INDICE
Il Dialogo Sociale in Europa.
Regolazione e strumenti
a cura dello
Staff di Statistica Studi e Ricerche sul Mercato del Lavoro - SSRMdL
INDICE
INTRODUZIONE 3
I MODI DI ESPRESSIONE DEL DIALOGO SOCIALE 4
INQUADRAMENTO NORMATIVO DELLE AUTONOMIE COLLETTIVE 8
REGOLAZIONE DEI DIRITTI DI INFORMAZIONE, CONSULTAZIONE E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA 13
CENNI SULLA REGOLAZIONE DEL CONFLITTO 18
CONSULTAZIONE PREVENTIVA DELLE PARTI SOCIALI IN SEDE DI PROGRAMMAZIONE 24
A cura di Xxxxxxx Xxxxxx. Nell’elaborazione delle schede Paese hanno collaborato:
• Xxxxxx Xxxxxxxxx – Italia;
• Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx – Regno Unito;
• Xxxxxxxx Xxxxxxxx – Francia, Spagna;
• Xxxxxx Xxxxxx – Germania;
• Xxxxxx Xxxxxxx – Belgio;
• Xxxxx Xxxxx – Danimarca, Paesi Bassi;
• Xxxxxxxx Xxxxx – Svezia.
IL DIALOGO SOCIALE IN EUROPA. REGOLAZIONE E STRUMENTI
INTRODUZIONE
Gli equilibri raggiunti in materia di dialogo sociale hanno manifestato negli ultimi anni segnali di mutamento, sotto l’effetto delle trasformazioni che vanno attraversando le relazioni industriali e i bisogni stessi di tutela e rappresentanza espressi dai rappresentati. Tali cambiamenti sono apparsi particolarmente rilevanti se riferiti al lavoro. Se il mercato del lavoro ha perso gli elementi tradizionali di fattore di stabilizzazione dei cicli economici, se la protezione sociale ha sofferto di un ancoraggio a meccanismi di funzionamento standardizzati non più adeguati a sostenere la tutela del lavoro che cambia, non di meno anche il ruolo delle organizzazioni sindacali nei sistemi europei è stato soggetto a mutamenti1. In Belgio, il sistema di dialogo sociale è arricchito da una serie di sedi di confronto, seppur bilaterali, che hanno lo scopo di dialogare con il governo o le istituzioni. Tuttavia, lo Stato continua a mantenere un ruolo centrale attraverso il potere di intervenire nella contrattazione collettiva al fine di preservare la competitività delle imprese.
In Francia, la Legge di riforma del dialogo sociale del 31 gennaio 2007 introduce nel Codice del lavoro nuove procedure di concertazione, consultazione ed informazione, in parte ispirate da quelle che sono applicabili al livello dell'Unione Europea. In Germania, si può osservare la prevalenza di due forme di partecipazione nella formazione delle politiche del lavoro: quella consultiva e quella istituzionale. Quest’ultima è resa possibile grazie alla rappresentanza sindacale all’interno di una serie di enti e organi coinvolti nell’elaborazione delle politiche del lavoro. Fra questi vi sono il consiglio di sorveglianza dell’Agenzia Federale del Lavoro all’interno del quale le parti sociali hanno una forte rappresentanza, e la commissione centrale dell’Istituto Federale di Formazione BIBB, centro di competenza centrale per la ricerca e lo sviluppo nel campo delle formazione professionale.
In Italia, uno dei più importanti passi del dialogo sociale è stato l’Accordo del 23 luglio del 1993, tra le Parti sociali e il Governo, "Protocollo sulla politica dei redditi e dell'occupazione, sugli aspetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo", che ha dato origine alla concertazione italiana e che contiene anche la riforma del sistema contrattuale. Le relazioni industriali aderiscono al sistema del dialogo sociale e della ricerca del consenso. Questo ha creato una serie di meccanismi di regolazione tra le parti sociali e il governo. Le parole chiave che guidano i rapporti di lavoro sono: decentramento, differenziazione e personalizzazione. Questo sistema è stato spesso descritto come modello “Polder” ed è caratterizzato da una struttura concertativa e da un forte ruolo delle parti sociali nel processo decisionale.
Il dialogo sociale nel Regno Unito è principalmente di natura contestataria, essendo la concertazione limitata a pochi esempi. Come strumento per il miglioramento delle relazioni industriali, nel Paese ha assunto particolare importanza l’ACAS, il Servizio di Conciliazione, Consulenza ed Arbitrato, organismo a carattere autonomo e tripartito che opera prevalentemente nella risoluzione delle controversie individuali. In Spagna, sulla base della Costituzione del 1978 il modello sul quale si fonda il dialogo sociale spagnolo è quello della concertazione. Tuttavia, non esiste un inquadramento istituzionale sulla base del quale si organizza il dialogo sociale salvo il ruolo fondamentale attribuito al Consiglio Economico e Sociale nella materia.
In Svezia, il modello di riferimento per le trattative sui contratti di lavoro si basa sulla negoziazione diretta tra le due parti (datori di lavoro e lavoratori) senza interventi da parte del Governo, se non in particolari condizioni e con il consenso delle parti negozianti.
1 “Le relazioni sindacali in Italia e in Europa. Rapporto 2008-2009. CNEL
I MODI DI ESPRESSIONE DEL DIALOGO SOCIALE
BELGIO
In generale il sistema di relazioni industriali belga può essere definito come fortemente formalizzato, con riferimento alle regole della contrattazione del dialogo sociale e della rappresentanza nell’impresa, senza però essere partecipativo. Infatti, la conflittualità è spesso utilizzata per affermare la forza negoziale del sindacato che pone al centro del sistema la dinamica contrattuale svolta all’interno delle Commissioni paritetiche costituite presso il Ministero del lavoro.
Il sistema di dialogo sociale è arricchito da altre sedi di confronto, seppur bilaterali, che hanno lo scopo di dialogare con il governo o le istituzioni. In un sistema di libera contrattazione come quello belga, tuttavia, lo Stato continua a mantenere un ruolo centrale attraverso il potere di intervenire nella contrattazione collettiva al fine di preservare la competitività delle imprese. Ad esempio, il Governo può intervenire a moderare gli incrementi salariali se il trend salariale non è conforme ai paesi vicini come Germania, Francia e Olanda. Questo ha portato alla costituzione del Gruppo di Doorn una sorta di coordinamento transnazionale delle piattaforme negoziali. Il gruppo è una delle prime esperienze di coordinamento salariale internazionale in seno alla all’Unione europea. L’esperimento però al momento ha portato risultati modesti. Gli interventi governativi che si prospettano all’orizzonte in materia di moderazioni salariale, e di cui si dirà in seguito, sono giustificati proprio da una perdita di competitività determinata da dinamiche salariali divergenti tra Belgio e Germania.
FRANCIA
La Legge di riforma del dialogo sociale del 31 gennaio 2007 introduce nel Codice del lavoro nuove procedure di concertazione, consultazione ed informazione, in parte ispirate da quelle che sono applicabili al livello dell'Unione Europea. Nello spirito di questa legge e con la volontà di trasmettere un messaggio politico forte alle parti sociali da parte del Presidente della Repubblica, è stata organizzata a Parigi il 9 e il 10 luglio 2012 “La grande conferenza sociale” che ha riunito più di 300 partecipanti (Primo Ministro, ministri e segretari di Stato incaricati dell'esecuzione delle leggi e della direzione della politica nazionale, sindacati di lavoratori e datoriali, Enti locali).
La conferenza si è sviluppata sotto forma di tavoli tecnici tematici e si è conclusa con la redazione di una “roadmap” sociale indicando la metodologia di lavoro e l’agenda nell’ambito dei temi di riforma considerati. Successivamente, è stato indirizzato alle parti Sociali il 7 settembre 2012 un documento d'orientamento relativo al “negoziato nazionale interprofessionale per una migliore protezione dell'occupazione”. Questo documento chiarisce i quattro grandi ambiti sui quali le parti sociali devono in modo prioritario avviare un negoziato o sia: la lotta contro la precarietà sul mercato del lavoro, l’anticipazione delle conseguenze dell’evoluzione dell'attività economica sull'occupazione e le competenze, il miglioramento dei dispositivi di mantenimento nell'occupazione di fronte ai rischi congiunturali ed il miglioramento delle procedure di accompagnamento in caso di procedure di licenziamenti collettivi. Questo negoziato mirato alla protezione dell'occupazione deve articolarsi con altre trattative che figurano nella roadmap sociale tali come le istituzioni rappresentative del personale, le pari opportunità, la qualità della vita al lavoro, la formazione professionale, le regole relative al sussidio di disoccupazione. Questa conferenza rientra nell’ambito della consultazione preventiva delle parti Sociali nella programmazione delle politiche, tema che verrà sviluppato in seguito.
GERMANIA
In Germania, si può osservare la prevalenza di due forme di partecipazione nella formazione delle politiche del lavoro: quella consultiva e quella istituzionale. Quest’ultima è resa possibile grazie alla rappresentanza sindacale all’interno di una serie di enti e organi coinvolti nell’elaborazione delle politiche del lavoro. Fra questi vi sono il consiglio di sorveglianza dell’Agenzia Federale del Lavoro all’interno del quale le parti sociali hanno una forte rappresentanza, e la commissione centrale dell’Istituto Federale di Formazione BIBB, centro di competenza centrale per la ricerca e lo sviluppo nel campo delle formazione professionale.
I suoi compiti principali sono la definizione delle esigenze nella formazione del futuro, il monitoraggio dell’evoluzione del mercato del lavoro e della qualità della formazione corrente, l’elaborazione di studi comparati con i sistemi formativi in altri paesi, la definizione di criteri di qualità per la formazione dei formatori. Anche all’interno della commissione centrale del BIBB, le parti sociali hanno una paritetica rappresentanza e quindi un ruolo partecipativo ad un campo importante delle politiche del lavoro. Soprattutto per quanto riguarda i nuovi profili professionali, il BIBB, che si pone come ente consulente sia dei Ministeri dell’Economia e dell’Istruzione che delle parti sociali, ascolta le istanze sindacali e datoriali prima di proporre al Ministero dell’Economia degli aggiornamenti dei profili professionali.
È inoltre prassi di ascoltare le parti sociali nel processo legislativo. Questo vale in particolar modo per i leggi materia di lavoro, come per esempio per i decreti attuativi della legge sulla contrattazione (TVG), per la Legge sul lavoro a domicilio (HAG) e per la legge sui Tribunali del Lavoro (ArbGG).
ITALIA
Uno dei più importanti passi del dialogo sociale in Italia è stato l’Accordo del 23 luglio del 1993, tra le Parti sociali e il Governo, "Protocollo sulla politica dei redditi e dell'occupazione, sugli aspetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo", che ha dato origine alla concertazione italiana e che contiene anche la riforma del sistema contrattuale. Una delle cause che hanno reso necessario questo Accordo e la riforma che ne derivò, è stata la volontà del Governo, degli imprenditori e dei sindacati, di accedere all’Unione monetaria ed economica europea. Un obiettivo messo a rischio dall’altissimo deficit pubblico e dall’elevata inflazione. A questi problemi il vecchio sistema di relazioni industriali non poteva più far fronte a causa della mancata programmazione dei principali fattori economici e il vecchio meccanismo della scala mobile, già più volte riformato, non frenò ma accelerò l’inflazione2.
L’Accordo ha così riformato le regole della contrattazione sindacale, stabilendo un livello nazionale di trattativa con il Governo e le organizzazioni datoriali, detta concertazione, e due livelli di contrattazione di categoria, quello nazionale (primo livello) e, a scelta, aziendale o territoriale (secondo livello). Va inoltre evidenziato che il nostro sistema delle relazioni industriali è ormai caratterizzato dal tratto distintivo, peculiare e qualificante della bilateralità.
L’Accordo quadro sulla riforma del modello contrattuale del 22 gennaio 2009 prevedeva infatti la possibilità che la contrattazione collettiva nazionale o confederale definisse “ulteriori forme di bilateralità per il funzionamento di servizi integrativi di welfare”, una formula sostanzialmente ripresa anche nell’Accordo interconfederale Confindustria con riferimento ai contratti nazionali di categoria (possibilità di “definire ulteriori forme di bilateralità”). Così, in molti casi i contratti di categoria, attraverso gli strumenti della bilateralità, hanno utilizzato questa possibilità per ampliare gli istituti del welfare contrattuale3.
