (v., in particolare, le relazioni di X. XXXXXXX, Trasformazione del- la figura del datore di lavoro e flessibilizzazione delle regole del diritto, in La figura del datore di lavoro. Articolazioni e trasformazioni. Atti del convegno nazionale A.I.D.La.S.S., Catania 21- 23.5.2009, Xxxxxxx, Milano, 2010 e di X. XXXXXXXX, Il datore di lavoro nell’impresa integrata, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2010, 1 ss.), il convegno A.I.D.La.S.S. di Cassino del 2017 sia stato costretto a interrogarsi sullo stesso argomento e una delle relazioni introduttive (X. XXXX- XXXX, Lavoro, impresa e trasformazioni organizzative) abbia esordito mettendo in risalto “Il perdurante interesse per il tema della frammentazione organizzativa”.
Inizialmente, l’impatto sul rapporto di lavoro della scomposizione e ri- composizione dell’organizzazione d’impresa e la diffusione di casi in cui l’attività produttiva è frutto dell’esercizio congiunto di più imprenditori e la prestazione è resa a vantaggio di due o più soggetti che assumono, nei fatti, ruoli e funzioni tipici del datore di lavoro, sono stati affrontati, in ossequio alla regola dell’unicità del datore di lavoro, nell’ottica del divieto di interpo- sizione e, considerandosi tali fenomeni per lo più patologici o fraudolenti a fini elusivi di norme inderogabili, si è andati alla ricerca del vero datore di lavoro sulla base del criterio di effettività, che induceva a individuare come datore il titolare dell’organizzazione produttiva che traeva diretto giovamen- to dall’impiego del lavoratore.
Ben presto è apparso chiaro che i fenomeni di segmentazione dell’attività produttiva, attraverso forme di decentramento o esternalizzazione, e la ri- composizione dell’impresa in capo a diversi soggetti legati tra di loro da rela- zioni di tipo societario e proprietario ovvero contrattuali, non costituivano necessariamente meccanismi fraudolenti finalizzati a eludere vincoli giuridi- ci, ma erano anche espressione di una strategia organizzativa utile, se non necessaria, ad affrontare le sfide delle innovazioni tecnologiche e del merca- to globale: la dissociazione tra titolarità formale del rapporto e utilizzo della prestazione cominciava a diventare un elemento di sistema 2.
La dottrina giuslavorista più attenta si era soffermata, già in anni risalenti, sul problema del rapporto di lavoro in società collegate, auspicando «l’attri- buzione di valore giuridico alla situazione effettiva come mezzo adeguato al- la sistemazione della materia» 3, e aveva intuito con lungimiranza gli effetti dirompenti che le innovazioni tecnologiche avrebbero avuto sul diritto del lavoro 4. Col tempo numerosi studi hanno analizzato con ottica innovativa le
2 Sul punto v. le considerazioni di X. XXXXXXX, Trasformazione della figura del datore di lavoro e flessibilizzazione delle regole del diritto, in La figura del datore di lavoro. Articolazioni e trasformazioni. Atti del convegno nazionale A.I.D.La.S.S., Catania 21-23.5.2009, Xxxxxxx, Milano, 2010, 29-30.
3 X. XXXXXX, La prestazione di lavoro in società collegate, Xxxxxxx, Milano, 1965, 175, il quale considerava insufficiente il richiamo alla «titolarità del rapporto di lavoro come centro di riferimento, in ogni caso necessario e sufficiente, della disciplina applicabile».
4 X. XXXXXXX, nella relazione introduttiva al congresso A.I.D.La.S.S. di Napoli del 12-14 aprile 1985 (Rivoluzione tecnologica e diritto del lavoro, in AA.VV., Rivoluzione tecnologica e diritto del lavoro – Atti dell’VIII Congresso nazionale di Diritto del Lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1986, 3-48), ha sostenuto che la terza rivoluzione industriale, caratterizzata dalle innovazioni tecnologiche, favoriva l’incremento di forme di “decentramento fisiologiche”, con «una grande impresa correlata ad una diffusa realtà produttiva minore, peraltro fornita di una sua autonomia, largamente riconducibile all’elevata specializzazione dell’attività svolta» (39) e che questa tendenza avrebbe dovuto essere affrontata con un nuovo diritto del lavoro e «una legislazione capace di coprire una realtà estremamente articolata e frammentata» (46).
varie forme di attività produttive realizzate da una pluralità di soggetti eco- nomici separati sotto il profilo giuridico, ma integrati sul piano sostanziale. Il problema della rilevanza giuridica, oltre che economica, del collegamento tra imprese è stato affrontato soprattutto con riferimento ai gruppi 5, prendendo atto che il fenomeno dei raggruppamenti societari costituiva una forma di “flessibilizzazione del concetto stesso di impresa” 6, che implicava ricadute non trascurabili su diversi istituti lavoristici. In particolare, “l’utilizzazione cumulativa della prestazione di lavoro” 7 ha suggerito nuovi criteri di qualifi- cazione del rapporto nei casi in cui la prestazione sia resa a beneficio di più imprese, fino al punto di dedurre dalla “confusione dei rapporti di lavoro” una “obbligazione collettiva”, conseguente alla utilizzazione congiunta delle prestazioni «da parte di imprese indistinte utilizzatrici e dunque tutte effetti- vi datori di lavoro rispetto ai dipendenti» 8.
Anche con riguardo alla mobilità del lavoratore fra imprese di gruppo, par- te della dottrina ha assunto un approccio innovativo, partendo dal presup- posto che «l’impresa collegata è soggetto terzo, in senso ampio, nella vicenda del distacco, ma è anche qualcosa in più ... l’impresa collegata beneficiaria non sarà semplicemente la titolare del solo “diritto contro il promittente” (art. 1411, comma 2, c.c.), ma sarà investita di una titolarità ben più ampia, in parte sovrapponibile a quella che fa capo all’impresa distaccante» 9.
5 X. XXXXXXX, Prima e dopo la persona giuridica: sindacati, imprese di gruppo e relazioni industriali, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1988, 203 ss.; X. XXXXXXXX, Divide et impera: diritto del lavoro e gruppi di impresa, in Lav. dir., 1988, 359 ss.; X. XXXX, Gruppi di imprese e rela- zioni industriali: tendenze europee, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1988, 641 ss.; X. XXXXXXXXX, Gruppi di impresa e diritto del lavoro, in Lav, dir., 1990, 609 ss.; M.G. XXXXXXXXX, Gruppi di imprese e diritto del lavoro, in Riv. giur. lav., 1990, 497; X. XXXXXXX, Il rapporto di lavoro nell’impresa di gruppo, Xxxxxxx, Milano, 1991; X. XXXXXXX, Lavoro, impresa di gruppo ed ef- fettività della tutela, Xxxxxxx, Milano, 1991; X. XX XXXXXX, La gestione dei rapporti di lavoro nelle imprese a struttura complessa, in Dir. rel. ind., 1991, 81 ss.; X. XXXXXX, Gruppo di im- prese e diritto del lavoro, in Lav. dir., 1992, 291 ss.; X. XXXX, I gruppi di imprese nel diritto del lavoro italiano, in AA.VV., La disciplina dei gruppi di imprese: il problema oggi, Xxxxxxx, Mi- lano, 1997, 210 ss.
6 X. XXXXXXX, Prima e dopo la persona giuridica…, cit., 212.
7 La locuzione è adoperata da X. XXXXXXXXX, Problemi del rapporto di lavoro nei gruppi di società, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1982, 691.
8 X. XX XXXXXX, Titolarità dei rapporti di lavoro e regole di trasparenza. Interposizione, imprese di gruppo, lavoro interinale, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1995, 277-278. Ad analoghe conclusioni è giunto X. XXXXXXX, Il potere direttivo dell’imprenditore, Xxxxxxx, Milano, 1992, 319-320, il quale ha sostenuto che «la contitolarità di più soggetti da parte datoriale compor- ta la titolarità di una posizione di solidarietà attiva e passiva, in quanto il lavoratore si trova, nei fatti, ad essere debitore di una obbligazione collettiva».
