Contract
Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice.
CONTRIBUTI PERVENUTI
Sommario
A) AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE E SOCIETÀ PUBBLICHE 2
1. Comune di Milano 2
2. Consip 8
3. Ferrovie dello Stato Italiane 11
4. Poste Italiane S.p.a. 13
B) DIPENDENTI DI AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE 14
1. Xxxx Xx Xxxxx – Provincia di Avellino 14
2. Xxxxxxxxx Xxxxxx – Università di Firenze 20
C) ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA/ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI 26
1. ANCE 26
2. ANIASA 32
3. ANIE 34
4. Assintel 35
5. Assobiomedica 36
6. Anip ‐ Confindustria 39
7. Assinform 43
8. Assoimmobiliare 46
9. Assonime 47
10. Cassa Italiana di Assistenza e Previdenza dei Geometri Liberi Professionisti ‐ Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti (Inarcassa) ‐ Ente di Previdenza dei Periti Industriali e dei Periti Industriali laureati (EPPI) 49
11. CNA 50
12. Confartigianato Imprese 50
13. FINCO 51
14. Unindustria Bologna 52
15. Utilitalia 58
D) OPERATORI ECONOMICI 60
1. Gruppo Romeo 60
2. Medicair Italia s.r.l. 61
3. Nexive Italia s.p.a. 62
4. Trivella s.r.l. 62
E) DIPENDENTI PUBBLICI 64
1. Xxxxxxx Xxxxxx ‐ AEEG 64
F) LIBERI PROFESSIONISTI 66
1. Avv. Xxxx Xxxxxx 66
2. Avv. Xxxxxx Xxxxx 66
3. Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx 67
4. Avv. Xxxxxx Xxxxxxxx 69
G) ALTRI 75
1. AISCAT 75
2. IGI 77
16. CONTRIBUTI ANONIMI 77
1. Anonimo 1 77
2. Anonimo 2 77
A) AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE E SOCIETÀ PUBBLICHE
1. Agenzia del Demanio
2. Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione
- Considerato il carattere esemplificativo dell’elenco di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) si ritiene opportuno che nell’ambito delle linee guida venga espressamente trattata anche l’ipotesi di rinvio a giudizio per reati commessi nell’esercizio di un precedente appalto. Ciò in conformità ai principi giurisprudenziali espressi in ordine all’art. 38, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 163/2006, secondo i quali la causa di esclusione in questione può operare anche con riguardo ad un fatto di rilevanza penale che, seppur ancora sub iudice, costituisca comunque espressione di grave errore professionale, tale da minare il rapporto fiduciario che deve necessariamente intercorrere tra la stazione appaltante ed il futuro contraente, posto che nella formazione dei rapporti negoziali di diritto pubblico l’elemento fiduciario deve essere garantito sin dal momento genetico (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 20 novembre 2015, n. 5299; Cons. Stato, Sez. V, 28 settembre 2015, n. 4502). Va da sé che la rilevanza delle ipotesi di reato dovrà essere valutata dalla Stazione appaltante tenendo conto, al di là del mero titolo del reato, delle peculiarità del caso concreto e della specificità dei reati ascritti in relazione a plurimi aspetti quali le prestazioni oggetto di affidamento, l’epoca e la circostanza del fatto, il tempo trascorso dalla condanna ed il bene leso dal comportamento delittuoso dell’operatore economico. (Approvvigionamenti, Gare e Contratti e Direzione Legale, Contenzioso e Rapporti Istituzionali)
- L’art. 80 comma 5 lett. c) del D.Lgs. 50/2016 prevede l’esclusione dalle procedure di appalto qualora la “stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”. Al riguardo, sarebbe preferibile che nelle Linee Guida venga precisato che la novella normativa non ha comportato il venir meno della causa di esclusione di cui alla lett. f) dell’abrogato art. 38 del D.Lgs. 163/2006 in materia di illeciti professionali, fattispecie che, quindi, si ritiene assorbita nell’art. 80 co. lett. c) del D.Lgs. 50/2016. (Direzione Legale, Contenzioso e Rapporti Istituzionali)
- In relazione alle valutazioni richieste dall’ANAC sul profilo temporale di applicazione della causa di esclusione di cui all’art. 80 co. 5 lett. c) del Codice, si ritiene che la stessa possa trovare attuazione anche in relazione a fattispecie verificatesi in epoca precedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 50/2016. Ed infatti quanto previsto dal nuovo codice era già disciplinato dall’art. 38 co. 1 lett. f e lett. c. del D.Lgs. 163/2006. (Approvvigionamenti, Gare e Contratti)
3. Le fattispecie esemplificative individuate dal Codice
3.1 Significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto
- Nel documento, avuto riguardo all’ipotesi delle “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto stipulato con la stessa Amministrazione che bandisce la gara ovvero con altra Amministrazione” viene fatto generico riferimento alla necessità che la Stazione Appaltante effettui una motivata valutazione in ordine all’idoneità della carenza riscontrata a “minare” il rapporto fiduciario con l’operatore. Cionondimeno, fermo restando quanto rilevato dall’Autorità in merito alla discrezionalità propria della valutazione della Stazione Appaltante, è pur vero che la giurisprudenza in relazione alla previgente normativa ha più volte chiarito che dalla risoluzione del contratto non può discendere ipso iure il giudizio di inaffidabilità dell’impresa, il quale deve “fondarsi su di una autonoma valutazione nell’esecuzione di precedenti commesse, senza adagiarsi acriticamente sulla risoluzione del precedente rapporto contrattuale”. Del resto, mutuando i predetti principi, anche la mancata contestazione in giudizio di una risoluzione anticipata ben potrebbe essere connessa a ragioni di mera opportunità effettuate dall’operatore economico, con ciò rendendo ancor più evidente la necessità di una motivazione puntuale da parte della Stazione Appaltante, ovviando all’utilizzo di meri rinvii per relationem al precedente preso in considerazione.
Pertanto, allo scopo di evitare quanto più possibile l’instaurazione di contenziosi in materia, si ritiene che nel documento, a latere della rilevata necessità di instaurazione del contraddittorio con l’operatore, vada posto l’accento sull’onere motivazionale incombente in capo all’Amministrazione, chiamata a enucleare una precisa motivazione – seppur stringata - in ordine alla rottura/venir meno dell’elemento fiduciario; motivazione che dunque deve andare oltre la mancata esecuzione a regola d’arte delle prestazioni, occorrendo, una violazione del dovere di diligenza nell’adempimento qualificata. (Direzione Regionale Toscana e Umbria)
- Ai fini dell’accertamento delle carenze nell’esecuzione di contratti stipulati con altre stazioni appaltanti, si evince dal documento la possibilità di attribuire rilevanza alle annotazioni nel casellario dell’Autorità:
1) a prescindere dall’interdizione alla partecipazione alle gare eventualmente associata all’annotazione stessa;
2) indipendentemente dalla responsabilità del contraente.
La circostanza di cui al punto 1) determina un significativo aggravio del processo di valutazione della Stazione appaltante in merito alla configurabilità della causa di esclusione di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del D. Lgs. 50/2016.
Infatti, per poter approdare ad un ponderato giudizio sull’affidabilità dell’operatore, sarà necessaria un’indagine approfondita sui fatti allo stesso contestati da altra Amministrazione, che potrebbe comportare
– oltre al necessario contraddittorio con il concorrente – anche il coinvolgimento dell’ente in questione atteso che dall’annotazione risulta una sintesi della vicenda non necessariamente esaustiva ai fini delle conclusioni da trarre. E ciò non può non tradursi in un allungamento dei tempi della gara stridente con il principio dell’economia procedimentale. Senza considerare che un’esclusione comminata in relazione ad un evento non sanzionato dall’Autorità è più facilmente contestabile.
Con riguardo al profilo n. 2), si evidenzia il rischio connesso alla suggerita indifferenza verso l’elemento soggettivo dell’operatore rispetto alle azioni censurate. (Approvvigionamenti, Gare e Contratti)
- In relazione ai motivi di esclusione, le Linee guida prevedono che le carenze nell’esecuzione rilevate da altre Stazioni Appaltanti possono essere accertate con qualsiasi mezzo di prova e, quindi, risultare anche da fatti certificati in sede amministrativa/giurisdizionale o resi noti attraverso altre modalità.
Dal momento che ai fini dell’accertamento dell’idoneità del comportamento quale causa di esclusione, l’Autorità ritiene sufficiente la motivata valutazione della SA sull’idoneità della carenza accertata a rendere dubbia l’affidabilità dell’OE (a valle di una formale contestazione degli addebiti con le garanzie del contraddittorio) sarebbe auspicabile valorizzare canali preferenziali di scambio delle informazioni tra le Stazioni Appaltanti. Nelle Linee Guida si potrebbero sollecitare le Stazioni Appalti affinché si impegnino a garantire, prontamente ed in maniera efficace, la trasmissione di eventuali atti/documenti sottesi alla fattispecie in esame, evitando quindi lungaggini paralizzanti l’iter di selezione. (Approvvigionamenti, Gare e Contratti)
3.2 Tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini del proprio vantaggio
Tra i comportamenti rilevanti ai fini dell’esclusione per l’ipotesi esemplificativa relativa al “tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della Stazione appaltante” si propone di indicare la sovraesposizione mediatica posta in essere dal concorrente per la promozione della propria offerta progettuale, al fine di “impressionare” la Commissione di gara e condizionarla favorevolmente nell’attribuzione dei punteggi. (Approvvigionamenti, Gare e Contratti)
3.3 Fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.
Atteso che le informazioni fuorvianti volte ad ingenerare nell’Amministrazione un convincimento erroneo su una circostanza rilevante potrebbero avere ad oggetto “qualsiasi informazione rilevante ai fini del corretto svolgimento della gara” si propone di riconoscere a tutti i soggetti coinvolti nella gestione dell’iter selettivo - non solo quindi a chi “presiede la gara” - la facoltà segnalare la sussistenza di comportamenti indebiti e potenzialmente dannosi, che la Stazione Appaltante potrebbe segnalare all’Autorità Giudiziaria. Tale scelta del resto risulterebbe in linea con l’istituto del whistelblower introdotto dalla L. 190/2012 anche per favorire la segnalazione di condotte illecite nonché di prassi che denotino il malfunzionamento dell’Ente
nell’esercizio delle funzioni pubbliche esercitate dai propri dipendenti. (Approvvigionamenti, Gare e Contratti)
4. I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione
- Nel documento andrebbero specificate le modalità di espletamento del contraddittorio propedeutico all’esclusione nei casi in cui nella situazione di cui all’art. 80, comma 5 del D.lgs. 50/2016 versi il subappaltatore; ipotesi, questa, che si desume dovrebbe essere peraltro correlata ai casi in cui in sede di partecipazione venga richiesta la terna dei subappaltatori, concorrendo questi ultimi a qualificare il concorrente. Diversamente, a fronte della generica riserva di ricorrere al subappalto e nella fase della procedura di gara, non risulterebbe concretamente applicabile la fattispecie normativa in questione.
Rileva dunque che, nelle ipotesi di interazione tra subappalto e procedura di gara, la valutazione della stazione appaltante non potrà che concentrarsi sulle attività riparatorie poste in essere da un soggetto che comunque resta estraneo alla procedura di gara o quantomeno non assurge direttamente a “concorrente”. Ordunque, considerato che la norma al comma 5 recita “le Stazioni Appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni (…omissis..) anche riferita a un suo subappaltatore” ed al comma 7 riconduce il meccanismo del self- cleaning direttamente al concorrente o al “subappaltatore” (cfr. un operatore economico o un subappaltatore che si trovi …è ammesso a provare…) si ritiene che occorra un diretto coinvolgimento di quest’ultimo nel contraddittorio, tenuto conto che la prova in merito all’adozione dei meccanismi di cui al comma 7 potrà fornirla direttamente solo il subappaltatore e che una mancata diretta partecipazione dello stesso potrebbe in un certo qual modo favorire l’esclusione del concorrente (es. a causa della difficoltà di reperire lui presso il subappaltatore la documentazione a quest’ultimo riferita). Analogamente, tenuto conto che il versare nelle cause di esclusione di cui all’art.80 è ostativo alla stipula dei contratti di subappalto, va da sé che le precisazioni di cui sopra consentiranno di garantire la correttezza del contraddittorio anche nella fase esecutiva. (Direzione Regionale Toscana e Umbria)
- Il comma 7 dell’art. 80 introduce il meccanismo del cd. “self-cleaning” che consente all’Operatore Economico che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1 o al comma 5, di poter dimostrare di essere affidabile nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione. La nuova disciplina sembra richiedere maggiori oneri e adempimenti sia per le Stazioni Appaltanti che per gli Operatori Economici. Si suggerisce quindi di apportare all’interno delle Linee Guida delle esemplificazioni in merito. (Approvvigionamenti, Gare e Contratti)
2. Comune di Milano
Nell’elencazione dei reati rilevanti, ai fini della valutazione dell’incidenza sul rapporto fiduciario tra la stazione appaltante e l’operatore economico, indicati al paragrafo 2 del documento non vengono indicati reati relativi ad abusi edilizi che possono invece rappresentare un reato incidente idoneo a influire sul rapporto fiduciario stazione appaltante operatore economico soprattutto nelle gare per servizi di ingegneria o architettura.
Nel penultimo capoverso dello stesso paragrafo si indica che i provvedimenti comminati da ANAC nei confronti degli operatori economici che abbiano rifiutato od omesso, senza giustificato motivo, di fornire informazioni o documenti richiesti dall’Autorità o che non abbiano ottemperato alla richiesta della stazione appaltante di comprovare i requisiti di partecipazione o che, a fronte di una richiesta di informazione o di
esibizione di documenti da parte dell’Autorità abbiano fornito informazione o documenti non veritieri assumono rilevanza. Si chiede se le stazioni appaltanti verranno a conoscenza di tali provvedimenti attraverso la consultazione del casellario dell’Autorità e se la stazione appaltante venuta a conoscenza di tale provvedimento, magari perché parte del procedimento alla base del provvedimento, possa legittimamente procedere all’esclusione del concorrente, ancorché tale informazione non sia ancora inserita nel casellario dell’Autorità.
Nel paragrafo 3.1 si precisa che potranno essere valutate, ai fini dell’esclusione dell’operatore economico, anche carenze riscontrate nell’esecuzione di contratti di altre amministrazioni. A tal proposito si chiede quale deve essere lo strumento attraverso il quale, la stazione appaltante che ha bandito la procedura, può venire a conoscenza di questa informazione. La domanda riveste particolare interesse in quanto, in regime transitorio le stazioni appaltanti continuano a comunicare all’Autorità tutte le esclusioni operate ai sensi dell’art. 80 del DLgs 50/2016 secondo la tabella n. 2 di comparazione di cui al Comunicato del Presidente dell’Autorità del 11/05/2016, ma a regime, le uniche informazioni che dovranno essere trasmesse all’osservatorio saranno quelle di cui all’art. 81, comma 12, del D.Lgs 50/2016 tra le quali non rientrano le eventuali risoluzioni di contratto o le carenze dell’esecuzione.
Sempre in relazione allo stesso paragrafo il terzo capoverso specifica che la risoluzione di un precedente contratto può essere valutata ai fini dell’esclusione se il provvedimento risolutivo non è contestato in giudizio. Anche per questo passaggio rimane da capire come la stazione appaltante, che ha bandito la gara, possa venire informata dell’eventuale impugnativa del provvedimento risolutorio riferito a stazione appaltante diversa, non solo alla luce di quanto sopra detto, ma anche in considerazione del fatto che ad oggi, in regime transitorio, non vige alcun obbligo, per la stazione appaltante che ha effettuato la segnalazione di risoluzione in danno, di comunicare tale informazione all’osservatorio. Inoltre nel caso in cui la stazione appaltante che ha bandito la gara venisse a conoscenza di tali informazioni senza che le stesse risultino inserite nell’osservatorio potrà legittimamente operare l’esclusione dell’operatore economico?
Sempre nello stesso paragrafo, quando si affronta il tema delle “altre sanzioni”, a titolo esemplificativo si richiama la richiesta di risarcimento del danno, l’escussione della cauzione oppure l’applicazione di penali per un importo complessivo che superi un determinato valore. Anche queste informazioni, facilmente reperibili per contratti riferiti alla stazione appaltante che ha bandito la procedure di gara, risultano difficilmente reperibili in relazione a contratti di altre stazioni appalti, non solo in relazione a quanto disposto a regime dal l’art. 81, comma 12, del D.Lgs 50/2016, ma anche in regime transitorio in quanto si tratta di informazioni non comunicate al casellario dell’Autorità ai fini dell’iscrizione dell’annotazione.
Da ultimo sempre per questo paragrafo si vuole affrontare il tema del contraddittorio con l’operatore economico ripreso anche in altri punti del documento ed in particolare nel punto 3.2. Si rammenta che costante e consolidata giurisprudenza esclude la necessità di instaurare un contraddittorio in relazione ad una esclusione durante la fase della gara, prima di addivenire all’aggiudicazione, nell’ipotesi di riscontrata carenza del requisito, anche generale, nei confronti di un operatore economico concorrente qualora tale situazione sia accertata in esito ad un controllo anche a campione sullo stesso. Il comma 6 dell’art. 80, infatti, prevede che l’esclusone possa avvenire in qualunque fase della procedura: introdurre l’obbligo del contraddittorio nella fase di gara precedente l’aggiudicazione, con l’operatore economico concorrente per il quale si sia accertata, acquisendo tutti gli elementi necessari d’ufficio, la carenza del requisito, pare contrario al principio di celerità del procedimento di gara più volte affermato da dottrina e giurisprudenza.
Sempre sul tema si chiede di specificare se il passaggio del penultimo capoverso dell’ultimo paragrafo è stato correttamente interpretato ovvero nel caso in cui il fatto costituisca ipotesi di reato la stazione appaltante procede alla denuncia dell’operatore economico e successivamente alla sua esclusione senza la necessità di instaurare un contraddittorio, diversamente, quando i fatti non configurano un ipotesi di reato, la stazione appaltante deve procedere ad instaurare un contraddittorio con l’operatore prima di procedere con l’esclusione.
In relazione al punto 4 primo paragrafo si segnala che è stato erroneamente indicato che nella dichiarazione rilasciata dall’operatore economico con il modello DGUE in relazione all’art. 80 del D.Lgs 50/2016, devono essere indicate le sentenze passate in giudicato contrariamente a quanto indicato dall’art. 80, comma 1, D.Lgs 50/2016 che invece statuisce che le sentenze devono essere definitive, così come correttamente indicato nel documento al primo capoverso del punto 2.
Sempre con riferimento al paragrafo 4 si richiedono chiarimenti in ordine al capoverso 7 seconda parte relativo alla valutazione che deve operare la stazione appaltante in relazione all’incidenza del tempo trascorso dalla commissione dell’illecito accertato in capo al concorrente.
Dalla lettura del documento risulterebbe che se la sentenza definitiva di condanna non fissa alcuna pena accessoria di incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione o non è intervenuta la riabilitazione la commissione del reato rileva per cinque anni. Se invece la pena principale è di durata inferiore a cinque anni la rilevanza del reato sarà pari alla durata della pena principale. La domanda che si pone è in relazione al caso in cui non venga fissata alcuna pena accessoria di incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione e la pena principale consiste solo in una sanzione pecuniaria. Se si dovesse operare l’applicazione della prima ipotesi illustrata, l’illecito commesso avrebbe incidenza per cinque anni, se si dovesse invece applicare la seconda soluzione proposta l’illecito commesso non avrebbe mai rilevanza non essendoci alcuna pena principale temporale.
Nel caso si propendesse per la prima soluzione i reati di lieve entità verrebbero penalizzati ed equiparati ai reati più rilevanti, a contrario se si propendesse per la seconda soluzione l’illecito non avrebbe mai rilevanza anche se il reato avesse la natura di incidere sul rapporto di fiducia fra stazione appaltante e operatore economico.
L’ultima osservazione riguarda sempre il paragrafo 4 capoverso 9. Nel primo capoverso si fa riferimento alla necessità del contraddittorio con l’operatore economico in caso di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c) del D.Lgs 50/2016. Xxxxxx affermato sembra contrastare con quanto esposto nelle pagine e capoversi precedenti nei quali si dispone che, nel caso in cui i fatti costituiscano fattispecie di reato si procede alla denuncia e poi all’esclusione del concorrente senza prevedere alcun contraddittorio. Diversamente il contraddittorio con l’operatore economico viene disposto solo nel caso in cui i fatti non costituiscano ipotesi di reato. Si ritine sia necessario allineare quanto disposto in questo capoverso con le precedenti indicazioni
Lo stesso capoverso infine tratta dell’istituto del self cleaning per il quale si ritiene opportuno venga precisato che la documentazione sia presentata o autocertificata dal concorrente il concorrente già in sede di partecipazione alla gara. Inoltre si ritiene sia opportuno richiamare oltre al comma 7 dell’art. 80 del D.Lgs 50/2016, anche il comma 8 dello stesso articolo che lascia alle stazioni appaltanti la possibilità di
valutare le prove fornite dall’operatore economico e di procedere eventualmente all’esclusione motivata dell’operatore economica.
3. Consip
1) Al paragrafo 2 (e di nuovo al paragrafo 4), relativamente alle situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione, XXXX ritiene opportuno individuare un ambito temporale (ultimo triennio o ultimo quinquennio) con riferimento al quale andrebbe valutata la rilevanza dei “gravi illeciti” idonei ad intaccare l’integrità o l’affidabilità professionale del concorrente/subappaltatore.
Tuttavia, non è chiaro se occorra prendere in considerazione i) il momento in cui è stato commesso l’illecito, ii) il momento in cui è stato emesso il relativo provvedimento sanzionatorio/di condanna ovvero
iii) il momento in cui tale provvedimento sia divenuto definitivo. Si ritiene che tale ultima ipotesi sia la più coerente con il dettato normativo.
Si suggerisce inoltre di precisare con riferimento al predetto ambito temporale, genericamente indicato nella consultazione come “ultimo triennio o quinquennio” che il medesimo decorre a ritroso dalla pubblicazione del bando di gara. Resta inoltre fermo che assumerà comunque rilevanza la fattispecie verificatasi tra la pubblicazione del bando di gara e la presentazione dell’offerta e fino al momento dell’aggiudicazione.
Si ritiene, altresì, opportuno che la definizione del periodo rilevante (triennio o quinquennio) sia effettuata per tutte le stazioni appaltanti in modo certo nelle Linee Guida dell’Anac. In tale prospettiva, l’arco temporale del triennio appare più ragionevole, anche alla luce delle ulteriori previsioni contenute nell’art. 80.
2) Nel medesimo paragrafo 2, l’Autorità fornisce un elenco di n. 5 categorie di reati che, pur non essendo elencati nel Codice, dovrebbero essere ricomprese tra i “gravi illeciti professionali”. Si chiede di chiarire se tale elencazione debba essere considerata tassativa.
Se così non fosse, si chiede di chiarire quale debba essere il criterio che la stazione appaltante deve seguire per individuare ulteriori fattispecie di reato potenzialmente rilevanti.
3) Si ritiene corretto l’assunto secondo il quale i provvedimenti di condanna per i reati indicati nel documento di consultazione, per assumere rilevanza debbano essere definitivi.
Non appare, in tale prospettiva, coerente con l’impianto codicistico il riferimento alle misure straordinarie applicate ad un concorrente ex art. 32 del D.L n. 90/2014, a fronte delle fattispecie disciplinate nella stessa norma e verificatesi nell’ambito dell’esecuzione di un contratto o di una concessione. Invero, tale norma non è oggetto di alcun rinvio da parte del D. Lgs. n. 50/2016. Né risulta chiaro sulla base di quali parametri e documenti la stazione appaltante dovrebbe condurre la verifica in ordine all’integrità/affidabilità del concorrente.
4) Si condivide quanto proposto dall’Autorità in ordine alla rilevanza dei provvedimenti di condanna definitivi dell’AGCM (o confermati da sentenze passate in giudicato) per pratiche commerciali scorrette o per illeciti Antitrust aventi effetti sulla contrattualistica pubblica. Si potrebbe, tuttavia, valutare l’opportunità di attribuire rilevanza ai soli provvedimenti adottati con riferimento al medesimo settore della procedura di gara (analogo mercato).
6) Ai sensi del paragrafo 3.1 si individuano ulteriori fattispecie in grado di incidere sulla moralità professionale, quali la richiesta di risarcimento del danno, l’escussione della cauzione o della fideiussione nei casi previsti dall’art. 103 del Codice, l’applicazione delle penali. Si chiede all’Autorità di voler chiarire se simili fattispecie, per la loro peculiarità, possano rilevare solo se maturate nei confronti della stessa stazione appaltante procedente.
A ragionare diversamente – atteso che secondo il documento di consultazione l’applicazione delle penali dovrebbe rilevare solo se l’importo complessivo delle stesse superi il 10% del valore dell’appalto e tenuto conto che, nel previgente regime, l'applicazione delle penali per il medesimo valore del 10% avrebbe potuto giustificare la risoluzione contrattuale – ci si chiede se la valutazione della stazione appaltante procedente debba essere compiuta anche nel caso in cui la stazione appaltante che ha applicato le penali abbia deciso di non risolvere il contratto.
Ci si chiede allo stesso tempo se, poiché la risoluzione rileva per il Codice solo se non è contestata o se non è oggetto di un giudizio, la fattispecie in questione non rischi di anticipare la valutazione sulla condotta dell'operatore economico che partecipa ad un’iniziativa di gara rispetto alle previsioni del Codice.
Inoltre, sempre con riferimento all’importo indicativo pari al 10% del contratto ai fini dell’incidenza della penale, posto che il parametro percentile comporta maggiori oneri sia per il concorrente (produzione di adeguata documentazione durante la procedura) sia per la Stazione appaltante (calcolo della soglia), si ritiene utile specificare gli ulteriori fattori che connotano la gravità del comportamento e, dunque, i presupposti e le condizioni in base ai quali la Stazione appaltante è tenuta ad effettuare la relativa valutazione.
7) Al paragrafo 4 si legge nel documento di consultazione che nel DGUE l’operatore dovrebbe dichiarare tutti gli illeciti professionali definitivamente accertati imputati al concorrente e tutte le sentenze di condanna passate in giudicato, i decreti di condanna definitivi e le sentenze di applicazione della pena su richiesta emesse nei suoi confronti per reati commessi nell’esercizio dell’attività professionale, essendo rimesso in via esclusiva alla stazione appaltante il giudizio in ordine alla gravità dei comportamenti e alla loro idoneità ad incidere sull’integrità o sull’affidabilità del concorrente.
Come detto ai precedenti punti, si ravvisa la necessità di una indicazione puntuale da parte di codesta spett.le Autorità in ordine alle fattispecie riconducibili nella figura degli illeciti professionali e dei reati commessi nell’esercizio dell’attività professionale.
Difatti, in assenza di tali indicazioni il concorrente potrebbe correre il rischio di non rendere dichiarazioni che, sia pur rilevanti, di fatto non sono prescritte dal D. Lgs. n. 50/2016.
Nell’impossibilità di fornire indicazioni puntuali, si chiede a codesta spett.le Autorità di voler confermare la seguente circostanza: se l’operatore economico non dovesse indicare sentenze di condanna riconducibili ai reati o eventuali inadempimenti contrattuali o applicazioni di penali o provvedimenti antitrust di cui ai precedenti paragrafi del documento di consultazione, non si configurerebbe un mendacio con conseguente esclusione automatica dalla gara; in tali casi, ove la stazione appaltante dovesse riscontrare l’esistenza di una di tali fattispecie in sede di verifica dei requisiti ex art. 80 del Codice, dovrebbe comunque aprire un procedimento di valutazione, in contraddittorio con il fornitore.
8) Con riferimento al paragrafo 3.3, si ritiene opportuno che nelle Linee guida l’Autorità individui, anche attraverso fattispecie esemplificative, le ipotesi di informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare
le decisioni della SA. Si chiede, in particolare, di precisare se vi rientri o meno anche il caso in cui – in sede di partecipazione, anche a seguito di specifica richiesta di chiarimenti – il concorrente indichi in modo errato le caratteristiche tecniche dell’offerta, inducendo così la SA ad attribuire un punteggio non corretto e sempreché ricorra l’elemento psicologico della colpa grave da parametrarsi alla responsabilità professionale.
9) Nel DGUE predisposto dal MIT, oggetto di apposita consultazione, si chiede ai concorrenti di fornire la risposta alla seguente domanda: “L'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del Codice? In caso affermativo, fornire informazioni dettagliate, specificando la tipologia di illecito”. Nella bozza di linee di guida si precisa che “Per quanto concerne le indicazioni riguardanti i gravi illeciti professionali si evidenzia che esse si riferiscono alle ipotesi contemplate alla lettera c) del comma 5 del citato articolo 80 del Codice. Pertanto sarebbe opportuno richiedere nel relativo riquadro indicazioni sulla tipologia di illecito”. Inoltre si precisa altresì “con specifico riferimento all’applicazione dell’istituto del self-cleaning alle ipotesi previste al comma 5, lettera c) dell’articolo 80 (gravi illeciti professionali) è opportuno segnalare che, come previsto al comma 13 del predetto articolo 80, saranno adottate da ANAC apposite linee guida volte ad uniformare le prassi delle stazioni appaltanti relativamente alla valutazione dell’adeguatezza dei mezzi di prova ai fini della determinazione in ordine all’esclusione o meno degli operatori economici dalla procedura di gara”.
Non si fa tuttavia menzione della necessità di rendere ogni dichiarazione utile in relazione alle fattispecie rilevanti individuate dall’Autorità con le proprie Linee Guida con la conseguenza che gli operatori possono correre il rischio di rendere dichiarazioni, involontariamente, omissive. Dal momento che il DGUE persegue l’obiettivo di garantire omogeneità, a livello europeo, delle dichiarazioni e semplicità di compilazione per una conseguente unicità di condotte da parte delle stazioni appaltanti, si chiede di chiarire come tale omogeneità possa essere garantita ed in particolare se sia sufficiente, anche alla luce del fatto che detto documento verrà utilizzato da operatori economici aventi sede in Stati membri dell’UE diversa dall’Italia, il richiamo contenuto nelle linee guida sul DGUE del MIT alle linee guida dell’ANAC sull’art. 80, comma 5, lett. c) o se non sia preferibile un richiamo inequivoco quanto meno in nota al testo del DGUE.
10) Si ritiene inoltre opportuno che le fattispecie di reato che possano costituire “gravi illeciti professionali” debbano necessariamente essere ascritte ai soggetti di cui all’art. 80, comma 3, del Codice. Menzionare anche i soggetti di cui all’art. 5 del D. Lgs. n. 231/2001, potrebbe ampliare l’ambito di applicazione della previsione oltre quanto consentito dalla norma di legge.
11) Si chiede di chiarire come si debba coordinare la previsione relativa alla durata della rilevanza dell’illecito professionale accertato di cui al paragrafo 4 – pag. 10 - con quanto previsto al primo capoverso del precedente paragrafo 2. Si chiede comunque di chiarire se la scelta ipotizzata sia la seguente:
- il reato che configura l’illecito professionale rileva solo per un certo periodo che coincide con quello della pena accessoria; nel caso in cui non vi sia pena accessoria è quello della pena principale;
- le altre fattispecie di illecito professionale rilevano per un periodo di tempo predeterminato, non superiore a tre anni (o come previsto al paragrafo 2 cinque anni).
Si ritiene:
- preferibile che sia fissato un periodo univoco e valido per qualsiasi illecito professionale (preferibilmente di tre anni);
- che la decorrenza del periodo di rilevanza debba avvenire dal momento in cui il provvedimento amministrativo di accertamento diventa definitivo e/o da quello del passaggio in giudicato della sentenza.