2 I sistemi di Relazioni industriali in Italia, Spagna, Polonia, Francia e Germania. CGIL e Commissione europea
3 Le Relazioni sindacali in Italia e in Europa. Rapporto 2008-2009 CNEL. Il Rapporto è stato curato dal CESOS
PAESI BASSI
Le relazioni industriali aderiscono al sistema del dialogo sociale e della ricerca del consenso. Questo ha creato una serie di meccanismi di regolazione tra le parti sociali e il governo. Le parole chiave che guidano i rapporti di lavoro sono: decentramento, differenziazione e personalizzazione. Questo sistema è stato spesso descritto come modello “Polder” ed è caratterizzato da una struttura concertativa e da un forte ruolo delle parti sociali nel processo decisionale. In termini pratici ciò significa che le parti sociali e il governo sono disposti a risolvere i problemi controversi e a regolare le relazioni con i lavoratori discutendone in modo sereno, e utilizzando la cooperazione e la consultazione piuttosto che il conflitto. La concertazione sociale porta interessi organizzati nella sfera della politica; può essere fondata su accordi tripartiti che coinvolgono i sindacati, datori di lavoro e governo o può essere basata su accordi bipartiti tra sindacati e datori di lavoro, con il governo che fornisce indirizzi di massima. Nei Paesi Bassi, la pratica consolidata di un costante dialogo sociale nazionale ha consentito ai partner tripartiti di far fronte alla crisi economica nelle fasi iniziali. È stato costituito un gruppo speciale tripartito che ha lavorato su questioni urgenti, come la prevenzione di licenziamenti di massa e il mantenimento del potere d'acquisto della popolazione attiva, oltre che sull’offerta di opportunità di formazione per quei lavoratori che avevano perso il lavoro.
Nel sistema olandese vi sono due organismi nazionali per il dialogo sociale: uno di diritto privato (la Fondazione per il lavoro, STAR) e l'altro di diritto pubblico (il Consiglio economico- sociale, SER). Mentre il SER ha un mandato più ampio per le questioni di carattere socio- economico, il focus delle delibere di STAR sono le relazioni industriali.
La Fondazione per il Lavoro è il luogo in cui avvengono le consultazioni bipartite a livello nazionale. Il governo non ha una posizione all’interno. I presidenti dei più importanti sindacati (FNV) e organizzazioni dei datori di lavoro (VNO-NCW) fungono da presidenti della Fondazione. Questa opera attraverso commissioni permanenti in quasi tutti i settori della politica sociale, compresi i salari, la previdenza sociale, la formazione professionale, le assunzioni e le procedure di licenziamento, ecc. Gli incontri delle confederazioni datoriali e sindacali sono finalizzati a: informare il governo sulla politica sociale ed economica, attraverso la formulazione di raccomandazioni; stabilire, principalmente per via negoziale, un quadro di riferimento nazionale per il processo di contrattazione nei vari settori e aziende. Un accordo centrale raggiunto nella Fondazione assume la forma di una raccomandazione ai sindacati affiliati e ai datori di lavoro sul comportamento da adottare nel processo di contrattazione collettiva. Oltre alle raccomandazioni, la Fondazione pubblica anche rapporti di consulenza che sono generalmente elaborati su richiesta del Governo o del Parlamento.
Il Consiglio economico-sociale è un’organizzazione tripartita composta equamente dai membri delle confederazioni datoriali, sindacali e da membri indipendenti nominati dal governo, che insieme consigliano il governo e il parlamento olandese in materia di politica sociale ed economica. SER svolge anche una serie di attività amministrative che includono il controllo delle materie prime e le commissioni industriali. Inoltre, ha il compito di incoraggiare l'industria a prendere in considerazione l'interesse pubblico, e in tal senso vigila sull'osservanza delle norme per la fusione e per l’autoregolamentazione a tutela dei consumatori. Ha il suo fondamento giuridico nella Legge sull’Organizzazione Industriale del 1950, che conferisce maggiore coinvolgimento dei datori di lavoro e dei lavoratori nelle politiche socio-economiche. Anche se stabilito dalla legge, SER non è un ente governativo ed è finanziariamente indipendente dal governo. È finanziato dall'industria attraverso una tassa obbligatoria applicata dalle Camere di commercio. Come organo consultivo può essere ascoltato in merito a tutte le misure importanti in campo sociale o economico che il governo intende adottare. Controlla anche il rispetto della legislazione industriale rilevante, come ad esempio la legge sui Comitati aziendali. Il governo e le parti sociali hanno ciascuno i propri compiti, ma hanno il diritto di chiedere conto reciprocamente di come tali attività vengono svolte. Questa è l'essenza del sistema di consultazione, e SER costituisce la piattaforma principale per il coordinamento e la consultazione sulle questioni rilevanti. Il Consiglio ha tre obiettivi principali: una crescita economica equilibrata e uno sviluppo sostenibile, il più alto tasso possibile di occupazione,
un'equa distribuzione del reddito. Può istituire una commissione per fornire pareri, a cui possono partecipare anche persone che non sono membri di SER.
REGNO UNITO
In riferimento alle forme di partecipazione nella formazione delle politiche del lavoro, il dialogo sociale nel Regno Unito è principalmente di natura contestataria, essendo la concertazione limitata a pochi esempi. Dai dati statistici prodotti dalla Fondazione di Dublino (Eurofound) emerge che, nel corso del 2008 sono state 148 le interruzioni lavorative a cui hanno preso parte 677 mila lavoratori, per un totale di 837.700 giorni di lavoro perduti. Si tratta comunque di un andamento migliore rispetto all’anno precedente, quando la medesima rilevazione ha evidenziato 210 scioperi, per 878 mila lavoratori, con 989 mila giornate perse. Va però sottolineata la forte contrazione del fenomeno, se comparato agli anni Ottanta quando ad esempio, nel 1988 sono stati dichiarate 781 astensioni dal lavoro, per oltre 790 mila addetti, con un sacrificio in termini di giornate perse superiore a 3,7 milioni. Una delle motivazioni che scaturisce da tale contrazione risiede nel generale declino delle controversie di lavoro dovuto sia alla flessione del tasso di densità sindacale nel Paese, che alle leggi ostili al dialogo sociale emanate nel corso degli anni Ottanta.
Sempre nel 2008, le principali vertenze sindacali avviate nel Regno Unito hanno riguardato il pubblico impiego, nello specifico il contrasto alle politiche di moderazione salariale. Le statistiche più complete relative alle agitazioni promosse dai sindacati nel corso dell’anno precedente evidenziano che, dei 142 scioperi promossi, 55 sono avvenuti nel comparto dei trasporti e delle comunicazioni, 21 nel categoria dell’istruzione, 20 nella Pubblica Amministrazione, nella difesa e nella sicurezza sociale, facendo di questi tre ambiti quelli più colpiti nell’anno e, di conseguenza, quelli con il numero di lavoratori coinvolti più elevato e con il maggiore numero di ore di lavoro perdute4. Come strumento per il miglioramento delle relazioni industriali, nel Paese ha assunto particolare importanza l’ACAS, il Servizio di Conciliazione, Consulenza ed Arbitrato, organismo a carattere autonomo e tripartito (così definito dallo statuto) che opera prevalentemente nella risoluzione delle controversie individuali.
SPAGNA
In base alla costituzione del 1978 il modello sul quale si fonda il dialogo sociale spagnolo è quello della concertazione. Tuttavia, non esiste un inquadramento istituzionale sulla base del quale si organizza il dialogo sociale salvo il ruolo fondamentale attribuito al Consiglio Economico e Sociale nella materia. Soltanto nel 2009 fu creata la Segreteria generale per il dialogo sociale nel Ministero del Lavoro. La missione della Segretaria è di assistere il Ministro nello sviluppo del dialogo sociale attraverso un rapporto costante con gli attori del Dialogo sociale.
SVEZIA
Il modello di riferimento per le trattative sui contratti di lavoro si basa sulla negoziazione diretta tra le due parti (datori di lavoro e lavoratori) senza interventi da parte del Governo, se non in particolari condizioni e con il consenso delle parti negozianti. Per quanto riguarda invece le politiche del lavoro, uno dei più profondi e recenti cambiamenti è l’approvazione del RUT, che ha introdotto sgravi fiscali per i lavori domestici pari al 50% del costo della manodopera. Tra gli obiettivi della manovra vi sono:
• far emergere il lavoro irregolare;
• contrastare la disoccupazione di giovani, donne ed immigrati;
4 ONS – Office for National Statistics, 2008
• facilitare / sostenere l’inserimento delle donne (sgravate dal carico domestico) nel mondo del lavoro.
L’associazione datoriale direttamente interessata (Almega) ha così illustrato il processo di definizione di tale politica:
• interesse di imprese associate a combattere la insostenibile concorrenza del lavoro irregolare;
• studio del fenomeno, quantificazione dei danni generati dal sistema in essere (evasione fiscale, contributiva, mancata assicurazione su infortuni sul lavoro);
• costruzione di un modello di sgravi che consentisse una grande diffusione dei servizi erogati nel rispetto della legge;
• quantificazione del danno (sgravio fiscale) e del vantaggio (nuove contribuzioni e tasse su redditi) per il fisco e la sicurezza sul lavoro;
• messa a punto di una proposta complessiva;
• lobbying da parte dell’associazione datoriale sulle parti sociali e sul governo (Conservatore) per l’approvazione del provvedimento legislativo.
INQUADRAMENTO NORMATIVO DELLE AUTONOMIE COLLETTIVE BELGIO
La Legge del 24 maggio 1921 riconosce la libertà di associazione e, anche in virtù delle convenzioni dell’Ufficio Internazionale del Lavoro sulla libertà sindacale ratificate dal Belgio, consente a chiunque di creare un sindacato, elaborare uno statuto e farlo funzionare senza ingerenze da parte dello Stato. Ciò pone, di converso, in capo allo Stato ed alle sue emanazioni l’obbligazione di rendere effettivo il godimento dei diritti economici, sociali, culturali. È un altro dispositivo, tuttavia, a disciplinare l’autonomia collettiva sin dal 1968 con la Legge del dicembre 1968 sugli accordi collettivi di lavoro e le commissioni paritarie.
Gli accordi collettivi stipulati ai sensi della norma in questione si applicano a tutti coloro che forniscono un prestazione sotto l’autorità di un’altra persona, con esclusione dei seguenti casi:
• i lavoratori del settore pubblico;
• gli stagisti in formazione professionale presso un centro di formazione professionale (ad es. centri collegati a le Forem) o presso gli organismi di integrazione sociale delle persone disabili.
Il nucleo del diritto del lavoro individuale in Belgio, invece, si trova nei contratti di Employment Act del 3 luglio 1978. Questa legge unisce precedenti disposizioni in materia di contratti di lavoro per operai (1900), colletti bianchi (1922), rappresentanti di commercio (1963) i lavoratori domestici (1970) e studenti (1970) e copre quindi la maggior parte dei dipendenti belgi. È proprio la Legge del 1968, all’articolo 51, a stabilire la gerarchia delle fonti del diritto sociale:
• disposizioni imperative di legge;
• le convenzioni collettive rese obbligatorie per decreto reale, con il seguente ordine: a) Convenzioni concluse in seno al CNT, b) convenzioni concluse in seno alle commissioni paritarie, c) convenzioni concluse in una sottocommissione paritaria;
• le convenzioni collettive non rese obbligatorie, purchè siano siglate dal datore di lavoro o da una organizzazione datoriale a cui lo stesso è affiliato, secondo l’ordine seguente: a) Convenzioni concluse in seno al CNT, b) convenzioni concluse in seno alle commissioni paritarie, c) convenzioni concluse in una sottocommissione paritaria, d) convenzioni concluse al di fuori di un organismo paritario;
• il contratto di lavoro scritto;
• le convenzioni collettive non rese obbligatorie o non siglate né dal datore di lavoro, né da una organizzazione datoriale a cui lo stesso è affiliato;
• i regolamenti di lavoro;
• le disposizioni suppletive;
• il contratto di lavoro verbale;
• gli usi.
FRANCIA
Lo statuto giuridico dei sindacati professionali è disciplinato dalle disposizioni degli articoli L. 2111-1 e seguenti del codice del lavoro e la Legge n. 789/08 sul rinnovamento della democrazia sociale e la riforma dell’orario di lavoro. Questa legge ha le regole della rappresentatività sindacale nell'ambito delle imprese. La rappresentatività delle organizzazioni sindacali vi è prevista tanto al livello dell'impresa e dello stabilimento, che al livello del ramo professionale, come a livello nazionale ed interprofessionale. Questa legge fissa le regole relativa allo svolgimento delle elezioni professionali.
GERMANIA
Alla base dell’inquadramento normativo si trova la libertà di coalizione individuale e collettiva garantita dalla Costituzione Tedesca. Questa libertà concede sia ai lavoratori che ai datori di lavoro la possibilità di creare degli organismi di rappresentanza contrattuale e garantisce inoltre una gestione autonoma. Come descritto nell’introduzione, ogni sindacato e le associazioni datoriali si sono dati degli statuti che definiscono le regole per la gestione e la partecipazione dei propri iscritti.
