FILIPPO INSINGA
XXXXXXX XXXXXXX
IL FALLIMENTO DEL CONDUTTORE NEL CONTRATTO DI LEASING: ASPETTI FINANZIARI E GIURIDICI
INDICE
pag.
0. INTRODUZIONE 2
1. IL CONTRATTO DI LEASING: ASPETTI GIURIDICI 3
2. ASPETTI METODOLOGICI SULLA DETERMINAZIONE DELLE RISPETTIVE RAGIONI DI CREDITO/DEBITO IN CASO DI RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DI LEASING TRASLATIVO 12
3. LA DETERMINAZIONE DEL TASSO DI RENDIMENTO FINANZIARIO DEL CONTRATTO DI LEASING 14
4. LA DETERMINAZIONE DEL CANONE PERIODICO DI LEASING CORRISPONDENTE AD UN TASSO DI RENDIMENTO EQUO 15
5. LA DETERMINAZIONE DELLE RAGIONI DI CREDITO/DEBITO 16
5.1 LA CORRETTA METODOLOGIA FINANZIARIA EX ART. 1526 C.C. 16
5.2. UN METODO EQUIVALENTE PER LA DETERMINAZIONE DEL DIFFERENZIALE NETTO EX ART. 72 QUATER
L.F. 18
6. CONFRONTO ANALITICO FRA LE DUE METODOLOGIE DI CALCOLO 20
7. CONCLUSIONI 22
INDICE DELLE TABELLE
Tabella 1 – Modello per il calcolo della quota di canone che remunera il godimento del bene e della quota che costituisce un’anticipazione del prezzo di acquisto del bene in un contratto di leasing. 8
Tabella 2 – Rappresentazione schematica dei flussi di cassa relativi ad un contratto di leasing nella prospettiva del conduttore. 14
Tabella 3 - Esempio di calcolo della ragione netta di credito/debito calcolata con i due metodi equivalenti. 21
INDICE DEI GRAFICI
Grafico 1 – Deprezzamento reale di un bene e deprezzamento implicito secondo il contratto di leasing. 8
Grafico 2 – Diagramma cronofinanziario dei flussi di cassa relativi ad un generico contratto di leasing. 14
Grafico 3 – Diagramma cronofinanziario per la determinazione del montante dei canoni pagati. 16
Grafico 4 - Rappresentazione schematica della perdita di valore L e degli interessi I, in funzione del tempo.
................................................................................................................................................................. 17
Grafico 5 - Diagramma cronofinanziario dei flussi di cassa, con evidenziate le epoche j e k. 19
JEL Classification: K35, G33
Key words: Contratto di leasing, risoluzione del contratto di leasing, fallimento del conduttore, metodi quantitativi per determinazione delle ragioni di credito/debito.
ABSTRACT
Questo studio si propone di sviluppare due distinti metodi di calcolo delle ragioni nette di credito/debito che sorgono all’atto della risoluzione di un contratto di leasing
finanziario per inadempimento dell’utilizzatore, dimostrando analiticamente la proprietà posseduta dai due metodi di addurre allo stesso risultato.
Per prassi giurisprudenziale consolidata il primo metodo (detto anche del montante delle rate pagate) viene utilizzato nel caso di leasing cd. traslativo, il cui contratto è assimilato a quello di vendita con patto di riservato dominio. Tuttavia, è molto importante osservare che il secondo metodo (denominato anche del valore attuale delle rate non pagate), a seguito della riforma della Legge Fallimentare (D. Lgs. N. 5/2006), deve essere applicato in tutti i casi di scioglimento del contratto (art. 72 quater, comma 2) dovuto al fallimento dell’utilizzatore. Inoltre, tale metodo può utilmente guidare il curatore nella decisione se sciogliersi o subentrare nel contratto.
A questo scopo vengono rivisitati i principali profili giuridici del contratto di leasing, dimostrando analiticamente che il canone periodico di un generico leasing traslativo incorpora, oltre alla reintegrazione (secondo logiche di deprezzamento economico) e alla remunerazione del capitale investito, anche una terza componente che rappresenta l’anticipazione del prezzo di acquisto, che distingue nettamente questa figura dal contratto di mutuo, dove tale componente non esiste in quanto il bene è già di proprietà del mutuatario e ad evidenza il suo acquisto è stato finanziato attraverso il mutuo. In questo caso non vi è nessun nesso tra la durata del prestito e la vita economico-tecnica del bene. Infatti, la durata del prestito attiene alla sfera finanziaria della gestione aziendale, mentre la vita economico-tecnica del bene riguarda la gestione economica connessa all’utilità che il bene fornirà nel futuro fino al raggiungimento del suo orizzonte economico1.
0. Introduzione
L’obiettivo fondamentale di questo studio consiste nell’analizzare e mettere a punto due distinti metodi di calcolo delle ragioni nette di credito/debito che sorgono all’atto della risoluzione di un contratto di leasing finanziario. A tale scopo sarà necessario esaminare criticamente le diverse fattispecie che possono assumere i contratti di leasing onde focalizzarne le principali caratteristiche economico-finanziarie e la connessa qualificazione giuridica. Il contratto di leasing, com’è noto, non è espressamente disciplinato dal codice civile, essendo di derivazione della common law e presenta i caratteri della vendita con patto di riservato dominio, della locazione e del mutuo, anche se non si confonde con nessuna di queste figure contrattuali.
In particolare questo studio è rivolto ai curatori fallimentari ed ai commissari giudiziali quando devono gestire contratti di leasing riguardanti le aziende assoggettate ad una procedura concorsuale. In caso di risoluzione del contratto di leasing, se questo è di tipo traslativo, si applica l’art. 1526 c.c. ed in tale ambito verranno sviluppate le metodologie quantitative che consentono di definire le componenti che determinano le rispettive ragioni di credito/debito del locatore e del conduttore, nonché la convenienza economica da parte della procedura a subentrare in un contratto di leasing, qualora il contratto non sia ancora stato risolto.
Inoltre, al fine di applicare uno schema giuridico uniforme che eviti di dover preliminarmente discriminare tra leasing traslativo e di godimento, spesso oggetto di contestazioni ed impugnazioni, il legislatore all’art. 72 quater, comma 2, del D.Lgs. n° 5/2006 stabilisce che “in caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla
1 La problematica della vita di un impianto con tecnologia matura (ad esempio impianti di generazione termoelettrica, impianti di trasformazione del livello di tensione, apparecchiature per l’illuminazione, automezzi, ecc) ha delle evidenti analogie logiche con la determinazione della vita media umana; entrambi i fenomeni sono di natura statistico-attuariale. Per un’analisi dei metodi impiegati per la determinazione delle funzioni di sopravvivenza dei beni strumentali cfr. X. Xxxxxxx, “Considerazioni sul metodo dell’ammortamento statistico” in: Problemi di gestione dell’impresa, Università Xxxxxxxxx xxx X.X., Xxxxxx, 0000, n. 6-7, pp. 109÷131.
restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza tra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso rispetto al credito residuo in linea capitale”. Il tal modo il legislatore ha inteso risolvere in modo innovativo la vexata quaestio relativa alla qualificazione del contratto di leasing (di godimento o traslativo?), atteso che la nuova disciplina prescinde da tale qualificazione2.
Tuttavia, è molto importante rilevare fin d’ora che, sotto il profilo della quantificazione della ragione netta di credito/debito, il risultato finale a cui si perviene applicando i due schemi giuridici è il medesimo3.
Infine, la procedura di calcolo descritta potrà essere applicata anche al di fuori delle procedure concorsuali, laddove si debba calcolare il costo equo dello scioglimento del contratto di leasing nel caso di riscatto anticipato del bene.
1. Il contratto di leasing: aspetti giuridici
La qualificazione della natura giuridica del contratto di leasing è essenziale, atteso che la legge fallimentare disciplina in modo distinto i diversi rapporti giuridici sorti in forza di contratti posti in essere prima della dichiarazione di fallimento (artt. 72÷83 L.F.4).
In senso tecnico si distingue in leasing finanziario ed in leasing operativo.
Il leasing finanziario è un'operazione mediante la quale il locatore (intermediario finanziario-società di leasing) fa costruire ed acquista beni mobili o immobili su scelta ed indicazione del conduttore (utilizzatore del bene) con l'opzione concessa a quest'ultimo di divenire proprietario dei beni alla scadenza del contratto dietro versamento di un prezzo di riscatto prestabilito. Il conduttore si impegna a corrispondere alla società di leasing un determinato numero di canoni periodici per un ammontare complessivo superiore al costo iniziale del bene.
Il leasing operativo si può considerare come un contratto di noleggio di beni strumentali aventi caratteristiche standardizzate e soggetti a rapida obsolescenza (computers, fotocopiatrici, ...). Generalmente è di breve durata (1-2 anni) e non contempla la possibilità di riscatto del bene da parte del conduttore alla scadenza del contratto.