12) Al paragrafo 4, pag. 10, del documento di consultazione, l’Anac richiama il comma 7 dell’art. 80, ai sensi del quale l’operatore economico è ammesso a provare il risarcimento del danno o l’adozione di misure idonee a prevenire ulteriori reati o illeciti. Si chiede di confermare che tale disposizione sia applicabile a tutte le fattispecie di “gravi illeciti professionali” di cui all’art. 80, comma 5, ivi compresi gli illeciti penali.
Inoltre, posto che nel documento di consultazione si ipotizza la possibilità di considerare idoneo, ai fini del predetto “ravvedimento”, un impegno assunto formalmente per iscritto oppure la corresponsione di un risarcimento parziale a titolo di acconto sul maggior danno provocato, si chiede di chiarire se l’adozione di tali misure debba essere o meno necessariamente anteriore alla scadenza del termine di presentazione delle offerte.
4. Ferrovie dello Stato Italiane
Nel documento di consultazione, codesta spettabile Autorità muove dal riconoscimento che l’ambito di applicazione della norma è circoscritto, per quanto attiene ai soggetti operanti nei settori speciali, alle sole amministrazioni aggiudicatrici, salvo poi prevederne l’estensione anche ad imprese pubbliche e soggetti privati che operano in virtù di diritti speciali o esclusivi (ai quali l’estensione della norma non può che essere oggetto di un’autonoma scelta in via di autoregolamentazione).
La prospettata estensione dell’applicabilità obbligatoria dell’art. 80 alle imprese pubbliche dei settori speciali risulta, infatti, non in linea con:
• la direttiva n. 25/2014: il considerando 105 precisa che l’obbligo di applicare l’art. 57 della direttiva n. 24/14 in tema di cause di esclusione nei settori ordinari dovrebbe essere limitato alle sole amministrazioni aggiudicatrici nei settori speciali; in linea con tale indicazione, l’art. 80, par. 1, prevede l’obbligatoria applicazione dell’art. 57 solo alle amministrazioni aggiudicatrici;
• l’art. 136, comma 1, del D.Lgs. n. 50/2016, che in piena aderenza alla direttiva utilities stabilisce che i criteri di selezione possano (e non debbano) includere i motivi di esclusione di cui all’art. 80.
Ne consegue che un’eventuale estensione dell’obbligo di cui trattasi, oltre a non trovare il benché minimo supporto nel dato positivo, configurerebbe, senza alcun dubbio, una violazione del divieto di gold plating, la cui applicazione non può rimanere confinata a livello legislativo e a garantire il rispetto del quale codesta spettabile Autorità è chiamata, ai sensi dell’art. 213 del nuovo codice.
In sostanza, con l’impostazione prospettata, verrebbe vanificata una consapevole scelta operata tanto a livello europeo che nazionale, in discontinuità con quella adottata in sede di emanazione del D.Lgs. n. 163/2006, che all’art. 233, comma 1, dispose in via espressa, con riguardo ai requisiti di ordine generale, l’applicabilità dell’art. 38.
Proposta
Eliminare ogni riferimento alla applicabilità della norma agli enti aggiudicatori diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici.
A. Ulteriori osservazioni
Fermo quanto sopra, considerata comunque la facoltà delle imprese pubbliche dei settori speciali di applicare l’art. 80, si ritiene opportuno segnalare anche quanto segue.
B.1 Significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto.
“Una condizione imposta dalla norma ai fini della rilevanza del comportamento è rappresentata dal fatto che il provvedimento risolutivo non deve essere stato contestato in giudizio oppure, se contestato, deve essere stato confermato all’esito del giudizio medesimo. La conferma in giudizio deve derivare da una sentenza passata in giudicato, ravvisandosi, nell’intenzione del legislatore, la volontà di attribuire rilevanza a situazioni definitivamente accertate, al fine di evitare la proliferazione del contenzioso.”
Criticità
Sarebbe opportuno coordinare meglio, in via interpretativa, la previsione relativa alla risoluzione per inadempimento con quelle relative alle "altre sanzioni".
Infatti, ove si leggesse in modo rigido la previsione “non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio”, e, dunque, si ritenesse la possibilità di escludere un concorrente vincolata alla mancata contestazione in giudizio ovvero alla riconosciuta legittimità della stessa acclarata con decisione passata in giudicato, si perverrebbe ad effetti paradossali e difficilmente sostenibili sul piano logico.
La medesima norma, tra le situazioni che configurano grave illecito professionale, fa riferimento anche ad altre sanzioni, tra le quali, ad esempio, può rientrare l’applicazione di penali, ipotesi questa per la quale non è fatto alcun riferimento alla mancata contestazione in giudizio o a decisioni passate in giudicato. In sostanza, la semplice applicazione di penali oltre una certa soglia potrebbe essere tale da giustificare – previa adeguata motivazione in ordine al venir meno del vincolo fiduciario – l’esclusione del concorrente indipendentemente dalla contestazione o meno in giudizio e dell’esito dello stesso; mentre nel caso più grave della risoluzione per inadempimento le stazioni appaltanti, in caso di contestazione in giudizio, si vedrebbero obbligate a continuare a contrarre con l’impresa inadempiente – pur in assenza della necessaria fiducia – fino all’esito finale del giudizio stesso che, come noto, trattandosi di giudizio civile, richiede svariati anni.
Proposta
Si potrebbe invece interpretare la norma nel senso di escludere la necessità, nel caso in cui la risoluzione sia intervenuta con la medesima stazione appaltante, della conferma in sede giudiziale della legittimità della risoluzione, salvo in ogni caso l’obbligo di motivazione in merito al venir meno del vincolo fiduciario. Sarà, invece, necessaria la conferma in sede giudiziale della legittimità dello scioglimento del contratto ove a disporre l’esclusione sia una stazione appaltante diversa da quella nei cui confronti si sia verificato l’inadempimento.
B.2 I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione.
“La dichiarazione avente ad oggetto la fattispecie in esame deve riguardare tutti gli illeciti professionali definitivamente accertati imputati al concorrente e tutte le sentenze di condanna passate in giudicato, i
decreti di condanna definitivi e le sentenze di applicazione della pena su richiesta emesse nei suoi confronti per reati commessi nell’esercizio dell’attività professionale, essendo rimesso in via esclusiva alla stazione appaltante il giudizio in ordine alla gravità dei comportamenti e alla loro idoneità ad incidere sull’integrità o sull’affidabilità del concorrente.”
Criticità
Sembra illogico pretendere una autodichiarazione dei concorrenti relativamente all’illecito professionale, in quanto non può che essere la stazione appaltante a valutare i casi in cui è venuto meno il rapporto fiduciario. Inoltre, l’obbligo dichiarativo di tutti i reati commessi dai soggetti rilevanti ex art. 80, comma 3, sembra in contrasto con il divieto di goldplating di cui al già richiamato art. 213, comma 2, ultimo periodo. Infatti, i reati in relazione ai quali vale l’obbligo di dichiarazione sono tassativamente elencati al comma 1 del medesimo art. 80. Inoltre – in mancanza di diversa previsione normativa – ai fini della contestazione dell’illecito professionale in capo al concorrente potrebbero rilevare solo gli illeciti commessi dalle imprese medesime e dunque, al più, le condanne definitive per reati commessi nell’ambito della medesima organizzazione aziendale e a favore dalla stessa.
Proposta
Si propone di eliminare ogni riferimento agli obblighi dichiarativi relativamente all’art. 80, comma 5, lettera c).
5. Poste Italiane S.p.a.
1) Nel paragrafo 2 del documento in questione “Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione”, di cui appunto, all’art. 80, comma 5 lett. c), ANAC, nel confermare che ai fini dell’esclusione de quo sono rilevanti gli illeciti amministrativi e civili gravi , definitivamente accertati e idonei ad intaccare l’integrità o l’affidabilità del concorrente o del subappaltatore, precisa che sono da ricomprendersi in tale categoria anche quei reati le cui fattispecie, presenti nell’art. 38 del vecchio codice, non sono state riproposte nella formulazione del nuovo art. 80. In particolare l’ANAC si riferisce a:
• abusivo esercizio della professione
• delitti contro la fede pubblica
• reati fallimentari
• reati tributari
Suscita perplessità il voler ricomprendere le fattispecie suelencate tra le cause di esclusione per dubbia integrità o affidabilità del concorrente, in quanto la lettera c) espressamente fa riferimento ad illeciti professionali, senza mai contemplare fattispecie di rilevanza penale. Tale introduzione potrebbe infatti ingenerare confusione in caso di esclusione essendo i reati che determinano l’esclusione disciplinati al comma 1. Sarebbe più congruo, eventualmente, prevedere tali ulteriori nuove ipotesi nell’ambito del comma 1, ampliando la rosa dei reati già previsti da tale disposizione.
2) Nel medesimo paragrafo 2 ANAC precisa che le stazioni appaltanti nel valutare l’integrità morale e professionale dell’operatore economico dovranno considerare, oltre le sentenze o i decreti penali passati in giudicato, anche i provvedimenti del Presidente dell’Anac previsti dall’art. 32 del DL 90/2014 in tema di adozione di misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione da applicare anche in pendenza di procedimento. Non sono tuttavia
specificate le modalità di pubblicità di tali provvedimenti e pertanto non è chiaro come ed in che modo le stazioni appaltanti potranno venirne a conoscenza.
3) Al paragrafo 3.3. in tema di rilascio, anche per negligenza, da parte dei concorrenti di informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, si ritiene necessaria una più precisa indicazione dei casi rientranti in tale fattispecie (magari mediante esemplificazioni) al fine di meglio individuare su quali requisiti tali indicazioni fuorvianti debbano ricadere, essendo precisato che non possa trattarsi di requisiti generali o speciali (già previsti al comma 12 dell’art. 80).
Anche con riferimento alla procedura da seguire per la eventuale segnalazione da parte del Presidente della commissione di gara seguita dalla presentazione di formale denuncia da parte della stazione appaltante alle Autorità competenti sarebbe opportuno un maggior dettaglio.
Appare altresì di difficile attuazione una valutazione in merito all’elemento psicologico del concorrente tenendo in considerazione, tra altro, la qualifica professionale del soggetto, le sue specifiche competenze e attribuzioni nonchè l’organizzazione aziendale dell’impresa concorrente.
4) Al paragrafo 4 “I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione”, non vengono elencati chiaramente i mezzi di prova che la stazione appaltante dovrebbe utilizzare per dimostrare che il concorrente si è reso colpevole di gravi comportamenti illeciti.
Sono altresì di difficile comprensione i criteri (idoneità al raggiungimento dello scopo, necessarietà e proporzionalità) che le stazioni appaltanti dovrebbero seguire per valutare se disporre il provvedimento di esclusione nel rispetto del principio della proporzionalità.
In conclusione si sollevano dubbi e perplessità in merito all’ampia discrezionalità che il documento di consultazione vorrebbe attribuire alla Stazione Appaltante in aggiunta a quella già insita nella norma in commento.
Ciò determina il rischio di valutazioni difformi degli stessi comportamenti da parte delle diverse stazioni appaltanti non necessariamente giustificabili in ragione della tipologia di appalto da aggiudicare, con conseguente possibile effetto inflattivo del contenzioso.
B) DIPENDENTI DI AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
1. Xxxx Xx Xxxxx – Provincia di Avellino
L’art. 80 commi 1, 2 e 3 del d.lgs. 50/2016 (che riprende i dispositivi dell’art. 38 comma 1 lettere b) e c) dell’abrogato d.lgs. 163/2006 e conferma precedenti determinazioni dell’ANAC) consente la partecipazione alle gare di appalto per concorrenti con requisiti antimafia meno restrittivi di quelli imposti dal Codice antimafia (d.lgs. 159/2011), determinando pertanto una discrasia di norme che certo non agevola l’uniforme adozione delle misure preventive tese a combattere l’intrusione della criminalità organizzata nella filiera dell’appalto pubblico. A tal proposito si riporta in sintesi la cronologia legislativa e interpretativa di merito.
Art. 38 comma 1 lett. b) e c) (come modificati dall’art. 4 comma 2 lett. b legge 106/2011) del d.lgs. 163/2006 abrogato dal d.lgs. 50/2016:
«1. Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:
b) nei cui confronti è pendente procedimento per l'applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (ora art. 6 del d.lgs. 159/2011) o di una delle cause ostative previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (ora art. 67 del d.lgs. 159/2011); l'esclusione e il divieto operano se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; i soci o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico o il socio unico persona fisica, ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società;
c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18; l'esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; dei soci o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l'esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata; l'esclusione e il divieto in ogni caso non operano quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima».
Artt. 67, 83 e 85 del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 – Codice antimafia:
«Art. 67. Effetti delle misure di prevenzione
1. Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere:
… c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;
d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso;
e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;
f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati; ...
2. Il provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione determina la decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni di cui al comma 1, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. Le licenze, le autorizzazioni e le concessioni sono ritirate e le iscrizioni sono cancellate ed è disposta la decadenza delle attestazioni a cura degli organi competenti. …
Art. 83. Ambito di applicazione della documentazione antimafia
1. Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di opere pubbliche, devono acquisire la documentazione antimafia di cui all'articolo 84 prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica ai contraenti generali di cui all'articolo 176 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, di seguito denominati «contraente generale».
3. La documentazione di cui al comma 1 non è comunque richiesta:
… d) per la stipulazione o approvazione di contratti e per la concessione di erogazioni a favore di chi esercita attività agricole o professionali, non organizzate in forma di impresa, nonché a favore di chi esercita attività artigiana in forma di impresa individuale e attività di lavoro autonomo anche intellettuale in forma individuale;
e) per i provvedimenti, gli atti, i contratti e le erogazioni il cui valore complessivo non supera i 150.000 euro.
Art. 85. Soggetti sottoposti alla verifica antimafia
1. La documentazione antimafia, se si tratta di imprese individuali, deve riferirsi al titolare ed al direttore tecnico, ove previsto.
2. La documentazione antimafia, se si tratta di associazioni, imprese, società, consorzi e raggruppamenti temporanei di imprese, deve riferirsi, oltre che al direttore tecnico, ove previsto:
a) per le associazioni, a chi ne ha la legale rappresentanza;
b) per le società di capitali anche consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, per le società cooperative, di consorzi cooperativi, per i consorzi di cui al libro V, titolo X, capo II, sezione II, del codice civile, al legale rappresentante e agli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione, nonché a ciascuno dei consorziati che nei consorzi e nelle società consortili detenga una partecipazione superiore al 10 per cento oppure detenga una partecipazione inferiore al 10 per cento e che abbia stipulato un patto parasociale riferibile a una partecipazione pari o superiore al 10 per cento, ed ai soci o consorziati per conto dei quali le società consortili o i consorzi operino in modo esclusivo nei confronti della pubblica amministrazione;
c) per le società di capitali, anche al socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, ovvero al socio in caso di società con socio unico;
d) per i consorzi di cui all'articolo 2602 del codice civile e per i gruppi europei di interesse economico, a chi ne ha la rappresentanza e agli imprenditori o società consorziate;
e) per le società semplice e in nome collettivo, a tutti i soci;
f) per le società in accomandita semplice, ai soci accomandatari;
g) per le società di cui all'articolo 2508 del codice civile, a coloro che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato;
h) per i raggruppamenti temporanei di imprese, alle imprese costituenti il raggruppamento anche se aventi sede all'estero, secondo le modalità indicate nelle lettere precedenti;
i) per le società personali ai soci persone fisiche delle società personali o di capitali che ne siano socie.
2-bis. Oltre a quanto previsto dal precedente comma 2, per le associazioni e società di qualunque tipo, anche prive di personalità giuridica, la documentazione antimafia è riferita anche ai soggetti membri del collegio sindacale o, nei casi contemplati dall'articolo 2477 del codice civile, al sindaco, nonché ai soggetti che svolgono i compiti di vigilanza di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
2-ter. Per le società costituite all'estero, prive di una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato, la documentazione antimafia deve riferirsi a coloro che esercitano poteri di amministrazione, di rappresentanza o di direzione dell'impresa. ».
Determinazione dell’ex AVCP n. 1 del 16 maggio 2012:
«... In riferimento al primo profilo, si ritiene che l’accertamento della sussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. b) vada circoscritto esclusivamente al socio persona fisica anche nell’ipotesi di società con meno di quattro soci, in coerenza con la ratio sottesa alle scelte del legislatore: diversamente argomentando, risulterebbe del tutto illogico limitare l’accertamento de quo alla sola persona fisica nel caso di socio unico ed estendere, invece, l’accertamento alle persone giuridiche nel caso di società con due o tre soci, ove il potere del socio di maggioranza, nella compagine sociale, è sicuramente minore rispetto a quello detenuto dal socio unico. …
La preclusione alla partecipazione alle gare d’appalto, contemplata alla lettera c), comma 1, dell’art. 38 del Codice, derivante dalla pronuncia di particolari sentenze di condanna, è stata oggetto di un intervento estensivo analogo a quello apportato alla lett. b), comma 1, dell’art. 38 del Codice. Il testo novellato prevede, infatti, che l’esclusione ed il divieto di partecipazione alle procedure concorsuali per l’aggiudicazione dei contratti pubblici operino se la sentenza o il decreto siano stati emessi: nei confronti del titolare o del direttore tecnico, per le imprese individuali; nei confronti dei soci o del direttore tecnico per le società in nome collettivo; nei confronti dei soci accomandatari o del direttore tecnico per le società in accomandita semplice; nei confronti del direttore tecnico o degli amministratori con poteri di rappresentanza o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, “se si tratta di altro tipo di società o consorzio”. In relazione a questo profilo, pertanto, si richiamano le osservazioni già formulate nel paragrafo precedente e si precisa che le dichiarazioni di essere in regola con i requisiti richiesti dall’art. 38, comma 1, lett. b) e c)
devono essere presentate da tutti i soggetti indicati dalla norma (soci/amministratori e direttore tecnico)».
Determinazione dell’ANAC n. 2 del 2 settembre 2014:
«... Ai fini di tale coordinamento occorre sottolineare che le disposizioni del Codice antimafia (ed in particolare, per gli aspetti che qui rilevano, quelle del Libro II, entrate in vigore il 13 febbraio 2013 a seguito della pubblicazione del D.Lgs. 15 novembre 2012 n. 218 nella G.U. del 13 dicembre 2012) costituiscono ius superveniens rispetto al Codice dei contratti ed alla relativa disciplina attuativa (recata dal Regolamento). Esse, inoltre, non si limitano ad una mera ricognizione del contenuto delle norme che hanno sostituito (art. 3 Legge n. 1423/1956 e art. 10 Legge n. 575/1965) ma lo innovano attraverso l’espressa inclusione degli attestati di qualificazione in seno all’art. 67 citato.
Deve ritenersi, pertanto, che il Codice antimafia – pur non prevedendo l’abrogazione espressa del citato art. 38, il quale continua quindi ad esplicare i propri effetti – abbia senz’altro innovato la disciplina dettata da tale disposizione, con particolare riferimento agli aspetti di seguito indicati».
Tale determina appare tuttavia contraddittoria relativamente al punto 2 della stessa in quanto afferma che: «Prima di analizzare le problematiche inerenti l’applicazione delle norme sopra richiamate nell’ambito del sistema di qualificazione, sembra opportuno chiarire che le verifiche contemplate nell’art. 38 del Codice dei contratti attengono alla fase di gara e sono funzionali alla comprova dei requisiti generali dichiarati dai concorrenti in tale sede. Le verifiche contemplate nel Codice antimafia, come emerge dal disposto dell’art. 83 dello stesso corpus normativo attengono, invece, al momento immediatamente antecedente alla stipula del contratto – e come tali sono limitate all’aggiudicatario – ed alla fase esecutiva dello stesso.
Consegue da quanto sopra che ai fini della verifica dei requisiti di carattere generale dei concorrenti in sede di gara, continua a trovare applicazione esclusivamente l’art. 38, comma 1, lett. b) del Codice dei contratti, trattandosi di disposizione normativa sulla quale non incidono – in relazione a tale fase della procedura – le norme dettate dal Codice antimafia.
Al riguardo valgono, dunque, le considerazioni espresse dall’Autorità (in particolare) nelle determinazioni n. 1/2010 e n. 1/2012, con riferimento all’esclusione dalle procedure di affidamento dei soggetti sottoposti a procedimenti per l’irrogazione di misure di prevenzione antimafia ed agli strumenti che le stazioni appaltanti possono utilizzare per effettuare i necessari riscontri.
Ai fini della stipula del contratto, invece, occorre eseguire sull’aggiudicatario le verifiche contemplate dallo stesso art. 38, comma 1, lett. b), così come innovate dal Codice antimafia (secondo quanto indicato nei paragrafi successivi)».
Art. 80 commi 1, 2 e 3 del d.lgs. 50/2016 – Codice dei contratti pubblici:
«1. Costituisce motivo di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto o concessione, la condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6, per uno dei seguenti reati:
a) xxxxxxx, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, 416-bis del codice penale ovvero delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti, consumati o tentati, previsti dall'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dall’articolo 291- quater del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 e dall'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in quanto riconducibili alla partecipazione a un'organizzazione criminale, quale definita all'articolo 2 della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio;
b) delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322- bis, 346-bis, 353, 353-bis, 354, 355 e 356 del codice penale nonché all’articolo 2635 del codice civile;
c) frode ai sensi dell'articolo 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee;
d) xxxxxxx, consumati o tentati, commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, e di eversione dell'ordine costituzionale reati terroristici o reati connessi alle attività terroristiche;
e) delitti di cui agli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 del codice penale, riciclaggio di proventi di attività criminose o finanziamento del terrorismo, quali definiti all'articolo 1 del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109 e successive modificazioni;
f) sfruttamento del lavoro minorile e altre forme di tratta di esseri umani definite con il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24;
g) ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;
2. Costituisce altresì motivo di esclusione la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall'articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all'articolo 84, comma 4, del medesimo decreto. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 88, comma 4-bis, e 92, commi 2 e 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, con riferimento rispettivamente alle comunicazioni antimafia e alle informazioni antimafia.
3. L'esclusione di cui al comma 1 va disposta se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; di un socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice; dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l'esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata; l'esclusione non va disposta e il divieto non si applica quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima».
Alla luce delle predette disposizione normative e interpretative, appare illogico limitare la verifica antimafia solo al socio unico persona fisica (in contrasto con il Codice antimafia) o al socio di maggioranza persona fisica (in contrasto con il Codice antimafia) per le società con meno di quattro soci (in difformità con l’art. 85 del Codice antimafia che prevede la verifica antimafia nei confronti del socio di maggioranza per le società con un numero di soci pari o inferiore a quattro), visto che la garanzia di moralità del concorrente che partecipa a un appalto pubblico non può limitarsi al socio persona fisica, ma anzi maggiormente deve interessare il socio persona giuridica per il quale il controllo antimafia ha più ragione di essere trattandosi di società collegate in cui potrebbero annidarsi fenomeni di irregolarità ai fini della trasparenza (c.d. sistema delle scatole cinesi) e di infiltrazioni mafiose dissimulate. Se lo spirito del Codice dei contratti pubblici è quello di assicurare legalità e trasparenza nei procedimenti degli appalti pubblici, occorre garantire l’integrità morale del concorrente sia se persona fisica che persona giuridica. Tra l’altro, viceversa, verrebbe violato il principio della par conditio dei concorrenti in quanto una società concorrente con socio unico o socio di maggioranza che sia persona fisica sarebbe soggetto alla dichiarazione antimafia, mentre se si tratta di persona giuridica non sarebbe soggetto alla dichiarazione antimafia. Inoltre, si rileva che l’esonero dall’obbligo di dichiarazione antimafia previsto, in fase di partecipazione alla gara, dall’art. 80 del Codice dei contratti pubblici per alcuni soggetti che invece sono obbligati a verifica antimafia ex art. 85 del Codice antimafia, potrebbe comportare l’ammissione a gara di soggetti in odore di mafia (visto che essi non sono tenuti a fare nessuna dichiarazione antimafia e quindi sono legittimati a partecipare alla gara), con conseguente rischio di turbativa d’asta da parte degli stessi al fine di pilotare l’aggiudicazione (attraverso le c.d. “offerte di comodo” o “accordi collusivi” tra concorrenti - cfr. “Linee guida per la lotta contro le turbative d’asta negli appalti pubblici” dell’OCDE) a favore di un concorrente (c.d. pulito) in regola con la normativa antimafia (perché soggetto a controllo dopo l’aggiudicazione) ma obbligato verso coloro (se non addirittura controllato dagli stessi) che hanno pilotato la gara in suo favore.
Dunque, la discrasia tra la norma del Codice dei contratti pubblici, che riguarda la partecipazione alle gare di appalto, e del Codice antimafia, che afferisce al divieto di stipulare contratti pubblici qualora ne ricorrano i relativi presupposti, porta all’irrazionale conclusione che un concorrente idoneo (a norma del Codice dei contratti pubblici) a partecipare a una gara di appalto non sarebbe poi idoneo (a norma del Codice antimafia) a stipulare il relativo contratto di appalto se ne fosse aggiudicatario.
Visto quanto finora esposto, si rende necessario uniformare le citate norme dei due Codici in disamina, privilegiando, per le dette ragioni, le disposizioni del Codice antimafia, per cui i motivi di esclusione dell’art. 80 del d.lgs. 50/206 dovrebbero valere non solo per il socio persona fisica ma anche per il socio persona giuridica per quanto concerne sia le società con socio unico che per le società con un numero di soci pari o inferiore a quattro relativamente al socio di maggioranza – affinché il concorrente possa dimostrare la permanenza del possesso dei requisiti di carattere generale propedeudici alla regolarità della propria qualificazione SOA (per i lavori) e alla validità di particolari abilitazioni, tra cui il certificato CCIAA e il certificato di iscrizione agli ordini professionali (per lavori, servizi e forniture), nonché alla regolarità della propria posizione giuridica per instaurare rapporti con la p.a. (per lavori, servizi e forniture), al momento della partecipazione alla gara e al momento della stipula del contratto dopo l’aggiudicazione.
2. Xxxxxxxxx Xxxxxx – Università di Firenze
PRIMA OSSERVAZIONE: Paragrafo 2 “Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione” - Quarto Capoverso
Considerato:
- quanto disposto dell’Art. 80 comma 10 del nuovo Codice (“Se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, OVVERO NON SIA INTERVENUTA RIABILITAZIONE….”);
- quanto riportato a pagina 10 del “Documento di consultazione” qui oggetto di commento (“…la commissione del reato rileva per cinque anni, se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione oppure SE NON È INTERVENUTA RIABILITAZIONE…”);
- quanto espressamente disposto dall’Art. 80 comma 3 dal nuovo Codice relativamente ai reati di cui all’Art. 80 comma 1 dello stesso nuovo Codice (“…l'esclusione non va disposta e il divieto non si applica quando il reato è stato depenalizzato ovvero QUANDO È INTERVENUTA LA RIABILITAZIONE ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima.”);
- quanto già previsto anche dal d.lgs. 163/06 all’Art. 38, comma 1, lettera c) con riferimento alle condanne per reati in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale (“….l'esclusione e il divieto in ogni caso non operano quando il reato è stato depenalizzato OVVERO QUANDO È INTERVENUTA LA RIABILITAZIONE ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima”);
è fuor di dubbio che ai sensi del nuovo Codice ANCHE PER I REATI RILEVANTI AI SENSI DELL’ART. 80 COMMA 5, LETTERA C) DEL NUOVO CODICE (OVVERO QUELLI COMMESSI NELL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE) L'EFFETTO OSTATIVO DEL REATO COMMESSO VIENE MENO A SEGUITO DI PRONUNCIA DI RIABILITAZIONE.
Al fine di meglio chiarire questo punto ed evitare errate interpretazioni si propone di integrare come segue il quarto capoverso del Paragrafo 2 “Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione” (in MAIUSCOLO le MODIFICHE/AGGIUNTE proposte):
“In linea generale, rilevano le sentenze definitive o i decreti penali di condanna divenuti irrevocabili e le sentenze di applicazione della pena. RESTA FERMO CHE L'EFFETTO OSTATIVO DEL REATO COMMESSO VIENE MENO A SEGUITO DI PRONUNCIA DI RIABILITAZIONE. NE CONSEGUE CHE, UNA VOLTA PRONUNCIATA DAL GIUDICE DI SORVEGLIANZA LA RIABILITAZIONE DEL CONDANNATO (DERIVANDONE L'ESTINZIONE DEL REATO E DELLE PENE ACCESSORIE ED OGNI ALTRO EFFETTO PENALE DELLA CONDANNA) RESTA IN OGNI CASO PRECLUSA ALLA STAZIONE APPALTANTE LA POSSIBILITÀ DI VALUTARE NEGATIVAMENTE, AI FINI DELL'AMMISSIONE ALLA SPECIFICA GARA, I FATTI DI CUI ALLA INFLITTA SENTENZA DI CONDANNA. INOLTRE, non si può non tener
conto di quanto recentemente disposto dall’art. 32 del d.l. 90/2014 che ha previsto l’adozione di misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione che si applicano anche in pendenza di procedimento. Quindi, l’adozione di tali misure da parte del Presidente dell’Anac dovrebbe essere tenuta in considerazione al fine di valutare l’integrità morale del concorrente.”
SECONDA OSSERVAZIONE: Paragrafo 2 “Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione” - Ultimo Capoverso
L’ultimo capoverso del Paragrafo 2 “Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione” recita:
“Sotto il profilo temporale, occorre valutare se il motivo di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lettera c), si riferisca a fattispecie verificatesi in epoca antecedente o successiva all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti.”
A tal proposito, in conformità ai principi del nostro ordinamento (art. 11 delle c.d. preleggi e art. 25, comma 2 della Carta costituzionale), che escludono che una norma giuridica possa applicarsi ad atti, fatti, eventi o situazioni verificatesi prima della sua entrata in vigore, ed al fine quindi di evitare l’insorgere di probabili rilievi di illegittimità costituzionale della norma (in sede di impugnativa dei provvedimenti della stazione appaltante), si ritiene che LA CAUSA DI ESCLUSIONE DI CUI ALL’ARTICOLO 80, COMMA 5, LETTERA C) DEBBA NECESSARIAMENTE RIFERIRSI A FATTISPECIE VERIFICATESI IN EPOCA SUCCESSIVA ALL’ENTRATA IN VIGORE DEL NUOVO CODICE.
Si propone quindi di modificare come segue l’ultimo capoverso del Paragrafo 2 “Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione” (in MAIUSCOLO le MODIFICHE/AGGIUNTE proposte):
“IN CONFORMITÀ AI PRINCIPI DEL NOSTRO ORDINAMENTO ED AL FINE DI EVITARE L’INSORGERE DI RILIEVI DI ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE SI RITIENE
CHE il motivo di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lettera c), si riferisca ESCLUSIVAMENTE a fattispecie verificatesi in epoca SUCCESSIVA all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti E CHE NON POSSANO QUINDI ESSERE CONSIDERATI QUALI CAUSE DI ESCLUSIONE ILLECITI PROFESSIONALI VERIFICATESI IN EPOCA ANTECEDENTE ALL’ENTRATA IN VIGORE DEL D.LGS. 50/2016.”