Un altro tassello importante è rappresentato dalla legge federale sulla contrattazione del 1949, la cosiddetta TVG. La legge con 13 articoli che è stata aggiornata l’ultima volta nel 2010 stabilisce le linee guida della contrattazione e i diritti e doveri delle parti (sindacati, datori di lavoro individuali e le associazioni datoriali). La TVG stabilisce inoltre il contenuto e la procedura della contrattazione. Esiste poi una legge dello Stato che definisce le attività, i diritti e doveri dei consigli di fabbrica, mentre le attività dell’organo analogo nella Pubblica Amministrazione sono regolate da diverse leggi specifiche. La struttura principale per i due settori è identica, esistono però alcune norme specifiche per singoli settori della PA.
In questo contesto appare rilevante ricordare brevemente le leggi che hanno introdotto la co- gestione aziendale in Germania. La prima è stata introdotta nel 1951 per il settore minerario- siderurgico e si applica alle società di responsabilità limitata e le società di capitale con più di mille dipendenti. Il consiglio di sorveglianza può avere 11, 15 o 21 membri, secondo la dimensione dell’azienda. Nel caso di 21 membri, 16 provengono in modo paritetico dal mondo del sindacato e dai soci. In più, ogni parte nomina altri 2 membri neutrali che per statuto non possono appartenere né ad un sindacato, né rappresentare la parte datoriale o i lavoratori stessi.
La seconda legge è la già menzionata BetrVG del 1952 che stabilisce oltre alla definizione del ruolo dei consigli di fabbrica la co-gestione per le aziende private con 500-2mila dipendenti assegnando un terzo dei membri del consiglio di sorveglianza ai rappresentanti dei sindacati e due terzi ai soci. Dal 2004 è in vigore la Legge dei Terzi che sostituisce una parte degli articoli della BetrVG confermando l’assegnazione dei posti del consiglio di sorveglianza.
Infine, esiste dal 1976 la Legge sulla co-gestione che estende la gestione paritetica del consiglio di sorveglianza a tutte le aziende con più di 2mila dipendenti. Dal punto di vista dei sindacati è considerata più debole della legge sulla co-gestione per l’industria mineraria- siderurgica perché nel consiglio di sorveglianza con 12, 16 o 20 membri (secondo la dimensione dell’azienda) viene assegnato al presidente, rappresentante della parte datoriale, un doppio voto in caso di pareggio.
ITALIA
L’insieme delle regole e delle procedure, formali ed informali, che definiscono i rapporti tra i datori di lavoro e le rappresentanze dei lavoratori costituiscono quello che viene definito come il sistema delle relazioni sindacali. Tale sistema si caratterizza per la spontaneità ed autonomia delle sue fonti di produzione, di natura prevalentemente privatistica, ed è finalizzato al raggiungimento di un equilibrio di interessi tra le forze sociali contrapposte.
Nel nostro ordinamento giuridico non esiste una definizione legislativa ma solo dottrinale e giurisprudenziale di associazione sindacale. Il sindacato viene definito come: “un organismo associativo costituito tra lavoratori o tra datori di lavoro in base al principio della rappresentanza e per l’autotutela degli interessi professionali e collettivi, essenzialmente caratterizzato dalla capacità di dirimere i contrasti di categoria mediante la contrattazione collettiva”, al quale “possono aderire tutti coloro che sono in possesso dei requisiti previsti dallo statuto e dall’ordinamento giuridico, siano essi lavoratori, a tempo pieno o determinato, disoccupati, pensionati”.
Il concetto di sindacato non è tuttavia estraneo al nostro ordinamento positivo: infatti, sia l’art.
39 della Costituzione che l’art. 19 della Legge n. 300/70 (Statuto dei lavoratori) sanciscono principi fondamentali in tema di organizzazione sindacale. L’art. 39 della Costituzione stabilisce: “l’organizzazione sindacale è libera ed al sindacato non può essere imposto altro obbligo se non quello della registrazione”; “è condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica”; “i sindacati registrati hanno personalità giuridica … e … possono stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria …”.
I commi 2 , 3 e 4 dell’art. 39 non hanno avuto concreta attuazione, pertanto, oggi il sindacato opera quale ente di fatto, associazione non riconosciuta soggetta alla disciplina degli artt. 36- 38 del codice civile. Un’ulteriore conseguenza derivante dalla non completa applicazione della norma costituzionale è che, in mancanza di registrazione e, quindi, dell’attribuzione della personalità giuridica, è sorta l’esigenza per il legislatore di individuare un soggetto sindacale in grado di offrire le necessarie garanzie di serietà e di effettiva rappresentatività e capacità di far valere gli interessi dei lavoratori. È stata così introdotta nel nostro ordinamento la figura del sindacato rappresentativo. A tale proposito, è opportuno chiarire un aspetto delicato che molto spesso genera interpretazioni distorte: il diritto alla libertà sindacale non può essere confuso con il requisito della rappresentatività. Infatti, per tutte le associazioni sindacali, rappresentative e non, il legislatore 5 (art. 1 e 14 della Legge n. 300/70), in conformità al principio costituzionale della libertà sindacale, prevede una comune tutela, che si sostanzia nel diritto di associarsi per far valere i propri interessi, di fare attività di proselitismo, di chiedere la riscossione per le deleghe sindacali, di presentare liste per le elezioni della RSU et..5
PAESI BASSI
Nei Paesi Bassi non esiste una specifica legge di regolazione della libertà sindacale, i cui diritti non sono esplicitamente menzionati come diritto fondamentale dalla Costituzione. La posizione giuridica dei sindacati e del sistema di relazioni industriali è basata da un lato su regole generali, dall’altro sugli accordi internazionali. Anche se gli accordi collettivi e la loro applicabilità sono coperti da statuti speciali, il processo negoziale che ha portato alla loro conclusione ha ricevuto scarsa attenzione da parte della legislazione. La Costituzione non contiene articoli che si riferiscono specificamente alle relazioni industriali. La libertà di costituire sindacati, di funzionare come tali ed essere suoi membri fanno parte dal diritto di associazione garantito dall'articolo 8 della Costituzione. I Paesi Bassi hanno inoltre firmato una serie di accordi internazionali che riconoscono la libertà sindacale, ad esempio, la Carta Sociale Europea. I sindacati come istituzioni sono disciplinati dalle norme in materia di associazioni di cui agli articoli 26 e seguenti del Codice Civile.
5 Prerogative sindacali e normativa di riferimento. Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione Pubblica
Il diritto di sciopero non è oggetto di alcuna codifica e si basa sui precedenti legali. Questa mancanza di tutela costituzionale non ha ostacolato lo sviluppo dei sindacati e delle relazioni industriali nel Paese. Le fonti del diritto olandese sono le leggi nazionali e i trattati internazionali. La Costituzione olandese non è una fonte diretta, in quanto i giudici non sono autorizzati a determinare la costituzionalità delle leggi (articolo 120 della Costituzione). Per l'interpretazione delle leggi nazionali, una delle principali fonti è la storia parlamentare, seguita dalla giurisprudenza (in particolare derivante dalla Corte Suprema Olandese).
La legge non pone alcuna restrizione per quanto riguarda la fondazione di un sindacato. Non stabilisce i requisiti, in particolare per la rappresentatività. Per quest’ultima, i requisiti sono definiti se un'associazione di lavoratori vuole partecipare a una consultazione o fare parte di un organo consultivo, come la Fondazione per il Lavoro. Prima che a un sindacato sia dato potere effettivo per concludere accordi collettivi, devono essere soddisfatte un certo numero di condizioni. È prerequisito che l'associazione dei lavoratori abbia piena autorità legale e che questo potere sia esplicitamente sancito dallo statuto. Al pari dei sindacati, non vi sono restrizioni per la costituzione di un’organizzazione dei datori di lavoro che deve avere piena autorità giuridica e la facoltà di fare accordi collettivi deve essere esplicitamente prevista dallo statuto.
REGNO UNITO
Nel Regno Unito non esiste, come visto, alcun meccanismo formale per la rappresentanza sui luoghi di lavoro. In riferimento alle norme che regolano il diritto del lavoro e più in particolare l’attività delle parti sociali, occorre menzionare la Legge del 1992 sui sindacati e le relazioni industriali (“Trade Union and labour Relations Act”) che si applica per intero in Inghilterra, Xxxxxx e Scozia e, solo parzialmente, nell’Irlanda del Nord6.
La Legge è stata oggetto di continui emendamenti, per xxx xxxxx xxxxxx iniziali che impedivano di ottemperare alle disposizioni internazionali in materia di diritto del lavoro. La prima parte contiene disposizioni che definiscono il significato di sindacato, ossia “un’organizzazione di lavoratori il cui scopo principale è la disciplina delle relazioni industriali con il datore di lavoro”. Quindi i commi 46-56 del Titolo terzo, relativi alle modalità di nomina dei rappresentanti sindacali. Ai commi 62-70 del Titolo quinto si dispone il diritto di voto da parte dei membri dell’organizzazione per la proclamazione di uno sciopero, così come le regole di affiliazione, di cessazione e le procedure disciplinari. I commi compresi tra il 178 e il 187 del Titolo I concernono le regole di base per la contrattazione collettiva, stabilendo che qualsiasi accordo non può essere giuridicamente vincolante, se non espressamente previsto per iscritto, cosa che riflette la tradizione britannica di astensionismo nelle dispute sui luoghi di lavoro.
Infine, i commi dal numero 188 al 196 fissano le procedure che un datore di lavoro deve osservare in caso di ridondanze a seguito di crisi aziendali. Egli ha il dovere di comunicare e consultarsi successivamente con le associazioni dei lavoratori (se assenti, con i rappresentanti eletti), nell’ottica di minimizzare le ridondanze e mitigare così gli effetti sulla forza lavoro; si traduce in una fase di consultazione 90 giorni prima della dichiarazione di crisi aziendale, in caso di imprese con oltre 100 addetti (30 giorni se al di sotto delle 100 unità). Non sussistono consultazioni in caso di organici inferiori alle 20 persone. Se gli esuberi non sono prevedibili, quando la consultazione con i sindacati non può essere avviata in tempo, il datore di lavoro viene esonerato dal pagamento dell’indennità di compensazione (simile all’indennità di preavviso del diritto del lavoro italiano); diversamente, egli deve corrispondere un’intera settimana retribuita per ciascuna settimana non lavorata.
6 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxx.xxx.xx/xxxxx/0000/00/xxxxxxxx
Gli emendamenti introdotti alla Legge nel 19937 riguardano gli obblighi in capo alle organizzazioni sindacali per quanto riguarda le votazioni in caso di proclamazione di uno sciopero, estendendo poi una serie di limitazioni all’autonomia sindacale, autorizzando l’esclusione o l’espulsione di iscritti solo nel rispetto di quanto specificato dalla legislazione.
Ulteriori modifiche sono state adottate a partire dal 1999 e forniscono per la prima volta lo strumento legale che vincola il datore di lavoro a riconoscere le associazioni dei lavoratori, per le imprese con più di 21 addetti. Il requisito è che queste, di fronte alla Commissione centrale di arbitrato (CAC) dimostrino che la maggior parte dei lavoratori presso la stessa o più unità produttive, desideri essere tutelata da un sindacato. Ciò risulta possibile con la maggioranza assoluta dei lavoratori iscritti, oppure con la maggioranza in caso di voto, sebbene essa debba rappresentare almeno il 40% di tutti gli addetti nel settore oggetto di contrattazione.
In riferimento ai diritti in capo ai rappresentanti aziendali delle organizzazioni dei lavoratori, ai sensi della Legge sulla tutela dell’occupazione del 1975, essi hanno a periodi di assenza dal lavoro retribuiti, per lo svolgimento di attività sindacali. Inoltre, assieme agli iscritti, hanno diritto a periodi non retribuiti per prendere parte a specifiche attività.8
SPAGNA
I principali testi che disciplinano il regime delle autonomie collettive sono:
• La costituzione spagnola. In particolare i seguenti articoli dispongono:
Art. 7: I sindacati dei lavoratori e le associazioni patronali contribuiscono alla difesa e alla promozione dei propri interessi economici e sociali. La loro creazione e l'esercizio delle loro attività sono liberi nel rispetto della costituzione e della legge. La loro struttura interna e il loro funzionamento dovranno essere democratici.
Art. 28: Tutti hanno il diritto di iscriversi a un sindacato liberamente. La legge potrà limitare o escludere l'esercizio di questo diritto le forze armati o gli altri corpi sottoposti a disciplina militare e regolerà le particolarità del loro esercizio per quanto riguarda i funzionari pubblici. La libertà sindacale comprende il diritto di fondare sindacati ed affiliarsi a quello di propria elezione, come pure il diritto dei sindacati di formare confederazioni e fondare organizzazioni sindacali internazionali o affiliarsi quest'ultime. Nessuno potrà essere obbligato ad affiliarsi ad un sindacato.
