UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI ECONOMIA “GIORGIO FUÀ”
UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI ECONOMIA “XXXXXXX XXX”
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Corso di Laurea Magistrale in Economia e Management Curriculum Economia e Diritto d’Impresa
IL DIRITTO DEI CONTRATTI PUBBLICI ALLA LUCE DEL DECRETO “SBLOCCA CANTIERI”
(Italian law of public contracts in the light of n. 32/2019 decree)
Relatore: Tesi di laurea di: xxxxx.xx prof. Xxxxxx Xx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx
Anno Accademico 2018 – 2019
INDICE
CAPITOLO I. L’EVOLUZIONE NORMATIVA SUI CONTRATTI PUBBLICI 3
1. I contratti della pubblica amministrazione 3
2. La disciplina dei contratti pubblici dalle origini alla legge merloni 6
2.1. Segue. Il recepimento delle direttive comunitarie 8
4. Il nuovo codice degli appalti e delle concessioni 17
4.1. Le soglie di rilevanza comunitaria 20
4.2. La procedura di evidenza pubblica 22
4.4. Il responsabile unico del procedimento 26
4.5. La fase propedeutica alla gara: pianificazione, programmazione e progettazione 28
4.6. La qualificazione e l’aggregazione delle stazioni appaltanti 31
4.7. I criteri di aggiudicazione 33
4.8. Segue: Le offerte anomale 35
4.9. I criteri di selezione dei concorrenti 36
4.10. Segue. Il rating di impresa 37
4.11. Divieto di appalto integrato 39
CAPITOLO II. ANALISI DEI LIMITI DEL QUADRO NORMATIVO IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI 40
1. Il post entrata in vigore del decreto legislativo n. 50/2016 40
1.1. Il valore giuridico delle Linee Guida dell’A.N.A.C 45
1.2. L’albo dei commissari di gara 50
1.3. Limiti e criticità del subappalto 52
1.4. Il grave illecito professionale 58
1.5. Il rito super-accelerato in tema di processo 62
2. Le ulteriori criticità del Codice 64
CAPITOLO III. LA REVISIONE DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI 68
1. Il mercato dei lavori pubblici dopo il codice del 2016 68
2. La riforma della riforma del codice degli appalti 70
3. Le novità introdotte dal D.L. 32/2019 71
3.1. Il sistema delle fonti: il nuovo Regolamento di attuazione 72
3.2. Le procedure per gli appalti sotto soglia comunitaria e il criterio di aggiudicazione 74
3.3. Il ritorno dell’appalto integrato 77
3.4. La qualificazione delle imprese 79
3.5. Le modifiche in tema di subappalto 80
3.6. La centralizzazione degli appalti per i Comuni non capoluogo 81
3.7. La scelta dei commissari di gara 82
3.8. Via il rito super accelerato 84
INTRODUZIONE
L’integrazione europea iniziata alla fine del secolo scorso ha segnato un punto di svolta per il sistema economico di tutti gli stati aderenti all’Unione europea. L’obiettivo del processo è quello di portare ad un’armonizzazione degli ordinamenti rendendo efficaci ed efficienti gli ordinamenti stessi.
In questo scenario la Pubblica Amministrazione non è rimasta esente da riforme e uno dei settori maggiormente riformati è stato sicuramente quello degli appalti, il quale, in Italia, è sempre stato caratterizzato da aspetti controversi.
Il legislatore comunitario ha sottolineato la fondamentale importanza di questo settore, proprio per il peso che gli appalti pubblici ricoprono nella determinazione della crescita economica, grazie all’impulso che hanno sempre contribuito a dare a consumi, investimenti ed occupazione. In quest’ottica, per il tramite delle riforme emanate, il legislatore comunitario cerca di raggiungere gli ardui obiettivi su cui si fonda l’Unione Europea, che prevedono la liberalizzazione, l’integrazione e la piena concorrenza dei mercati.
In tale contesto l’Italia ha provveduto a recepire nell’ordinamento interno le numerose direttive comunitarie che hanno interessato il settore.
La seguente tesi di laurea si prefigge, dunque, l’obiettivo di esporre in maniera ricognitiva ed illustrativa la disciplina italiana riguardante il tema degli appalti pubblici, partendo da un’analisi storica e teorica della normativa, per proseguire
considerando le problematiche e le criticità che hanno riscontrato i soggetti che si sono rapportati e confrontati con le pubbliche amministrazioni.
Nel primo capitolo, quindi, si procederà all’illustrazione della normativa degli appalti pubblici tramite una sintesi iniziale delle vicende storiche che hanno caratterizzato la disciplina dei contratti pubblici in Italia, soffermandosi anche sulle direttive comunitarie emanate nel tempo, per poi definire la disciplina e l’ambito di applicazione del codice nato nel 2016.
Si passa poi, nel secondo capitolo, all’approfondimento, dal punto di vista dottrinale e giurisprudenziale, delle principali problematiche del codice che si sono riscontrate sin dalla sua emanazione.
Infine, nel terzo capitolo, viene presentato il recente decreto “sblocca cantieri”, che ha introdotto ulteriori novità normative; vengono passate in rassegna le principali innovazioni apportate evidenziandone i punti di forza e di debolezza, per cercare di anticipare le potenziali scelte future che il legislatore nazionale potrà adottare.
CAPITOLO I. L’EVOLUZIONE NORMATIVA SUI CONTRATTI PUBBLICI
Il seguente capitolo ha l’obiettivo di illustrare in maniera sintetica quello che è stato il percorso di legislazione che ha interessato i contratti pubblici.
Nella prima parte viene posta particolare attenzione all’analisi delle direttive comunitarie che sono state introdotte nel sistema nazionale essendo l’Italia paese membro dell’Unione Europea.
Si passa poi ad analizzare il Codice dei contratti pubblici introdotto nel 2016 con specifico riguardo a quelle che sono state le sue principali novità.
1. I contratti della pubblica amministrazione
Il contratto, finalizzazione dell’accordo raggiunto tra due o più parti, è un istituto giuridico di cui, da sempre, le Pubbliche Amministrazioni si servono per il raggiungimento e la cura degli interessi pubblici1. Senza ombra di dubbio, quindi, in questa tipologia di contratti la principale prerogativa è l’interesse pubblico,
1 L’espressione “interesse pubblico” è di utilizzo frequente nel lessico del diritto amministrativo e sta a significare l’interesse proprio della comunità a cui un ordinamento giuridico fa riferimento.
Sul tema si veda F. G. SCOCA, “Diritto Amministrativo”, X. Xxxxxxxxxxxx Editore, Torino, 2019, p. 10.
posto che la Pubblica Amministrazione si avvale di risorse economiche raccolte dalla collettività.
Si può distinguere il contratto di appalto “pubblico” dal classico contratto d’appalto “privatistico”: quest’ultimo è concluso tra due soggetti, siano essi persone fisiche o giuridiche, che hanno libera discrezionalità sia per quel che riguarda l’oggetto del contratto stesso che il quantum economico e patrimoniale stabilito come corrispettivo.
La particolarità della disciplina degli appalti pubblici fa sì, allora, che si renda necessaria la definizione di specifiche procedure allorquando ci si trovi al cospetto dell’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione; ciò perché vi sia compatibilità tra l’interesse pubblico e il fine che si intende concretamente perseguire e per garantire principi di imparzialità, buon andamento, efficienza, efficacia e trasparenza dell’attività amministrativa2.
I contratti della Pubblica Amministrazione vengono, solitamente, preceduti da una gara pubblica, poiché gli enti pubblici non possono scegliere liberamente il privato contraente, ma devono tener in considerazione le ragioni e gli obiettivi di pubblico interesse da soddisfare, i quali giustificano il ricorso allo strumento privatistico del contratto. La gara pubblica garantisce che la Pubblica Amministrazione selezioni la controparte con cui stipulare il contratto, non
2 Articolo 1 della Legge 7 agosto del 1990 n. 241 in xxx.xxxxxxxxxx.xx/.
soltanto in ragione della miglior offerta economica proposta, ma anche dei requisiti tecnici e professionali richiesti.
Dunque, il quadro normativo è volto alla prescrizione di procedure e adempimenti che garantiscano che l’attività contrattuale pubblica declini in risultati convenienti per l’amministrazione e che tale processo avvenga nelle condizioni di massima obiettività con riguardo alla formazione della volontà ad acquistare, alle modalità di scelta del contraente, al perfezionamento della scelta stessa. Queste procedure si articolano in 4 fasi operative3:
1. Fase preliminare: determina a contrattare;
2. Scelta del contraente;
3. Stipula del contratto (incontro della volontà delle parti e perfezionamento del rapporto);
4. Esecuzione del contratto.
In sintesi, possiamo individuare due momenti distinti nel rapporto contrattuale. Nel primo momento, coincidente con i primi tre punti individuati, prevale il diritto pubblico, ossia il processo amministrativo in cui la Pubblica Amministrazione individua il pubblico interesse da soddisfare ed esprime la volontà di stipulare il contratto fino all’aggiudicazione. Viene determinato il contratto stesso, le modalità di selezione del contraente, la formazione del prezzo contrattuale,
3 F. MASTRAGOSTINO, “Il diritto dei contratti pubblici”, X. Xxxxxxxxxxxx Editore, Torino, 2017.
l’esperimento della relativa gara, la predisposizione delle clausole e l’approvazione del contratto.
Il secondo momento, caratterizzato da processi tipici del diritto privato, è individuato dalla quarta fase e concerne l’esecuzione del contratto e dei suoi contenuti.
Detto ciò, occorre precisare che, nonostante la specificità dell’argomento che richiede norme chiare e precise, la materia dei contratti pubblici è stata affrontata dall’ordinamento senza la continuità necessaria e, purtroppo, spesso con una pluralità di disposizioni non sempre coordinate tra loro che hanno reso l’impianto normativo complesso ed intricato.
2. La disciplina dei contratti pubblici dalle origini alla legge merloni
La genesi del diritto dei contratti pubblici possiamo individuarla nell’esplicamento del principio di evidenza pubblica risalente alla cosiddetta Legge Cavour4, del periodo Sabaudo. Più precisamente, troviamo tale principio all’art. 24 della sopracitata legge, il quale recitava nel seguente modo: «tutti i contratti nell’interesse dello Stato avranno luogo a pubblici incanti».
Proseguendo, nel 1865 fu varata la Legge Lanza5 che prevedeva l’unificazione amministrativa. Al suo interno si trovavano sei provvedimenti che avevano ad
4 Legge 23 marzo 1853 n. 1483.
5 Legge 20 marzo 1865 n. 2248.
oggetto la gestione amministrativa comunale e provinciale, la sicurezza e sanità pubblica, l’istituzione del Consiglio di Stato, il contenzioso amministrativo e le opere pubbliche. Si trattò di un complesso di norme che segnarono profondamente l’organizzazione degli organi del governo locale6.
A seguito dell’unificazione avvenuta con la legge n. 5026 del 22 aprile 1869, e con relativo regolamento r.d7 n. 5852 del. 4 settembre 1870, si ebbe l’incorporazione delle disposizioni precedenti; atti che furono successivamente sostituiti dal r.d. 17 febbraio 1884, n. 2016 (Testo Unico sull’amministrazione dello Stato e sulla contabilità generale) e dal regolamento di cui al r.d. n. 3074 del 4 maggio 1885. Ancora, questi ultimi, sono stati inglobati nel r.d. n. 2440 del 8 novembre 1923 e r.d. n. 827 del 23 maggio 1924, che, per molto tempo hanno rappresentato la disciplina di riferimento dei contratti pubblici.
Questo impianto normativo aveva l’obiettivo di tutelare in via immediata l’interesse della pubblica amministrazione garantendo la selezione della miglior controparte, intesa come quella che avrebbe offerto le prestazioni migliori alle condizioni economiche più vantaggiose per la pubblica amministrazione stessa.
Va infine rilevato che la disciplina degli appalti pubblici si è spesso intrecciata ad episodi verificatisi nell’ambito del diritto penale, che ha prodotto forti condizionamenti dello sviluppo della materia. A conferma di ciò, nel 1930,
6 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXX, “Le basi del diritto dei contratti pubblici”, Xxxxxxx Editore, Xxxxxx, 0000.
7 Sta per “Regio Decreto”. Si trattava di un atto normativo che veniva promulgato dal Re durante il Regno d’Italia.
proprio per contrastare le attività illecite e criminogene, venne istituito il reato di turbata libertà degli incanti.
È questo il quadro normativo che persistette sino agli anni ’70 del Novecento, anni in cui vennero emanate e recepite le prime direttive comunitarie.
2.1. Segue. Il recepimento delle direttive comunitarie
A partire dai primi anni ‘70 si susseguirono una pluralità di direttive comunitarie la cui principale finalità era quella di garantire agli attori del sistema economico operanti in un qualsiasi stato membro la possibilità di candidarsi come controparte in un contratto con un’amministrazione comunitaria.
L’efficacia di tali direttive fu, però, piuttosto circoscritta sia sul piano soggettivo che oggettivo. In queste prime due direttive, infatti, vennero considerate le sole amministrazioni pubbliche (Stato ed Enti territoriali); inoltre, le direttive disciplinavano solamente le procedure da adottare in caso di stipula di contratti di appalto di lavori (Dir. 71/305/CEE) e di forniture (Dir. 77/62/CEE)8. Nulla veniva prescritto per quanto riguarda i contratti di competenza delle pubbliche amministrazioni operanti in specifici e strumentali settori di attività (acqua, energia e trasporti).
8 Le prime direttive in materia di appalti pubblici di lavori vennero recepite in Italia dalla legge 9 agosto 1977, n. 584, successivamente integrata e modificata dalla legge 10 dicembre 1981, n. 741
e dalla legge 8 ottobre 1984, n. 687.
Attraverso queste due direttive si iniziò il percorso di allineamento della normativa nazionale a quella comunitaria; il passo successivo fu il recepimento, tramite la Legge Merloni9, della direttiva 93/37/CEE del 14 giugno 1993 mediante la quale si ebbe un superamento del quadro normativo precedente portando ad una sistemazione complessiva della materia. Venne inoltre, modernizzato il settore, inducendo un forte rafforzamento dei vincoli procedurali in modo da assicurare trasparenza e imparzialità dell’attività amministrativa.
La legge Xxxxxxx, emanata nello stesso periodo storico dei fatti di “tangentopoli”, aveva come obiettivo principale quello di porre rimedio alle problematiche disfunzioni generate nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, con particolare attenzione al settore dei lavori pubblici, i quali erano stati oggetto di profonde alterazioni dello svolgimento delle gare di appalto, di conduzione ed esecuzione delle stesse, con il verificarsi di scandali di rilievo nazionale.
La Legge prevedeva una disciplina più rigorosa, introducendo controlli più accurati riguardo la selezione della controparte; a causa di questi ultimi aspetti, furono diverse le difficoltà che si riscontrarono nell’applicazione operativa di tale legge, portando a frequenti modifiche durante gli anni.
A seguito dell’introduzione del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 che portava il seguente nome “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”, la legge Merloni fu abrogata, in attuazione delle direttive 2004/17/CE
9 Legge 11 febbraio 1994 n. 109 “Legge quadro in materia di lavori pubblici”.
e 2004/18/CE” relative, rispettivamente, agli appalti nei settori speciali ed ordinari.
Anche in questo caso, le direttive emanate ebbero un profondo effetto innovativo nella disciplina. Il Codice emanato traeva ispirazione dai principi comunitari di parità di trattamento, di trasparenza, di proporzionalità, e di non discriminazione, introducendo profonde novità allo scopo di modernizzare e rendere più flessibile la gestione dei contratti pubblici. Al Codice si è poi aggiunto il relativo regolamento di esecuzione e attuazione, il D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e una serie di altri normativi per specifici settori.
Per mezzo di tale codice si intraprese il cammino di unificazione della disciplina concernente i tre settori della contrattualistica pubblica. Molti degli istituti introdotti nella disciplina dei lavori pubblici, trovarono applicazione anche nel settore dei servizi e delle forniture; in esso confluirono norme e principi derivanti da diverse fonti e, soprattutto, discipline dettate da esigenze e da motivi ispiratori di fondo non omogenei10.
