COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) MAIMERI Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) XXXXXXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 15/02/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con ricorso protocollato l’1 luglio 2015, il ricorrente espone di essere correntista presso la parte resistente e di aver aderito ad un’iniziativa commerciale che prevedeva il riconoscimento di un voucher pari all’1% del valore dei titoli presenti in portafoglio al 31 dicembre 2014, purché trasferiti nel corso degli ultimi sei mesi da dossier instaurati presso altri intermediari. A tal fine, in data 25 novembre 2014 inoltrava ad altro intermediario presso cui deteneva un portafoglio titoli (cd. “intermediario originario”) la richiesta di trasferimento di alcuni strumenti finanziari verso un nuovo deposito titoli in amministrazione acceso presse la parte resistente (cd. “nuovo intermediario”).
Successivamente si accorgeva che un titolo (“A”) non era stato ancora valorizzato a causa della mancata disponibilità del prezzo ed un altro (“B”) non era stato ancora trasferito. Per risolvere questi disguidi reclamava diverse volte “allo scopo di segnalare per tempo all’[intermediario] le anomalie riscontrate e consentir[gli] di valutare correttamente il corrispettivo del bonus da corrispondere”. Ciò nonostante in data 25 maggio 2015 gli veniva riconosciuto un bonus pari a € 3.900,00 a fronte di un valore di € 4.600,00 da lui calcolato. Pertanto ricorreva all’Arbitro per ottenere la differenza tra quanto spettante e quanto effettivamente corrisposto.
In sede di controdeduzioni, l’intermediario ha pregiudizialmente eccepito l’irricevibilità ratione materiae del ricorso in esame poiché si riferisce ad una questione relativa ad un servizio di investimento (dossier titoli).
Nel merito, precisa di avere già integrato il bonus nella misura di € 150,00 (ammontare pari all’1% del valore del titolo “A” erroneamente non valorizzato in portafoglio a causa della temporanea indisponibilità del prezzo). Inoltre specifica di non avere alcuna responsabilità relativamente al ritardato trasferimento del titolo “B” in quanto il buon esito di tale operazione deriva dalla condotta dell’intermediario originario, dovendo il nuovo limitarsi semplicemente a prendere in carico il titolo. Sul punto precisa che l’intermediario originario procedeva ad effettuare il trasferimento soltanto nel mese di gennaio 2015, pertanto fuori tempo per beneficiare della promozione.
In relazione alle rispettive argomentazioni, il ricorrente chiede:
1) € 100,00 poiché il saldo del portafoglio al 31 dicembre 2014, senza tenere conto del controvalore dei due titoli oggetto di controversia, era pari a € 402.448,57. Pertanto il bonus da corrispondere sarebbe stato pari a € 4,000,00 e non a € 3.900,00;
2) € 150,00 pari all’1% del controvalore del titolo “A” erroneamente non valorizzato nel dossier a causa della indisponibilità del prezzo al 31 dicembre 2014;
3) € 450,00 pari all’1% del controvalore del titolo “B” poiché il nuovo intermediario non avrebbe dato seguito alla richiesta di trasferimento dello stesso entro i termini per beneficiare della promozione.
Parte resistente chiede di dichiarare il ricorso irricevibile per incompetenza ratione materiae o, in subordine, dichiarare cessata la materia del contendere rispetto alla richiesta di cui al punto 2 e rigettare nel merito quella di cui al punto 3.
DIRITTO
1. L’eccezione preliminare di incompetenza dell’Arbitro ratione materiae è da rigettare. Anzitutto occorre ribadire che “il contratto di deposito titoli in amministrazione (cfr. art. 1838 c.c.) rientra tra le ‘operazioni e i servizi bancari e finanziari’, di cui al § 4 delle ‘Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie’, emanate dalla Banca d’Italia. È significativo, a tale riguardo, che le ‘Disposizioni di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari’, del pari emanate dalla Banca d’Italia, contemplino il servizio di custodia e amministrazione tra quelli a cui le stesse si applicano. Tale valutazione non è inficiata dalla circostanza che il contratto svolge una funzione normalmente ancillare rispetto alla prestazione di servizi d’investimento. Trattasi, infatti, pur sempre di un contratto avente una causa tipica e non avente come oggetto specifico la prestazione di servizi di investimento e che vale invece a disciplinare, sotto un particolare, delicato profilo, il rapporto fra la banca ed propri clienti, anche se questi contemporaneamente rivestano la qualifica di investitori e siano come tali interessati da discipline e tutele ulteriori (specificamente dettate dal TUF, d.lgs. n. 58/1998, e dai relativi regolamenti di attuazione), rispetto a quella applicabile al deposito dei titoli in amministrazione”: così Collegio Centro, decisione n. 4172/2013.
