Contenzioso Finanziario
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Il punto sulla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione in tema di nullità dei contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento.
14 novembre 2019
La Corte di Cassazione si espri- me nuovamente in merito alla nullità dei «contratti relativi alla prestazione dei servizi di inve- stimento» di cui all’art. 23 T.U.F.: dopo la validità – recen- temente ribadita – del contratto
c.d. “monofirma”, le Sezioni Unite fanno leva sul principio di buona fede per limitare le con- seguenze della c.d. “nullità selet- tiva” dei singoli ordini di inve- stimento.
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affrontato ne- gli ultimi anni due questioni di indubbio rilievo, non solo teorico ma anche pratico, nell’economia dei rapporti di intermediazione finanziaria.
La prima questione, decisa con la sentenza 4 novembre 2019, n. 28314, ha ad oggetto la possibili- tà di limitare le pretese restituto- rie degli investitori derivanti dal- la nullità del contratto quadro, volte a contestare la validità sol- tanto di alcuni degli ordini d’investimento eseguiti sulla ba-
se del contratto quadro nullo (c.d. nullità selettiva).
L’altra questione, esaminata dalle Sezioni Unite con le sen- tenze 898/18, 1200/18, 1201/18 e 1653/18 (e di re- cente anche dalle sezioni semplici con l’ordinanza 27 agosto 2019, n. 21750 e la
sentenza 14 ottobre 2019, n. 25844) consiste nello stabilire se il c.d. contratto quadro di intermediazione finanziaria di cui all’art. 23 T.U.F. sottoscrit- to dal solo investitore (c.d. contratto monofirma) sia nul- lo per violazione del requisito di forma scritta previsto dal comma 1° del citato articolo.
Come si vedrà meglio di segui- to, il risultato complessivo dei suddetti interventi delle Se- zioni Unite rappresenta senz’altro un limite a iniziative opportunistiche che potreb- bero essere poste in essere da alcuni investitori, e evita per- tanto che la nullità del con- tratto quadro possa produrre
conseguenze sproporzionate a scapito dell’intermediario, sen- za tuttavia togliere significato alla disciplina speciale di tutela dell’investitore prevista dal T.U.F.
Si tratta, in altri termini, di un prudente contemperamento degli interessi in gioco effettua- to dalla Suprema Corte.
La c.d. nullità selettiva e la possibilità di limitarne le con- seguenze
La questione della c.d. nullità selettiva – consistente in parti- colare nel determinare l’esatta portata delle conseguenze ca- ducatorie e restitutorie deri- vanti dalla nullità del contratto ai sensi dell’art. 23, comma 3°, T.U.F., e stabilire la legittima- zione a farle valere a proprio beneficio – è stata affrontata in modo non univoco dalle sezioni semplici della Suprema Corte, con soluzioni che prestavano il fianco a critiche, o perché tute- lavano in modo sproporzionato
l’investitore o perché finivano per negare valore alla discipli- na di maggior tutela dell’investitore ivi prevista.
Al fine di scongiurare che tale disciplina fosse utilizzata in modo opportunistico, la Se- zione I Civile, con una serie di ordinanze interlocutorie (12388, 12389 e 12390 del
2017 e 23927 del 2018), ha
prospettato n’interpretazione, nella quale il principio della buona fede soggettiva assume un ruolo di rilievo proprio per evitare l’abuso da parte dell’investitore della disciplina della nullità di protezione prevista dall’art. 23 T.U.F., sottoponendola al Primo Pre- sidente per l’eventuale asse- gnazione alle Sezioni Unite.
(Segue) La soluzione adottata dalle Sezioni Unite con la sen- tenza 4 novembre 2019, n.
28314
Le Sezioni Unite hanno dato al- la questione della c.d. nullità selettiva una soluzione idonea a contemperare gli interessi delle parti del contratto.
Anzitutto le Sezioni Unite hanno criticato i due orientamenti che risolvevano la questione in modo sbilanciato in favore di una delle parti del rapporto, senza tenere in considerazione né la necessità
di bilanciare gli interessi in gioco né il ruolo del principio della buona fede nella ricerca di tale equilibrio. Le Sezioni Unite han- no invero escluso di poter adot- tare vuoi l’interpretazione più favorevole all’investitore – se- condo la quale: i) non esistono limiti alla possibilità per l’investitore di contestare la vali- dità di solo alcuni degli ordini di investimento eseguiti in forza del contratto quadro nullo e ii) l’intermediario non può benefi- ciare degli effetti derivanti della nullità del contratto quadro per limitare la pretesa restitutoria dell’investitore – vuoi quella più favorevole all’intermediario – se- condo la quale si deve negare «la legittimità dell’uso selettivo delle nullità di protezione» e ricono- scere all’intermediario il diritto di
«richiedere la ripetizione dell’indebito in relazione agli in- vestimenti non selezionati dall’investitore ma travolti dalla nullità del contratto» –.