Si può dire che il punto di forza del Codice del 2006 fu quello di introdurre, per la prima volta, una sistemazione schematica ed organica della vasta materia dei contratti pubblici, invertendo il sentiero percorso fino a quel momento, caratterizzato da confusione e frammentarietà.
10 X. XXXXXX, “Commento al codice dei contratti pubblici”, UTET, Torino, 2007.
I buoni propositi dovettero, però, scontrarsi con la realtà: la notevole complessità del Xxxxxx rese la sua applicazione non sempre agevole causando, di conseguenza, incertezze e difficoltà dovute, ancora una volta, a successivi interventi normativi che crearono una inevitabile sovrapposizione tra norme ed articoli quasi mai coerenti con i precedenti. Si andò incontro ad uno stravolgimento della struttura originaria del testo del Codice, proprio a causa delle troppe modifiche e correzioni emanate nel xxxxx xxxxx xxxx00.
Di conseguenza, si rese necessario cercare di razionalizzare e semplificare la disciplina degli appalti ed il Codice stesso.
Una svolta all’assetto normativo, costruito sulla base delle direttive comunitarie del 2004, è giunto per il tramite di tre nuove direttive emanate nel 2014, che ancora una volta hanno inciso notevolmente sulla disciplina nazionale degli appalti.
Le normative a cui ci si riferisce sono la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, la direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali (cosiddetti settori speciali) e la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di
11 Si possono prendere in considerazione l’art. 1-octies, del d.l. 12 maggio del 2006, n. 173, conv. in l. 12 luglio del 2006, n. 228 (segnatamente alle norme concernenti la sua entrata in vigore), il d.lgs. 26 gennaio del 2007, n. 6, il d.lgs. 31 luglio del 2007, n. 113, e il d.lgs. 11 settembre del
2008, n. 152.
concessione. Queste tre direttive fanno riferimento e vengono applicate soltanto quando la Pubblica Amministrazione si trova al cospetto di contratti con importo pari o superiore a determinate soglie stabilite proprio dalle direttive stesse.
Le direttive sono state emanate in sostituzione delle precedenti12, le quali furono, di conseguenza, abrogate.
A differenza di quest’ultime, che si concentravano soprattutto sugli aspetti economici delle offerte per garantire la tutela della concorrenza tra gli operatori, le nuove direttive si focalizzano sul legame tra il settore degli appalti e la c.d. Strategia Europea 2020 introducendo un approccio innovativo finalizzato sostenere nel tempo un’economia dell’innovazione. L’ambito di applicazione non si limitava ai soli appalti, ma considerava anche i contratti di concessione, sino ad allora mai specificamente normati.
Possiamo riassumere gli ambiziosi obiettivi che il legislatore comunitario si era posto di raggiungere per il tramite delle tre direttive nei seguenti punti13:
▪ Miglior allocazione ed utilizzo dei fondi movimentati attraverso contratti pubblici facendo leva su semplificazione, maggior flessibilità e correttezza delle procedure;
▪ Maggior concorrenza nel settore dei contratti pubblici, aprendo il mercato all’intera Unione Europea con riguardo ai settori di lavori, servizi e
12 Si fa riferimento alle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.
13 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, “Introduzione al nuovo codice degli appalti. Le nuove regole per l’affidamento delle concessioni e dei contratti pubblici”, Key Editore, 2016.
forniture, e introduzione di severe sanzioni per combattere le pratiche discriminatorie per facilitare l’accesso ad appalti e gare anche alle piccole e medie imprese;
▪ Utilizzo degli appalti pubblici come leva di politica economica, a sostegno di innovazione tecnologica, crescita sostenibile a basso impatto ambientale, e sociale, avendo particolare riguardo a specifici obiettivi di welfare;
▪ Lotta alla corruzione, semplificando e rendendo trasparenti le procedure ed eliminando incertezze e vuoti normativi, da sempre terreno fertile di episodi di corruzione.
Il parlamento, a seguito di una lunga discussione, quasi allo scadere del termine imposto dalle direttive agli stati membri per l’attuazione delle direttive (18 aprile 2016), ha approvato la legge delega n. 11 del 28 gennaio 2016.
Ancora una volta, come in passato, l’attuazione della delega ha dovuto scontrarsi con un assetto normativo della materia degli appalti pubblici che presentava leggi e norme articolate ed eterogenee. Ad evidenza di ciò, basti pensare che il Codice in vigore era composto di 274 articoli e 22 allegati e il relativo regolamento attuativo di 359 articoli e 15 allegati. Inoltre, questo impianto normativo non era neppure esaustivo dell’intera materia, rimanendo esclusi il partenariato privato, le normative statali settoriali, e le legislazioni regionali in materia.
Un altro problema era quello riguardante la mole di contenzioso che negli anni aumentò in modo esorbitante, suddivisa tra: giudice amministrativo per la fase di
gara, giudice ordinario per il momento dell’esecuzione, giudice contabile per la verifica delle responsabilità dei soggetti pubblici; e, infine, giudice penale per illeciti penali scaturiti durante i distinti momenti di affidamento ed esecuzione.
La legge delega n. 11/2016 che delegava al Governo il compito di recepire le tre direttive del parlamento Europeo, dunque, si inseriva in un contesto turbolento e perseguiva due principali obiettivi14:
▪ Codifica e recepimento delle direttive comunitarie, passando anche attraverso un complessivo riordino della materia e delle disposizioni preesistenti;
▪ Semplificare ed accelerare le procedure, senza tralasciare i principi su cui si fonda l’intera disciplina quali prevenzione della corruzione e della infiltrazione criminale, trasparenza, tutela ambientale e sociale.
Sul piano formale, la legge delega prevedeva, di nuovo, l’adozione di un unico testo normativo: il “codice”, che doveva essere snello e garantire «la ricognizione e il riordino del quadro normativo», permettendo «una drastica riduzione razionalizzazione del complesso delle disposizioni» per ottenere un «più elevato livello di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti»15.
14 X. XXXXXXX, “Guida al nuovo Codice dei contratti pubblici. Le novità del Decreto Legislativo 18 aprile 2016”, Edizione 50. Maggioli Editore, 2016.
15 Legge 28 gennaio 2016, n. 11 “Deleghe al governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del parlamento europeo e del consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché
Sul piano sostanziale, la legge delega demandava al Governo di recepire16:
▪ Le direttive nel rispetto del divieto del gold plating17;
▪ Gli strumenti di regolamentazione flessibile introdotti dalle direttive. La stessa delega permetteva alcune deroghe al divieto di gold plating, introducendo alcuni principi direttivi innovativi;
▪ La trasparenza, digitalizzazione e accessibilità piena agli atti;
▪ La centralizzazione obbligatoria della committenza;
▪ La qualificazione obbligatoria per le amministrazioni che vogliono svolgere le funzioni di stazioni appaltante;
▪ La istituzione di un albo dei commissari di gara presso l’A.N.A.C., a cui le stazioni appaltanti dovranno attingere per la istituzione delle commissioni di gara;
▪ La separazione tendenziale tra progettazione ed esecuzione;
▪ Le regole specifiche per alcune tipologie di appalti, per regioni di tutela dell’unicità del patrimonio artistico-culturale italiano; di carattere sociale; di lotta alla corruzione;
per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.
16 Legge 28 gennaio 2016 n. 11
17 Divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive. In sede di recepimento delle direttive comunitarie, si fa riferimento al gold plating come a quella tecnica che va a di là di quanto richiesto dalla normativa europea. Gli stati membri hanno ampia discrezionalità in sede di attuazione delle direttive comunitarie.
Sul tema, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, “Portata del divieto di gold plating”, Gruppo Astrid “La nuova disciplina dei contratti pubblici”, in xxx.xxxxxx-xxxxxx.xx
▪ Il rating di legalità, i criteri reputazionali, il sistema di penalità e premialità per gli operatori economici;
▪ I conti dedicati imposti agli operatori economici;
▪ Il soccorso istruttorio, in ciò proseguendosi un percorso già avviato con il d. l. n. 90/2014;
▪ Le limitazioni ai poteri del contraente generale e il rafforzamento dei controlli pubblici;
▪ Il superamento della c.d. legge obiettivo;
▪ L’introduzione di principi concorrenziali per le concessioni, anche già affidate, mediante l’obbligo di esternalizzazione di una elevata percentuale degli affidamenti e la scansione temporale per l’avvio delle gare in relazione alle concessioni in scadenza;
▪ L’introduzione del dibattito pubblico, per assicurare la partecipazione delle collettività locali alle scelte di localizzazione delle grandi opere aventi rilevante impatto sull’ambiente e sul contesto socio - economico;
▪ Una governance efficiente ed efficace attraverso la cabina di regia presso la
P.C.M e il rafforzato ruolo dell’A.N.A.C. che coniuga i compiti di autorità anticorruzione e di vigilanza e regolazione del mercato degli appalti pubblici.
Il Consiglio dei ministri, riunitosi il 3 marzo 2016, ha quindi approvato in sede preliminare un unico schema di decreto legislativo. Il testo di tale schema,
corredato delle modifiche ed integrazioni richieste nei pareri, è stato successivamente approvato in seconda lettura dal Consiglio dei ministri stesso, riunitosi il 15 aprile 2016. Dopo il parere positivo espresso dalle commissioni di Camera e Senato competenti per la materia e la firma del Capo dello Stato il Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 è stato definitivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
4. Il nuovo codice degli appalti e delle concessioni
L’entrata in vigore del nuovo codice coincide con la data del 19 aprile 2016, giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, come prescritto dall’art. 220 dello stesso testo. All’art. 216 troviamo l’ambito di applicazione: il Codice si applica «alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte».
Ancora una volta, l’obiettivo del nuovo Codice dei contratti, oltre al recepimento delle direttive comunitarie, è quello di cercare di riordinare la materia della contrattualistica pubblica, per superare le criticità evidenziate dalla situazione precedente. Si cerca, quindi, di raggiungere la semplificazione, lo snellimento e la
riduzione delle norme, la trasparenza, la qualità (intesa anche come qualificazione) senza tralasciare la lotta alla corruzione.
In ottemperanza all’obiettivo di snellimento, il nuovo Codice dei contratti pubblici si presenta, almeno all’apparenza, decisamente meno articolato e più snello del testo normativo precedente. Si nota, infatti, una corposa riduzione del numero di articoli, i quali passano dai complessivi 630 articoli a soli 220 articoli (e 25 allegati). La riorganizzazione del Codice passa anche attraverso una struttura meglio organizzata in sei parti18.
Riguardo l’aspetto giuridico, la novità che più si discosta dalla normativa precedente è rappresentato dal ricorso ad atti attuativi di indirizzo in luogo dei precedenti regolamenti, adottati con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, su proposta dell’A.N.A.C., e a Linee Guida emanate dall’A.N.A.C., aventi carattere generale, per ciò che riguarda le indicazioni interpretative ed
18 La prima parte comprende le norme volte a definire il suo ambito di applicazione, nonché alcune disposizioni comuni, come, in particolare, le definizioni (art. 3), la specificazione dei contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione (artt. 4-20), le norme sulla pianificazione, programmazione e progettazione (artt. 21-27) e i principi comuni sulle modalità di affidamento (artt. 28-34).
La seconda parte, relativa ai contratti di appalto per lavori, servizi e forniture, è articolata in sei titoli: 1) rilevanza comunitaria e contratti sotto soglia (artt. 35-36); 2) qualificazione delle stazioni appaltanti (artt. 37-43); 3) procedura di affidamento (suddiviso, a sua volta, in capi e sezioni: artt. 44-93); 4) aggiudicazione per i settori ordinari (artt. 94-99); 5) esecuzione (artt. 100-113); 6) regimi particolari di appalto (ossia agli appalti nei settori speciali, nei servizi sociali, nel settore dei beni culturali, nei concorsi di progettazione e di idee, nei servizi ricerca e sviluppo ed in specifici settori: artt. 114-163).
La parte terza abbraccia i contratti di concessione (artt. 164-178).
La parte quarta disciplina il partenariato pubblico privato e il contraente generale (artt. 179-199). La parte quinta attiene alle infrastrutture e agli insediamenti prioritari (artt. 200-203).
La parte sesta contiene le disposizioni finali e transitorie (artt. 204-220).
esecutive. Si assiste, così, alla realizzazione di un sistema flessibile di regolazione (soft regulation).
La definizione delle sopracitate Linee Guida avviene espressamente dall’art. 213, comma 2, del Codice, il quale le inquadra come strumenti di regolazione flessibile (soft law) per perseguire gli obiettivi di omogeneità, speditezza delle procedure e trasparenza dei processi. Ad esse viene attribuita l’importante funzione di atti di indirizzo generale lasciando aperta la possibilità di aggiornamento, in coerenza con il sistema in continuo mutamento. Possiamo individuare tre diverse tipologie di linee guida19.
Le prime sono i decreti ministeriali contenenti le linee guida adottate su proposta dell’A.N.A.C., che rappresentano veri e propri regolamenti.
Abbiamo, poi, le linee guida “vincolanti” dell’A.N.A.C., che, pur non avendo l’efficacia di regolamenti, sono equiparabili agli atti di regolazione di un’autorità indipendente.
Ultime, ma non per importanza, sono le linee guida non vincolanti dell’A.N.A.C. che rappresentano atti a valenza minore ed hanno funzione di indirizzo per stazioni appaltanti ed operatori economici.
L’impianto normativo descritto evidenzia come l’A.N.A.C. diventi una vera
Authority di regolazione del settore, fulcro dell’idea del Governo in favore di una
19 X. XXXXXXXXXX, “L’Autorità Nazionale Anticorruzione e la nuova normativa sui contratti pubblici”, in xxx.xxxxxxxx.xx.
regolamentazione flessibile e dell’adozione di un vero e proprio regolamento di esecuzione. Ad oggi, le linee guida deliberate dall’A.N.A.C. sono 1520.
4.1. Le soglie di rilevanza comunitaria
All’interno del codice dei contratti pubblici possono essere individuate due grandi classi di contratti a seconda che l’importo dei contratti stessi si collochi al di sopra o al di sotto di determinate soglie.
La determinazione del valore di un appalto o di una concessione diviene quindi critica: sulla base di tale valore, infatti, il contratto avrà (o non avrà) “rilevanza comunitaria” e diverso sarà il regime normativo che verrà applicato.
Il fulcro della questione è, quindi, quello delle soglie di rilevanza comunitaria; queste sono classi di valore suddivise per lavori, servizi e forniture. Nel caso in
20N. 1 – “Affidamento servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”;
N. 2 – “Offerta economicamente più vantaggiosa”;
N. 3 – “Nomina, ruolo e comiti del RUP per l’affidamento di appalti e concessioni”;
N. 4 – “Affidamenti sotto soglia”;
N. 5 – “Commissari di Gara”;
N. 6 – “Mezzi di prova”;
N. 7 – “Linee guida per l’iscrizione nell’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house”;
N. 8 – “Linee guida sulle procedure negoziate senza previa pubblicazione di bando in caso di forniture e servizi ritenuti infungibili”;
N. 9 – “Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato”;
N. 10 – “Affidamento dei servizi di vigilanza privata”;
N. 11 – “Verifica affidamenti da parte dei concessionari”;
N. 12 – “Affidamenti dei servizi legali”;
N. 13 – “La disciplina delle clausole sociali”;
N. 14 – “Indicazioni sulle consultazioni preliminari di mercato”;
N. 15 – “Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici”.
cui l’importo del contratto dovesse superare la soglia di riferimento, il contratto stesso rientrerà nella classe di “rilevanza comunitaria”. In questa eventualità, l’ente appaltante avrà l’obbligo di seguire una procedura conforme alle direttive europee e di rendere pubblica la gara di appalto in tutte le nazioni dell’Unione, allargando la platea dei partecipanti a tutti gli operatori interessati, in possesso dei requisiti richiesti.