TERZA OSSERVAZIONE: Paragrafo 4 “I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione” – Xxxxx Xxxxxxxxx
Considerato:
- quanto disposto dell’Art. 80 comma 10 del nuovo Codice (“Se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, OVVERO NON SIA INTERVENUTA RIABILITAZIONE….”);
- quanto riportato a pagina 10 del “Documento di consultazione” qui oggetto di commento (“…la commissione del reato rileva per cinque anni, se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione oppure SE NON È INTERVENUTA RIABILITAZIONE…”);
- quanto espressamente disposto dall’Art. 80 comma 3 dal nuovo Codice relativamente ai reati di cui all’Art. 80 comma 1 dello stesso nuovo Codice (“…l'esclusione non va disposta e il divieto non si applica quando il reato è stato depenalizzato ovvero QUANDO È INTERVENUTA LA RIABILITAZIONE ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima);
- quanto già previsto anche dal d.lgs. 163/06 all’Art. 38, comma 1, lettera c) con riferimento alle condanne per reati in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale (“….l'esclusione e il divieto in ogni caso non operano quando il reato è stato depenalizzato OVVERO QUANDO È INTERVENUTA LA RIABILITAZIONE ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima”);
- che è quindi pacifico che ai sensi del nuovo Codice anche per i reati rilevanti ai sensi dell’Art. 80 comma 5, lettera c) del nuovo Codice (ovvero quelli commessi nell’esercizio della professione) l'effetto ostativo del reato commesso viene meno a seguito di pronuncia di riabilitazione;
- che di conseguenza il reato in relazione alla quale sia intervenuta la riabilitazione non assume alcuna rilevanza in ordine alla verifica della assenza delle cause di esclusione di cui all’Articolo 80 del nuovo Codice;
è pacifico che anche ai sensi del nuovo Codice nella autodichiarazione aggiornata da utilizzarsi come prova documentale preliminare in ordine alla assenza della cause di esclusione di cui all’articolo 80 IL CONCORRENTE NON È TENUTO AD INDICARE LE CONDANNE PER REATI PER I
QUALI È INTERVENUTA LA RIABILITAZIONE, in quanto, appunto, trattasi di condanne che non hanno rilevanza in ordine alla verifica della assenza della cause di esclusione.
Al fine di meglio chiarire questo punto ed evitare errate interpretazioni si propone di integrare come segue il primo capoverso del Paragrafo 4 “I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione” (in MAIUSCOLO le AGGIUNTE proposte):
“L’art. 85 del Codice prevede che, al momento della presentazione delle domande di partecipazione o delle offerte, le stazioni appaltanti accettino il documento di gara unico europeo (DGUE) che consiste in un’autodichiarazione aggiornata, da utilizzarsi come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi, in ordine all’assenza delle cause di esclusione di cui all’articolo 80 e al possesso dei requisiti speciali di partecipazione. La dichiarazione avente ad oggetto la fattispecie in esame deve riguardare tutti gli illeciti professionali definitivamente accertati imputati al concorrente e tutte le sentenze di condanna passate in giudicato, i decreti di condanna definitivi e le sentenze di applicazione della pena su richiesta emesse nei suoi confronti per reati commessi nell’esercizio dell’attività professionale, essendo rimesso in via esclusiva alla stazione appaltante il giudizio in ordine alla gravità dei comportamenti e alla loro idoneità ad incidere sull’integrità o sull’affidabilità del concorrente. IL CONCORRENTE È TENUTO A DICHIARARE ANCHE LE CONDANNE PER REATI COMMESSI NELL’ESERCIZIO DELL’ATTIVITÀ PROFESSIONALE PER LE QUALI ABBIA BENEFICIATO DELLA NON MENZIONE MENTRE NON È TENUTO AD INDICARE LE CONDANNE PER REATI DEPENALIZZATI OVVERO DICHIARATI ESTINTI DOPO LA CONDANNA STESSA, NÉ LE CONDANNE REVOCATE, NÉ QUELLE PER LE QUALI È INTERVENUTA LA RIABILITAZIONE.”
QUARTA OSSERVAZIONE: Paragrafo 4 “I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione” – Quarto Capoverso
Il quarto capoverso del paragrafo 4 recita:
“Le azioni descritte nel presente documento assumono rilevanza ai fini della configurazione del motivo di esclusione se poste in essere da soggetti riconducibili all’impresa o comunque che agiscono nel suo interesse. Tra questi rientrano sicuramente i soggetti individuati dal comma 3 dell’art. 80 del Codice, nonché dall’art. 5 del d.lgs. 231/2001.”
Oltre che, quindi, a quelli commessi dai soggetti individuati dal comma 3 dell’art. 80 del nuovo Codice, il Documento di consultazione propone di attribuire rilievo a tutti gli illeciti (anche di natura penale) commessi dai soggetti individuati dall’art. 5 del d.lgs. 231/2001, ovvero:
A) persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
B) persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
Il Documento di consultazione propone quindi di ESTENDERE LA RILEVANZA DEGLI ILLECITI PROFESSIONALI DI NATURA PENALE (PER DEFINIZIONE RIFERIBILI ESCLUSIVAMENTE A PERSONE FISICHE) A QUELLI COMPIUTI DALLA INTERA PLATEA DEI SOGGETTI INDIVIDUATI DALL’ART. 5 DEL D.LGS. 231/2001; platea che include, tra gli altri, TUTTI I MEMBRI DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE PRIVI
DELLA LEGALE RAPPRESENTANZA E TUTTI I DIPENDENTI dell’operatore economico. Si ritiene che tale estensione:
A) non sia coerente con il dettato legislativo. Infatti:
1) fatta eccezione per quanto indicato al successivo punto 2), il nuovo Codice riferisce tutti i motivi di esclusione di cui all’Articolo 80, ivi inclusi quelli di cui all’Articolo 80, comma 5, lettera c), esclusivamente all’operatore economico;
2) solo con riferimento ai motivi di esclusione di cui all’Articolo 80 comma 1, trattandosi di condanne penali (che non possono, per definizione, che riferirsi a persone fisiche), il nuovo Codice identifica espressamente i soggetti (persone fisiche) nei confronti dei quali le condanne penali devono essere state pronunciate per poter acquisire rilevanza ai fini dell’esclusione dell’operatore economico. Recita infatti il comma 2 dell’Art. 80 del nuovo Codice: “L'esclusione di cui al comma 1 va disposta se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; di un socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice; dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio….”.
3) quindi il legislatore, quando ha voluto estendere la rilevanza di una causa di esclusione riferita ad illeciti di natura penale lo ha fatto espressamente (comma 3, dell’Art. 80 del nuovo Codice) e lo ha fatto individuando una platea di soggetti ben più circoscritta rispetto a quella individuata dall’art. 5 del d.lgs. 231/2001;
B) genererebbe, di conseguenza, l’insorgenza di una notevole mole di contenzioso amministrativo, di esito probabilmente non favorevole alle stazioni appaltanti, con conseguente impatto negativo sull’efficienza delle procedure d’appalto;
C) comporterebbe l’insorgenza di situazioni di difficoltà/impossibilità tecnica, nella gestione delle procedure di appalto, sia in sede di presentazione delle offerte che in fase di verifica ex post dei requisiti generali. Estendere la rilevanza degli illeciti professionali di natura penale (per definizione riferibili esclusivamente a persone fisiche) a quelli compiuti dalla intera platea dei soggetti individuati dall’art. 5 del d.lgs. 231/2001 (inclusi quindi tutti i membri del consiglio di amministrazione privi della legale rappresentanza e tutti i dipendenti dell’operatore economico):
1) renderebbe di fatto tecnicamente impossibile formulare le dichiarazioni di assenza delle cause di esclusione di cui all’Art. 80 al momento della presentazione delle offerte, non essendo pensabile che tutti i dipendenti dell’operatore economico (in alcuni casi migliaia di persone) possano dichiarare l’assenza/presenza di condanne per reati commessi nell’esercizio della professione;
2) renderebbe di fatto tecnicamente impossibile la conseguente verifica ex post dei requisiti da parte della stazione appaltante, non essendo pensabile che la stazione appaltante possa effettuare tale verifica su tutti i dipendenti dell’impresa.
Si fa infine presente che la possibilità di valutazione da parte della stazione appaltante dei reati compiuti (da tutti i soggetti individuati dall’art. 5 del d.lgs. 231/2001) nell’interesse o a vantaggio dell’operatore economico è d’altra parte assicurata dalla autonoma rilevanza (ai fini dell’esclusione dalle procedure d’appalto ai sensi dell’Art. 80 del nuovo Codice) assunta delle sanzioni amministrative che, in relazione a tali reati, l’operatore economico ha subito ai sensi del d.lgs. 231/2001; in altri termini la stazione appaltante potrà in ogni caso valutare sia tali sanzioni amministrative che tutti gli illeciti (anche di natura penale) che tali sanzioni hanno generato, quali cause di esclusione dell’operatore economico.
Al fine dunque di circoscrivere e meglio definire la platea di soggetti in relazione ai quali devono assumere rilevanza gli ILLECITI PROFESSIONALI DI NATURA PENALE di cui all’art. 80, comma 5, lettera c), si propone di integrare come segue il quarto capoverso del Paragrafo 4 “I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione” (in MAISCOLO le MODIFICHE/AGGIUNTE proposte):
“GLI ILLECITI PROFESSIONALI DI NATURA CIVILE ED AMMINISTRATIVA DI CUI
ALL’ARTICOLO 80, COMMA 5, LETTERA C) assumono rilevanza ai fini della configurazione del motivo di esclusione se POSTI in essere da soggetti riconducibili all’impresa o comunque che agiscono nel suo interesse. Tra questi rientrano sicuramente i soggetti individuati dal comma 3 dell’art. 80 del Codice, nonché dall’art. 5 del d.lgs. 231/2001. GLI ILLECITI PROFESSIONALI DI NATURA PENALE DI CUI ALL’ARTICOLO 80, COMMA 5, LETTERA C) (CONDANNE CON SENTENZA DEFINITIVA O DECRETO PENALE DI CONDANNA DIVENUTO IRREVOCABILE O SENTENZA DI APPLICAZIONE DELLA PENA PER REATI COMMESSI
NELL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE) ASSUMONO INVECE rilevanza ai fini della configurazione del motivo di esclusione SOLO SE POSTI IN ESSERE DAI SOGGETTI INDIVIDUATI DAL COMMA 3 DELL’ART. 80 DEL CODICE. “
QUINTA OSSERVAZIONE: Paragrafo 4 “I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione” – Settimo Capoverso
Al fine di rendere più chiaro il contenuto de settimo capoverso del paragrafo 4 “I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione” (paragrafo che risente della eccessiva concisione del comma 10 dell’’Art. 80 del nuovo Codice), relativo alla determinazione del periodo durante il quale conserva rilevanza l’illecito accertato in capo al concorrente, ed evitare così errate interpretazioni si propone di integrare tale capoverso come segue (in MAIUSCOLO le AGGIUNTE proposte):
“Con riferimento alla determinazione del periodo durante il quale conserva rilevanza l’illecito accertato in capo al concorrente, si ritiene che la stazione appaltante debba valutare caso per caso l’incidenza del tempo trascorso, facendo riferimento alla gravità del comportamento. Tuttavia, al fine di garantire il rispetto del principio di proporzionalità, si ritiene opportuno stabilire un tempo massimo di rilevanza sia per i reati che per gli altri illeciti professionali. Nel primo caso, si potrebbe applicare il criterio stabilito al comma 10 dell’art. 80 con riferimento alla durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione e, prevedere che, FERMO RESTANDO CHE IL REATO PERDE IN OGNI CASO RILEVANZA A PARTIRE DALLA DATA DELLA INTERVENUTA RIABILITAZIONE:
a) SE LA SENTENZA DI CONDANNA DEFINITIVA FISSA LA DURATA DELLA PENA ACCESSORIA DELLA INCAPACITÀ DI CONTRATTARE CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE IL REATO RILEVA PER UN PERIODO PARI A TALE DURATA;
b) IN CASO CONTRARIO IL REATO RILEVA:
- PER UN PERIODO DI CINQUE ANNI DALLA DATA DELLA SENTENZA DI CONDANNA, DEL DECRETO DI CONDANNA O DELLA SENTENZA DI APPLICAZIONE DELLA PENA, SE LA DURATA DELLA PENA PRINCIPALE È PARI O SUPERIORE A CINQUE ANNI;
- PER UN PERIODO PARI ALLA DURATA DELLA PENA PRINCIPALE SE TALE DURATA È INFERIORE A CINQUE ANNI.
Per gli altri illeciti professionali, prendendo spunto dalle indicazioni fornite dall’art. 57, par. 7, della Direttiva 2014/24, si ritiene che il periodo di esclusione non possa superare i tre anni dalla commissione dei fatti”.
C) ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA/ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI
1. ANCE
In via preliminare, si rende necessario formulare alcune considerazioni sull’impostazione generale del documento di consultazione che, per espressa previsione normativa (art. 80, c. 13), deve individuare i mezzi di prova e le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto idonei a comprovare l’esistenza del motivo di esclusione (di cui all’art. 80, comma 5, lettera c), al fine di garantire omogeneità di comportamenti da parte delle stazioni appaltanti.
In primo luogo, occorre evidenziare che le linee guida in esame entrano, per alcuni versi, in un eccesso di delega rispetto a quanto previsto dal c. 13 dell’art. 80, perché con esse l’ANAC non individua solo i mezzi di prova e le carenze rilevanti nell’esecuzione dei precedenti contratti, bensì si spinge ad individuare anche le ulteriori fattispecie rilevanti ai fini dell’operatività della lett. c) del c. 5 (tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante, divulgazione di informazioni false o fuorvianti al fine di influenzare decisioni sulla procedura).
Inoltre, sempre su un piano generale, si osserva quanto segue. Il documento di consultazione solleva talune perplessità.
Fatto salvo quanto sopra detto, il tentativo di fornire indicazioni volte a delimitare le fattispecie rilevanti e, quindi, a limitare l’esercizio - potenzialmente eccessivo - della discrezionalità da parte delle stazioni appaltanti, tende ad allargare eccessivamente i confini del motivo di esclusione ed il suo ambito di applicazione.
Infatti, il documento considera rilevanti, in quanto incidenti sull’affidabilità/integrità del soggetto, un’amplissima gamma di reati, comportamenti ed eventi che, peraltro, non sempre appaiono tipicamente connessi all’esercizio dell’attività imprenditoriale edile.
Va evidenziato, infatti, che la causa di esclusione in oggetto non implica una valutazione complessiva sulla “moralità” del concorrente genericamente considerata, bensì l’accertamento di fatti che costituiscano un grave illecito commesso nell’esercizio dell’attività professionale, dal quale derivi la compromissione del rapporto fiduciario con l’amministrazione.
Pertanto, nell’individuazione delle fattispecie rilevanti, non dovrebbe guardarsi ad illeciti che attengano genericamente all’esercizio dell’attività imprenditoriale, in quanto questi sono già considerati nell’ambito di altri motivi di esclusione dell’articolo 80.
Piuttosto, dovrebbe guardarsi allo specifico comparto di attività in cui il soggetto esercita la professione, con una doverosa differenziazione tra settore dei lavori, settore dei servizi e settore delle forniture. Si tratta, infatti, di ambiti di attività professionale caratterizzati da specifiche peculiarità, delle quali non può non tenersi conto, anche ai fini dell’individuazione di eventuali situazioni di grave illecito professionale.
Pertanto, in primo luogo, sarebbe opportuno, differenziare le fattispecie rilevanti, in funzione del comparto di attività in cui il soggetto opera.
In ragione di ciò, con riferimento al comparto dei lavori edili, non sembra opportuno prevedere tra le fattispecie rilevanti alcuni reati, citati nel documento, in quanto connessi al generico esercizio dell’attività imprenditoriale e non riguardanti specificamente l’attività edile. Si tratta, in particolare, dei delitti contro la fede pubblica, delitti contro l’industria e il commercio, reati fallimentari, reati tributari, reati societari. Questi reati possono rilevare soltanto laddove comportino un’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione, come previsto al comma 1, lett. g) , a chiusura della discrezionalità delle stazioni appaltanti. Diverso è, invece, il ragionamento sui reati ambientali - punto 5), pag. 2 del documento – che possono rilevare solo se attengono all’attività edilizia e solo se di natura dolosa.
Per le stesse ragioni, anche eventuali condanne dell’Autorità Antitrust per pratiche commerciali scorrette ovvero per illeciti antitrust gravi, andrebbero considerate rilevanti solo se aventi effetti sulla contrattualistica pubblica.
In secondo luogo, le fattispecie rilevanti dovrebbero essere individuate dalle Linee Guida Anac in modo tassativo e non esemplificativo, proprio al fine di rispondere pienamente alla finalità ad esse delegata dal Codice, che è quella di garantire omogeneità di applicazione da parte delle stazioni appaltanti. Inoltre, va evidenziato che la presenza di un margine di discrezionalità nella considerazione delle fattispecie rilevanti da parte delle amministrazioni, potrebbe impattare direttamente sul contenuto delle dichiarazioni che il concorrente deve rendere in sede di gara. Infatti, si potrebbero verificare episodi inconsapevoli di dichiarazioni incomplete, causate dall’assenza di chiarezza sulle fattispecie rilevanti, con il rischio della contestazione di un falso in gara.
Nel documento viene indicata, tra le fattispecie da considerare rilevanti, anche l’ipotesi in cui siano state adottate misure straordinarie di gestione, sostegno o monitoraggio che, come noto, possono essere disposte dal Prefetto, su proposta ANAC, nell’ambito della prevenzione della corruzione, ai sensi dell’articolo 32, del DL 90/2014.
L’inclusione di tale ipotesi tra le fattispecie rilevanti ai fini della valutazione del grave errore professionale, non risulta condivisibile. Ciò, sia per le considerazioni sopra svolte, in relazione al carattere generico degli illeciti, sia in relazione al fatto che si tratta di misure la cui adozione non è sempre basata sull’accertamento definitivo di un illecito. Va ricordato, infatti, che le misure straordinarie di commissariamento e sostegno alle aziende, possono essere adottate anche in presenza di situazioni meramente “sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali”. Può trattarsi, quindi, anche di fatti non riconducibili a reati accertati, ma derivanti da eventi ancora da accertare, i quali, sulla
base di una valutazione discrezionale delle circostanze, vengano comunque considerati propedeutici alla possibile commissione di futuri reati.
Si tratta, dunque, di misure, che non possono essere considerate indicative della commissione di un grave errore professionale, tale da compromettere il rapporto fiduciario con la stazione appaltante.
Appare poi incoerente con il disposto dell’art. 80, comma 11, che consente alle società o imprese sottoposte a sequestro o confisca ai sensi della legge 7 agosto 1992, n. 356 o degli artt. 20 e 24 del D.lgs. 156/2011 ( Codice Antimafia) di poter partecipare alle gare laddove affidate ad un custode o ad una amministratore giudiziario o finanziario.
Inoltre, nel documento, si evidenzia la necessità di valutare se la causa di esclusione debba essere valutata con riferimento a fattispecie verificatesi in epoca antecedente ovvero successiva all’entrata in vigore del nuovo codice.
Al riguardo, si evidenzia che l’ambito di rilevanza temporale delle fattispecie, ad avviso dell’Ance, dovrebbe essere riferito unicamente al periodo successivo all’entrata in vigore del codice. Infatti, non sembra possibile attribuire, a partire da oggi, un carattere penalizzante a eventi, situazioni e comportamenti per i quali non erano previste, in passato, ripercussioni sull’affidabilità dell’impresa, tali da compromettere la partecipazione a tutte le gare. Tale circostanza, infatti, può aver condizionato la valutazione sulla opportunità di sollevare contestazioni rispetto a provvedimenti sanzionatori applicati all’impresa (esempio le penali).
Infine, si rende necessario formulare alcune osservazioni in merito all’applicazione della causa di esclusione in relazione al subappaltatore.
L’articolo 80, comma 5, prevede infatti che le stazioni appaltanti escludano dalla partecipazione un operatore economico in presenza di una delle situazioni descritte, anche riferita ad un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6.
Il dettato normativo non è particolarmente chiaro, e potrebbe essere interpretato nel senso che l’eventuale presenza di un grave illecito professionale in capo al subappaltatore indicato in gara, comporti l’esclusione anche del concorrente principale.
Tale interpretazione, anzitutto, risulterebbe essere in contrasto con il disposto della lettera rrr), art. 1, comma 1, della legge delega, che prevede, esclusivamente, la sostituzione del subappaltatore, in caso di accertamento della sussistenza di motivi di esclusione a suo carico.
In secondo luogo, appare particolarmente critica, sotto diversi profili.
In primo luogo, va considerato che il concorrente non è nella condizione di poter verificare, prima della partecipazione, la presenza di illeciti professionali in capo al subappaltatore da indicare e, dunque, non può rispondere, in prima persona, per fatti illeciti commessi da un terzo, sulle quali peraltro non è in grado di esercitare alcun controllo.
In secondo luogo, va ricordato che in gara il concorrente deve indicare una terna di subappaltatori che, secondo le indicazioni della legge delega n. 11/2016, dovrebbe riguardare ogni tipologia di attività subappaltata. Pertanto, l’eventuale inidoneità di un subappaltatore, non andrebbe comunque ad incidere
sulla qualificazione del concorrente principale, essendo quest’ultima garantita dalla presenza di altri due possibili subappaltatori.
Infine, l’articolo 105, comma 12, sia pure con qualche ambiguità, sembrerebbe ammettere la possibilità di sostituire il subappaltatore che incorra in un motivo di esclusione, precisando che “L’affidatario deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80”. La norma si riferisce all’affidatario, lasciando intendere un riferimento alla fase esecutiva del contratto di appalto. Tuttavia, poiché il momento della verifica sui requisiti è quello della gara, l’unica interpretazione possibile appare quella della sostituzione in gara.
Tutto ciò considerato, sarebbe opportuno che nelle Linee Guida venisse definitivamente chiarito che la causa di esclusione riguardante il grave illecito professionale trova applicazione anche nei confronti del subappaltatore indicato in gara, ma con effetti che non impattano sul concorrente, il quale potrà sostituirlo con un nuovo nominativo ovvero avvalersi degli altri due nominativi indicati.
Occorre evidenziare che la disposizione comunitaria, di cui all’art. 57, paragrafo 4, lettera g), qualifica espressamente le carenze nell’esecuzione di un precedente contratto, non solo come significative, ma anche come persistenti.
L’articolo 80, comma 5, non contiene esplicitamente tale indicazione ma, naturalmente, esso dovrà essere applicato anche alla luce della disposizione comunitaria, attribuendo quindi particolare attenzione all’elemento della persistenza e, quindi, della reiterazione degli illeciti.
Si tratta di un profilo di grande importanza di cui tener conto, al fine di evitare che venga data alla causa di esclusione un’applicazione molto più ampia rispetto alla previsione comunitaria, tale da poter determinare una violazione del principio di massima concorrenza.
Pertanto, sarebbe opportuno che nel documento venisse precisato, in modo esplicito, che la valutazione della stazione appaltante sulla rilevanza delle carenze in precedenti contratti, debba essere sempre effettuata non solo in funzione della loro significatività (ergo gravità) ma anche della persistenza e, quindi, della reiterazione da parte del concorrente.
Tale circostanza è di primissimo rilievo, soprattutto in relazione al fatto che l’Autorità ritiene di poter considerare rilevanti, tra le possibili sanzioni correlate alla carenza contrattuale, anche l’applicazione di penali.
Sembra, infatti, eccessivamente gravoso ritenere giustificabile l’esclusione del concorrente, in ragione di una sola penale, applicata in uno specifico contratto, anche se di importo superiore al 10%.
Inoltre, è necessario che venga precisato che l’applicazione di penali e di altre possibili sanzioni (tra le quali sono citate, oltre alla richiesta di risarcimento del danno, anche l’escussione di cauzione o fideiussione), per essere rilevanti, devono avere carattere definitivo ovvero non essere state contestate in giudizio. In altri termini, deve trattarsi di misure che si accompagnano ad una condanna definitiva nei confronti del concorrente, e non rilevare come fatti in sé considerati.
In questo senso, non appare condivisibile la previsione, inserita nel documento, secondo la quale non è necessario, da parte della stazione appaltante, un accertamento sulla responsabilità del concorrente per le carenze poste in essere in un precedente contratto. Anche tali carenze costituiscono una declinazione
del grave illecito professionale, del quale il concorrente si è reso colpevole. Pertanto, non si può mai prescindere da una valutazione riguardante il profilo di colpevolezza e il carattere definitivo dei provvedimenti sanzionatori irrogati all’impresa.
Peraltro, anche il riferimento al valore della penale risulta essenziale. Sul punto si ritiene necessario evidenziare che possono essere ritenute rilevanti, a tal fine, solo le penali di importo pari al 10% (tetto massimo applicabile).
Inoltre, per quanto concerne le modalità utilizzabili dalle stazioni appaltanti per l’accertamento delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto, vengono citati, accanto alle annotazioni risultanti dal casellario dell’Autorità e a fatti certificati in sede amministrativa o giurisdizionale, “fatti attestati o resi noti attraverso altre modalità”.
Si tratta di un riferimento assolutamente impreciso e generico, che rischia di allargare in modo eccessivo l’ambito di riferimento della causa di esclusione, aprendo, di fatto, la strada ad una discrezionalità incontrollabile delle amministrazioni.
Pertanto, è necessario eliminare tale riferimento generico, limitandolo a fatti che emergano da provvedimenti definitivi, di carattere amministrativo o giurisdizionale.
In ultimo, sempre in merito alle significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto, si evidenzia che tale previsione appare discriminante per le imprese italiane, rispetto alle imprese estere, dal momento che è impossibile verificare la sussistenza di tale causa di esclusione a carico delle imprese straniere. Ciò, in ragione del fatto che, anzitutto, non necessariamente all’estero è prevista l’esistenza di una banca dati cui le amministrazioni devono segnalare eventuali comportamenti negligenti delle imprese; inoltre, anche laddove tale banca dati esistesse, la sussistenza di tali eventuali significative carenze non potrebbe essere verificata dalla stazione appaltante italiana.
Fatto salvo quanto sopra in merito all’eccesso di delega, l’elencazione delle fattispecie rilevanti appare eccessivamente ampia e generica e, in quanto tale, non idonea a garantire l’obiettivo di assicurare una omogeneizzazione delle prassi da parte delle stazioni appaltanti.
In particolare, il confine è troppo labile con il reato di turbativa d’asta già considerato dall’art. 80, tra le cause di esclusione.
Per tale motivo, può essere accettato solo una fattispecie che sia stato oggetto di formale denuncia all’Autorità giudiziaria, rientrante nelle fattispecie che possono dar luogo alle cause di astensione, non dichiarate in sede di partecipazione, di cui all’art. 7 del DPR 62/2013, che siano sfociate in un accertamento irrevocabile.
Si richiamano le considerazioni svolte sub. Punto 3.2.
Per quanto riguardo il falso, si evidenzia la sovrapposizione con la causa di esclusione di cui all’art. 80, non potendosi dare rilevanza in tal modo a condotte meramente colpose.
Nel documento si evidenzia che le fattispecie descritte “assumono rilevanza, ai fini della configurazione del motivo di esclusione, se poste in essere da soggetti riconducibili all’impresa o comunque che
agiscono nel suo interesse. Tra questi rientrano sicuramente i soggetti individuati dal comma 3 dell’art. 80 del Codice, nonché dall’art. 5 del d.lgs. 231/2001”.
Tale allargamento dei soggetti interessati dalla causa di esclusione, operato interpretativamente nel documento, non appare giustificato, proprio alla luce del dettato dell’articolo 80, comma 3, citato.
Infatti, tale comma contiene una elencazione ampia dei soggetti da verificare, ma tassativa, in quanto riferita esclusivamente alle cause di esclusione di cui al comma 1, e non anche a quelle di cui al comma 5.
Pertanto, allo stato attuale della normativa, la causa di esclusione riguardante il grave illecito professionale, andrà verificata unicamente nei confronti del soggetto cui è sostanzialmente riconducibile l’impresa, e cioè il legale rappresentante, nella persona del titolare o dell’amministratore munito di poteri di rappresentanza, come risultante dal certificato della camera di commercio.
Nel documento, correttamente, si evidenzia l’opportunità di stabilire un tempo massimo di rilevanza dei reati e degli altri illeciti professionali, al fine di garantire il rispetto del principio di proporzionalità. In particolare, si suggerisce una soluzione che, per i reati, è analoga a quella prevista dall’articolo 80, comma 10 per le sentenze di condanna, cioè 5 anni; per gli altri illeciti professionali, 3 anni.
Si tratta di una soluzione non condivisibile.
Va ricordato, infatti, che siamo all’interno di una causa di esclusione diversa da quella afferente i reati di cui al comma 1. Pertanto, gli illeciti professionali, per quanto gravi, non possono avere la medesima rilevanza temporale prevista per i reati, anche gravissimi, del comma 1, tra i quali rientrano, ad esempio, l’associazione di stampo mafioso e il terrorismo.
Inoltre, va precisato che la direttiva comunitaria prevede gli Stati membri determinino il periodo massimo di esclusione dell’operatore, tenendo conto che, in caso di reati, se non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non può superare i 5 anni e per gli altri fatti non può superare i 3 anni.
Si tratta, quindi, di periodi massimi di rilevanza. Pertanto, nulla vieta che lo Stato membro stabilisca termini inferiori.
In questo senso, si ritiene che il periodo di rilevanza delle fattispecie costituenti grave illecito professionale possa essere fissato in 1 anno, se costituente reato, o 6 mesi se costituente un illecito professionale. Non è condivisibile l’ipotesi del triennio per l’illecito professionale, o del quinquennio se reato, applicando l’analogia con l’art. 80, comma 10.
Ciò naturalmente senza dimenticare che tutto decade all’atto della riabilitazione o dell’estinzione della pena.
Un’ultima precisazione, infine, sull’utilizzo dell’istituto del cd. “self cleaning”, di cui al comma 7, dell’articolo 80.
Nel documento si fa espresso riferimento al fatto che l’operatore, per evitare l’operatività del motivo di esclusione, possa sempre dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati delle specie di quello commesso.
Tale possibilità dovrebbe essere chiaramente estesa anche ai casi in cui l’adozione del modello di organizzazione e gestione, sia intervenuta successivamente alla commissione del fatto, al fine di prevenire la commissione di ulteriori ipotesi di illecito.
Tale circostanza è in linea con l’utilizzo del meccanismo del “self cleaning”, che consente di non essere escluso dalla gara se si dimostra di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale, idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.
Al fine di ridurre la discrezionalità della stazione appaltante, sarebbe opportuno, poi, che l’ANAC individuasse i principi e le regole - basate su parametri concreti e dimostrabili - cui i modelli di organizzazione e gestione dovrebbero fare riferimento, affinché siano giudicati idonei allo scopo cui sono sottesi.
2. ANIASA
In riferimento alla consultazione relativa al documento denominato “gravi illeciti professionali”, con la presente l’Associazione Nazionale Industria dell'Autonoleggio e Servizi Automobilistica, per brevità A.N.I.A.S.A., in rappresentanza delle proprie consociate, inoltra le seguenti osservazioni.
Le linee guida dell’ANAC, per quanto indirizzate alla spiegazione della norma, dovrebbero essere maggiormente esemplificative, fornendo chiarimenti su quali siano i mezzi di prova adeguati a dimostrare la causa di esclusione, salvo rimarcare la circostanza che, rinvenendo la ratio della norma nella volontà del legislatore di attribuire rilevanza a situazioni definitivamente accertate (al fine di evitare la proliferazione di facile contenzioso), dovrebbero essere considerati tali esclusivamente i provvedimenti risolutivi definitivi e le circostanze non contestate in giudizio.
E’ pertanto auspicabile una ancora maggiore generale chiarezza e semplificazione, evidenziando riguardo le ipotesi indicate dalla norma quanto segue.
Osservazioni sulle fattispecie esemplificative individuate dal Codice
La prima ipotesi riguarda le notevoli mancanze nella fornitura o nella esecuzione del servizio, le carenze significative nel servizio fornito, ovvero l’induzione in errore dell'amministrazione circa la fortuità dell'evento che ha dato luogo all'inadempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte con la stazione appaltante (pag.4).