Da parte sua il Collegio Nord (decisione n. 2126/2013) ha precisato che tale contratto
“riveste una funzione normalmente accessoria rispetto alla prestazione dei servizi di investimento. Nella prassi si assiste, infatti, in prima battuta alla stipulazione di un contratto c.d. quadro — che il TUF chiama ’contratto relativo alla prestazione di servizi di investimento’ - con cui l’intermediario assume l’obbligo di attivarsi per conto e nell’interesse del cliente, prestando tutti i servizi necessari o utili per l’investimento. A servizio del contratto da ultimo menzionato, si accompagna normalmente la stipulazione -
di altri contratti bancari collegati, di norma individuabili in un contratto di conto corrente - e/o di deposito titoli. Poiché, quindi, ci si trova innanzi ad un’ipotesi di rapporto contrattuale complesso, viene in rilievo il ’criterio della prevalenza delle finalità’ (di investimento o meno) previsto dalle ‘Disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia’, utilizzato per l’individuazione della disciplina di trasparenza - quella recata dal TUB in alternativa a quella del TUF - applicabile al ‘prodotto composto’”.
È evidente allora - come affermato da questo Collegio con decisione n. 2076/2012 - che, ai fini dell’applicazione di questo ‘criterio della prevalenza della finalità’, non può “prescindersi dalla evoluzione del quadro ordinamentale successivamente alla previsione della norma codicistica, soprattutto con riguardo agli obblighi derivanti alla banca dalla previsione secondo cui essa deve ‘in generale provvedere alla tutela dei diritti inerenti ai titoli’. Al riguardo, sembra opportuno ricordare come la Relazione al c.c., nel delineare le finalità del contratto di cui all’art. 1838 c.c., si riferisca all’espletamento, da parte della banca, di un’attività avente ad oggetto la ‘cura di amministrare i titoli’, sostanzialmente corrispondente a quella che potrebbe espletare lo stesso cliente, collocando ’i titoli in cassette di sicurezza’ (e che, appunto, viene affidata alla banca, con l’eventuale sua responsabilità per ‘le conseguenze di ogni trascuratezza’). Da allora, e segnatamente negli anni più vicini (quale riflesso del processo di profonda e continua trasformazione dell’economia), può dirsi, in sintesi, essersi venuta a sviluppare, nell’ordinamento, con quei marcati caratteri di specialità di cui la finale elaborazione del TUF e le sue successive modifiche rappresentano significativa attestazione, un’articolata disciplina settoriale dei ’servizi e attività di investimento’. Sembra evidente, allora, come risulti ormai interamente regalala da una tale disciplina — e non può, di conseguenza, che considerarsi estranea al perimetro della disposizione codicistica (ed alla sua residua portata precettiva) — l’adempimento degli obblighi dell’intermediario funzionali all’attuazione delle strategie di investimento del cliente”. Così, la questione della competenza dell’ABF sembra da risolvere negativamente almeno nei casi, come evidenzia ancora il Collegio di Napoli, “in cui l’oggetto della doglianza attiene a una contestazione del deficit di diligenza dell’intermediario nell’adempimento sì di obblighi di informazione verso il cliente, ma di obblighi che non sono, tuttavia, quelli strumentali all’esercizio dei diritti inerenti ai titoli amministrati che il contratto di deposito demanda pur sempre all’intermediario, ma investono, a ben vedere, un piano completamente diverso, ed anzi antitetico, rispetto alla corretta gestione da parte dell’intermediario degli strumenti finanziari appunto presso di lui ’depositati’, attenendo piuttosto a quello delle scelte di conservazione/liquidazione dell’investimento direttamente da parte del cliente. Un piano, insomma, che è proprio quello della violazione delle generali regole di condotta che incombono all’intermediario ai sensi dell’art. 21 TUF, appunto là dove prescrive che nella prestazione di ‘servizi di investimento e accessori’ l’intermediario operi in modo che il cliente sia sempre informato”. In definitiva - ed è questo il pensiero del Collegio di coordinamento, decisione n. 989/2014
- è alla considerazione della doglianza fatta valere, nel caso concreto, dal cliente “cui deve
aversi riguardo per la decisione circa la competenza o meno, ratione materiae, dell’ABF”. Così ricostruito il quadro d’insieme, nel caso de quo la competenza del Collegio va affermata, poiché in discussione è una vertenza che si incentra proprio sull’amministrazione dei titoli in deposito, senza alcun collegamento né con la gestione degli stessi e neppure con servizi di investimento ad essi collegati. Si tratta cioè di verificare quale sia stato il comportamento tenuto dall‘intermediario nel consentire al proprio cliente/depositante di giovarsi di una facilitazione — liquidata su una carta magnetica (altro elemento tipicamente “bancario”) — connessa al saldo del conto titoli. Ci si muove cioè esattamente nell’ambito di quello che è il contenuto del contratto bancario di deposito titoli in custodia e amministrazione.
2. Ricostruita la competenza dell’ABF, si tratta di esaminare le varie domande del ricorrente. La prima sembra evocare in effetti un errore materiale. Se il “premio” promesso da parte resistente consiste nella percentuale dell’1% del valore del dossier al 21 dicembre 2014, “arrotondato per difetto e per multipli di 50”; se il premio viene erogato, come detto, tramite voucher caricati su carta e “ogni punto caricato sul voucher avrà il valore di 1,00 euro”; se a quella data, esclusi i due strumenti finanziari in contestazione, il saldo di detto conto ammontava — come da documentazione versata in atti - a € 402.448,57, l’importo del premio deve essere pari a 4.000,00 euro e non a 3.900,00, quale risulta essere stata la somma riconosciuta al ricorrente. Ne segue che ad avviso del Collegio la prima delle domande attrici deve essere accolta.