9 X. XXXXXXXX, La mobilità del lavoro a favore del terzo, Xxxxxx, Napoli, 2002, 105-106, afferma che la società beneficiaria «potrebbe essere chiamata a reintegrare il lavoratore
I problemi posti dalla relazione tra modello di organizzazione dell’im- presa e contratto di lavoro dimostravano che si stavano sgretolando «le rego- le aristoteliche del diritto del lavoro, tipiche delle società pretecnologiche, l’unità di luogo-lavoro, di tempo-lavoro e di azione-lavoro» 10; quindi, occor- reva porre attenzione alle nuove forme organizzative adottate dall’impren- ditore, in quanto «modalità essenziali del concreto svolgersi dell’assetto di interessi che si realizza nel rapporto di lavoro» e strumenti idonei a «identi- ficare l’unicità dell’impresa – e quindi del datore di lavoro – con l’unicità del ciclo produttivo» 11.
Altra dottrina ha tratto dalle trasformazioni degli assetti organizzativi e produttivi delle imprese, non solo la convinzione della necessità del supera- mento delle rigidità derivanti dal “muro” del divieto di interposizione, ex legge n. 1369/1960, ostacolo alle esigenze di decentramento e di outsourcing imposti dai moderni sistemi produttivi 12, ma anche della necessità di pensare una rinnovata figura generale di rapporto di lavoro, legata al «concetto di “dipendenza economica”, inteso come punto di incontro e saldatura fra il diritto del lavoro e il diritto commerciale» 13.
Il legislatore ha preso atto delle modificazioni strutturali dell’impresa e
«dell’alterazione dei referenti materiali del diritto del lavoro … forgiato sul modello di una impresa monolitica in cui da una parte entravano le materie prime e dall’altra uscivano i prodotti finiti, all’interno di un processo gover- nato da un unico soggetto societario» 14, realizzando con il d.lgs. n. 276 del 2003 «il più vistoso turning point nella progressiva opera di riscrittura legi- slativa dei limiti di liceità del decentramento produttivo» 15.
dell’impresa comandante nell’ipotesi di un suo licenziamento, così come si potrebbe consi- derare solidalmente obbligata per il pagamento delle spettanze retributive dei lavoratori promiscuamente utilizzati», richiamando una sentenza del Tribunale di Genova, 3 aprile 1985, in cui le società collegate sono definite “codatrici di lavoro”.
10 X. XXXXXXXXX, Gruppi di impresa…, cit., 611.
11 X. XXXXXXXXX, ivi, 625 e 629.
12 X. XXXXXX, Il lavoro interinale e gli altri varchi nel “muro” del divieto di interposizione, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1997, 503 ss.
13 X. XXXXXX, Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1999, 267.
14 X. XX XXXX XXXXXX, L’accelerato riformismo della legislazione del lavoro: cause e resi- stenze, in M.P. IADICICCO, X. XXXXX (a cura di), Le riforme del diritto del lavoro. Politiche e tecniche normative, in Dir. lav. mer., Quaderno n. 2, ESI, Napoli, 2016, 21 e 23.
15 X. XXXX e X. XXXX, Decentramento produttivo ed esternalizzazioni nell’era dell’impresa a rete: note introduttive, in X. XXXX, X. XXXX (a cura di), ffsternalizzazioni e tutela dei lavorato- ri, Utet, Torino, 2014, XVII. Offre un’ampia panoramica della “mutazione” del diritto del lavoro in corrispondenza delle trasformazioni dei mercati e dei sistemi produttivi X. XXXXXX-
Come è noto, la legge n. 1369 del 1960, consacrando il “principio di coincidenza” tra titolarità formale del rapporto di lavoro ed effettiva utiliz- zazione della prestazione lavorativa, non solo mirava a impedire ogni forma di decentramento fittizio, ma costituiva anche un ostacolo obiettivo al de- centramento genuino, ponendo una serie di oneri a carico dell’impren- ditore. In particolare, il principio paritario previsto per gli appalti endoa- ziendali costituiva un «deterrente indiretto alla loro utilizzazione attraverso un appesantimento del costo del lavoro» 16 e induceva il committente «a provvedere direttamente [all’attività appaltata] strutturando conseguente- mente la sua organizzazione produttiva» 17: in tal modo il diritto del lavoro dell’epoca “si opponeva” alla frammentazione e allo smantellamento del- l’impresa fordista.
Con l’abrogazione della legge n. 1369, vera e propria “rottura del vaso di Pandora” 18, che ha permesso l’introduzione di nuovi istituti confacenti a una organizzazione produttiva reticolare e a un uso più flessibile della manodo- pera, si è aperta la strada a una nuova articolazione della figura datoriale che
«rompe la monolitica compattezza del dualismo datore di lavoro (unico – formale – sostanziale – creditore – parte contrattuale)/prestatore di lavo- ro» 19 e che richiede una tecnica di tutela del prestatore di lavoro fondata sul- la dimensione della “responsabilità congiunta o solidale”, ritenuta uno stru- mento di governo dei contesti di contractual integration più flessibile ed effi- cace rispetto all’accentramento delle responsabilità datoriali. Questa tecnica, di cui sono stati messi in risalto la portata e i possibili sviluppi 20, è il para- digma regolativo della moderna flessibilità produttiva e di alcune forme di esternalizzazione, dall’appalto alla somministrazione di lavoro.
Quindi, si può ritenere che, se la legge n. 1369/1960 poteva essere consi- derata la norma cardine di un sistema produttivo fondato sulla fabbrica for- dista, il decreto n. 276 del 2003 può considerarsi il simbolo normativo di un apparato produttivo complesso e frammentato.
Infatti, con la svolta del 2003 «è stato lo stesso legislatore a creare o sug-
LE, La mutazione genetica del diritto del lavoro, in M.P. IADICICCO e X. XXXXX (a cura di), Le riforme del diritto del lavoro. Politiche e tecniche normative, cit., 34 ss.
16 X. XXXXXXXX, Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, 491.
17 X. XXXXXX, La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Xxxxxxx, Milano,1965, 135.
18 L’espressione è utilizzata da X. XXXXXXXX, La mobilità del lavoro a favore del terzo, cit., 39, ma riferita al primo intervento legislativo di “rottura”, la legge 196 del 1997.
19 X. XXXXXXXX, ult. op. cit., 50.
20 X. XXXXXXX, “Contractual integration” e rapporti di lavoro, Cedam, Padova, 2004, in particolare 217 ss. Cfr. anche X. XXXXXXXX, Il datore di lavoro nell’impresa integrata, cit., 38- 41.
gerire legami tra fenomeni economici un tempo rigorosamente distinti» 21 e, di conseguenza, i processi di frammentazione e riarticolazione dell’attività produttiva di beni e servizi hanno ricevuto nuovo impulso, favorendo «il dis- solversi nel mercato dei confini dell’attività economica e del relativo centro di imputazione» 22.
Le sempre più frequenti relazioni negoziali o societarie fra imprese ten- dono a sostituire la bilateralità del rapporto di lavoro con strutture triangola- ri o multipolari e scompongono la figura del datore di lavoro: da un lato, permane come parte del contratto che ha a disposizione un più ampio ven- taglio di strumenti nella gestione della forza lavoro, dall’altro emerge la figu- ra dell’imprenditore che organizza la propria presenza nel mercato modu- lando l’attività produttiva anche attraverso nuove forme di transazioni com- merciali con altre imprese 23.
Tutto ciò incide sulle prestazioni di lavoro che devono essere rese con la flessibilità richiesta da un contesto produttivo più complesso e mutevole, in cui coesistono «due forme di flessibilità, quella che riguarda i rapporti com- merciali fra imprese e quella che riguarda il rapporto tra datore e prestatore di lavoro», fra le quali si è instaurato un nesso di circolarità, che consente al datore di «far diventare gli istituti giuridici del diritto del lavoro strumenti essi stessi di concorrenza e competitività» 24.
Categorie fondamentali, elaborate attorno alla nozione di subordinazione enucleabile dall’art. 2094 c.c., tradizionali caposaldi nell’opera di repressione delle frodi e di individuazione del vero datore di lavoro, al cospetto “dell’im- presa multidatoriale”, punto di incontro di plurimi apporti societari, si tro- vano di fronte al problema della individuazione della titolarità dei poteri (e delle responsabilità che ne derivano). Inoltre, la dissociazione tra titolarità
21 X. XXXXXXXX, Somministrazione di lavoro e subordinazione: chi ha paura del divieto di interposizione?, in X. XXXXXXXX (a cura di), Dopo la flessibilità, cosa?, Il Mulino, Bologna, 2006, 158.