In questa forma di leasing i soggetti contraenti il contratto sono due: il produttore- distributore del bene strumentale e l'utilizzatore di tale bene. Il canone di locazione può incorporare tutti i servizi collaterali connessi all'uso del bene, quali, ad esempio, la manutenzione e l'assistenza tecnica.
Per il diritto italiano il leasing è un contratto atipico o innominato nel quale si rinvengono caratteristiche della vendita con riserva di proprietà, della locazione e di un contratto di finanziamento, benché il leasing non coincida con nessuno di questi schemi concettuali. Ne consegue che anche la Legge Fallimentare non disciplina espressamente il contratto di leasing e quindi la giurisprudenza ha dovuto applicare le varie norme per analogia.
La Suprema Corte (Cass. 28.10.1983, n. 6390, in Foro It., 1983, I, pag. 2990) dà la seguente definizione del contratto di leasing: “nel contratto di leasing una parte concede all’altra il godimento di un bene dietro corresponsione di un canone periodico determinato; al termine del periodo di godimento, è prevista in via alternativa ed a favore della parte che ha ricevuto il godimento, la restituzione del bene o l’acquisto di esso per una somma residua predeterminata”.
2 La giurisprudenza (Tribunale di Monza) talvolta assimila il contratto di leasing a quello di mutuo.
3 Come verrà dimostrato analiticamente all’interno di questo studio.
4 Tali articoli sono stati sostituiti dagli artt. 57÷69 del D.Lgs. n. 5/2006. Si osservi tuttavia che ai sensi dell’art. 150 di tale decreto, la nuova disciplina si applica solo ai fallimenti ed ai concordati fallimentari i cui ricorsi sono stati depositati dopo l’entrata in vigore del decreto.
Un primo problema che si è presentato alla dottrina ed alla giurisprudenza ha riguardato l’applicabilità ai contratti di leasing dell’art. 80 della L.F. che disciplina il contratto di locazione.
Per dare risposta a tale quesito è stato necessario distinguere due fattispecie assai diverse sotto il profilo giuridico di leasing:
a) di godimento
b) traslativo (o di trasferimento)
La prima qualificherebbe il contratto di leasing come un contratto di finanziamento e più in generale un contratto ad esecuzione continuata e periodica e dunque vi troverebbero applicazione sia l’art. 1458 C.C., sia l’art. 80 L.F., mentre la seconda configura un contratto avente come causa la traslazione della proprietà del bene e quindi, per analogia, si applicherebbe la normativa della vendita con riserva di proprietà disciplinata dagli artt. 1523÷1526 del C.C. e dagli artt. 72 e 73 L.F.
La Corte di Cassazione, con numerose sentenze ha consolidato il proprio indirizzo di separazione tra le due figure di leasing suddette5. Nel seguito vengono sintetizzate le caratteristiche che, secondo la S.C., contraddistinguono il leasing di godimento da quello di trasferimento.
a) Il leasing di godimento
Il leasing di godimento è un contratto “mediante il quale una società finanziaria acquista, per conto di un’impresa industriale o commerciale, un bene a questa necessario per lo svolgimento del proprio processo produttivo, ed alla stessa lo cede in godimento per un periodo in genere corrispondente all'intera utilità economica del bene medesimo (cass. civ., 6.05.1986, n. 3023, in Il Fallimento 1986, pag. 1198)”.
A questa definizione si collegano i principi statuiti dall’art. 1458 del C.C. per i contratti ad esecuzione continuata e periodica secondo cui:
• nei contratti ad esecuzione continuata e periodica l’effetto retroattivo della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite;
• la risoluzione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi.
Ne consegue che in caso di risoluzione del contratto, il conduttore (e per lui il curatore del fallimento) ha l’obbligo di restituire il bene, ma non il diritto ad ottenere la restituzione delle rate pagate al lessor (concedente proprietario del bene).
La Suprema Corte recentemente ha dato la seguente definizione di leasing di godimento:
…“l’utilizzazione della “res” da parte del concessionario dietro versamento dei canoni all’uopo previsti si inquadra, secondo la volontà delle parti, in una funzione di finanziamento a scopo di godimento del bene per la durata del contratto, conforme alla potenzialità economica del bene stesso, onde i canoni costituiscono esclusivamente il corrispettivo di tale godimento (Cass. 13.12.1989, n. 5569, in Il Fallimento 1990 pp. 266 e ss.)”.
Quindi, le caratteristiche fondamentali del contratto di leasing di godimento sono le seguenti:
❑ la durata del contratto coincide con la vita economico-tecnica del bene;
❑ il prezzo di riscatto alla fine del contratto (composto di quota capitale + quota interessi) e il valore residuo del bene sono entrambi irrisori;
❑ il canone rappresenta la reintegrazione del valore del bene (quota capitale) dovuta alla perdita di valore che lo stesso subisce per effetto dell’uso e/o del semplice decorso del tempo e la remunerazione del capitale residuo investito, comprensivo dell’utile per attività imprenditoriale (quota interessi);
5 Cfr. sentenze n. 6357/1991, n. 7556/1992, n. 8454/1992, n. 65/1993 (a S.U.), n. 2743/1994, n. 7169/1995.
❑ il canone è legato solo al godimento del bene e non incorpora ratei di prezzo connessi al trasferimento della proprietà per pagamenti che eccedono le due suddette componenti (quota capitale e quota interessi).
Solo a questa fattispecie di leasing è applicabile l’art. 1458 c.c. e quindi in caso di risoluzione del contratto la società di leasing non è obbligata a restituire all’utilizzatore i canoni già riscossi, mentre ha il diritto di ottenere la restituzione del bene.
L’applicazione di questa norma si giustifica col fatto che il canone di leasing costituisce il corrispettivo di un servizio prestato e completamente usufruito all’atto del suo godimento.
Pertanto, lo scioglimento di tale contratto da parte del curatore farebbe sorgere solo l’obbligo alla restituzione del bene alla società concedente, senza alcuna contropartita per il fallimento.
Va rilevato che molto spesso nei contratti di leasing è contenuta una clausola la quale prevede, nel caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, che alla società di leasing siano dovuti non solo i canoni scaduti e non pagati, ma anche tutti o parte di quelli residui che scadranno nel futuro. Va da sé che qualora tali canoni ancora da scadere siano significativi per numero e/o entità, la società di leasing conseguirebbe un ingiustificato arricchimento. Al riguardo si osservi che la giurisprudenza ha qualificato tale clausola come clausola penale, in quanto volta a forfettizzare il risarcimento del danno subito dalla società di leasing a causa della mancata completa esecuzione del contratto in conseguenza dell’inadempimento del conduttore e pertanto il Giudice, ai sensi dell’art. 1384 C.C., può operare una riduzione in via equitativa dell’importo risultante dall’applicazione della clausola penale superando così la previsione contrattuale.
Ne discende che, anche nel caso di leasing di godimento, il curatore deve controllare se l’importo richiesto dalla società di leasing in sede di verificazione dello stato passivo fallimentare (o eventualmente nell’importo che la società di leasing si è fatta pagare prima del fallimento a seguito della risoluzione del contratto) comprende solo i canoni maturati fino alla risoluzione o anche i canoni successivi. Nella seconda ipotesi, il Curatore in sede di verifica dello stato passivo può chiedere al Giudice l’esercizio del potere di riduzione equitativa ai fini della determinazione del quantum da ammettere al passivo fallimentare, tenendo conto al riguardo anche del tempo intercorso tra la risoluzione del contratto e l'effettiva restituzione del bene, nonché della componente di lucro cessante con riferimento alla mancata completa esecuzione del contratto.
Questa figura di leasing di godimento, con una funzione eminentemente finanziaria, nasce dall’incontro della volontà della società di leasing volta all’impiego di capitali, dei quali deve assicurarsi la reintegrazione e remunerazione e quella dell’imprenditore che vuole mantenere costante l’aggiornamento tecnologico della propria impresa pur in carenza dei capitali necessari per l’investimento nei beni strumentali che consentono tale aggiornamento. Essa può manifestarsi nel settore dei beni strumentali soggetti ad un’evoluzione tecnologica rapida e difficilmente prevedibile circa il suo sviluppo futuro (ad esempio i settori dell’Information and Communication Technology e quello delle macchine utensili associate alla robotica e all’automazione). In tale contesto, l’imprenditore finanziato ha interesse all’utilizzazione immediata di beni strumentali alla sua impresa che risultino tecnologicamente evoluti e adeguati alle sue esigenze, mentre non ha interesse al loro acquisto immediato né ad impegnarsi per un acquisto futuro (mediante il leasing traslativo) di un bene che al termine del convenuto periodo di utilizzazione potrebbe non avere alcuna utilità economica e per conseguenza nessun valore di scambio nel mercato.
b) Il leasing traslativo
Nozione e disciplina
Se il bene oggetto del contratto è di natura tale da consentire ab origine la previsione di poter fornire utilità economica e quindi un valore di mercato apprezzabilmente superiore al prezzo di riscatto e la durata del contratto è sensibilmente inferiore alla prevedibile vita economico-tecnica del bene, allora ci troviamo di fronte alla figura del leasing traslativo.