Le Sezioni Unite hanno osservato che l’«uso selettivo del rilievo delle nullità del contratto non contrasta, in via generale, con lo statuto normativo delle nullità di protezione», precisando inoltre che, se si dovesse giungere a una conclusione diametralmente op- posta, si finirebbe per «determi- nare un effetto sostanzialmente abrogativo del regime giuridico delle nullità di protezione».
Occorre però, secondo le Sezioni Unite, modulare l’operatività del- la disciplina della nullità di prote- zione prevista dall’art. 23 T.U.F. alla luce del principio della buona fede, «secondo un parametro da assumersi in modo univoco e coerente».
Non si deve pertanto richiamare a tale fine la nozione di buona fede soggettiva dell’investitore, che non costituirebbe un criterio sufficiente perché dipendente dalla dimostrazione del dolo dell’investitore, bensì quella del- la buona fede oggettiva. In parti- colare, per modulare corretta- mente l’operatività in concreto della disciplina di maggior tutela dell’investitore, occorre prende- re in «esame gli investimenti complessivamente eseguiti» in attuazione del contratto quadro nullo, «ponendo in comparazione quelli oggetto dell’azione di nulli- tà, derivata dal vizio di forma del contratto quadro, con quelli che ne sono esclusi, al fine di verifica- re se permanga un pregiudizio per l’investitore corrispondente al petitum azionato».
Ove il risultato complessivo sia favorevole all’investitore (perché gli ordini non contestati dall’investitore con la sua azione di nullità svolta in modo selettivo hanno prodotto un rendimento superiore al pregiudizio derivato dagli investimenti di cui agli or
dini oggetto di contestazione), si deve concludere che «l’uso selettivo della nullità di prote- zione sia stato oggettivamen- te finalizzato a arrecare un pregiudizio all’intermediario», comportamento contrario alla buona fede oggettiva. L’investitore potrà quindi pa- ralizzare totalmente la prete- sa dell’investitore, impedendo così che si verifichi un sacrifi- cio ingiustificato dei suoi inte- ressi economici.
Nel caso in cui il risultato complessivo sia sfavorevole all’investitore (vale a dire: il saldo di tutte le operazioni di investimento, siano esse og- getto della domanda dell’investitore o siano esse rimaste fuori dall’oggetto del giudizio, è negativo per l’investitore), l’azione di nulli- tà svolta dall’investitore in modo selettivo non è in con- trasto con la buona fede og- gettiva e l’intermediario potrà soltanto ottenere la riduzione dell’importo da restituire all’investitore, alla luce del ri- sultato complessivo ottenuto in forza degli ordini di inve- stimento.
In definitiva, l’eccezione sarà opponibile, nei limiti del peti- tum azionato, come conse- guenza dell’azione di nullità,
ove gli investimenti, relativi agli ordini non coinvolti dall’azione, abbiano prodotto vantaggi economici per l’investitore. Ove il petitum sia pari o inferiore ai vantaggi conseguiti, l’effetto impeditivo dell’azione restituto- ria promossa dall’investitore sarà integrale. L’effetto impedi- tivo sarà, invece, parziale, ove gli investimenti non colpiti dall’azione di nullità abbiano prodotto risultati positivi ma questi siano di entità inferiore al pregiudizio determinato nel petitum»
Le Sezioni Unite hanno inoltre precisato che l’eccezione di buona fede proponibile dall’intermediario non è un’eccezione in senso stretto, ma in senso lato. Trattandosi di eccezione in senso lato, essa non è soggetta alla decadenza derivante dalla costituzione tardiva dell’intermediario con- venuto nel giudizio promosso dall’investitore attore.
Tuttavia, come precisato dalle Sezioni Unite, tale eccezione dev’essere oggetto di allega- zione specifica da parte dell’intermediario, nonché – è superfluo ricordarlo – di prova nel corso del giudizio.
Le Sezioni Unite hanno enun- ciato quindi il seguente princi- pio di diritto: «La nullità per di-
fetto di forma scritta, contenuta nell’art. 23, comma 3°, del d.lgs n. 58 del 1998, può essere fatta valere esclusivamente dall’investitore con la conseguenza che gli effetti proces- suali e sostanziali dell’accertamento operano soltanto a suo vantaggio. L’intermediario, tuttavia, over la do- manda sia diretta a colpire soltanto alcuni ordini di acquisto, può opporre l’eccezione di buona fede, se la sele- zione della nullità determini un ingiu- stificato sacrificio economico a suo danno, alla luce della complessiva esecuzione degli ordini, conseguiti al- la conclusione del contratto quadro».
La validità del contratto quadro “monofirma”
Le Sezioni Unite sono state investite dalla questione relativa alla validità del contratto quadro sottoscritto dal solo investitore con l’ordinanza inter- locutoria 27 aprile 2017, n. 10447 della Sezione I Civile, che proponeva una interpretazione diversa da quella finora adottata dalla giurisprudenza di legittimità.
La questione è stata decisa, come è noto, sulla scia tracciata nella ordi- nanza di rimessione anziché nel senso indicato dalla giurisprudenza prece- dente delle Sezioni semplici.