22 X. XXXXXXXXX, Impresa di gruppo, interesse di gruppo e codatorialità nell’era della flexi- curity, in Riv. giur. lav., 2013, I, 30.
23 Per una ricostruzione delle varie fasi di scomposizione del datore di lavoro e delle ri- sposte dell’ordinamento, v. X. XXXXX, Dal divieto di interposizione alla codatorialità: le tra- sformazioni dell’impresa e le risposte dell’ordinamento, in X. XXXXX XXXXXX, X. XXXXX (a cura di), Contratto di rete e diritto del lavoro, Cedam, Padova, 2014, 117 ss. Sull’attività d’impresa flessibile e modulabile mediante inedite forme di transazioni negoziali con altri soggetti eco- nomici, X. XXXXXX, La disciplina della segmentazione del processo produttivo e dei suoi effetti sul rapporto di lavoro, nonché X. XXXXX, Cessione di ramo d’azienda e appalti, entrambi in Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo. Atti delle giornate di studio A.I.D.La.S.S. di Trento del 3-4, giugno 1999, Xxxxxxx, Milano, 2000.
24 X. XXXXXXX, Trasformazione della figura del datore…, 8 e 6.
formale del rapporto e concreta utilizzazione del prestatore, considerata a lungo giuridicamente impossibile, «realizzata non in forma di eresia (come poteva essere il caso del distacco e del lavoro interinale) ma di elemento ca- ratterizzante l’evoluzione del sistema produttivo» 25, suggerisce una rilettura della subordinazione che non precluda, in linea astratta, la possibile configu- razione di più datori di lavoro quando la prestazione sia resa per soddisfare l’interesse di diversi soggetti: un’evenienza in cui potere direttivo e organiz- zazione del lavoro, pur decisivi nella connotazione del vincolo di subordina- zione, assumono una diversa dimensione e lo stesso potere direttivo è spesso esercitato da un soggetto diverso da quello che ha stipulato il contratto.
In questo contesto la regola storica dell’unicità del datore, fondata sulla considerazione che all’impresa corrisponde un solo imprenditore e, di con- seguenza, un solo datore di lavoro 26, non rispecchia più il divario tra la strut- tura formale del rapporto di lavoro e le sue concrete condizioni di esercizio e ciò ha fatto emergere, come ipotesi di studio e di ricerca, il tema della coda- torialità, intesa come contitolarità del rapporto di lavoro in conseguenza del- l’esercizio condiviso dei poteri datoriali o della destinazione della prestazio- ne alla soddisfazione dell’interesse di un’impresa pluridatoriale.
La giurisprudenza da tempo ha affrontato questo aspetto ma, procedendo piuttosto disordinatamente, è ancora ben lontana dall’assestarsi.
Ha dato rilevanza all’utilizzazione contemporanea della prestazione di la- voro, e ha attribuito un valore giuridicamente unificante al collegamento economico-funzionale che intercorre tra imprese appartenenti al medesimo raggruppamento, mediante la formula del “centro unitario di imputazione di interessi e dei rapporti di lavoro”, con la quale si configura un unico rappor- to e la responsabilità solidale di più soggetti sotto diversi profili 27. La Corte di Cassazione ha indicato i requisiti oggettivi denotativi dell’unicità d’im- presa, ma solo in poche occasioni ha fatto esplicito riferimento alla codato- rialità, ipotizzando «un rapporto di lavoro che vede nella posizione del lavo- ratore un’unica persona e nella posizione di datore di lavoro più persone rendendo così solidale l’obbligazione del datore di lavoro» 28. Peraltro, que-
25 X. XXXXXXX, Trasformazione della figura del datore di lavoro e flessibilizzazione delle re- gole del diritto, cit., 29-30.
26 Un riferimento d’obbligo per i sostenitori della “regola” dell’unicità del datore è Cass., S.U., 26 ottobre 2006, n. 22910, con nota di M.T. CARINCI, L’unicità del datore di lavoro – quale parte del contratto di lavoro, creditore della prestazione e titolare di tutte le posizioni di diritto, potere, obbligo a essa connesse – è regola generale dell’ordinamento giuslavoristico, in Arg. dir. lav., 2007, 1019 ss.
27 V. infra i riferimenti giurisprudenziali, cap. II, par. 1, e cap. III, par. 3.
28 Cass. 24 marzo 2003, n. 4274, in Riv. it. dir. lav., 2003, II, 740, con nota di X. XXXXXXX-
ste sentenze non forniscono una ricostruzione teorica della codatorialità e si inseriscono in un percorso tutt’altro che univoco 29. In genere, la Corte non si discosta dalla formula dell’“unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro” che applica, sia ai casi di scomposizione fraudolenta dell’impresa (quasi sempre a conduzione familiare) con utilizzo contemporaneo e indiffe- renziato del personale 30, che ai casi in cui non emerge una frammentazione fraudolenta ma un collegamento societario con utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative 31, senza specificare se e in che modo, in tale con- testo, si realizzi anche la contitolarità del rapporto di lavoro.
Invece, parte della dottrina 32, ritenendo necessario adeguare il sistema di tutela alle trasformazioni degli apparati produttivi, ha imboccato la via del- l’elaborazione di una teoria generale sulla codatorialità che, in una prospetti- va civilistica, fa discendere la qualità di datore di lavoro dal collegamento negoziale tra più imprese e da un interesse organizzativo condiviso, tale da determinare una interrelazione così stringente da produrre la traslazione de- gli effetti legali di un contratto commerciale (appalto, subfornitura, ecc.) an- che sull’altro regolamento contrattuale (il rapporto di lavoro subordinato), con conseguente trasferimento della disciplina legale della subordinazione in capo al contraente che ha la veste di imprenditore principale.
Quasi contestualmente, altra dottrina 33, in un’ottica più strettamente la- voristica e con esclusivo riferimento ai gruppi, ha argomentato che, nel caso del concorso di più imprese a un medesimo processo produttivo, la qualità di datore di lavoro debba attribuirsi in relazione alle concrete modalità di impiego della prestazione, alla distribuzione del potere direttivo e all’inte- resse perseguito. L’ipotesi della codatorialità nella gestione del rapporto di lavoro, configurata come un rapporto obbligatorio soggettivamente com-
NI, Gruppo di società e obbligazioni collettive nel rapporto di lavoro; Xxxx. 29 novembre 2011,
n. 25270, in Mass. giur. lav., 2011, 479; Cass. 8 settembre 2016, n. 17775. V. infra, cap. III, par. 3.
29 Deve essere ricordata la sentenza delle Sezioni Unite 22 giugno 2006 n. 22910, che ha ribadito la regola dell’unicità del datore di lavoro come regola generale dell’ordinamento giuslavorista.
30 V., ad esempio, fra le più recenti, Cass. 7 giugno 2017, n. 14175; Cass. 26 agosto 2016,
n. 17368, in CffD Cassazione.
31 Cass. 20 dicembre 2016, n. 26346; Cass. 16 gennaio 1914, n. 798; Cass. 28 agosto 2000,
n. 11275, tutte in CffD Cassazione.
00 X. XXXXXXXX, Xx datore di lavoro nell’impresa integrata, cit., 2010, 1 ss.
33 X. XXXXXXXXX, Contitolarità del rapporto di lavoro nel gruppo caratterizzato da “unicità di impresa”, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2009, 263 ss. V. anche i successivi interventi sull’ar- gomento, fra i quali X. XXXXXXXXX, Impresa di gruppo, interesse di gruppo e codatorialità nell’era della flexicurity, cit., 29 ss.
xxxxxx, si realizzerebbe quando di fronte a un lavoratore e a un’unica presta- zione, destinata a soddisfare un interesse condiviso, stanno, come creditori della stessa, più soggetti.
Nel dibattito che ne è seguito, alcuni autori hanno offerto altri argomenti a sostegno della prospettiva della codatorialità 34 o ne hanno circoscritto la portata 35; altri contributi 36, invece, hanno contestato in radice la ricostru- zione teorica della fattispecie, rilevando che la collaborazione a fini produt- tivi non costituisce elemento sufficiente a far presumere la volontà dei due o più operatori economici di condividere i poteri e le responsabilità connesse ai contratti di lavoro subordinato, e che è da escludere un’automatica trasla- zione degli effetti dei contratti commerciali sui contratti di lavoro 37.