Questa figura di leasing traslativo, la cui causa sottostante è volta all’acquisto del bene, nasce quando le parti nella previsione negoziale del pagamento rateale del prezzo di un bene, consentono all’utilizzatore di esprimere la volontà di acquisto del bene al termine del rapporto. Essa è assai frequente e può constatarsi nel settore dei beni strumentali con tecnologia matura e quindi senza apprezzabili rischi di obsolescenza. Tipici sono i beni standardizzati prodotti in serie quali, ad esempio, gli autoveicoli e i mezzi di trasporto in generale, per i quali si ha spesso un largo mercato dell’usato con listini prezzi pubblicizzati, con criteri tecnici di determinazione dei tassi di deprezzamento del bene in funzione del tempo, i quali vengono largamente impiegati dalle società di assicurazione per le valutazioni degli indennizzi, nonché i manufatti del settore dell’edilizia. In tale contesto, l’imprenditore finanziato ha interesse ad impegnarsi per un acquisto futuro (mediante il leasing traslativo) di beni strumentali alla sua impresa, beni che al termine del convenuto periodo di utilizzazione contrattuale avranno ancora una rilevante utilità economica e per conseguenza un apprezzabile valore di scambio nel mercato, certamente assai maggiori del pattuito valore di riscatto. Un altro settore tipico del leasing traslativo è quello immobiliare caratterizzato da una lunga vita utile del bene alla quale si associa una durata contrattuale assai minore.
Da queste premesse è agevole dedurre che la soluzione del problema dell’attribuzione della qualifica a un contratto di leasing si deve basare sull’accertamento delle concrete caratteristiche del singolo rapporto, tenendo presente che la prassi negoziale, accanto all’ipotesi del leasing di godimento, nel quale il canone assume la funzione di corrispettivo del godimento del bene per il corrispondente periodo di tempo di utilizzo del bene, ha introdotto sempre più frequentemente, con riferimento alle cose che conservino alla scadenza del contratto un valore residuo apprezzabile e comunque non coperto dalla somma contemplata per l’opzione di acquisto, una fattispecie di locazione (leasing traslativo) connotata dall’attribuzione al canone medesimo anche della finalità di anticipazione rateizzata del prezzo del successivo trasferimento, con la conseguente relegazione del quantum pattuito per quell’opzione a semplice rata finale o saldo del prezzo stesso.
Le caratteristiche essenziali di questa figura di leasing, che si può qualificare “traslativo”, sono (CASS. 13.12.1989, N. 5573):
1. il finanziamento è finalizzato all’acquisto del bene;
2. il contratto ha per oggetto beni durevoli la cui vita economico-tecnica è significativamente maggiore di quella del contratto;
3. alla scadenza del contratto il bene conserva un elevato valore residuo;
4. il prezzo fissato per l’esercizio dell’opzione di acquisto, per converso, è irrisorio se rapportato al valore reale del bene all’atto dell’opzione;
5. il canone periodico pagato al concedente, per la mancata coincidenza tra la durata del contratto e la vita economico-tecnica del bene, incorpora una componente per il pagamento del prezzo di acquisto del bene; altrimenti tale canone sarebbe sproporzionato al costo della mera utilizzazione del bene.
La natura del leasing traslativo è dunque assimilabile alla somma di un contratto di vendita con riserva di proprietà e di un contratto ad opzione a favore del compratore locatario.
Così delineata nei suoi aspetti strutturali e funzionali la figura di leasing traslativo, è facile identificare la sua analogia con la vendita con riserva di proprietà. In entrambi i
casi vi è la stessa funzione socio-economica diretta all’acquisto del bene al termine del rapporto contrattuale mediante il pagamento rateale del prezzo di tale bene, con espressa volontà di acquisto del bene al termine del rapporto nel caso del leasing traslativo, e all’inizio nel caso della vendita con riserva di proprietà, ma condizionando il verificarsi dell’effetto reale al pagamento dell’intero prezzo.
Pertanto, se uno specifico rapporto contrattuale di leasing presenta queste caratteristiche, in caso di risoluzione di tale rapporto per inadempimento del locatario si devono applicare in via analogica le norme che disciplinano la vendita con riserva di proprietà (artt. 1523÷1526 c.c.). Infatti, in tale caso, in materia di risoluzione con patto di trasferimento della cosa locata, l’art. 1526 c.c.6, che è norma speciale, prevale sulle comuni disposizioni in tema di risoluzione per inadempimento del contratto a prestazioni corrispettive (art. 1458, comma 1, c.c.) laddove si stabilisce che la risoluzione, nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, non si estende alle prestazioni già eseguite in precedenza, con la conseguenza che permane il diritto di ottenere quelle somme relative a prestazioni già godute dal debitore inadempiente.
La Cassazione, nella citata sentenza n. 5573/1989, così motiva l'applicazione analogica del contratto di vendita con riserva di proprietà al contratto di leasing traslativo:
• in entrambi i tipi di contratti la causa contrattuale è costituita dalla funzione diretta all'acquisizione del bene; la funzione di finanziamento connessa alla figura di leasing in parola è parallelamente individuabile nelle fattispecie previste dall'art. 1526 C.C.;
• essenzialmente, la suddetta tipologia di leasing ha lo scopo di far acquistare la proprietà del bene analogamente alla vendita con riserva di proprietà;
• in entrambi i casi il rischio di perimento della cosa è a carico dell'utilizzatore. Infatti, per la vendita con riserva di proprietà vige quanto disposto dall'art. 1523
C.C. “ il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna”. Analoga disposizione negoziale esiste per i contratti di leasing traslativo. Invece, nei contratti con preminente funzione di godimento del bene, la responsabilità della perdita di tale bene deve essere collegata ad una situazione di colpa (art. 1588 c.c. per la locazione; art. 1805 c.c. per il comodato).
• nel leasing traslativo di norma vengono attribuite all'utilizzatore le facoltà per l'esercizio di azioni che normalmente spettano al proprietario della cosa.
In applicazione di questi principi, una successiva sentenza della Suprema Corte ha ulteriormente chiarito la definizione di leasing traslativo (Cass.Civ. II Sez. 5/6/91 n. 6357, in Il Fallimento 1992, p. 129): “Con riguardo al contratto di locazione finanziaria o “leasing”, e per il caso in cui il bene ceduto conservi alla scadenza del rapporto un valore residuo superiore al prezzo d'opzione, si deve ritenere applicabile, a seguito di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, la norma dell'art. 1526 c. 2 del C.C., con la consequenziale possibilità di escludere in parte il diritto del cedente di acquisire i canoni pagati, considerato che, in detta ipotesi, a differenza di quanto si verifica nel leasing cosiddetto di godimento, i canoni medesimi non si esauriscono nel corrispettivo dell'uso del bene, ma si traducono parzialmente in un versamento rateale del prezzo, rendendo così operativa, in via analogica, la citata disposizione”.
In conclusione, se alla fine del contratto il bene ha un valore residuo molto maggiore del prezzo di riscatto dello stesso, ci si trova di fronte ad un contratto di leasing traslativo. Ciò
6 Art. 1526 C.C. – Risoluzione del contratto. – Se la risoluzione del contratto ha luogo per inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno.
ha luogo sistematicamente quando la durata del contratto di leasing è inferiore alla vita economico-tecnica del bene (condizione assai frequente nella prassi).
Per illustrare questo fenomeno si consideri il seguente Grafico 1, i cui valori (parametri e risultati) sono esposti in Tabella 1. Si osservi che all’epoca 10 (quando viene esercitato il diritto di opzione di acquisto) il valore “reale” del bene è di 500 k€, mentre il suo prezzo di riscatto è pari a 10 k€7. Ne consegue che il canone periodico corrisposto incorpora, oltre alla reintegrazione (quota capitale) e remunerazione (quota interessi) del capitale investito, anche un’anticipazione del prezzo di acquisto che si perfeziona al momento dell’opzione, come analiticamente calcolato nell’ultima colonna dalla Tabella 1. Ne discende che nel caso in cui la durata del contratto è sensibilmente inferiore alla vita economico-tecnica del bene il canone periodico incorporerà sempre anche un’anticipazione del prezzo di acquisto. Tale fenomeno distingue radicalmente il contratto di leasing dal contratto di mutuo, nel quale la rata di rimborso del prestito si compone solamente di quota capitale e quota interessi8, atteso che il bene è già di proprietà del mutuatario e non vi è alcuna anticipazione del prezzo di acquisto. Sotto il profilo economico, il bene viene altresì ammortizzato da parte del mutuatario, mentre nel caso di leasing l’ammortamento del bene è effettuato dal locatore.
Il tasso implicito (semestrale ad annuale) è calcolato elaborando i dati esposti nella colonna CFN, applicando gli algoritmi dimostrati in cap. 3.
Grafico 1 – Deprezzamento reale di un bene e deprezzamento implicito secondo il contratto di leasing.