Con riferimento a tale ipotesi è opportuno un chiarimento circa quegli eventi non definitivi che le linee guida sembrano considerare come le richieste di risarcimento danni e l’escussione della cauzione, nonché l’applicazione di penali da parte della stazione appaltante. La seconda ipotesi contemplata individua come causa di esclusione il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate per conseguire un proprio vantaggio. Obiettivo è evitare che venga illecitamente alterata la par condicio tra i concorrenti in danno della stazione appaltante o di altri partecipanti (pag.6).
Il punto incerto è quello in cui si annovera tra i comportamenti rilevanti il tentativo di influenzare le decisioni della stazione appaltante anche attraverso accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza. Le linee guida precisano che deve trattarsi di atti idonei diretti in modo non equivoco ad influenzare il processo decisionale della stazione appaltante.
Sarebbero quindi opportuni chiarimenti, verificando in particolare quando una dichiarazione possa essere valutata ai fini del comma 5 dell’art. 80, anche in considerazione delle eventuali interferenze con la lettera m) dello stesso articolo che, riproducendo parzialmente la causa di esclusione prevista nel vecchio testo, stabilisce che è comunque escluso l’operatore che si trovi rispetto ad un altro
partecipante alla medesima procedura di affidamento in una situazione di controllo di cui all’art. 2359
c.c. se, tale situazione determina che le offerte siano imputabili ad un unico centro decisionale.
La terza fattispecie riguarda il caso in cui il concorrente fornisca, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero ometta le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione (pag.7).
Su tale punto l’Autorità specifica che la fattispecie vada individuata nella colpa professionale ritenendo sussistente la gravità del comportamento in mancanza di quelle cautele, cure o conoscenze costituenti lo standard di diligenza richiesto a quel determinato professionista.
Nonostante i spiegazioni miranti ad evitare che la norma sia interpretata come mera riproduzione della causa di esclusione di cui all’art. 80 comma 12, occorrerebbero maggiori precisazioni, eventualmente anche predisponendo esempi pratici sulle fattispecie.
Ulteriori Osservazioni
1. In riferimento a quanto contenuto a pag. 2 punto 2 del documento di consultazione, ovvero in merito all’ambito temporale cui fare ricadere le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto, potrebbe ritenersi sufficiente l’arco temporale del triennio (cfr. Direttiva 2014/24) o l’effettiva durata della società nel caso di costituzione da meno di tre anni. Si evidenzia che, quantomeno in relazione ad alcune tipologie di servizi, il triennio è da ritenersi quale periodo medio di durata della maggior parte dei contratti. Tale arco temporale, del resto, è stato più volte ed in più occasioni considerato, anche da parte del legislatore, quale idoneo metro valutativo in grado di fornire opportuna contezza in relazione alla rilevanza di fatti/accadimenti. Nel caso di contratti con durate superiori è plausibile che un comportamento virtuoso, per un periodo almeno pari a tre anni, possa considerarsi idoneo a riabilitare l’O.E.;
2. Relativamente all’ulteriore profilo temporale di cui a pag. 4 del medesimo punto 2, si propende per la scelta di considerare unicamente le fattispecie verificatesi in epoca successiva all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti. Ciò permetterebbe agli operatori economici di strutturare dei processi di motoring interni idonei a tracciare puntualmente le fattispecie che si delineeranno a seguito pubblicazione delle linee guida. Del resto, qualora l’O.E. fosse stato a conoscenza che in futuro certi fatti sarebbero divenuti oggetto puntuale di censura, magari avrebbe optato per delle accortezze/decisioni di diverso tenore. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo avrebbe notificato alla S.A. un formale impegno a non ricadere nell’illecito contrattuale spiegando le motivazioni della propria condotta (cfr. pag. 11 del documento di consultazione). Non è inusuale, ad esempio, che dinnanzi all’irrogazione di penali l’operatore economico decida, in ottica collaborativa ed al fine di evitare inutili e lunghi contenziosi, di effettuare un pronto pagamento omettendo di illustrare alla S.A. la ragione del proprio agire, o dell’agire altrui (es. ritardi da parte ei fornitori), che è stato la causa dell’illecito. Inoltre, in sede dichiarativa, si ridurrebbe il rischio di omettere, anche se in assoluta buona fede, uno o più eventi in quanto non rilevanti all’epoca della loro commissione e nei confronti dei quali, pertanto, potrebbe non esserne stata serbata opportuna memoria;
3. Per quanto riguarda le fattispecie da fare rientrare all’interno della medesima lettera c) di cui al comma 5 art. 80 del codice, sarebbe auspicabile precisare, come peraltro già fatto nel caso delle risoluzioni contrattuali ed al fine di evitare delle mere interpretazioni soggettive, che la condanna per risarcimento del danno sia stata comminata da parte di un giudice a conclusione di un giudizio. Relativamente, invece, alle “altre sanzioni” cui la norma fa riferimento, sarebbe sperabile individuare la soglia del 10% del valore dell’aggiudicazione (in sostituzione del valore dell’appalto come indicato a
pag. 5 del documento di consultazione) al di sopra della quale fare ricadere tutte le fattispecie “altre sanzioni” non includendo, pertanto, solo quelle relative alle penali.
Infatti, non è inusuale leggere nei capitolati che le SS.AA. utilizzino lo strumento dell’escussione quale modalità di pagamento di penali. Inoltre, considerando che l’articolo in questione esplicita il concetto di “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto…” si ritiene che xxxxx acquisire rilevanza l’elemento psicologico quale precisa volontà di operare in maniera contraria ai propri doveri. Pertanto, potrebbe prevedersi che tali “altre sanzioni” siano da considerarsi quali causa di esclusione qualora le stesse superino il 10% e sia contestualmente presente l’elemento della reiterazione, ovvero si siano verificate per almeno due volte (non necessariamente della stessa fattispecie) durante la medesima vigenza contrattuale. Si chiede, inoltre, sempre al fine di evitare interpretazioni soggettive della norma, di meglio declinare le fattispecie rientranti nel concetto di “richiesta di risarcimento del danno” e in cosa si differenzino rispetto alla condanna prevista nel primo periodo di cui al comma di cui trattasi. Atteso che la condanna per risarcimento del danno sia il risultato di un giudizio, le due fattispecie potrebbero essere unificate prevedendo unicamente l’ipotesi della condanna;
4. In relazione al comma 7 dell’art. 80 (riferimento alla pag. 11 punto 4 del documento di consultazione), al fine di attuare l’omogeneità interpretativa più volte ribadita da codesta spettabile Autorità e in applicazione del c.d. principio del “Self-Cleaning”, sarebbe auspicabile, nelle ipotesi di “altre sanzioni”, qualora l’Operatore Economico abbia fatto seguire delle azioni concrete e correttive rispetto al proprio precedente operato, che tali fattispecie risultino irrilevanti ai fini dell’esclusione. Si tratterebbe indubbiamente di condotte opportunamente dimostrabili, nonché ritenute idonee da parte della S.A. precedentemente lesa (ad esempio mediante accettazione scritta) ed in grado di “redimere” la controparte. Tra queste potrebbero rientrare gli accordi transattivi, la corresponsione di ulteriori somme di denaro in aggiunta al pagamento delle penali contrattualizzate.
In conclusione, da una parte si condivide la volontà di implementare un sistema normativo sanzionatorio idoneo a limitare gli illeciti, ma dall’altra si ritiene che tale obiettivo debba essere contemperato con l’esigenza di non penalizzare eccessivamente l’O.E. che voglia “riscattarsi” mediante comportamenti correttivi. Verrebbe, inoltre, leggermente limitato il potere discrezionale delle stazioni appaltanti con l’indubbio vantaggio di ridurre il contenzioso. Di contro, alle stazioni appaltanti lese rimarrebbe il potere di accettare o meno la proposta dell’O.E. in base alla gravità dell’illecito.
3. ANIE
Con riguardo alla previsione di cui all’art 80, comma 5, lettera c) secondo cui sono considerati gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la integrità o affidabilità dell’operatore economico “le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”.
Riteniamo che, allo scopo di dare certezza agli operatori economici, non si possa trattare di ogni forma di risarcimento del danno ( quindi escluse le penali) ma deve essere il “risarcimento di un danno ingente quale conseguenza di un reato definitivamente accertato”. Con riguardo alle “altre sanzioni” non riteniamo che si debba far riferimento alle penali in quanto le stesse sono una forma anticipata di
risarcimento del danno, ma debbano intendersi le “sanzioni accessorie a reati accertati che comportano la interdizioni a contrarre con la PA per almeno un anno”.
Sempre con riguardo ( art. 80, comma 5 lett.c) alla identificazione dei comportamenti che si considerano gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la integrità o affidabilità dell’operatore economico, si condivide il richiamo della Autorità ad una serie di reati espressamente indicati in un elenco che comprende: abusivo esercizio di una professione; delitti contro la fede pubblica; delitti contro l’industria e il commercio; reati fallimentari; reati tributari, societari, ambientali ( che richiamano quanto già previsto dal 38, comma 1 letta b). Occorrerebbe tuttavia precisare che “viene lasciata alla Stazione Appaltante la discrezionalità di valutare l’effettiva incidenza del reato che deve essere effettuata con riferimento alle circostanze dei fatti, al tempo e alle eventuali reiterazioni” in questo modo si riuscirebbero a circoscrivere effettivamente le situazioni rilevanti.
Inoltre per quanto riguarda la rilevanza degli illeciti idonei ad “intaccare l’integrità o l’affidabilità professionale del concorrente o di un suo subappaltatore”, si ritiene che questi elementi debbano essere valutati con riferimento ad un arco temporale, l’Autorità indica come possibili cornici temporali un triennio o un quinquennio.
XXXX ritiene che l’arco temporale da prendere come riferimento dovrebbe essere il triennio, si eviterebbe così di allargare eccessivamente l’efficacia di tale previsione.
Occorre inoltre segnalare l’importanza di un intervento della Autorità volto a chiarire che le cause di esclusione di cui all’art. 80 quanto riguardano il subappaltatore portano l’esclusione di quest’ultimo e non dell’appaltatore.
Ciò peraltro in considerazione di quanto previsto all’art. 105 co. 12 che stabilisce che “l’affidatario deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80”.
4. Assintel
Relativamente al presente documento di consultazione, Assintel ritiene opportuno segnalare il raro ricorso nel mercato dei servizi IT alla risoluzione anticipata prevista al punto 3.1, mentre esiste una variegata casistica relativamente alle penali, la cui applicazione vede comportamenti fortemente difformi tra le varie Amministrazioni. Vi sono infatti Amministrazioni che ritengono corretto applicare le penali solo a fronte di sensibili inadempienze da parte del committente, mentre esistono Stazioni appaltanti che ritengono realistico applicare penali anche al fine di sottolineare l'indipendenza dai fornitori.
In relazione alla contrattualistica, questa fa spesso riferimento a sistemi di misurazione delle penali discostati dalla realtà e difficilmente applicabili. A tale proposito va fatta presente in questo caso la notevole difformità di approccio da parte delle varie Amministrazioni, con il rischio di determinare sperequazioni non giustificate tra le varie situazioni. Sarebbe opportuno, anziché limitarsi allo strumento delle penali, identificare modalità che evidenzino le carenze di esecuzione generate da una offerta insostenibilmente scontata. Ci si è spesso trovati di fronte a offerte economiche autorizzate da manager che, al momento della presentazione dell'offerta, sono già in procinto di lasciare la posizione ricoperta, così che gli effetti della loro azione ricadono sull'Amministrazione, sul mercato e sui loro successori, essendo difficile se non impossibile far risalire la responsabilità su di loro stessi. Sarebbe opportuno, a tale scopo, introdurre una sorta di responsabilità personale dei procuratori che impegnano le Aziende, al fine di evitare questi atteggiamenti largamente diffusi.
5. Assobiomedica
Assobiomedica – Federazione Nazionale delle imprese produttrici e distributrici di dispositivi medici, appartenente a Confindustria, formula con la presente alcune osservazioni in particolare sul punto di quali carenze nell'esecuzione di un precedente contratto possano considerarsi significative ai fini dell'esclusione alla partecipazione di nuove procedure d'appalto, con specifico riferimento agli appalti di forniture in ambito sanitario. Il combinato disposto dell'art 108 Risoluzione e dell'art 80 c.5 lett.c del D.lgs 184/2016 rischia, tuttavia, di rendere l'impresa sostanzialmente indifesa in caso di contestazione della fornitura perché di fatto subisce tutti gli atti unilaterali e discrezionali delle varie Amministrazioni Pubbliche coinvolte. In primo luogo si sottolinea che la normativa prevista dal Codice degli appalti si applica a tutte le fattispecie di contratti pubblici dalla costruzione edile ed impiantistica di opere pubbliche, all'appalto di servizi e di gestione, alla fornitura di prodotti. Fra le fattispecie sopra indicate c'è una grande differenza sia in termini di importi delle commesse, sia riguardo al numero dei rapporti contrattuali intrattenuti in contemporanea. Le aziende che forniscono prodotti (soprattutto in ambito sanitario) possono avere diverse centinaia o anche migliaia di appalti contemporaneamente in corso con amministrazioni diverse ed anche con prodotti diversi su più lotti e con importi molto variabili. Sulla base delle disposizioni in esame è sufficiente ricevere una sola risoluzione contrattuale anche per un singolo lotto, anche per importi minimi, per rischiare di essere coinvolti nel procedimento di risoluzione contrattuale => fattispecie rientrante nei gravi illeciti professionali (lett. c)=> esclusione dalla partecipazione a procedure di appalto future (comma 5).L'art 108 lett. 3) “Risoluzione ” sembrerebbe consentire alla StazioneAppaltante di risolvere unilateralmente il contratto con l'unico onere di acquisire entro 15 giorni le controdeduzioni dell'impresa. Altrettanto dicasi nel caso del ritardo della esecuzione della fornitura (lett. 4). Nell'ambito della fornitura di prodotti, specialmente dei prodotti medico-sanitari monouso destinati agli enti del servizio sanitario nazionale, ci possono essere diverse situazioni in cui il prodotto fornito non soddisfa le esigenze della Stazione Appaltante ma non sempre ciò è imputabile a responsabilità del fornitore. Accade a volte che il capitolato di gara sia carente o impreciso nelle caratteristiche richieste, oppure che siano stati aggiudicati prodotti a prezzo basso che non soddisfano gli utilizzatori, che siano aggiudicati prodotti che poi hanno performance diverse oppure che, a seguito della centralizzazione regionale degli acquisti, i prodotti aggiudicati a livello di centrale di acquisto devono poi essere utilizzati da diversi enti periferici, e lo stesso prodotto può essere apprezzato ad alcuni enti mentre altri non lo ritengono idoneo, oppure che vi siano prodotti con proprietà differenti da quelli in uso precedentemente e a cui erano abituati gli utilizzatori, i quali spesso non intendono modificare le procedure operative oppure che ci siano differenze operative di procedure e di protocolli terapeutici. Riguardo al ritardo della fornitura previsto al comma 4 dello stesso articolo 108, può succedere a volte raramente che il fornitore di materie prime o di componenti di uno delle migliaia di appalti/lotti di fornitura aperti ritardi la consegna (alcuni dispositivi monouso sono di produzione asiatica) e questo provoca ritardi nella fornitura alla stazione appaltante e quindi “il responsabile unico dell'esecuzione scaduto il termine assegnato di 10 giorni risolve il contratto, fermo restando il pagamento delle penali”. Ora qui non si vuole certamente “svincolare” l'appaltatore dalle responsabilità in caso di inadempienze contrattuali, ma si sottolinea che potrebbe risultare già sufficientemente punitiva la sanzione per l'inadempimento contrattuale come l'escussione della cauzione, l'applicazione di penali e l'acquisto in danno che rimborsano la Stazione Appaltante per eventuali aggravi economici o gestionali. Nell'art 108 sulla risoluzione non è previsto l'inadempimento "semplice" (senza colpa grave) del fornitore ma la norma descrive solo il "grave inadempimento" previsto al comma 3. La stazione appaltante può unilateralmente accertare il “grave” inadempimento in presenza di un prodotto non gradito (come si è visto anche con considerazioni arbitrarie) oppure in
presenza di un ritardo nella consegna di un prodotto. L'intervento di un giudice terzo è previsto solo se il provvedimento di esclusione viene contestato dall'appaltatore con i tempi e le incertezze dei processi civili (e comunque il procedimento interessa l'appalto oggetto di risoluzione e non le migliaia di appalti andate a buon fine). L'appaltatore potrà anche impugnare in sede giudiziale l'illegittimità della risoluzione per grave inadempimento, ma stante la tempistica processuale potrebbe avere ragione dopo molti anni e nel frattempo si applicherebbe la possibile esclusione dalla procedure di appalto con conseguenze “letali” in brevissimo tempo. Dal dettato normativo neppure rileva la notizia della risoluzione sul Casellario Informatico Anac (che dovrebbe avvenire dopo un'istruttoria sentite le parti) infatti è sufficiente che la Stazione appaltante che bandisce il nuovo appalto “dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali”.Tra i “mezzi adeguati” che la stazione appaltante deve utilizzare per dimostrare che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi comportamenti illeciti rientrano tutti gli altri strumenti idonei ad acquisire certezza della notizia, quali, ad esempio, fatti certificati in sede amministrativa o giurisdizionale e fatti attestati da altre stazioni appaltanti (es. il provvedimento di risoluzione), o resi noti attraverso altre modalità (es. la comunicazione di un concorrente). Alla discrezionalità della stazione appaltante che risolve un contratto, si somma la discrezionalità della stazione appaltante che bandisce un nuovo appalto e che deve valutare la “gravità” della risoluzione pregressa. Il tutto senza passare né da una pronuncia giudiziale, né dal Casellario informatico. Concludendo le criticità del quadro normativo sono principalmente in due direzioni:1) La non-proporzionalità fra l'evento una singola risoluzione contrattuale e il rischio concreto di inabilità a contrattare con la P.A. con conseguente inevitabile rischio per l'attività aziendale. 2) La totale discrezionalità sia della risoluzione contrattuale pregressa dell'art 108, sia della “motivata valutazione” della stazione appaltante che bandisce il nuovo appalto che sono atti unilaterali delle due stazioni appaltanti non sottoposte al controllo di alcun ente terzo né amministrativo né giurisdizionale e che l'impresa può solo subire senza possibilità di contraddittorio o di difesa. Proposte: 1) Nel caso di applicazione dell'art 108 prevedere una tipologia di Risoluzione “semplice” in assenza di grave inadempimento e in assenza di assenza di colpa grave che permetterebbe alla stazione appaltante di risolvere il contratto senza fare entrare l'impresa nel procedimento Risoluzione contrattuale (comma 5). 2) Prevedere la dimostrazione a carico della Stazione Appaltante che risolve il contratto ex art 108 che l'inadempimento sia davvero grave per la stessa. Si dovrebbe prevedere un obbligo di dimostrare reali extra costi sostenuti, danni economici o gestionali o riduzioni comprovate nelle prestazioni.
3) Raccomandare alle Stazioni Appaltanti di tentare soluzioni di bonario componimento ove possibile prima di dichiarare risolto il contratto ex art 108 e rendere effettivo il contraddittorio con la previsione di un verbale delle rispettive posizioni.
4) Riguardo alla esclusione dalla partecipazione a future gare di appalto dovrebbe essere previsto un tempo massimo (es. di due anni) nel quale una precedente risoluzione contrattuale può rilevare su future procedure di appalto.5) Per rilevare sul future procedure di appalto la risoluzione contrattuale pregressa dovrebbe coinvolgere la stessa tipologia di prodotti. 6) Rafforzare il concetto di proporzionalità. 7) Prevedere l'accertamento giudiziale.8) Rendere necessaria l'annotazione della risoluzione contrattuale sul Casellario Informatico perché questa abbia rilevanza su procedure di appalto future.
6. ANAS
a) Profilo temporale
Prima di entrare nel merito delle linee guida in commento, si rileva l’opportunità di applicare la causa di esclusione prevista dall’art. 80, co. 5, lett. c) del nuovo Codice alle condotte poste in essere dall’operatore anche in data antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016.
Ciò in quanto il discredito espresso in relazione ai comportamenti che concretano i “gravi illeciti professionali” di cui all’art. 80, co. 5, lett. c) D.Lgs. n. 50/2016 (risoluzione in danno del contratto; tentativo di influenzare indebitamente le decisioni della stazione appaltante etc.) non appare diverso né, tantomeno, innovativo rispetto a quello già manifestato rispetto alle medesime condotte dal D.Lgs. n. 163/2006.
Ne è riprova, del resto, il fatto che, collocandosi in termini di continuità rispetto alla previgente impostazione, codesta Autorità abbia ricondotto nell’ambito della causa di esclusione in esame le fatti- specie già previste dall’art. 38, co.1, lett. c) e f) del D.Lgs. n. 163/2006.
b) Differenziazione del regime di esclusione
Si evidenzia la necessità di differenziare il procedimento che conduce all’esclusione degli operatori economici descritto dalle linee guida di codesta Autorità in relazione alle singole fattispecie escludenti declinate dall’art. 80, co. 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016.
Si ritiene, infatti, che esigenze di celerità e di economicità del procedimento di gara ostino alla possibilità di prevedere l’attivazione, sempre e comunque, a cura della stazione appaltante, di un sub- procedimento in contraddittorio con l’operatore, finalizzato ad accertare se lo stesso abbia o meno adottato misure idonee a prevenire la commissione di ulteriori illeciti o reati.
Segnatamente, una tale verifica sembrerebbe doversi escludere in tutte quelle ipotesi in cui il comportamento che concreta il “grave illecito professionale” sia di tale gravità da escludere, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, l’ammissibilità stessa di una prova contraria. Rientra-no, in tale casistica, tutte le ipotesi di risoluzione in danno del contratto disposti da parte della stessa Amministrazioni aggiudicatrice per grave negligenza dell’operatore ovvero le eventuali pronunce di condanna passate in giudicato emanata nei confronti dell’operatore medesimo per reati che incidano sulla moralità professionale.
Di contro, l’attivazione di un contraddittorio con il concorrente può avere una sua utilità nel caso in cui la risoluzione in danno del contratto, riportata sul Casellario o appresa per altre vie, sia stata di-sposta da altre Amministrazioni aggiudicatrici.
c) Subprocedimento in contraddittorio
Sotto diverso profilo, giova segnalare come l’attivazione del subprocedimento in contraddittorio con l’operatore produca, inevitabilmente, l’effetto di dilatare i tempi di conclusione del procedimento di gara, imponendo alla stazione appaltante lo svolgimento di verifiche ed approfondimenti che, oltre ad esulare dal suo ambito di operatività, non trovano un immediato riscontro nel dato normativo.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici, infatti, se da un lato ammette l’operatore “a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”, dall’altro, non specifica in quale sede tale prova debba essere fornita né, tantomeno, pone in capo alla Stazione appaltante l’obbligo di attivare uno specifico procedimento di accertamento in tal senso.
Né diversamente potrebbe ritenersi ove si consideri che, con riferimento alle diverse tipologie di “grave illecito professionale” declinate dall’art. 80, co. 5, lett. c) e dalle linee guida dell’X.X.XX., le stazioni appaltanti non dispongono spesso degli occorrenti strumenti di accertamento.
Basti pensare, a titolo esemplificativo, al fatto che le Amministrazioni aggiudicatrici non esercitano poteri ispettivi idonei a dimostrare che determinate condotte dell’operatore siano “connotate dalla volontaria e consapevole intenzione” di influenzare la formazione della volontà della stazione appaltante.
Alla luce di quanto sin qui detto, in un’ottica intesa a contingentare i tempi di conclusione del procedimento di gara – evitando nel contempo, alla stazione appaltante, l’obbligo di attivazione del subprocedimento in contraddittorio con l’operatore – si ravvisa la necessità di esplicitare, nel testo delle linee guida, in maniera chiara ed inequivocabile, l’obbligo degli operatori economici di indicare, nel DGUE, tutte le fattispecie di “gravi illeciti professionali” in cui i medesimi siano incorsi.
Segnatamente, in tale ambito, gli operatori dovranno indicare non solo tutte le eventuali pronunce definitive di condanna emanate nei loro confronti e le precedenti risoluzioni del contratto in cui sia-no incorsi (risalenti fino al quinquennio antecedente alla data di stipulazione del contratto), ma anche tutte le misure dagli stessi adottate per impedire la possibile verificazione di ulteriori reati o ille-citi.
La completezza delle informazioni rese dall’operatore in sede di DGUE e di quelle disponibili sul Casellario dell’Autorità consentirebbe infatti alle stazioni appaltanti di poter procedere speditamente alle proprie valutazioni, escludendo o consentendo la partecipazione degli operatori alla gara, evitando inutili lungaggini del procedimento.
In alternativa a quanto sopra descritto, si rileva l’opportunità di fissare - o con regolamento interno della Stazione appaltante o, direttamente, nell’ambito delle linee guida di codesta Autorità - dei termini, stringenti e di natura perentoria, per l’eventuale svolgimento del subprocedimenti in contraddittorio con l’operatore.
Posto che subprocedimento descritto nelle linee guida ricalca il modello del preavviso di rigetto di cui alla L. n. 241/1990, si ritiene che, analogamente a quanto previsto dalla predetta legge, e sulla falsariga di quanto già accade per il soccorso istruttorio, ove la stazione appaltante intenda escludere un operatore dalla gara, la stessa debba assegnare al concorrente un termine non superiore a 5/10 giorni per presentare eventuali osservazioni. Decorso inutilmente tale termine, l’operatore dovrà esse-re escluso dalla gara. Ove abbia presentato osservazioni, la stazione appaltante potrà escluderlo motivando, nel proprio provvedimento di esclusione, anche con riferimento a dette osservazioni, ma non potrà essere consentito alcun ulteriore confronto sugli elementi forniti.
7. Anip - Confindustria
a) Con riferimento al paragrafo 2
Con riferimento soprattutto alle ipotesi di reato ricondotte nel documento in consultazione nella categoria dei gravi illeciti professionali rilevanti ai fini della esclusione da una gara, ai fini di certezza del diritto e di evitare il proliferare di contenzioso teso a dipanare dubbi interpretativi ed applicativi della norma in questione, occorre individuare in modo preciso e dettagliato quali soggetti dell’impresa devono essere destinatari di condanne per tali reati affinché ciò determini una causa di esclusione dalle gare di un operatore economico.
Nel caso in cui il legislatore volesse far riferimento ai soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 80, D.Lgs.
n. 50/2016, per le medesime finalità dianzi rappresentate, occorrerebbe precisare cosa si deve intendere per:
• membri del consiglio di direzione
• membri del consiglio di vigilanza (i componenti dell’organismo di vigilanza?)
• soggetti muniti di poteri di rappresentanza (i procuratori? Se si quali?), di direzione (il direttore generale e i direttori di settori dell’azienda? Ma anche se non hanno potesi rappresentativi o di spesa?) o di controllo (il collegio sindacale e/o la società di revision?)
• direttore tecnico (il responsabile tecnico è assimilato al DT?).
Con riferimento, poi, al richiamo al profilo temporale contenuto a pagina 4, sembra opportuno che vengano considerati anche gli illeciti professionali accertati, commessi in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016, prendendo comunque in considerazione l’ambito temporale massimo di un anno, così come anche successivamente detto. Diversamente disponendo, si potrebbe creare una sorta di impunità, del tutto immotivata, per gli illeciti commessi prima dell’entrata in vigore di detto decreto.
b) Con riferimento al paragrafo 3.1
Così come correttamente rilevato anche da codesta Spettabile Autorità, l’articolo 80, comma 5, lettera c) del D.Lgs. n. 50/2016, nell’individuare una possibile causa di esclusione di un operatore economico dalle gare nelle carenze significative dallo stesso poste in essere nell’esecuzione di un precedente contratto, precisa che affinché possano configurarsi come causa di esclusione dette carenze devono avere avuto rilevanza tale da aver determinato la risoluzione di un precedente rapporto contrattuale (sembra peraltro trattarsi di un richiamo alla importanza dell’inadempimento che, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1455 Cod. Civ., deve sussistere ai fini della risoluzione di un contratto). A ciò si aggiunga che, la norma in esame vincola ulteriormente la valutazione in merito alla configurabilità o meno di una tale ipotesi di esclusione, prevedendo espressamente che all’esclusione si possa procedere solo nel caso in cui la risoluzione del precedente contratto per significative carenze dell’esecutore non sia stata contestata in giudizio o, se contestata in giudizio, quest’ultimo si sia concluso con una condanna dell’operatore economico al risarcimento del danno o ad altre sanzioni.
Alla luce di quanto sopra, nell’ipotesi in esame potrebbe, pertanto, risultare fuorviante il contenuto del penultimo capoverso di pagina 5 del documento in consultazione, laddove sembra voler rimettere alla mera discrezionalità di una stazione appaltante la valutazione in ordine alla “idoneità della carenza accertata a far venir meno la fiducia della (medesima) stazione appaltante nell’impresa”, senza tener in considerazione, quale presupposto logico della valutazione stessa, l’ascrivibilità della risoluzione del
precedente contratto all’impresa. Al fine di evitare equivoci o contrasti interpretativi, disparità di trattamento, incremento del contenzioso e dare maggior certezza e stabilità al dettato normativo, appare invece necessario chiarire che la valutazione della stazione appaltante in ordine alla sussistenza o meno della causa di esclusione in parola può essere svolta solo nel caso in cui (i) si tratti di carenze che abbiano determinato la risoluzione di un precedente contratto di appalto; (ii) tale risoluzione non abbia formato oggetto di contenzioso in sede giurisdizionale; e (iii) ove la risoluzione abbia generato contenzioso, lo stesso si sia concluso con la condanna dell’impresa inadempiente.
Quanto rappresentato nel menzionato penultimo capoverso di pagina 5 può costituire invece un’ulteriore (rispetto a quelle indicate dal legislatore all’articolo 80, comma 5, lettera c) del D.Lgs. n. 50/2016) ipotesi di cause di esclusione. I canoni quivi tracciati corrispondono, infatti, a quelli che le stazioni appaltanti dovrebbero seguire ai fini della individuazione di altre ipotesi di colpevolezza (diverse rispetto a quelle legate agli inadempimenti posti in essere nell’ambito di un precedente rapporto contrattuale), idonee a configurare illeciti professionali o comunque condotte atte a rendere dubbia la integrità o affidabilità di un operatore economico.
Circa la riconduzione dell’applicazione di penali per un importo pari al 10% del valore del contratto all’interno dell’accezione “altre sanzioni” contenuta nell’articolo 80 comma 5, lettera c), appare opportuno precisare come dal tenore del testo normativo sembra evincersi che con la richiamata locuzione il legislatore voglia riferirsi a sanzioni applicate all’esito di un giudizio e non già a quelle, come le penali, che la stazione appaltante può applicare nel corso dell’esecuzione di un contratto. Piuttosto, l’applicazione di penali per un importo pari al 10% del valore complessivo del contratto è un’ipotesi che rileva, per giurisprudenza che può ritenersi ormai consolidata, ai fini della risoluzione del contratto stesso e che, quindi, ricade nell’ipotesi di esclusione causata dalla risoluzione di un precedente contratto fin qui vagliata.
c) Altre questioni
Occorre identificare in modo preciso il periodo durante il quale conserva rilevanza l’illecito professionale posto in essere dal concorrente. Il tempo massimo, anche in continuità con la previgente normativa, potrebbe essere di un anno.
Occorre chiarire in quali casi gli illeciti professionali da riferire al subappaltatore sono idonei a determinare l’esclusione del concorrente (ma la stessa questione si pone anche con riferimento alle cause di esclusione di cui al comma 1 del medesimo articolo e, più in generale, in tutti i casi in cui l’esclusione di un concorrente può essere determinata da vicende soggettive di un subappaltatore).