Mentre la dottrina si interrogava (e si divideva) sui problemi teorici con- nessi a un istituto che rompe la regola della bilateralità del rapporto di lavo- ro e dell’unicità del datore in un contesto in continua evoluzione, il legislato- re, che in tutte le occasioni in cui è intervenuto per definire le regole che di- sciplinano i rapporti commerciali ed economici fra le imprese non ha mai previsto alcuna disposizione, neppure indiretta, riguardante la qualificazione dei rapporti di lavoro, con la legge n. 99/2013, di conversione del decreto legge n. 76, per la prima volta si è occupato di tali rapporti e con scarne in- dicazioni ha aperto una nuova frontiera.
La riforma, modificando gli artt. 30 e 31 del d.lgs. n. 276/2003, facilita il distacco di lavoratori fra imprese legate da un contratto di rete, prevedendo la presunzione ex lege dell’interesse del distaccante, introduce la possibilità per le stesse imprese di costituire forme di “codatorialità dei dipendenti in- gaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete” e prevede che le imprese agricole appartenenti a uno stesso gruppo, o comunque riconduci- bili allo stesso proprietario o a soggetti legati tra loro da un vincolo di paren-
34 X. XXXXXXXX, Il datore di lavoro nei gruppi imprenditoriali, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2012, 287 ss., nonché ID., Gruppi imprenditoriali e codatorialità, in Riv. giur. lav., 2012, II, 303; X. XXXXXXXXX, La responsabilità del datore di lavoro nelle organizzazioni di impresa com- plesse, in Dir. rel. ind., 2009, 101-102.
35 X. XX XXXXXX, I gruppi di imprese, in X. XXXXXX (a cura di), Il mercato del lavoro, in
X. XXXXXXXX e X. XXXXXXX (diretto da), Trattato di diritto del lavoro, Cedam, Padova, 2012, 1527 ss.; ma la stessa autrice ha un approccio più possibilista in Confini dell’impresa, esercizio dei poteri, responsabilità, nei gruppi e nelle reti, in AA.VV., Studi in memoria di Xxxxx Gio- xxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx, Bari, 2015, 273 ss.
00 X. XXXXX, Profili critici della teoria della codatorialità nei rapporti di lavoro, in Riv. giur. lav., 2013, I, 65-67; X. XXXXXXXX, Gruppi di imprese, codatorialità e subordinazione, ivi, 19 ss.
37 I. XXXXXX, Il lavoro nelle reti di imprese: profili giuridici, Xxxxxxx, Milano, 2014, 129 ss., ritiene che il contratto di lavoro subordinato presupposto dall’art. 2094 c.c. non è compatibi- le con la codatorialità.
tela o affinità, «possono procedere congiuntamente all’assunzione di lavora- tori dipendenti per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le relative aziende».
La riforma ha una forte connotazione innovativa sulle regole classiche del rapporto di lavoro. Per la prima volta la codatorialità entra nell’ordinamen- to, ma la legge nomina l’istituto senza tipizzarlo e senza descriverne caratte- ristiche e contorni, lasciando la regolamentazione al contratto di rete, con tutti i problemi che ne derivano in tema di ripartizione dei poteri e di indivi- duazione e tutela dei diritti. Fra l’altro, il disposto legislativo pone seri pro- blemi interpretativi di individuazione delle fattispecie e di coordinamento, atteso il diverso tenore letterale per situazioni analoghe, quali la “codatoriali- tà” e “l’assunzione congiunta” 38.
Non è un caso, pertanto, che la riforma abbia dato luogo a commenti di segno opposto. Alcuni autori, anche rivedendo precedenti considerazioni 39, hanno riscontrato nella riforma la positivizzazione dell’istituto della codato- rialità, con tutto quanto ne consegue in termini di rapporti obbligatori sog- gettivamente complessi ex latere creditoris 40 e sul sistema delle fonti del dirit- to del lavoro 41. Altri hanno attribuito alla stessa «un valore confermativo di principi esistenti nell’ordinamento oltre che promozionale» 42 ovvero hanno considerato la stessa un elemento di innovazione destinato a incidere positi- vamente nell’ambito delle reti, strumenti idonei ad «accorciare la catena de- gli appalti e subappalti fino a ridurle ad un unico anello» 43.
38 Affronta ampiamente questo aspetto X. XXXX, Contratto di rete e rapporto di lavoro: re- sponsabilità disgiunta, derogabilità dello statuto protettivo e frode alla legge, in Arg. dir. lav., 2016, I, 780 ss.
39 È il caso di M.T. CARINCI, Introduzione. Il concetto di datore di lavoro alla luce del si- stema: la codatorialità e il rapporto con il divieto di interposizione, in M.T. CARINCI (a cura di), Dall’impresa a rete alle reti di impresa. Scelte organizzative e diritto del lavoro, Xxxxxxx, Milano, 2015, 1 ss.
40 X. XXXXXXX, Contratto di rete, distacco, codatorialità, assunzioni in agricoltura, in A. PE- RULLI, X. XXXXXXXX (a cura di), La riforma del mercato del lavoro, vol. IV. Il nuovo diritto del lavoro, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2014, 503-504; X. XXXXXX, Contratto di rete e regolazione dei rapporti di lavoro, in M.T. CARINCI (a cura di), Dall’impresa a rete alle reti di impresa. Scelte organizzative e diritto del lavoro, cit., 85 ss.
41 X. XXXXXXX, Metamorfosi soggettive e riflessi sul sistema delle fonti del diritto del lavoro: la codatorialità, in M.T. CARINCI (a cura di), Dall’impresa a rete alle reti di impresa. Scelte or- ganizzative e diritto del lavoro, cit., 203 ss.
42 X. XXXX, Introduzione, in X. XXXX (a cura di), Contratto di rete. Trasformazione del la- voro e reti di imprese, Ipsoa, Milano, 2015, 14.
43 X. XXXXX, Il contratto di rete. Profili giuslavoristici, in X. XXXX (a cura di), Contratto di rete. Trasformazione del lavoro e reti di imprese, cit., 122.
Altri ancora, invece, hanno rilevato che le nuove norme hanno un conno- tato di specialità dal quale non può conseguire una vera e propria ipotesi di contitolarità di tutte le posizioni giuridiche proprie del datore di lavoro e hanno considerato il nuovo istituto un contratto di lavoro subordinato spe- ciale, dotato di una specifica causa 44, ovvero hanno collegato la nozione di codatorialità a quella, prevista dalla stessa norma, di distacco infrarete, attri- buendole un significato atecnico, di fatto interpretabile come “distacco a parte complessa” 45. Un ultimo orientamento ha sostenuto che la codatoriali- tà è una soluzione tecnica che il legislatore ha inteso circoscrivere alle impre- se legate da un contratto di rete e ciò escluderebbe l’utilizzabilità dell’istituto nei gruppi di imprese e in altre forme di coordinamento e di direzione unita- ria di società 46.
Rinviando l’approfondimento di questi temi, per il momento è sufficien- te rilevare che la nozione di codatorialità introdotta dalla legge del 2013 ha connotati del tutto diversi da quella prefigurata dalla dottrina e introduce un inedito nesso funzionale tra disciplina commerciale e diritto del lavoro, in quanto prefigura una modulazione dei contenuti del rapporto, della ri- partizione dei poteri e, quindi, dei diritti e degli obblighi delle parti in fun- zione degli obiettivi che le imprese perseguono mediante il contratto di re- te. Ciò impone una riflessione complessiva su un istituto non definito e di difficile inquadramento, che miri a verificarne la compatibilità con le rego- le storiche del diritto del lavoro, che lo ricostruisca su basi teoriche e non solo empiriche, che ne individui i contorni e i limiti e che ne consideri gli effetti.