Art. 37: La legge garantirà il diritto alla contrattazione collettiva nazionale di lavoro tra i rappresentanti dei lavoratori ed i dirigenti aziendali, oltre che la forza vincolante delle convenzioni.
• La legge organica di libertà sindacale dell’8 agosto 1985. Questa legge rappresenta la traduzione legislativa dell’articolo 28 della costituzione spagnola e tratta degli seguenti aspetti: Titolo I Definizione della libertà sindacale; Titolo II il regime giuridico dei sindacati; Titolo III la rappresentatività sindacale; Titolo IV l’azione sindacale; Titolo V la tutela della libertà sindacale e le sanzioni per condotte anti sindacali.
• Lo statuto dei lavoratori (decreto legislativo del 24 marzo 1995). Si applica a tutti i lavoratori del settore privato ad esclusione dei funzionari pubblici e delle forze armate. Disciplina le relazioni lavorative tra datori di lavoro e lavoratori e i loro rispettivi doveri e diritti.
SVEZIA
Le organizzazioni di rappresentanza operano, nelle relazioni sindacali, in massima parte in base agli accordi procedurali tra loro autonomamente pattuiti. In caso di mancanza di accordo interviene l’Istituto per la Mediazione. Per le relazioni industriali tra parti che non hanno
7xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxxxx/XXXXXX%00XXXXXXX/XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX00 93TURERA1993-EN.htm
8 ACAS – Time off for Trade Union duties and activities, January 2010, page 6
firmato l’accordo collettivo, il riferimento di fatto è lo stesso accordo collettivo o la leggi sul lavoro. Il diritto del lavoro in Svezia è principalmente di carattere civile. Per far valere i diritti le parti sociali devono, quindi, adire le vie legali in caso di controversie, presunte violazioni di legge o accordi. In base alla sezioni 46 - 53 del Joint Regulation Act, l’Istituto per la Mediazione è autorizzato a cercare una composizione delle vertenze attraverso la mediazione, riassumendo:
• i contrasti d’interesse e le dispute per la chiusura di un Contratto Collettivo non possono essere portati in tribunale;
• se una controversia sul contenuto o l'applicazione di una norma di legge non può essere risolta attraverso la mediazione, essa deve essere deferita ad un tribunale o altro organo decisionale;
• solo le controversie sui diritti possono essere trattate dal Tribunale del Lavoro o dai tribunali distrettuali, ai sensi del Labour Disputes Procedure Act (procedura civile) del 1974.
• in generale si può dire che se le parti di una controversia sono le parti sociali e la controversia riguarda un Contratto Collettivo, allora il Tribunale del Lavoro è la struttura competente;
• se invece si tratta di interpretare o far rispettare i Contratti Collettivi, allora i Tribunali Civili si sono a pieno diritto pronunciati sulla maggior parte dei temi.
REGOLAZIONE DEI DIRITTI DI INFORMAZIONE, CONSULTAZIONE E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
BELGIO
I sistemi di informazione e consultazione poggiano sulle normative legislative e contrattuali che regolano gli organismi di rappresentanza sul luogo di lavoro, ovvero: i Consigli d’impresa, i Comitati per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro e le delegazioni sindacali.
La rappresentanza nell’impresa è dominata dai Consigli o Comitati di impresa (CE - obbligatorio nelle imprese con più di 100 dipendenti) con diritti soprattutto di informazione e consultazione su un ampio spettro di materie che riguardano il lavoro e le strategie di impresa. A questi si aggiungono le rappresentanze per la salute e sicurezza (nelle imprese con più di 50 dipendenti). Il CE è composto da rappresentanti dei lavoratori (eletti nelle elezioni sociali) e da rappresentanti dei datori di lavoro. Deve essere convocato almeno una volta al mese dal datore di lavoro nei locali della società ed i sui membri devono essere informati dal datore di lavoro sulla situazione finanziaria della società, sulla sua produttività, sugli sviluppi futuri in termini occupazionali.
Il CE ha anche il diritto di essere consultato dal datore di lavoro in caso di modifiche sostanziali nell'organizzazione del personale, come ad esempio la ristrutturazione, la chiusura di uno stabilimento, una fusione o l'introduzione di un turno di notte, ma anche in materia di misure di formazione. I poteri e il funzionamento del consiglio d’impresa sono fissati sin dal 1948 dalla legge sull’organizzazione dell’economia, che è stata oggetto di numerosi emendamenti nel corso degli anni, l’ultimo dei quali relativo all’applicazione delle direttive comunitarie in materia di informazione e consultazione.
Si compone di rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro. La funzione principale del consiglio d’impresa è quella di ricevere le informazioni ed essere consultato su un ventaglio di questioni relative all’occupazione e alla situazione economica dell’impresa, non potendo, al contrario della delegazione sindacale, negoziare nuovi accordi aziendali o far rispettare al datore di lavoro quelli in vigore. I membri del comitato d’impresa sono eletti ogni quattro anni da tutti i lavoratori dell’impresa tra i candidati presentati dai sindacati rappresentativi. Ciò significa che tutti i membri di un consiglio d’impresa sono iscritti al sindacato.
Il comitato aziendale detiene un potere decisionale su alcune questioni specifiche quali la promozione dell'occupazione nell'impresa, i fondi pensionistici integrativi, in alcuni casi le regole da applicare in merito ad assunzioni, licenziamenti, annualizzazione e modifiche
dell'orario di lavoro. L’avvento della direttiva comunitaria n. 2002/14 ha esteso il diritto all’informazione ai dipendenti di imprese e stabilimenti con più di 50 dipendenti. La costituzione del comitato di impresa in queste imprese non è però obbligatoria e le funzioni del CE possono essere assorbite dal Comitato per la prevenzione e la sicurezza.
Il CPPT comprende rappresentanti dei lavoratori (eletti ogni 4 anni in concomitanza con l’elezione dei membri del Comitato d’impresa), consulenti per la prevenzione e rappresentanti dell’impresa che hanno la responsabilità della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. Il comitato è incaricato di tutte le questioni connesse alla salute dei lavoratori, dell'ambiente di lavoro e delle condizioni di lavoro. Tale comitato è obbligatorio in tutte le imprese o gli impianti che occupano più di 50 dipendenti.
La delegazione sindacale ha il diritto di essere presente in tutte le società (il numero minimo di lavoratori occupati in azienda è definito dal contratto collettivo di comparto), rappresenta i lavoratori sindacalizzati ed è regolamentata da uno statuto definito da una serie di accordi collettivi resi vincolanti per legge. L’accordo nazionale risale al 1971, seguito negli anni successivi da accordi di settore.
La delegazione sindacale può negoziare contratti collettivi aziendali e intervenire in ogni conflitto tra i lavoratori ed il datore di lavoro. Inoltre, la delegazione sindacale ha il diritto di essere informata su eventuali cambiamenti nelle condizioni di lavoro.
Al fine di recepire la direttiva del Consiglio 2002/14/CE che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità europea, è stato modificato il contenuto del contratto collettivo nazionale n° 9 sul funzionamento dei comitati aziendali nel 2008. Di conseguenza, al CPPT/CPBW è stato concesso un diritto di ricevere le informazioni aziendali nelle imprese o negli stabilimenti che impiegano tra 50 e 100 lavoratori. Inoltre, nelle imprese o negli stabilimenti in cui non sono presenti i comitati ma solo una delegazione sindacale, è a questa che devono essere fornite tutte le informazioni annuali relative giro d'affari, ai profitti, all’occupazione ed al costo del lavoro, così come su tutte le decisioni che potrebbero portare a notevoli cambiamenti nella organizzazione del lavoro o del rapporto di lavoro.
FRANCIA
Il modello francese è quello di una concertazione inquadrata dalla legge e che riveste le seguenti modalità:
• La concertazione. Quando il governo prevede una riforma che riguarda le regole generali del diritto del lavoro o sia, le relazioni individuali e collettive del lavoro, l'occupazione e la formazione professionale, deve, in un primo tempo, concertarsi con le organizzazioni sindacali e professionali rappresentative a livello nazionale ed intercategoriale. Questa concertazione si fa sulla base di un documento d'orientamento indirizzato alle organizzazioni sindacali e professionali rappresentative a livello nazionale ed interprofessionale, a carico per quest'ultime di informare il governo se prevedono o no di negoziare un accordo interprofessionale indicando entro quali termini e su quali aspetti (articolo L. 2211-1 del codice del lavoro.).
• La consultazione. I testi legislativi e regolamentari elaborati dal Governo in base ai risultati della concertazione e del negoziato, dovranno essere presentati dinanzi agli organi abituali del dialogo sociale che sono la Commissione nazionale della contrattazione collettiva, il Comitato superiore dell'occupazione ed il Consiglio nazionale della formazione professionale lungo tutto l’arco della vita (articolo L. 2211-2 del Codice del lavoro.
• L'informazione. È un appuntamento regolare ed annuale tra Governo e le parti sociali all’interno della Commissione nazionale di contrattazione collettiva durante il quale i poteri pubblici e le organizzazioni rappresentative esporranno rispettivamente la loro agenda di riforme. articolo L. 2211-3 del codice del lavoro.
GERMANIA
Secondo la legge federale sulla contrattazione TVG, il datore di lavoro è tenuto di applicare il contratto negoziato soltanto ai dipendenti iscritti ai sindacati con cui ha stipulato il contratto. È però prassi applicarlo a tutti i dipendenti per non offrire ai lavoratori non-sindacalizzati l’incentivo a iscriversi.
Se i datori di lavoro inclusi in un contratto impiegano almeno il 50% dei lavoratori di una categoria e se è riconosciuto un interesse generale per l’applicazione del contratto, il Ministero Federale del Lavoro (o il Ministero Regionale del Lavoro incaricato dal Ministero Federale a questo scopo) può su richiesta delle parti sociali assegnare l’obbligatorietà generale ad un contratto e renderlo applicabile per l’intero settore. Prima della decisione, il Ministero si consulta la commissione paritetica di contrattazione, i cui sei rappresentanti (tre delle federazioni dei sindacati ed altri tre della federazione delle associazioni datoriali) sono nominati dal Ministero stesso. L’applicazione include automaticamente anche i datori di lavoro e i lavoratori non iscritti presso una rappresentanza.
L’estensione dell’obbligatorietà può essere regionale o nazionale, secondo il caso. A volte si estende anche agli apprendisti di un settore. Lo strumento dell’obbligatorietà generale ha raggiunto il suo picco nel 1994 con 632 contratti soggetti a un’AVE. Oggi di questi sono rimasti soltanto 495 contratti sui 67.000 registrati nell’archivio contrattuale presso il Ministero Federale del Lavoro il che corrisponde ad una percentuale sotto l’1%. Uno dei motivi per questa evoluzione sta nel diritto di veto dei rappresentanti delle associazioni datoriali nella commissione di contrattazione del quale si avvalgono molto più spesso che nel passato. Va sottolineato che la durata dell’obbligatorietà è identica alla durata del singolo contratto. Questo vuol dire che l’obbligatorietà generale deve essere richiesta di nuovo con ogni stipula di un nuovo contratto di categoria.
ITALIA
L’informazione e la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori rappresenta uno dei quattro “pilastri” istituzionali delle relazioni industriali europee: sindacati forti e con relativamente stabili forme di riconoscimento pubblico; gradi elevati di solidarietà economico/normativa fondata su pratiche diffuse di coordinamento/centralizzazione a livello di settore/categoria; generalizzata attività di partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori mediante strumenti di informazione, consultazione o anche codeterminazione; forme diverse di concertazione tripartita e di “patti sociali” nazionali9.
Nell’ordinamento italiano il contenuto dei diritti di partecipazione non è definito da una fattispecie legale, per quanto l’art. 46 della nostra Costituzione preveda il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione dell’impresa; la nozione è pertanto frutto di una comparazione delle esperienze applicative più avanzate e dell’indirizzo dato dalla Direttiva europea 94/45/CE del
22 settembre 1994, riguardante “l’istituzione di un Comitato Aziendale Europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie”. La “partecipazione dei lavoratori” consiste nelle varie modalità con le quali si realizza l’influenza dei lavoratori e delle loro organizzazioni sulla conduzione dell’impresa, anche attraverso i suoi istituti essenziali (diritti di informazione/consultazione, partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori negli organi societari (partecipazione decisionale), partecipazione economico-finanziaria dei dipendenti).