Tabella 1 – Modello per il calcolo della quota di canone che remunera il godimento del bene e della quota che costituisce un’anticipazione del prezzo di acquisto del bene in un contratto di leasing.
PARAMETRI INIZIALI | |
Costo iniziale del bene (k€) | 1000,00 |
durata contratto (anni) | 5 |
vita economica (anni) | 10 |
maxicanone iniziale (k€) | 100,00 |
valore riscatto finale (k€) | 10,00 |
7 Inferiore quindi di quasi due ordini di grandezza rispetto al valore “reale”.
8 In modo tale che la loro somma attualizzata con il tasso convenuto è esattamente uguale alla somma data a prestito.
n° canoni semestrali | 10 | |||||||
tasso semestrale di interesse - attualizzazione (%) | 3,97% | |||||||
tasso annuale di interesse - attualizzazione (%) | 8,10% | |||||||
sem. | Introiti (k€) | Esborsi (canoni) (k€) | CFN (k€) | Quota interessi (k€) | Quota cap (k€) | Depr. fin bene (k€) | Depr. reale bene (k€) | Anticipaz. Prezzo (k€) |
0 | 1000 | -100 | 900 | - | - 100,00 | 900,00 | 1000 | - 100,00 |
1 | -110 | -110 | - 35,74 | - 74,26 | 825,74 | 950 | - 24,26 | |
2 | -110 | -110 | - 32,79 | - 77,21 | 748,53 | 900 | - 27,21 | |
3 | -110 | -110 | - 29,72 | - 80,28 | 668,26 | 850 | - 30,28 | |
4 | -110 | -110 | - 26,54 | - 83,46 | 584,79 | 800 | - 33,46 | |
5 | -110 | -110 | - 23,22 | - 86,78 | 498,01 | 750 | - 36,78 | |
6 | -110 | -110 | - 19,78 | - 90,22 | 407,79 | 700 | - 40,22 | |
7 | -110 | -110 | - 16,19 | - 93,81 | 313,99 | 650 | - 43,81 | |
8 | -110 | -110 | - 12,47 | - 97,53 | 216,45 | 600 | - 47,53 | |
9 | -110 | -110 | - 8,60 | - 101,40 | 115,05 | 550 | - 51,40 | |
10 | -110 | -110 | - 4,57 | - 105,43 | 9,62 | 500 | - 55,43 | |
11 | -10 | -10 | - 3,48 | - 6,52 | - | 450 | 43,48 | |
TOT. | 1000 | -1210 | -210 | -213,10 | -996,90 | -446,90 |
Le scelte del curatore
Alla data della sentenza di fallimento il curatore può trovarsi di fronte a due situazioni radicalmente diverse:
1. contratto di leasing in corso di esecuzione;
2. contratto di leasing già risolto per inadempimento dell’utilizzatore.
Si osservi che affinché si cada nella seconda ipotesi non è sufficiente il pregresso inadempimento dell’utilizzatore, ma occorre che la società di leasing abbia manifestato per iscritto di avvalersi della clausola risolutiva espressa sempre presente nei contratti di leasing. In mancanza della prova di tale dichiarazione avente data certa, il contratto di leasing deve essere ritenuto dal curatore non ancora risolto.
Ciò premesso, nel caso in cui il contratto non sia ancora risolto, ancorché eventualmente in presenza di pregresso inadempimento dell’utilizzatore, il curatore può scegliere tra il subentro o lo scioglimento dal contratto ex artt. 72 e 73 della L.F.;
a) se subentra (il che eventualmente si verificherà normalmente quando i canoni residui impagati costituiscono una parte modesta rispetto a tutti i canoni contemplati nel contratto), il contratto prosegue regolarmente, con l'obbligo per la procedura di effettuare in prededuzione i pagamenti pattuiti che maturano dopo la dichiarazione di fallimento;
b) se recede dal contratto, il fallimento che restituisce il bene ha diritto alla restituzione dei canoni, ma al contempo al concedente deve essere riconosciuto un equo compenso.
Nel caso in cui il contratto sia già risolto, oppure il curatore abbia deciso di recedere, la società di leasing ha diritto alla restituzione del bene, qualora questo non gli sia già stato restituito, ma il curatore deve calcolare, traslato alla data del fallimento, il differenziale tra il montante dei canoni pagati e l’equo compenso determinato ai sensi dell’art. 1526 C.C.
Quando il risultato di tale operazione è positivo, la società di leasing non ha diritto ad insinuarsi nel passivo fallimentare, e deve invece restituire al fallimento tale differenziale diminuito eventualmente, laddove vi sia la prova del danno (come ad esempio nel caso di lucro cessante), di un quantum a titolo di risarcimento del danno.
Se invece detto differenziale è negativo, la società di leasing ha diritto, oltre alla restituzione del bene, ad insinuarsi per tale differenza nel passivo del fallimento, eventualmente maggiorato di un quantum a titolo di risarcimento del danno.
E’ molto importante rilevare che il curatore dovrà effettuare tale verifica non solo con riferimento ai contratti per i quali la società di leasing chiede l’ammissione al passivo fallimentare o comunque la restituzione del bene, ma anche a tutti i contratti di leasing che negli anni precedenti la dichiarazione di fallimento sono stati stipulati e non si sono conclusi con il riscatto del bene da parte dell’utilizzatore (posto che nei contratti di leasing traslativo questo è l’esito normale del rapporto contrattuale).
Il curatore deve quindi individuare risalendo negli anni, sulla base delle scritture contabili, tutti i contratti risolti per inadempimento dell’utilizzatore e calcolare la differenza tra il montante dei canoni pagati e l’equo compenso all’epoca della risoluzione del contratto e, nel caso di risultato positivo, agire nei confronti della società di leasing per la restituzione dell’importo.
Il curatore deve peraltro porre attenzione anche a quei contratti di leasing traslativo per i quali non si è avuta risoluzione, ma l’utilizzatore non ha riscattato il bene, benché il suo valore di mercato fosse assai maggiore del canone di riscatto. Laddove non venga fornita una plausibile spiegazione tecnico-economica di tale decisione palesemente antieconomica, è evidente che gli amministratori della società utilizzatrice hanno posto in essere una condotta che ha depauperato la società stessa, con conseguente loro responsabilità civile per mala gestio9.
Sia nel caso in cui vi sia stata una risoluzione del contratto di leasing traslativo per inadempimento dell’utilizzatore con incameramento da parte della società di leasing di tutti i canoni pagati dall’utilizzatore (senza quindi la restituzione a quest’ultimo dell’eccedenza di questi ultimi rispetto all’equo compenso), sia nel caso di mancato riscatto del bene, potrebbero emergere a carico degli amministratori della società fallita anche dei profili di responsabilità penale per bancarotta per distrazione, qualora risultasse che il bene sia successivamente confluito (attraverso eventualmente la stipula di un nuovo contratto di leasing) nel patrimonio di altre società facenti capo agli stessi soggetti che controllano l’utilizzatrice o a persone ad essi collegate.
Clausola penale
Anche nei contratti di leasing traslativo è contenuta spesso la clausola, già vista con riferimento al leasing di godimento, che attribuisce al locatore il diritto, nel caso di risoluzione del contratto, di trattenere i canoni pagati e di riscuotere tutti i canoni scaduti prima della risoluzione del contratto, nonché tutti o parte dei canoni successivi a tale risoluzione scadenti fino alla fine del contratto.
Come già detto tale clausola è da qualificarsi come clausola penale e quindi il Giudice Delegato del fallimento o eventualmente il Giudice Istruttore della causa eventualmente instaurata dal curatore in sede civile ordinaria opererà la riduzione equitativa della penale ai sensi dell’art. 1384 del C.C. A tal fine è opportuno che il curatore predisponga come parametro di riferimento il calcolo dell’equo compenso e dell’eventuale risarcimento del danno.
In alcuni casi, invece, il contratto prevede che la Società di leasing, a seguito della risoluzione del contratto, proceda alla ricollocazione sul mercato del bene con conseguente detrazione dell’importo realizzato dall’ammontare complessivo attualizzato dei canoni
9 Ciò, ad esempio, ha luogo quando il fallito o gli amministratori della Società fallita fanno riscattare il bene da un soggetto diverso dal conduttore, facendo in tal modo beneficiare un soggetto estraneo al rapporto contrattuale originario che così fruisce impropriamente delle anticipazioni di prezzo fatte dalla fallita.
scaduti e a scadere, compreso il valore di riscatto finale, oppure con versamento dell’eventuale differenza all’utilizzatrice. Anche questo tipo di clausola può in realtà determinare un ingiustificato depauperamento patrimoniale dell’utilizzatrice in quanto ogni qualvolta il valore di mercato del bene si prospetta maggiore della sommatoria attualizzata dei canoni (scaduti e a scadere), la Società di leasing non ha alcun effettivo interesse a trovare una collocazione del bene economicamente ottimale. È pertanto necessario, anche in questo caso, che il curatore richieda l’applicazione dell’art. 1526 c.c., determinando il valore del bene mediante una perizia asseverata.