A tal riguardo non può non evidenziarsi l’illogicità dell’impianto normativo, che si evince in modo chiaro da una lettura sistematica di alcune norme contenute nel D.Lgs. n. 50/2016.
Ma andiamo per gradi!
Notoriamente (e, si potrebbe dire, da sempre) quello del subappalto è un istituto teso a consentire ad un appaltatore (quindi, all’aggiudicatario di una gara) l’affidamento in esecuzione a un soggetto terzo di una parte di un contratto d’appalto, non già invece (se non nella circoscritta e peculiare ipotesi del c.d. “subappalto obbligatorio”) a sopperire alla mancanza in capo al concorrente di un requisito prescritto ai fini della partecipazione ad una gara (al più, si ricorre al subappalto per sopperire ad un c.d. “requisito di esecuzione” il cui possesso è necessario che sussista solo dopo dell’aggiudicazione definitiva e ai fini
dell’esecuzione del contratto). L’istituto che, invece, consente l’utilizzo da parte di un operatore economico di un soggetto terzo ai fini del possesso (e della comprova) di un requisito di partecipazione ad una gara è quello dell’avvalimento.
Pertanto, un concorrente può avvalersi di un soggetto terzo solo ai fini della partecipazione ad una gara, mentre normalmente ricorre al subappalto solo per affidare ad un soggetto terzo l’esecuzione di parte delle attività oggetto del relativo contratto (a seguito dell’aggiudicazione in proprio favore di detta gara).
All’articolo 105, comma 7 del D.Lgs. n. 50/2016 è poi previsto, così come lo era nella previgente normativa, un momento successivo all’aggiudicazione della gara per il deposito presso la stazione appaltante, tra l’altro, della documentazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di ordine generale (di cui all’articolo 80 del D.Lgs. n. 50/2016) e dei requisiti di ordine speciale.
Alla luce di quanto sopra brevemente esposto, appare pertanto del tutto illogico che, così come risulta dal combinato disposto degli articoli 80, comma 5 (e del precedente comma 1), 105, comma 6 e 89, comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016 mentre, nel corso di una gara di rilevanza comunitaria, le vicende soggettive del subappaltatore determinano l’esclusione del concorrente, le vicende soggettive dell’ausiliario determinano esclusivamente l’obbligo per il concorrente di sostituire l’ausiliario stesso con altro operatore economico in capo al quale non sussistano cause di esclusione.
La combinazione di tali norme determina pertanto l’assurda conseguenza che anche se il subappaltatore non ha alcuna incidenza sul possesso dei requisiti e, quindi, sulla capacità del concorrente di partecipare alla gara, la sussistenza in capo al medesimo subappaltatore di una causa di esclusione ex articolo 80 determina (ai sensi degli articoli 80 comma 5 e 105, comma 6) l’esclusione del concorrente dalla gara; al contrario, anche se l’ausiliario incide necessariamente sul possesso dei requisiti e, quindi, sulla capacità del concorrente di partecipare alla gara, la sussistenza in capo al medesimo ausiliario di una causa di esclusione ex articolo 80 (ai sensi dell’articolo 89, comma 3) non comporta l’esclusione del concorrente dalla gara, ma obbliga il concorrente a sostituire l’ausiliario con altro in possesso dei requisiti di moralità necessari.
Orbene, l’articolo 89, comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016 appare a nostro avviso una norma equilibrata, atteso che con la stessa viene posto rimedio alla “stortura giuridica” rappresentata nella previgente disciplina dalla comminatoria dell’esclusione del concorrente da una gara per una sorta di responsabilità in vigilando rispetto alla moralità dell’ausiliario; ciò, pur in assenza in capo al medesimo concorrente dei necessari poteri di controllo sull’effettivo possesso dei requisiti da parte dell’ausiliario stesso. Non si comprendono però le ragioni per le quali si voglia ora replicare le medesime ingiuste (e ingiustificate) disposizioni nel caso del subappalto.
Quello che appare corretto prevedere è, semmai, che il concorrente possa essere escluso da una determinata gara a seguito dell’accertata sussistenza di una delle cause di cui al menzionato articolo 80 a carico del subappaltatore, nella sola ipotesi in cui il subappaltatore concorra effettivamente con i propri requisiti al soddisfacimento dei requisiti di ordine speciale necessari al concorrente per poter essere ammesso a detta gara. Nel caso in cui, invece, il subappaltatore non concorra con i propri requisiti al soddisfacimento dei requisiti di ordine speciale necessari al concorrente per poter essere ammesso ad una determinata gara, l’accertata sussistenza di una delle cause di cui al menzionato articolo 80 a carico del subappaltatore determina esclusivamente l’obbligo del concorrente di sostituire il subappaltatore (così come, peraltro, attualmente sembra prevedere l’articolo 105, comma 12 del D.Lgs. n. 50/2016 per
la sola ipotesi in cui la sussistenza in capo al subappaltatore di una tale causa di esclusione venga accertata nel corso dell’esecuzione del contratto di appalto).
d) Con riferimento all’indicazione di eventuali ulteriori fattispecie idonee ad incidere sul rapporto fiduciario con la stazione appaltante e ai relativi mezzi di prova
Una fattispecie che può avere incidenza sul rapporto fiduciario tra una stazione appaltante e un determinato operatore economico è quella relativa all’abuso da parte di quest’ultimo dello strumento della verbalizzazione di contestazioni nei documenti contabili relativi all’esecuzione di un contratto di servizi (le cosiddette “riserve” dei contratti di lavori pubblici).
Come rilevato in passato anche da codesta Spettabile Autorità, spesso tale strumento è stato utilizzato al solo fine di ottenere/riconoscere, anche tramite il ricorso all’Accordo bonario, compensi ulteriori rispetto a quelli contrattualmente previsti sulla base dell’offerta presentata e necessari al fine di porre rimedio alle conseguenze nefaste derivanti da offerte eccessivamente basse e in grado di compromettere, da un lato, qualsiasi forma di remuneratività per l’operatore economico e, dall’altro lato, la qualità dei servizi da eseguire.
Trattasi di questioni che sembrano meritevoli di considerazione ai fini della configurazione di un’autonoma causa di esclusione; ciò, soprattutto se, come sembra potersi ritenere, le ipotesi qui considerate non debbano essere prese in considerazione ai fini della valutazione del livello di litigiosità delle imprese che costituisce uno degli elementi su cui si basa la determinazione del Rating di impresa di cui all’articolo 83, comma 10 del D.Lgs. n. 50/2016.
I relativi mezzi di prova potrebbero essere garantiti attraverso la comunicazione e la tenuta dei dati relativi alle procedure di Accordo bonario esperite e ai risultati delle stesse, dalla cui analisi si potrebbe rilevare la fondatezza o la pretestuosità delle contestazioni verbalizzate dagli operatori economici. In particolare, detta analisi potrebbe essere svolta con riferimento ad informazioni quali (i) l’esito delle valutazioni fatte da RUP/Direttori dell’esecuzione a fronte delle contestazioni verbalizzate, in ordine alla sussistenza o meno, nei diversi casi registrati, dei presupposti per l’attivazione della procedura di Accordo bonario, (ii) le differenze tra l’ammontare delle contestazioni verbalizzate e gli esiti degli Accordi bonari esperiti.
8. Assinform
In relazione al paragrafo 2 si ritiene di dubbia legittimità l’individuazione quale cause di esclusione di ipotesi delittuose diverse da quelle previste dall’art. 80, comma 1, del D.lgs. n. 50/2016, tanto in relazione al divieto di gold plating quanto in considerazione all’art. 80, comma 13, del medesimo decreto, che sembra demandare alle linee guida la individuazione di quali mezzi di prova siano da considerarsi adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c) e non la individuazione di nuove ipotesi delittuose idonee a determinare l’esclusione. Al riguardo si segnala che la estensione della esclusione anche a reati ulteriori a quelli ora elencati nel comma 1 era stata espressamente proposta dal Consiglio di Stato, ma tale proposta non era stata raccolta dal legislatore, se non limitatamente alla introduzione della lett. g) del comma 1 (che collega l’esclusione alla condanna accessoria della incapacità di contrattare con la PA).
Ancora con riferimento al paragrafo 2, l’ANAC precisa che ai fini dell’esclusione dalla partecipazione alle gare pubbliche di cui al comma 5 dell’articolo 80 del Codice “deve essere attribuita rilevanza ad
ogni comportamento contrario al principio di buona fede tenuto nel corso di una procedura contrattuale e ad altre forme di grave violazione dei doveri professionali, come ad esempio, l’adozione nei confronti dell’operatore economico di provvedimenti di condanna, divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato, dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica”. Si ritiene opportuno che - ai fini dell’esclusione dalla partecipazione alle gare pubbliche - sia precisata in maniera chiara la rilevanza dei provvedimenti di condanna (divenuti inoppugnabili o passati in giudicato) per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust unicamente nel caso in cui tali provvedimenti presentino entrambe le caratteristiche evidenziate: (i) gravità e (ii) effetti sulla contrattualistica pubblica. Per quanto riguarda le pratiche commerciali scorrette occorre evidenziare come tale fattispecie sia regolata dal Codice del Consumo (che, per sua natura, ha come finalità la tutela dei consumatori. Pertanto, si ritiene difficilmente ipotizzabile una pratica commerciale scorretta che possa avere effetti sulla contrattualistica. A tal fine, si richiede di emendare il documento, eliminando il riferimento alle pratiche commerciali scorrette (paragrafo 2, pag. 3). Per quanto riguarda il profilo temporale, si richiede che sia precisata in maniera chiara la rilevanza - ai fini dell’esclusione dalla partecipazione alle gare pubbliche - unicamente ai provvedimenti di condanna che si riferiscano a fattispecie verificatesi in epoca successiva all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti. Si ritiene che quanto sopra rappresentato costituisca un ragionevole punto di equilibrio tra l’esigenza di garantire l’integrità e l’affidabilità degli operatori economici partecipanti alle gare pubbliche e l’esigenza di consentire la massima partecipazione alle gare medesime.
Con riferimento al paragrafo 3.1. del documento di consultazione, l’ANAC interpreta l’art. 80, comma 5, prevedendo, tra le ipotesi esemplificative che possono giustificare l’esclusione dell’operatore economico dalla gara, le “significative e persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che hanno causato la risoluzione anticipata ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”. Si ritiene che debba chiarirsi che la mera richiesta di risarcimento del danno non possa determinare una causa di esclusione, stante il disposto dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 che collega la esclusione alla condanna al risarcimento del danno e non potendosi considerare sanzione la mera richiesta risarcitoria, essendovi contraddizione con la irrilevanza delle risoluzioni in danno laddove contestate in giudizio. Parimenti sembra opportuno chiarire che le penali rilevanti siano solo quelle non contestate. Inoltre, tra le “altre sanzioni” che possono dar luogo all’esclusione, si prevedono “tutti i rimedi azionabili dalla stazione appaltante in conseguenza dell’inadempimento della prestazione”. Tra essi si fanno - inter alia - esempi riferiti a escussione di cauzione o di fideiussione nei casi previsti dall’art. 103 del Codice, ovvero all’applicazione di penali contrattuali nella misura, si legge, pari indicativamente al 10% del valore dell’appalto.
La sopra sinteticamente riferita prospettazione desta perplessità e preoccupazione.
Innanzitutto l’interpretazione resa dall’ANAC di “ricomprendere anche le carenze riscontrate nell’esecuzione di contratti stipulati con altre amministrazioni…” non appare condivisibile anche in considerazione del fatto che la norma in commento, come d’altra parte riconosciuto dalla stessa ANAC, non introduce alcuna precisazione sul punto. Tra l’altro, proprio tenuto conto che la norma parla di “un precedente contratto” e non semplicemente di un “altro” contratto, sembra voglia fare riferimento esclusivamente ai “precedenti” rapporti negoziali intercorsi con la stazione appaltante. Deve poi tenersi
in considerazione che l’art. 38, comma 1, lett. f), del decreto legislativo n. 163 del 2006 faceva riferimento alla sola stazione appaltante che bandisce la gara.
Sempre a tale proposito, considerando che “La norma individua alcune fattispecie… ritenute idonee ad incidere sul rapporto fiduciario che deve intercorrere tra stazione appaltante e l’operatore economico” (e ciò viene riconosciuto espressamente dall’ANAC a pag. 1 del documento di consultazione), ci sembra che la valutazione circa la sussistenza o meno di tale requisito fiduciario non possa essere resa prendendo a riferimento contratti nei quali la stazione appaltante non era parte. Premesso quanto sopra, la bozza di linee guide distingue, poi, tra carenze in un contratto d’appalto stipulato con la stessa amministrazione che bandisce la gara, dalle carenze riferite a contratti stipulati con altre amministrazioni. Nel primo caso, l’accertamento delle sanzioni o dell’inadempimento viene effettuato dalla stessa stazione appaltante attraverso la consultazione della documentazione in proprio possesso. Negli altri casi, le amministrazioni potranno provvedere all’accertamento attraverso la consultazione del casellario dell’Autorità ovvero ricorrendo “a qualsiasi mezzo di prova” e, quindi, a fatti certificati in sede giurisdizionale od amministrativa e/o a fatti attestati o “resi noti attraverso altre modalità”. Per dimensioni e complessità organizzativa, una azienda di dimensioni importanti, potrebbe ritrovarsi esposta a rendere dichiarazioni senza che le sia ancora noto se un determinato contratto sia stato effettivamente o meno oggetto di applicazione di penali contrattuali ed in quale misura (si prenda il caso in cu la stazione appaltante trattiene l’importo della penale dal pagamento del corrispettivo fatturato). E’ appena il caso di rilevare come in molti casi, il committente applica penali contrattuali per inadempimenti di scarsa importanza che, comunque, non incidono sul sostanziale adempimento contrattuale. E, con altrettanta frequenza, l’appaltatore finisce con l’evitare la contestazione delle penali contrattuali attraverso l’instaurazione di onerosi e lunghi procedimenti giudiziari. Contestazione giudiziaria che diventerebbe pressoché inevitabile, contribuendo alla crescita del contenzioso, qualora tale interpretazione dovesse essere confermata. E’ chiaro, infatti, che se la mancata contestazione della penale contrattuale comporta la potenziale impossibilità di rendere la dichiarazione ex art. 80 comma 5 lettera c), non ci sarà alternativa al rimedio giurisdizionale cui si sarà inevitabilmente indotti. Stante quanto sopra, riteniamo che la dichiarazione ex art. 80 comma 5 lettera c), debba riferirsi ed essere limitata alla stazione appaltante che indice la gara e nei cui confronti è resa la dichiarazione medesima. Inoltre, andrebbe riconsiderata l’inclusione tra le cause di esclusione dell’applicazione di penali che eccedono il 10% del valore contrattuale in quanto oggettivamente esorbitante rispetto alle conseguenze applicate, limitandolo ai casi di risoluzione contrattuale non contestata in giudizio.
In relazione al paragrafo 4 si ritiene di dubbia legittimità l’individuazione quale causa di esclusione dei reati commessi nell’interesse dell’ente, posto che all’art. 80, comma 5, lett. f), del D.lgs. n. 50/2016 individua quale causa di esclusione la condanna della società alla sanzione interdittiva di cui all'articolo 9, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, o ad altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, compresi i provvedimenti interdittivi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e non sembra legittimare una esclusione laddove il reato commesso nell’interesse dell’ente non abbia comportato la adozione di siffatte sanzioni.
Sempre in relazione al paragrafo 4 si ritiene opportuno precisare che la dichiarazione in ordine all’assenza di sentenze di condanna non deve riguardare anche i soggetti di cui all’art. 5, comma 1, lett.
b) del d.lgs. n. 231/2001. Estendere un tale obbligo dichiarativo ad ogni persona sottoposta ai poteri di direzione o vigilanza del vertice societario conduce l’obbligo ad una latitudine eccessiva, specie per le imprese di dimensioni medie o grandi, e pressoché inesigibile, non potendosi obbligare i dipendenti a
presentare il certificato penale. Appare poi irrazionale che reati più gravi (quali quelli di cui al comma 1) rilevino solo se compiuti dalle persone di cui all’art. 80, comma 3, del codice mentre reati di minore rilievo, al punto da comportare una ipotesi solo facoltativa di esclusione, rilevino anche se compiuti da persone con ruoli inferiori nell’organigramma. La prevista limitazione della rilevanza degli illeciti commessi da tale soggetti solo allorché commessi nell’interesse dell’ente non sembra, d’altronde, idonea a restringere l’irragionevole estensione dell’obbligo dichiarativo, dato che il paragrafo 4 specifica la necessità di dichiarare tutte le sentenze passate in giudicato.
9. Assoimmobiliare
Premessa
I temi trattati nel nuovo codice appalti e le sue linee guida da parte dell'Anac segnano elementi di grande innovazione e si chiude l’era delle aggiudicazioni solo al prezzo più basso e dei ribassi anomali. La scelta di limitare il massimo ribasso è una grande opportunità per rilanciare la ricerca e l’investimento delle Aziende al fine di poter proporre soluzioni vantaggiose e migliorative.
Ulteriore elemento di novità che amplia la possibilità di partecipazione è la reintroduzione dell’anticipazione del 20% del prezzo nei confronti delle imprese.
Vi un altro aspetto certamente positivo, che non tarderà a mostrare i suoi benefici, ovvero quello della qualificazione sia delle stazioni appaltanti, sia degli operatori economici.
Questi alcuni degli elementi qualificanti e Assoimmobiliare vuole dare un contributo allo sviluppo ed nell’affinamento di queste importanti nuove regole.
Avvertiamo chiaramente infatti, che vi è necessità di fare squadra con tutte le componenti istituzionali, e fra queste l’Autorità Nazionale Anticorruzione, che si occupano direttamente ed indirettamente dell' industria immobiliare e con i soggetti pubblici che hanno un ruolo attivo come Demanio, Consip e Cdp in particolare, oltre agli Enti Locali (sistema ANCI) alimentando un dibattito proficuo e stimolante per applicare regole certe e chiare che rispondano alle esigenze di un mercato globale.
***
E’ dubbio che possano avere rilevanza le condanne penali per reati commessi nell’esercizio della professione elencate dall’A.N.A.C. In questo modo, la categoria dei reati in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale, volutamente espunta dalle autonome cause di esclusione, rientrerebbe in gioco, con un effetto di dubbia coerenza con le intenzioni del legislatore.
Si osserva in proposito che l’esemplificazione legislativa (art. 80, comma 5, lett. c) sembra alludere a situazioni strettamente aderenti alla gestione di pregressi rapporti professionali dell’operatore con la stazione appaltante (anche diversa da quella che abbia bandito la gara di cui si tratti); per cui l’ampliamento del novero delle situazioni rilevanti ai reati richiamati dall’A.N.A.C. potrebbe finire per ricomprendere situazioni eccessivamente generiche rispetto agli obiettivi ricavabili dal contesto normativo. Con rischio di proliferazione del contenzioso.
Inoltre, non è chiaro il motivo per cui l’A.N.A.C. sottolinea l’esigenza che la vicenda risolutiva di precedente rapporto contrattuale debba risultare da accertamento giudiziale passato in giudicato;
mentre ritiene - poi - non necessario l’accertamento della responsabilità contrattuale del contraente in relazione alla più generale situazione di inadempimento contrattuale, giudicando sufficiente, in questo caso, una motivata valutazione della PA in ordine all’inidoneità della carenza accertata a far venire meno la fiducia della stazione appaltante nell’impresa.
10. Assonime
L’articolo 80, comma 13, del Codice dei contratti pubblici prevede che “con linee guida l’Anac (…) può precisare, al fine di garantire omogeneità di prassi da parte delle stazioni appaltanti, quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c)”.
Nella bozza di linee guida sottoposta a consultazione l’Anac dà attuazione a quanto richiesto dal comma 13, soffermandosi sui mezzi di prova (paragrafo 4 del documento di consultazione) e sulle carenze da considerare significative (paragrafo 3.1).
Inoltre, in aggiunta a quanto previsto dal Xxxxxx, nel documento di consultazione viene fornita un’interpretazione delle varie fattispecie sostanziali che costituiscono per l’operatore economico “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (art. 80, comma 5, lettera c), con riferimento alle ipotesi indicate nella norma e ad altre situazioni potenzialmente rilevanti.
Rispetto al documento di consultazione, che appare nel complesso ben strutturato, teniamo a sottolineare l’importanza del richiamo al criterio di proporzionalità come principio guida, per le stazioni appaltanti, nella valutazione dei comportamenti posti in essere dalle imprese ai fini dell’esclusione dalla partecipazione alle procedure di appalto. Questo criterio infatti è quello che sulla base della giurisprudenza nazionale e europea consente di trovare l’equilibrio tra l’esigenza di affidabilità degli operatori e quella di assicurare la massima partecipazione alle gare.
A nostro avviso, il documento dovrebbe indicare più chiaramente che il principio di proporzionalità deve essere seguito non solo nella fase in cui si tratta di escludere o meno i soggetti che hanno presentato una domanda di partecipazione o un’offerta sulla base del documento di gara unico europeo, ma anche nella fase precedente, di definizione del bando di gara ad opera della stazione appaltante.
Infatti, se le cause di esclusione riconducibili a “gravi illeciti professionali” vengono identificate dall’Anac sulla base di categorie formali delineate in modo molto ampio, rinviando di fatto la verifica di pertinenza e di proporzionalità a un successivo vaglio da parte delle stazioni appaltanti, il risultato può essere quello di scoraggiare indebitamente la partecipazione alla gara restringendo così la concorrenza. E’ importante che già nei bandi di gara il novero delle cause di esclusione attinenti ai gravi illeciti professionali venga puntualmente circoscritto.
A questo riguardo, suggeriamo di riconsiderare il paragrafo 2 del documento di consultazione, che identifica le situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione, in modo che (ferme restando le violazioni che hanno una tale gravità da costituire autonome cause di esclusione), i comportamenti illeciti di natura civile e amministrativa e i reati commessi nell’esercizio della professione enumerati a titolo esemplificativo a pagina 3 nonché gli illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica siano considerati ammissibili, come cause di esclusione, unicamente quando siano “idonei a incidere in maniera sostanziale sul rapporto fiduciario tra la stazione appaltante e l’operatore economico”. Rilevano, in proposito, la natura e le caratteristiche del comportamento illecito in concreto realizzato e
la sua inerenza rispetto al rapporto contrattuale che l’amministrazione intende porre in essere. Per alcune fattispecie l’idoneità a intaccare il rapporto fiduciario andrà peraltro valutata anche in relazione ai profili soggettivi, in particolare all’effettiva consapevolezza dell’illiceità della condotta da parte dell’impresa che l’ha posta in essere.
Dal punto di vista di una stazione appaltante, ad esempio, vi è una diversa incidenza sull’affidabilità dell’operatore tra il caso in cui questi abbia partecipato ripetutamente a cartelli con una chiara connotazione dolosa e il caso in cui sia incorso in una violazione delle regole di concorrenza in ragione di un mero scambio di informazioni o di un accordo la cui valenza restrittiva non è pacifica.
Per le pratiche commerciali scorrette, che vengono menzionate come ipotesi di grave illecito professionale nel documento di consultazione, non è chiaro quali siano le fattispecie che, nel rispetto dei principi di pertinenza e proporzionatezza, possono rilevare sul rapporto fiduciario nell’ambito della contrattualistica pubblica. Dato che l’elenco fornito nelle linee guida dell’Anac ha una funzione esemplificativa, va valutato se mantenere il riferimento a questa categoria di violazioni.
Analogamente a quanto previsto ai fini dell’attribuzione del rating di legalità, non dovrebbero essere contemplate tra gli illeciti che determinano l’esclusione dalle procedure di appalto le violazioni antitrust per le quali, in seguito alla collaborazione prestata dall’impresa nell’ambito di un programma di clemenza nazionale o europeo, l’autorità di concorrenza competente ha concesso l’immunità o la riduzione della sanzione amministrativa pecuniaria.
Non sembra strettamente necessario indicare espressamente che i casi di procedimenti antitrust conclusi con impegni non rientrano tra le fattispecie rilevanti ai fini dell'esclusione dalla partecipazione alle procedure, in quanto come noto nei casi di decisioni con impegni l'autorità di concorrenza non effettua un accertamento della violazione.
Sulla base delle considerazioni esposte, suggeriamo di riformulare il secondo e il quinto capoverso del paragrafo 2 (pag. 3) come segue:
Secondo capoverso
"Nella fattispecie devono essere ricompresi la condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena per reati commessi nell’esercizio della professione quali:
1. l’abusivo esercizio di una professione;
2. i delitti contro la fede pubblica (es. falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico);
3. i delitti contro l’industria e il commercio;
4. i reati fallimentari (bancarotta semplice e bancarotta fraudolenta, omessa dichiarazione di beni da comprendere nell’inventario fallimentare, ricorso abusivo al credito);
5. i reati tributari ex d.lgs. 74/2000, i reati societari, i reati ambientali;
qualora siano idonei a incidere in maniera sostanziale sul rapporto fiduciario tra la stazione appaltante e l’operatore economico.”
Xxxxxx xxxxxxxxx
“Possono costituire gravi illeciti professionali anche violazioni di natura civile e amministrativa. Può essere attribuita rilevanza ad ogni comportamento contrario al principio di buona fede tenuto nel corso di una procedura contrattuale e ad altre forme di grave violazione dei doveri professionali, come ad esempio illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica accertati con provvedimento di condanna divenuto inoppugnabile o confermato con sentenza passata in giudicato, qualora tali comportamenti siano idonei a incidere in maniera sostanziale sul rapporto fiduciario tra la stazione appaltante e l’operatore economico. Non rientrano tra le fattispecie rilevanti i casi di applicazione del diritto antitrust in cui l’autorità di concorrenza competente non ha importo o ha ridotto la sanzione amministrativa pecuniaria in seguito alla collaborazione prestata dall’impresa nell’ambito di un programma di clemenza nazionale o europeo”.
11. Cassa Italiana di Assistenza e Previdenza dei Geometri Liberi Professionisti - Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti (Inarcassa) - Ente di Previdenza dei Periti Industriali e dei Periti Industriali laureati (EPPI).
Le osservazioni che seguono sono effettuate a nome della Cassa Italiana di Assistenza e Previdenza dei Geometri liberi professionisti (CIPAG), della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti (Inarcassa) e dell'Ente di Previdenza dei Periti Industriali e dei Periti Industriali laureati (EPPI).
L’art. 80 c.5 disciplina le ipotesi che possono giustificare l’esclusione dell’operatore economico dalla gara e le modalità mediante le quali spetta alla stazione appaltante dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da generare dubbi sulla sua integrità o affidabilità.
Si rileva che nelle Linee guida la verifica della sussistenza delle cause ostative di cui all’art. 80 c.5 del Codice venga effettuata dalle stazioni appaltanti mediante la consultazione del casellario informatico gestito dall’Autorità. Detto casellario, ai sensi dell’art. 213 c.10 del Codice, contiene tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici di riferimento.
Sul punto, si propone che detto casellario venga integrato con ulteriori informazioni – con modalità da individuare e mediante apposite convenzioni – ai fini della consultazione in tempo reale alle banche dati detenute dagli ordini professionali o consigli nazionali degli ordini professionali e dalle casse professionali.
Gli ordini professionali, i relativi consigli nazionali e le casse di previdenza dei professionisti potrebbero fornire un valido supporto per fornire informazioni su tutti i provvedimenti disciplinari al fine di includere anche aspetti legati alla regolarità contributiva accertata e al rispetto delle regole deontologiche.
Gli illeciti disciplinari rilevabili dagli albi territoriali possono riguardare ogni violazione delle disposizioni previste nel DPR 137/2012 e possono riguardare: l’obbligo di assicurazione per danni derivanti dall’esercizio dell’attività professionale (art. 5), la formazione continua garanzia della qualità ed efficienza delle prestazioni professionali (art. 7), la regolarità contributiva, la detenzione PEC, fino alla firma digitale con il certificato di ruolo obbligatorio e valido che qualifichi il professionista anche nei riguardi dei provvedimenti inibitivi della professione che vengono regolarmente inviati alle pubbliche amministrazioni.
Un patrimonio di informazioni che non dovrebbe essere sottovalutato nel creare un sistema equo che non violi il principio di parità di trattamento e che possa applicarsi in entrambe le situazioni previste dalle disposizioni dell’art. 84 del Codice (soglia 150.000€).
12. CNA
Con riferimento al capitolo 3, paragrafo 3.1, si segnalano perplessità rispetto alla previsione secondo la quale per valutare l’idoneità dell’impresa sia sufficiente una motivata valutazione da parte dell’Amministrazione in ordine alle carenze accertate per far venire meno la fiducia nell’impresa, e quindi escluderla. Tale inciso, se non meglio specificato, rischia di generare ulteriore contenzioso.
13. Confartigianato Imprese
Dopo aver letto con grande attenzione il documento e aver meditato l’opportunità di entrare nel merito delle parti, riteniamo informare codesta spettabile Autorità che Confartigianato Imprese ritiene opportuno non validare l’intera linea guida.
Le motivazioni che portano a tale scelta sono riconducibili ai seguenti aspetti.
Innanzitutto il rischio che la mancata elencazione dei motivi di esclusione possa aprire a scelte soggettive da parte delle stazioni appaltanti che potrebbero ledere il Principio di Uguaglianza, sotto il profilo penale e civile.
La mancata gradualità dei reati genererebbe poi un aumento di contenzioso, cosa vuol dire che il mancato o erroneo pagamento di un F23 non dichiarato è causa di esclusione?
Una violazione nell’ambito della normativa sulla “Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” è causa di esclusione. Ma la sanzione per mancato uso dei Dispositivi di Protezione Individuale, seppur correttamente consegnati ai lavoratori, è causa di esclusione? Si scusi la scelta di esempi semplici, ma riteniamo importante rappresentare i dubbi e i timori che tale linea guida ci suscita.
Esempio ne è la frase riportata poi nel documento posto in consultazione: “Si ritiene utile, nelle linee guida, richiamare l’attenzione delle stazioni appaltanti sul fatto che, ai fini della valutazione dell’idoneità del comportamento a configurare una causa di esclusione, non è necessario un accertamento della responsabilità del contraente per l'inadempimento in relazione ad un precedente rapporto contrattuale, come accade per l’esercizio del potere sanzionatorio, ma è sufficiente una motivata valutazione dell'Amministrazione in ordine all’idoneità della carenza accertata a far venir meno la fiducia della stazione appaltante nell'impresa.
Si rammenta che tale potere, in quanto discrezionale, è soggetto al sindacato del giudice amministrativo nei soli limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti.
L’esclusione dell’operatore economico per il ricorrere della fattispecie in esame deve seguire alla formale contestazione degli addebiti con le garanzie del contraddittorio e deve essere adeguatamente motivata.”
14. FINCO
Finco, Federazione Industrie Prodotti, Impianti, Servizi ed Opere Specialistiche per le Costruzioni esprime apprezzamento sull’impianto complessivo del documento che dovendo definire il dettaglio di argomenti di non semplice perimetrazione, cerca di dare indicazioni per un esercizio razionale ed oggettivo del potere discrezionale delle Stazioni Appaltanti in caso di valutazione dell’illecito professionale dell’operatore che mini la fiducia della SA nei suoi confronti.
Tuttavia nel documento ci sono ancora margini di indeterminatezza e di incontrollata libertà nella valutazione da parte della SA che potrebbero essere ingiustificatamente dannosa per l’operatore e non necessariamente indice di corretta amministrazione per i soggetti pubblici.
Le poche osservazioni che qui si riportano mirano a mettere in luce questi margini di eccessiva discrezionalità.
