COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) QUADRI Presidente
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) CONTE Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXX FARINA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) XXXXXXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXXXXXXX XXXXXXXXXXXXX
Nella seduta del 20/05/2014 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Nel mese di settembre 2009 il ricorrente stipulava un contratto di finanziamento con altro intermediario, per un importo lordo di euro 34.680,00 rimborsabile, mediante cessione pro solvendo di quote della retribuzione mensile, in centoventi rate da euro 289,00 ciascuna.
Successivamente, a far data dall’11 dicembre 2009, il credito derivante da tale finanziamento veniva ceduto all’odierno convenuto, il quale provvedeva alla notificazione della cessione con comunicazione del 15 novembre 2012 inviata all’indirizzo del ricorrente e del suo nuovo datore di lavoro, che medio tempore era cambiato in seguito all’acquisizione del consorzio di cui il ricorrente era dipendente.
Con nota inviata nella stessa data, l’intermediario comunicava inoltre al datore di lavoro originario e al ricorrente medesimo il mancato pagamento di talune rate, riportando apposito prospetto.
Con una prima lettera di reclamo, inoltrata per il tramite di un’associazione di categoria, il ricorrente contestava l’esistenza dei crediti vantati dal cessionario, ritenendo che il precedente datore di lavoro (nella sua qualità di debitore ceduto) avesse provveduto al pagamento dei ratei mensili; inoltre, poiché il nuovo datore di lavoro “bloccava sia il TFR che le trattenute sullo stipendio”, riteneva indebita tale condotta.
In riscontro al reclamo, l’intermediario chiedeva la produzione delle evidenze documentali dalle quale emergessero le avvenute trattenute in relazione ai ratei scaduti e, nel frattempo, inviava la
propria movimentazione relativa alla posizione del ricorrente, dalla quale sarebbe emersa la mancata contabilizzazione degli stessi.
Il ricorrente, sempre per il tramite della medesima associazione, ribadiva nuovamente l’avvenuto saldo dei ratei scaduti e chiedeva la relativa liberatoria da parte dell’intermediario, al fine di consentire lo sblocco delle somme trattenute dall’attuale datore di lavoro. In risposta a tale ulteriore missiva, l’intermediario rilevava che non risultava contabilizzato alcun versamento delle somme trattenute dal t.f.r. a proprio favore; pertanto, chiedeva nuovamente le relative evidenze documentali.
Il ricorrente, dunque, adiva questo Arbitro – sempre per il tramite dell’associazione di categoria – chiedendo di dichiarare la “cessazione del presunto credito del ricorrente” e di condannare quest’ultimo al rimborso “delle somme ingiustificatamente incassate”.
Costituitosi ritualmente, l’intermediario convenuto ribadiva che dalle proprie scritture contabili non risultavano i pagamenti indicati dal ricorrente. Xxxxxxxxx, inoltre, che le buste paga esibite provavano unicamente la trattenuta sullo stipendio e non l’effettivo versamento del corrispondente importo. In particolare, riteneva “non assolto l’onere della prova ex art. 2697 c.c., non avendo la controparte provato, né tramite l’esibizione delle relative contabili, né tramite una autocertificazione a firma della precedente amministrazione l’avvenuto pagamento delle mensilità di novembre e dicembre 2009, del periodo aprile-dicembre 2011 e di gennaio e febbraio 2012”.
Chiedeva pertanto il rigetto del ricorso.
DIRITTO
La domanda spiegata dal ricorrente è relativa all’accertamento dell’avvenuto pagamento dei ratei mensili derivanti dalla conclusione di un contratto di finanziamento, mediante cessione del quinto dei propri emolumenti, derivanti dal proprio contratto di lavoro subordinato, dapprima intercorso con un consorzio e successivamente acquisito da altro soggetto.
Come precisato in fatto, appare circostanza non controversa che il credito derivante dal contratto di finanziamento sia stato ceduto all’odierno resistente, in forza di una cessione che è stata notificata al nuovo debitore ceduto (id est il nuovo datore di lavoro) in data 15 novembre 2012, seppure essa fosse operante sin dal mese di dicembre 2009. In pari data, lo stesso creditore cessionario ha comunicato al precedente datore di lavoro del ricorrente, l’esposizione debitoria nei propri confronti, dalla quale emergeva che risultavano non ancora corrisposti i ratei relativi ai mesi di novembre e dicembre 2009, aprile – dicembre 2011 e gennaio-febbraio 2012.