Le norme contenute all’interno del Codice sono atte a disciplinare sia i contratti di rilevanza comunitaria, cc.dd. “sopra soglia”, che i contratti di rilevanza nazionale, cc.dd. “sotto soglia”. Per individuare l’importo da confrontare alle soglie stabilite si fa riferimento all’«importo stimato del contratto al netto dell’imposta sul valore aggiunto»21. Attualmente le soglie in vigore sono le seguenti22:
I. per i settori ordinari:
a. euro 5.350.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni;
b. euro 139.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle autorità governative centrali;
c. euro 214.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione qualora questi siano aggiudicati: da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali; da autorità governative
21 X. XXXXXXXXXX, “Il sistema del diritto amministrativo. I nuovi contratti pubblici”. Dike Editore, 2017, p. 105.
centrali che operano nel settore della difesa, allorché tali appalti concernono prodotti non menzionati nel citato allegato VIII;
d. euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici elencati all’allegato IX del Codice (ad es.: servizi sanitari; servizi religiosi; servizi alberghieri e di ristorazione; servizi postali etc.);
II. per gli appalti nei settori speciali:
a. euro 5.350.000 per gli appalti di lavori;
b. euro 428.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione;
c. euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati all’allegato IX.
4.2. La procedura di evidenza pubblica
La procedura di evidenza pubblica nasce con l’obiettivo di informare, argomentare e garantire la trasparenza delle modalità utilizzate dall’Amministrazione Pubblica per dotarsi di specifici beni, servizi o prestazioni e che produrranno la stipulazione di un contratto. Tale procedura assolve anche alle necessità di spiegazioni dettagliate sul contenuto del contratto e sulle modalità con cui verrà scelto il contraente, in linea con quanto stabilito dai principi stabiliti dalla legge.
Nell’evidenza pubblica rientrano, dunque, tutte quelle procedure che l’amministrazione pubblica è tenuta a rispettare per stipulare un contratto di diritto privato. Tramite essa viene garantita la più ampia partecipazione possibile di operatori economici in concorrenza tra loro; in questo modo, l’amministrazione pubblica può ottenere le migliori condizioni per il soddisfacimento dei propri interessi. La procedura strutturalmente è articolata in diverse fasi23.
La prima fase prevede una determina, un atto, cioè, strumentale al contratto e ad uso interno all’amministrazione. Nella determina viene espressa la volontà di stipulare un certo contratto e vengono individuati gli elementi essenziali tra cui le ragioni della scelta ed i criteri di scelta della controparte.
Sulla base della determina a contrarre, l’amministrazione procede alla predisposizione dei documenti di gara, i quali regolano la singola procedura concorsuale, rendendo nota al pubblico la volontà di affidare un contratto pubblico.
Si passa poi all’indizione della procedura per tramite, di regola, del bando di gara. Stante il peculiare obiettivo assegnato, la natura giuridica del bando di gara si presenta alquanto controversa; in dottrina coesistono due concezioni opposte, ciascuna delle quali ne risalta uno specifico profilo giuridico.
La prima concezione è quella che adotta un punto di vista di taglio privatistico – negoziale: secondo tale concezione il bando di gara è visto come un’offerta al
23 Articolo 32 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
pubblico o, secondo una più recente interpretazione, un invito ad offrire. Questa visione enfatizza la mancanza del prezzo, il quale rappresenta un elemento essenziale del contratto. Mancando appunto questo elemento essenziale del contratto, il bando non può pertanto valere quale proposta contrattuale24.
Il secondo punto di vista privilegia una visione caratterizzata dal profilo pubblicistico. Al contrario di quanto visto prima, in questo caso il bando di gara sarebbe da ritenere un tipico atto amministrativo, che non assolve soltanto la funzione di esternazione della volontà della Pubblica Amministrazione di contrarre ma, soprattutto, quella di avviare la fase procedimentale relativa alla ricerca della miglior offerta e alla scelta del contraente ritenuto più in linea rispetto ai requisiti specificati25.
Ampio spazio viene riservato dal Codice alla sezione relativa alle varie alternative procedure di evidenza pubblica che la stazione appaltante può utilizzare. Sulla base delle combinazioni possibili tra procedure di gara, tipi, oggetti, importi contrattuali e settori di riferimento risultano circa 40 possibilità.
24 Pronuncia TAR Latina-Lazio, sez. I, 3 agosto 2009, n. 758, che, nel pronunciarsi rispetto ad un’ipotesi di rettifica del contenuto del bando di gara non portata a conoscenza delle imprese partecipanti alla gara nelle medesime forme attraverso le quali è stata data pubblicità al bando, ha affermato che lo stesso, pur non avendo la natura giuridica di promessa al pubblico, né di offerta al pubblico, potrebbe “essere accostato all’invito ad offrire”.
25 Si tratta dell’orientamento prevalente e della giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. St., sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 263; Cons. St., sez. V, 10 gennaio 2003).
Alle procedure standard già illustrate nel precedente Codice (aperte, ristrette, negoziate, con dialogo competitivo) si aggiunge il modello del partenariato per l’innovazione26.
Inoltre, occorre affermare che il Codice restituisce un potere di scelta discrezionale alle stazioni appaltanti che la precedente legislazione sui lavori pubblici aveva sempre cercato di limitare27.
Un’importante novità introdotta dal decreto è l’istituto del dibattito pubblico28. Esso è uno strumento essenziale il quale permette di coinvolgere le collettività locali nella scelta riguardanti la realizzazione delle grandi opere, in particolare in riferimento alla localizzazione di quelle aventi particolare impatto ambientale, economico e sociale sul territorio coinvolto.
Rappresenta, inoltre, un efficace strumento di partecipazione democratica che si prefigge l’obiettivo di garantire una più ampia accettazione sociale dell’opera, prevenendo l’eventuale contenzioso ed accelerando la realizzazione dell’opera stessa.
26 Articolo 59 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
00 X. XX XXXXXXXX, “Le procedure di scelta del contraente”, in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx, 2016.
28 X. XXXXXXXX, “Il regolamento sul dibattito pubblico: democrazia deliberativa e sindrome nimby”, Academia. Edu.
Il dibattito pubblico si ispira al modello del “débat public”, introdotto nell’ordinamento francese a partire dal 1995, previsto da molte leggi regionali e già in uso in diversi ordinamenti stranieri. Tale dibattito avviene nella fase iniziale di elaborazione del progetto dell’opera di cui si dibatte, facendo riferimento ai contenuti del progetto di fattibilità oppure al documento di fattibilità delle alternative progettuali.
In concreto, il dibattito prevede la convocazione di un’assemblea, a cui possono partecipare le amministrazioni coinvolte e tutti gli stakeholders più in generale. Si procede definendo le modalità del dibattito, il quale ha durata massima di quattro mesi dalla data di convocazione dell’assemblea. Il risultato del dibattimento è un “parere” il quale non ha carattere vincolante, ma andrà preso in considerazione in fase di predisposizione del progetto definitivo.
Vi è, inoltre, un obbligo di pubblicità, in quanto le amministrazioni aggiudicatrici devono rendere pubblico, sui rispettivi siti internet, sia i progetti di fattibilità delle opere interessate che gli esiti del dibattimento pubblico, allegando i rapporti degli incontri e dei dibattiti avvenuti con gli stackeholders interessati.
4.4. Il responsabile unico del procedimento
Tra gli innumerevoli soggetti professionali che partecipano all’appalto, il codice riserva un ruolo determinante e fondamentale nell’esecuzione dei lavori al Responsabile Unico del Procedimento (RUP). Viene imposta l’individuazione da
parte delle stazioni appaltanti di tale figura per ogni singola procedura di appalto o di concessione.
La volontà del legislatore di inseguire una logica di effettività del risultato si evince dalla scelta di affidare il ruolo di responsabile del procedimento ad un unico soggetto29, ciò per quanto riguarda l’intera attività contrattuale e con riferimento a tutte le fasi del processo: l’organizzazione dell’azione amministrativa avviene, per cui, per progetti e risultati da raggiungere. La scelta di questa tipologia di organizzazione lavorativa ha come logica di base il perseguimento del principio di buon andamento dell’azione amministrativa, con riferimento ai criteri di economicità, efficienza ed efficacia della stessa.
Al RUP il Codice affida numerose funzioni che spaziano all’interno dell’intera procedura.
In fase progettuale, al RUP viene affidato il compito di coordinamento delle attività riferite alla redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, del progetto definitivo ed esecutivo, validando i risultati ottenuti in fase di predisposizione e verifica dei progetti.
Ovviamente, anche in fase di scelta della controparte contrattuale, il RUP riveste ruolo attivo; ad esso è delegata la scelta della procedura di affidamento, delle modalità di aggiudicazione e della tipologia contrattuale da stipulare sovraintendendo, inoltre, al corretto e razionale svolgimento della selezione.
29 Articolo 31, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
In fase esecutiva al RUP sono affidate tutte le attività di coordinamento finalizzate alla realizzazione degli interventi e delle opere affidate; deve, in concreto, controllare che il lavoro proceda in conformità con quanto stabilito sia dal contratto che dalle disposizioni di legge relative a sicurezza e salute sui luoghi di lavoro. Infine, il RUP verifica anche che i lavori procedano rispettando i tempi prestabiliti.
Le linee guida n. 3, adottate con delibera n. 1096/2016 da parte dell’A.N.A.C., hanno provveduto a regolamentate in maniera operativa la nomina, il ruolo e i compiti del RUP. All’interno di questo documento troviamo una disciplina dettagliata e legata all’operatività degli effettivi ruoli del RUP e vengono inoltre stabiliti requisiti di professionalità ulteriori rispetto a quanto già prescritto dal Codice.
4.5. La fase propedeutica alla gara: pianificazione, programmazione e progettazione
Il codice stabilisce regole precise per quel che riguarda l’affidamento dei contratti pubblici richiedendo che tale procedura avvenga nel rispetto degli atti di programmazione30 previsti dallo stesso Xxxxxx o dalle norme vigenti.
30 Per quanto riguarda la fase di programmazione, la vecchia norma disciplinava l’utilizzo degli studi di fattibilità per l’inserimento degli interventi nel programma triennale e in elenco annuale (D.M. 24 ottobre 2014, art. 1, comma 2) e ne dettagliava anche i contenuti con carattere normativamente cogente (D.P.R.207/10, art. 14 commi 1 e 2).
Più nel dettaglio, è previsto che venga adottato, da parte delle amministrazioni pubbliche, il programma biennale degli acquisti di beni e servizi (che è un documento redatto dalle amministrazione stesse per individuare le forniture e i servizi da acquistare durante il biennio, necessari a soddisfare i fabbisogni rilevati e valutati dalla P.A. preposta), di importo unitario stimato pari a 40.000 euro; ed il programma triennale dei lavori pubblici, che le amministrazioni adottano allo scopo di individuare i lavori da avviare nel triennio, il cui valore stimato sia pari o superiore a 100.000 euro. Per i lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro, ai fini del loro inserimento nell’elenco annuale deve essere redatto il progetto di fattibilità tecnica ed economica31.
A livello giuridico, questi programmi sono inquadrati come atti di programmazione, il cui scopo è quello di pianificazione della spesa ed evidenziazione delle necessità della comunità riguardo la realizzazione di interventi pubblici. Il programma, in quanto atto generale ed astratto, a norma dell’art. 13 della legge n. 241 del 1990, è sottratto all’obbligo di motivazione specifica.
Passando all’analisi della progettazione, cioè di quella attività svolta a tramutare il programma in un progetto concreto, il Legislatore individua tre differenti livelli di
31 Articolo 21, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
progettazione per gli appalti e per le concessioni di lavori: il progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progetto definitivo e il progetto esecutivo32.
Il progetto di fattibilità tecnica ed economica, che sostituisce quello preliminare, va redatto dopo aver eseguito indagini territoriali (geologiche e geognostiche), previa verifica dell'assetto archeologico. Al suo interno deve essere individuata quella risultante più vantaggiosa a seguito di una analisi costi-benefici per la collettività. Va, poi, predisposta una relazione che illustri ed argomenti le ragioni della scelta33.
Passando al progetto definitivo, osserviamo come questo debba individuare compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto di fattibilità e contenere tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni ed approvazioni. Anche in questo caso viene redatta una relazione descrittiva dei criteri utilizzati per le scelte progettuali. Contestualmente all’approvazione del progetto definitivo si ha anche la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dei lavori.
In ultima istanza, vi è il progetto esecutivo, il quale specifica nel dettaglio i lavori da realizzare ed i costi stimati. Questo documento va redatto in maniera tale che sia possibile identificare ogni elemento costitutivo del contrato per forma,
32 Articolo 23 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
33 F. MASTRAGOSTINO, “Il diritto dei contratti pubblici”, X. Xxxxxxxxxxxx Editore, Torino, 2017.
tipologia, qualità, dimensione e prezzo. Deve infine prevedere un apposito piano di manutenzione dell'opera comprendendo lo schema di contratto e lo schema di capitolato speciale d’appalto.
4.6. La qualificazione e l’aggregazione delle stazioni appaltanti
Si segnalano due sostanziali modifiche riguardanti le stazioni appaltanti, introdotte con l’obiettivo di rendere più efficiente il processo di selezione del contraente.
La prima modifica è quella riguardante il sistema di qualificazione delle pubbliche amministrazioni: alle stazioni appaltanti, come previsto per gli operatori economici partecipanti ad una gara, è richiesto di dimostrare il rispetto di alcuni requisiti prefissati dall’A.N.A.C. Il legislatore ha previsto l’istituzione presso l’A.N.A.C. di un elenco di stazioni appaltanti qualificate34, al cui interno si trovano anche le centrali di committenza35.
La qualificazione di cui si discute è attribuita sulla base degli ambiti di attività; dei bacini territoriali, della tipologia e complessità dei contratti e delle fasce di
34 Articolo 38 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
35 Una centrale di committenza è la Stazione unica appaltante (SUA), che risponde alla finalità di assicurare la trasparenza, la regolarità e l’economicità della gestione dei contratti pubblici e di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose. Si tratta di un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore che realizza l’acquisizione di forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti e l’aggiudicazione di appalti o la conclusione di accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti.
Nel sistema dei contratti pubblici, è sempre più avvertita la necessità di ricorrere a procedure di centralizzazione degli acquisti che, determinando un’aggregazione della domanda di più amministrazioni, consentono ai soggetti pubblici, soprattutto per grandi volumi di acquisti, di risparmiare sia in termini di prezzi che di costi di gestione della procedura.
importo. Per l’attribuzione si fa riferimento al complesso delle attività che caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, servizio o lavoro in relazione alla capacità di programmazione e progettazione, di affidamento, di esecuzione e controllo da parte dell’amministrazione stessa.
Una volta conseguita, la qualificazione ha validità quinquennale36 e può essere rivista a seguito di verifica, anche a campione, da parte dell’A.N.A.C.
Il secondo elemento di novità introdotto dal Codice è quello delle aggregazioni tra stazioni appaltanti37: viene lasciata libera autonomia di gestione da parte delle singole amministrazioni soltanto sulle “piccole” aggiudicazioni, stabilendo come limiti l’importo di 40.000 euro per servizi e forniture e di 150.000 euro per i lavori. Con riferimento alle gare che prevedano affidamenti per importi superiori alle predette soglie, la gestione rimarrà alle Amministrazioni Pubbliche nel caso in cui queste siano in possesso della qualificazione dell’A.N.A.C.38 e siano iscritte nell’elenco nazionale, mentre verrà affidata ad una centrale di committenza nell’eventualità in cui le Amministrazioni non siano in possesso della qualificazione.
Quest’ultimo precetto normativo è stato pensato con l’idea di spingere gli enti locali di minori dimensioni a creare sinergie tra loro. Il soggetto aggregatore
36 Il decreto correttivo del 2017 ha elevato tale validità a 10 anni.
37 Articolo 37 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
00 X. XXXXXXX, X. XXXXXXX, “Il Codice dei contratti pubblici, commento al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, Torino, X. Xxxxxxxxxxxx, 2016.
derivante da questa unione avrà maggiori opportunità di offrire un supporto organizzativo e tecnico migliore per l’ottimale completamento della procedura.