È difficile dire se un approfondimento del genere possa avere, oltre che un interesse di studio, anche un rilievo concreto e possa influire sugli svilup- pi di possibili modelli codatoriali, tenuto anche conto dello scarso entusia- smo che, almeno fino ad ora, le imprese hanno riservato alla nuova fattispe- cie legale. Il tema ha, comunque, una sua intrinseca rilevanza, in quanto si intreccia con la necessità di una rinnovata riflessione sulla figura del datore di lavoro, la cui evoluzione, dopo il declino dell’impresa monolitica di stam-
44 I. XXXXXX, Il lavoro nelle reti di imprese: profili giuridici, cit., 176 e ID., Rete di imprese e subordinazione, in M.T. CARINCI (a cura di), Dall’impresa a rete alle reti di impresa. Scelte organizzative e diritto del lavoro, cit., 215 ss.; X. XXXXX, Dal divieto di interposizione alla coda- torialità: le trasformazioni dell’impresa e le risposte dell’ordinamento, cit., 156.
45 In tal senso X. XXXXXXX, La codatorialità nel contratto di rete: un’ipotesi definitoria, in
M.T. CARINCI (a cura di), Dall’impresa a rete alle reti di impresa. Scelte organizzative e diritto del lavoro, cit., 265.
46 X. XXXXXX, Integrazione orizzontale fra imprese: distacco, assunzione congiunta e codato- rialità, in AA.VV., Studi in memoria di Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx, cit., 212-213.
po fordista, ha avuto ricadute non trascurabili sul sistema di tutele che il di- ritto del lavoro accorda al prestatore 47.
Il compito è meno semplice di quanto possa apparire, perché la ricostru- zione della fattispecie codatorialità incontra obiettive difficoltà derivanti dal fatto che in un contesto produttivo e organizzativo mutevole e complesso, con la figura del datore di lavoro che si flessibilizza sempre più, i criteri di imputazione giuridica dei rapporti di lavoro hanno xxx xxx xxxxxxx, xxxxxx dal lato datoriale, “la loro tradizionale carica di stabilità e certezza giuridi- ca” 48, fino al punto di costringerci oggi a interrogarci se «il datore di lavoro è ancora individuato in base a un criterio inderogabile fissato dalla legge op- pure la sua scelta è ormai rimessa alla libera decisione dei soggetti che parte- cipano alla trasformazione dell’organizzazione» 49.
Il percorso è comunque obbligato: in uno scenario di accentuata variabili- tà del concetto stesso di impresa e di datore di lavoro, tale da renderne ar- dua una configurazione unitaria, la ricerca di forme di co o pluridatorialità, anche al fine della redistribuzione delle responsabilità tra gli attori economi- ci, non può che partire dall’attività produttiva, intesa come combinazione dell’azione di più imprenditori, in vari modi legati fra loro, per poi risalire ai soggetti che la esercitano e ricostruire il sistema di rapporti che tra essi inter- corre, con le conseguenti ricadute sui rapporti di lavoro 50.
47 Sulla rinnovata attenzione della dottrina al tema della ridefinizione della nozione di da- tore di lavoro X. XXXX, Trasformazioni delle imprese: reti di imprese e regolazione del lavoro, in Merc. conc. reg., 2012, 8 ss.; nonché X. XXXXXXX, Gruppi di imprese, reti di imprese, e coda- torialità: una prospettiva comparata, in Riv. giur. lav., 2013, 89 ss.; X. XXXXX, Dal divieto di in- terposizione…, cit., 117 ss. Già nella relazione alle giornate di studio A.I.D.La.S.S. di Catania del 2009, X. XXXXXXX, Trasformazione della figura del datore di lavoro e flessibilizzazione del- le regole del diritto, cit., 5 ss., rilevava criticamente che «il diritto del lavoro ha tradizional- mente parlato molto di una delle parti del rapporto di lavoro, il prestatore di lavoro; assai meno dell’altra, il datore di lavoro». Ancora di recente, sulla evoluzione della forma e dello stesso concetto di impresa, v. il contributo alle giornate di Venezia in ricordo di Xxxxxxx Xxxxxx (settembre 2015) di X. XXXXXXX, L’idea di impresa. Un dialogo con la giovane dottri- na giuslavorista, in X. XXXXXXX (a cura di), L’idea del diritto del lavoro, oggi. In ricordo di Xxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxx-Xxxxx, Padova, 2016, 671 ss.
48 Queste considerazioni aveva formulato, con lungimiranza, in riferimento ai gruppi di imprese, X. XXXXXXX, Prima e dopo la persona giuridica…, cit., 211 ss., e in X. XXXXX, A.R. XXXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX (a cura di), Itinerari, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1989, 343.
49 M.T. CARINCI, Processi di ricomposizione e di scomposizione dell’organizzazione: verso un datore di lavoro “à la carte”?, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2016, 733.
50 I. XXXXXX, Il lavoro nelle reti di imprese: profili giuridici, cit., 47-48, rileva che, nelle ipotesi sopra descritte, l’attività «non può essere riferita al singolo imprenditore ma deve es- sere valutata come la combinazione dell’azione degli imprenditori legati dal rapporto di re- te», riprendendo analoghe considerazioni di C. CREA, Reti contrattuali e organizzazione del- l’attività di impresa, XXX, Xxxxxx, 0000, 266 ss.
2. Tipologie dei fenomeni di frammentazione e aggregazione delle im- prese
Le caratteristiche attuali del sistema produttivo derivano da una evolu- zione, avviata verso la fine del XX secolo e tuttora in corso, conseguente alla trasformazione degli assetti organizzativi delle imprese ancor più che al- l’introduzione di nuovi strumenti di produzione o tecnologici, come avvenu- to durante la rivoluzione industriale e durante la più recente rivoluzione in- formatica 51.
Questi processi avvengono in una duplice direzione. Da un lato, si assiste a sempre più frequenti forme di decentramento o frammentazione, in cui fa- si o segmenti della produzione sono affidati a soggetti esterni all’impresa; dall’altro, sono sempre più diffuse le aggregazioni e le relazioni contrattuali tra imprese, finalizzate a una maggiore competitività sul mercato globale.
Tali fenomeni, solo apparentemente contraddittori, spesso sono destinati a coesistere anche all’interno della stessa impresa. Infatti, ai vertici del siste- ma imprenditoriale, lì dove si giocano gli assetti societari, finanziari e mana- geriali, si può assistere a processi di concentrazione che vanno da semplici collaborazioni a vere e proprie fusioni tra soggetti giuridici diversi, mentre alla base della stessa impresa si intensificano i programmi di frammentazione organizzativa secondo moduli di esternalizzazione che investono sempre più numerose attività aziendali 52.
Questa tendenza riguarda non più soltanto attività marginali, ma anche settori complementari al processo produttivo primario e, pertanto, è destina- ta a svilupparsi, anche dal punto di vista topografico, all’interno di un unico complesso produttivo 53. In tal modo l’impresa trasforma la propria struttura
51Aveva colto da tempo questa tendenza R. DE XXXX XXXXXX, Diritto del lavoro e decen- tramento produttivo in una prospettiva comparata: scenari e strumenti, in Riv. it. dir. lav., 2007, I, 4, il quale aveva intuito che l’impresa moderna tendeva «a divenire una rete estesa di unità semiautonome o autonome con forme elastiche di coordinamento (…) che impone un’inedita pressione verso la flessibilità e il dinamismo».
52 X. XX XXXX XXXXXX, I processi di terziarizzazione intra moenia. Ovvero la fabbrica “mul- tisocietaria”, in Dir. merc. lav., 1999, 51. La distinzione tra quanto avviene ai vertici della pi- ramide imprenditoriale, mediante forme di concentrazione societarie, e quanto si verifica, viceversa, con strumenti di frammentazione alla base della piramide stessa è ripresa dallo stesso autore come caratteristica precipua del moderno sistema produttivo in Diritto del la- voro e decentramento produttivo in una prospettiva comparata: scenari e strumenti, cit., 5.
53 X. XXXXXXXXX, Decentramento produttivo e tutela dei lavoratori, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2002, 11-12, il quale rileva inoltre che queste modalità produttive integrate, soprattutto con riferimento agli appalti endoaziendali, realizzano «un sistema di interdipendenze tra imprese di diverse dimensioni, nella quali è stato visto un modello di sviluppo imperniato su una sor-
organizzativa, «diventa sempre più immateriale e leggera, riqualificandosi in senso contrattuale, come rete di contratti commerciali e di lavoro retti dal- l’interdipendenza, ciò consente di coordinare i diversi fattori e flussi di pro- duzione in un’ottica di autonomia controllata» 54.
