In attuazione dell’Accordo Stato - Regioni e Province Autonome del 16 gennaio 2003 (G.U. n.51 del 3 marzo 2003)
“DISCIPLINA INTERREGIONALE DELLE PISCINE”
In attuazione dell’Accordo Stato - Regioni e Province Autonome del 16 gennaio 2003 (G.U. n.51 del 3 marzo 2003)
Approvato dal Coordinamento Interregionale Prevenzione nella seduta del 22 giugno 2004
PREMESSE
Il gruppo interregionale, nella riunione del 26 febbraio 2004, ha preliminarmente concordato di prevedere una disciplina interregionale sulle piscine articolata in due parti distinte.
▪ Disciplina comune che verrà recepita dalle Regioni (con legge regionale o con altro atto)
per raccogliere e sviluppare in modo organico i principi enunciati dall’Accordo del 16 gennaio 2003: la classificazione, la definizione, le responsabilità, i controlli interni ed esterni, le sanzioni, i provvedimenti dell’autorità, le procedure autorizzative e i confini temporali per la fase transitoria.
Sono questi gli aspetti più rilevanti dal punto di vista giuridico e i limiti ritenuti essenziali per individuare in modo inequivocabile i vari livelli di responsabilità.
▪ Disposizioni Tecniche o Regolamenti
per la definizione dei dettagli tecnici che, per quanto possano essere articolati e complessi, costituiscono sviluppo dei principi già definiti dalla legge (o comunque dall’atto di disciplina della materia).
I regolamenti possono essere distinti secondo le diverse categorie di piscine per le quali sono prevedibili requisiti strutturali ed organizzativi diversi, rispondendo in questo modo anche all’esigenza enunciata al punto 9 dell’Accordo.
Il gruppo ha altresì concordato i seguenti punti:
1. Orientare la nuova normativa regionale nella direzione della semplificazione
amministrativa, già avviata da diverse disposizioni statali e regionali.
2. Tenere sempre in evidenza il campo d’azione di questa nuova normativa cioè la tutela della salute degli utenti delle piscine, per evitare il sovrapporsi ad altre disposizioni nazionali o regionali che disciplinano altri aspetti (ad esempio: la sicurezza dei lavoratori è già tutelata dal D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626).
3. L’Accordo non è un atto normativo, ma un atto politico-istituzionale che impegna i Presidenti delle Regioni a sviluppare le discipline regionali sulla scorta dei contenuti dell’Accordo sottoscritto il 16.1.2003. Peraltro l’Accordo non è esaustivo in quanto vi sono alcuni aspetti, lasciati all’autonomia regionale, che le regioni intendono sviluppare per trovare definizioni condivise (requisiti strutturali e di gestione, controlli, frequentatori…).
4. Le premesse, il testo dell’Accordo e l’Allegato 1 con relativa Tabella A, vanno considerati con diverso peso e significato:
▪ le premesse: non sono state oggetto di accordo tecnico, ma sono state aggiunte nella stesura finale dalla Segreteria della Conferenza Stato Regioni;
▪ Il testo dell’accordo: contiene solo i principi generali e le definizioni vanno considerate tenendo conto che sono il frutto di una mediazione tra le stesse regioni e tra regioni e Ministero della salute;
▪ L’Allegato 1 e la relativa Tabella A: fanno parte dei Livelli essenziali fissati dal Ministero della Salute e sono modificabili solo con un nuovo accordo Stato – Regioni – Province Autonome in quanto già oggetto di accordo.
5. L’obiettivo finale, una volta condiviso il testo tra regioni e province autonome, è di sottoporre il documento all’approvazione del Coordinamento Interregionale Prevenzione e successivamente all’approvazione definitiva della Conferenza degli Assessori e dei Presidenti delle regioni in modo da raggiungere un “Accordo interregionale sulle Piscine”.
Punto 1) Definizione di piscina
1.1 - Si definisce “piscina” un complesso attrezzato per la balneazione che comporti la presenza di uno o più bacini artificiali utilizzati per attività ricreative, formative, sportive e terapeutiche esercitate nell’acqua contenuta nei bacini stessi.1
Altre definizioni: 2
1.2 - Per “piscina ad uso terapeutico”: la piscina nella quale vengono svolte attività di cura e riabilitazione disciplinate dagli articoli 193 e 194 del X.X.XX.XX. X.X. 00 luglio 1934 n.1265;
1.3 - per “piscina termale”: la piscina destinata ad attività disciplinate dall’art.194 del X.X.XX.XX. R.D. 27 luglio 1934 n.1265, che utilizza acque definite come termali dalla Legge 24 ottobre 2000 n.323 “Riordino del settore termale” e per gli scopi dalla stessa legge consentiti; 3
1.4 - per “vasca di piscina”: il bacino artificiale, la cui acqua viene utilizzata per più turni di attività, con reintegri e svuotamenti periodici, e viene mantenuta nelle condizioni previste dall’Allegato 1 (o nelle diverse condizioni previste dalla specifica autorizzazione nel caso delle piscine di Categoria C) mediante impianti di trattamento proporzionati alle dimensioni e all’utilizzo del bacino stesso.
1.5 - per “vasca di piscina termale”: il bacino artificiale la cui acqua, rispondente alla specifica normativa vigente, viene utilizzata tal quale per gli scopi previsti e viene mantenuta nelle condizioni prescritte mediante continua immissione di nuova acqua termale, con portata proporzionata alle dimensioni del bacino stesso e all’utilizzo.