Nel seguito viene descritta la metodologia economico-finanziaria da applicare per motivare quantitativamente la decisione se subentrare o sciogliersi dal contratto.
Se il contratto di leasing viene analogicamente assimilato al contratto di vendita con riserva di proprietà, l'algoritmo decisionale sarà costituito dalla somma algebrica tra il montante dei canoni pagati che il concedente deve restituire al fallimento e l'equo compenso (costituito dalla perdita di valore del bene più la remunerazione ad un tasso congruo dell'investimento effettuato dal concedente) che il fallimento deve corrispondere al concedente.
Se il contratto di leasing viene analogicamente assimilato al contratto di mutuo, l'algoritmo decisionale sarà costituito dalla somma algebrica tra l'importo realizzabile attraverso la vendita del bene ed il valore attuale dei pagamenti da effettuare alla società di leasing per poter acquisire la proprietà del bene.
Va da sé che in entrambi i casi la regola decisionale di convenienza economica per il curatore a scegliere il subentro o lo scioglimento impone che la corrispondente cifra di merito ottenuta sia positiva.
Infine, verrà dimostrato che il primo o il secondo algoritmo danno luogo allo stesso risultato finale.
Il subentro da parte del curatore
La dicotomia tra leasing di godimento e leasing traslativo è giuridicamente irrilevante nel caso in cui il curatore decida di subentrare nel contratto di leasing. Infatti, in base ai principi generali, il contratto di leasing rimane sospeso dalla data di dichiarazione del fallimento dell'utilizzatore del bene fino al momento in cui il curatore, debitamente autorizzato dal Giudice Delegato previo parere del Comitato dei Creditori, subentra nel rapporto contrattuale sospeso fino a quella data10. In questo caso il contratto riprende ad esplicare i propri effetti come se non si fosse mai interrotto. In particolare, il curatore:
• deve pagare in prededuzione tutte le rate scadute dopo la data della sentenza di fallimento;
• deve pagare in prededuzione tutte le rate non scadute alle date prestabilite;
• deve pagare le rate scadute (e non pagate) anteriori alla data di fallimento11.
E' importante osservare che il curatore, in caso di subentro nel contratto di leasing, ha tutto l'interesse di ottenere il riscatto anticipato del bene con una riduzione dell'importo da pagare per acquisirne la proprietà determinata calcolando il valore attuale delle rate non ancora scadute (si veda l'art. 73 L.F.).
Lo scioglimento del contratto di leasing
10 Inoltre, si osservi che ai sensi dell'art. 72 della L.F. il venditore può dare impulso alla decisione del curatore richiedendo al Giudice Delegato di fissare un termine perentorio al curatore per l'effettuazione della decisione di subentro nel contratto o di scioglimento dallo stesso.
11 Secondo la dottrina prevalente, nel caso di subentro del curatore, anche i canoni scaduti anteriormente alla data di dichiarazione del fallimento devono essere pagati in prededuzione. Cfr. U. XXXXX, Il contratto di leasing nelle procedure concorsuali, CEDAM, Padova, 1991, p. 77.
La decisione del curatore per lo scioglimento del contratto di leasing traslativo produce cinque effetti:
1. dalla data di dichiarazione del fallimento viene meno l'obbligo di eseguire le prestazioni previste contrattualmente;
2. il fallimento deve restituire il bene alla società di leasing;
3. il concedente deve restituire al fallimento il montante dei canoni incassati dall'inizio del contratto fino alla data di fallimento;
4. il fallimento deve corrispondere al concedente proprietario del bene l'equo compenso;
5. il fallimento deve corrispondere al concedente proprietario del bene il risarcimento del danno.
I punti elencati da 3 a 5 fanno sorgere in capo alla procedura fallimentare e alla società di leasing un doppio rapporto di debito-credito al quale è applicabile il principio della compensazione ex art. 56 L.F. Sarà pertanto sufficiente calcolare delle somme algebriche e versare il saldo a favore di una delle parti.
Una volta delineati concettualmente i profili giuridici rilevanti del contratto di leasing, nel seguito verrà sviluppata la metodologia di calcolo di ciascuna componente la somma algebrica di cui sopra, che traduca in termini quantitativi i principi enunciati.
La metodologia si articolerà nelle seguenti fasi:
1. determinazione del tasso di rendimento finanziario nominale del contratto di leasing;
2. determinazione del canone periodico di leasing compatibile con un tasso di rendimento equo;
3. determinazione del montante dei canoni pagati dall’utilizzatore;
4. determinazione dell'equo compenso a favore della Società di leasing;
5. determinazione del risarcimento del danno a favore della Società di leasing;
2. Aspetti metodologici sulla determinazione delle rispettive ragioni di credito/debito in caso di risoluzione del contratto di leasing traslativo
Il problema della determinazione delle rispettive ragioni di credito/debito si pone tipicamente in caso di fallimento dell’utilizzatore, in presenza di contratti di leasing che siano stati oggetto di risoluzione per inadempimento del conduttore stesso. In tal caso il contratto non ha trovato il suo naturale sbocco nel riscatto del bene da parte dell’impresa utilizzatrice al termine della locazione, con le conseguenze:
• da un lato la Società di leasing si trova costretta, in seguito al mancato pagamento di alcuni canoni, a riprendere possesso del bene concesso in leasing e a rivendere o riconcedere a terzi in leasing il bene usato;
• dall’altro lato l’utilizzatore si trova ad aver pagato una serie di canoni il cui ammontare complessivo può spesso eccedere l’effettivo deperimento del bene, pur tenuto conto di un’adeguata remunerazione del capitale investito nell’operazione dalla Società di leasing. Questo fenomeno è particolarmente evidente e rilevante in quei contratti, assai frequenti nella prassi, che prevedono maxicanoni anticipati di importo significativo e/o una durata del contratto di leasing sensibilmente inferiore alla vita economico-tecnica del bene locato.
In merito alle rispettive ragioni di credito/debito, si tratta quindi, in caso di conflitto tra la Società di leasing e l’impresa utilizzatrice, di applicare una metodologia quantitativa di valutazione che consenta di determinare in maniera equa e attendibile quale soggetto e in quale misura si trovi in posizione di creditore netto nella controversia.
Tale metodologia si basa sui seguenti principi generali dei cd. flussi finanziari equivalenti:
• il problema economico da risolvere pone a confronto flussi monetari che si manifestano in tempi differenti: per rendere omogenei tali flussi è necessario impiegare metodi di calcolo matematico-finanziario in grado di apprezzare il differente valore del denaro in funzione del tempo. Ciò si ottiene, a seconda dei casi, attualizzando o capitalizzando i suddetti flussi monetari;
• la determinazione del tasso interno di rendimento (detto anche tasso implicito o tasso contrattuale) implicitamente pattuito dai contraenti all’atto della stipulazione del contratto non presenta elementi di incertezza, una volta definiti il costo del bene concesso in leasing, l’ammontare di ciascuna rata di leasing pattuita (canoni e prezzo finale di riscatto), nonché la data in cui avviene ciascun pagamento;
• ai fini della determinazione delle rispettive ragioni di credito/debito necessarie per quantificare quanto spettante alla Società di leasing oppure all’utilizzatore, il momento temporale in cui effettuare il confronto tra flussi attualizzati e/o capitalizzati è quello della risoluzione del contratto12. L’eventuale ritardo con cui l’importo dovuto viene corrisposto rispetto al momento della risoluzione del contratto non dovrebbe essere oggetto dei calcoli di cui sopra e può essere tenuto in conto direttamente dal Giudice, ove lo ritenga necessario e opportuno, secondo gli usuali criteri in materia.
Definiti questi principi generali, esistono due metodi equivalenti per mettere a confronto le ragioni di credito/debito delle due controparti:
1. il metodo del montante delle rate riscosse. In base a questo metodo la Società di leasing è tenuta a restituire all’utilizzatore il montante dei canoni riscossi, capitalizzandoli al tasso contrattuale implicito. Per contro, alla Società di leasing spettano:
a) l’indennizzo per la perdita di valore (L) subita dal bene per effetto della sua utilizzazione;
b) gli interessi sul capitale investito (I) nell’operazione, calcolati applicando il tasso implicito contrattuale;
c) l’indennizzo per i costi di trasporto ed installazione/disinstallazione sostenuti;
d) il risarcimento del danno per le spese sostenute nella gestione dell’insolvenza e nella ricerca di una nuova collocazione del bene usato.13
2. il metodo del valore attuale delle rate non pagate. In base a questo metodo la Società di leasing è tenuta a restituire all’utilizzatore il ricavo che può essere conseguito dalla stessa con il realizzo del bene (o con la sua concessione in un nuovo leasing). Per contro, alla Società di leasing spettano:
a) il valore attuale delle rate a scadere dalla risoluzione del contratto in avanti, compreso l’importo previsto per il riscatto del bene e il montante di quelle rimaste insolute prima della risoluzione del contratto;
b) l’indennizzo per i costi di trasporto ed installazione/disinstallazione sostenuti;
c) il risarcimento del danno per le spese sostenute nella gestione dell’insolvenza e nella ricerca di una nuova collocazione del bene usato14.