Le ragioni che spingono le imprese a forme sempre più frequenti di seg- mentazione produttiva o di organizzazioni a rete sono diverse e complesse.
In alcuni casi le frammentazioni del ciclo produttivo perseguono finalità elusive, allo scopo di evitare i vincoli giuridici che derivano dalla concentra- zione in un’unica struttura. Questa tendenza che ha caratterizzato la realtà italiana per molti anni, oggi, sebbene presente, non è più prevalente. Peral- tro, tale forma di decentramento ha conosciuto normative ad hoc finalizzate a contrastarla.
Altre ipotesi sono determinate, invece, da un’esigenza di riduzione dei costi. Si tratta di esternalizzazioni che interessano attività accessorie al ciclo produttivo, per le quali l’imprenditore si rivolge all’esterno, non tanto per particolari esigenze tecniche, ma per perseguire una riduzione complessiva dei costi di impresa, tra cui anche quello del lavoro.
Infine, vi sono le “esternalizzazioni virtuose” 55, finalizzate a concentrare l’attività produttiva dell’impresa sul core business e ad acquisire particolari competenze tecniche all’esterno, per ottenere un bene finale che abbia un valore aggiunto. Tale modello permette all’impresa di diventare più competi- tiva sul mercato perché più pronta a reagire alle variazioni della domanda. Infatti, in tal modo «l’eventuale riduzione della domanda complessiva è af- frontata con la semplice riduzione della propria domanda interna (gli ordini) alle imprese contrattualmente collegate, senza comportare il rallentamento dell’intera organizzazione o l’accumulo di scorte inutilizzate nei magazzi- ni» 56.
La realizzazione all’esterno di spezzoni del ciclo produttivo, per alcune o tutte le finalità elencate, avviene mediante una svariata tipologia di contratti,
ta di rapporto di vassallaggio tra l’impresa committente e le imprese esterne, che permette tra l’altro di assicurare particolare elasticità alla struttura industriale, in presenza di un ciclo economico a fasi alterne sempre più ravvicinate».
54 X. XXXXXXX, Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva comparata: problemi e prospettive, in Riv. it. dir. lav., 2007, 30. Lo stesso autore, Contratto di rete, distac- co…, cit., 466 ss., si è nuovamente soffermato sull’evoluzione delle forme di integrazioni reti- colari, di cui una delle più recenti trasposizioni sul piano giuridico è il modello contracting for innovation, che evidenzia, a suo avviso, dissimmetrie e distanze dai più tradizionali mo- delli di collaborazioni modulari o di “collaborazioni relazionali” tipiche dei cluster e dei di- stretti.
55 Il termine è di X. XXXXXXXX, op. cit., 6.
56 X. XX XXXX XXXXXX, Diritto del lavoro e decentramento produttivo…, cit., 7.
che consentono all’impresa di procurarsi all’esterno i vari fattori produttivi. Possono essere contratti di lavoro autonomo o commerciali, diversamente forgiati a seconda del settore di intervento e per lo più riconducibili agli schemi del contratto d’opera, dell’appalto, della subfornitura, del trasferi- mento del ramo d’azienda, della concessione di vendita, del franchising 57.
Questa dinamica dei processi produttivi è da tempo al centro dell’atten- zione della dottrina giuslavorista, che ne ha verificato sotto diversi profili l’impatto sulle regole del diritto del lavoro 58. Molti studi sono caratterizzati dall’obiettivo di arginare la forza centrifuga cui è stata sottoposta la figura del datore di lavoro a seguito della frammentazione del processo di produ- zione e sono concentrati «sulla ricerca di criteri adeguati che consentano di imputare il rapporto di lavoro al soggetto che appare più affidabile sul piano economico» 59.
Ma un sistema di produzione complesso, non più basato sull’integrazione verticale, caratterizzata dallo svolgimento all’interno di un’unica impresa dei meccanismi necessari alla realizzazione del prodotto finito, richiede un ap- proccio più articolato, che consideri gli aspetti peculiari della moderna realtà produttiva, in cui le attività necessarie al completamento del ciclo produtti- vo, non solo sono parzialmente frazionate e affidate a soggetti esterni, ma spesso sono assunte congiuntamente da diverse imprese che concorrono sta- bilmente alla realizzazione del bene destinato al mercato. Queste forme di collaborazione e integrazione fra imprese sono verosimilmente destinate a incrementarsi, in quanto appaiono strumenti funzionali al perseguimento di finalità diverse, quali lo scambio di conoscenze e competenze, il reperimento
57 X. XXXXXXX, “Contractual integration”…, cit., 5.
58 I profili teorici e applicativi dei fenomeni di frammentazione e di esternalizzazione dei processi produttivi, con i conseguenti riflessi sui rapporti di lavoro, sono stati approfonditi da X. XXXXXX, Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa…, cit., 203 ss.; R. DE XXXX XX- XXXX, I processi di terziarizzazione intra moenia…, cit.; X. XXXXXXX, Metamorfosi dell’impre- sa e tutela del lavoro (a proposito del trasferimento d’azienda nella riforma Biagi), in Arg. dir. lav., 2004, 779 ss.; X. XXXXX, Cessione di ramo d’azienda e appalto, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1999, 325 ss.; M.T. CARINCI, Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro: somministrazio- ne e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d’azienda e di ramo, Giappichelli, Torino, 2010; X. XXXXXXXXX, Decentramento produttivo e tutela dei lavoratori…, cit; A. LO FARO, Processi di outsourcing e rapporto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 2003; X. XXXXXX, Processi di esternalizzazione. Tutela del lavoratore e interesse dell’impresa, Jovene, Napoli, 2004. Per uno sguardo panoramico sull’incidenza delle trasformazioni dei processi produttivi sulla dottrina lavorista e sul diritto del lavoro, cfr. X. XXXXXXXX, La mutazione genetica del diritto del lavoro, in M.P. IADICICCO e X. XXXXX (a cura di), Le riforme del diritto del lavoro…, cit., 33 ss., nonché i saggi raccolti in X. XXXXXXX (a cura di), L’idea di diritto del lavoro, oggi. In ricordo di Xxxxxxx Xxxxxx, Cedam, Padova, 2016.
59 X. XXXXXXX, op. cit., 8.
di professionalità adeguate, l’acquisizione di maggiore forza contrattuale, l’op- portunità di accedere ai mercati stranieri e a livelli maggiori di innovazione tecnologica altrimenti preclusi alla dimensione limitata della singola impresa. Fra l’altro, il sostegno all’integrazione tra le imprese medio-piccole è un connotato rilevante della politica economica dell’Unione Europea, che in più occasioni ha sostenuto la necessità di forme di ausilio alla piccola e media imprenditorialità, da realizzare attraverso l’attuazione di politiche miranti a incentivare modalità di coordinamento stabile tra le imprese 60. Tale obietti- vo ha trovato la più significativa conferma nel varo dello Small Business Act 61, espressione della tendenza a istituire una corsia preferenziale per la pic- cola impresa, che, con l’intento di favorire l’integrazione dei mercati naziona- li nel mercato unico europeo, individua proprio nell’incentivazione della co- operazione lo strumento più idoneo a favorire lo sviluppo imprenditoriale a
livello europeo.
Nella stessa direzione si è mossa la Comunicazione del 23 febbraio 2011 della Commissione europea, che rappresenta un riesame dello Small Business Act alla luce dei risultati conseguiti, la quale, apprezzando l’iniziativa italiana della disciplina incentivante il contratto di rete, conferma l’opportunità della promozione di forme di collaborazione tra imprese, in quanto funzionali a con- sentire loro di unire le forze per favorire un approccio coerente e coordinato per raggiungere un obiettivo comune senza perdere la loro indipendenza 62.
Nella legislazione italiana sono presenti diverse norme miranti a favorire i fenomeni di aggregazione. Sono provvedimenti non caratterizzati da omoge- neità e coerenza, intervenuti in tempi diversi, che hanno comunque in co- mune la finalità di stimolare la creazione di rapporti stabili fra imprese per il perseguimento di obiettivi economici condivisi, predisponendo gli strumenti tecnico-giuridici più idonei, da utilizzare secondo le circostanze.