4.7. I criteri di aggiudicazione
In ottemperanza alle direttive europee xxxxxxx00, attraverso il nuovo Codice vengono introdotte sostanziali novità anche sul versante dei criteri di aggiudicazione, segnando un profondo taglio e rispetto alla normativa precedente. Il Codice del 2006 prevedeva, infatti, una parità tra il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e il criterio del prezzo più basso. La scelta per l’uno o per l’altro veniva rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione40.
Il nuovo Codice, per raggiungere l’obiettivo di migliorare la qualità, prevede che il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa diventi il principale criterio da seguire nella selezione della controparte del contratto e, inoltre, stabilisce la sua obbligatorietà per tutti quei contratti relativi a settori in cui la manodopera costituisce fattore fondamentale (i contratti relativi ai servizi di pulizia, servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, e servizi di ingegneria e architettura).
39 Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE.
40 Articolo 81 del Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n. 163 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
All’interno della linea guida n. 2, adottate dall’X.X.XX. con delibera del 21 settembre del 2016, n. 1005, troviamo le indicazioni operative da seguire per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
L’idea sottostante alla volontà del legislatore del 2016 era, quindi, quella di elevare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa a criterio principe, lasciando al criterio del minor prezzo un ruolo residuale, ammettendo il suo utilizzo esclusivamente in determinati casi.
In particolare, i servizi e forniture, per essere aggiudicati al prezzo più basso, dovranno avere caratteristiche standardizzate o essere caratterizzati da elevata ripetitività. Ma comunque sempre al di sotto della soglia comunitaria di 209.000 euro41.
Rimane salva la possibilità di aggiudicare col criterio del prezzo più basso anche in caso di servizi ad alta intensità di manodopera, purché affidati mediante affidamento diretto al di sotto dei 40.000 euro, e i lavori pubblici fino a 2.000.000 euro42.
Il motivo della preferenza per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ha come fondamento, all’interno del contesto nazionale, alcune vicende derivanti dal contesto sociale e criminale. La paura è che il criterio del
41 Articolo 95 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
42 Il decreto correttivo del 2017 ha elevato la soglia da 1.000.000 a 2.000.000 euro.
prezzo più basso favorisca episodi in cui possano proliferare situazioni di sfruttamento della manodopera, corruzione e pratiche abusive.
D’altra parte, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa prevede una procedura di affidamento più complessa e laboriosa, richiedendo un livello di professionalità e competenza maggiore da parte di coloro che sono incaricati della selezione dell’affidatario. Proprio a tutela del sistema amministrativo, all’interno del Codice sono stati previsti, nei casi di aggiudicazione con criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, norme e disposizioni sulla valutazione delle offerte; la valutazione di queste ultime viene affidata ad una commissione giudicatrice, formata da figure con competenze specifiche nel settore di competenza della gara, scelta con pubblico sorteggio dai nominativi inseriti in un Albo Nazionale obbligatorio gestito dall’A.N.A.C.
4.8. Segue: Le offerte anomale
L’intera disciplina oggetto di analisi in questa tesi ruota intorno a due interessi legati da un trade off: il primo è quello di aggiudicare il lavoro ad una stazione affidabile, che adempia all’obbligazione oggetto di contratto rispettando termini e modalità prestabilite in sede di gara; il secondo è quello di realizzare la prestazione al prezzo maggiormente competitivo, evitando sprechi ed episodi corruttivi.
In quest’ottica, proprio per evitare spiacevoli situazioni, il Codice dà la possibilità alle stazioni appaltanti di richiedere informazioni e spiegazioni aggiuntive e approfondite su prezzi e costi proposti in sede di gara nei casi in cui ci si trovi di fronte ad offerte aggiudicatrici eccessivamente basse e fuori mercato43. Nell’eventualità in cui la stazione appaltante voglia servirsi di questa possibilità, la richiesta va redatta per iscritto, concedendo al destinatario della richiesta non meno di 15 giorni per la risposta, che deve essere inviata per iscritto.
4.9. I criteri di selezione dei concorrenti
Il confronto competitivo che si delinea all’interno della gara di appalto deve avvenire soltanto tra operatori che rispettino determinati requisiti tecnici e siano in grado di garantire serietà ed affidabilità etica e morale durante l’intera esecuzione del contratto. A tal fine è stato introdotto uno strumento di prova documentale preliminare: il documento di gara unico europeo (DGUE). Questo documento è fornito dai concorrenti per dichiarare l’idoneità e la presenza dei requisiti, nonché l’assenza dei motivi di esclusione alla partecipazione alla gara.
All’interno del Codice troviamo i criteri di selezione che i concorrenti devono possedere durante l’intera durata contrattuale44, che sono:
a) Requisiti di idoneità professionale;
43 Articolo 97 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
44 Articolo 83 del decreto legislativo 18 aprile del 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
b) Capacità economica e finanziaria;
c) Capacità tecniche e professionali.
In merito alla prova dei criteri sopraelencati, con riferimento ai lavori pubblici, il Codice individua un sistema unico di qualificazione e stabilisce che i soggetti incaricati all’esecuzione, nel caso di lavori pubblici di importo pari o superiore a
150.000 euro provino il possesso dei citati requisiti di qualificazione mediante attestazione da parte degli appositi organismi di diritto privato (SOA) autorizzati dall’A.N.AC45. Infine, i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico- professionali vengono verificati utilizzando i mezzi di prova previsti dall’allegato XVII46, a seconda della natura e della tipologia delle forniture o dei servizi.
4.10. Segue. Il rating di impresa
All’interno del nuovo codice viene introdotta l’istituto del rating d’impresa47, che ha come finalità il miglioramento della qualità d’esecuzione delle opere,
45 SOA sta per società organismi di attestazione. Queste sono società che accertano che i soggetti esecutori di lavori pubblici presentino tutte le caratteristiche e le qualificazioni richieste dalla normativa comunitaria e nazionale per poter partecipare alle gare per l’assegnazione degli appalti pubblici.
46 Per la capacità economica e finanziaria gli operatori producono idonee dichiarazioni bancarie, presentazione dei bilanci o di estratti di bilancio, dichiarazioni concernente il fatturato globale.
Per la capacità tecnica e professionale può essere prodotto un elenco dei lavori eseguiti negli ultimi cinque anni e un elenco delle principali forniture o dei principali servizi effettuati negli ultimi tre anni.
47 Il rating di impresa non deve essere confuso con il rating di legalità, il quale è uno strumento introdotto nel 2012 per le imprese italiane, volto alla promozione e all’introduzione di principi di comportamento etico in ambito aziendale, tramite l’assegnazione di un riconoscimento circa il rispetto della legalità da parte delle imprese che ne abbiano fatto richiesta.
Particolare importanza assume la reputazione delle imprese in trattativa con la Pubblica Amministrazione. La reputazione viene misurata attraverso l’attribuzione di un indice al soggetto per il tramite di un sistema premiante, che stimoli gli operatori a tenere comportamenti efficienti in sede di esecuzione del contratto. Con il decreto correttivo si è passati, però, dall’obbligo di assegnazione ad una mera eventualità, rendendo il rating facoltativo; questo si è trasformato da requisito essenziale di partecipazione alla gara a mero strumento premiante nella valutazione delle offerte.
Anche per quanto riguarda il rating, all’A.N.A.C. vengono riservati ampi poteri regolamentari e gestionali. Il rating viene attribuito dall’A.N.A.C. su specifica richiesta volontaria degli operatori economici; funziona attraverso la fissazione di specifici requisiti reputazionali desumibili dai precedenti comportamenti, da valutarsi sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, quali il rispetto di tempi e costi, nonché l’incidenza del contenzioso. In questo processo deve essere garantita la corretta operatività delle stazioni appaltanti, che devono essere in possesso di adeguate risorse strumentali e professionali atte a consentire le attività di valutazione della performance contrattuale delle imprese oggetto di valutazione; a tal fine, per semplificare e standardizzare queste attività, sono state predisposte apposite schede di valutazione da parte dell’A.N.A.C.
Sul tema X. XXXXXXX, “Rating di legalità e rating di impresa nella disciplina dei contratti pubblici”, in Rivista trimestrale degli appalti, 2017
4.11. Divieto di appalto integrato
Occorre richiamare un ulteriore fattore di novità del Codice su cui si è incardinato il dibattito degli operatori. Si tratta dell’introduzione del divieto generale, fatti salvi i casi tassativamente indicati dal Codice, di appalto integrato, ossia dell’appalto di progettazione esecutiva e costruzione affidato ad un unico appaltatore48.
Tale divieto, tuttavia, ha suscitato notevoli perplessità circa la sua compatibilità con la normativa comunitaria, in quanto in quest’ultima non sono presenti disposizioni che prevedono restrizioni all’affidamento contestuale di progettazione ed esecuzione ed uno stesso soggetto49.
Sul tema dell’appalto integrato è poi intervenuto il decreto correttivo del 2017 che ha stabilito un allargamento circa l’ammissibilità dello stesso, estendendolo anche alle opere che mostrano un elevato contenuto di “know how” tecnologico o innovativo. Inoltre, il decreto correttivo prevedeva un esonero dal divieto per le procedure i cui progetti definitivi erano stati approvati prima del 20 aprile 2016, purché la pubblicazione del relativo bando avvenisse entro 20 maggio 2018.
48 Articolo 59 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
49 Considerazione anche esposta dal Consiglio di Stato (2016). Parere del 21 marzo 2016
CAPITOLO II. ANALISI DEI LIMITI DEL QUADRO NORMATIVO IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI
Nel seguente capitolo verranno illustrate quelli che sono stati gli effetti prodotti dall’adozione del codice del 2016, con particolare attenzione all’analisi delle principali criticità riguardanti la natura delle linee guida dell’A.N.A.C., del subappalto, del grave illecito professionale, del rito super accelerato e dell’albo dei commissari di gara.
1. Il post entrata in vigore del decreto legislativo n. 50/2016
Nella situazione economica attuale, il mercato degli appalti pubblici, rappresenta uno degli elementi che possono caratterizzare e realizzare la crescita economica, l’innovazione tecnologica, garantendo allo stesso tempo l’incremento dell’occupazione ed il miglioramento delle politiche ambientali. In questo scenario, la legislazione vigente assume un ruolo chiave e le problematiche ad
essa connesse rivestono cruciale importanza nell’ambito delle politiche dei singoli stati.
Abbiamo visto come la legislazione in tema di appalti pubblici sia stata caratterizzata da instabilità normativa nonostante questa avrebbe necessitato di norme chiare e stabili proprio in ragione della rilevanza, della delicatezza e della complessità della materia disciplinata. Ciò al fine di garantire che i soggetti operanti in tale mercato possano assimilare e adempire agli obblighi normativi richiesti. Al contrario, invece, la precarietà che ha caratterizzato la disciplina distrugge il mercato degli appalti pubblici50.
La recente emanazione del Codice dei contratti pubblici, purtroppo, non ha invertito questa tendenza secolare, presentando al suo interno ampie aree di criticità che hanno reso necessario l’intervento del legislatore successivo all’entrata in vigore, che ha fatto ricorso ad alcune modifiche normative finalizzate a tamponare le problematiche emerse.
Un primo esempio delle modifiche normative richiamate lo abbiamo con le circa
180 correzioni introdotte con l’Avviso di Rettifica51 del Luglio 2016; tali modifiche sono state inserite ad una distanza di soli 3 mesi dall’entrata in vigore
50E. QUADRI, “Quale organizzazione per il codice degli appalti?”, in www.giustizia- xxxxxxxxxxxxxx.xx/, 2019, pp. 4 e ss.
51 L’Avviso di Rettifica è stato pubblica in Gazzetta Ufficiale n. 164 il 15 luglio 2016.
del Codice. Ancora, fu poi introdotto il decreto correttivo n. 56 del 2017, che andò a modificare circa 129 articoli del Codice52.
Va ricordato che la legge delega n. 11/2016 permetteva al Governo di adottare disposizioni integrative e correttive successive all’emanazione del Codice. Possiamo classificare tali interventi in quattro categorie principali53.
La prima categoria di correzioni è quella che mirava ad eliminare errori e refusi presenti all’interno del testo normativo del Codice.
La seconda categoria di correzioni ha avuto ad oggetto la disciplina di coordinamento esterno che produssero l’abrogazione di numerose disposizioni di leggi speciali riguardanti la materia dei contratti pubblici. Questa tipologia di correzioni aveva l’obiettivo di migliorare il coordinamento del nuovo codice con le altre leggi vigenti.
La terza categoria di correzioni era nata per eliminare alcuni errori di recepimento delle direttive e di attuazione della legge delega che ebbero l’effetto di rendere illegittime altrettante disposizioni del Codice in quanto contrastanti con le direttive o per eccesso di delega.
52 Si fa riferimento al Decreto Legislativo 19 aprile 2017, n. 56 “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2017.
53 Parere Consiglio di Stato, comm. Spec., 30 marzo 2017, n. 782 reso sullo Schema di decreto legislativo recante “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.
Quarta ed ultima categoria di correzioni era quella finalizzata a tamponare le difficoltà applicative degli istituti introdotti dal nuovo Codice, anche alla luce della giurisprudenza.
Il decreto correttivo n. 56 del 2017 rese inoltre necessario anche l’adeguamento delle Linee Guida A.N.A.C., proprio per eliminare quelle disposizioni le quali divenivano contrastanti con l’emanazione del decreto correttivo stesso54.
In questo contesto si è poi inserita la lettera del 24 gennaio 2019, inviata dalla Commissione Europea per costituire in mora il Governo italiano a causa della
«mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici»55.
Questa lettera ha confermato i troppi problemi che hanno caratterizzato un codice, effettivamente pieno di regole non allineate alle indicazioni delle direttive. Tali vizi erano stati, inoltre, evidenziati precedentemente alla messa in mora, già all’entrata in vigore del Codice da parte di numerosi commentatori e, soprattutto, operatori economici.
Tra i tanti si segnala il documento congiunto di riflessione sottoscritto nel luglio 2018 dall’Associazione dei costruttori edili (ANCE) e dall’Associazione dei
54 Il 12 giugno 2017 l’A.N.A.C. ha aggiornato le linee guida n. 3 “Nomina, ruolo e compiti del RUP”; le linee guida n. 5 “Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici”; le linee guida n. 6 “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto significative per la dimostrazione delle cause di esclusione di cui all’art. 80”.
55 Si fa riferimento alla lettera dell’Unione Europea di costituzione in mora – Infrazione n. 2018/2273
Comuni italiani (ANCI). In questo documento vi erano delle riflessioni che proponevano alcune ipotesi di revisione del Codice, tra cui:
a) il ritorno a un’unica fonte regolamentare,
b) la qualificazione di diritto delle Città Metropolitane e delle Province come stazioni appaltanti;
c) l’attenuazione del divieto di appalto integrato;
d) innalzamento dell’importo dei lavori aggiudicabili con il criterio del prezzo più basso.
Queste due associazioni non furono le uniche entità ad avanzare perplessità e proporre modifiche.
Infatti, diverse criticità emersero anche per il tramite dei numerosi partecipati alla consultazione pubblica promossa dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, il quale ha la competenza sul Codice e sui contratti pubblici.
I partecipanti alla consultazione sono stati raggruppati in quattro cluster omogenei: pubbliche amministrazioni, aziende private, liberi professionisti e altro (categoria residuale). Passando in rassegna i numeri notiamo come il maggior quantitativo di contributi è pervenuto dalle aziende private, principale controparte dei contratti pubblici, che hanno rappresentato circa il 56% del totale dei contributi. Alle aziende private segue la categoria delle “pubbliche amministrazioni” con il 30,08% dei contributi. Troviamo, poi, i liberi professionisti, che hanno prodotto il 12,74% dei contributi, mentre
sostanzialmente nulla la percentuale di contributi pervenuti dagli attori compresi nella categoria altro, che si fermano allo 0,42% del totale56.