00 Xxx. Xxxxxxx Xxxxxxx, “Le procedure concorsuali”, in AA.VV. a cura di X. Xxxxxxxx e X. Xx Xxxxxxxxx,
Manuale del leasing, XXXX, Xxxxxx, 0000.
13 Cfr. Xxxxxx Xxxxxxxxxx, “Considerazioni aziendalistiche sul leasing: il fallimento del locatario e la razionalità economica della disciplina”, in Rivista Italiana del leasing e dell’intermediazione finanziaria, Xxxxxxx, n. 2/1994.
14 Cfr. Xxxxxx Xxxxxxxxxx, “Considerazioni aziendalistiche sul leasing: il fallimento del locatario e la razionalità economica della disciplina”, in Rivista Italiana del leasing e dell’intermediazione finanziaria, Xxxxxxx, n. 2/1994.
Questo secondo metodo dà risultati identici a quelli del primo, a condizione ovviamente che le stime del ricavo da realizzo (VA) siano complementari a quelle di deperimento (L) del bene (VA = P – L), che i costi di trasporto e il risarcimento del danno siano quantificati in maniera identica e che per effettuare le traslazioni finanziarie si impieghi lo stesso tasso contrattuale implicito.
Entrambi i due metodi, che si ispirano all’indirizzo giurisprudenziale accolto dalla Corte di Cassazione e/o a quello a cui si ispira il Tribunale di Monza, rispondono a criteri di razionalità e di equità condivisibili anche dal punto di vista metodologico dell’analisi finanziaria.
E’ molto importante osservare che la riforma della legge fallimentare contenuta nel D.Lgs. 5/2006 nel novellato art. 72 quater, comma 2, disciplina espressamente la fattispecie dello scioglimento del contratto (atipico) di locazione finanziaria per quanto concerne le connesse ragioni di debito/credito. Tale norma dispone infatti che “in caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso rispetto al credito residuo in linea capitale”. Quindi, il legislatore dispone che il metodo di calcolo da impiegare sia quello indicato sub 2.
3. La determinazione del tasso di rendimento finanziario del contratto di leasing
Sotto il profilo economico-finanziario il contratto di leasing traslativo è alternativo ad un contratto di vendita con riserva di proprietà completato da un'opzione di retrovendita. I suoi flussi di cassa visti nella prospettiva della Società di leasing sono riportati nella seguente Tabella 2 e rappresentati nel Grafico 215.
Tabella 2 – Rappresentazione schematica dei flussi di cassa relativi ad un contratto di leasing nella prospettiva del conduttore.
fine periodo | flussi di cassa negativi del leasing traslativo (A) | flussi di cassa positivi del leasing traslativo (B) | flussi di cassa netti (C = A + B) |
0 | - Maxicanone iniziale | + valore iniziale del bene | + (valore iniziale del bene-maxicanone |
iniziale) | |||
1 | - 1° canone | - 1° canone | |
2 | - 2° canone | - 2° canone | |
..... n | ..... - nmo canone | ..... - nmo canone | |
n+1 | - valore di riscatto | - valore di riscatto |
Grafico 2 – Diagramma cronofinanziario dei flussi di cassa relativi ad un generico contratto di leasing.
P
0
1
2
3 ………. j … n (n + 1)
15 Cfr. Xxxxxxx Xxxxxxx, “Guida pratica alle decisioni aziendali. La valutazione finanziaria delle alternative di investimento e di finanziamento”, Ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 1993, pp. 247÷267.
R tempo t
A Ct
dove:
x = tasso di rendimento finanziario dell’operazione di leasing P = costo del bene locato
A = maxicanone iniziale
Cj = canoni periodici
R = valore di riscatto finale
t = periodi di computo in semestri, quadrimestri, trimestri, bimestri, mesi, …
L’equazione di cash flow che deve essere risolta per determinare il tasso di rendimento finanziario nominale del contratto di leasing è la seguente:
P = A + Σ Cj (1+x)- j + R (1+x)-(n+1)
se C1 = C2 =….= Cn = C
si ottiene:
P = A +C . (1+x)n – 1 + R
x · (1+x)n (1+x)n+1
P = A + X · x xxx x X · x xx0
xxxxx:
(1)
Questa equazione, che ha come incognita il tasso di rendimento finanziario dell’operazione “ x ”, si risolve con procedure iterative basate sul metodo delle tangenti (di Newton)16.
E’ importante osservare che se il periodo elementare di computo è infrannuale, il tasso “ x ” ottenuto ha anch’esso valenza infrannuale. Quindi, per trasformarlo in un tasso annuale “ i ”, si applica il seguente algoritmo:
i = (1 + x)k – 1
con k = 12 xxx.xx di computo (in mesi)
(1’)
con i ≤ 1,5 tasso effettivo globale medio rilevato ai sensi della L. 108/96 (antiusura). In caso contrario l’operazione è illecita perché viola tale Xxxxx.
4. La determinazione del canone periodico di leasing corrispondente ad un tasso di rendimento equo
L’equazione di cash flow che deve essere risolta per determinare il canone periodico di leasing corrispondente ad un tasso di rendimento equo “ i ” del contratto di leasing è la seguente:
16 Oggi, grazie ai potenti mezzi di calcolo resi disponibili dai software applicativi, è agevole calcolare tale tasso. Ad es., utilizzando il foglio elettronico Excel e selezionando all’interno delle funzioni finanziarie il programma TIR, è possibile risolvere rapidamente e con un’elevata precisione l’equazione (1).
(P – A) = Σj Cj (1+i)- j + R (1+ i)- (n+1)
se C1 = C2 =….= Cn = C
(P – A) = C · a n┐i + R · v n+1
In questo caso l’incognita è il canone periodico “ C ”. Dopo facili passaggi algebrici otteniamo:
C = (P – A) – R · v n+1 = (P – A) · α n┐i - R · v · σ n┐i
a n┐i
5. La determinazione delle ragioni di credito/debito
L’elaborazione finanziaria dei cash flow volta alla determinazione delle ragioni di credito/debito verrà effettuata impiegando il tasso implicito di interesse (tasso contrattuale) che si ricava risolvendo la (1).
5.1 La corretta metodologia finanziaria ex art. 1526 C.C.
La determinazione del montante dei canoni pagati (M)
Il locatore deve restituire il montante dei canoni riscossi calcolato al tasso di rendimento finanziario del contratto fino alla data “ k “ della sua risoluzione, come illustrato nel seguente Grafico 3.
Grafico 3 – Diagramma cronofinanziario per la determinazione del montante dei canoni pagati.
M
0
1
2 …… j …….
k
tempo
t
A C t
M = A (1+i) k + Σt Ct(1+i)(j-t) · (1+i) (k-j)
se C1 = C2 = … = Cn
Si ottiene:
M = A(1+i)k + X · x xxx · (0xx) (x-x)
La determinazione dell'equo compenso
Con riferimento al seguente Grafico 4, i principi per la valorizzazione dell'equo compenso sono i seguenti:
1. il locatario deve versare alla società di leasing un compenso che la risarcisca della perdita di valore del bene (L) causata dal suo uso (senescenza), dalla sua obsolescenza e dagli eventuali costi di transazione da sostenere per trovare un nuovo utilizzatore dello stesso;
2. il locatario deve versare alla società di leasing il corrispettivo finanziario (I) dell'utilizzo del capitale messogli a disposizione.
Grafico 4 - Rappresentazione schematica della perdita di valore L e degli interessi I, in funzione del tempo.
I = P⋅[(1 + i)k - 1]
P
L = (P - VA)
VA
k
t (tempo)
Se indichiamo con:
∆ = equo compenso che spetta alla società di leasing M = montante delle rate riscosse dalla società di leasing P = costo iniziale del bene dato in leasing
dk = deprezzamento percentuale del valore di mercato del bene all'epoca k
γ = incidenza percentuale dei costi di installazione/disinstallazione e trasporto sul costo iniziale del bene
α = aliquota IVA applicata sul costo iniziale del bene
L = perdita di valore complessiva del bene in percentuale del costo iniziale del bene.
La perdita di valore complessiva del bene lk (in percentuale del costo iniziale del bene) si può esprimere attraverso la seguente funzione:
lk = dk + 2 γ + π
dove:
• dk rappresenta il deprezzamento tecnico-economico del bene dovuto al suo utilizzo nel corso del contratto;
• 2 γ rappresenta i costi di installazione, disinstallazione e trasporto di tale bene;
• π rappresenta l’aliquota IVA non recuperata sul costo di acquisto del bene17.