1.6 - per “bacino di balneazione”: il bacino artificiale alimentato con acque superficiali marine o dolci già classificate come acque di balneazione in base alla normativa vigente e in quanto tali soggette al rispetto dei requisiti igienico ambientali previsti dalla normativa stessa. 4
In detti bacini l’acqua viene mantenuta nelle condizioni di idoneità alla balneazione mediante continua immissione di nuova acqua avente le caratteristiche di idoneità alla balneazione, con portata proporzionata alle dimensioni del bacino stesso.
Altre definizioni ai fini della classificazione della Categoria B:
1.7 – Si intende per “condominio”: edificio o complesso edilizio la cui proprietà è regolata dal TITOLO SETTIMO, CAPO II del Codice Civile.5
1.7.1 - È assimilato a “condominio” l’edificio o complesso residenziale costituito da più di quattro unità abitative ancorché appartenente ad un unico proprietario (persona fisica o giuridica o in comproprietà pro indiviso); 6
1.8 – Si intende per “unità abitativa”: l'insieme di uno o più locali preordinato come autonomo appartamento e destinato ad alloggio.
1.8.1 - È assimilata a “unità abitativa” l’unità commerciali o artigianale o direzionale ubicata nel condominio, purché l’uso della piscina sia limitato ai titolari dell’attività e ai loro dipendenti o collaboratori;
1.9 – Si intende per “singola abitazione”: l’edificio residenziale costituito da un’unica unità abitativa.
1.9.1 - È assimilato a “singola abitazione” l’edificio residenziale fino a quattro unità abitative appartenente ad un unico proprietario (persona fisica o giuridica o in comproprietà pro indiviso).7
1.9.2 - È assimilata a “singola abitazione” l’unità abitativa, ancorché in condominio, che disponga di piscina in area privata riservata all’uso esclusivo dell’unità abitativa stessa, sotto diretta responsabilità del condomino.8
Punto 2) - Classificazione delle piscine
Ai fini igienico sanitari le piscine sono classificate in base ai seguenti criteri: destinazione, caratteristiche ambientali e strutturali, tipo di utilizzazione.9
2.1 - In base alla loro destinazione le piscine si distinguono nelle seguenti categorie e relativi gruppi:
2.1.1 - CATEGORIA A - Piscine di proprietà pubblica o privata, destinate ad utenza pubblica.
In base alle caratteristiche gestionali questa categoria è suddivisa nei seguenti gruppi:
Gruppo a1) - Piscine pubbliche propriamente dette (tipicamente: piscine comunali);
Gruppo a2) - Piscine ad uso collettivo. Sono quelle inserite in strutture già adibite in via principale ad attività accessibili ai soli ospiti, clienti, soci, quali ad esempio:
a2.1 - pubblici esercizi;
a2.2 - attività ricettive turistiche e agrituristiche;
a2.3 - collettività quali collegi, convitti, scuole, comunità, case di riposo, ecc.;
a2.4 - palestre, centri estetici e simili;
a2.5 - circoli, associazioni;
Gruppo a3) - Impianti finalizzati al gioco acquatico.
Gruppo a4) - Strutture complesse comprendenti piscine rientranti in più di uno dei precedenti gruppi.
2.1.2 - CATEGORIA B - Piscine facenti parte di condomìni e destinate esclusivamente all’uso privato da parte degli aventi titolo e loro ospiti.
In base al numero di unità abitative questa categoria è suddivisa nei seguenti gruppi: 10
Gruppo b1) - Piscine facenti parte di condomìni, superiori a quattro unità abitative.
Gruppo b2) - Piscine facenti parte di condomìni, fino a quattro unità abitative.
Per maggior chiarimento nella classificazione delle piscine di categoria B si fa riferimento allo Schema esplicativo Categoria B"
2.1.3 - CATEGORIA C - Piscine ad usi speciali collocate all’interno di strutture di cura, di riabilitazione, termale, la cui disciplina è definita da normativa specifica.
2.2 - In base alle caratteristiche strutturali ed ambientali le piscine si distinguono le seguenti tipologie 11:
Tipologia 1 Piscine scoperte: costituite da complessi con uno o più bacini artificiali non confinati entro strutture chiuse permanenti;
Tipologia 2 Piscine coperte: costituite da complessi con uno o più bacini artificiali confinati entro strutture chiuse permanenti;
Tipologia 3 Piscine di tipo misto: costituite da complessi con uno o più bacini artificiali scoperti e coperti utilizzabili anche contemporaneamente;
Tipologia 4 Piscine di tipo convertibile: costituite da complessi con uno o più bacini artificiali nei quali gli spazi destinati alle attività possono essere aperti o chiusi in relazione alle condizioni atmosferiche.