Possiamo, dunque, concludere che l’emanazione del nuovo Codice ha generato diverse perplessità e le posizioni sono spesso state contrapposte57. In questo capitolo si cerca quindi di approfondire alcune di queste problematiche.
1.1. Il valore giuridico delle Linee Guida dell’A.N.A.C.
Nel primo capitolo abbiamo più volte ribadito il ruolo centrale dell’A.N.A.C., che ricopre importanti funzioni, ossia: normative, consultive, para-giurisdizionali, di amministrazione attiva, e di vigilanza.
In questo paragrafo evidenzieremo alcune tra le criticità riscontrate con riferimento al modello di regolazione sub-primaria imposto dal Legislatore nel testo del Codice del 2016.
56 Per maggiori approfondimenti consultare “Report – Consultazioni sul Codice dei Contratti” in xxx.xxx.xxx.xx/
57 Alcune fra le principali criticità connesse al funzionamento del Decreto legislativo n. 50 del 2016 sono state enunciate dal Presidente del Consiglio dei ministri Xxxxxxxx Xxxxx nel corso del suo discorso alla Camera in occasione del voto di fiducia del 6 giugno 2018. Secondo il Presidente Xxxxx, in particolare, “in Italia gli appalti non partono: abbiamo un Codice dei contratti pubblici che da due anni in pratica non viene applicato. (…) In questo momento le Pubbliche Amministrazioni non sono nelle condizioni di poter serenamente operare (…) da un lato schiacciate dalla prospettiva di una responsabilità erariale e dall’altro schiacciate dalla prospettiva di una responsabilità penale. Oggi come oggi chi sta fermo viene avvantaggiato (…) e si preferisce non avventurarsi nella gestione di procedure di gara che evidentemente espongono a rischi e ad insidie che non riescono ad essere gestite (…)”.
Una delle principali criticità che si riscontra nella dottrina è la difficile e poco chiara qualificazione giuridica delle linee guida, le quali sono state al centro di ampio dibattito.
La concezione tradizionale inquadra le linee guida come un’espressione propria del potere di direttiva, che si evince anche dall’espressione usata per il loro nome. Esse declinano infatti in raccomandazioni ed istruzioni operative: stabiliscono quelle che sono le modalità attuative del precetto normativo senza mai, però, utilizzare regole vincolanti che invece dovrebbero costituire il presupposto dei chiarimenti affidati alle linee guida.
Si può affermare che le linee guida A.N.A.C. non possono essere ricondotte alla
c.d. “soft law”. La regola di soft law, infatti, non ha potere vincolativo: il rispetto della norma viene rimesso all’adesione volontaria, anche per effetto della “moral suasion” dell'autorità che la emana; al contrario, le linee guida nascono proprio con l’idea di individuare diritti ed obblighi in capo agli operatori a cui sono destinate e spesso sostituiscono le disposizioni contenute nel codice che risultano particolarmente difficili da applicare in concreto58.
Il Consiglio di Stato è intervenuto per cercare di chiarire la questione: con il primo parere sullo schema di Xxxxxx ha ritenuto la natura regolamentare delle linee
58 Sul punto sia consentito richiamare: X. XXXXXXXXXX, “Linee guida dell’A.N.A.C.: comandi o consigli?”, in dir. Amm., 2016, fasc. 3, p. 273 e ss.
guida approvate con decreti ministeriali e interministeriali59. Diversa è l’argomentazione riguardante le linee guida dell’A.N.A.C.
Le linee guida a carattere “non vincolante” sono state inquadrate come meri atti amministrativi, mentre la qualificazione giuridica delle linee guida a carattere “vincolante” è risultata più complessa ed articolata. Questo parere fonda la sua interpretazione nella combinazione tra valenza generale dei provvedimenti e natura dell’A.N.A.C., che si prefigura come una vera e propria Autorità indipendente, che ha funzioni e poteri di tipo regolamentare. Come conseguenza di ciò, linee guida ed atti assimilati emanati dall’A.N.A.C. sono stati inquadrati come atti di regolazione delle Autorità indipendenti, i quali non vengono definiti regolamenti nel senso giuridico del termine ma atti amministrativi generali aventi finalità di regolazione.
Questa tesi è stata avvalorata da un successivo parere del Consiglio di Stato avente ad oggetto le linee guida specificamente incentrate sul responsabile unico del procedimento (RUP), l’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV), e sul sistema per l’inclusione attiva (SIA): sulla base della natura delle linee guida vincolanti inquadrati come atti di regolazione delle Autorità amministrativa indipendente, il Consiglio ha puntualizzato il fatto che questi atti sono
59 Parere Consiglio di Stato, Comm. Spec., 1° aprile 2016 n. 855.
caratterizzati dalla particolare valenza del principio di legalità che si differenzia rispetto ai normali provvedimenti amministrativi60.
Numerosi sono stati anche i dibattiti in dottrina, che si è posta diversi interrogativi in riferimento a valore e natura delle linee guida dell’A.N.A.C.
Molti osservatori sono convinti del fatto che sia particolarmente complicato conciliare il mito della “soft regolation” con il settore degli appalti e delle concessioni, in quanto quest’ultima non è in grado di garantire il necessario livello di certezza del diritto e di sicurezza degli scambi. Per calarci nel caso concreto, come sostiene C. Contessa, «se ad esempio in una gara con importo a base d’asta pari a svariati milioni di euro si discute se un requisito di partecipazione possa valere anche come criterio di valutazione, la risposta deve essere necessariamente affidata a una prescrizione chiara e univoca e non può essere demandata a un mero monito di persuasione morale, in quanto tale demandato a uno strumento di regolazione flessibile»61.
Ancora, la distinzione fra le linee guida a carattere vincolante e quelle non vincolanti ha introdotto nel sistema ulteriori frammentazioni nei modelli disciplinari. Se scendiamo nel dettaglio della singola linea guida, spesso non è agevole stabilire dove finisca il richiamo alla disposizione primaria di riferimento,
60 Parere del Consiglio di Stato, comm. Spec. 2 agosto 2016 n. 1767
61 C. CONTESSA, “Codice dei contratti pubblici: è il caso di riscriverlo?”, in www.giustizia- xxxxxxxxxxxxxx.xx/, 2019, p. 16.
dove invece inizi il precetto vincolante della linea guida e dove sia individuata la restante parte non vincolante della stessa.
Si potrebbe affermare che, forse, l’incertezza introdotta nel sistema dalle linee guida derivi proprio dalla eccessiva flessibilità concessa alle linee guida stesse. Come abbiamo già visto infatti, le linee guida dell’A.N.A.C. più e più volte sono state oggetti di modifica, ponendo problematiche di ricostruzione del regimento giuridico applicabile alla situazione concreta.
In questi primi 3 anni di vigenza del Codice, l’evidenza empirica ha dimostrato come le linee guida abbiano generato una mole di provvedimenti modificativi che hanno intaccato la stabilità generale del quadro regolatorio. Oltre a ciò vi è la mancata regolamentazione di importanti settori, nei quali continuano ad essere applicate le disposizioni contenute all’interno del D.P.R. 207/2010.
Questa situazione ha messo in luce un ulteriore problema: mentre nel caso del classico modello regolamentare gli operatori sanno che, in un tempo più o meno lungo, riceveranno un testo unitario idoneo a regolare l’intero ambito sub- primario di un certo settore dell’ordinamento, nel caso delle linee guida si è notato che l’operazione di composizione del quadro disciplinare è avanzato in modo
sparso, con interventi a “singhiozzo” e privo di alcuna certezza circa il momento in cui il quadro complessivo sarà finalmente completato62.
1.2. L’albo dei commissari di gara
Nel momento in cui è entrato in vigore il Codice dei contratti pubblici, l’applicazione degli articoli 77 e 78, che prevedono l’attuazione del nuovo sistema basato sull’elezione di esperti terzi rispetto alla stazione appaltante e iscritti all’albo tenuto presso l’ANAC, è stata posticipata ad un momento successivo coincidente con l’adozione di specifiche determinazioni e Linee Guida dell’ANAC. In quest’ottica, l’art. 216, comma 12, impostava un regime transitorio, prevedendo che «fino alla adozione della disciplina in materia di iscrizione all’Albo di cui all’articolo 78, la commissione continua ad essere nominata dall’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante».
Le Linee Guida n. 5 hanno, in seguito, definito i criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici63.
62 Va qui affermato che ad oggi le linee guida risultano essere 15, la maggior parte delle quali aventi valore non vincolante. Secondo il Consiglio di Stato le linee guide avrebbero dovuto comprendere almeno 51 atti. Dunque, il quadro normativo risulta essere ancora incompleto.
63 Approvate con delibera 16 novembre 2016, n. 1190 e aggiornate al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 con deliberazione del Consiglio n. 4 del 10 gennaio 2018
L’albo sarebbe dovuto divenire efficace ed operativo a partire dal 15 gennaio 2019.
Purtroppo, tale termine non è stato rispettato e, con un comunicato del 9 gennaio 2019, l’A.N.A.C. ha fatto slittare la data di efficacia dell’albo al 15 aprile 2019, a causa dell’insufficiente numero di iscritti: a gennaio questi erano, infatti, circa
2.100 dei quali soltanto la metà utilizzabili per commissioni esterne alle stazioni appaltanti. Numerose sottosezioni erano del tutto prive di iscritti.
L’A.N.A.C. ha individuato i problemi segnalandolo a governo e parlamento. Numerose criticità non sono, infatti, superabili senza interventi di stampo governativo o parlamentare.
Il primo scoglio è la necessità di una stima ufficiale e precisa dei costi a carico delle Amministrazioni pubbliche per i commissari esterni. Secondo il decreto ministeriale del 12 febbraio 2018 i costi sarebbero elevati e sarebbero determinati dagli onorari dei commissari, dagli oneri procedimentali e dall’allungamento dei tempi di gara. Occorre comunque precisare che il TAR Lazio ha annullato quella parte di decreto in cui il Ministero delle Infrastrutture, in accordo con il MEF, fissava in 3.000 euro l’importo minimo a commissario64. Ciò in quanto il Giudice amministrativo ha individuato nel decreto un vizio consistente nell’aver prevaricato i limiti imposti dal Xxxxxx: questo infatti, imponeva che il decreto dovesse stabilire la tariffa di iscrizione all’albo ed il solo compenso massimo.
64 Sentenza TAR Lazio, Roma, sez. I, del 31 maggio 2019 n. 6925.
Un’altra spiegazione alla scarsa partecipazione dei soggetti va forse poi ricercata nel clima generale di scarsa fiducia che le regole del Codice possano assicurare il buon funzionamento del sistema.
Mettendosi nell’ottica delle stazioni appaltanti, la presenza di commissari esterni prefigura un ulteriore elemento di rallentamento nel processo di concessione dell’appalto. Le stazioni appaltanti infatti, conservando la responsabilità della legittimità della procedura sarebbero incline a ripercorrere l’iter delle valutazioni tecniche compiute dai commissari esterni e se non convinte del loro operato, dovrebbero non aggiudicare l’appalto.
In definitiva, nonostante siano passati diversi anni dall’entrata in vigore del Codice, quello che doveva essere il nuovo e rinnovato sistema di funzionamento e nomina delle commissioni giudicatrici non ha ancora trovato completa applicazione e rende incerto lo scenario normativo.
1.3. Limiti e criticità del subappalto
Anche per ciò che concerne la normativa riguardante il subappalto, ampio è il dibattito che continua a generare incertezze negli operatori condizionandone l’applicazione concreta65.
65 Nei contratti pubblici, la vigente disciplina del subappalto è contenuta nell’articolo 105 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50.
In Italia si è assistito alla ricorrente imposizione di limiti quantitativi alla possibilità di subappaltare all’interno di un appalto pubblico66. Questo al fine di prevenire potenziali illeciti che da sempre hanno caratterizzato il contesto italiano (infiltrazioni criminali, sfruttamento della manodopera, riciclaggio). Va considerato, però, che imporre limitazioni al subappalto significa, specularmente, limitare l’operatività delle imprese, soprattutto medie piccole, generando inefficienze e danneggiando la libera concorrenza67. È necessario allora, trovare il bilanciamento tra concorrenza di mercato e lotta alle attività illecite, obiettivi che si trovano in trade off tra loro.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici ha introdotto sensibili innovazioni rispetto alla normativa precedente con particolare riferimento a due aspetti.
Riguardo al primo aspetto, se il Codice del 2006 prevedeva il limite del 30% per le sole categorie prevalenti, le nuove disposizioni estendono tale limite all’importo complessivo dell’opera, riducendo così la quota di subappalto a disposizione dell’appaltatore.
Il secondo elemento di novità è da ricercarsi nella disposizione che impone, nei casi previsti, di dichiarare già in sede di gara tre nominativi di potenziali futuri
66 Vedi la L. 109/1994, c.d. “Legge Merloni” e il D.lgs. 163/2006, ossia il precedente codice dei contratti pubblici.
67 Osserva M.P. CHITI, “Le modifiche al codice dei contratti pubblici: un correttivo scorretto?”, in giorn. Dir. amm., fasc. 4, pp. 453 e ss, che «gli ulteriori limiti dettagliati e rigidi ora posti all’utilizzo del subappalto appaiono sproporzionati e tali da impedire un’adeguata operatività delle PMI». Ancora, in relazione a una possibile violazione del principio di concorrenza si veda X. XXXXXXX, “La riforma del subappalto e principio di concorrenza”, in Urbanistica e appalti, 2017, fasc. 5, pp. 621 e ss.
subappaltatori. Al comma 6 si specifica, infatti, che «è obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta, qualora gli appalti di lavori, servizi e forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35, o indipendentemente dall’importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, come individuate dal comma 53 dell’articolo 1 della legge n. 190/201268» che elenca tutte le attività che richiedono l’iscrizione alle c.d. white-list presso le Prefetture69
L’applicazione operativa di tale vincolo è stata piuttosto onerosa e ha prodotto un appesantimento generale della procedura; inoltre occorre affermare che sono nate diverse interpretazioni su quello che dovrebbe essere l’effettivo ambito di operatività di tale obbligo.
Secondo una prima interpretazione, che pone le sue basi all’interpretazione letterale dell’art. 105 comma 6, la norma si riferirebbe agli appalti che abbiano ad oggetto le attività aventi maggior probabilità di infiltrazione mafiosa. La terna andrebbe, quindi specificata solamente quando ci si trovasse al cospetto di un appalto che interessa i settori di attività che rientrano nella white list, nel caso in cui l’appaltatore volesse subappaltare i lavori.
68 Articolo 105, comma 6, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx.
69 Le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, aggiornabili entro il 31 dicembre di ogni anno con apposito Decreto del Ministero degli Interni, sono: a) traporto di materiali a discarica per conto di terzi; b) trasporto, anche transfrontaliero, e smantellamento di rifiuti per conto di terzi; c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; e) noli a freddo di macchinari;
f) fornitura di ferro lavorato; g) noli a caldo; h) autotrasporti per conto di terzi; i) guardiania dei cantieri.
Seguendo la tesi interpretativa appena esposta, nonostante questa sia letteralmente aderente al dettato normativo, si corre il rischio di restringere troppo la portata applicativa della norma stessa.
La seconda interpretazione sposta il focus dall’oggetto dell’appalto all’oggetto del sub-affidamento. Questa tesi sostiene che l’obbligo di indicare i tre subappaltatori sussiste nel qual caso l’appaltatore intenda sub-affidare una o più attività che ricadono all’interno delle white list, laddove tali attività siano presenti all’interno dell’appalto di lavori. Questo significa che l’obbligo sarebbe esteso anche ad attività che non rientrano nella fattispecie di subappalto di lavori, cioè meri contratti di servizi e forniture.
Inoltre, è stato ribadito che la mancante dichiarazione della terna non declina in una immediata esclusione del concorrente ma comporta l’impossibilità successiva di utilizzare lo strumento del subappalto. Il TAR Lombardia ha infatti stabilito e chiarito che non è prevista l’esclusione dalla gara dell’impresa che ha dichiarato di volersi servire dello strumento del subappalto senza indicare la terna dei potenziali subappaltatori; la mancanza può essere sanata successivamente grazie all’istituto del soccorso istruttorio70.