17 Alla risoluzione del contratto può essere richiesta all’utilizzatore soltanto l’IVA sulla sommatoria delle quote capitale ancora a scadere e per le quali non sono state ancora emesse le relative fatture, diminuita dell’IVA incassata con la rivendita del bene, e ciò per evitare un ingiustificato arricchimento del locatore. Nel caso in cui l’IVA incassata a seguito della rivendita del bene risulti maggiore dell’IVA ancora dovuta dall’utilizzatore, la società di leasing dovrebbe restituire al locatario un importo pari alla differenza delle
L'equo compenso EC da riconoscere alla società di leasing all'epoca k potrà essere calcolato mediante la seguente formula:
EQ = P · l k + P [(1 + i) k – 1] = P [l k + (1 + i) k - 1]
La determinazione della ragione di credito/debito (differenziale netto)
Come disposto dall'art. 1526 del C.C. per la vendita con riserva della proprietà, se la risoluzione del contratto ha luogo per l'inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse (M), salvo il diritto ad un equo compenso (EQ) per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno.
Se indichiamo con ∆ la somma algebrica del montante M dei canoni pagati dal locatario, della perdita di valore del bene L originata dall'utilizzo dello stesso e dell'interesse figurativo I sul capitale investito dal locatore, chiamandola ragione di credito/debito, avremo:
∆ = M - EQ = M - ( L+I )
5.2. Un metodo equivalente per la determinazione del differenziale netto ex art. 72 quater L.F.
La giurisprudenza, in presenza di clausole penali, talvolta ritiene che l’utilizzatore inadempiente è tenuto a restituire il bene ed a pagare i canoni già scaduti e a scadere, con interessi convenuti, dedotto quanto ricavato dalla vendita del bene. Tale interpretazione è stata fatta propria dal legislatore nella recente riforma della Legge Fallimentare (D. Lgs. N. 5/2006) la quale, all’art. 72 quater, comma 2, sancisce che calcolo delle ragioni nette di credito/debito debba essere effettuato secondo lo schema, equivalente a quello esposto nel par. 5.1, così strutturato:
1. i canoni pagati in epoca precedente alla risoluzione del contratto restano diritto quesito del concedente in esecuzione dell’art. 1458, comma 1, c.c., posto che- trattandosi di contratti ad esecuzione continuata o periodica - l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite;
2. al concedente risultano dovute anche le rate insolute e non pagate in relazione alla quota capitale e interessi corrispettivi;
3. al concedente risulta dovuto anche il credito residuo dopo la risoluzione del contratto, come risultante dal piano di pagamento dei canoni e del valore di riscatto, previa attualizzazione degli stessi;
4. alla somma complessivamente dovuta dall’utilizzatore per interessi e capitale di cui ai punti 2 e 3 va detratto il valore di realizzo del bene, che rappresenta la garanzia dell’operazione e che viene restituito.
In sintesi questo metodo equivalente al precedente, che dà luogo allo stesso risultato come verrà dimostrato nel seguito, consiste nel calcolo all’epoca della risoluzione del contratto di una grandezza ∆ pari alla differenza tra:
1. il ricavo (VA) che la società di leasing può conseguire con il realizzo del bene restituitogli;
2. e la sommatoria attualizzata (VAT) di tutti i canoni contemplati dal contratto che l'utilizzatore avrebbe dovuto corrispondere dopo la risoluzione del contratto (compreso il valore di riscatto finale), importo che, nel caso in cui l’operazione fosse andata a buon fine, la società di leasing avrebbe incassato;
3. nonché il montante (M’), alla data di risoluzione del contratto, dei canoni scaduti e non pagati, ossia dei canoni compresi tra l’epoca “j” e l’epoca “k”.
suddette componenti. Nel caso contrario, invece, tale differenza rappresenta l’importo ancora dovuto dall’utilizzatore.
In formula avremo:
∆ = VA – (VAT + M’)
A maggior chiarezza di quanto esposto, nel seguente Grafico 5 viene rappresentato il diagramma cronofinanziario dei flussi di cassa di un generico contratto di leasing, evidenziando i momenti della cessazione dei pagamenti (epoca j) e della risoluzione del contratto (epoca k).
Grafico 5 - Diagramma cronofinanziario dei flussi di cassa, con evidenziate le epoche j e k.
Ultimo
P xxx.xx
0 1 2 3 .................. j ......... k ......... n n + 1
A C t
t (tempo)
R
Risoluzione del contratto
Quindi, l’algoritmo di calcolo sarà il seguente:
Fase 1: Stima valore del bene VA.
Tale valore, in caso di fallimento del conduttore, viene stimato da un Consulente Tecnico d’Ufficio del Tribunale nominato dal Giudice Delegato alla procedura.
Fase 2: Attualizzazione canoni futuri Ct e del valore di riscatto (VAT).
Se si adotta l’ipotesi semplificatrice di uguaglianza tra tutti i canoni periodici dall’epoca (k+1) all’epoca n, ossia:
Ck+1 = Ck+2 =…. = Cn = C
dopo facili passaggi algebrici si ricava facilmente:
VAT = C · a n-k┐i + R
(1 + i) (n +1 ) - k
Fase 3: Montante canoni scaduti e non pagati (M’).
Se si adotta l’ipotesi semplificatrice di uguaglianza tra tutti i canoni periodici compresi tra l’epoca j e l’epoca k, ossia:
Cj+1 = Cj+2 =…. = Ck = C
M’ = X · x x-xxx
Xxxx 0: Differenziale netto:
(2)
Pagamento al
∆ = VA – VAT – M’
> 0 conduttore
Pagamento al
< 0 concedente
Il differenziale netto ∆ dunque rappresenta la ragione netta di credito/debito connessa alla risoluzione del contratto di leasing: se è positivo compete al conduttore (fallimento), mentre se è negativo spetta al concedente (società di leasing).
E' molto importante osservare che questa procedura consente alla società di leasing di sterilizzare le conseguenze del fallimento, garantendole un rendimento finanziario del contratto pari a quanto essa avrebbe conseguito in caso di evoluzione normale del rapporto contrattuale. Per converso tale procedura fa sì che la società di leasing non possa appropriarsi di extraprofitti che si manifestano quando il ricavo conseguito con il realizzo del bene è maggiore della sommatoria attualizzata/capitalizzata di tutti i canoni che l'utilizzatore ha omesso di corrispondere. Questa possibilità è tanto più frequente e marcata quanto minore è il degrado economico del bene e quanto più l'insolvenza avviene nelle fasi finali del contratto.
6. Confronto analitico fra le due metodologie di calcolo
Sulla base di quanto esposto nei due paragrafi precedenti, per poter dimostrare l’uguaglianza tra i due metodi è opportuno richiamare la formula per il calcolo del tasso implicito di interesse “i” applicato ad un generico contratto di leasing, che soddisfa l’equivalenza finanziaria tra il valore del bene P e la sommatoria attualizzata all’epoca 0 di tutti gli impegni (presenti e futuri) del conduttore.
P = A + X · x xxx x X · x xx0
Il differenziale netto ∆1 del primo metodo presenta la seguente formulazione analitica:
∆1 = M - ( L+I ) = A· (1+i)k + X · x xxx · (0xx) (x-x) - (X-XX) - X·[(0xx)x - 1]
che dopo facili passaggi algebrici si trasforma in modo più compatto in:
∆1 = A·(1+i)k + X · x xxx · (0xx) (x-x) – P·(1+i)k + VA
Analogamente, il differenziale netto ∆2 del secondo metodo presenta la seguente formulazione analitica:
∆2 = VA – (VAT + M’) = VA - C · a n-k┐i + R + C · s k-j┐i
(1 + i) (n +1 ) - k
Per dimostrare che ∆1 = ∆2 , è necessario dimostrare che anche i secondi membri di tali equazioni danno sempre luogo allo stesso risultato, ossia:
A·(1+i)k + C · s j┐i · (1+i) (k-j) – P·(1+i)k + VA = VA - C · a n-k┐i + R + C · s k-j┐i
(1 + i) (n +1 ) - k
Le grandezze VA a sinistra e a destra dell’uguaglianza si elidono, essendo manifestamente uguali. Per il confronto è sufficiente quindi dimostrare la seguente uguaglianza:
A·(1+i)k + C · s j┐i · (1+i) (k-j) – P·(1+i)k = - C · a n-k┐i + R + C · s k-j┐i
(1 + i) (n +1 ) - k
ossia,
P·(1+i)k - A·(1+i)k - C·s j┐i · (1+i) (k-j) = C · a n-k┐i + C · s k-j┐i + R
(1 + i) (n +1 ) - k
da cui:
P·(1+i)k = A·(1+i)k + X · x xxx · (0xx) (x-x) + C · s k-j┐i + C · a n-k┐i + R
(3)
(1 + i) (n +1 ) - k
L’espressione (3) è manifestamente uguale alla (1)18, con la sola differenza che mentre nella (1) tutti i flussi sono attualizzati all’epoca 0, nella (3) essi risultano traslati all’epoca k, data di risoluzione del contratto, ma in entrambi i casi risulta rispettato il principio dell’omogeneità dei valori che impone di traslare ad un istante comune tutti i flussi di cassa generati dal contratto19.