2.3 - In base alla loro utilizzazione si individuano i seguenti tipi di vasche 12:
Tipo a Vasche per nuotatori e di addestramento al nuoto e destinate alle attività agonistiche, aventi requisiti che consentono l’esercizio delle attività natatorie in conformità al genere ed al livello di prestazioni per le quali è destinata la piscina, nel rispetto delle norme della Federazione Italiana Nuoto (FIN) e della Fédération Internazionale de Natation Amateur (FINA);
Tipo b Vasche per tuffi ed attività subacquee e destinate alle attività agonistiche, aventi requisiti che consentono l’esercizio delle attività in conformità al genere ed al livello di prestazioni per le quali è destinata la piscina, nel rispetto delle norme della Federazione Italiana Nuoto (FIN) e della Fédération Internationale de Natation Amateur (FINA) per quanto concerne i tuffi;
Tipo c Vasche ricreative, aventi requisiti morfologici e funzionali che le rendono idonee per il gioco e la balneazione;
Tipo d Vasche per bambini, aventi requisiti morfologici e funzionali, quali la profondità ≤60 cm, che le rendono idonee per la balneazione dei bambini;
Tipo e Vasche polifunzionali, aventi caratteristiche morfologiche e funzionali che consentono l’uso contemporaneo del bacino per attività differenti o che possiedono requisiti di convertibilità che le rendono idonee ad usi diversi;
Tipo f Vasche ricreative attrezzate, caratterizzate dalla prevalenza di attrezzature accessorie quali acquascivoli, sistemi di formazione di onde, fondi mobili, ecc.
Tipo g Vasche per usi terapeutici (curativi e riabilitativi), aventi requisiti morfologici e funzionali nonché dotazione di attrezzature specifiche per l’esercizio esclusivo di attività riabilitative e rieducative sotto il controllo sanitario;
Tipo h Vasche per usi termali, nelle quali l’acqua viene utilizzata come mezzo terapeutico in relazione alle sue caratteristiche fisico – chimiche intrinseche e/o alle modalità con cui viene in contatto dei bagnanti e nelle quali l’esercizio delle attività di balneazione viene effettuato sotto il controllo sanitario.
2.4 - Per una struttura di Categoria C, ad esclusione delle vasche termali tipo h, sono ammissibili attività ricadenti nella Categoria A nei limiti di compatibilità stabiliti dalle disposizioni tecniche regionali. È in ogni caso vietato il contemporaneo svolgimento dei due tipi di attività. 13
Punto 3) – Campo di applicazione
3.1 - La legge si applica alle piscine rientranti nella classificazione di cui punto 2).
3.2 - Sono escluse dall’applicazione della legge le piscine costituenti pertinenza di singole abitazioni.14
3.3 - In riferimento al punto 3.3 dell’Accordo si precisa quanto segue:
3.3.1 - Alle piscine alimentate con acque termali, come definite dalla Legge 24 ottobre 2000 n. 323 e classificate in categoria C, i parametri di cui all’Allegato 1 si applicano limitatamente ai punti 1.7 (requisiti illuminotecnici) e 1.8 (requisiti acustici). Per l’applicazione dei requisiti strutturali e gestionali previsti dalle disposizioni regionali ogni riferimento agli altri parametri dell’Allegato 1 deve intendersi sostituito con il riferimento ai requisiti stabiliti in base alla vigente normativa sulle acque termali.
3.3.2 - Alle piscine costituite da “bacini di balneazione”, come definiti al punto 1.6, i parametri di cui all’Allegato 1 si applicano limitatamente ai punti 1.7 (requisiti illuminotecnici) e 1.8 (requisiti acustici). Per l’applicazione de i requisiti strutturali e gestionali previsti dalle disposizioni regionali ogni riferimento agli altri parametri dell’Allegato 1 deve intendersi sostituito con il riferimento ai requisiti stabiliti in base alla vigente normativa sulle acque di balneazione.
Punto 4) – Dotazione di personale
4.1. – Il titolare dell’impianto, ai fini dell’igiene, della sicurezza e della funzionalità delle piscine nomina il responsabile della piscina, ovvero dichiara formalmente di assumerne personalmente le funzioni.15
4.2 - Il responsabile della piscina deve:
4.2.1 - assicurare il corretto funzionamento della struttura sotto ogni aspetto gestionale, tecnologico e organizzativo;
4.2.2 - assicurare il rispetto dei requisiti igienico-ambientali previsti dall’ALLEGATO 1;
4.2.3 – assicurare la corretta esecuzione delle procedure di autocontrollo previste (dai successivi articoli);
4.2.4 – assicurare che siano eseguite la pulizia quotidiana con l’allontanamento di ogni rifiuto e la disinfezione periodica, secondo quanto previsto dalle disposizioni regionali (es. regolamenti) e dalle procedure di autocontrollo.16
4.3 – Per le piscine di categoria B, salvo diversa formale designazione, il responsabile della piscina è l’amministratore17; in mancanza di amministratore o di responsabile designato rispondono i proprietari nei modi e limiti stabiliti dal Codice Civile e dalle altre leggi che regolano la proprietà negli edifici.
4.4 - Per le piscine di categoria C il responsabile della piscina è il Direttore Sanitario della struttura. 18
Punto 4bis – Dotazione di personale
4bis.1. - Ai fini dell’igiene, della sicurezza e della funzionalità delle piscine devono essere individuate, ai sensi dell’Accordo, le seguenti figure:
a) assistente xxxxxxxx
b) addetto agli impianti tecnologici.
4bis.2 - L’assistente bagnanti, abilitato alle operazioni di salvataggio e di primo soccorso ai sensi della normativa vigente, vigila sulle attività che si svolgono in vasca e negli spazi perimetrali intorno ad essa.
4bis.3 - La presenza di assistenti bagnanti a bordo vasca in numero proporzionato al numero e caratteristiche delle vasche e al numero di bagnanti secondo quanto stabilito dalle disposizioni regionali deve essere assicurata in modo continuativo durante tutto l’orario di funzionamento della piscina.