Il nuovo Codice ha quindi introdotto una forte limitazione sulla libera organizzazione dell’impresa in riferimento alla possibilità di subappalto: ci si è
70 Sentenza TAR Lombardia, Brescia, sez. II, del 29 dicembre 2016 n. 1790.
domandati se tale questione sia aderente ai dettati normativi delle direttive comunitarie.
Sin da subito va chiarito che le direttive europee hanno previsto un regime normativo piuttosto liberale: il legislatore europeo vedeva nel subappalto un’occasione per accrescere la concorrenza e favorire l’accesso ai lavori pubblici anche alle piccole e medie imprese71.
Al contrario, come affermato sopra, in Italia si è preferito introdurre limitazioni e condizionamenti che hanno, ovviamente, precluso l’ambito applicativo del subappalto.
Sul tema è intervenuto il Consiglio di Stato esprimendo il suo parere in luogo di esame degli schemi del decreto legislativo che ha recepito le direttive.
Il Consiglio ha chiarito che, nonostante non si ravvisi all’interno delle direttive una specifica autorizzazione all’inserimento di limitazioni al subappalto e che la Corte di Giustizia ha precisato che le suddette limitazioni operative siano incoerenti con il quadro del diritto europeo, una regolamentazione maggiormente restrittiva della concorrenza come quella italiana, può intendersi, in astratto, legittimata dalla necessità di tutela dei valori superiori elencati all’art. 36 TFUE: in particolare la legittimazione proviene dalle necessità di ordine pubblico e sicurezza. Dunque, le restrizioni sono state introdotte per garantire il rispetto di
71 Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. V, del 5 aprile 2017 C – 298/15.
interessi pubblici finalizzati alla preservazione del mercato dei contratti pubblici dai rischi derivanti da potenziali infiltrazione criminali.
Tuttavia, la Comunità Europea ha comunque ritenuto di segnalare recentemente la non conformità di questa disciplina al diritto comunitario. Le limitazioni introdotte rappresentano uno degli aspetti maggiormente criticati del codice nella lettera di messa in mora, all’interno della quale vengono elevate una serie di violazioni che vengono di seguito esposte:
1) Il limite al 30% di subappalto del contratto aggiudicato previsto dalla normativa italiana è in contrasto con le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE poiché all’interno delle direttive, non soltanto non si rinvengono precetti che aprono all’inserimento di limiti in questo senso, ma contrario, queste fondano la propria disciplina sul principio di maggior concorrenza, il quale passa attraverso l’apertura dei contratti alle piccole e medie imprese (PMI)72;
2) L’art. 105, comma 6 del Codice dei Contratti che impone l’obbligo di indicazione della terna di subappaltatori per gli appalti di importo superiore alle soglie comunitarie e per quelli che rientrino in settori di attività particolarmente esposti al rischio di infiltrazione della criminalità organizzata, viola il principio comunitario di proporzionalità;
72 La suddetta conclusione è confermata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE e, in particolare, nella causa C-406/14.
3) Il divieto imposto ad un subappaltatore di presentare ricorso ad un altro subappaltatore è in contrasto con le alcune disposizioni contenute nelle direttive del 2014 ed in generale con i principi di proporzionalità e parità di trattamento73;
4) Il divieto per gli offerenti di avvalersi delle capacità di altri soggetti quando il contratto ha come oggetto progetti riguardanti opere complesse, infine, va considerata sproporzionata perché, invece di proibire l’avvalimento in relazione agli specifici “lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica” compresi nell’appalto, proibisce l’avvalimento in relazione all’intero appalto.
1.4. Il grave illecito professionale
Un altro dibattito che da sempre è caratterizzato da forti conflitti e differenti punti di vista tra gli operatori è quello riguardante l’interpretazione delle norme al cui interno sono contenuti i motivi di esclusione dalle procedure di affidamento dei contratti pubblici, dibattito alimentato anche dalle frequenti modifiche subite dalla disciplina e dai differenti orientamenti espressi dalla giurisprudenza.
Ci riferiamo, in primis, ai c.d. “illeciti professionali”, cioè quelle condotte che incidono negativamente sul giudizio di integrità ed affidabilità dell’operatore che ha tenuto una determinata condotta. In queste situazioni, approfondite all’art. 80,
73 Tale divieto è previsto dall’articolo 105, comma 19, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50.
comma 5 del Codice, la stazione appaltante, previa valutazione del comportamento del soggetto, della condotta passata e delle esperienze pregresse della stazione, può procedere all’esclusione nel caso in cui sia dimostrato l’illecito professionale dell’operatore.
In tale contesto normativo vanno inoltre richiamate le Linee Guida n. 6 dell’A.N.A.C.74. In particolare, occorre affermare che tali linee guida non hanno carattere vincolante, ma svolgono una mera «funzione promozionale di buone prassi da parte delle stazioni appaltanti»75.
Una delle tematiche che ha riscontrato maggiori difficoltà in sede attuativa è quella attinente all’individuazione delle persone fisiche facenti capo all’operatore economico partecipante alla gara, che possono rilevare, valutare ed eventualmente segnalare potenziali illeciti professionali. Il giudice amministrativo più volte è stato chiamato a cingere l’ambito soggettivo di riferimento dell’art. 80, comma 5, lett c), c bis), e c ter), del Codice, dando luogo a differenti interpretazioni.
Un primo orientamento sostiene che al fine dell’individuazione dell’ambito soggettivo rilevino le posizioni dei soggetti specificati al comma 3 dell’art. 80,
74 Approvate dapprima con delibera 16 novembre 2016, n. 1293 e aggiornate al d.lgs. 19 aprile 2017, n 57 con deliberazione 11 ottobre 2017, n. 1008, con cui ha precisato l’ambito soggettivo di applicazione dell’articolo 80, comma 5, lettera c) del d.lgs. n. 50 del 2016, specificando al par. 3.1 che “I gravi illeciti professionali assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del Codice”.
75 Come ribadito nel Parere Consiglio di Stato, comm. spec., del 3 novembre 2016, n. 2296.
come designato nelle linee guida dell’A.N.A.C.76. In particolare, i soggetti individuati sono: «titolare o direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; un socio o direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; soci accomandatari o direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice; membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi institori e procuratori generali; membri degli organi con poteri, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata»77.
Un diverso orientamento, invece, sostiene che il comma 3 dell’art. 80 non sarebbe passibile di interpretazioni analogiche ed estensive, dunque è necessario circoscrivere le valutazioni riguardanti all’illecito professionale al solo operatore economico concorrente e/o al suo eventuale subappaltatore78.
76 Si veda sentenza TAR Xxxxxx Xxxxxxx, Bologna, sez. I, del 23 ottobre 2018 n. 782, confermato dalla Sentenza Consiglio di Stato, sez. V, del 28 gennaio 2019 n. 702.
77 Sul punto Articolo 80, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, in xxx.xxxxxxxxxx.xx/
78 Sul punto si rimanda alla Sentenza TAR Lombardia, Milano, del 29 gennaio 2018 n. 250; Sentenza TRGA Bolzano, del 22 gennaio 2019 n. 14.
Il quadro normativo ha subito recentemente delle modifiche a seguito dell’introduzione del decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135. Queste, in sintesi, le novità introdotte: il “grave illecito professionale” è stata accorpato all’interno della lettera c); sono poi state previste due nuove distinte fattispecie alle lettere c bis) e c ter) che prefigurano ulteriori motivi di esclusione. In particolare, viene previsto alla nuova lettera c ter) l’esclusione del concorrente nel caso in cui questo
«abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto»79
Inoltre, non vi è più la previsione che richiedeva che la risoluzione del contratto fosse quella non contestata in giudizio, o confermata all’esito di un giudizio, nonostante sia obbligatorio la motivazione dell’esclusione da parte della stazione appaltante, includendo nella motivazione stessa la gravità e il tempo trascorso dal fatto costituente la violazione.
Le modifiche introdotte dal D.L. 135/2018, in particolare dall’art. 5, sono tuttavia, carenti per quel che concerne l’esigenza di individuare tassativamente e chiaramente le ipotesi riconducibili a tale figura giuridica dell’illecito professionale.
Mentre prima la disciplina specificava, seppur senza pretesa esaustiva, l’elenco delle condotte che possono essere valutate come gravi illeciti professionali da parte della stazione appaltante, tale elenco non è più presente nelle nuove
79 Articolo 80, comma 5 c ter), del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 in xxx.xxxxxxxxxx.xx/
disposizioni. In questo senso, è stata introdotta ampia discrezionalità nell’operato dell’Amministrazione. Questo scenario ha contribuito a rendere maggiormente incerta ed articolata l’applicazione della nuova normativa di riferimento80.
1.5. Il rito super-accelerato in tema di processo
Le modifiche introdotte dal Codice hanno introdotto anche un rito speciale riguardante i provvedimenti di ammissione ed esclusione dei concorrenti dalla gara d’appalto: ci riferiamo al c.d. rito super-accelerato81.
Secondo quanto previsto dall’art. 120 comma 2 bis c.p.a. per procedere alla contestazione dell’ammissione di un concorrente alla gara, della quale si ritenga che esso sia privo dei requisiti soggettivi, economici, finanziari o professionali è necessario proporre ricorso giurisdizionale, avverso i relativi provvedimenti, entro il termine perentorio di 30 giorni, decorrente dalla loro pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante.
Successivamente alla scadenza del termine previsto, l’omessa impugnazione,
«preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti, ivi inclusa l’aggiudicazione definitiva, la cui impugnazione risulterà pertanto inammissibile».
80 In dottrina si veda X. XXXXXXXXXX, “L’esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica per grave illecito professionale, 2019.
81 Introdotto dall’articolo 204 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 al comma 2-bis dell’articolo 120 del codice di processo amministrativo.
In dottrina si veda X. XXXXXXXXXXX, “Piena conoscenza, termine per impugnare ed effettività della tutela nel rito super accelerato”, in Xxxxxxxxxxx.xx, 29 marzo 2017.
La ratio sottesa da questa previsione, nella concezione del legislatore, era quella di circoscrivere i soggetti ammessi alla gara precedentemente all’esame delle offerte e successiva aggiudicazione, evitando il rischio di regressioni del procedimento amministrativo causate da potenziali vizi che i concorrenti potrebbero rilevare ed opporre alla Pubblica Amministrazione già nelle fasi preliminari. In questo modo si eviterebbe il contenzioso in fase esecutiva.
Tuttavia, il costrutto normativo in questi anni è stato oggetto di vari profili di criticità, soprattutto sotto il punto di vista dell’aggravamento dell’esercizio del diritto di difesa82. Ciò ha indotto i giudici amministrativi a rimettere la norma del rito super-accelerato al vaglio sia della Corte di giustizia dell’unione europea sia da parte della Corte costituzionale83.
Scendendo nel dettaglio, il giudice piemontese ha sottolineato la presenza di alcune criticità derivanti da due potenziali scenari: il primo scenario è quello in cui venisse censurata l’ammissione/mancata esclusione di un concorrente che conclusa la gara, non si riveli poi aggiudicataria; il secondo scenario, invece, è quello in cui la stessa ricorrente, a graduatoria definita, si trovi in una collocazione tale da non avere alcun interesse a protestare l’aggiudicazione.
82 In argomento e con ampia disamina delle molteplici criticità dell’istituto si veda X. XXXXXX, “Il pre-contenzioso”, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx, 2016.
83 Si fa riferimento alla ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia da parte del TAR Piemonte, sez. I, del 17 gennaio 2018 n. 88; e alle ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale del TAR per la Puglia, Bari, sez. III, del 20 giugno 2018 n. 903 e del 20 luglio 2018 n. 1097.
Per un esame delle criticità, si veda X. XXXXXXXXXX, “Limiti applicativi del nuovo giudizio all’art. 120, comma 2-bis e sua compatibilità con la tutela cautelare”, in Dir. proc. Amm., 2/2017, 714 ss.
Il parere del TAR ha rilevato, infatti, come in questa ipotesi si imponga un onere inutile all’operatore partecipante alla gara, non finalizzato alla tutela dell’interesse finale perseguito da chi partecipa, consistente nell’aggiudicazione dell’appalto.
Per quanto riguarda la posizione della Corte di giustizia circa la compatibilità euro-unitaria, questa si è chiusa positivamente. Infatti, è stato affermato la disciplina processuale nazionale attinente all’impugnazione entro un certo termine, delle ammissioni ed esclusioni dalle procedure di gara è compatibile con il diritto europeo, a patto che i vizi di legittimità degli atti siano a conoscenza dagli interessati84.
Successivamente al pronunciarsi dei giudici europei, è giunta anche la risposta da parte della Corte costituzionale. Questa ha dichiarato «non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis del codice del processo amministrativo recante il rito super accelerato»85 solevate dal TAR per la Puglia.
2. Le ulteriori criticità del Codice
Ulteriori criticità, oltre a quelle già discusse, sono state evidenziate dalla consultazione pubblica richiedendo modifiche di ulteriori istituti.
I criteri di aggiudicazione sono stati messi sotto il mirino della consultazione, che ha fatto emergere che il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa
84 Si rimanda alla ordinanza del 14 febbraio 2019, causa C-54/18, sez. IV della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
85 Sentenza della Corte costituzionale del 13 dicembre 2019, n. 271
mostra delle criticità nel momento in cui le offerte tecniche vengano valutate non obiettivamente dalle commissioni giudicanti, alimentando fenomeni corruttivi. Sono stati evidenziati i seguenti punti:
a) il peso troppo rilevante dell’offerta economica nella valutazione complessiva;
b) l’onerosità del processo di predisposizione dell’offerta tecnica, che può precludere l’accesso alla gara delle PMI;
c) le difficoltà di individuazione di criteri qualitativi misurabili, da parte delle stazioni appaltanti, per l’aggiudicazione della gara.
Un ulteriore problema è stato riscontrato all’art. 97 commi 2 e 3, del codice del 2016. Le criticità emerse si riferiscono ai metodi introdotti: le forme di “antiturbativa” previste all’interno della normativa vengono garantite da alcuni algoritmi che prevedono un meccanismo basati su aleatorietà del sorteggio. Gli stackeholders hanno evidenziato come questi algoritmi non siano idonei a selezionare le offerte economicamente più convenienti; la richiesta è quindi stata quella di prevedere la semplificazione dei modelli che rilevano le potenziali anomalie, garantendo, al contempo, sia l’osservanza del principio di economicità e celerità delle procedure sia la prevenzione della predeterminazione della soglia di anomalia, soprattutto nel caso sia prevista l’esclusione automatica.
Si rende poi necessario approfondire il contenuto nella lettera di messa in mora inviata dalla Commissione Europea che, oltre al tema del subappalto che abbiamo
descritto sopra, ha portato alla luce ulteriori criticità. Possiamo identificare due macrocategorie distinte:
a) la violazione di norme sul calcolo del valore stimato degli appalti
b) la violazione di norme riguardanti i motivi di esclusione; in particolare ciò che viene contestato è l’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 50/201686 poiché non permette l’esclusione di un operatore economico che non ha rispettato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione, pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo, possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore.
Le argomentazioni comunitarie trovano poi ulteriore rilievo nella disciplina delle offerte anormalmente basse, e, in particolare, nelle condizioni cumulativamente richieste dalla normativa italiana necessarie alla disposizione dell’esclusione automatica di queste offerte. A riguardo, il parere della Commissione è andato a sancire come, non soltanto una previsione di questo tipo non si rinviene nelle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE ma, per di più, è anche inconciliabile con i principi contenuti all’interno di queste ultime due direttive poiché consente alle
86 L’articolo 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici dispone che un operatore economico è escluso dalla partecipazione ad una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, degli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui è stabilito. L’articolo precisa, inoltre, che costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione.
CAPITOLO III. LA REVISIONE DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
Questo capitolo è interamente dedicato alle modifiche normative apportate nella primavera del 2019 e che hanno inciso fortemente sulla legislazione dei contratti pubblici.