In relazione alle ridette mensilità, infatti, l’intermediario convenuto – nella qualità di cessionario – rileva che non risulti contabilizzato alcun versamento a proprio favore; corrispondentemente, il ricorrente deduce che il precedente datore di lavoro abbia corrisposto le relative somme in favore del creditore originario e cedente, producendo le buste paga al fine di dimostrare l’avvenuto saldo. In relazione alla produzione documentale del ricorrente, parte resistente deduce che essa costituisca prova delle sole trattenute dallo stipendio e non anche del successivo versamento delle stesse in proprio favore.
Tale eccezione risulta infondata per due ordini di ragioni.
In primo luogo, appare destituito di fondamento il rilievo che i ratei non siano stati versati a proprio favore, posto che, essendo stata notificata la cessione soltanto nel mese di novembre 2012, il precedente datore di lavoro – nella ricordata qualità di debitore ceduto – ha diligentemente corrisposto le somme in favore dell’originario creditore.
Come il Collegio ha avuto modo di precisare in fattispecie simili, appare principio condiviso in dottrina e giurisprudenza che il contratto di cessione del credito si sostanzi in un accordo che interviene esclusivamente tra creditore cedente e terzo cessionario, rispetto al quale il debitore ceduto resti del tutto estraneo. Tale accordo ha la natura di un vero e proprio contratto bilaterale ad effetti reali ex art. 1376 cod. civ., per cui il trasferimento della titolarità del credito nei confronti del cessionario opera per il solo effetto del consenso adeguatamente manifestato (per i più recenti orientamenti in giurisprudenza cfr. Cass. civ., 1312/2005; 1510/2011). Ricostruita in tali termini la vicenda negoziale, appare evidente che il debitore ceduto assuma le vesti di un terzo che resta del
tutto estraneo al trasferimento, con la conseguenza che la comunicazione a questi – indipendentemente dalla natura che ad essa si voglia attribuire – non incide sulla validità del negozio traslativo.
La notificazione della cessione, peraltro, costituisce un elemento necessario al fine di rendere produttiva di effetti la modificazione del lato attivo del rapporto obbligatorio anche nei confronti di detto terzo. In mancanza della notificazione, ovvero della prova circa la conoscenza legale della stessa, il debitore ceduto si libera della propria obbligazione pagando nelle mani dell’originario creditore, realizzandosi così un’ipotesi di pagamento al creditore apparente ex art. 1189 cod. civ.
Nel caso di specie, l’originario datore di lavoro – in assenza di idonea comunicazione dell’intervenuta cessione del credito in favore dell’odierno convenuto – ha continuato legittimamente ed incolpevolmente a trattenere dalla busta paga del ricorrente le somme corrispondenti ai ratei mensili, i quali deve presumersi siano stati corrisposti in favore del creditore originario.
Per questa ragione, coerentemente con tale ricostruzione, la documentazione contabile di parte resistente non riporta alcun accredito delle relative somme in proprio favore.
Passando così al secondo ordine di ragioni, l’eccezione dell’odierno convenuto risulta infondata anche in ordine alla presunta inidoneità delle buste paga, versate in atti dal ricorrente, a dimostrare l’effettivo versamento degli importi trattenuti in relazione ai ratei contestati: tali documenti, infatti, (con la sola eccezione delle rate relative ai mesi di dicembre 2009 e di settembre 2011) costituiscono prova di per sé sufficiente dell’avvenuto adempimento dell’obbligazione di pagamento da parte del debitore ceduto in favore del creditore, che – in assenza della notificazione della cessione – non poteva che essere l’intermediario cedente (cfr. dec. nn. 2003/2011, 4321/2013).
Tale prova, infatti, potrebbe essere superata soltanto dalla sussistenza di ulteriore e diversa documentazione, idonea a dimostrare che tali trattenute non siano state corrisposte affatto o siano state corrisposte ad un soggetto diverso, eventualmente sfornito della legittimazione a ricevere i relativi pagamenti.
Nel caso di specie, in assenza di prova contraria, deve dunque ritenersi che le buste paga versate in atti (rectius l’indicazione contenuta nelle buste paga delle somme trattenute al ricorrente) costituiscano prova necessaria e sufficiente dell’avvenuto pagamento da parte del debitore ceduto in favore dell’unico soggetto legittimato in assenza della notificazione e comunque della conoscenza legale dell’intervenuta cessione e cioè il creditore cedente, originario creditore in forza del contratto di prestito sottoscritto con il ricorrente.
Ne deriva che alcun ulteriore obbligo di pagamento può essere legittimamente richiesto al ricorrente in relazione alle mensilità in contestazione.
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio accerta l’estinzione del credito nei sensi di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1