Fra gli strumenti contrattuali o associativi, che l’ordinamento mette a di- sposizione di due o più imprese per forme collaborative utili allo sviluppo delle rispettive attività produttive, vanno ricordati le associazioni tempora- nee di imprese e i consorzi.
60 V., ad es., l’art. 12 della Decisione n. 1639/2006 del Parlamento Europeo e del Consi- glio del 24 ottobre 2006, che auspica «l’istituzione di un programma quadro per la competi- tività e l’innovazione da attuarsi nel periodo 2007-2013».
61 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni del 25 giugno 2008.
62 I. XXXXXX, Il lavoro nelle reti di imprese…, cit., 12, il quale analizza in particolare il punto 3.3.2 della Comunicazione e ricorda altresì la Comunicazione della Commissione del 9 gennaio 2013, nella quale la Commissione ribadisce ulteriormente “la volontà di incoraggiare la creazione di reti”.
Le prime, sempre ai margini di figure giuridiche affini e con interferenze inevitabili, come è stato più volte posto in luce 63, a volte possono anche as- sumere forme di cooperazione con connotati di maggiore intensità, sino a integrare gli estremi della gestione comune 64, che comunque non determi- nano una interferenza degli imprenditori associati nella autonomia e nella gestione delle altrui imprese e nei rispettivi rapporti di lavoro subordinato. Tale conclusione trova un ulteriore fondamento nella circostanza che nelle associazioni temporanee di imprese è elemento indefettibile la delimitazione temporale dell’associazione stessa.
I consorzi, resi dalla riforma del 1976 (legge 10 maggio, n. 377) uno stru- mento generale per la collaborazione tra le imprese 65, sono disponibili per cooperazioni che consistano nel mettere in comune l’esplicazione di un ser- vizio o, in genere, di una o più fasi del ciclo d’impresa, attraverso una plura- lità di modelli consortili con funzioni diverse 66, compresa la creazione di strut- ture comuni utilizzabili dalle imprese consorziate. Tuttavia, resta ferma l’au- tonomia economica dei singoli imprenditori e, di conseguenza, la diretta ri- feribilità a tali soggetti della gestione e dei risultati delle rispettive imprese 67. La mera volontà negoziale fra imprese di realizzare un’associazione tem- poranea ovvero strumenti di cooperazione nella forma consortile per rag- giungere determinati obiettivi produttivi non si riflette nella gestione dei rapporti di lavoro delle singole imprese e non determina un uso promiscuo della manodopera. Si può, però, rilevare, per quanto riguarda i consorzi, fi- gura quasi sovrapponibile alle reti di impresa sotto diversi profili, l’asim- metria che si è determinata dalla mancata previsione di forme di codatoriali- tà e di distacco agevolato anche per le imprese consorziate, dopo l’introdu-
zione di tali istituti per via legislativa per le reti di imprese.
63 C.M. BIANCA, La gestione in comune di un appalto pubblico: associazione temporanea, consorzio, società di fatto o contratto associativo innominato?, in Riv. dir. civ., 1983, 653.
64 Mette in risalto questo aspetto X. XXXXXX, Le associazioni temporanee di imprese, Giuf- frè, Milano, 1983, 58 ponendo l’accento sulle “interferenze con la società di fatto non rico- nosciuta”. Sulle associazioni temporanee di imprese, v. anche X. XXXXXXX, Il contratto di joint venture. La disciplina giuridica dei raggruppamenti temporanei di imprese, Xxxxxxx, Mila- no, 1981.
00 X. XXXXXXXXX, Xx contratto di rete fra (comunione di) impresa e società (consortile), in Riv. dir. civ., 2011, 323 ss. Sui consorzi in genere, v. G.D. XXXXX, I consorzi tra imprenditori, Xxxxxxx, Milano, 1988, nonché X. XXXXXXXX, Struttura e funzione del fenomeno consortile, Cedam, Xxxxxx, 0000.
66 X. XXXXXXXXXXX, Sull’attività consortile, in X. XX XXXXXX (a cura di), L’attività consortile. ffsperienza e prospettiva di riforma della disciplina vigente, XXX, Xxxxxx, 0000.
67 V., a proposito, X. XXXXXXXX, op. cit., 167, nonché, nello stesso senso, X. XXXXXX, L’in- teresse consortile, Xxxxxxx, Milano, 2008, 4 ss.
Tra le forme di relazione reticolare tra imprese prese in considerazione dalla legislazione, una delle figure più significative è quella dei distretti che, sulla scia delle elaborazioni fornite dal maggiore studioso italiano del feno- meno 68, possono definirsi come un’entità socio-territoriale caratterizzata dal- la compresenza attiva, in un’area territorialmente e storicamente determina- ta, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese.
Introdotta con la legge 5 ottobre 1991, n. 317, questa forma di sostegno alla collaborazione tra imprese è stata successivamente modificata dalla legge 11 maggio 1999, n. 140 e da ultimo dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266, che ha sostituito il limitante concetto di distretto industriale con quello più ampio di distretto produttivo.
Dei distretti si sono occupati gli economisti, che ne hanno esaminato il profilo e i risultati raggiunti con accenti molto diversi.
Alcuni hanno messo in risalto la fragilità del modello distrettuale “calato nel turbine della globalizzazione”, rilevando il sostanziale fallimento (soprat- tutto per il Mezzogiorno) di questa particolare forma di relazione paritaria fra imprese e del suo approccio “fondato sui luoghi” 69. Altri, partendo da un’analisi dei diversi processi di mutamento tecnico-produttivi, cognitivi e sociali che i distretti hanno realizzato per rispondere alle pressioni competi- tive provenienti da economie emergenti e alla crisi economica, hanno prefe- rito mettere in luce la capacità di reazione endogena che i distretti hanno dimostrato, da tenere presenti e da valorizzare nell’ambito di consapevoli scelte di politica economica 70.
Altri ancora, dopo una ricognizione degli strumenti normativi ideati per sostenere i distretti, hanno rilevato che questi sono sistemi in continuo mu- tamento, che devono essere affiancati da altre forme aggregative, come quel- la dei gruppi di imprese, e sostenuti da una politica attiva capace di superare i limiti imposti dal breve periodo e dalle emergenze 71.
Non rientra tra gli obiettivi della ricerca l’analisi economica delle varie esperienze dei distretti. Ai fini di questo studio, il fenomeno rileva perché costituisce un buon punto di osservazione di un sistema particolare di legami
68 X. XXXXXXXXX, Il distretto industriale, Xxxxxxxxx & Xxxxxxx, Torino, 2001.
69 X. XXXXXXXX, Reti, distretti, filiere. Le problematiche fondamentali dello sviluppo ita- liano, in X. XXXXXXX (a cura di), Reti di imprese e territorio. Tra vincoli e nuove opportunità dopo la crisi, Il Mulino, Bologna, 2010, 23-48.
70 X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, Riaggiustamento delle reti distrettuali e dif- ferenziazione dei percorsi di reazione alla crisi del mercato, in X. XXXXXXX (a cura di), Reti di impresa e territorio…, cit., 49-76.
71 X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Nuove configurazioni distrettuali e reti di impresa: le stra- tegie per rafforzare la competitività, ivi, 77-106.
tra territorio e imprese, che incide sulle modalità delle attività produttive, con potenziali effetti sui rapporti di lavoro delle imprese aggregate che ope- rano nel distretto.
Tra gli strumenti tecnici che l’ordinamento oggi offre all’autonomia nego- ziale per l’instaurazione di forme di collaborazione stabili per determinate finalità può essere ricordata la disciplina dell’affidamento dei contratti pub- blici che, nell’ottica di favorire l’accesso delle piccole imprese alle gare con- cernenti contratti pubblici, consente alle stesse di partecipare anche median- te diverse modalità di aggregazione, fra le quali le più significative sono i Gruppi europei di interesse economico (GEIE), oltre che il contratto di con- sorzio, l’associazione temporanea di imprese e il contratto di rete.