Nello specifico:
2. situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione
Sarebbe opportuno che i motivi di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lettera c), si siano verificati in appalti svoltisi in data posteriore all’entrata in vigore del Codice dei Contratti, non essendo immaginabile che, valutando comportamenti pregressi realizzati in presenza di un regime normativo parzialmente diverso, si possa escludere dalla gara un concorrente senza generare contenzioso.
3. Le fattispecie esemplificative individuate dal Codice
3.1 Significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata……
Per quanto riguarda l’individuazione dei mezzi di prova adeguati a dimostrare la sussistenza delle cause ostative, si rileva in primo luogo che la compilazione del DGUE per quanto utile per la sistematica raccolta di informazioni che attualmente vengono comunque richieste sotto forma di autodichiarazione, di fatto diventa momento fortemente critico in quanto anche una involontaria omissione di fatti ritenuti non particolarmente significativi rischia di diventare una falsa dichiarazione: sarebbe necessario a questo proposito prevedere la possibilità di integrare, anche in un secondo momento, il DGUE.
Con riferimento alla verifica delle carenze di esecuzione accertate da Stazioni Appaltanti diverse da quella che deve valutare la eventuale esclusione, si ritiene che il riferimento a <<fatti attestati o resi noti attraverso altre modalità>> [pagina 5, terzo paragrafo] debba essere meglio circoscritto come << fatti attestati e debitamente documentati>>, senza alcun riferimento ad indeterminate <<altre modalità>>, in modo che non assumano rilievo fatti che non siano provati da una fonte sufficientemente attendibile ed ufficiale.
Il paragrafo che, invece, va da <<Si ritiene utile, nelle linee guida, richiamare l’attenzione delle stazioni appaltanti……>> fino a <<…errore sui fatti>> [penultimo paragrafo pagina 5], dovrebbe essere completamente eliminato dal momento che la possibilità di escludere un partecipante da una gara senza
un reale accertamento di responsabilità, con riferimento ad un precedente rapporto contrattuale, ritenendo sufficiente una valutazione discrezionale della Stazione Appaltante in merito all’idoneità della carenza a far venir meno la fiducia nei confronti dell’appaltatore, rischia di essere applicata con assoluta arbitrarietà, a poco rilevando le possibilità di successivo appello al giudice amministrativo per illogicità manifesta irrazionalità o errore sui fatti.
4. I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione
Riprendendo le medesime considerazioni fatte al punto 3.1 in merito all’accertamento da parte delle Stazioni Appaltanti di comportamenti illeciti dell’operatore economico, e sempre al fine di far assumere rilievo solo a fatti che siano provati da una fonte sufficientemente attendibile ed ufficiale, si propone di modificare l’affermazione <<…. fatti attestati da altre stazioni appaltanti o resi noti attraverso altre modalità>> [pagina 9, terzo paragrafo] in << fatti attestati da altre stazioni appaltanti e debitamente documentati>> senza alcun riferimento ad indeterminate <<altre modalità>> .
Con riferimento al periodo durante il quale conserva rilevanza l’illecito accertato, si chiede di eliminare la frase <<….si ritiene che la stazione appaltante debba valutare caso per caso l’incidenza del tempo trascorso, facendo riferimento alla gravità del comportamento>> dal momento che non è pensabile che a fronte di un medesimo comportamento illecito la durata dell’esclusione sia diversamente regolata [caso per caso].
Se la frase è invece da intendersi nel senso che, fermo restando la parità di trattamento tra gli operatori economici, il <<caso per caso>> è da riferirsi alla tipologia di comportamento illecito che perde, per così dire, efficacia in un tempo “variabile” all’interno del tempo massimo stabilito , andrebbe riformulata.
15. Unindustria Bologna
Premesse
In questo documento indichiamo una situazione di pericolosa incertezza per le imprese che forniscono la Pubblica Amministrazione, contenute nell'art. 80 comma 5 lett. c) del codice degli appalti D.Lgs 18/4/2016 n. 50 e formuliamo alcune osservazioni alle indicazioni interpretative di Anac in particolare sul punto di quali carenze nell'esecuzione di un precedente contratto possano considerarsi significative ai fini dell'esclusione alla partecipazione di nuove procedure d'appalto.
L'art.. 80 comma 5 prevede che “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d' appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni. qualora”
(…..)
lett. c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio ovvero hanno dato luogo ad una condanna di risarcimento del danno o ad altre sanzioni”.
Il collegato disposto dell'art 108 Risoluzione e dell'art 80 c.5 lett.c del D.lgs 184/2016 rendono l'impresa sostanzialmente inerme in caso di contestazione della fornitura perché di fatto subisce tutti gli atti unilaterali e discrezionali delle varie Amministrazioni Pubbliche coinvolte.
In primo luogo si sottolinea che la normativa prevista dal Codice degli appalti si applica a tutte le fattispecie di contratti pubblici dalla costruzione edile ed impiantistica di opere pubbliche, all'appalto di servizi e di gestione, alla fornitura di prodotti.
Fra le fattispecie sopra indicate c'è una grande differenza sia in termini di importi delle commesse, sia riguardo al numero dei rapporti contrattuali intrattenuti in contemporanea.
Nel caso di costruzioni edili ed impiantistiche o di gestione di servizi, si tratta di importi di commessa elevati e di numero inferiore perché sono prestazioni ad hoc studiate su progetto specifico.
Al contrario le aziende che forniscono prodotti possono avere diverse centinaia o anche migliaia di appalti contemporaneamente in corso con amministrazioni diverse ed anche con prodotti diversi su più lotti e con importi molto variabili. Sono frequenti le aggiudicazioni di appalti per poche migliaia di euro con lotti di poche centinaia di euro di valore.
Ad esempio nell'ambito della fornitura di Dispositivi Medici sono frequenti casi di aziende che forniscono varie tipologie di dispositivi medici partecipando a centinaia di procedure di appalto a loro volta suddivise in decine di lotti ciascuna e quindi hanno in corso forniture su migliaia di lotti.
Dalle disposizioni della norma è sufficiente ricevere una sola risoluzione contrattuale anche per un singolo lotto, anche per importi minimi per entrare nel procedimento Risoluzione contrattuale => fattispecie rientrante nei gravi illeciti professionali (lett. c)=> esclusione dalla partecipazione a procedure di appalto future (comma 5).
Art. 108 - Risoluzione
In presenza di un problema nel rapporto contrattuale, indipendentemente dalla criticità del prodotto fornito, dall'effettivo danno per l'ente appaltante o dall'importo della commessa, l'art 108 lett. 3) “Risoluzione ” permette alla Stazione Appaltante di risolvere unilateralmente il contratto con l'unico onere di acquisire entro 15 giorni le controdeduzioni dell'impresa che poi potrà valutare negativamente e disporre la risoluzione contrattuale. Lo stesso è previsto nel caso del ritardo della esecuzione della fornitura (lett. 4).
E' evidente che la normativa nasce nella previsione di lavori edili o impiantistici (infatti ci sono locuzioni che richiamano quest'ambito: “il direttore dei lavori”, “la buona riuscita delle prestazioni”) paventando, in caso di inadempimento dell'impresa appaltatrice una potenziale difficoltà a sostituirla con possibili e gravi ritardi sulle opere.
Ma la norma si applica, a nostro avviso erroneamente, anche alla fornitura di prodotti fungibili e facilmente acquistabili sul mercato da altri operatori economici come i Dispositivi Medici e la Stazione Appaltante eventualmente non soddisfatta dalla fornitura o in presenza di ritardo di una prodotto può approvvigionarsi velocemente da altre imprese sul mercato senza subire alcun aggravio economico o gestionale.
Nell'ambito della fornitura di prodotti, specialmente dei prodotti medico-sanitari monouso destinati alle ASL ci possono essere diverse situazioni in cui il prodotto fornito non soddisfa le esigenze della Stazione Appaltante ma non sempre questo è per responsabilità del fornitore.
Accade a volte che il capitolato di gara sia carente o impreciso nelle caratteristiche richieste, oppure che siano stati aggiudicati prodotti a prezzo basso che non soddisfano gli utilizzatori che poi si lamentano, che siano aggiudicati prodotti che poi hanno performance diverse oppure che, a seguito della centralizzazione regionale degli acquisti, i prodotti aggiudicati a livello di centrale di acquisto devono poi essere utilizzati da diverse ASL, e lo stesso prodotto può essere apprezzato ad alcune ASL mentre altre non lo ritengano idoneo, oppure che prodotti abbiano proprietà differenti da quelli in uso precedentemente e a cui erano abituati gli utilizzatori che non intendono modificare le procedure operative oppure che ci siano differenze operative di procedure e di protocolli terapeutici.
Inoltre su molti dispositivi medici monouso è estremamente soggettiva la percezione di qualità ottimale o meno. Ad esempio lo stesso cerotto può essere ritenuto poco o troppo adesivo, dipende dalle condizioni del paziente a cui si applica, se suda o non suda, alle parti del corpo a cui si applica ecc. L'ago di una siringa può risultare più o meno doloroso a seconda di tanti fattori che nulla hanno a che fare con la qualità dell'ago. Concretamente può accadere che l'ASL anche in assenza di effettivi problemi se non la lamentela di qualche infermiere utilizzatore ma per tutelarsi in termini preventivi nei confronti di possibili azioni di responsabilità dai pazienti dichiari l'inadempimento del fornitore e la risoluzione del contratto.
Nella concretezza delle situazioni il responsabile dell'esecuzione del contratto che è un dipendente della Stazione Appaltante e di solito ha una competenza economico-gestionale non si mette certo a censurare il capitolato di gara impreciso, l'operato dei colleghi infermieri utilizzatori che vogliono utilizzare il prodotto X invece che Y, oppure entrare nel merito delle diverse procedure di utilizzo di un dispositivo medico.
In fondo non ha nulla da perdere a dichiarare la Risoluzione contrattuale e a passare al secondo aggiudicatario. Sicuramente non è interessato alle conseguenze che una risoluzione contrattuale innesca nell'azienda che subisce la risoluzione che non solo ha un danno economico immediato ma soprattutto si ritrova ex art 80 comma 5 lettera c) nella procedura di possibile esclusione alla partecipazione di procedure di appalto future.
Tanto meno l'azienda fornitrice che non partecipa alle procedure ospedaliere non ha elementi per controdedurre se non confermare che il prodotto è certificato secondo le direttive EU ed i decreati normativi sui Dispositivi Medici e che è in uso ad altre strutture che ne sono soddisfatte. E comunque il responsabile del procedimento “acquisite e valutate negativamente le predette controdeduzioni. dichiara risolto il contratto”.
Riguardo al ritardo della fornitura previsto al comma 4 dello stesso articolo 108, può succedere a volte raramente che il fornitore di materie prime o di componenti di uno delle migliaia di appalti/lotti di fornitura aperti ritardi la consegna (alcuni dispositivi monouso sono di produzione asiatica) e questo provoca ritardi nella fornitura alla stazione appaltante e quindi “il responsabile unico dell'esecuzione scaduto il termine assegnato di 10 giorni risolve il contratto, fermo restando il pagamento delle penali”.
Si fa rilevare come il reale danno o disagio per l'ente appaltante è minimo e non è affatto “grave” perché si tratta di prodotti facilmente acquistabili da decine di altri operatori sul mercato e per i quali lo stesso appaltatore potrebbe fornire prodotti equivalanti. Ma nonostante questo l'ente è legittimato ad accertare un “grave” inadempimento delle obbligazioni contrattuali e a dichiarare la risoluzione contrattuale.
Ora qui non si vuole svincolare dalle responsabilità dell'appaltatore in caso di inadempienze contrattuali, ma si sottolinea che già sufficientemente punitiva la sanzione per l'inadempimento contrattuale come l'escussione della cauzione, l'applicazione di penali e l'acquisto in danno che rimborsano la Stazione Appaltante per eventuali aggravi economici o gestionali.
Ma il procedimento Risoluzione contrattuale => fattispecie rientrante nei gravi illeciti professionali (lett c)=> esclusione dalla partecipazione a procedure di appalto future (comma 5) appare eccessivamente punitivo.
Una singola risoluzione per inadempimento contrattuale (anche su un solo singolo lotto di una procedura di appalto) getta l'impresa in una spirale di rischio per la sua stessa esistenza. Qualora infatti un'impresa fosse esclusa dalla partecipazione a future procedure di appalto certamente andrebbe incontro a gravi difficoltà con ripercussioni sull'occupazione e sullo sviluppo economico del paese.
Secondo il codice degli appalti purtroppo a nulla rilevano, ai fini del meccanismo Risoluzione contrattuale => fattispecie rientrante nei gravi illeciti professionali (art 80 c.5 lett c)=> esclusione dalla partecipazione a procedure di appalto future (c.5) le migliaia di procedure di appalto portate a buon fine negli anni ma solo il singolo appalto (o magari il singolo lotto di un appalto) oggetto di risoluzione !
Nell'art 108 sulla Risoluzione non è previsto l'inadempimento "semplice" (senza colpa grave) del fornitore ma la norma descrive solo il "grave inadempimento" previsto al comma 3. La stazione appaltante può unilateralmente accertare il “grave” inadempimento in presenza di un prodotto non gradito (come si è visto anche con considerazioni arbitrarie) oppure in presenza di un ritardo nella consegna di un prodotto.
Certamente non si può fare affidamento sul “buon senso” del responsabile dell'esecuzione del contratto perché stiamo parlando di figure che hanno loro responsabilità e che devono rispondere ad altri uffici.
L'intervento di un giudice terzo è previsto solo se il provvedimento di esclusione viene contestato dall'appaltatore con i tempi e le incertezze dei processi civili (e comunque il procedimento interessa l'appalto oggetto di risoluzione e non le migliaia di appalti andate a buon fine). L'appaltatore potrà anche impugnare in sede giudiziale l'illegittimità della risoluzione per grave inadempimento, ma stante la tempistica processuale potrebbe avere ragione dopo molti anni e nel frattempo si applicherebbe la possibile esclusione dalla procedure di appalto con conseguenze “letali” in brevissimo tempo.
Inoltre l'orientamento giurisprudenziale ha stabilito che per configurare il grave inadempimento "si è affermato che non è necessario un definitivo accertamento, in sede amministrativa o giudiziale della responsabilità del contraente per l'inadempimento riguardante il precedente rapporto contrattuale" (Consiglio di Stato Sez.III n. 149 del 2013).
Dal dettato normativo neppure rileva l'intervento di un altro possibile giudice terzo cioè la notizia della risoluzione sul Casellario Informatico Anac (che dovrebbe avvenire dopo un'istruttoria sentite le parti) infatti è sufficiente che la Stazione appaltante che bandisce il nuovo appalto “dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali”
Tra i “mezzi adeguati” che la stazione appaltante deve utilizzare per dimostrare che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi comportamenti illeciti rientrano tutti gli altri strumenti idonei ad
acquisire certezza della notizia, quali, ad esempio, fatti certificati in sede amministrativa o giurisdizionale e fatti attestati da altre stazioni appaltanti (es. il provvedimento di risoluzione), o resi noti attraverso altre modalità (es. la comunicazione di un concorrente). Determinazione n 1/2008.
Articolo 80 - Motivi di esclusione
L'art.. 80 comma 5 prevede che “le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura di appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni...qualora”
(…..)
lett c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento o ad altre sanzioni” Art 80 c.5 lett c.
Si sottolinea che i “gravi illeciti professionali”, le “significative carenze che hanno comportato la risoluzione anticipata”, ed il “grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali” sono sentenziate in modo unilaterale (come si è detto a volte anche arbitrario) dalla stazione appaltante che ha risolto il contratto, anche se questa non ha subito nessun “grave” danno (potendo approvvigionarsi facilmente del prodotto da altri fornitori) e neppure c'è “gravità” nella colpa dell'appaltatore cui può accadere, nell'attività commerciale di anni di migliaia di forniture e di migliaia di referenze/prodotti di avere un ritardo o un prodotto non gradito alla stazione appaltante (sottolineamo non gradito che è diverso da non conforme, non sicuro, non di qualità, non funzionante).
Nelle pagine 4 e 5 del Documento Anac oggetto di consultazione, si menziona che il provvedimento ai fini della rilevanza del comportamento richiede un pronuncia giudiziale ravvisandosi, nell'intenzione del legislatore, la volontà di attribuire rilevanza a situazioni definitivamente accertate, al fine di evitare la proliferazione del contenzioso. Ma si apre la porta attraverso le “altre sanzioni” per le quali il giudizio terzo non sarebbe necessario o quantomeno non è chiaro. Qui “rientrano tutti i rimedi azionabili dalla stazione appaltante in conseguenza dell'inadempimento della prestazione quali, ad esempio, la richiesta di risarcimento del danno, l'escussione di cauzioni o fideiussioni (…) oppure l'applicazione di penali. Atteso che il comportamento rilevante deve essere grave e la carenza deve essere significativa (ma come si è evidenziato la gravità e la carenza può essere solo enunciata dalla stazione appaltante mentre dovrebbe essere dimostrata realmente e dovrebbero essere dimostrati gli eventuali aggravi subiti) l'applicazione di penali deve rilevare soltanto se l'importo complessivo delle stesse superi un determinato ammontare che potrebbe essere indicato in una percentuale del valore dell'appalto, ad esempio il 10%.”
Si fa notare che in gran parte dei capitolati è prevista la penale del 10% anche per semplici ritardi.
Dopo aver subito una risoluzione contrattuale, per l'impresa (pensiamo alle tante PMI fornitrici della PA) si entra nel procedimento Risoluzione contrattuale => fattispecie rientrante nei gravi illeciti professionali (lett c)=> esclusione dalla partecipazione a procedure di appalto future (comma 5).
Certamente il terzo passaggio non è automatico ma ogni futura procedura di appalto diventa a rischio e l'impresa non può più programmare il suo futuro
Nelle Documento di consultazione pagina 5 si riporta “Si ritiene utile, nelle linee guida, richiamare l'attenzione delle stazioni appaltanti sul fatto che, ai fini della valutazione dell'idoneità del comportamento a configurare una causa di esclusione, non è necessario un accertamento della responsabilità del contraente per l'inadempimento in relazione ad un precedente rapporto contrattuale, come accade per l'esercizio del potere sanzionatorio, ma è sufficiente una motivata valutazione dell'Amministrazione in ordine all'idoneità della carenza accertata, a far venir meno la fiducia della stazione appaltante nell'impresa. Si rammenta che tale potere, in quanto discrezionale, è soggetto al sindacato del giudice amministrativo nei soli limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti.”
Nella concretezza dei fatti la stazione appaltante che bandisce la nuova gara, nella pur legittima aspirazione a portare a termine il nuovo appalto in tempi brevi, potrebbe essere orientata ad escludere l'operatore che ha avuto una risoluzione contrattuale di un appalto pregresso per evitare ricorsi degli altri operatori, specialmente nei settori come quelli delle forniture dove sicuramente non mancano potenziali fornitori concorrenti.
Inoltre nella concretezza dei fatti potrebbero inserirsi ricorsi di aziende concorrenti e si rischia di trasformare ogni appalto futuro in un ricorso giudiziale con conseguente paralisi dell'attività aziendale di una PMI.
Come si evince, alla discrezionalità della stazione appaltante che risolve un contratto, si somma la discrezionalità della stazione appaltante che bandisce un nuovo appalto e che deve valutare la “gravità” della risoluzione pregressa. Ma la stazione appaltante che bandisce la nuova procedura di appalto e che riceve la Risoluzione contrattuale dalla Stazione appaltante che ha disposto la risoluzione contrattuale (che può essere solo “grave” secondo il dettato nomativo come si deve comportare” ?
Il tutto senza passare né da una pronuncia giudiziale, né dal Casellario informatico. Concludendo le criticità del quadro normativo sono principalmente in due direzioni:
1) La non-proporzionalità fra l'evento una singola risoluzione contrattuale e il rischio concreto di inabilità a contrattare con la P.A. con conseguente inevitabile cessazione dell'attività aziendale.
2) La totale discrezionalità sia della risoluzione contrattuale pregressa dell'art 108, sia della “motivata valutazione” della stazione appaltante che bandisce il nuovo appalto che sono atti unilaterali delle due stazioni appaltanti non sottoposte al controllo di alcun ente terzo né amministrativo né giurisdizionale e che l'impresa può solo subire senza possibilità di contraddittorio o di difesa.
Formuliamo quindi i seguenti suggerimenti che riteniamo utili alla formulazione di indicazioni interpretative ed operative che Xxxx formulerà.
1) Nel caso di applicazione dell'art 108 Risoluzione prevedere una tipologia di Risoluzione “semplice” in assenza di grave inadempimento ed in assenza di assenza di colpa grave che permetterebbe alla stazione appaltante di risolvere il contratto senza fare entrare l'impresa nel procedimento Risoluzione
contrattuale => fattispecie rientrante nei gravi illeciti professionali (lett c)=> esclusione dalla partecipazione a procedure di appalto future (comma 5).
2) Prevedere la dimostrazione a carico della Stazione Appaltante che risolve il contratto ex art 108 che l'inadempimento sia davvero grave (non solo a parole) cioè abbia gravi conseguenze e causi effettivi gravi problemi alla stazione appaltante. Si dovrebbe prevedere un obbligo di dimostrare reali extra costi sostenuti, danni economici o gestionali o riduzioni comprovate nelle prestazioni.
3) Raccomandare alle Stazioni Appaltanti di cercare di trovare un accordo con l'appaltatore prima di dichiarare risolto il contratto ex art 108 e rendere effettivo il contraddittorio con la previsione di un verbale delle rispettive posizioni.
4) Riguardo alla esclusione dalla partecipazione a future gare di appalto (art 80 c.5 lett c) dovrebbe essere previsto un tempo massimo (es. di due anni) nel quale una precedente risoluzione contrattuale può rilevare su future procedure di appalto.
5) Per rilevare sul future procedure di appalto la risoluzione contrattuale pregressa dovrebbe coinvolgere la stessa tipologia di prodotti. Molte aziende forniscono una pluralità prodotti o di Dispositivi Medici, ad esempio una risoluzione contrattuale su tipologia siringhe non deve avere conseguenze su future procedure di appalto di guanti ospedalieri.
6) Rafforzare il concetto di proporzionalità che ora è accennato a pagina 9 del Documento di Consultazione. Non è ragionevole che una sola risoluzione contrattuale magari per valori minimi sul totale delle commesse, possa minacciare tutte le gare future di un azienda. L'impresa è un coordinamento di persone, mezzi di produzione, fornitori, logistica....Il “rischio di impresa” esiste. Se un'impresa commette un errore professionale deve essere chiamata a pagare le penali, gli acquisti in danno l'escussione della cauzione per quell'appalto ma non è logico che, in aggiunta, questo metta a rischio tutti gli appalti futuri. Sarebbe utile prevedere una percentuale sul fatturato dell'appaltatore nei confronti della PA oppure sul numero degli appalti in corso (ad esempio 5%) perché una precedente risoluzione contrattuale rilevi per gli appalti futuri.
7) Prevedere l'accertamento giudiziale (se l'appaltatore contesta in giudizio la risoluzione contrattuale) non solo nell'ipotesi della presunta carenza nell'esecuzione di un precedente contratto ma anche in tutte le ipotesi e non deve essere sufficiente l'applicazione di “altre sanzioni” come ad esempio penali da parte della Stazione Appaltate che risolve il contratto (comma c) perché la risoluzione contrattuale rilevi in appalti futuri. Appare priva di bilanciamento il dettame del Documento di Consultazione a pagina 5 sulle altre sanzioni.
8) Rendere necessaria l'annotazione della risoluzione contrattuale sul Casellario Informatico perché questa abbia rilevanza su procedure di appalto future.
16. Utilitalia
Utilitalia è la Federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell'Acqua, dell'Ambiente, dell'Energia Elettrica e del Gas, rappresentandole presso le Istituzioni nazionali ed europee. Nasce dalla fusione di Federutility (servizi energetici e idrici) e di Federambiente (servizi ambientali).
Risulta del tutto evidente l’interesse delle associate - sia in qualità di stazioni appaltanti, sia come partecipanti alle procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, servizi e forniture - nei confronti del tema oggetto della presente consultazione.
Pur condividendo l’impostazione generale del documento, la Federazione ritiene opportuno individuare, di seguito, una serie di problematiche e le relative soluzioni che ripercorrono alcuni degli argomenti e degli spunti elaborati dall’Autorità.
2. Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione
A pagina 3 del documento posto in consultazione, si propone di includere tra i motivi di esclusione dalle gare anche i provvedimenti AGCM.
Si esprime sul punto parere contrario.
I provvedimenti AGCM, infatti, ineriscono a comportamenti sul mercato che non hanno nulla a che vedere con lo svolgimento di gare pubbliche.
Verrebbe fortemente limitato il diritto di partecipare a gare pubbliche sulla base di comportamenti che non ineriscono a tale contesto di gare e che non sono indicativi di mancanza di integrità o di affidabilità come fornitore dell’amministrazione. Quanto sopra a maggior ragione tenendo conto che le sanzioni AGCM si applicano sulla base di presupposti discrezionali, con la conseguenza che un diritto fondamentale, quale quello di partecipare a gare pubbliche potrebbe essere limitato per ragioni che non pregiudicano l’affidabilità del fornitore.
Sotto il profilo temporale, occorre chiarire che il motivo di esclusione si riferisce a i provvedimenti divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato riferiti a fattispecie verificatesi esclusivamente in epoca successiva all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti.
Nel provvedimento posto in consultazione si fa, poi, riferimento a “gravi violazioni” dei doveri professionali. Tale locuzione, eccessivamente indeterminata, dovrà essere sicuramente oggetto di definizione espressa nelle linee guida, al fine di evitare usi strumentali della stessa all’esclusivo fine di escludere un concorrente per motivi avulsi da quelli previsti dalla legge.
3. Le fattispecie esemplificative individuate dal Codice
Al punto 3.1 (pag. 4) si fa riferimento a sanzioni emesse per carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione.
E’ necessario che le carenze siano riscontrate effettivamente sul soggetto colpito dalla sanzione.
I soggetti che svolgono l’appalto sono spesso frutto di aggregazione ovvero si basano sull’attività di fornitori.
4. I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione
L’ANAC sottolinea che le azioni descritte nella linee guida sottoposte a consultazione rilevano, ai fini della configurazione del motivo di esclusione, se poste in essere da soggetti riconducibili all’impresa o comunque che agiscono nel suo interesse. Tra questi rientrano sicuramente i soggetti individuati dal comma 3 dell’articolo 80 del Codice, “nonché dall’articolo 5 del d.lgs. 231/2001”
Sul punto si osserva che l’accertamento di eventuali illeciti commessi dai soggetti di cui all’articolo 5, lettera b), del D.Lgs. 231/2001, ossia dai dipendenti presenta un elevato grado di complessità. Detti illeciti potranno essere acquisiti, qualora specificatamente annotati in riferimento all’operatore economico, solo attraverso consultazione del Casellario informatico gestito dall’Autorità e, quindi, esclusivamente nell’ipotesi in cui siano stati posti in essere nell’interesse o a vantaggio della società di appartenenza, ex D. Lgs. 231/2001. Per tali soggetti non sono infatti svolte le verifiche di legge (acquisizione autocertificazioni di insussistenza delle cause di esclusione ex articolo 80 e successiva verifica con i casellari giudiziali) dal momento che non rientrano nell’elenco recato dall’articolo 80, comma 3, del Codice.
Sarebbe pertanto auspicabile limitare l’operatività dell’esclusione ai reati commessi dei dipendenti che integrano le fattispecie previste dal D.Lgs. 231/2001.
Le linee guida chiariscono, inoltre, che la valutazione in ordine alla rilevanza del comportamento accertato dovrà essere effettuata dalle stazioni appaltanti nel rispetto dei principio di proporzionalità, che si realizza quando ricorrono, per quanto di interesse, i seguenti presupposti:
“2) necessarietà: l’esclusione deve basarsi sul presupposto che non è disponibile nessun altro mezzo egualmente efficace, ma che possa incidere meno negativamente nella sfera del singolo;
3) proporzionalità in senso stretto: l’esclusione non deve essere tale da gravare in maniera eccessiva sull'interessato e da risultargli, perciò, intollerabile e deve risultare dal giusto contemperamento degli interessi in gioco”.
Riguardo al punto n. 2), dubbi interpretativi sorgono in merito alla corretta individuazione dei mezzi alternativi all’esclusione che possono essere legittimamente valutati dalla stazione appaltante (a fronte di gravi illeciti professionali rilevati sull’operatore economico) anche se non espressamente previsti da una norma. Se si ravvisasse la possibilità di utilizzare mezzi ulteriori rispetto a quello previsto all’articolo 80, comma 7, del Codice, sarebbe opportuno che le linee guida fornissero precise indicazioni sul punto.
Per quanto concerne, infine, la necessità di valutare anche la reiterazione del fatto, al fine di determinarne l’idoneità ad intaccare il rapporto fiduciario tra l’amministrazione e l’operatore economico, occorre precisare i contorni di detta reiterazione con riferimento sia alla necessaria verifica inerente la tipologia di sanzioni previste per gli illeciti (che devono essere della medesima tipologia), sia alla essenziale corrispondenza del settore di operatività di commissione degli stessi.
D) OPERATORI ECONOMICI
1. Gruppo Romeo
Art.80 comma 5 lett. c) d.lgs.50/2016
La materia dei requisiti morali e professionali, ha sinora avuto una disciplina complessa, che ha occupato una percentuale importante del contenzioso sugli appalti pubblici.
Il nuovo codice degli appalti segna un significativo cambiamento di passo, avviando un’evoluzione da un sistema cosiddetto “statico” dei requisiti formali verso un sistema “dinamico” dei requisiti sostanziali di tipo reputazionale e ponendo le premesse per una revisione del sistema di qualificazione delle imprese.
Tuttavia le cause di esclusione per difetto dei requisiti morali necessitano di una formulazione più chiara e fruibile, nonché di un migliore coordinamento con il codice penale e la legislazione antimafia: ciò al fine di disciplinare il potere discrezionale delle Stazioni appaltanti che, di fronte a fattispecie solo esemplificative previste dalla norma e non chiaramente delimitate, possono adottare valutazioni fortemente disomogenee.
Il compito dell’Autorità, pertanto, è quello di identificare in maniera chiara ed univoca quali sono i mezzi di prova che le Stazioni appaltanti devono utilizzare, ritenuti adeguati a comprovare la sussistenza del motivo di esclusione dalla gara di un operatore: ciò si rende indispensabile in quanto le situazioni esemplificative poste dalla norma in esame coprono una casistica di ampio spettro, che rende difficile enucleare le vicende realmente incidenti sulla affidabilità dell’operatore economico; e la difficoltà investe sia le stazioni appaltanti che gli stessi operatori, i quali – se non realmente consapevoli dei confini della norma – rischiano di rendere dichiarazioni che, alla luce delle successive valutazioni della stazioni appaltante, potranno apparire mendaci, con tutte le connesse gravi conseguenze.
Determinante, pertanto, è individuare con la maggiore precisione possibile i mezzi di prova idonei a supportare le decisioni delle stazioni appaltanti, in quanto diventano indicativi dell’ambito entro il quale va riconosciuta la sussistenza dell’illecito professionale.
Si ritiene che per le prime due ipotesi previste dalla lett. c) (ossia “le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto …” e “il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale …”) lo strumento idoneo sia costituito da una pronuncia giurisdizionale definitiva, che abbia riconosciuto la legittimità dell’operato della amministrazione; andrebbero escluse le vicende contenziose tra committente ed appaltatore, sia pure originate da contestazioni sulla corretta esecuzione del contratto, che si risolvano consensualmente.
Le “altre sanzioni”, così genericamente definite dalla norma, vanno egualmente individuate con puntualità per non incorrere in effetti distorsivi cagionati da eccessiva discrezionalità della stazione appaltante.