4bis.4 - L’addetto agli impianti tecnologici, che deve possedere competenza tecnica specifica, garantisce il corretto funzionamento degli impianti ai fini del rispetto dei requisiti igienico-ambientali previsti dall’ALLEGATO 1. Tale compito può essere assicurato con appositi contratti anche da ditte esterne.19
4bis.5 – Per le piscine della categoria A, gruppo a2) e categoria B le funzioni del dell’assistente bagnanti e dell’addetto agli impianti tecnologici possono essere svolte dallo stesso responsabile della piscina, purché in possesso delle necessarie abilitazioni.
Punto 6) – CONTROLLI INTERNI 20
6.1 - Ai fini di garantire il rispetto dei requisiti di cui all’ALLEGATO 1 e il mantenimento delle condizioni di sicurezza igienico sanitaria a tutela degli utenti, ogni piscina deve essere dotata di un piano di autocontrollo che, mediante analisi e monitoraggio dei processi e dei punti critici, 21 assicuri il costante rispetto delle condizioni richieste e consenta l’attuazione degli interventi correttivi previsti in modo rapido ed efficace.
6.2 - I controlli interni devono soddisfare l’esigenza della valutazione dei rischi presenti in ogni fase della gestione dell’attività. 22 Il documento deve essere redatto secondo i seguenti principi:
a) analisi dei potenziali pericoli igienico - sanitari per la piscina;
b) individuazione dei punti o delle fasi in cui possono verificarsi tali pericoli e definizione delle relative misure preventive da adottare;
c) individuazione dei punti critici e definizione dei limiti critici degli stessi;
d) definizione del sistema di monitoraggio;
e) individuazione delle azioni correttive;
f) verifiche del piano e riesame periodico, anche in relazione al variare delle condizioni iniziali, delle analisi dei rischi, dei punti critici, e delle procedure in materia di controllo e sorveglianza.
6.3 - Il piano di autocontrollo deve essere predisposto secondo le indicazioni delle disposizioni regionali; esso deve altresì contenere le misure correttive da adottarsi a seguito del mancato rispetto delle condizioni prefissate per ciascun punto critico. 23
6.4 – Il responsabile della piscina deve mantenere costantemente aggiornata la documentazione e le registrazioni delle attività compiute in applicazione del piano di autocontrollo.
Punto 7) - CONTROLLI ESTERNI 24
7.1 - I controlli esterni competono al Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria Locale che procede all’esecuzione di ispezioni, verifiche documentali, misurazioni strumentali e prelievi di campioni per le analisi, secondo piani di controllo predisposti tenendo conto delle indicazioni programmatiche regionali e delle situazioni locali. I controlli esterni sono altresì eseguiti discrezionalmente sulla base di evidenze o segnalazioni di potenziale rischio per l’utenza.
7.2 - Per l’esecuzione di accertamenti tecnici di particolare contenuto tecnico scientifico l’Azienda ULSS può avvalersi dell’intervento diretto dell’ARPA_, secondo programmi concordati e ferma restando la competenza dell’Azienda Sanitaria Locale alla gestione dei relativi risultati e degli eventuali provvedimenti conseguenti.
7.3 - Le piscine delle categorie A e C sono soggette in qualsiasi momento ai controlli esterni finalizzati in modo particolare alla verifica della corretta e puntuale esecuzione dei piani di autocontrollo in tutte le fasi da essi previste.
7.4 - Le piscine di Categoria B sono soggette ai controlli esterni; a tale scopo il responsabile della piscina deve garantire l’accesso a tutte le aree e impianti della piscina stessa da parte degli organi di vigilanza, nei periodi ed orari di funzionamento.
Punto 7 bis) - PRELIEVO ED ANALISI DI CAMPIONI
7bis.1 - Il prelevamento di campioni, le misurazioni eseguite sul posto e le analisi di laboratorio, ai fini della verifica dei parametri igienico ambientali di cui all’Allegato 1, sono eseguiti con i metodi riconosciuti dal Ministero della Salute.25
7bis.2 - In mancanza dei metodi di analisi e fino al riconoscimento degli stessi da parte del Ministero della Salute, per i parametri igienico ambientali di cui all’Allegato 1i prelievi, le misurazioni in loco e le analisi sono eseguiti secondo metodi individuati dalle ARPA_ sulla base delle evidenze scientifiche ed adottati con apposita Delibera della Giunta Regionale previo accordo interregionale.
7bis.3 - Considerato che la deteriorabilità dei campioni per le analisi di laboratorio, finalizzate al controllo dei parametri stabiliti dall’Allegato 1, non consente la revisione delle analisi, a cura dell’organo procedente è dato, anche oralmente, avviso al responsabile della piscina del giorno, dell’ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate. L’interessato o persona di sua fiducia appositamente designata possono presenziare alle analisi, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico. 26
Punto 8 – Sanzioni 27
In attesa di definire puntualmente gli elementi fondamentali da tutelare con sanzioni e le relative graduazioni si è convenuto sulla possibilità di procedere secondo le seguenti direttrici:
8.1 - Sanzioni amministrative pecuniarie definite per singolo comportamento illecito;
8.2 - Sanzioni accessorie quali ad esempio la chiusura temporanea della piscina in presenza di comportamenti di particolare gravità ai fini della prevenzione (es. superamento del numero massimo di frequentatori ammesso o in caso di recidiva);
8.3. - Possibilità di sospensione delle sanzioni, nell’ambito delle procedure di autocontrollo, condizionata all’attuazione delle prescrizioni date dall’organo di vigilanza (vedi ad esempio procedura prevista dal Decreto legs 155/97 in materia di autocontrollo degli alimenti).