Di gran lunga maggiore interesse, sotto il profilo fin qui esaminato, rive- stono le più significative forme di aggregazione fra imprese: le reti e i gruppi. Ancor prima della definizione legislativa, le reti erano descritte come
«quell’insieme di relazioni di tipo cooperativo e tendenzialmente stabili tra due o più imprese formalmente e giuridicamente distinte, anche concorrenti, tra le cui attività esista o si generi una qualche interdipendenza ed emerga dunque un’esigenza di coordinamento, alla quale la rete risponde ricorrendo a strumenti di governo diversi, formali e informali, contrattuali e non» 72. La legge che disciplina il contratto di rete si è mossa in questa ottica e ha rego- lamentato un fenomeno in continua espansione, espressione «della traietto- ria evolutiva delle imprese che reagiscono ai mutamenti imposti dalla globa- lizzazione e dal capitalismo postindustriale attraverso aggregazioni e colle- gamenti che consentono di restare sul mercato con più forza e maggiore competitività» 73. Un fenomeno poliedrico, sia dal punto di vista della strut- tura organizzativa, che delle finalità e degli interessi perseguiti, irriducibile a una configurazione unitaria.
72 La definizione è di P. IAMICELI, Le reti di imprese: modelli contrattuali di coordinamento, in X. XXXXXXX (a cura di), Rete di imprese tra regolazione e norme sociali. Nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, Bologna, 2004, 128. Per un esame della disciplina legislativa sulle reti di impresa, v. X. XXXXXXX, Il contratto di rete e il diritto dei contratti, in I contratti, 2009, 915 ss.; E.M. TRIPPUTI, Il contratto di rete, in Nuove leggi civ. comm., 2011, 56 ss.; S. DELLE MONA- CHE, Il contratto di rete tra imprese, in Judicium, www. xxxxxxxx.xx, 2014; X. XXXXXXXX, Il con- tratto di rete: un inquadramento civilistico, in X. XXXXX XXXXXX, X. XXXXX (a cura di), Contratto di rete e diritto del lavoro, Cedam, Padova, 2014, 47 ss.; nonché, X. XXXXXXXX, Contratto di rete e disciplina antitrust, in Contratto e Impresa, 2012, 703 ss.; X. XXXXXXX, Xxxxx reti di impre- sa al contratto di rete nella recente prospettiva legislativa, in I contratti, 2009, 928 ss.; F. XXXX- XXX, Il “contratto” e la “rete”: brevi note sul riduzionismo legislativo, in I contratti, 2009, 951 ss.;
X. XXXXXXX, Reti di impresa e contratto di rete, in I contratti, 2009, 957 ss.; X. XXXXXXXXXXXX,
Il contratto di rete: il problema della causa, in I contratti, 2009, 961 ss.
73 X. XXXXXXX, Gruppi di imprese, reti di imprese e codatorialità: una prospettiva comparata, in Riv. giur. dir. lav., 2013, I, 83 ss.
Così intesa, la rete evoca un’idea di impresa che supera i confini della fabbrica 74 e rinvia a una modalità organizzativa dell’attività produttiva estre- mamente flessibile, utilizzabile per diverse finalità.
A esempio, a essa può ricorrere l’imprenditore che non disponga di una rete di distribuzione e abbia interesse a reperire sul mercato un ope- ratore affidabile, cui conferire l’incarico della distribuzione del suo pro- dotto mediante un accordo destinato a durare nel tempo. Può ricorrere a un accordo di rete l’operatore commerciale che abbia bisogno di supporti tecnologici avanzati per la sua attività produttiva e che, piuttosto che in- vestire in tale direzione, trovi conveniente avvalersi della stabile collabo- razione con una impresa specializzata. Può convenire l’integrazione in re- te a una impresa che intenda trarre vantaggio per la commercializzazione del suo prodotto dal fatto di far parte di un “polo” più ampio e più noto nel mercato.
Soprattutto la rete consente alle piccole e medie imprese di adottare stra- tegie di crescita e innovazione, adeguate alle sfide dei mercati globali e delle innovazioni tecnologiche, che non riescono a perseguire da sole, vuoi per ra- gioni dimensionali, vuoi per ragioni tecniche. In tali ipotesi, il programma strategico di rete consente a ciascuna impresa di aumentare la capacità com- petitiva e “fa apparire grandi i piccoli”, senza costringerli a dover ricorrere a drastiche limitazioni della propria autonomia al limite dell’integrazione strutturale (la fusione) o a forme di integrazione subalterne come l’inseri- mento in un gruppo 75. Caratteristica della rete, e suo maggior motivo di at- trazione, è, infatti, il modello di attività produttiva integrata, che coniuga al suo interno «i vantaggi della collaborazione e della organizzazione struttura- ta e stabile e quelli dell’autonomia dei soggetti che la compongono, che man- tengono una elevata capacità di adattamento flessibile in relazione alla fluidi- tà dei rapporti contrattuali» 76. Ciò è connesso all’altro requisito che connota le reti: i rapporti fra le imprese, informali o contrattuali, si configurano come paritari, tali da permettere agli attori dell’accordo di rete di sfruttare la com-
74 I. XXXXXX, Il lavoro nelle reti d’impresa…, cit., 3, il quale ricorda le considerazioni di X. XXXX, Trasformazioni delle imprese: rete di imprese e regolazione del lavoro, cit., 8, circa le difficoltà delle discipline del lavoro tradizionalmente concentrate più sulla fabbrica che sull’impresa.
75 X. XXXXXXXX, Il contratto di rete: una soluzione in cerca del problema?, in X. XXXXXXX,
X. XXXXXXXXXXXX (a cura di), Reti di impresa e contratto di rete: spunti per un dibattito, in I contratti, 2009, 935.
76 V., sul punto, I. XXXXXX, Il lavoro nelle reti…, cit., 5 e P. IAMICELI, Dalle reti di impre- sa al contratto di rete: un percorso incompiuto, in AA.VV., Le reti di impresa e i contratti di rete, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2009, 11 ss.
plementarietà dei loro interessi, pur mantenendo ampi margini di autono- mia 77.
La peculiarità di un sistema produttivo integrato a livello orizzontale e paritario distingue la rete dall’altra tradizionale forma di integrazione, tipica delle imprese medio-grandi, costituita dal gruppo, nel quale una medesima attività economica si fraziona in una pluralità di società legate da un rappor- to di controllo azionario che ne assicura la guida unitaria.
Il gruppo, anche se può essere considerato, seppure in senso lato, una specifica forma di rete tra soggetti giuridici distinti, le cui attività vengono esercitate in forma coordinata, trova il suo tratto distintivo nel fatto che le relazioni tra le imprese si configurano come relazioni di proprietà e di con- trollo 78. Il che comporta significative differenze circa l’influenza che un sog- getto economico può esercitare, in quanto nei gruppi il potere di controllo della holding, derivante dalla proprietà, è praticamente illimitato, residuando ben pochi margini di autonomia alle controllate, le quali, fra l’altro – a diffe- renza dalle imprese retiste – non hanno la possibilità di recedere dal gruppo o di chiedere la ridefinizione degli accordi 79. Ciò può avere conseguenze non trascurabili sulla gestione dei rapporti di lavoro.
Le reti, i gruppi e l’appalto (e le figure contermini quali il subappalto, la subfornitura, il franchising) costituiscono il terreno privilegiato per l’esame delle caratteristiche dell’impresa multidatoriale e della loro incidenza sulla gestione dei rapporti di lavoro: è soprattutto nell’ambito di queste tre figure, infatti, che è ricondotta la fattispecie della codatorialità nelle ipotesi di stu- dio e ricerca della dottrina e nella nozione veicolata dal legislatore nell’ordi- namento (solo per le reti).
Ciò presuppone un approfondimento preliminare della disciplina civili- stica e laburista dell’appalto – forma contrattuale idonea a realizzare modelli di integrazione produttiva fra più soggetti economici che potrebbero essere sintomatici della codatorialità – della disciplina commerciale del collegamen- to societario, dell’influenza dominante della capogruppo, dell’abuso di dire- zione unitaria e della loro incidenza sulle modalità di gestione del personale delle imprese infragruppo, nonché della disciplina commerciale del contrat- to di rete, vero fulcro della innovazione legislativa del 2013, atteso che la legge ha demandato tout court a un negozio privato la regolamentazione del-
77 X. XXXX, Trasformazioni delle imprese: reti di imprese e regolazione del lavoro, cit., 18-
20.
78 X. XXXXXXXXX, Il gruppo di impresa come strumento di creazione di reti imprenditoriali,
in X. XXXXXXX (a cura di), Reti di impresa e territorio, cit., 174.
79 X. XXXXXXXXX, ivi, 177 ss.