3. In ordine alla seconda domanda, volta a ottenere l’inserimento nel saldo del conto il titolo “A”, non calcolatovi “a causa della temporanea indisponibilità del prezzo”, risulta documentato in atti che l’intermediario ha provveduto a corrispondere la somma di richiesta di € 150,00 a integrazione del bonus riconosciuto. Sul punto pertanto è venuta meno la materia del contendere.
4. Più complessa è l’ultima delle domande attrici, quella cioè volta a inserire nel bonus anche il valore di un titolo che è stato accreditato in conto successivamente al 31 dicembre 2014. Sul punto — che poi consiste nel verificare a chi imputare il ritardo nell’accredito che ha condotto a una diminuzione del saldo e quindi del bonus - i fatti di causa non sono chiari né, soprattutto, documentati.
I due aspetti certi sono che la richiesta di trasferimento del titolo reca la data del 25 novembre 2014, che l’intermediario originario l’ha effettuato il 9 dicembre 2014, con valuta dell’11 successivo e che l’effettivo trasferimento avveniva solo il 20 gennaio 2015, cioè in ritardo rispetto al termine del 31 dicembre 2014.
Di fronte a questa situazione il ricorrente dichiara di aver reclamato “diverse volte” (ma senza fornirne prova), mentre l’intermediario si limita ad affermare che la banca ricevente deve solo prendere in carico il titolo, senza quindi avere alcuna responsabilità per i ritardi dell’intermediario originario.
In questa situazione di carenza di prove documentali, non resta al Collegio che rifarsi alle disposizioni del “Regolamento applicativo SITRAD - Servizio di trasferimento standardizzato degli strumenti finanziari”, che si riferisce proprio al servizio de quo. Dall’analisi del Regolamento emerge in modo evidente che esso è tutto finalizzato a valorizzare il ruolo del nuovo intermediario, dominus dell’operazione, che interloquisce con il cliente che gli si rivolge. Certo, esso non può sostituirsi al ritardo dell’intermediario originario, ma deve “inviare alla banca originaria, entro tre giorni lavorativi dalla data di richiesta di trasferimento del proprio cliente un messaggio di ’richiesta di trasferimento delle informazioni relative alle posizioni in strumenti finanziari ed evidenze di OICR del cliente’”; deve “comunicare al proprio cliente, specificandone le motivazioni, l’interruzione del servizio causata dall’eventuale mancata risposta da parte della banca originaria alla richiesta di trasferimento o dall’eventuale rifiuto ricevuto dalla banca stessa motivato da ragioni di carattere giuridico, tecnico o operativo nella richiesta”; deve “inviare al cliente la ’comunicazione degli impedimenti al trasferimento degli strumenti finanziari e delle evidenze di XxXX’ recante l’elenco degli strumenti finanziari e/o delle evidenze di OICR per i quali non è possibile procedere al trasferimento, specificandone la motivazione, invitando il cliente a recarsi in filiale per valutare la possibilità di ricorrere a modalità operative alternative di trasferimento e per fornirgli ogni assistenza a tal fine utile”; deve “fornire su richiesta del cliente (...) informazioni circa lo stato di avanzamento della procedura e l’effettiva possibilità di dare seguito alla richiesta di revoca del servizio [di trasferimento]”.
Insomma, il nuovo intermediario (cioè l’odierna parte resistente) è tenuto a interloquire attivamente con il cliente, a interessarsi della procedura di trasferimento titoli avviata, fornendo al cliente medesimo notizie adeguate via via che si svolge, con la conclusione che è proprio il nuovo intermediario, ferma restando l’impossibilità di incidere sui comportamenti della banca originaria, a fungere da interlocutore del cliente.
Di tutta questa attività, che sarebbe stata decisiva al fine di imputare correttamente le responsabilità nella vicenda de quo, parte convenuta non offre alcuna documentazione.
Peraltro, e concludendo, oltre a non fornire documentazione sulle sue richieste di informazioni, il ricorrente soprattutto non ne fornisce neppure per stabilire il controvalore esatto del titolo “B” al 31 dicembre 2014 e, di conseguenza, del bonus a cui egli avrebbe avuto diritto se lo strumento finanziario fosse stato inserito nel dossier a tale data.
In altri termini, anche a voler ritenere possibile desumere gli estremi di un comportamento dell’intermediario non coerente con le regole che disciplinano la prestazione del servizio, il Collegio non è in grado di decidere su questa domanda del ricorrente, non avendogli quest’ultimo, in spregio dell’art. 2697 c.c., fornito alcuna prova utile.
Non può quindi accogliere la terza domanda di cui al presente ricorso.
P.Q.M.
Il Collegio dichiara tenuto l’intermediario a corrispondere alla ricorrente l’importo di
€ 100,00.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1