Per quanto concerne la situazione italiana, le forme assunte dalla partecipazione sono quelle proprie dell’informazione, della consultazione, degli obblighi a trattare. In Italia, i diritti di partecipazione - nella forma di procedure di informazione/consultazione (anche a livello di informazione preventiva delle decisioni che il datore di lavoro intende assumere) - condizionano i poteri imprenditoriali con riguardo a delle ipotesi particolari, quali i licenziamenti
9 Le Relazioni sindacali in Italia e in Europa. Rapporto 2008-2009 CNEL. Il Rapporto è stato curato dal CESOS
collettivi, la cassa integrazione, la sicurezza sul lavoro, le azioni positive, il trasferimento d’azienda, gli stages aziendali. Il potere organizzativo imprenditoriale è limitato dai modelli partecipativi individuati dalla contrattazione collettiva, che hanno introdotto, nella parte obbligatoria, i c.d. diritti di informazione: le direzioni aziendali trasmettono alle organizzazioni sindacali le questioni riguardanti l’organizzazione della produzione, il decentramento produttivo, le strategie aziendali. Il diritto a ricevere queste informazioni è spesso integrato dalla previsioni di incontri (talvolta, in apposite commissioni) nel corso dei quali i rappresentanti delle parti procedono alla discussione dei dati e delle loro prevedibili conseguenze (cd. esame congiunto). A livello aziendale quindi, considerando il carattere storico di canale unico del sindacalismo italiano, i soggetti titolari dei diritti di partecipazione sono le articolazioni aziendali dei sindacati: consigli di fabbrica, RSA (Rappresentanze Sindacali Aziendali), RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie)10.
PAESI BASSI
I Paesi Bassi hanno un vasto e completo sistema d’informazione e di consultazione previsto dalla legge, attraverso organi specifici come i comitati aziendali. Gli accordi collettivi di settore o gli accordi aziendali tra datori di lavoro e comitati possono integrare le disposizioni vigenti. Secondo l’art.2 della Legge olandese sui comitati aziendali (WOR, 1979), “ogni imprenditore nell'interesse del buon funzionamento dell'impresa rispetto a tutti i suoi obiettivi, costituisce un comitato aziendale al fine di garantire la corretta consultazione e la rappresentanza delle persone che lavorano in azienda”. In particolare:
• il diritto di informazione (artt. 31, 31a e 31b) comporta che il management sia obbligato a informare il comitato su diverse questioni di natura finanziaria ed economica, tra cui: struttura e organizzazione della società, rapporti con altre imprese, tendenze in materia di politica occupazionale e sociale, rendiconti societari, prospettive dell’azienda. Il comitato aziendale ha diritto a ricevere tutte le informazioni di cui ha ragionevolmente bisogno per assolvere correttamente le proprie funzioni. Le informazioni potranno essere fornite per iscritto, se richiesto;
• il diritto di consultazione (art. 25) riguarda le questioni economiche ma si concentra su quelle con effetto più diretto sulla forza lavoro. La direzione deve consultare il comitato se prevede di vendere tutta o parte della società, assumere il controllo di altre imprese, modificare l'attività o l'organizzazione della società, effettuare assunzioni su vasta scala. Su tutte queste questioni il datore di lavoro deve chiedere il parere del comitato aziendale e ritardare l’attuazione delle decisioni per almeno un mese se il comitato non è d'accordo con la proposta;
• il diritto di co-determinazione (art. 27, paragrafo 1) si riferisce ai regolamenti della società/posto di lavoro in materia di assicurazione pensionistica, compartecipazione agli utili o piani di risparmio, ore lavorate e ferie annuali, classificazione delle mansioni, salute e sicurezza, assunzioni, promozioni e licenziamenti, ecc. I regolamenti su questi temi non possono essere introdotti, modificati o conclusi senza l'approvazione del comitato aziendale a meno che non siano previsti da un contratto collettivo. Le discussioni tra datore di lavoro e comitato portano alla firma di un accordo (art. 32 paragrafo 2). In caso di disaccordo tra le parti, il datore di lavoro dovrà sospendere l'attuazione della propria decisione per un periodo pari ad un mese.
Questi diritti fondamentali possono essere estesi mediante i contratti collettivi e il comitato aziendale ha il potere di garantire che le disposizioni dei contratti siano applicate correttamente. Il contratto collettivo, per sua natura, limita il ruolo del comitato aziendale (art. 27, paragrafo 3 della Legge WOR). L'obbligo di cui al paragrafo 1 art.27, non si applica se e nella misura in cui la sostanza della materia in questione è già stata regolamentata per l'impresa in un contratto collettivo di lavoro, o una decisione in termini di occupazione è stato stabilita da un ente pubblico.
10 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxxx_xxxxxx/xxxxxx_Xxxxxxxxxxxxxx.xxx
REGNO UNITO
I diritti di partecipazione, di informazione e di consultazione nel Regno Unito si riferiscono alle modalità di partecipazione dei lavoratori nei processi organizzativi di impresa. Il diritto del lavoro e quello industriale del Paese generalmente sono di competenza dei vertici dirigenziali delle aziende che, spesso in contrasto con la giurisdizione europea, determinano solo poche regole di partecipazione. I lavoratori hanno diritto a:
• organizzarsi sotto forma di consigli di azienda per essere informati e consultati nei processi aziendali, con particolare riguardo alle riduzioni di personale;
• organizzarsi in comitati per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, con il diritto a formulare proposte per il miglioramento delle condizioni occupazionali.
Diversamente, i lavoratori inglesi partecipano al di fuori delle proprie strutture aziendali attraverso modalità di auto aggregazione in grado di incidere nel processo decisionale per giungere alla stipula di accordi collettivi, pena l’adozione di forme di protesta quali lo sciopero. Le imprese sono libere, secondo la legislazione vigente, di garantire ai lavoratori i diritti di partecipazione, di raggiungere intese con il consenso delle parti sociali, di partecipare a riunioni aziendali o di eleggere i propri rappresentanti.
In materia di diritti di informazione e di consultazione, il principale atto normativo di riferimento è il Regolamento del 200411, che si applica a quelle imprese situate in Gran Bretagna con più di 50 addetti e implementa la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 14/02 recante disposizioni generali in merito. Esso è frutto di un assetto concordato tra la TUC e la Confederazione delle Imprese Britanniche (CBI). In sintesi regola le modalità con cui esercitare, da parte del lavoratore (o su iniziativa del datore di lavoro), il diritto di informazione e consultazione, determinando l’avvio dei negoziati con i rappresentati dei lavoratori. Tuttavia, se tale richiesta viene promossa in presenza di validi accordi già raggiunti in tal senso, è possibile effettuare delle votazioni per determinare l’approvazione o meno della richiesta. In caso positivo, occorre procedere al raggiungimento di un nuovo accordo; in caso negativo, vengono applicate le eventuali intese raggiunte in precedenza. Dove i negoziati hanno luogo ma non portano ad alcuna decisione, vengono applicate le disposizioni generali su tali diritti, che ricalcano i contenuti della direttiva comunitaria del 2002. Si applica comunque una moratoria di tre anni relativa ad ulteriori richieste provenienti dai lavoratori, sia in caso di raggiungimento di un’intesa, sia se quella precedentemente adottata è stata confermata a seguito di ballottaggio tra i lavoratori. L’intero ciclo viene esemplificato dalla tabella che segue:
Fonte: UK Department for Business, Innovation and Skills
11 xxxx://xxx.xxx.xxx.xx/xxxxx/xxxx00000.xxx
SPAGNA
I diritti d’informazione, consultazione e contrattazione collettiva si esercitano in diversi ambiti istituzionali.
• Il Consiglio Economico e Sociale (CES) composto da membri delle organizzazioni sindacali e datoriali viene consultato ed esprime pareri vincolanti, sui disegni di legge e i progetti di decreti che disciplinano materie socio economiche e di lavoro o su disegni di legge considerati dal governo di rilevante importanza in relazione alle materie sopra indicate.
• I Consigli economici regionali rivestono, a livello regionale le stesse funzioni del CES a livello nazionale.
• La Commissione Consultiva Nazionale di contratti collettivi di lavoro è un organo collegiale, tripartito, nel quale è rappresentata l'amministrazione generale dello Stato, le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali più rappresentative. La Commissione Consultiva Nazionale di contratti collettivi nazionali emette pareri non vincolanti in materia di contratti collettivi, svolge le funzioni di osservatorio della contrattazione collettiva di lavoro (informazione, studio, documentazione e promozione della contrattazione collettiva).
• Le Commissioni bilaterali d’interpretazione dei Contratti collettivi previste nello statuto del lavoratore nell’articolo 85.3 il quale dispone che i contratti collettivi devono obbligatoriamente designare una commissione bilaterale rappresentando le parti ammesse a negoziare nell’ambito di disaccordi o divergenza di interpretazione del contratto in particolare quando questi disaccordi rientrano nelle procedure extra giudiziarie di risoluzione dei conflitti.
Il Comitato d’impresa, organo di rappresentanza unitario del personale per le aziende di 50 dipendenti dispone di importanti diritti d’informazione e consultazione relativi alla gestione aziendale.
SVEZIA
I servizi di mediazione sono regolati dal Co-Determination Xxx (0000 e successivi emendamenti) che supera l’intervento governativo in quanto la nomina delle commissioni è stata di fatto delegata agli esistenti servizi di mediazione. Dal 2000 questo cambiamento di prassi è stato garantito attraverso la riforma del diritto e la nascita dell’Istituto per la Mediazione.
L’Istituto per la Mediazione si è tradizionalmente affidato a mediatori esterni, e questo meccanismo consente alle parti una notevole influenza sulla nomina. Oggi è prassi comune nominare due mediatori per una stessa controversia complessa; un argomento a favore di questa soluzione è la possibilità di dare al processo negoziale uno sviluppo "soft". Le forme di consultazione dei gruppi sociali sono pertanto essenzialmente volontarie e libere (senza intervento governativo) e sono tradizionalmente scandite dai rinnovi contrattuali (mediamente annuali).
CENNI SULLA REGOLAZIONE DEL CONFLITTO BELGIO
In Belgio il diritto di sciopero non è regolato dalla legge, ma si è consolidato attraverso la giurisprudenza. Sono le convenzioni collettive di settore, pertanto, a regolamentare lo sciopero, imponendo in alcuni casi precise modalità di esercizio, soprattutto per quel che è l’obbligo di preavviso e i motivi dello stesso. La definizione di sciopero contiene alcuni elementi obbligatori:
• l’interruzione del lavoro (ovvero di quelle prestazioni che i lavoratori avevano l’obbligo di fornire in virtù di una legge o di un contratto di lavoro).
• l’obiettivo di esercitare pressione nei confronti del datore di lavoro o di un terza parte.
Non è necessario che lo sciopero sia diretto solamente verso un datore di lavoro. Il contenzioso sindacale che ha originato l’azione può estendersi ad un intero settore o anche alla programmazione economica ed industriale nazionale. Se un contratto collettivo contiene un obbligo di pace, questo deve essere rispettato dai lavoratori e dalle loro rappresentanze; nonostante ciò, esso è da ritenersi giuridicamente vincolante solo in una certa misura, nel senso che i sindacati non saranno ritenuti responsabili dei danni arrecati non possedendo personalità giuridica. Le sentenze della Corte hanno sostenuto nel corso del tempo che uno sciopero ha il solo effetto di sospendere il contratto di lavoro. Pertanto, la partecipazione ad uno sciopero non costituisce di per sé una violazione del contratto ma, mancando la prestazione, il lavoratori in sciopero non matura il diritto a percepire la retribuzione.
Per questi motivi, soprattutto in alcuni casi particolari e magari in caso di sciopero per periodi prolungati, le organizzazioni sindacali possono corrispondere loro sussidi compensativi. Una commissione congiunta (composta da rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro) deve stabilire quali forniture e servizi debbano essere garantiti nell’eventualità di uno sciopero o di una serrata e come queste esigenze debbano essere soddisfatte. In molti casi è possibile adire il giudice per limitare l’esercizio del diritto di sciopero; in tali situazioni, con una pratica alquanto discutibile, sono i tribunali di prima istanza ad esprimersi sulla liceità dello sciopero indetto, sul merito dello sciopero stesso e sulle sue implicazioni illegali fino a vietarlo.
Poiché come si diceva i sindacati non possiedono personalità giuridica, in linea di principio non sembra possibile rivalersi su di essi per pratiche di sciopero illegale. Il lavoratore che prende parte ad uno sciopero illegale, al contrario, può essere ritenuto individualmente colpevole di un reato che potrebbe giustificare il licenziamento e può essere ritenuto responsabile per i danni causati dall’azione. La regolamentazione dei conflitti collettivi in collettivi in Belgio è lasciata quanto più possibile alle parti sociali. All’interno del Ministero del lavoro è attivo un gruppo di conciliatori che offre, in caso di bisogno, una mediazione alle parti in conflitto. Questi “conciliatori sociali” assumo la presidenza della Commissione paritaria del settore a cui le parti appartengono, oppure possono intervenire all’interno dell’impresa, senza tuttavia, alcun potere di imporre una soluzione.