Più difficile da delimitare è la terza ipotesi (“il fornire, anche per negligenza, informazioni false …”), la cui ricorrenza potrebbe essere lasciata al prudente apprezzamento dalla stazione appaltante, però enucleando una serie di situazioni sintomatiche rilevanti.
Un altro elemento selettivo può essere rappresentato dalla ricorrenza degli episodi o dal fatto che l’episodio in contestazione sia risalente nel tempo: un singolo episodio può essere stato originato da fattori contingenti che non necessariamente si coniugano con l’affidabilità o meno dell’operatore economico; allo stesso modo, un episodio risalente nel tempo non può costituire un contrassegno negativo che vada ad incidere sull’intero percorso lavorativo di una azienda.
Il requisito in parola dovrebbe essere misurato anche in relazione a questi fattori, ad evitare soluzioni irrazionali o penalizzanti oltremisura.
2. Medicair Italia s.r.l.
Con riferimento ai requisiti reputazionali richiamati dall'art. 83, comma 10, siamo a segnalare che a nostro avviso i requisiti siano prevalentemente applicabili alle società che effettuano "lavori", piuttosto che a quelle di servizi.
Si chiede pertanto, se possibile, di avere indicazioni più specifiche sui requisiti reputazionali da soddisfare in caso di società che offrono servizi/forniture.
3. Nexive Italia s.p.a.
Per quanto riguarda le circostanze di esclusione di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del d.lgs. 50/2016 si vogliono sottoporre all’attenzione di codesta Xxxxx. Autorità le criticità nella valutazione, da parte delle stazioni appaltanti, dei requisiti di idoneità per la partecipazione alle gare e al contempo delle cause di esclusione dalle suddette procedure. Tali criticità derivano dalle novità introdotte nell’ambito della normativa appalti, da parte del recente D.Lgs. 50/2016, che (abrogando integralmente il previgente D.Lgs.163/2006 senza concedere alcun periodo transitorio) ha determinato un radicale stravolgimento dei razionali in gioco per la costruzione dei modelli ipotizzabili.
Si pensi che Nexive ha un modello di business formato da filiali dirette e indirette che, insieme, assicurano copertura e capillarità sul territorio nazionale. La rete delle filiali indirette è composta da ‘partner', ovvero società legate a Nexive da un contratto di partnership. Anche la rete dei punti di giacenza è formato da soggetti terzi legati a Nexive da contratto. A norma dell’art. 105 comma 2 del d.lgs. 50/2016 “costituisce comunque subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività del contratto di appalto ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera”. Inoltre vige l’obbligo di indicare i subappaltatori già in sede di gara (cfr. art. 105 comma 6 “è obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori, qualora gli appalti di lavori, servizi o forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all’art. 35 e per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione”).
In un settore come quello postale ciò determina non pochi problemi. In primo luogo sembra delinearsi un’interpretazione eccessivamente estensiva del concetto di subappalto andando a ricomprendere ogni contratto, anche che riguardi trasporti, punti di giacenza ecc. Inoltre, secondo il Codice, si prevede che vengano indicati i subappaltatori già in sede di gara e che anche su ciascuno di questi la stazione appaltante verificherà i requisiti di gara. Questo può significare dover indicare, per procedure di gara importanti, solo per i punti di giacenza delle raccomandate anche oltre 600 subappaltatori. Se questa dovesse essere l’interpretazione, ciò comporterebbe un insostenibile carico di lavoro non solo per l’operatore che deve indicare la compagine in sede di presentazione dell’offerta ma anche per la stazione appaltante che deve andare a valutare i requisiti e le informazioni per oltre migliaia di subappaltatori. Si pensi inoltre ad un appalto di lunga durata, di oltre 5 anni: qui l’indicazione di una serie di imprese subappaltatrici che dovranno intervenire nell’ultimo anno presuppone una programmazione del piano dei subappalti non credibile che dovrà affrontare tutte i rischi e gli accadimenti del quinquennio.
Si chiede pertanto che nelle linee guida l'Autorità tenga in considerazione le esigenze del comparto.
4. Trivella s.r.l.
1. Ambito di applicazione
Secondo quanto riportato nel documento in consultazione, i motivi di esclusione non si applicano alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca e affidate a un custode o amministratore giudiziario o finanziario.
Si deve osservare che questo atteggiamento di favore equipara le imprese che si sono rese colpevoli di gravi comportamenti idonei ad intaccare l’integrità o l’affidabilità professionale del concorrente con quelle che hanno condotto la propria attività in modo corretto.
Ciò risulta particolarmente insopportabile, per queste ultime, se si pensa che, in tal modo, alle prime viene di fatto consentito di beneficiare dei vantaggi ottenuti attraverso le illecite condotte sostenute prima del sequestro.
E' auspicabile che XXXX promuova la revisione dell'art. 80 comma 11, suggerendo un regime alternativo che preveda un atteggiamento meno favorevole nei confronti delle imprese sequestrate.
2. Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione
Nel documento in consultazione si ribadisce che ai fini dell’esclusione sono rilevanti gli illeciti gravi e idonei ad intaccare l’integrità o l’affidabilità professionale del concorrente o di un suo subappaltatore. Il riferimento ai subappaltatori ricorre diverse volte nei vari commi dell'art. 80.
Si deve osservare che le imprese appaltatrici non sono in grado di verificare la condotta dei subappaltatori in attività oggetto di contratti ai quali esse sono estranee, salvo che essa risulti da banche dati liberamente consultabili.
Penalizzare i concorrenti per fatti di terzi di cui essi non possono avere contezza è profondamente iniquo e assoggetta qualunque operatore economico a insopportabili aleatorietà.
E' auspicabile che ANAC precisi che le situazioni dei subappaltatori idonee a configurare validi motivi di esclusione di un concorrente siano limitate a quelle sostenute nell’ambito dei contratti sottoscritti con il medesimo concorrente o che siano di dominio pubblico, anche promuovendo, se necessario, la revisione dell'art. 80.
3.1 Significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni
Nel documento in consultazione si afferma che, riguardo alle «altre sanzioni» cui la norma fa riferimento, rientrano nella fattispecie tutti i rimedi azionabili dalla stazione appaltante in conseguenza dell’inadempimento della prestazione quali, ad esempio, la richiesta di risarcimento del danno, l'escussione di cauzione o fideiussione nei casi previsti dall’art. 103 del Codice oppure l’applicazione di penali.
Si può osservare che, al pari delle fattispecie che sono a motivo di provvedimenti di risoluzione del contratto, anche negli altri casi menzionati dovrebbe essere precisato che la causa di esclusione sia valida solo se le sanzioni non siano state contestate in giudizio oppure, se contestate, siano state confermate all’esito del giudizio medesimo, con sentenza passata in giudicato.
Ancora, nel documento in consultazione si richiama l’attenzione delle stazioni appaltanti sul fatto che, ai fini della valutazione dell’idoneità del comportamento a configurare una causa di esclusione, non è necessario un accertamento della responsabilità del contraente per l'inadempimento in relazione ad un precedente rapporto contrattuale, come accade per l’esercizio del potere sanzionatorio, ma è sufficiente una motivata valutazione dell'Amministrazione in ordine all’idoneità della carenza accertata a far venir meno la fiducia della stazione appaltante nell'impresa. Si rammenta altresì che tale potere, in quanto discrezionale, è soggetto al sindacato del giudice amministrativo nei soli limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti.
Si deve osservare che l’orientamento tratteggiato da ANAC è molto pericoloso in quanto può assoggettare le imprese concorrenti ad atteggiamenti ritorsivi da parte di stazioni appaltanti in conseguenza dell'azione di legittime azioni volte ad avere ragione di manchevolezze ascrivibili alla responsabilità della pubblica amministrazione.
Anche il sindacato del giudice amministrativo sembra insufficiente, proprio a motivo dei limiti sopra ricordati.
E' auspicabile che ANAC individui un più corretto bilanciamento tra l'esigenza di efficacia sostanziale dell'attuazione della norma e quella di tutela della buona fede dei concorrenti.
Non sembra sufficiente, a tal fine, la previsione che l’esclusione dell’operatore economico per il ricorrere della fattispecie in esame deve seguire alla formale contestazione degli addebiti con le garanzie del contraddittorio e deve essere adeguatamente motivata, se il contraddittorio e il suo esito sono assoggettati all'esclusiva discrezionalità della stazione appaltante.
E) DIPENDENTI PUBBLICI
1. Xxxxxxx Xxxxxx - AEEG
1 Tema delle osservazioni: art. 2 del documento posto in consultazione “Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione”
Con riferimento alla individuazione delle fattispecie e mezzi di prova rilevanti ai fini della valutazione della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice si condivide l’esigenza di una specificazione della norma de quo con l’obiettivo di supportare la Stazione appaltante nella riconduzione dei casi concreti nella categoria dei gravi illeciti professionali.
Si propongono in tal senso alcune osservazioni.
Nel documento posto in consultazione si fa riferimento a reati commessi nell’esercizio della professione che siano idonei a incidere in maniera sostanziale sul rapporto fiduciario tra la stazione appaltante e l’operatore economico, prevedendo - fatta salva la particolare casistica di cui all’art. 32 del DL 90/2014
- la definitività della pronuncia di accertamento del reato ai fini della possibile esclusione del concorrente.
Nell’evidenziare che la norma testualmente non fa alcuna precisazione in tal senso, ad avviso dello scrivente si potrebbe prevedere che l’accertamento non sia strettamente connesso ad una pronuncia passata in giudicato, ma anche solo ad una pronuncia di accertamento giurisdizionale senza necessità di attendere la sua definitività, anche in considerazione del fatto che l’art. 80 del Codice ricollega espressamente la richiesta definitività alle sole ipotesi di reato menzionate al comma 1.
Questa differenza – ad avviso di chi scrive – dovrebbe meritare di essere mantenuta anche in ragione del fatto che la sussistenza del fatto, accertata con sentenza, nelle ipotesi di cui al comma 1 è essa stessa causa di esclusione, mentre non lo è ai fini del comma 5, lettera c), imponendo alla Stazione appaltante una successiva autonoma valutazione sull’effettiva valenza dell’errore professionale in rapporto alle esigenze del contratto che si andrà a stipulare (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV n. 1320 del 2015)
Quanto sopra appare anche coerente con la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato riferita alla fattispecie di cui al precedente art. 38, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i. (si veda Consiglio di Stato sez. V 20/11/2015 n. 5299: “La legge non esclude che determinati fatti di rilievo penale, laddove costituenti ipotesi di grave errore professionale, possano essere valorizzati ai fini della sussistenza della causa ostativa di cui all'art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, indipendentemente dalla astratta configurabilità o meno della causa ostativa contemplata alla precedente lettera c). In altri termini, un determinato fatto penalmente rilevante può essere inquadrato alternativamente o cumulativamente, a seconda del verificarsi dei rispettivi presupposti di legge, all'interno delle due disposizioni normative (lettera c e lettera f), non rinvenendosi nel sistema contrattualistico pubblico alcun divieto alla sussumibilità delle fattispecie di reato nella categoria del grave errore professionale e, per converso, alcuna riserva del penalmente sensibile alla categoria della moralità professionale strettamente intesa. Ne discende che ciò che rileva ai fini dell'applicabilità dell'art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, è solo che un determinato fatto, quantunque avente qualificazione penale, possa essere forma di manifestazione di un grave errore professionale, prescindendosi in ogni caso dalla sussistenza di una pronuncia giudiziale passata in giudicato, come è invece previsto dalla precedente lett. c)”).
Stante la correlazione con il precedente art. 38, coma 1, lettera f) del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i. si ritiene che - sotto il profilo temporale - il motivo di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lettera c), possa riferirsi anche a fattispecie verificatesi in epoca antecedente all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti.
2 Tema delle osservazioni: art. 3, par. 3.1 (“Significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio , ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni”) e art. 4 (“I mezzi di prova adeguati e i criteri di valutazione”) del documento posto in consultazione
La norma fa espresso riferimento all’onere della Stazione appaltante di dimostrare non solo la sussistenza del fatto storico che integra l’errore grave professionale nell’esecuzione nel precedente contratto, ma anche la sua idoneità ad incidere sulla integrità e affidabilità dell’operatore economico.
Si tratta di un giudizio prognostico (come definito anche da recente TAR Campania Napoli sez. IV 21/6/2016 n. 3125: la valutazione di competenza dell’Amministrazione, alla quale il legislatore riserva l’individuazione del “punto di rottura dell’affidamento” nel pregresso contraente, ha natura ampiamente discrezionale, con la precisazione che l’esclusione per le ipotesi del grave errore nell’esercizio dell’attività professionale di cui alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 38, d. lgs. n. 163/2006 non assume carattere sanzionatorio, inserendosi in un giudizio prognostico della corretta esecuzione dell’appalto. Cfr. C.d.S., V, n. 1412 del 2016) che, se espressione della discrezionalità tecnica della Stazione appaltante - così come indicato nel Documento di consultazione -, si dovrebbe basare su parametri oggettivi che orientino la sua valutazione.
Al riguardo sarebbe utile che anche ANAC indicasse nello specifico alcuni elementi che possono rilevare ai fini della valutazione richiesta alla Stazione appaltante, come individuati anche da recente giurisprudenza: ad esempio, gli eventuali affidamenti ottenuti dall’operatore economico successivamente al fatto storico che integra l’errore professionale e i relativi attestati di regolare esecuzione nonché la spontanea dichiarazione resa dall’operatore economico in ordine a pregresse
risoluzioni contrattuali (cfr. TAR Campania Napoli, sez. I, 1 febbraio 2013, n. 695, TAR Sardegna, sez. I n. 376, 27 febbraio 2015); in subordine, gli eventuali mutamenti intercorsi nella compagine societaria nonché le azioni positive e le misure di reazione all’inadempimento poste in essere dallo stesso operatore economico (TAR Lombardia Milano, sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 183).
F) LIBERI PROFESSIONISTI
1. Avv. Xxxx Xxxxxx
Si segnala un probabile refuso.
In merito all'art. 80 lett. c), si legge (punto 2, pagine 2 e 3): “si ritiene che la fattispecie in esame debba ricomprendere motivi di esclusione….. che non costituiscono già autonome cause di esclusione .....
nella fattispecie devono essere ricompresi. ”.
Così come formulato, il punto 2 potrebbe trarre in errore per il suo carattere perentorio: non sarebbe infatti possibile individuare nuove cause di esclusione nelle "ulteriori linee guida" ANAC.
La recente decisione della Corte di Giustizia, 2 giugno 2016, C-27/15, ha definitivamente stabilito che le cause di esclusione devono tassativamente ed espressamente risultare dal diritto nazionale vigente o dagli atti di gara, senza alcuna possibilità d'interpretazione estensiva.
Si suggerisce quindi la modifica dei periodi suindicati, ad esempio evidenziando nel paragrafo introduttivo del punto 2 che “le seguenti cause di esclusione vengono indicate a titolo meramente esemplificativo e, poiché non previste dal diritto nazionale, potranno essere validamente applicate SOLO SE espressamente indicate negli atti di gara dalla stazione appaltante”.
2. Avv. Xxxxxx Xxxxx
Spett.le Autorità,
con il presente documento si intendono proporre brevi riflessioni in merito alle Linee Guida redatte in relazione all’art. 80 d.lgs. n. 50/2016, avuto specifico riguardo al richiamo ivi contenuto ai provvedimenti emessi dall’AGCM per pratiche commerciali scorrette od illeciti antitrust suscettibili di incidere sull’esclusione dell’operatore economico partecipante alla procedura di selezione(pag. 3).
In premessa, riterrei opportuno porre l’attenzione sulle conseguenze sanzionatorie già previste ex lege in relazione ai provvedimenti sopra detti.
Come noto, infatti, l’adozione di misure da parte dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato determina la revoca del Rating di Legalità ovvero l’impossibilità di conseguirlo (ai sensi della Delibera AGCM del 14 novembre 2012, n. 24075), comportando, per l’effetto, un peggioramento del Rating di impresa riconosciuto dalle Stazioni Appaltanti ai sensi dell’art. 83 co. 10 d.lgs. 50/2016. Proprio quest’ultima disposizione parrebbe racchiudere, dunque, in sé la previsione sanzionatoria dedicata dal Legislatore ai provvedimenti antitrust. Si teme, dunque, che l’esclusione dalle gare pubbliche fondata sulle medesime ragioni, così come individuata dalle Linee Guida, possa rappresentare una duplicazione sanzionatoria sulla cui legittimità sarebbe opportuno riflettere a fondo. In aggiunta a quanto sopra, non andrebbe trascurato l’orientamento consolidato della giurisprudenza in materia, la quale ha escluso che i provvedimenti adottati dall’AGCM possano incidere sulla moralità professionale dell’impresa (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sent. n. 4750/03; TAR Lazio, sent. n. 3558/2013).
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, inoltre, osservando le medesime questioni sotto diversa lente, ha sancito l’applicabilità dei principi che regolano il giudizio penale anche ai procedimenti avviati dalle Autorità Antitrust (vd. caso Xxxxxxxx).
Alla luce di tale ultima considerazione, parrebbe opportuno che l’ANAC, al fine di scongiurare qualsivoglia contraddizione con il principio della irretroattività della legge più sfavorevole, pur decidendo di inserire i provvedimenti de quibus tra le cause di esclusione ai sensi dell’art. 80 d.lgs. 50/2016, limiti la censura di esclusione alle sole sanzioni comminate dall’AGCM per fatti commessi successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016, facendo salvo, per questa via, il principio di irretroattività testé richiamato.
Dovrebbe essere inoltre recepita la giurisprudenza consolidata in materia, secondo la quale, in occasione del vaglio di ammissione del concorrente, la stazione appaltante debba tener conto del tempo trascorso dalla commissione dell’illecito (cfr. sul punto, TAR Venezia, sent. n. 632/2014; TAR Valle D’Aosta, sent. n. 59/2012; TAR Lombardia – Milano, sent. n. 7715/2010; nonché Determinazioni AVCP nn. 16/23 del 05/12/2001, 13/2003 del 15/7/2003). A tal fine, potrebbe essere adeguato precisare che il periodo temporale massimo di rilevanza della sanzione Antitrust sia pari a tre anni dalla commissione del fatto (così come previsto dalle stesse Linee Guida a pag. 8 rispetto ad altri e diversi illeciti professionali).
Analogamente a quanto indicato in relazione ai Modelli ex d.lgs. 231/01, inoltre, parrebbe equo introdurre, con riferimento alla materia anticoncorrenziale, identica esimente a favore delle imprese che abbiano adottato ed efficacemente attuato Programmi di Compliance Antitrust.
Con riguardo a questi ultimi, tuttavia, ci si dovrebbe discostare dal richiamo al dettato normativo del d.lgs. 231/01 che fa salvi i Modelli adottati “prima della commissione del fatto”. Sarebbe opportuno, in particolare, che, rispetto ai Programmi di Compliance, non si avesse quale parametro temporale di riferimento il “fatto”, ma la data di pubblicazione del bando, agganciando una presunzione di efficacia esimente a tutti i Programmi di Compliance Antitrust adottati ed efficacemente attuati da almeno un anno precedente alla pubblicazione del bando medesimo.
3. Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx
PARAGRAFO 2: Con riguardo all’ambito temporale da considerare ai fini dell’esclusione, il documento riporta come fascia quella del “ultimo triennio o quinquennio”. Si ritiene che tale periodo debba essere circoscritto agli ultimi due anni al fine di renderlo compatibile con le altre norme di sistema. Ad esempio, il Rating di legalità come previsto dalla Delibera 14 novembre 2012, n. 24075 e s.m.i dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato riconosce il sistema premiale ( RATING con 1 stella) alle imprese che non hanno avuto una condanna per illeciti antitrust gravi o per violazioni del codice del consumo nel biennio precedente alla richiesta di rating. Risulta, quindi, necessario allineare il sistema punitivo a quello premiale evitando di incorrere in una situazione paradossale: una società con il RATING LEGALE POTREBBE ESSERE ESCULSA DALLE GARE
Con riguardo alle situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione si evidenzia anche la necessità che nella valutazione si prenda in considerazione l’adozione da parte dell’operatore del Modello 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa degli enti. Non si può, infatti, non riconoscere uno specifico valore giuridico alla predisposizione di un modello organizzativo ed alla correlata attività di compliance volta a prevenire i reati più gravi.
In questa prospettiva, è infatti necessario rilevare che l'adozione del modello organizzativo di cui al d.lgs. n. 231/2001 ad opera dell'ente societario concorrente - anche nell'immediatezza di eventuali
contestazioni penali a suo carico – integra, sotto il profilo penalistico, la circostanza attenuante di cui all'art. 12 di detto decreto legislativo. Il modello organizzativo in questione risulta invero oggettivamente idoneo - secondo la previsione dello stesso legislatore - a prevenire le fattispecie di reato ivi contemplate. La relativa adozione è dunque obiettivamente idonea a comprovare in capo all'impresa concorrente la sussistenza dei requisiti di affidabilità morale e professionale richiesti ai fini della partecipazione alla gara. E' inoltre chiaramente indicativa dell'effettiva sussistenza, anche sotto il profilo soggettivo, della concreta volontà dell'impresa concorrente nel senso di operare in perfetto ossequio dei menzionati.
L'adozione del modello organizzativo di cui al d.lgs. n. 231/2001 deve allora certamente poter trovare autonomo rilievo nell'ambito della generale valutazione di integrità e affidabilità professionale dell'impresa concorrente, nel senso di precluderne l'esclusione per i motivi attinenti a illeciti professionali in una prospettiva di coerenza con l'interesse pubblico tutelato dal legislatore.
PARAGRAFO 3.1: significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni. Il documento su tale punto non prevede quale esimente all’esclusione dalla procedura di gara l’effettivo pagamento da parte dell’operatore del risarcimento del danno o dell’intervenuta escussione della fideiussione o dell’applicazione di penali automatiche (tali due ultimi casi vengono addirittura indicati come sintomatici del grave inadempimento). Invece in tali casi il danno è a tutti gli effetti risarcito ed è stato eliminato il maltolto nei confronti della stazione appaltante o di altre Pubbliche amministrazioni. Ciò finisce con essere in palese contrasto con quanto indicato dallo stesso art. 80 comma 7.
Sotto tale specifico profilo, si segnala quindi l'opportunità di estendere le valutazioni della Stazione Appaltante alla condotta che il concorrente abbia posto in essere successivamente alla condanna al risarcimento dei danni ovvero all'escussione della cauzione.
Una chiara indicazione in questo senso proviene proprio dalla lettera della direttiva appalti, il cui art. 57, par. 6 evidenzia precettivamente la necessità che il concorrente debba poter essere ammesso a fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità, nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione e che se tali prove sono sufficienti, l’operatore economico non deve essere escluso dalla procedura d’appalto.
A tal fine, è previsto che l’operatore economico possa dimostrare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.
Tale opzione sembra dunque essere doverosa non solo alla luce del tenore letterale dell'articolo in parola, ma anche della necessaria applicazione del principio di proporzionalità che permea l'ordinamento europeo ed interno e che è agli stessi fini chiaramente richiamato anche dal considerando 101 della direttiva appalti.
PARAGRAFI 3.2. e 3.3. In tali paragrafi si considerano come fattispecie di esclusione comportamenti che pur non possedendo tutti i presupposti necessari a configurare astrattamente reati sono qualificati come atti idonei in modo non equivoco ad influenzare il processo decisionale della stazione appaltante.
A tal fine si giunge a ritenere elemento sufficiente per l’esclusione dalla gara la formale denuncia alla competente autorità giudiziaria (se costituisce reato) oppure la formale contestazione degli addebiti (se non costituisce reato). Tale disciplina è in palese contrasto con il principio dell’art. 24 della Costituzione ed è contrario al principio della certezza delle situazioni giuridiche.
4. Avv. Xxxxxx Xxxxxxxx
Perché non si condivide l’affermazione per cui l’ANAC ritiene “che la fattispecie in esame debba ricomprendere motivi di esclusione (…) che non costituiscono già autonome cause di esclusione”
Una riflessione sui mezzi di prova adeguati a provare i gravi illeciti professionali, idonei a rendere dubbia l'integrità o l'affidabilità professionale del concorrente, mezzi previsti dall'art. 80, comma 5, lett.
c) del Codice, non può che porsi in parallelo con una riflessione su quali fattispecie, a ben considerare, costituiscano appunto questi gravi illeciti professionali.
Ora, per la definizione dei mezzi prova adeguati non possiamo non fare riferimento alla Direttiva europea 24 del 2014, il cui articolo 57 è stato sostanzialmente, e a tratti letteralmente, recepito dall'art. 80 del nuovo Codice.
L'articolo 57 della Direttiva 24 stabilisce, al paragrafo 1, e al paragrafo 2 primo alinea, una serie di cause di esclusione che dovevano essere recepite obbligatoriamente da tutti gli Stati membri – rappresentate dall'accertamento, con sentenza o provvedimento definitiva, per una serie precisa di fatti espressamente elencati.
Al comma 4, l’art. 57 prevede, invece, una serie di cause di esclusione facoltative – che i singoli Stati membri potevano concedere alla discrezionalità delle stazioni appaltanti. Ne segue un elenco ovviamente solo indicativo: ma la lettera c) viene recepita sostanzialmente proprio dall'art. 80, comma 5, lettera c) del nostro Codice, che ne replica la sufficienza di “mezzi adeguati” e la previsione di “gravi illeciti professionali”.
Si tratta, per la normativa europea, di un deciso ampliamento delle fattispecie di esclusione facoltativa, rispetto alla progenitrice Xxxxxxxxx 18 del 2004. Questa infatti prevedeva, all'art. 45, lett. c), la necessità di una sentenza passata in giudicato per “reati” che incidessero sulla moralità professionale, e alla successiva lettera d), “qualsiasi mezzo di prova” ma per il solo errore grave nell'esercizio dell'attività professionale: la categoria degli illeciti, per quanto “gravi” è ben più vasta di quella dei soli reati (ricomprendendo, come correttamente sottolinea il Documento di Consultazione, i comportamenti contrari a norme giuridiche di natura civile, penale o amministrativa), ma soprattutto la categoria dei “mezzi adeguati” è ben più ampia delle sentenze passate in giudicato.
In proposito, chiarissimo è il considerando 101 della Direttiva: questo chiarisce come, prima che venga presa un decisione definitiva sui motivi di esclusione obbligatori, alla stazione appaltante dovrebbe essere lasciata facoltà di dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l'operatore economico ha violato gravemente i suoi doveri professionali. Xxxx che non solo la categoria dei mezzi idonei viene contrapposta a quella delle sentenze in giudicato, ma questi mezzi idonei sono sufficienti a provare anche comportamenti in grado di configurare cause di esclusione obbligatoria. Con la conseguenza che nei gravi illeciti professionali rientrano quindi anche le cause di esclusione obbligatoria, proprio in
conseguenza del fatto che le cause di esclusione facoltativa possono essere provate anche prima di una sentenza passata in giudicato.
Appare quindi da correggere l'affermazione, del Documento di Consultazione, che le cause di esclusione previste dal comma 5, lettera c), debbano essere diverse dalle cause di esclusione previste da altre norme. Al contrario, la natura del comma 5, lettera c), è proprio di clausola aperta, che ricomprende anche le cause di esclusione previste in altre norme, proprio in virtù del diverso regime di prova che la norma consente, ovvero quello dei “mezzi adeguati”.
Ne dà una conferma in verità il Documento di Consultazione stesso, quando tra i gravi illeciti professionali elenca i reati tributari che, qualora siano accertati con sentenza in giudicato, rientrano ovviamente nel comma 4 dell'art. 80 (e, prima ancora, tra le cause di esclusione obbligatoria, di cui alla Direttiva 24). D'altra parte, l'elenco dei reati presente nel Documento di Consultazione è pure meramente esemplificativo: basti pensare che da questo elenco, sommato a quello dei reati che costituiscono cause di esclusione obbligatoria di cui al comma 1, rimangono fuori due reati, come il millantato credito e l'estorsione, in astratto sicuramente idonei a mettere in dubbio l'integrità e l'affidabilità professionale del concorrente - non a caso il Regolamento dall'AGCM in materia di Rating di Legalità, Regolamento che elenca tutti i reati (tranne due) previsti appunto dal Documento di Consultazione e dal comma 1 dell'art. 80, li aggiunge tra le fattispecie da considerare per il Rating (va precisato che l’estorsione, in verità, è prevista nell’ ultima formulazione del Regolamento, in via di approvazione).
PERCHÉ NON È OPPORTUNO CIRCOSCRIVERE L’AREA DEGLI ILLECITI ANTITRUST RILEVANTI AI SENSI DELLA LETTERA C) A QUELLA DEI GRAVI ILLECITI ANTITRUST AVENTI EFFETTI SULLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA
Tra i “gravi illeciti professionali”, il Documento di Consultazione ha poi inserito gli illeciti antitrust: non si può che convenire con questa posizione, considerata la “natura sostanzialmente penale” di questi illeciti (cfr. sentenza CEDU n.18640/10, causa Grande Xxxxxxx; e CGUE n. 43509/08, causa Menarini),. Ma ci sembra errato averli ristretti a quelli “aventi effetti sulla contrattualistica pubblica”. In questo modo un’intesa segreta avente per scopo la fissazione dei prezzi di prodotti al pubblico, con effetti devastanti per i consumatori, (l’illecito antitrust per definizione più grave!) non potrebbe essere presa in considerazione da una stazione appaltante come causa di esclusione. Sicuramente più opportuno sarebbe eliminare quindi la precisazione restrittiva.
PERCHÉ SI RITIENE CHE NEI “GRAVI ILLECITI PROFESSIONALI” DI CUI ALLA LETTERA C) DEL COMMA 5 DEBBANO RIENTRARE TUTTI GLI ILLECITI “AMMINISTRATIVI” DELL’ENTE DI CUI AL D.LGS. 231/2001, INPENDENTEMENTE DAL FATTO CHE PER GLI STESSI SIA ASTRATTAMENTE PREVISTA E/O CONCRETAMENTE APPLICATA LA SANZIONE INTERDITTIVA DEL DIVIETO DI CONTRATTARE CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Nessuna menzione fa invece il Documento di Consultazione degli illeciti ex D. Lgs. 231/2001 (d'ora in avanti Decreto 231), sulla responsabilità degli enti, probabilmente sull'erroneo presupposto che la
lettera c) del comma 5 non sia una clausola aperta e che quindi gli illeciti ex Decreto 231 siano già regolamentati dalla lettera f) del comma 5.
Anzitutto, ci piace sottolineare come in verità già questa seconda norma introduca mezzi di prova diversi dalla sentenza passata in giudicato (la sanzione interdittiva del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione può infatti essere comminata anche con una sentenza in primo grado e persino con una misura cautelare). E tuttavia esistono xxxx xx xxxxxxxx xx Xxxxxxx 000 che non prevedono l'erogazione della sanzione interdittiva, o si può verificare il caso di sanzione astrattamente prevista ma concretamente non erogata: in queste ipotesi la stazione appaltante ben può ritenere, avendo i “mezzi idonei” per provare il grave illecito professionale, che costituisca illecito ex Decreto 231, di escludere il concorrente (analogamente, d'altra parte, il Documento di Consultazione stesso elenca nei “gravi illeciti professionali” una serie di reati cui non si accompagna l'interdizione a contrattare con la pubblica amministrazione).