IPOTESI DI SANZIONI
Illecito | RIFERIMENTI |
SANZIONI PECUNIARIE | |
Mancata registrazione / aggiornamento procedure di autocontrollo | Punto 6 |
Mancato rispetto requisito dei parametri della Tabella dell’Allegato 1 (commisurati a ciascun parametro significativo) | Punto 15 • Parametri microbiologici • Parametri chimici (laboratorio e da campo) • Parametri microclimatici |
Mancata comunicazione di inizio attività | Punto 10 |
Mancato rispetto delle condizioni previste dalle disposizioni tecniche regionali | Punto 14 |
Mancata applicazione prescrizioni imposte dall’Azienda Sanitaria Locale | Punto 8bis.2 |
Superamento numero massimo frequentatori ammissibili | Punto 13 |
Mancanza di personale di cui al .>>> | Punto 4 |
Mancata comunicazione variazioni degli elementi oggetto della comunicazione di inizio attività | Punto 10.2 |
Mancata esposizione o informazione agli utenti del regolamento interno | Punto 17 |
SANZIONI ACCESSORIE | |
Superamento numero frequentatori oltre la soglia del 50% in più | Chiusura dell’attività per un numero massimo di 5 giorni lavorativi |
Recidiva nella stessa tipologia di violazione | Chiusura dell’attività per un numero massimo di 10 giorni lavorativi |
Punto 8 bis) - PROVVEDIMENTI D’AUTORITÀ 28
Premesso che, in situazioni di emergenza sanitaria o di igiene pubblica, che non possono essere risolte rispettando il normale ordine delle competenze e i normali poteri, l’Autorità Sanitaria Locale può adottare Ordinanze contingibili urgenti ai sensi dell’art.54 T.U. enti locali, si individuano i seguenti possibili provvedimenti amministrativi conseguenti all’attività di vigilanza e controllo:
8.bis.1 - Provvedimenti di chiusura da parte degli Organi di vigilanza 29 Gli organi di vigilanza dispongono la chiusura della piscina nei casi di insussistenza dei requisiti igienico-sanitari necessari ai fini del rilascio dell’autorizzazione sanitaria [ovvero previsti dalla legge e dalle disposizioni tecniche, nonché dalla documentazione essenziale presentata in caso di denuncia di inizio attività]
Il provvedimento è immediatamente revocato se la situazione viene regolarizzata.
8bis.2 - Prescrizioni extra procedimento autorizzativo
L’Azienda Sanitaria Locale può in ogni momento impartire, con provvedimenti motivati, particolari prescrizioni o restrizioni di carattere tecnico-sanitario a tutela della salute degli utenti.
Punto 9) Regime transitorio
9.1 - Le disposizioni tecniche regionali stabiliscono i criteri con cui intervenire per gli adeguamenti strutturali ritenuti necessari fissando un congruo tempo comunque entro il limite massimo di cinque anni.
10 - PROCEDIMENTO AUTORIZZATIVO CATEGORIA A 30
10.1 – Premesso che, ai fini della concessione edilizia e della successiva agibilità (che rappresenta un pre-requisito per l’esercizio) sono rilasciati i prescritti pareri igienico sanitari ai sensi della normativa vigente in materia edilizia (DPR 380/2001), l’esercizio dell’attività di piscina di Categoria A è soggetto a comunicazione di inizio attività da presentare all’Azienda Sanitaria Locale, secondo quanto previsto dalle disposizioni regionali. Tale comunicazione è richiesta anche nel caso di piscina del gruppo a2) la cui struttura principale sia già autorizzata ai sensi dell’art.231 X.X.XX.XX. R.D. 27/07/1934 n.1265.
10.2 - Sono elementi essenziali della comunicazione:
a) Ubicazione della struttura;
b) Categoria, gruppo, tipologia della piscina classificata ai sensi del punto 2;
c) Numero e tipo di vasche classificate ai sensi del punto 2;
d) Numero massimo di utenti ammissibili;
e) Responsabile della gestione della piscina;
f) Documentazione tecnica descrittiva dell’intera struttura e degli impianti di trattamento dell’acqua, completa di dichiarazione di un professionista iscritto
all’albo che attesti rispondenza della struttura ai requisiti stabiliti dalle disposizioni regionali.
La variazione di uno o più elementi sopra elencati comporta l’obbligo di nuova comunicazione.
10.3 - Le piscine di Categoria A, gruppo a2), possono essere temporaneamente utilizzate per lo svolgimento di manifestazioni locali aperte alla frequenza di utenti estranei all’ambito di normale esercizio, previa specifica comunicazione da inviare all’Azienda Sanitaria Locale con le modalità e nei limiti stabiliti dalle disposizioni regionali.
11 - COMUNICAZIONI CATEGORIA B
11.1 - L’esercizio dell’attività di piscina della Categoria B è subordinato a comunicazione all’Azienda Sanitaria Locale nelle forme e modi previsti dalle disposizioni tecniche regionali. 31
11.2 - Le disposizioni regionali possono prevedere per le piscine di Categoria B, gruppo b1), l’utilizzo temporaneo per lo svolgimento di manifestazioni locali aperte alla frequenza di utenti estranei all’ambito condominiale.