FRANCIA
Le procedure di regolamento dei conflitti collettivi sono definite nella Legge n. 82957/82 relativa alla negoziazione collettiva e alla soluzione dei conflitti collettivi di lavoro. Le controversie collettive che intervengono tra i lavoratori dipendenti ed i datori di lavoro sono oggetto di negoziati sia quando le convenzioni o accordi collettivi di lavoro applicabili comportano disposizioni a questo scopo, sia quando le parti interessate ne prendono l'iniziativa. Sono previste le seguenti forme di prevenzione e risoluzione dei conflitti: La conciliazione è una procedura secondo la quale le parti ad un conflitto collettivo di lavoro sottopongono la vertenza che li oppone ad una commissione, composta da rappresentanti datoriali e di rappresentanti delle organizzazioni di lavoratori dipendenti. Qualsiasi convenzione o accordo collettivo possono contenere una clausola che instaura una procedura di conciliazione che tende a regolare tutte le vertenze suscettibili di verificarsi tra i datori di lavoro ed i lavoratori dipendenti legati dalla convenzione o l'accordo in questione.
I conflitti collettivi che, per qualunque motivo, non sono stati sottoposti ad una procedura di conciliazione, stabilita sia dalla convenzione o l'accordo collettivo di lavoro, sia con un accordo particolare, possono essere portati dinanzi ad una commissione nazionale o regionale di conciliazione. La procedura legale di conciliazione è facoltativa. La mediazione è una procedura di regolamento dei conflitti collettivi del lavoro nella quale una personalità, designata in funzione della sua autorevolezza morale o delle sue competenze, presenta alle parti proposte di soluzione sotto forma di raccomandazioni. Solo i conflitti collettivi d'ordine economico possono essere sottoposti ad un mediatore. Quando quest'ultimo constata che il conflitto
riguarda l'interpretazione o la violazione di disposizioni legislative, regolamentari o convenzionali, deve raccomandare alle parti di sottoporre il conflitto sia alla giurisdizione competente, sia ad una procedura d'arbitrato. Il mediatore è scelto dalle parti di comune accordo. In caso contrario, è scelto dall'amministrazione su liste di mediatori, nazionali o regionali. Al termine della mediazione, il mediatore presenta alle parti, sotto forma di raccomandazione motivata, proposte in previsione di regolamento dei punti in controversia, entro un mese a partire dalla designazione. La raccomandazione del mediatore non avendo alcun carattere obbligatorio, le parti possono respingerla. Questo rifiuto deve essere motivato. Le parti che non lo hanno respinto sono legate dalla raccomandazione.
L'arbitrato è come una procedura di regolamento dei conflitti collettivi del lavoro secondo la quale le parti al conflitto sottopongono la loro controversia ad un'entità designata da esse, che delibera sui conflitti relativi all'interpretazione ed all'esecuzione delle leggi, regolamenti e convenzioni in vigore. In caso di fallimento di un tentativo di conciliazione, si potrà ricorrere, come prima, sia alla mediazione, sia all’arbitrato. Ma se il secondo livello ritenuto è la mediazione e quest'ultimo si conclude a sua volta con un fallimento, è possibile ricorrere alla procedura d’arbitrato. Il ricorso all'arbitrato suppone un accordo tra le parti.
GERMANIA
Non esiste un diritto allo sciopero individuale, né è considerato legittimo per un consiglio di fabbrica indirlo. Questo diritto spetta esclusivamente al sindacato rappresentato all’interno dell’azienda in questione. Anche lo scopo dello sciopero è limitato alla contrattazione. In casi ambigui decidono i giudici del lavoro quale motivo rappresenta una questione contrattuale. Scioperi di solidarietà o di supporto sono concessi in certe condizioni. Per la durata di un nuovo contratto aziendale o di categoria esiste poi il cosiddetto “obbligo di pace aziendale”. Questo vuol dire che è esclusa la possibilità di sciopero per questioni oggetto del contratto vigente. Come menzionato precedentemente, i dipendenti della PA a statuto speciale sono esclusi dal diritto di sciopero. Questo vale in Germania per la maggioranza degli insegnanti, la polizia, e gran parte della Pubblica Amministrazione. Mentre i sindacati competenti all’interno del DGB sono contrari a questo divieto, la federazione DBB è dichiaratamente favorevole a questa limitazione. I sindacati sostengono i lavoratori economicamente durante gli scioperi. Questo fa parte delle prestazioni sindacali nei confronti degli iscritti.
Scioperi generali o politici, secondo la giurisprudenza vigente non sono legittimi in Germania. Questo vale in genere per qualsiasi sciopero legato ad una legge esistente o al vaglio del Parlamento. Sindacati che proclamassero scioperi non legittimi, sarebbero responsabili per i danni economici derivanti da tale iniziativa. Caratteristica essenziale della cultura sindacale tedesca è il suo approccio legalista. I sindacati si considerano garanti della pace sociale. Gli scioperi avvengono di solito all’interno del quadro legale ristretto.
Lo sciopero per lo scopo della contrattazione è da sempre più diffuso nei settori della metallurgia e dell’industria elettronica, molto raro nella Pubblica Amministrazione. Negli ultimi anni però anche nel settore dei servizi pubblici e privati si sono manifestati scioperi in parte anche più lunghi, come per esempio nella sanità e nelle ferrovie.
Dagli anni ‘70, la forma più diffusa dello sciopero è lo sciopero di avvertimento. Si tratta in genere di interruzioni brevi del lavoro a scopo dimostrativo. Nella Pubblica Amministrazione e nella siderurgia i sindacati sono in grado di mobilitare centinaia di migliaia di lavoratori. Lo sciopero è comunque considerato l’ultima ratio dopo il fallimento del negoziato. A livello aziendale molti dei potenziali conflitti, che in altri paesi portano facilmente allo sciopero, vengono intercettati e risolti dai consigli di fabbrica. Nonostante ciò è possibile che si verifichino episodi di interruzioni di lavoro non ufficiali, spesso in forma di cosiddetti “eventi collettivi di informazione”. Scioperi selvaggi contro la volontà sindacale si sono verificati fino agli anni ‘70 anche in forma spettacolare, mentre sono diventati estremamente rari negli ultimi due decenni.
ITALIA
La regolazione del conflitto “industriale” è rimessa al Giudice del lavoro, che osserva, nel suo operato, una serie di principi fissati dalla nostra Costituzione e “interpretati” dalla Corte costituzionale. La Corte ha dato così regola al conflitto tra valori e principi in cui si esprime il rapporto individuale di lavoro. Per il diritto sindacale i Giudici costituzionali hanno individuato nel primo comma dell’art. 39 Cost. (“L'organizzazione sindacale è libera”), l’ingrediente necessario per amalgamare il complesso delle fonti in modo da rendere il diritto sindacale, che è tuttora un “diritto senza norme”, un diritto “senza lacune”. Già prima dell’entrata in vigore della Costituzione e, poi, rimasto inattuato l’art. 39 Cost., è stata la giurisprudenza ordinaria, sensibile all’esigenza di una composizione pacifica del conflitto, a riconoscere e legittimare le prime manifestazioni dell’autonomia sindacale. Il contratto collettivo è stato, cioè, ricondotto all’autonomia privata e, in assenza di una legge sindacale, regolato dalle disposizioni del Codice civile sul contratto in generale e, quindi dal diritto comune. La Corte costituzionale ha condiviso l’esigenza di una forma di composizione pacifica del conflitto e ha accolto l’impostazione dei giudici ordinari. Ha anch’essa considerato, cioè, che i contratti collettivi di diritto comune sono veri e propri atti di autonomia privata.
Atti di autonomia privata perché un “rilievo primario”, rispetto ai commi successivi deve essere assegnato al primo comma dell’art. 39 Cost. e, quindi, alla libertà dell’organizzazione sindacale. Sancita l’immediata efficacia precettiva di quel principio, la Corte ha dovuto, però, amalgamarlo con gli altri e, in particolare, con la tradizionale regola del conflitto: la legge. Ha dovuto quindi individuare l’area di competenza di quest’ultima rispetto a quella dell’autonomia sindacale. Le dosi sono state misurate muovendo dall’inevitabile precisazione che l’art. 39 Cost, non contiene “una riserva, normativa o contrattuale, in favore dei sindacati per il regolamento dei rapporti di lavoro”. Ciò perché diverse disposizioni costituzionali (artt. 3, 36 e 37) consentono, ma insieme impongono, al legislatore di emanare norme che incidono sui rapporti di lavoro. Quindi fino a quando l’art. 39 Cost. non sarà attuato, “non si può, ne si deve, ipotizzare conflitto fra attività normativa dei sindacati e attività legislativa”. Tuttavia, fedele al compito di amalgamare le varie fonti, la Corte non ha esitato a definire l’ambito in cui la legge può limitare la libertà delle scelte sindacali. Ha escluso quindi fosse “consentito al legislatore ordinario di cancellare o di contraddire ad arbitrio la libertà sindacale e gli esiti contrattuali di esse. Le limitazioni legali all’autonomia sindacale sono giustificabili solo in presenza di situazioni eccezionali e a salvaguardia di superiori interessi generali e, comunque, con carattere di transitorietà. Con riferimento al diritto di sciopero, si rimanda al paragrafo successivo. È stato sostenuto (e sopra richiamato) che la Corte ha dato regola al conflitto tra valori e principi in cui si esprime il rapporto individuale di lavoro.
Il combinato disposto dell’art. 1 e del secondo comma dell’art. 3 della Cost., prefigura un modello di società nel quale il valore del lavoro è fondamentale. Tuttavia quel modello prevede anche la libertà di impresa (art. 41 Cost.). Accettato il metodo capitalistico, la produzione di ricchezza costituisce presupposto necessario della realizzazione dei fini sociali dello Stato. L’impresa quindi è anch’essa un valore costituzionale. Questi sono quindi i termini dell’antitesi moderna, caratterizzata dall’ineliminabile conflitto tra gli interessi di chi lavora e di chi detiene i mezzi di produzione. Definiti i termini dell’antitesi, la Corte si è presa cura di assicurarne la convivenza, attraverso la tecnica del bilanciamento12.
PAESI BASSI
Nei Paesi Bassi in alcuni settori le parti sociali hanno creato più comitati permanenti (ad esempio, nei settori bancario e delle industrie meccaniche) per la risoluzione dei conflitti. La maggior parte di questi meccanismi sono stati creati per vertenze individuali. L'arbitrato è più frequente della mediazione. Le Commissioni bipartite di settore, distribuite tra i diversi settori economici (24 in totale), rientrano sotto l'autorità di SER. Uno dei loro compiti è quello di
12 Xxxxxx Xxxxxxxx. Conflitto industriale e conflitto generazionale (cinquant’anni di giurisprudenza costituzionale). Corte costituzionale della Repubblica italiana xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
mediare nei conflitti tra comitati aziendali e datori di lavoro. Nella Pubblica Amministrazione esistono due organizzazioni finanziate dal governo: l'Istituto per la Gestione dei Conflitti del Settore Pubblico e del Lavoro (NICOA) e il Consiglio Centrale della Funzione pubblica e Collegio Arbitrale (AAC).
In riferimento allo sciopero, poiché il diritto olandese non contiene disposizioni specifiche in materia, le regole che disciplinano le azioni collettive sono state definite dalla casistica giurisprudenziale. Nel 1986 la Corte Suprema ha stabilito che l’articolo 6(4) della Carta Sociale Europea del 1961 (il diritto di negoziare e di scioperare), ratificato dai Paesi Bassi nel 1980, è applicabile direttamente, riconoscendo di conseguenza ai lavoratori il diritto di sciopero (ad eccezione degli impiegati pubblici), a meno che un contratto collettivo lo escluda, di solito con un accordo di non-sciopero assoluto o condizionale. La Carta non distingue tra scioperi ufficiali e non ufficiali, mentre riconosce altresì il diritto dei datori di lavoro di agire collettivamente nel caso di una controversia in materia di impiego. Lo sciopero consiste nell’interruzione collettiva delle attività lavorative da parte dei lavoratori, al fine di costringere il proprio datore di lavoro o dei terzi ad adottare determinati comportamenti, o ad astenersi dall’adottarli, con l’intenzione di riprendere a lavorare nel momento in cui le richieste formulate vengono soddisfatte. Gli scioperi possono essere indetti per un’ampia varietà di ragioni, ma il motivo più comune riguarda modifiche delle condizioni di lavoro. L’azione collettiva è considerata legale a meno che un tribunale non si esprima diversamente.