Infatti, in base alla formula (3), il valore del bene capitalizzato all’epoca k di risoluzione del contratto (addendo a sinistra dell’uguale) è pari alla somma del maxicanone iniziale capitalizzato all’epoca k (primo addendo a destra dell’uguale), dei canoni periodici regolarmente pagati (dall’epoca 1 fino all’epoca j) capitalizzati fino all’epoca k (secondo addendo a destra dell’uguale), dei canoni periodici insoluti (dall’epoca j fino all’epoca k) capitalizzati fino all’epoca k (terzo addendo a destra dell’uguale), di tutti i canoni futuri a scadere dopo la risoluzione del contratto (dall’epoca (k+1) fino all’epoca n), attualizzati all’epoca k (quarto addendo a destra dell’uguale), nonché del valore di riscatto finale del bene attualizzato all’epoca k (quinto addendo a destra dell’uguale).
Nella seguente Xxxxxxx 3 viene rappresentato un semplice esempio numerico per dimostrare l’uguaglianza dei risultati ottenuti applicando i due metodi sopra esposti, ipotizzando alternativamente che la risoluzione del contratto abbia luogo rispettivamente all’epoca 6 e all’epoca 3.
Tabella 3 - Esempio di calcolo della ragione netta di credito/debito calcolata con i due metodi equivalenti.
DATI DI INPUT | ||||
Costo del bene (Euro) | 100.000 | |||
IVA (%) | 20,00% | |||
Incidenza percentuale dei costi di installazione/trasporto | 5,00% | |||
Tasso annuo di rendimento contrattuale | 12,00% | |||
Tasso trimestrale di rendimento contrattuale | 2,87% | |||
RISULTATI DELLE ELABORAZIONI | ||||
fine periodo | Flussi di Cassa (€) | montante rate pagate (€) | valore attuale rate non pagate (€) | |
0 | 20.000,00 | 100.000,00 | ||
1 | 8.976,96 | 20.574,75 | 82.298,99 | |
2 | 8.976,96 | 30.400,94 | 75.429,11 | |
3 | 8.976,96 | 40.509,51 | 68.361,81 | |
4 | 8.976,96 | 50.908,57 | 61.091,42 | |
5 | 8.976,96 | 61.606,48 | 53.612,10 | |
6 | 8.976,96 | 72.611,82 | 45.917,84 | |
7 | 8.976,96 | 83.933,42 | 38.002,47 | |
8 | 8.976,96 | 95.580,37 | 29.859,63 | |
9 | 8.976,96 | 107.562,02 | 21.482,79 | |
10 | 8.976,96 | 119.888,00 | 12.865,22 | |
11 | 4.000,00 | 132.568,19 | 4.000,00 | |
Insolvenza al 6° canone | ||||
PRIMO METODO | ||||
deprezzamento % del valore economico del bene | 40% |
18 In virtù del principio degli equivalenti finanziari.
19 Cfr. Xxxxxxx Xxxxxxx, Economia e gestione delle imprese sportive, Ed. ISU – Università Cattolica, Milano 2005, pp. 258÷266.
perdita % di valore complessiva | 50% |
Perdita di valore del bene | -50.000,00 |
Interessi sul capitale investito | -18.529,66 |
Montante delle rate pagate | 72.611,82 |
Ragione netta di credito | 4.082,16 |
SECONDO METODO | |
Importo attualizzato dei canoni non pagati | -45.917,84 |
Ricavo netto di realizzo del bene | 50.000,00 |
Ragione netta di credito | 4.082,16 |
Insolvenza al 3° canone | |
PRIMO METODO | |
deprezzamento % del valore economico del bene | 25% |
perdita % di valore complessiva | 35% |
Perdita di valore del bene | -35.000,00 |
Interessi sul capitale investito | -8.871,33 |
Montante delle rate pagate | 40.509,51 |
Ragione netta di credito | -3.361,82 |
SECONDO METODO | |
Importo attualizzato dei canoni non pagati | -68.361,81 |
Xxxxxx xxxxx di realizzo del bene | 65.000,00 |
Ragione netta di credito | -3.361,81 |
7. Conclusioni
La Suprema Corte ha identificato due strutture contrattuali di leasing nettamente distinte:
• il Leasing di godimento, la cui causa è essenzialmente di finanziamento, al quale si applicano le disposizioni dei contratti ad esecuzione continuata e periodica e quindi ai sensi dell'art. 1458 C.C.:
1. l'effetto retroattivo della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite;
2. la risoluzione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi.
Quindi, in caso di risoluzione del contratto il conduttore (rappresentato dal curatore fallimentare) ha l'obbligo di restituire il bene, ma non può ottenere la restituzione delle rate pagate al concedente-proprietario.
• il Leasing traslativo, la cui causa fondamentale è il trasferimento della proprietà del bene, al quale si applicano le disposizione contenute nel contratto di vendita con riserva della proprietà e quindi, ai sensi dell'art. 1526 C.C., in caso di risoluzione del contratto per inadempimento del compratore, il venditore:
1. deve restituire le rate riscosse;
2. ha diritto ad un equo compenso, costituito dalla somma del deprezzamento subito dal bene utilizzato dal conduttore e dalla remunerazione del capitale investito nel bene dalla società di leasing.
Il legislatore, all’art. 72 quater, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 5/2006, ha risolto in modo innovativo la disciplina relativa agli effetti dello scioglimento del contratto di locazione finanziaria nel caso di fallimento del conduttore. Esso stabilisce che la società di leasing ha diritto alla restituzione del bene che aveva concesso all’utilizzatore poi fallito, ottenendo in tal modo la disponibilità del bene. La società di leasing può pertanto procedere ad una nuova allocazione del bene, sia concedendolo in locazione finanziaria ad un terzo, sia più semplicemente vendendolo. In entrambe le ipotesi allocative del bene si possono manifestare due distinti eventi economici rispettivamente più o meno vantaggiosi per la
Società concedente rispetto a quanto si sarebbe conseguito dalla normale esecuzione del contratto sciolto dal curatore. In relazione a queste due ipotesi, i commi 2 e 3 dell’art. 72 quater stabiliscono che la società concedente rispettivamente:
a) sia tenuta a versare alla curatela la differenza tra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso rispetto al credito residuo in linea capitale (art. 72 quater, comma 2);
b) abbia diritto a insinuarsi nello stato passivo per la differenza fra il credito vantato alla data di fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene20 (art. 72 quater, comma 3).
Pertanto, in caso di fallimento, il curatore può:
♦ sciogliersi dal contratto, col diritto ad ottenere dalla società di leasing la differenza (se
> 0) tra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso rispetto al credito residuo in linea capitale, ovvero non opponendosi all’insinuazione nello Stato Passivo da parte del concedente per la differenza fra il credito vantato alla data di fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene;
♦ subentrare nel contratto in luogo del fallito21, con l'obbligo di pagare in prededuzione le rate scadute e tempestivamente quelle che man mano verranno a scadere.
In entrambi i casi di scioglimento/subentro si procede al calcolo di un differenziale ∆
quantificato applicando la formula (2).
E' molto importante osservare che i due differenziali sono equivalenti e rappresentano il valore per la procedura del bene oggetto del contratto di leasing.
Va da sé che, in generale, è più comodo per la procedura incassare ∆ dalla Società di leasing, piuttosto che realizzarlo indirettamente al termine di un iter che ha come fase terminale la vendita all’asta del bene riscattato.
BIBLIOGRAFIA:
Xxx Xxxxx, Il contratto di leasing nelle procedure concorsuali, Xx. Xxxxx, Padova, 1991.
Xxxxxxx Xxxxxxx, “Le procedure concorsuali”, in AA.VV. a cura di X. Xxxxxxxx e X. Xx Xxxxxxxxx, Manuale del leasing, EGEA, Milano, 1998
Xxxxxxx Xxxxxxx, “Guida pratica alle decisioni aziendali. La valutazione finanziaria delle alternative di investimento e di finanziamento”, Ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 1993.
Xxxxxxx Xxxxxxx, Economia e gestione delle imprese sportive, Ed. ISU – Università Cattolica, Milano 2005. Xxxxxxx Xxxxxxx, “Considerazioni sul metodo dell’ammortamento statistico” in: Problemi di gestione dell’impresa, Università Xxxxxxxxx xxx X.X., Xxxxxx, 0000, n. 6-7, pp. 109÷131.
Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Leasing e fallimento. Guida pratica, Xx. Xxxxxxx, Milano, 1997. Xxxxxx Xxxxxxxxxx, “Considerazioni aziendalistiche sul leasing: il fallimento del locatario e la razionalità economica della disciplina”, in Rivista Italiana del leasing e dell’intermediazione finanziaria, Xxxxxxx, n. 2/1994.
20 Si osservi inoltre che, ai sensi dell’art. 67, comma 3, lettera a), della L.F., le somme già riscosse dalla Società concedente non sono soggette all’azione revocatoria se realizzate nell’esercizio dell’attività d’impresa e nei termini d’uso.
21 Si osservi che altresì vi è un subentro automatico nel contratto di leasing qualora venga disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa (art. 72 quater, comma 1).