12 - AUTORIZZAZIONI CATEGORIA C
12.1 - L’esercizio delle piscine di cui alla Categoria C rientra nell’ambito autorizzativo di cui all’art.194 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie R.D. 27 luglio 1034 n. 1265, in quanto costituiscono strumento terapeutico o riabilitativo della struttura stessa.
12.2 - Le attività rientranti nella Categoria A da svolgersi in una piscina di Categoria C, sono soggette a preventiva denuncia o autorizzazione ai sensi delle disposizioni regionali. Sono escluse utilizzazioni temporanee per lo svolgimento di manifestazioni locali aperte al pubblico.
13 - UTENTI
13.1 - Gli utenti della piscina, si distinguono in “frequentatori” e “bagnanti”.
13.2 - Sono “frequentatori” gli utenti presenti all’interno dell’impianto natatorio.
13.3 - Sono “bagnanti” i frequentatori che si trovano all’interno della sezione vasche delimitata sul posto.
13.4 - Il numero massimo di frequentatori ammissibili 32 è determinato, in relazione alle diverse categorie di piscine, secondo i parametri definiti dalle norme tecniche regionali,
con l’obiettivo di garantire che la fruizione delle vasche, dei solarium, degli spogliatoi, delle docce e dei servizi igienici possa avvenire in modo regolare e agevole.
13.5 - Il numero massimo di bagnanti ammissibili è determinato, in relazione ai diversi tipi di vasche, secondo i parametri definiti dalle norme tecniche regionali, con i seguenti obiettivi:
13.5.1 - garantire che il carico inquinante dovuto alle attività in acqua, in relazione al volume d’acqua delle vasche, si mantenga entro i limiti della potenzialità degli impianti di trattamento;
13.5.2 - garantire che l’attività natatoria, nelle varie forme previste per le diverse categorie e gruppi di piscine e tipi di vasche, possa svolgersi nel rispetto delle esigenze di sicurezza e di sorveglianza degli utenti;
13.6 - In nessun caso il numero massimo di bagnanti ammissibili previsto dalle disposizioni tecniche regionali potrà superare i seguenti limiti: 33
13.6.1 – nelle vasche di tipo a, b, g, h come classificate al punto 2.3: un bagnante ogni 5 m2 di specchio d’acqua calcolato sul totale delle vasche di questi tipi presenti nella stessa sezione.
13.6.2 – nelle vasche di tipo c, d, e, f come classificate al punto 2.3: un bagnante ogni 3 m2 di specchio d’acqua calcolato sul totale delle vasche di questi tipi presenti nella stessa sezione..
13.7 - Nella definizione dei parametri per la determinazione del numero massimo di frequentatori ammissibili per la Categoria A, gruppo a2), per la Categoria B e per la Categoria C, le disposizioni tecniche regionali dovranno tener conto anche del numero massimo dei potenziali soggetti aventi titolo d’uso.34
13.8 - Le piscine delle Categorie A e C devono essere dotate di sistemi o procedure atte a rilevare in ogni momento il numero di frequentatori presenti nelle aree di riferimento, nonché a limitare l’accesso di ulteriori utenti oltre il numero massimo consentito.
13.9 - In ogni piscina ed in ogni momento è consentito l’accesso ad un numero di frequentatori non superiore a quello massimo ammissibile come sopra definito.
13.10 - In ogni sezione vasche ed in ogni momento è consentito l’accesso ad un numero di bagnanti non superiore a quello massimo ammissibile come sopra definito.
13.11 – Nei casi in cui Licenza di P.S. eventualmente rilasciata ai sensi dell’art.86 del X.XX.XX.XX. 18 maggio 1931 n.773 stabilisca, per ragioni di pubblica sicurezza e ai fini dell’agibilità, un numero massimo ammissibile di frequentatori o di bagnanti diversi da quelli definiti ai sensi della presente legge e delle disposizioni tecniche, l’obbligo sancito rispettivamente dal punto 9.9 e dal punto 9.10 è riferito al numero inferiore.
14 - DISPOSIZIONI TECNICHE REGIONALI [Regolamenti]
14.1 - La Regione con propri atti emana uno o più documenti tecnici per la definizione delle caratteristiche strutturali, degli aspetti gestionali, delle procedure di comunicazione, dei tempi e modalità di adeguamento e di ogni altro aspetto che la [legge] espressamente rinvia a tali disposizioni. Le disposizioni tecniche regionali potranno articolarsi come di seguito specificato: 35
14.1.1 - Disposizione tecnica per la Categoria A, gruppo a1);
14.1.2 - Disposizione tecnica per la Categoria A, gruppo a2);
14.1.3 - Disposizione tecnica per la Categoria A, gruppo a3);
14.1.4 - Disposizione tecnica Categoria B (linee guida);
14.1.5 - Disposizione tecnica Categoria C (linee guida);
15 - Allegato A) - REQUISITI IGIENICO-AMBIENTALI
15.1 - I requisiti igienico-ambientali delle piscine, riguardanti le caratteristiche delle acque utilizzate (di approvvigionamento, di immissione e contenute in vasca), le sostanze da utilizzare per il trattamento dell’acqua, i punti di prelievo, i requisiti termoigrometrici e di ventilazione, i requisiti illuminotecnici e i requisiti acustici, sono specificati nell’ALLEGATO 1 dell’Accordo. 36
Esso potrà essere in tutto o in parte modificato o sostituito a seguito di nuovi Accordi Stato - Regioni - Province autonome mediante recepimento con deliberazione della Giunta regionale.