Per quanto riguarda la durata e la portata, l’azione deve essere ragionevolmente proporzionata alle richieste formulate. Generalmente i sindacati si impegnano ad indire un referendum al fine di ottenere una maggioranza significativa a favore dell’azione collettiva. Non vigono termini di preavviso specifici o regole sul contenuto, ma si devono tuttavia applicare regole procedurali generali. Neanche i lavoratori del settore pubblico godono di un diritto di sciopero previsto dalla legge; le basi giuridiche devono essere ritrovate nella Carta Sociale europea; in realtà, il diritto di sciopero dei lavoratori pubblici è stato riconosciuto dai tribunali da quando la norma che proibiva loro esplicitamente di scioperare (che risaliva al 1903) è stata abolita nel 1980. La normativa che si applica attualmente è di derivazione giurisprudenziale.
Rispetto agli altri Paesi, i sindacati raramente usano lo sciopero come metodo per raggiungere i propri obiettivi. Un punto importante è che tre quarti dei membri sindacali devono votare a favore dello sciopero. Poiché gli scioperi sono spesso utilizzati solo come un avvertimento, il numero di scioperi e la perdita di giorni lavorativi sono abbastanza contenuti.
Anno 2007 2008 2009 2010
Numero di scioperi | 20 | 21 | 25 | 21 |
Numero di lavoratori coinvolti (x 1,000) | 20,7 | 51,9 | 3,6 | 14,1 |
Numero di giornate lavorative perse (x 1,000) | 26,4 | 120,6 | 4,6 | 59,2 |
Fonte: CBS, aprile 2011
REGNO UNITO
Una volta che le associazioni sindacali sono riconosciute su base volontaria dal datore di lavoro, come soggetto nei processi di negoziazione collettiva, la regolazione del conflitto, eccetto dove esso sia stato raggiunto nel rispetto dei contenuti della Legge del 1999 (di riforma di quella del 1992), può non essere oggetto di specifico accordo tra le parti. Se il datore di lavoro non riconosce volontariamente un sindacato per la negoziazione collettiva, quest’ultimo può appellarsi alla Commissione centrale di Arbitrato (CAC), per il successivo
tentativo di conciliazione/mediazione. Nel caso il riconoscimento derivasse dai contenuti sanciti dalla Legge del 1999, alle parti viene indicato un periodo per concordare sulle modalità di condotta della negoziazione e, in caso di disaccordo, il CAC provvede ad individuare la procedura, tentando anche in questo caso la conciliazione.
Pertanto, anche dove un’intesa procedurale è stata raggiunta, possono non essere previste le modalità per la regolamentazione del conflitto tra le parti. Anche in caso di mancato riconoscimento del sindacato come controparte in sede di negoziazione collettiva, il datore di lavoro è comunque obbligato ad informare e consultare i rappresentanti dei lavoratori, o direttamente questi ultimi, su specifiche materie.
Quando il conflitto viene avviato, le relative modalità si articolano su diversi livelli, coinvolgendo responsabili aziendali e sindacali di importanza e responsabilità crescenti, finché l’intesa non viene raggiunta. Alla fine, è possibile ricorrere a soggetti terzi sia di comune accordo, che uniteralmente, per la positiva conclusione della vertenza; il percorso più spesso utilizzato vede l’arbitrato promosso da parte della Commissione competente nel Regno Unito, anche se raramente si può addivenire ad intese che contengono la clausola “no strike” (vale a dire, l’esclusione esplicita del diritto di sciopero).
Se la Commissione centrale di arbitrato ha il compito di dirimere le controversie in materia di riconoscimento da parte del datore di lavoro del sindacato come controparte, la regolazione del conflitto viene in parte disciplinata dalla Legge sul Sindacato e sulle Relazioni Industriali (TULRCA) del 1993. Al capo 210 del dispositivo si specifica che “in presenza di conflitto, il Servizio per la consulenza e l’arbitrato (ACAS), offre il proprio supporto per raggiungere l’intesa”. L’ACAS è il principale organismo coinvolto nei casi di conciliazione e di arbitrato nel Paese. Si tratta di un organismo tripartito con lo scopo di agevolare il sistema delle relazioni industriali, anche se la maggior parte dei casi nei quali esso viene coinvolto riguarda la conciliazione individuale, aumentata in modo esponenziale negli ultimi anni. In riferimento all’arbitrato, esso riveste un’importanza marginale, principalmente sia perché ACAS non ha alcun potere di arbitrato senza il consenso di entrambe le parti, sia perché esso non è giuridicamente vincolante. Mentre la maggior parte degli oltre mille casi annuali di conciliazione nei quali ACAS è coinvolto coinvolgono i sindacati, in un ristretto numero di essi sono i rappresentanti dei lavoratori ad agire nelle dispute collettive di lavoro. Per quanto riguarda l’esito dell’attività di conciliazione e mediazione nelle dispute collettive, attraverso l’ACAS è stato possibile raggiungere un accordo nell’80% dei casi13. In caso di mancato raggiungimento di un accordo, oppure se questo non venisse riconosciuto sufficiente dalle parti, ACAS può predisporre la procedura di arbitrato.
SPAGNA
L’articolo 63 della legge di procedura in materia di diritto del lavoro prevede che in materia di conflitti individuali e collettivi di lavoro, le parti debbano obbligatoriamente sottoporsi ad un procedimento di conciliazione nell’ambito di un servizio pubblico erogato da funzionari della pubblica amministrazione prima di ricorrere ai tribunali.
La legge e lo statuto del lavoratore consentono alle parti di sostituire questa procedura di conciliazione con altre formule extra giudiziarie adottate dalle parti sociali nell’ambito di accordi collettivi (art. 83.2) dello statuto del lavoratore.
A partire del 1996, questa opzione si è concretizzata con lo sviluppo degli “accordi per la risoluzione extra giudiziaria dei conflitti” (acuerdos para la resolucion extra judicial de los conflictos ASEC). Dal 1° gennaio 2012 è in vigore il V accordo di questo tipo valido fino al 31 dicembre 2016. Tuttavia, la piena efficacia di tali accordi è subordinata ad ulteriori accordi collettivi che le rendono applicabili a specifici settori o imprese. L’ultimo accordo prende il nome di ASAC acuerdo sobre la resolucion autonoma de conflictos.
13 The resolution of employment disputes in the UK - 2008
Nell’accordo del 1998 le parti sociali hanno deciso di istaurare un organo nazionale di mediazione e arbitrato chiamato “Servicio Interconfederal de Mediacion y Arbitraje” SIMA. Si tratta di un ente bilaterale la cui funzione è di amministrare e gestire il sistema extra giudiziario di risoluzione dei conflitti.
Per quanto riguarda le modalità utilizzate per la risoluzione extra giudiziaria dei conflitti, le parti sociali possono scegliere tra la mediazione o l’arbitrato. I mediatori e arbitri sono proposti dai sindacati e dai datori di lavoro e sono iscritti in un albo ufficiale. Le procedure previste nell’ambito degli accordi extra giudiziari dei conflitti sono molto flessibili e danno ampio spazio alla discrezionalità dell’arbitro nel decidere quali siano le procedure più opportune da seguire. La mediazione è obbligatoria quando almeno una delle parti la richiede, mentre è possibile appellarsi all’arbitrato soltanto quando entrambe le parti lo richiedano per iscritto. Inoltre, la convocazione formale di uno sciopero deve essere obbligatoriamente preceduta da una procedura di mediazione. La mediazione è gratuita e deve garantire l’equità processuale.
L’arbitrato è la procedura che consente alle parti di affidare ad un arbitro la negoziazione ed accettare in anticipo la soluzione proposta. Questa procedura richiede il consenso esplicito delle parti di sottoporsi alla decisione imparziale del arbitro che potrà farsi assistere da esperti. La procedura di arbitrato non deve essere necessariamente preceduta da quella della mediazione. Tuttavia, se una mediazione si conclude senza il raggiungimento di una soluzione, è possibile ricorrere a quella dell’arbitrato. La procedura di arbitrato deve essere presentata per iscritto presso il SIMA.
SVEZIA
Il conflitto di massima è risolto autonomamente tra le parti interessate. In caso di mancanza di accordo interviene l’Istituto per la Mediazione. Il documento Advantage Sweden (a vantaggio della Svezia) pubblicato recentemente dalla Svenskt Naringsliv (Confederazione dell’Imprenditoria Svedese), esplicita l’intento delle negoziazioni: tutte le parti coinvolte nel negoziato devono fare delle proposte che partano dal presupposto di essere a vantaggio sella Svezia e del suo sistema economico generale. Richieste contrarie all’interesse economico del Paese (es. opportunistiche o asservite ad interessi particolari) sono per loro stessa natura da condannare e rigettare in una negoziazione sui temi de Lavoro.
CONSULTAZIONE PREVENTIVA DELLE PARTI SOCIALI IN SEDE DI PROGRAMMAZIONE BELGIO
Nel sistema belga di relazioni industriali, la politica nazionale di concertazione si svolge all’interno di due organi nazionali: il Consiglio Nazionale del Lavoro e il Consiglio centrale dell'economia. Il Consiglio nazionale del lavoro è stato istituito con una legge del 29 maggio 1952. La sua composizione ed il suo funzionamento sono stati modificati recentemente dalla legge del 30 dicembre 2009. Il ruolo del CNT è molto rilevante nell’economia delle relazioni industriali del Belgio, potendo, accanto alla già citata funzione di concludere contratti collettivi interprofessionali, svolgere anche un ruolo propositivo e consultivo nei confronti del governo. Questa importanza del CNT ha un’origine storica ben precisa avendo ereditato i diversi poteri dei numerosi enti ed organizzazioni che si sono succeduti sin dalla fine del 1800.
I membri del governo e i rappresentanti del parlamento possono consultare – ed effettivamente consultano a vario titolo - il CNT/NAR su tutte le questioni in materia di diritto del lavoro, rapporti di lavoro e sicurezza sociale. È composto da 26 membri effettivi e 26 membri supplenti – più un Presidente – nominati in maniera paritaria dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, per un mandato, rinnovabile, di 4 anni. Di fatto, è all’interno del CNT che si sono prodotti quei patti sociali che nel corso del tempo hanno orientato la disciplina lavoristica e sociale belga.
Il CCE/CRB è composto da un numero uguale di rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, oltre a sei esperti indipendenti, ed ha un ruolo consultivo nei confronti del governo su tutte le questioni economiche e sociali. Il Consiglio è stato istituito con l'Organizzazione della Economy Act del 20 settembre 1948 ed è presieduto da un Presidente indipendente. Il Consiglio ha il compito di presentare al governo e/o al Parlamento, su loro richiesta o di propria iniziativa, pareri formali su questioni riguardanti l'economia nazionale. Le Regioni e le Comunità che, come è noto, hanno oramai competenze importanti in materia sociale si sono dotate anch’esse di organismi attraverso cui gli interlocutori sociali riescono a far sentire la loro voce sulle materie di competenza regionale.
In Vallonia a tale compito provvede il Comitato Economico e Sociale della Regione Vallone. A Bruxelles la concertazione si svolge in due organismi differenti: il Consiglio Economico e Sociale della Regione di Bruxelles-Capitale e – anche con la partecipazione di membri del governo regionale – nel Comitato brussellese di concertazione economico e sociale. Anche nelle Fiandre rispondono a tale esigenza due organismi: uno tra parti sociali, il Consiglio economico e sociale; l’altro tra parti sociali e governo, il Comitato di concertazione sociale ed economica. Contrariamente al CNT, gli organismi di concertazione regionale non hanno nella attuale legislazione la competenza per concludere accordi collettivi, tuttavia, nella pratica gli avvisi di questi consigli o comitati rappresentano spessissimo la ase per le decisioni dei governi regionali.
FRANCIA
Come è stato accennato, nel mese di luglio 2012 è stata organizzata la grande Conferenza sociale, che ha affrontato le seguenti tematiche tra governo e parti sociali al fine di condividere lo stato dell’arte e definire gli assi prioritari di riflessione e programmazione, tra cui:
L'occupazione
Il governo ha consultato alla fine dall'estate 2012 le parti sociali e gli attori locali sull'attuazione del piano “occupazioni per il futuro” (per proporre soluzioni d'occupazione ed aprire l'accesso ad una qualificazione ai giovani poco o non qualificati che non riescono a trovare un inserimento professionale) prima del disegno di legge depositato al Parlamento su iniziativa del Governo.
La formazione lungo tutto l’arco della vita
Sarà avviata una riflessione relativa al “conto individuale di formazione”14 da settembre 2012. Parallelamente, il Consiglio nazionale della formazione professionale si dedicherà alla “formazione iniziale differita”. Le sue conclusioni, portate a termine prima della fine del primo trimestre 2013, potrebbero dare luogo ad un testo d'orientamento presentato, per consultazione, alle parti sociali e consigli regionali alla primavera seguente.