Le Sezioni Unite, con le sentenze 898/18, 1200/18, 1201/18 e 1653/18,
hanno evidenziato che l’art. 23 T.U.F. prevede, da un lato, sia la redazione
La presente pubblicazione ha carattere meramente informativo e non rappresenta un parere legale. Nessuna decisione dovrebbe
per scritto del contratto relativo alla prestazione dei servizi di in- vestimento che la consegna del- lo stesso all’investitore, e, dall’altro lato, che solo l’investitore può far valere la nullità del contratto per difetto di forma.
Ad avviso delle Sezioni Unite, tali previsioni consentono di ri- cavare la ratio dell’art. 23 T.U.F., che è quella di «assicu- rare la piena indicazione al cliente degli specifici servizi for- niti, della durata e delle modali- tà di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle mo- dalità proprie con cui si svolge- ranno le singole operazioni, del- la periodicità, contenuti e do- cumentazione da fornire in sede di rendicontazione, ed altro come specificamente indicato, considerano che è l’investitore che abbisogna di conoscere e di potere all’occorrenza verificare nel corso del rapporto il rispetto delle modalità di esecuzione e le regole che riguardano la vi- genza del contratto, che è pro- prio quello dello specifico setto- re del mercato finanziario».
Le Sezioni Unite hanno poi os- servato che il requisito di forma previsto dall’art. 23, comma 1°,
T.U.F. dev’essere inteso non in senso strutturale ma in senso funzionale.
Vista la ratio della previsione contenuta nell’art. 23 T.U.F., le Sezioni Unite hanno quindi affermato che «il contratto- quadro», da un lato, «deve es- sere redatto per iscritto, che per il suo perfezionamento deve essere sottoscritto dall’investitore, e che a questi deve essere consegnato un esemplare del contratto», ma che dall’altro lato «il consenso della banca» ben può risultare da altri «comportamenti con- cludenti».
Una volta «provato l’accordo (avuto riguardo alla sottoscri- zione dell’investitore, e, da par- te della banca, alla consegna della documentazione negozia- le, alla raccolta della firma del cliente ed all’esecuzione del contratto)» e consegnata «la scrittura all’investitore», sareb- be invece – proseguono le Se- zioni Unite – difficilmente so- stenibile alla luce della ratio di quanto previsto dall’art. 23
T.U.F. «che la sottoscrizione da parte del delegato della banca» sia richiesta «ai fini della validi- tà del contratto-quadro».
Le Sezioni Unite hanno quindi deciso la questione afferman- do
il seguente principio di diritto: Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo
ai servizi di investimento, disposto dal X.Xxx. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscri- zione dell’investitore, non necessi- tano la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dal- lo stesso tenuti».
Il suddetto principio di diritto, come anticipato, è stato anche di recente ribadito dalla Sezione I Civile (sentenza n. 25844/19) e dalla Sezione VI Civile (ordinanza n. 21750/19).
Considerazioni finali
Come anticipato in premessa, con le sentenze nn. 898/19, 1200/19, 1201/19, 1653/19 e 28314/19 le
Sezioni Unite della Suprema Corte hanno senz’altro contribuito a li- mitare l’utilizzo in senso opportu- xxxxxxx della disciplina prevista a tutela dell’investitore dall’art. 23 T.U.F., evitando così che la nullità del contratto quadro possa pre- giudicare in modo ingiustificato gli interessi dell’intermediario.
Inoltre, e per quanto riguarda in particolare la questione decisa con la sentenza 28314/19, il criterio per valutare se l’azione di nullità svolta in modo selettivo debba essere con- siderata contraria alla buona fede
oggettiva – vale a dire il risultato complessivo delle operazioni d’investimento effettuate sulla base del contratto quadro nullo, - ha il pregio di essere un dato og- gettivo, non soggetto quindi a valutazioni discrezionali.
Tale criterio non è neppure di dif- ficile dimostrazione, come po- trebbe essere invece il dolo dell’investitore nel caso in cui si dovesse dare rilievo alla buona fede soggettiva al fine di con- temperare gli interessi delle par- ti. L’eccezione dell’intermediario diretta a limitare la pretesa dell’investitore dovrà in ogni caso essere oggetto di un’allegazione articolata e specifica al momento della sua costituzione in giudizio, nonché di prova documentale e eventualmente di una successiva consulenza tecnica d’ufficio di natura contabile nel corso del giudizio.
È interessante infine notare che diverse considerazioni svolte dal- le Sezioni Unite nelle sentenze sopra richiamate non riguardano unicamente il caso specifico dei contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento di cui all’art. 23 T.U.F., ma più in gene- rale anche altre ipotesi di disci- plina speciale a tutela della parte “debole” del rapporto tramite la previsione di casi di nullità di pro-
tezione (come ad es. è previsto dall’art. 117 T.U.B.).
Anche se la particolarità dei con- tratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, dovuta all’esistenza del contratto quadro a monte, sulla base del quale so- no poi eseguiti gli ordini di inve- stimento, rende specialmente rie- levanti i principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 28314/19 soprattutto in questo settore.
Ughi e Nunziante – Studio legale
La presente pubblicazione ha carattere meramente informativo e non rappresenta un parere legale. Nessuna decisione dovrebbe