Inoltre, far rientrare gli illeciti ex Decreto 231 nella previsione della lettera c) del comma 5, in quanto regolata da un diverso regime di prova e di non necessaria presenza di sanzioni interdittive, appare del tutto coerente con il favor legis per la cosiddetta clausola di self-cleaning e per i programmi di compliance messi in essere dagli operatori economici. Il comma 7 dell'art. 80 prevede infatti che chi si trovi nelle situazioni previste dal comma 1 e dal comma 5 del medesimo articolo possa “provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti” - con la sola eccezione prevista dal comma 9 dell'art. 80, che esclude questa possibilità quando l'operatore economico sia stato interdetto dalla partecipazione agli appalti con sentenza passata in giudicato e per il periodo indicato dalla sentenza.
Il legislatore, insomma, xxxxxxx grande importanza al dotarsi l'operatore economico di procedure organizzative idonee a prevenire ulteriori illeciti (il Decreto 231 definisce un Modello Organizzativo, per prevenire i reati espressamente indicati dal decreto stesso): ed ampliare l'area delle cause di esclusione cui gli operatori possono andare incontro li spingerebbe ad un maggiore impegno a risarcire il danno e dotarsi di Modelli Organizzativi, in questo modo perseguendo, fine ultimo del Decreto 231, una efficace prevenzione. Xxxx, si comprende ancor di più la determinazione del legislatore ad ampliare queste cause di esclusione proprio perché offre agli operatori economici la possibilità di evitare le esclusioni grazie a propri comportamenti attivi.
Per queste stesse ragioni, naturalmente, la stazione appaltante dovrebbe verificare se, nel caso di assenza di provvedimenti interdittivi, questa non sia dovuta alla clausola di self-cleaning interna al procedimento ex Decreto 231 (art. 17 del decreto), in questo caso valutando l'ammissione dell'operatore all'appalto, per non scoraggiare gli operatori stessi da tempestivi rimborsi e tempestive adozioni di Modelli Organizzativi (o correzioni di Modelli esistenti), rimborsi e adozioni che naturalmente dovrebbero offrire la possibilità di contrattare (ancora) con la pubblica amministrazione.
L’OPPORTUNITÀ DI INDIVIDUARE I “MEZZI ADEGUATI” ATTRAVERSO UN RICHIAMO AL REGOLAMENTO ATTUATIVO DEL RATING DI LEGALITÀ
E veniamo, dunque, ai mezzi di prova adeguati e ai criteri di valutazione. Il Documento di Consultazione, a questo proposito, si limita, senza la chiarezza che sarebbe necessaria, ad aggiungere ai provvedimenti definitivi “tutti gli altri strumenti idonei ad acquisire certezza della notizia, quali, ad
esempio, fatti certificati in sede amministrativa o giurisdizionale e fatti attestati da altre stazioni appaltanti o resi noti attraverso altre modalità”.
E tuttavia lo stesso Documento cita l'art. 32 del d.l. 90/2014, che ha previsto l’adozione di misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione: misure che si applicano anche in pendenza di procedimento, stabilendo la norma in esame che “l’adozione di tali misure da parte del Presidente dell’Anac dovrebbe essere tenuta in considerazione al fine di valutare l’integrità morale del concorrente”. Ora, poiché presupposto di tali misure è la semplice esistenza di un procedimento penale per reati contro la pubblica amministrazione, apparirebbe paradossale non considerare esplicitamente come “mezzo adeguato” per una stazione appaltante anche un accertamento operato da un giudice penale con una sentenza di primo grado, oppure in sede di applicazione di misure cautelari o di prevenzione.
E, in verità, esiste anche un valido parametro, nel nostro ordinamento, per stabilire quali possano essere questi “mezzi adeguati”, come il già citato Regolamento di attuazione del Rating di Legalità dell’AGCM.
In relazione alle ipotesi di reato previste alle lettere a) e b) del comma 2 dell’art. 2 (pressoché coincidenti, come detto, con l’insieme dei reati di cui al comma 1 dell’art. 80 uniti a quelli espressamente previsti dal Documento di Consultazioni come gravi illeciti professionali) e in relazione agli illeciti di cui al Decreto Legislativo 231/2001, di cui allo stesso comma lettera c), il Regolamento AGCM stabilisce infatti che ad escludere dal conseguimento della prima stella di rating è sufficiente una pronuncia di condanna anche non definitiva, quando non una misura cautelare; ovvero, per alcune ipotesi di reato molto gravi, una misura di prevenzione, o anche solo l’inizio dell’azione penale ai sensi dell’art. 405 c.p.p. nei confronti dell”apicale”.
Rispetto a tutte le altre ipotesi di illecito contemplate dall’art. 2, comma 2, del citato Regolamento (tra cui pure gli illeciti concorrenziali), sono invece previste quali cause di esclusione, cause che potremmo definire obbligatorie, i provvedimenti di condanna inoppugnabili o confermati con sentenze passate in giudicato; ma, pure per queste ipotesi, il Regolamento dell’AGCM, ai sensi dell’articoli 5 comma 3-ter e dell’art. 6 comma 7, prevede anche ipotesi di cause di esclusione, per così dire, facoltativa: in particolare, l’AGCM può sospendere il procedimento di ammissione “in casi di particolare gravità”, ai sensi dell’art. 5 comma 3-bis; ovvero, ai sensi dell’art. 6 comma 7, può disporre la sospensione del rating in relazione alla gravità dei fatti e all’acquisizione di maggiori informazioni relativamente ai fatti stessi, “in presenza di uno dei provvedimenti di cui all’articolo 2, comma 2, lettere d), d) bis, e), f), h) e
i) del presente Regolamento, ove tale provvedimento sia oggetto di contestazione e sino alla pronuncia passata in giudicato dell’autorità giudiziaria”.
Occorre poi sottolineare che anche la Direttiva 24, in particolare in relazione agli illeciti concorrenziali, prevede la possibilità per l‘amministrazione aggiudicatrice di escludere l'operatore economico, laddove disponga di “indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che [questi] ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza” - indicazioni che pure chiaramente escludono la necessità di una sentenza in giudicato, facendo pensare a provvedimenti di condanna non ancora definitivi ma anche a provvedimenti di avvio dell’istruttoria da parte dell’Autorità di concorrenza, ovvero le cd. comunicazioni delle risultanze istruttorie.
In conclusione, l'Anac potrebbe individuare quali “mezzi adeguati”, per tutte le ipotesi di reato contemplate dal Regolamento AGCM, la sentenza di condanna in primo grado, come pure
l’applicazione di misure cautelari. D'altra parte, è proprio in caso di illeciti penali, e anzitutto in caso di reati che rappresentano gli illeciti per definizione più gravi, che è più acuta l'esigenza di una “politica precauzionale” da parte della Pubblica Amministrazione, che ben giustifica il ricorso a “mezzi idonei” ampi, sotto l'ombrello della lettera c) del quinto comma, che all'interno della riforma è la fondamentale clausola 'aperta' del sistema impostato dal legislatore.
Inoltre, anche per gli illeciti “amministrativi” ex Decreto 231 l'Anac potrebbe individuare, nelle ipotesi considerate dal Regolamento AGCM, “mezzi idonei” diversi dalle sentenze di condanna e dai provvedimenti cautelari che applichino la sanzione interdittiva del divieto di contrarre: in particolare, dunque, potrebbe essere considerato “mezzo idoneo” una sentenza di condanna non ancora passata in giudicato per un qualsivoglia illecito ex Decreto 231, come pure l’applicazione, in sede cautelare, di una qualsivoglia sanzione interdittiva, qualora diversa dal divieto di contrattare con la pubblica amministrazione. Per le ragioni sopra espresse, di impulso del legislatore all'uso della clausola di self- cleaning, riteniamo che la stazione appaltante dovrebbe richiedere all'operatore sì di indicare tutte le eventuali pronunce di condanna (passate in giudicato e non) e tutti i provvedimenti cautelari applicativi di una qualsivoglia sanzione interdittiva, relativi a un qualsivoglia illecito contemplato ex Decreto 231, ma pure di indicare se, nella sentenza di condanna, il giudice si sia o meno espresso in merito all’art. 17 dello stesso Decreto, ovvero sulla attivazione della clasuola di self-cleaning interna al procedimento medesimo.
Pure quanto alle ipotesi di gravi illeciti antitrust, riteniamo che l'Anac possa stabilire come “mezzi idonei”, sulla falsariga di quanto previsto dal Regolamente AGCM, anche i provvedimenti di condanna inflitti dall'AGCM ma non ancora divenuti inoppugnabili o non ancora confermati con sentenza passata in giudicato. E anche rispetto a queste ipotesi dovrebbe poi evidentemente essere azionabile da parte dell'operatore economico la clausola di self-cleaning secondo la previsione dell'art. 80, comma 7: i provvedimenti idonei a prevenire futuri illeciti anticoncorrenziali sono infatti espressamente previsti dall'AGCM nelle Linee Guida sul calcolo delle sanzioni, pubblicate il 31 ottobre 2014, e oincidono con l’adozione o con l’adeguamento dei cd. antitrust compliance programs, ovvero di provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori illeciti: inversamente, è chiaro, la stazione appaltante dovrebbe considerare se l’AGCM abbia già valutato l’adozione di questi compliance programs.
OSSERVAZIONI SULLE IPOTESI ESEMPLIFICATIVE DI GRAVI ILLECITI PROFESSIONALI INDIVIDUATE DALLA LETTERA C) DEL COMMA 5 DELL'ART. 80
Il Documento di Consultazione fa riferimento a due ipotesi indicate nell'art. 80, comma 5, lettera c) come esemplificative di gravi illeciti professionali.
Anzitutto, occorre evidenziare come il legislatore italiano, riportando all'interno della categoria dei gravi illeciti professionali due fattispecie previste dall'art. 57 della Direttiva 24 come fattispecie autonome, confermi la natura di clausola aperta, esemplificativa, della medesima lettera c) del comma 5. Come vedremo di seguito, infatti, queste fattispecie sono astrattamente idonee a configurare delle fattispecie di illecito, di natura penale o amministrativa, e pure questo elemento conferma che la lettera c) del comma 5 ha natura di clausola “aperta” ed esemplificativa.
La prima delle due ipotesi, infatti, di cui Il Documento di Consultazione, si riferisce ad “azioni che, pur non possedendo tutti i presupposti necessari a configurare il reato di turbata libertà degli incanti (che rileva quale causa di esclusione autonoma ai sensi del comma 1, lett. a) dell’art. 80), sono considerate idonee a intaccare la moralità del concorrente. Al fine di acquisire rilevanza, deve trattarsi di atti idonei diretti in modo non equivoco ad influenzare il processo decisionale della stazione appaltante o ad ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio” - si sta, con evidenza, sostanzialmente definendo né più né meno che la fattispecie del tentativo di turbativa, ovvero una fattispecie di reato.
Occorre però pure notare che tale fattispecie, secondo il Documento di Consultazione, dovrebbe condurre all'esclusione “nei casi in cui, alla segnalazione dei fatti da parte dei soggetti direttamente coinvolti o di soggetti che, comunque, ne abbiano conoscenza, sia seguita, da parte dell’Amministrazione, una formale denuncia alla competente autorità giudiziaria oppure, se il fatto non configura un’ipotesi di reato, sia intervenuta la formale contestazione degli addebiti con le garanzie del contraddittorio”.
In tale ipotesi quindi il “mezzo idoneo” sarebbe l'esistenza di una formale denuncia all'AG di tentativi di condizionamento o di acquisizione di informazioni riservate da parte dell’Amministrazione, ovvero, nell’ipotesi in cui il fatto non configurasse un’ipotesi di reato, ad esempio nel caso di illeciti antitrust, qualora sia intervenuta la formale contestazione degli addebiti con le garanzie del contraddittorio.
Con il seguente paradosso se non si esplicita la sufficienza come “mezzo idoneo” di una condanna in primo grado per reati “rilevanti”: che nell’ipotesi di tentata turbativa a portare all’esclusione potrebbe bastare una denuncia da parte dell’Amministrazione ad un’Autorità Giudiziaria, mentre per l’ipotesi di turbativa consumata, ma non denunciata dall’Amministrazione, per addivenire ad esclusione non basterebbe una condanna in primo grado ma occorrerebbe una sentenza passata in giudicato!
Analogamente dovrebbe accadere, secondo il Documento di Consultazione, nell'altra ipotesi esemplificativa del grave illecito professionale formulata nel comma 5, lettera c): quella di “fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
Di fronte a comportamenti di questo tipo, come pure evidenzia il Documento stesso, potrebbero riscontrarsi gli estremi della turbativa d’asta, come pure di altre fattispecie di reato. Ma di nuovo si assisterebbe, secondo il Documento, al paradosso di una stazione appaltante che potrebbe escludere in ipotesi di segnalazione da parte dell’Amministrazione ad un’Autorità Giudiziaria, ma non nell'ipotesi in cui quei fatti fossero accertati da una sentenza di condanna di primo grado, in un procedimento non generato però da una segnalazione dell’Amministrazione.
Ebbene, a nostro avviso è perlomeno dubbio, in questi due casi, fare valere come “mezzo idoneo” una formale denuncia alla competente Autorità Giudiziaria: in particolare, laddove questi comportamenti integrino illeciti perseguibili dinanzi alle autorità giudiziarie penali (e dunque anche nel caso configurino reati e illeciti ai sensi del Decreto 231), riteniamo opportuno prevedere come mezzo idoneo almeno il provvedimento di richiesta di rinvio a giudizio; diversamente potrebbe facilmente ingenerarsi un incontrollabile utilizzo delle segnalazioni da parte delle stazioni appaltanti con finalità di esclusione.
CONCLUSIONI
In conclusione, secondo chi scrive, se la lettera c) del comma 5 dell’art. 80 viene interpretata, com’è corretto che sia, nel senso di consentire alle stazioni appaltanti di escludere dalla contrattazione quando possano dimostrare con “mezzi idonei” (e dunque, anche prima di pronunciamenti definitivi) l’esistenza di qualsivoglia grave illecito professionale (penale, amministrativo o civile) “tale da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità dell’operatore”, ebbene si apre una corretta prospettiva di tutela “precauzionale” della Pubblica Amministrazione.
Non possiamo non notare allora che, se questa tutela “precauzionale” può azionarsi con “mezzi idonei” di fronte ad illeciti natura civile o amministrativa, a maggior ragione deve potersi azionare di fronte ad ipotesi di illeciti ben più gravi, che giustificano una massima “precauzione” da parte della pubblica amministrazione stessa: ma questa coerenza “precauzionale” verrebbe irrimediabilmente compromessa se si ritenesse, come fa l’Anac nelle Linee Guida così come ad oggi proposte, che nella lettera c) del comma 5 non fossero ricompresi gli illeciti elencati al comma 1 dell’art. 80.
Ribadiamo infine che l’obiettivo di “precisare, al fine di garantire omogeneità di prassi da parte delle stazioni appaltanti, quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al punto 5, lettera c)”, potrebbe essere raggiunto attraverso un richiamo ai “mezzi idonei” ad escludere dal Rating di Legalità, come previsti dall’art. 2 del Regolamento AGCM già citato.
Dobbiamo sottolineare infatti che, ove l’Anac non precisasse l'attuale dizione generica sui “mezzi idonei”, questo genererebbe una situazione di forte incertezza per le stazioni appaltanti e, prima ancora, per gli operatori: operatori che avrebbero, invece, ragione di sapere in modo chiaro i rischi di esclusioni nei quali potrebbero incorrere, anche per poter valutare l’opportunità di intraprendere tempestivamente le azioni di “self-cleaning”, di cui al comma 7 dell’art. 80, ampiamente favorite dal legislatore,
G) ALTRI
1. AISCAT
1. Premessa
Il Documento di Consultazione (di seguito "Documento") pubblicato dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito "ANAC") e riguardante l'esclusione per grave illecito professionale, meglio individuato nell'art.80 comma 5 lett.c) del D.Lgs 50/201 (di seguito "Codice"), presenta alcuni punti su cui è necessario esprimere qualche osservazione.
Le emanande linee guida – così come specificato dall’art. 80 comma 13 – hanno la finalità di chiarire e “precisare” – le fattispecie rilevanti ed i mezzi di prova, “al fine di garantire omogeneità di prassi da parte delle stazioni appaltanti”. Occorre tuttavia a nostro avviso prestare particolare attenzione ad eventuali cause di esclusione aggiuntive, non previste espressamente nel testo di legge, che potrebbero determinare profili critici in caso di esclusione in quanto renderebbero non direttamente ancorato al dato normativo un eventuale provvedimento di esclusione, generando aleatorietà nella procedura con possibile aumento del contenzioso.
2. Situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione
Secondo quanto previsto nel documento di consultazione, con riferimento agli “illeciti gravi ed idonei ad intaccare l’integrità o l’affidabilità professionale” rientrano, in linea generale, nelle fattispecie rilevanti le sentenze definitive o i decreti penali di condanna divenuti irrevocabili e le sentenze di applicazione della pena su richiesta. Occorrerebbe pertanto un maggiore approfondimento sull’l’inserimento – all’interno del novero esemplificativo offerto dall’Autorità - anche delle fattispecie di cui all'art.32 del D.L.90/2014, trattandosi di una norma speciale di carattere quasi emergenziale, che dispone, sulla base di determinate situazioni rilevate a carico dell’impresa interessata, l’applicazione di misure preventive straordinarie e temporanee che, però, non hanno il carattere della definitività..
Quanto poi alla rilevanza dei provvedimenti sanzionatori, comminati dall'ANAC ai sensi dell'art. 213 comma 13 del nuovo codice nei confronti dei soggetti che rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla stessa o che non abbiano ottemperato alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, occorrerebbe meglio approfondirne i profili di gravità della condotta, richiesti dalla norma ai fini della sua invocabilità e nel profilo indicato in premessa. A tal fine occorrerebbe valutare anche i riflessi derivanti dall’art. .83, comma 9, del Codice e dunque alla possibilità, per il concorrente, di non regolarizzare la documentazione richiesta, abbandonando la gara.
3. Significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni
L’Autorità precisa che la conferma in giudizio della risoluzione anticipata o la condanna di risarcimento del danno debbano risultare da sentenza definitiva, ovvero, nel primo dei casi menzionati, in caso di non contestazione in giudizio. A tale riguardo potrebbe essere utile chiarire meglio cosa si intenda per non contestazione in giudizio, ad esempio se è necessario o meno che siano decorsi i termini decadenziali per l’esercizio dell’azione .
Xxxxx viene invece detto in proposito, con riferimento alla fattispecie delle “altre sanzioni”. Ci si chiede pertanto se, anche in tal caso, per la rilevanza della fattispecie escludente, sia necessario, o meno, un accertamento definitivo del giudice, ovvero una non contestazione, o l’ammissione.
In linea generale auspicheremmo fossero maggiormente approfondite e definite le questioni legate ai confini della discrezionalità dell’Amministrazione nella valutazione dell'idoneità del comportamento dell’operatore economico a configurare una causa di esclusione. Ciò anche al fine di scongiurare il rischio di contenzioso che potrebbe derivare dall’applicazione della disposizione.
4. Tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini del proprio vantaggio
Sulla base di quanto indicato nel documento, si tratterebbe di azioni che, pur non possedendo tutti i presupposti necessari a configurare il reato di turbata libertà degli incanti – che costituisce causa autonoma di esclusione - sarebbero considerate idonee ad intaccare la moralità del concorrente. Sembrerebbe comunque trattarsi sostanzialmente di ipotesi di delitti tentati. Parrebbe pertanto utile approfondire
maggiormente la necessità dell’esistenza – anche in tali casi – di una pronuncia definitiva di condanna nei confronti dell’operatore economico. L’osservazione rileva anche ai fini di una istruttoria da parte della stazione appaltante che abbia connotati di certezza – a garanzia delle imprese e della loro massima partecipazione – e di un non eccessivo aggravio del procedimento.
Le osservazioni di cui sopra rilevano anche con riferimento all’ulteriore fattispecie esaminata dall’Autorità nel paragrafo 3.3 (“Fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento delle operazioni di gara”).
2. IGI
Con riferimento al documento oggetto della presente consultazione e alla lettura combinata dello stesso con le Linee Guida relative al rating di impresa, ci sembra che si venga a creare una inutile duplicazione di controlli che potrebbe avere ripercussioni negative sia per le Stazioni appaltanti che, di conseguenza, per l'intera procedura di gara.
Nello specifico, segnaliamo che il documento relativo al rating di impresa, stabilisce espressamente che “tutti gli elementi che sono oggetto dell’annotazione nel casellario ex art. 80, comma 5, lett. c) debbano rientrare nella valutazione che la stessa Autorità effettuerà per la certificazione del Rating di impresa, prendendo a riferimento eventualmente un periodo maggiore di quello fissato dall’Autorità ai fini dell’annotazione ai sensi del comma 5, lett. c)”.
Sebbene più avanti si chiarisca che ciò non costituisca una vera e propria sovrapposizione tra le due cause di esclusione, riteniamo, cionondimeno, che, al fine di snellire le procedure di accertamento e onde evitare di gravare le Stazioni appaltanti di oneri eccessivi (e finanche ridondanti), sarebbe bene prevedere che, qualora i requisiti necessari ad ottenere la certificazione del rating d’impresa siano soddisfatti, la Stazione appaltante non debba anche provvedere ad effettuare i controlli di cui all’art. 80, co. 5, lett. c) del Codice, dovendosi questi considerare assorbiti in quelli già effettuati dall'Autorità per la concessione del rating stesso.
17. CONTRIBUTI ANONIMI
1. Anonimo 1
Ritengo che il riferimento ad "illeciti" contenuto nell'articolo 80, comma 5, lettera c), sia da ascrivere, per il contesto e la genesi della disposizione, ad una natura civile, mentre la meritoria intenzione di estendere la lettura a fattispecie penali lesive della moralità professionale appare forzata, e quantomeno da assorbire in idonea disposizione correttiva del codice.
Evidenzio che il mio rilievo è frutto anche di confronti con alcuni magistrati amministrativi. Reputo che in materia così sensibile non possano esservi situazioni di incertezza.
2. Anonimo 2
In relazione al paragrafo 3 si ritiene di dubbia legittimità l’individuazione quale cause di esclusione di ipotesi delittuose diverse da quelle previste dall’art. 80, comma 1, del D.lgs. n. 50/2016, tanto in relazione al divieto di gold plating quanto in considerazione all’art. 80, comma 13, del medesimo decreto, che sembra demandare alle linee guida la individuazione di quali mezzi di prova siano da considerarsi adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell'esecuzione di un procedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5,
lettera c e non la individuazione di nuove ipotesi delittuose idonee a determinare l’esclusione. Al riguardo si segnala che la estensione della esclusione anche a reati ulteriori a quelli ora elencati nel comma 1 era stata espressamente proposta dal Consiglio di Stato, ma tale proposta non era stata raccolta dal legislatore, se non limitatamente alla introduzione della lett. g) del comma 1 (che collega l’esclusione alla condanna accessoria della incapacità di contrattare con la PA).
In relazione al paragrafo 4.1. si ritiene che debba chiarirsi che la mera richiesta di risarcimento del danno non possa determinare una causa di esclusione, stante il disposto dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 che collega la esclusione alla condanna al risarcimento del danno e non potendosi considerare sanzione la mera richiesta risarcitoria, essendovi contraddizione con la irrilevanza delle risoluzioni in danno laddove contestate in giudizio. Parimenti sembra opportuno chiarire che le penali rilevanti siano solo quelle non contestate.
In relazione al paragrafo 5 si ritiene di dubbia legittimità l’individuazione quale causa di esclusione dei reati commessi nell’interesse dell’ente, posto che all’art. 80, comma 5, lett. f) del D.lgs. n. 50/2016 individua quale causa di esclusione la condanna della società alla sanzione interdittiva di cui all'articolo 9, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 o ad altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, compresi i provvedimenti interdittivi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e non sembra legittimare una esclusione laddove il reato commesso nell’interesse dell’ente non abbia comportato la adozione di siffatte sanzioni.
In relazione al paragrafo 5 si ritiene opportuno precisare che la dichiarazione in ordine all’assenza di sentenze di condanna non deve riguardare anche i soggetti di cui all’art. 5, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 231/2001. Estendere un tale obbligo dichiarativo ad ogni persona sottoposta ai poteri di direzione o vigilanza del vertice societario conduce l’obbligo ad una latitudine eccessiva, specie per le imprese di dimensioni medie o grandi, e pressoché inesigibile, non potendosi obbligare i dipendenti a presentare il certificato penale. Appare poi irrazionale che reati più gravi (quali quelli di cui al comma 1) rilevino solo se compiuti dalle persone di cui all’art. 80, comma 3, del codice mentre reati di minore rilievo, al punto da comportare una ipotesi solo facoltativa di esclusione, rilevino anche se compiuti da persone con ruoli inferiori nell’organigramma. La prevista limitazione della rilevanza degli illeciti commessi da tale soggetti solo allorché commessi nell’interesse dell’ente non sembra, d’altronde, idonea a restringere l’irragionevole estensione dell’obbligo dichiarativo, dato che il paragrafo 5 specifica la necessità di dichiarare tutte le sentenze passate in giudicato.
3. Anonimo 3
Nel ringraziare l’Autorità Nazionale Anticorruzione per questa opportunità concessa agli operatori economici di formulare suggerimenti in ordine al Documento di Consultazione (di seguito “DdC”) relativo all’ambito di applicazione dell’art. 80, comma 5, lettera c) del Codice degli Appalti, Voglia trovare di seguito alcuni spunti di riflessione che ci auguriamo possano contribuire ad un costruttivo dibattito su temi che le imprese si trovano ad affrontare quotidianamente nei propri rapporti con la Pubblica Amministrazione e le relative stazioni appaltanti.
Secondo l’interpretazione fornita da ANAC nel DdC (paragrafo 3.1), l’art. 80 comma 5 prevede, tra le ipotesi esemplificative che possono giustificare l’esclusione dell’operatore economico dalla gara, le “significative e persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che hanno causato la risoluzione anticipata ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”.
In particolare, tra le “altre sanzioni” che possono dar luogo all’esclusione vengono annoverati “tutti i rimedi azionabili dalla stazione appaltante in conseguenza dell’inadempimento della prestazione quali, ad esempio, […..] oppure l’applicazione di penali ” nella misura, si legge, pari indicativamente al 10% del valore dell’appalto, e ciò senza che la suddetta significativa e persistente carenza nella esecuzione contrattuale sia stata oggetto di un accertamento definitivo da parte di un soggetto terzo ovvero di un definitivo riconoscimento a cura del soggetto sanzionato che non abbia tempestivamente contestato l’irrogazione delle penali.
In sostanza, al di là delle garanzie di contradditorio a favore del soggetto sanzionato cui il DdC fa espresso riferimento, viene rimessa alla sola valutazione della stazione appaltante il potere di stabilire se l’intervenuta mera applicazione di penali in misura almeno pari ad una determinata soglia sia tale da giustificare l’esclusione dalla gara dell’operatore economico sanzionato, diversamente da quanto accade per le altre due ipotesi esemplificative di esclusione - ossia la risoluzione anticipata di un contratto ovvero la condanna al risarcimento del danno - per le quali l’esclusione opererebbe soltanto a fronte di un provvedimento definitivo di risoluzione o di condanna oppure di mancata tempestiva contestazione del provvedimento a cura dell’impresa interessata.
La sopra sinteticamente riferita interpretazione desta a nostro avviso alcuni dubbi e solleva preoccupazione, sotto un duplice profilo.
Innanzitutto abbiamo riscontrato che l’interpretazione dell’ANAC volta a “ricomprendere anche le carenze riscontrate nell’esecuzione di contratti stipulati con altre amministrazioni…” pare andare oltre il dettato della norma in commento che fa espresso riferimento ad “un precedente contratto” e non semplicemente ad un “altro” contratto, così da portare a ritenere che il Legislatore abbia voluto riferirsi soltanto ai “precedenti” rapporti negoziali intercorsi esclusivamente tra l’operatore economico e la stazione appaltante che indice una nuova gara.
Del resto la norma, così interpretata, risulterebbe coerente sia con il previgente art. 38, primo comma, lett.
f) del Dlgs 163/2006 che faceva riferimento proprio ai rapporti intercorsi con la stazione appaltante che aveva bandito la gara, sia con il principio espresso da codesta Autorità in apertura del DdC secondo il quale “La norma individua alcune fattispecie […] ritenute idonee ad incidere sul rapporto fiduciario che deve intercorrere tra stazione appaltante e l’operatore economico”, di talché una compiuta valutazione circa la sussistenza o meno di tale requisito fiduciario dalle conseguenze eventualmente assai negative non può che, logicamente, essere effettuata prendendo a riferimento contratti nei quali la stazione appaltante sia stata già parte.
In fondo il riferimento a tutti i contratti intercorsi con altre amministrazioni sembra essere un aspetto più consono al rating di impresa di cui all’art. 83, comma 10, del D.Lgs n. 50 del 2016 che, questo sì, può invece giustificare una valutazione complessiva e generale dell’impresa concorrente.
La seconda osservazione attiene proprio all’applicazione delle penali contrattuali, per di più in misura minima e senza accertamento giurisdizionale delle responsabilità del sanzionato, quale parametro di potenziale legittima esclusione di un’impresa dalla gara a cura della stazione appaltante. Secondo quanto riportato nel DdC sarebbe infatti al riguardo sufficiente l’avvenuta comminazione di penali contrattuali in una misura tutto sommato non rilevante, o comunque “fisiologica” (atteso che il 10% del valore contrattuale è la percentuale di base prevista di norma nei contratti pubblici come tetto massimo di applicazione delle penali contrattuali) supportata da un pur motivato provvedimento unilaterale da parte
del committente, per determinare una sanzione - quale appunto la esclusione da una gara successiva - che si appalesa assai più grave e vessatoria dell’applicazione di penali contrattuali nel corso dell’esecuzione di un appalto la cui esecuzione potrebbe, in ipotesi, non essere stata particolarmente “fortunata” per svariati motivi anche avulsi da un contesto di “gravi illeciti professionali”.
Da quanto sopra deriva, a nostro avviso, una palese sproporzionalità tra lo strumento indiziario, pur motivato, dell’avvenuta applicazione di penali (pur non definitivamente accertate) per legittimare l’esclusione da una gara e le conseguenze di detta esclusione. Si tenga presente che sovente la stazione appaltante applica penali contrattuali per inadempimenti di scarsa importanza i quali non sono comunque tali da incidere sul sostanziale adempimento contrattuale e, con altrettanta frequenza, l’appaltatore finisce con l’evitare la contestazione di penali per non pregiudicare il rapporto con la committenza attraverso l’instaurazione di onerosi e lunghi procedimenti giudiziari. Non vi è dubbio che l’interpretazione fornita da codesta Autorità sulla comminazione delle penali contrattuali porterebbe ad utilizzare in modo esponenziale – così operando in una direzione opposta ad un corretto e condivisibile trend deflattivo del contenzioso in materia di appalti pubblici - il ricorso alla contestazione in sede giurisdizionale pur di evitare che una mera, pur motivata, valutazione unilaterale della stazione appaltante possa rendere impossibile per l’impresa rendere la dichiarazione ex art. 80 comma 5 lettera c).
Sintetizzando quanto sopra delineato, chiediamo a codesta Autorità di voler rivalutare la propria posizione in ordine:
(i) al fatto che la significativa carenza nell’esecuzione di un contratto sia da riferirsi ai soli contratti intervenuti con la stessa stazione appaltante che indice la gara e nei cui confronti è resa la dichiarazione ex art. 80, comma 5, lett. c );
(ii) all’assunzione della comminazione di penali contrattuali, peraltro non in misura rilevante, quale parametro per le valutazioni richieste ai fini dell’esclusione o meno da una gara di un operatore, limitando la comminatoria dell’esclusione alle sole ipotesi di risoluzione anticipata di un contratto ovvero di condanna al risarcimento del danno intervenute a seguito di accertamento definitivo della responsabilità dell’appaltatore medesimo.