Protezione sociale
L'Alto Consiglio del finanziamento della protezione sociale presenterà uno stato dell’arte delle fonti attuali di finanziamento del sistema di protezione sociale e della loro possibile diversificazione. La sua relazione, attesa per il primo trimestre 2013, fungerà da base alla concertazione tra il governo e le parti sociali. Il governo, inoltre si rivolgerà agli organismi di concertazione interessati per definire linee guida per una migliore regolazione delle spese. Sulla base di questi risultati, saranno proposti orientamenti in materia d'evoluzione delle spese e delle risorse della protezione sociale che saranno definiti nel quadro delle leggi di finanziamento della sicurezza sociale.
14 Il CIF permette a un lavoratore, nel corso della sua vita professionale, di seguire alla sua iniziativa ed a titolo individuale, delle azioni di formazione, indipendentemente dalla sua partecipazione ai tirocini compresi nel piano di formazione dell'impresa. Eccetto accordo su una durata più lunga, l'assenza non può essere superiore ad un anno per un tirocinio a tempo pieno o 1.200 per un tirocinio ad orario ridotto.
GERMANIA
Per quanto riguarda la programmazione delle politiche del lavoro occorre ricordare il ruolo dell’Agenzia Federale del Lavoro (BA) la quale è incaricata dal Ministero Federale del Lavoro e degli Affari Sociali dell’implementazione delle politiche del lavoro. Per la programmazione annuale, i vertici della BA si incontrano con il Ministero e concordano gli obiettivi e le priorità. Sulla base di queste linee guida programmatiche, la BA elabora un piano finanziario che deve essere approvato prima dal suo organo di controllo interno e poi ratificato dal Ministero, mentre la gestione dei fondi impiegati è controllata dalla Corte dei Conti.
Il consiglio di sorveglianza della BA è composto da un Presidente e un Vice-Presidente, 7 rappresentanti sindacali, 7 rappresentanti delle associazioni datoriali, 6 rappresentanti di ministeri federali e regionali e 1 rappresentante dell’Associazione nazionale dei Comuni o delle Province (a rotazione).
La composizione di quest’organo di controllo sottolinea il ruolo importante delle parti sociali nell’implementazione della politiche di lavoro. I suoi compiti includono, oltre all’approvazione del piano per l’anno successivo, l’approvazione del rendiconto di gestione annuale e il monitoraggio dei risultati, in termini di efficacia e sostenibilità economica.
È di sua competenza lo statuto della BA e la sua revisione, come in generale il controllo dell’operato dei vertici esecutivi. A questo scopo il Consiglio di Xxxxxxxxxxxx ha la facoltà di chiedere un controllo da parte dell’auditing interno. Inoltre può fare ricorso a esperti esterni per una revisione approfondita. Il Consiglio Direttivo ha inoltre l’obbligo di riferire regolarmente al Consiglio di Sorveglianza, e in modo immediato in caso di urgenza. I rappresentanti del Consiglio di Sorveglianza forniscono infine un lavoro di consulenza su questioni di mercato del lavoro.
ITALIA
La consultazione preventiva delle Parti sociali in sede di programmazione, presuppone un deterrente: lo sciopero. Con riguardo ad esso la Corte costituzionale è stata chiamata a presiedere, direttamente, al “terreno politico”. Fin dalle prime sentenze, la Corte ha bonificato le disposizioni del Codice Xxxxx riconducendo lo sciopero al principio della libertà di azione sindacale. Solo successivamente i giudici costituzionali hanno affermato la precettività dell’art.
40 Cost. Ciò è avvenuto quando hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme di legge che consideravano reato lo sciopero politico almeno quando questo fosse destinato alla realizzazione di interessi professionali ed economici.
La qualificazione dello sciopero come diritto affermata dall’art. 40 Cost. resta tuttavia in ombra forse perché i giudici costituzionali vollero evitare di essere costretti a definire gli incerti confini dell’oggetto di quel diritto. Resta il fatto che i giudici costituzionali hanno, poi, fatto di nuovo ricorso al principio della libertà sindacale quando hanno affermato la legittimità degli scioperi attuati a tutela di finalità diverse da quelle contrattuali. Legittimità argomentata con il rilievo di quella libertà e soprattutto del principio di uguaglianza sostanziale. Rilievo che ha portato ad escludere la punibilità penale persino dello sciopero puramente politico e degli scioperi di coazione alla pubblica autorità. La Corte si è fatta, così, interprete dello spirito dei tempi. Ha cioè, progressivamente legittimato la partecipazione del sindacato al potere politico dello Stato. Partecipazione non prevista dalla Costituzione che, invece, ripartisce e separa le competenze dei partiti e del potere politico dalle competenze del sindacato. L’esperienza della concertazione, infatti, è stata possibile soltanto perché le forze sindacali, se non fossero state coinvolte nell’individuazione degli obiettivi del governo dell’economia, avrebbero potuto ostacolare le iniziative legislative con l’esercizio dello sciopero politico o con una contrattazione collettiva “ribelle”. È però, singolare che i giudici costituzionali non si resero conto delle conseguenze che sarebbero derivate dall’affermata legittimità dello sciopero politico avendo ritenuto che questa affermazione non avrebbe “reso i sindacati partecipi del potere politico15”.
15 Ibidem nota 9
La partecipazione delle Parti sociali alla programmazione avviene attraverso, alcuni organi, tra i quali il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro - CNEL - previsto dall'articolo 99 della Costituzione. "Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge." Il CNEL è stato istituito dalla Legge n. 33 del 5 gennaio 195716.
PAESI BASSI
Il contributo delle parti sociali non comporta negoziati ma è limitato alla consultazione. Il governo olandese offre alle parti sociali la possibilità di fornire un feedback sulle proprie bozze programmatiche. Tuttavia, è il governo che ha la piena responsabilità per i contenuti dei piani e programmi nazionali.
Per quanto riguarda il Piano d'azione nazionale per l'occupazione (NAP), le parti sociali partecipano alla preparazione del piano annuale, attraverso l’organo bipartito STAR, che rilascia suggerimenti e pareri. In teoria, le parti sociali possono presentare una bozza di testo dei paragrafi per il piano. In pratica, il governo scrive una bozza che viene poi commentata dalle parti sociali.
Su iniziativa delle parti sociali, in particolare dei sindacati, la procedura di consultazione per il NAP è stata istituzionalizzata in seno a STAR, con la costituzione di un gruppo di lavoro sugli orientamenti in materia di occupazione. Questa istituzionalizzazione è stata ritenuta necessaria soprattutto a causa del breve lasso di tempo a disposizione; le parti sociali hanno bisogno di agire in anticipo per essere in grado di consultare la base e formulare pareri. Non è necessario che le parti sociali raggiungano un accordo unanime sul piano, le priorità e le posizioni spesso divergono tra di loro. Di solito il Ministero del Lavoro riceve documenti di posizione separati da parte delle organizzazioni sindacali e delle associazione datoriali. I datori di lavoro si consultano in sede di Consiglio delle Federazioni dei datori di lavoro (RCO). Si possono distinguere quattro ‘momenti’ generali di consultazione. Le parti sociali sono consultate in merito alla bozza e alla versione finale delle linee guida europee sull’occupazione, durante il processo di stesura del NAP e sulla bozza. Oltre alle principali organizzazioni sindacali e datoriali, altri attori coinvolti sono l'Associazione delle Municipalità (VNG) e diversi Ministeri (Affari Economici, Interni, Istruzione, Cultura e Scienze, Difesa).
Il NAP non contiene parti scritte dalle parti sociali, non è un testo redatto in comune con il governo, non porta la firma delle parti sociali. Queste possono commentare il progetto di testo, interamente o in parte, e i commenti possono essere dettagliati a loro scelta. La maggior parte delle divergenze di opinioni sono conosciute, accettate e non discusse nuovamente al momento della redazione del piano. Per questo motivo, fintanto che i contenuti del NAP non pregiudichino gli interessi delle parti sociali, queste accettano il testo del governo olandese come responsabilità del governo.
REGNO UNITO
Il ruolo dei sindacati in un mercato del lavoro molto flessibile e liberalizzato è marginale in termini non solo di contrattazione collettiva ma anche di definizione delle politiche; intervenendo soprattutto nella definizione delle linee di sviluppo dell’economia locale a livello di tavolo di contrattazione con le Agenzie di Sviluppo Regionale. Esiste una commissione tripartita nazionale per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro nella quale le parti sociali sono fortemente coinvolte e che lavora in modo trasversale a tutti i settori dell’economia, ma non ha
16 CNEL xxxx://xxx.xxxx.xx/00
Benchmarking sul dialogo sociale in Europa. Regolazione e strumenti pag.27
funzioni in materia di politiche attive del lavoro17. Nel Regno Unito non esiste pertanto un vero e proprio “masterplan” sulle politiche del lavoro nel quale risultano coinvolte le parti sociali. In materia di politiche di welfare però, esiste il Comitato Consultivo sulla Sicurezza Sociale (SSAC) che, come principale organo di consultazione sulle questioni sociali, detiene la missione e i relativi compiti in base alla Legge del 1992 sulla sicurezza sociale. Tra le principali responsabilità del Comitato vi è quella di formulare pareri al Dipartimento del Lavoro (DWP) su tutte le questioni inerenti la sicurezza sociale, con l’eccezione di quelle la cui competenza ricade su altri organi consultivi (ad esempio, con riferimento alle indennità per infortuni sul lavoro); predisporre un rapporto annuale sulle politiche sociali; analizzare e fornire risposte in base ai quesiti promossi dal Segretario di Stato per la sicurezza sociale. Esulano dalle competenze del Comitato temi quali le politiche di assistenza sanitaria, quelle educative e della formazione professionale, la contribuzione al Servizio Nazionale di Assicurazione.
La maggior parte delle disposizioni richiede quindi parere preventivo da parte del SSAC e, una volta formulato, deve essere predisposto il relativo rapporto al Parlamento contenente le raccomandazioni e il loro impatto sulla proposta di legge. Quando il Segretario di Stato decide di procedere nella predisposizione di emendamenti o regolamenti alle norme che disciplinano lo stato sociale, senza la consultazione preventiva del Comitato (spesso per questioni legate all’urgenza), esso predispone comunque un parere motivato.
Per quanto concerne le politiche legate alla formazione, non esiste alcuna forma di consultazione preventiva; il Dipartimento per l’Innovazione e le Competenze (BIS) viene però affiancato dalla “Skills Funding Agency”, agenzia esecutiva con il compito di formulare le specifiche priorità di intervento attraverso un documento annuale consegnato al Governo, denominato SIS.
SPAGNA
Il Consiglio Economico e Sociale costituito dalle Parti Sociali viene consultato dal Governo su rilevanti questioni di politica economica e sociale e in alcuni casi emette pareri vincolanti su materie tali come lo statuto del lavoro autonomo, la legge relativa all’informazione e consultazione dei lavoratori, le politiche attive del lavoro etc.
A partire del 2006 la parti sociali hanno firmato un protocollo mediante il quale, si è istaurato un dialogo tecnico relativo all’elaborazione del Programma Nazionale di Riforme (PNR). Questo documento programmatico stabilisce il quadro di riferimento per la politica socio-economica spagnola sul quale le parti sociali sono chiamate a formulare osservazioni prima della sua adozione o comunicazione alla Comunità Europea.
Nel mese di febbraio 2011, il Governo ha firmato con le parti sociali quello che è stato denominato il “grande accordo sociale contro la crisi” che affronta in modo consensuale riforme sociali importanti come la riforma del sistema pensionistico, le politiche attive del lavoro, la pubblica amministrazione, o ancora la riforma del sistema di contrattazione collettiva.
Nel PNR del 2011, il Governo sottolinea il ruolo importante delle parti sociali nell’attuazione del Programma in particolare nella prospettiva della Strategia Europa 2020 e reitera la sua intenzione di consultare gli attori sociali e le Comunità Autonome prima dell’adozione formale del programma.
SVEZIA
Il Piano Industriale del Paese è responsabilità governativa, in delegabile. Il Governo recepisce, ovviamente, visioni, suggerimenti ed interpretazioni settoriali, come “contributi” delle parti sociali. Annualmente (ma la cadenza può variare tra i 6 ed i 24 mesi, in funzione della volatilità dei mercati) vengono poi avviate le negoziazioni salariali a livello di singolo settore industriale. In genere i primi documenti ufficiali sono presentati alle controparti a Novembre/Dicembre per
17 xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/xxxxxx.xxxxxxx_0.xxx
chiudere le trattative a Marzo dell’anno successivo. Tradizionalmente il primo negoziato è quello del settore dell’acciaio, che fa anche da apripista agli altri in termini di richieste salariali. Questo ruolo è pubblicamente riconosciuto sia per la numerosità e peso delle parti negoziali, sia dall’impatto sulle esportazioni e sul PIL svedese.