Nella prima parte del capitolo si presenta brevemente quello che è stato il mercato dei lavori pubblici a seguito dell’introduzione del Codice del 2016, per poi affrontare le tematiche contenute nel c.d. decreto “sblocca cantieri”.
1. Il mercato dei lavori pubblici dopo il codice del 2016
Con i dati forniti dall’Autorità Nazionale Anticorruzione sull’andamento del mercato degli appalti, si può notare che, a seguito dell’introduzione del Codice dei contratti pubblici, gli investimenti si sono ridotti rispetto all’anno precedente.
In particolare, con riguardo alle procedure di importo superiore a 40.000 euro, la diminuzione appare visibile sia nel numero di bandi (-29,4%), sia nel valore
economico degli stessi (-17,8%)87. Ciò probabilmente è stata una conseguenza dell’incertezza iniziale riscontrata dagli operatori a seguito dei mutamenti apportati dal Legislatore.
Alcuni osservatori88, affermano che sul calo della domanda potrebbe aver influito la mancata previsione di una fase di transazione per l’applicazione delle nuove regole. Ciò dunque ha costretto le stazioni appaltanti ad adottare gli istituti della riforma, anche quelli più complessi, senza il sostegno degli atti di soft law a cura dell’A.N.A.C. e di prassi operative consolidate.
Dopo la contrazione del 2016, nel 2017 il valore complessivo a base di gara delle procedure di affidamento per lavori pubblici è stato di 23,2 miliardi di euro, comportando una crescita del 12,5% rispetto al 2016, mentre il numero delle procedure è cresciuto dell’11%89.
Il trend crescente del mercato dei lavori pubblici verificatosi nel 2017, viene confermato anche nel 2018, in cui si è registrato un incremento del numero delle procedure pari al 9,1% rispetto all’anno precedente e un aumento del valore delle procedure del 37,8%, per un valore totale di 32 miliardi di euro90.
87 ANAC (2017), “Relazione annuale 2016”, in xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx.
88 A. PETA, “Gli appalti di lavori nel nuovo codice: un’analisi gius-economica delle principali misure”, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/, 2017.
89 ANAC (2018), “Relazione annuale 2017”, in xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx.
Nel complesso possiamo affermare che tali dati stanno a indicare che le stazioni appaltanti, dopo le difficoltà riscontrate inizialmente, hanno cominciato a convivere con il nuovo Codice.
È possibile che la ripresa del mercato degli appalti vada anche riconosciuta nel fatto che il Codice ha prodotto una disciplina più chiara in tema di pianificazione, programmazione e progettazione degli interventi, rispetto alla normativa previgente.
2. La riforma della riforma del codice degli appalti
La riforma del Codice degli appalti è stata posta al centro delle discussioni sin dall’avvio della XVIII legislatura.
Dopo un’analisi dei problemi, il governo ha deciso di percorrere una duplice via di risoluzione, una d’urgenza a breve termine e una a più lungo termine per l’elaborazione del testo91. Sono quindi stati introdotti:
i) Legge delega, per chiarire e semplificare le disposizioni del codice ed evitare rinvii alla normazione secondaria;
ii) Decreto-legge, ovvero il c.d. “decreto sblocca cantieri”, per intervenire prioritariamente ed urgentemente, in luce di quanto evidenziato in sede di
91 Il Consiglio dei ministri, n. 48 del 28 Febbraio 2019 ha approvato un disegno di legge delega che ha affidato l’incarico al Governo di adottare entro un anno uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni in materia dei contratti pubblici, in linea con quanto previsto dalle direttive comunitarie 2014/23, 24, 25/UE, sostituendo il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 con un nuovo Codice o modificando quello esistente per quanto necessario.
consultazione pubblica e per arginare i problemi creati dalle infrazioni comunitarie, per il tramite di modifiche puntuali del codice, con particolare riguardo nei confronti del sotto-soglia per permettere di avviare e completare le opere pubbliche che favoriscono la ripresa economica.
In questo scenario, nella primavera del 2019 si è introdotto il decreto-legge 32/2019, approvato dalla Camera il 12 giugno 2019 con successiva pubblicazione, il 17 giugno, in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione n. 55 del 14 giugno 2019.
3. Le novità introdotte dal D.L. 32/2019
La finalità principale del D.L. 32/2019 è accelerare gli investimenti pubblici. Le revisioni introdotte vanno quindi in questa direzione facendo uso sia di modifiche permanenti al Codice, sia a sospensioni temporanee rese necessarie dalle more della riforma complessiva del codice e dalla necessità di rispettare principi e norme UE.
Viene inoltre richiesta la presentazione da parte del Governo di una relazione alle Camere sugli effetti della sospensione per il biennio 2019-2020, con la finalità di mettere nelle condizioni il Parlamento di compiere una valutazione sull’eventuale proseguimento della sospensione.
3.1. Il sistema delle fonti: il nuovo Regolamento di attuazione
Una modifica sostanziale, introdotta dal Decreto sblocca cantieri riguarda il sistema delle fonti. È stato infatti previsto il ritorno al Regolamento di esecuzione unico e rigido, per fornire certezze a funzionari pubblici e imprese ed eliminare l’incertezza generatasi con il modello della regolazione flessibile. Si tratta di un netto taglio rispetto alla forma che era stata prevista dal Codice del 2016.
Il nuovo regolamento deve essere approvato entro 180 giorni attraverso un iter lungo ed articolato, che richiede tempi lunghi per essere ultimato92. In passato gli operatori economici hanno dovuto attendere 4 anni per vedere completo il vecchio regolamento.
L’audizione dei soggetti interessati al nuovo Regolamento unico si è tenuta il 5 dicembre scorso: l’esito è stato negativo in quanto la Commissione giuridica incaricata ha evidenziato l’impossibilità di raggiungimento di un testo condiviso entro il 15 gennaio e ha rinviato il tutto a non prima di maggio 2020.
Al comma 27-octies dell’art. 216 troviamo l’elenco delle materie che saranno oggetto del Regolamento Unico:
a) Nomina, ruolo e compiti del responsabile del procedimento;
b) Progettazione di lavori, servizi e forniture, e verifica del progetto;
92 La procedura è quella del Decreto del Presidente della Repubblica; che richiede una grande mole di interventi ai quali si aggiungono, come richiesto dalla normativa, i pareri della Conferenza Unificata.
c) Sistema di qualificazione e requisiti degli esecutori di lavori e dei contraenti generali;
d) Procedure di affidamento e realizzazione dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie comunitarie;
e) Direzione dei lavori e dell’esecuzione;
f) Esecuzione dei contratti di lavori, servizi e forniture, contabilità, sospensioni e penali;
g) Collaudo e verifica di conformità;
h) Affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e relativi requisiti degli operatori economici;
i) Lavori riguardanti i beni culturali.
In merito a ciò si pongono in evidenza due problematiche. In primo luogo, dato che si stabilisce che il nuovo regolamento assorbirà solo una parte dei provvedimenti attuativi del Codice, si lasciano in vita alcuni già in vigore, mentre gli altri non ancora adottati alla data di entrata in vigore del decreto, vengono lasciati nel limbo, in quanto non assorbiti dall’emanando regolamento.
In secondo luogo, poi, una ulteriore criticità è rappresentata dal mantenimento in vigore dei precedenti atti attuativi fino all’emanazione del nuovo regolamento:
questi atti però non saranno applicabili in quanto non più allineati alla fonte primaria di riferimento, modificata dal decreto-legge93.
Il risultato complessivo, dunque, presenta il forte rischio che l’incertezza che si voleva eliminare, o comunque ridurre, possa addirittura aumentare94.
3.2. Le procedure per gli appalti sotto soglia comunitaria e il criterio di aggiudicazione
Con la legge di conversione del Decreto Sblocca Cantieri si è assistito alla terza modifica della disciplina delle procedure sotto soglia in pochi mesi95; si è snellita la procedura passando dalla procedura negoziata all’affidamento diretto, comunque limitato da numerosi vincoli procedurali.
Con questa legge, le fasce di importo diventano cinque, differenziate ulteriormente per appalti di lavori, servizi e forniture.
Nella prima fascia rientrano i contratti con importo fino a 40.000 euro, nei quali è stata mantenuta la possibilità di affidamento diretto. In questa fascia non è stata introdotta alcuna novità rispetto al testo precedente.
93 ANAC (2019, b), “Decreto “Sblocca-cantieri. Approfondimento sulle principali novità introdotte e le possibili criticità contenute nel DL 32/2019”.
94 Ciò si trova in palese contraddizione con la scelta di rinviare ad un unico regolamento l’intera disciplina attuativa del Codice; il DL prevede l’introduzione di nuove linee guida, con le quali l’ANAC è incaricata di stabilire “requisiti aggiuntivi” che le imprese in concordato sono obbligate a rispettare per partecipare a gare d’appalto.
95 Il primo intervento in ambito di procedure sotto soglia è quello della Legge di Xxxxxxxx a intervenire; intervento che poi venne successivamente modificato con il DL Sblocca cantieri
Nella seconda fascia troviamo i contratti dal controvalore compreso tra 40.000 e
150.000 euro. In questa fascia troviamo la differenziazione tra lavori e forniture/servizi. Sui lavori è previsto l’affidamento diretto successivo alla valutazione di non meno di tre preventivi (se presenti). La novità introdotta qui è il fatto che la norma fa riferimento alla “valutazione” rispetto alla precedente “consultazione”. In questo senso si ritiene necessario il reperimento di tre preventivi da parte del responsabile unico del procedimento e non la semplice richiesta degli stessi. Passando agli appalti di forniture e servizi viene introdotto il ricorso alla procedura negoziata previa valutazione di almeno cinque operatori individuati eseguendo specifiche indagini di mercato o attraverso elenchi di fiducia.
Alla terza fascia troviamo i contratti aventi valore compreso tra 150.000 euro e
350.000 euro. Per questo tipo di contratti si ricorre alla procedura negoziata e sale a dieci il numero di operatori economici da consultare, individuati con le stesse modalità della fascia precedente.
La quarta fascia comprende i contratti di valore compresi tra 350.000 e 1 milione di euro. L’iter di assegnazione prevede la procedura negoziata ad inviti; in questo caso i soggetti invitati dovranno essere non meno di quindici.
Quinta ed ultima fascia, comprende i contratti di importo superiore al milione di euro per i quali è prevista la procedura aperta.
Per quanto riguarda i criteri di aggiudicazione, la necessità di semplificazione ed accelerazione delle procedure, il DL inizialmente introduceva il criterio del prezzo più basso per i contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria in luogo dell’offerta economicamente più vantaggiosa prevista dal Codice.
Il testo approvato, ha invece previsto che le stazioni appaltanti possano aggiudicare i contratti scegliendo una qualsiasi delle due modalità, senza dover necessariamente giustificare la loro scelta.
I criteri vengono così posti sullo stesso piano ed è abrogata la norma del codice che permetteva l’utilizzo del minor prezzo nel caso di lavori di importo inferiore ai due milioni di euro, come eccezione alla regola generale dell’utilizzo dell’OEPV.
L’A.N.A.C. ha però sottolineato come la preferenza per il minor prezzo avrebbe avuto impatto piuttosto ridotto poiché i contratti sotto soglia hanno rappresentato soltanto il 12,9% del totale degli affidamenti, in calo rispetto al 14,4% del 2017. Ha posto in luce anche la potenziale riduzione della qualità delle opere dovuta al ricorso al criterio del minor prezzo96. In questa direzione si erano mosse le direttive europee e la legge delega (L. 11/2016) le quali contengono una forte preferenza per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
96 ANAC (2019, b), “Decreto “Sblocca-cantieri. Approfondimento sulle principali novità introdotte e le possibili criticità contenute nel DL 32/2019”.
3.3. Il ritorno dell’appalto integrato
L’art. 1, comma 1, della L. n. 55/2019 ha accolto parzialmente le richieste di ANCE ed ANCI, prevedendo la sospensione fino al 31 dicembre 2020 dell’art. 59, comma 1, che recita: «è vietato il ricorso all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione di lavori».
Con la legge di conversione si è proceduto all’estensione generale della previsione contenuta all’interno del D.L. 32/2019, che prescriveva la non applicazione del divieto di appalto integrato «per le opere i cui progetti definitivi siano stati approvati dall’organo competente entro il 31 dicembre 2020, con pubblicazione del bando entro i successivi dodici mesi dall’approvazione dei predetti progetti». L’interpretazione delle norme pone in luce che la sospensione dell’efficacia dell’art. 59, comma 1, quarto periodo, si riferisce sia al divieto generale di appalto integrato che alle sue eccezioni. Quindi, oggi, le stazioni appaltanti possono bandire una gara di progetto di livello inferiore all’esecutivo.
L’inversione rispetto alla precedente disciplina è stata importante; in precedenza infatti vi era un generale divieto di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione. Questo divieto era stato introdotto per garantire elevati standard di progettazione in modo tale da scongiurare il ricorso a varianti in corso d’opera. Le critiche a questo modello pervenute dagli operatori furono diverse97.
97 Sull’argomento “appalto integrato” molto critico è stato il presidente dell’ANAC Xxxxxxxx Xxxxxxx.
Osserviamo inoltre che la sospensione ha riguardato solo il penultimo periodo dell’art. 59, comma 1, mentre rimane pienamente applicabile il periodo precedente che impone l’assegnazione delle gare su progetto esecutivo, fatto salvo il caso di opere caratterizzate da elevati livelli tecnologici ed innovativi, che rappresentano le situazioni maggiormente impegnative in cui è a rischio l’applicazione della previsione del decreto sblocca cantieri.
Ulteriore problematica deriva dal fenomeno delle varianti; ad oggi non risultano limiti alla possibilità di ricorso a questo strumento98. Questa libertà potrebbe avere l’effetto di far creare nuovi costi e far lievitare quelli già presenti.
Si rende, quindi, necessario l’intervento del legislatore, quantomeno per predisporre degli strumenti atti a limitare il ricorso alle varianti, eliminando alla radice eventuali contenziosi.
Va citato, infine, il comma 1 – quarter all’art. 59 del D.lgs. n. 50/2016, che prescrive che se l’operatore economico si avvale di più soggetti terzi per la realizzazione del progetto, spetterà alla stazione appaltante indicare nei documenti di gara le modalità di corresponsione diretta al progettista della quota del compenso per gli oneri di progettazione indicati in sede di offerta.
98 Ricordiamo che quando era in vigenza il precedente regime normativo all’articolo 93, comma 4 del Dlgs 163/2006 (il vecchio Codice degli appalti) si precisava che “il progetto definitivo individuava compitamente i lavori da realizzare” e l’articolo 24, comma 1 del Dpr n. 207/10 (il regolamento appalti), prescriveva che gli elaborati grafici ed i calcoli dovevano presentare uno sviluppo tale da garantire un livello di definizione tale da non richiedere significative modifiche in sede di progettazione per quanto riguarda differenze tecniche e di costo. Inoltre, il comma 3 dell’articolo 169 del Dpr citato, richiedeva di non apportare variazioni di quantità e qualità delle lavorazioni previste nel progetto definitivo.
3.4. La qualificazione delle imprese
La riforma ha interessato anche l’art. 84 del Codice, avente ad oggetto il sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici. Il periodo documentabile per il possesso dei requisiti necessari per l’attestazione di qualificazione SOA viene esteso. Si passa dai 10 anni precedentemente previsti, ai 15 anni per gli esecutori di lavori pubblici; si presume che l’obiettivo sia quello di aumentare il numero di imprese che soddisfano i criteri99. Oltre a ciò viene previsto che le operazioni relative all’attività di attestazione vengano svolte in ottemperanza al principio di indipendenza di giudizio, per garantire l’estraneità di logiche commerciali o finanziarie e scongiurare comportamenti non imparziali e discriminatori.
Va evidenziato, però, come questa estensione inserisce un’alterazione nel bilanciamento tra esperienza maturata nel tempo e continuità di esecuzione, aumentando, di fatto, l’importanza dell’esperienza. Questo scenario rischia di permettere l’accesso al mercato ad imprese che non hanno i requisiti tecnici necessari alterando la libera e imparziale concorrenza.