15.3 - Ogni piscina deve essere dotata di impianti tecnologici per il trattamento dell’acqua sufficienti a mantenere la stessa costantemente entro i limiti previsti dall’ALLEGATO 1, in ogni condizione di utilizzo, salvo quanto stabilito per le “vasche di piscina termale” e per i “bacini di balneazione” al punto 3 (Campo di applicazione).
16 - REQUISITI STRUTTURALI
16.1 - I requisiti strutturali ed impiantistici delle piscine e delle relative aree di insediamento, sono stabiliti dalle disposizioni tecniche regionali, con i seguenti obiettivi: 37
16.1.1 - garantire che la potenzialità degli impianti di trattamento dell’acqua sia proporzionata al volume dell’acqua delle vasche e al carico inquinante dovuto all’utilizzazione delle stesse;
16.1.2 - garantire che l’attività natatoria, nelle varie forme previste per le diverse categorie e gruppi di piscine e tipi di vasche, possa svolgersi nel rispetto delle esigenze di sicurezza e di sorveglianza degli utenti;
16.1.3 - garantire che la fruizione da parte degli utenti e la pulizia ordinaria e straordinaria degli spogliatoi, delle docce e dei servizi igienici e di tutte le aree accessorie e di disimpegno possa avvenire in modo regolare, e col minimo rischio per la sicurezza degli utenti;
16.1.4 - garantire che la localizzazione e l’installazione degli impianti, nonché la loro gestione siano tali da assicurare condizioni di sicurezza e di facile accessibilità.
16.2 - La piscina deve essere mantenuta costantemente nelle condizioni strutturali previste dalle disposizioni tecniche regionali; gli spazi e i locali devono essere mantenuti e utilizzati per l’uso al quale sono stati destinati, quali risultano dalla documentazione presentata ai fini della autorizzazione, denuncia o comunicazione.
16.3 - Nel complesso piscina si individuano i seguenti possibili elementi funzionali, la cui presenza e le cui caratteristiche sono definite dalle disposizioni tecniche regionali, in relazione alle diverse categorie e tipologie di piscine e tipi di vasche:
16.3.1 - sezione vasche (natatorie e di balneazione);
16.3.2 - sezione servizi;
16.3.3 - sezione impianti tecnici;
16.3.4 - sezione pubblico;
16.3.5 - sezione attività accessorie;
16.4 - Nella stessa sezione vasche la presenza di “vasche di piscina”, “vasche di piscina termale” e “bacini di balneazione” è mutuamente esclusiva. 38
16.5 – Le disposizioni regionali possono stabilire un rapporto limite tra la superficie delle vasche e quella totale a disposizione dei frequentatori. 39
17.6 - La sezione servizi, comprendente spogliatoi, servizi igienici e docce, deve essere ad uso esclusivo dei frequentatori della piscina.
17.7 - Le sezione attività accessorie deve essere ubicata in locali o aree nettamente separate dalla sezione vasche.
Quando il tipo di attività accessorie presenti prevedano che gli utenti debbano sottoporti alle stesse operazioni di preventiva pulizia personale e sottostare alle stesse regole comportamentali dei bagnanti, tali utenti possono usufruire della stessa area servizi della piscina; in tal caso essi sono equiparati ai “frequentatori” e concorrono al raggiungimento del numero massimo di frequentatori ammissibili.
17 - REGOLAMENTO INTERNO
17.1 - Le piscine devono essere dotate di regolamento interno per la disciplina del rapporto gestore - utenti in riferimento agli aspetti igienico sanitari. In particolare esso deve contenere gli elementi di educazione sanitaria, comportamentali e di igiene personale, che contribuiscono a mantenere idonee condizioni nell’impianto natatorio, secondo le indicazioni delle disposizioni tecniche regionali.
17.2 - Il regolamento interno deve essere esposto ben visibile all’ingresso dell’impianto natatorio e deve essere portato a conoscenza di ciascun utente.
APPENDICE
(PER MEMORIA)
NOTE:
1 E’ stata considerata la possibilità di estendere la definizione prevedendo anche la presenza di impianti tecnologici per il trattamento dell’acqua. L’ipotesi è stata decisamente abbandonata in quanto avrebbe introdotto un ulteriore requisito necessario per poter definire una certa struttura come “piscina”, escludendo per contro da tale definizione le strutture prive di impianti di trattamento, quindi rendendole non soggette alla legge. La definizione concordata comprende prudentemente tutte le possibili ipotesi strutturali: spetta alla normativa tecnica inquadrare le nuove realtà attraverso la definizione dei requisiti specifici richiesti (es. piscine prefabbricate).
2 Le strutture terapeutiche - curative e riabilitative - e le termali si distinguono per i riferimenti normativi nazionali che le sottopongono a differenti vincoli. Xxxxxxxxx in via generale in modo distinto permette di adattare in modo più opportuno anche la materia riguardante le relative piscine, oggetto della presente bozza.
Conseguentemente a queste nuove definizioni si rende necessario adattare anche le definizioni dei tipi di vasche g e h che l’Accordo (riprendendo in modo acritico il testo della bozza di atto d’intesa) aveva diviso secondo un criterio non supportato giuridicamente.