Va tenuto presente anche il fatto che l’industria italiana si sta muovendo da anni all’interno di un contesto di crisi da cui ancora non è uscita definitivamente. In tal senso questa estensione temporale garantirebbe una tregua alle imprese che, proprio a causa della crisi hanno subito un notevole calo del volume d’affari,
99 Il periodo documentabile era già stato esteso dai 5 anni ai 10 anni con il Correttivo del 2017.
senza tuttavia perdere l’esperienza professionale che sta alla base del sistema di attestazione Soa.
3.5. Le modifiche in tema di subappalto
Il decreto-legge 32/2019 ha modificato il limite quantitativo al subappalto elevando inizialmente la quota subappaltabile al 50% dell’importo totale dell’appalto.
Le critiche avanzate da A.N.A.C. e dalla dottrina sono state numerose e si è scelto di predisporre un regime transitorio attraverso la legge di conversione100. Questo regime sarà valido fino alla fine del 2020 e stabilisce che «il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 percento dell’importo complessivo del contratti di lavori, servizi o forniture»101 Oltre a ciò viene sospeso l’obbligo di dichiarazione della terna di subappaltatori in sede di gara e di verifica dei requisiti tecnici e professionali del subappaltatore.
Nonostante l’innalzamento della soglia di subappalto, la Commissione Europea ha comunque deciso di dar seguito alla lettera di messa in mora dell’Italia a causa della transitorietà delle disposizioni che non sono definitive, ma temporanee.
La situazione è stata ulteriormente aggravata dalla sentenza C-63/18 del 26 settembre 2019 che ha condannato la sproporzionata limitazione al subappalto, in
100 Secondo l’ANAC norme meno restrittive rischierebbero di aggravare le criticità esistenti (infiltrazioni criminali, violazione delle norme a tutela del lavoro, scarso controllo sull’effettivo esecutore dell’affidamento) che il codice si prefiggeva di contenere.
101 Legge 14 giugno 2019, n. 55 in xxx.xxxxxxxxxx.xx
quanto la lotta alla criminalità organizzata non è motivo sufficiente a giustificarlo102.
Con questa sentenza si è riaperto il dibattito concernente la possibilità di eliminazione del limite.
3.6. La centralizzazione degli appalti per i Comuni non capoluogo
Una delle novità più rilevanti introdotte con la legge di conversione del decreto sblocca cantieri riguarda la non più necessaria aggregazione tra comuni non capoluogo di provincia per disporre dei propri acquisti.
Si rileva come, mentre il decreto sblocca-cantieri modificava il quarto comma dell’art. 32 del D.lgs. n. 50/2016, trasformando da obbligatorio a facoltativo il ricorso agli acquisti aggregati, la legge di conversione sospende a titolo sperimentale tale disposizione, anche in questo caso fino al 31 dicembre 2020.
L’impatto di questa previsione è stato notevole; di fatto i comuni non capoluogo possono ora procedere in autonomia alla predisposizione di gare ed appalti anche nel caso in cui questi siano di importo superiore alle soglie delineate (40.000 euro per forniture e servizi e 150.000 euro per i lavori).
102 La questione pregiudiziale che ha condotto alla pronuncia in esame era stata sollevata dal TAR Lombardia (con ordinanza n. 148 del 19 gennaio 2019), nell’ambito di una controversia riguardante l’esclusione di un’impresa da una gara indetta da Autostrade per l’Italia per i lavori di ampliamento dell’A8, a causa del superamento del limite del 30% previsto in materia di subappalto dall’art. 105, comma 2 del codice
Riguardo alle capacità di miglioramento di queste disposizioni i pareri non sono concordi. In effetti la norma produrrà sicuramente l’incremento delle stazioni appaltanti e si pongono degli interrogativi anche sulle capacità gestionali dei piccoli comuni, spesso non dotati di strutture organizzative, tecniche e professionali all’altezza della gestione di gare ed appalti103.
3.7. La scelta dei commissari di gara
Secondo quanto previsto dal Codice n. 50/2016, quando l’aggiudicazione avviene seguendo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione tecnico-economica delle offerte ricevute va esternalizzata ad una Commissione giudicatrice, composta da commissari esperti iscritti all’Albo istituito presso l’A.N.A.C. Si prevede che i commissari posseggano determinati requisiti di compatibilità e moralità, e siano altresì in possesso di competenze tecniche e professionali attinenti al settore a cui si riferisce il contratto.
Si tratta di una disposizione che mira al rafforzamento della trasparenza e dell’imparzialità della valutazione delle offerte che purtroppo, però, non ha di fatto ancora trovato applicazione.
L’art. 1, comma 1 della legge di conversione del decreto ha previsto, a titolo sperimentale fino al 31 dicembre 2020, la non applicazione della disposizione
103 Si evidenzia, inoltre, che nella parte iniziale del DDL di bilancio, era stato inserito l’obbligo per i comuni non capoluogo di provincia di far uso della stazione unica appaltante costituita presso le province o le Città metropolitane per gli appalti di lavori pubblici. L’obbligo è stato rimosso nelle successive discussioni parlamentare.
prevista all’articolo 77, comma 3, che si riferisce “«all’obbligo di scegliere i commissari tra gli esperti iscritti all’Albo istituito presso l’ANAC, di cui all’articolo 78, fermo restando l’obbligo di individuare i commissari secondo regole di competenza e trasparenza».
La giurisprudenza amministrativa ha recentemente sottolineato la necessità di quest’obbligo precisando che il non rispetto di tale obbligo comporta la chiara illegittima composizione della commissione, inficiando tutti gli atti adottati dalla stessa104.
Al contempo, la legge di conversione non ha recepito l’aggiornamento dell’art. 77 prevista dal decreto in esame che introduceva il comma 3-bis.
Questa modifica, introdotta su specifica richiesta dell’A.N.A.C. formalizzata dall’atto di segnalazione n. 1 del 9 gennaio 2019, stabiliva che in caso di indisponibilità o disponibilità insufficiente di esperti iscritti all’Albo, la commissione venisse nominata, anche parzialmente, dall’organo della stazione appaltante incaricato della scelta del soggetto affidatario del contratto, in conformità con le regole di trasparenza individuate dalla singola stazione appaltante.
Tale norma, non essendo stata trasformata in legge, è decaduta ma l’art. 1, comma 2 della legge n. 55/2019 ha mantenuto la validità degli atti e provvedimenti
104 Sentenza TAR Veneto, sez. III, del 6 marzo 2019 n. 297
adottati e dei rapporti giuridici nati sulla base della legge 32/2019, all’interno del quale tale norma era inserita.
Vale la pena, infine, citare la possibilità da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di nominare commissari straordinari per gli interventi infrastrutturali che abbiano impatti economici e sociali rilevanti. Il decreto ha previsto che questi commissari possano assumere la funzione di stazione appaltante, operando, di fatto, in deroga alle disposizioni vigenti. A loro sono conferiti ampi poteri tra cui espropri, approvazione di progetti, occupazioni d’urgenza maggiormente rilevanti.
L’approvazione di progetti, la quale deve comunque avvenire con la collaborazione delle regioni, sostituirà qualsiasi parere o autorizzazione, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di conclusione del procedimento è fissato in misura comunque non superiore a sessanta giorni, decorso il quale vale il silenzio assenso.
3.8. Via il rito super accelerato
Con l’articolo 1, comma 22, del decreto sblocca cantieri sono state abrogate alcune norme del Codice dei contratti pubblici del 2016 che avevano introdotto nel codice del processo amministrativo una nuova forma di rito.
Il Legislatore ha deciso di muoversi nella direzione delle profonde critiche che avevano caratterizzato il periodo di vigenza del rito super accelerato e ne ha disposto il superamento per tutte le gare successive all’aprile del 2019.
Come conseguenza di tale abrogazione viene concesso a tutti i partecipanti alla gara un ulteriore arma di contestazione dell’aggiudicazione, nel caso il concorrente aggiudicatario risultasse privo dei requisiti richiesti. Si rischia, quindi, di andare incontro ad un incremento dei casi di contenzioso alla fine delle procedure, con conseguente blocco della realizzazione dell’opera.
Questo intervento normativo, quindi, sposta l’impugnazione dei provvedimenti di ammissione/esclusione alla fase dell’aggiudicazione, quando, cioè, l’interesse diviene concreto ed attuale.
La legge di conversione ha introdotto lievi modifiche con riferimento all’ambito temporale di applicazione della nuova disciplina: se prima era previsto che la disciplina venisse applicata dopo l’entrata in vigore del decreto-legge, ora l’applicazione è esclusiva ai soli processi iniziati dopo l’entrata in vigore della legge di conversione.
Più nel dettaglio viene specificato il regime transitorio delle norme introdotte e l’ambito temporale di operatività. In questo senso, all’art. 1, comma 23, del DL n. 32 si stabilisce che «le disposizioni di cui al comma 22 si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».
La scelta compiuta, tuttavia, non è scevra di pecche che di seguito si argomentano. In dottrina si afferma che la soluzione migliore sarebbe stata quella di connettere l’applicazione della norma abrogata alle sole controversie riguardanti le procedure bandite dopo l’entrata in vigore della riforma.
Questa semplice regola transitoria era stata seguita all’atto dell’introduzione del rito speciale: coerentemente a ciò, sarebbe stato ottimale adottare la stessa previsione per fissare cronologicamente le fasi della soppressione del rito105.
Al contrario, in discordanza con la linea appena esposta, la scelta è stata quella di riferirsi alla data di inizio del processo, per discriminare temporalmente tra il vecchio e il nuovo regime. Si potrebbe concludere che, magari, l’obiettivo del legislatore sia quello di “anticipare” all’estremo l’eliminazione del rito super speciale, applicando il principio generale del “tempus regit actum”, ma anche al fine di rafforzare l’evidente disfavore verso questo tipo di processo.
Dunque, la formula normativa deve essere riferita al momento dell’inizio del processo di primo grado. Al fine di individuare tale inizio occorre considerare la data di notifica del ricorso anziché quella del suo deposito.
In questo indirizzo, la deliberazione del TAR Calabria, Reggio Calabria, del 13 maggio 2019, n. 803, ha evidenziato che, “in virtù di un canone interpretativo ispirato a fondamentali esigenze di effettività della tutela giurisdizionale ma
105 X. XXXXXX, “Il rito super speciale in materia di ammissioni e di esclusioni va in soffitta. E ora, quali conseguenze pratiche?”, 2019, p. 7-8
anche di ordine logico-sistematico”, l’inizio del processo deve intendersi “nell’ottica di chi agisce in giudizio ovvero di chi lo ha “iniziato”, riferendone l’abrogazione ai processi in cui il ricorso introduttivo sia stato notificato (e non depositato) dopo l’entrata in vigore della legge.
Il TAR aggiunge poi che “da un punto di vista generale, in materia di appalti pubblici il momento della notifica del ricorso introduttivo, più che quello del suo deposito, risponde espressamente ad irrinunciabili esigenze di certezza sostanziale e speditezza procedimentale” evidenziando che anche lo “stand still” processuale, scatta dal momento della “notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni”106.
106 Sentenza TAR Calabria, Reggio Calabria, del 13 maggio 2019, n. 803 in www.giustizia- xxxxxxxxxxxxxx.xx
CONCLUSIONE
Il settore dei contratti pubblici è contraddistinto da meccanismi complessi e legati da un rapporto di trade-off tra loro, come la necessaria semplificazione normativa e il contrasto di fenomeni corruttivi e criminali. Di conseguenza, occorre prestare attenzione nel momento in cui si apportano delle modifiche normative, poiché l’introduzione di una norma che cerchi di raggiungere un determinato obiettivo potrebbe creare problemi nel perseguimento di un altro. Si rendono quindi necessarie approfondite analisi sul piano dei costi-benefici.
Abbiamo visto come nei primi tre anni dall’entrata in vigore del codice del 2016 l’unica modifica apportata è stata quella del correttivo del 2017.
Anche se il codice dei contratti pubblici del 2016, sin dalla sua entrata in vigore, ha ricevuto diverse critiche da parte degli operatori, occorre riconoscere il fatto che tale codice aveva garantito una certa stabilità normativa per l’intero triennio 2016 – 2019. Ciò lo si può dedure dalla presenza di un trend crescente del mercato dei lavori pubblici verificatosi nel 2018.
Ciò può significare che gli operatori si erano adattati sia ai pregi che ai difetti del Codice e dunque potevano fare affidamento su un ordinamento stabile. Tuttavia, il governo insediatosi nel 2018 ha sottolineato la necessità di profonde modifiche al decreto legislativo n. 50/2016, evidenziando come l’impianto attuale rappresenti un freno allo sviluppo degli appalti e del paese.
In questo scenario, il decreto “sblocca cantieri” ha rivoluzionato il settore, introducendo profonde novità nel sistema.
Gli operatori si sono dovuti scontrare con le nuove regole del decreto-legge n. 32/2016 e con il superamento della gran parte delle Linee Guida A.N.A.C. emanate negli anni. Occorre poi sottolineare che si tratta di superamento non totale in quanto non è stato modificato l’articolo 213 del Codice.
Per un periodo non breve coesisteranno, quindi tre differenti sistemi di disciplina sub-primaria: DPR 207/2010, linee guida A.N.A.C. e Decreto “sblocca cantieri”. Se, quindi, l’obiettivo dichiarato del governo era quello di semplificare e snellire il quadro normativo e amministrativo degli appalti pubblici possiamo dire che, ad oggi, il giudizio non può che essere sospeso e rimandato a data successiva.
Ciò è da ritrovare nel fatto che frequenti modifiche del quadro normativo peggiorano la situazione, contribuendo a creare l’incertezza a cui sono soggetti sia le Pubbliche Amministrazioni che gli operatori economici che si rapportano con le stazioni appaltanti stesse.
Occorre sottolineare che in questo scenario, però, possiamo individuare alcuni punti fermi che le prossime riforme dovranno rispettare: in primis, la necessità di un quadro normativo coerente, chiaro, duraturo e stabile nel tempo.
Sicuramente, poi, saranno necessarie ulteriori risorse finanziarie per le Amministrazioni Pubbliche, per rilanciare l’intera economia passando per nuove opere pubbliche. Per fare questo risulteranno determinanti le capacità tecniche
delle amministrazioni che, in controtendenza rispetto agli ultimi anni, andranno migliorate attraverso l’assunzione di nuove professionalità di spicco.
Gli interventi finora prospettati vanno in questa direzione, ma non sono sufficienti: si rende necessario un programma di rafforzamento, professionalizzazione e specializzazione delle risorse umane interne delle stazioni appaltanti, il cui numero va ridotto.
Tanto è stato fatto, ma tanto c’è ancora da fare. È una sfida che l’Italia può e deve vincere per proseguire nel cammino di integrazione europea e la tanto aspirata libera concorrenza dei mercati.
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Pareri, sentenze e ordinanze
• Ordinanza della Corte di giustizia, sez. IV, del 14 febbraio 2019, causa C-54/18
• Parere del Consiglio di Stato, Comm. Spec., del 1 aprile 2016 n. 855
• Parere del Consiglio di Stato, comm. Spec. Del 2 agosto 2016 n. 1767
• Parere del Consiglio di Stato, comm. spec., del 3 novembre 2016, n. 2296
• Parere del Consiglio di Stato, comm. Spec., del 30 marzo 2017, n. 782
• Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. V, del 5 aprile 2017 C – 298/15
• Sentenza TAR Latina-Lazio, sez. I, 3 agosto 2009, n. 758
• Sentenza TAR Lombardia, Brescia, sez. II, del 29 dicembre 2016 n. 1790
• Sentenza TAR Lombardia, Milano, del 29 gennaio 2018 n. 250
• Sentenza TAR Xxxxxx Xxxxxxx, Bologna, sez. I, del 23 ottobre 2018 n. 782
• Sentenza TRGA Bolzano, del 22 gennaio 2019 n. 14
• Sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, del 28 gennaio 2019 n. 702
• Sentenza TAR Veneto, sez. III, del 6 marzo 2019 n. 297