3 La Legge 24 ottobre 2000 n.323 “Riordino del settore termale” (non sufficientemente tenuta in considerazione in fase di Accordo) stabilisce:
Art. 2. (Definizioni)
1. Ai fini della presente legge si intendono per:
a) acque termali: le acque minerali naturali, di cui al regio decreto 28 settembre 1919, n. 1924, e successive modificazioni, utilizzate a fini terapeutici;
b) cure termali: le cure, che utilizzano acque termali o loro derivati, aventi riconosciuta efficacia terapeutica per la tutela globale della salute nelle fasi della prevenzione, della terapia e della riabilitazione delle patologie indicate dal decreto di cui all'articolo 4, comma 1, erogate negli stabilimenti termali definiti ai sensi della lettera d);
c) patologie: le malattie, indicate dal decreto di cui all'articolo 4, comma 1, che possono essere prevenute o curate, anche a fini riabilitativi, con le cure termali;
d) stabilimenti termali: gli stabilimenti individuati ai sensi dell'articolo 3, ancorché annessi ad alberghi, istituti termali o case di cura in possesso delle autorizzazioni richieste dalla legislazione vigente per l'esercizio delle attivita' diverse da quelle disciplinate dalla presente legge;
e) aziende termali: le aziende, definite ai sensi dell'articolo 2555 del codice civile, o i rispettivi rami, costituiti da uno o piu' stabilimenti termali;
f) territori termali: i territori dei comuni nei quali sono presenti una o piu' concessioni minerarie per acque minerali e termali.
2. I termini "terme", "termale", "acqua termale", "fango termale", "idrotermale", "idrominerale", "thermae", "spa (salus per aquam)" sono utilizzati esclusivamente con riferimento alle fattispecie aventi riconosciuta efficacia terapeutica ai sensi del comma 1, lettera b).
E l’art. 3, recita:
Art. 3. (Stabilimenti termali)
1. Le cure termali sono erogate negli stabilimenti delle aziende termali che:
a) risultano in regola con l'atto di concessione mineraria o di subconcessione o con altro titolo giuridicamente valido per lo sfruttamento delle acque minerali utilizzate;
b) utilizzano, per finalita' terapeutiche, acque minerali e termali, nonche' fanghi, sia naturali sia artificialmente preparati, muffe e simili, vapori e nebulizzazioni, stufe naturali e artificiali, qualora le proprieta' terapeutiche delle stesse acque siano state riconosciute ai sensi del combinato disposto degli articoli 6, lettera t), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e 119, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
c) sono in possesso dell'autorizzazione regionale, rilasciata ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;
d) rispondono ai requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi definiti ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
2. Gli stabilimenti termali possono erogare, in appositi e distinti locali, prestazioni e trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorarne e proteggerne l'aspetto estetico, modificandolo attraverso l'eliminazione o l'attenuazione degli inestetismi cutanei presenti.
3. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 2, comma 2, i centri estetici non possono erogare le prestazioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b).
4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono con idonei provvedimenti normativi la qualificazione sanitaria degli stabilimenti termali e l'integrazione degli stessi con le altre strutture sanitarie del territorio, in particolare nel settore della riabilitazione, avendo riguardo alle specifiche situazioni epidemiologiche ed alla programmazione sanitaria.
5. Le cure termali sono erogate a carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 4, negli stabilimenti delle aziende termali accreditate, ai sensi dell'articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall'articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229.
Da qui si ricava che le piscine che si fregino della qualifica di termali possono utilizzare solo acque che rispondano alla specifica normativa, senza alcun trattamento; pertanto alle stesse non possono essere applicati i parametri dell’Allegato 1.Per contro la stessa acqua potrebbe essere utilizzata anche in un impianto “parallelo” (in locali separati), ma in questo caso, come per l’estetista, non può essere utilizzata la terminologia “termale” e le caratteristiche dell’acqua devono sottostare ai parametri dell’Allegato 1.
4 DPR 08 giugno 1982 n. 470; modificato dall'art.18 della Legge 29 dicembre 2000, n. 422
5 Questa definizione si differenzia solo apparentemente da quella dell’Accordo: il riferimento all’art 1173 del codice civile era stato a suo tempo introdotto solamente per l’urgenza di arrivare alla approvazione dell’accordo senza ritardarne la firma.
Il codice Civile in realtà non definisce la natura giuridica delle piscine, ma regola la proprietà negli edifici. La classificazione proposta dall’Accordo, in riferimento alla categoria B necessita quindi di una specificazione.
Infatti la categoria giuridica del “condominio” ai sensi del Codice Civile rappresenta la proprietà, per quote millesimali, delle parti comuni di un edificio ad uso civile (generalmente residenziale, direzionale o commerciale).
Questa definizione però non comprende in alcun modo l’edificio civile, ancorché costituito da numerose unità abitative, di cui sia proprietario un’unica persona fisica o giuridica. (È il caso di precisare che la proprietà di più persone pro indiviso, ad es. coniugi o eredi, equivale in tutto ad un unico proprietario, cioè un unico condomino).
È evidente che la definizione dell’Accordo non comprende la grande struttura abitativa di proprietà ad esempio di una compagnia di assicurazione (quindi non condominio), mentre comprende la villetta bifamiliare appartenente a due proprietari per quote millesimali (quindi condominio) anche se i proprietari sono membri di una stessa famiglia. Tale incongruenza non era certamente nelle intenzioni dei contraenti dell’Accordo.
Con le assimilazioni proposte si è tentato di porvi rimedio nel rispetto dello spirito dell’Accordo e nella direzione di una maggiore equità sociale.
6 Il numero delle quattro unità abitative è stato mutuato dal Codice Civile [art.1129] e sembra un limite ragionevole ed equo per le assimilazioni proposte. Il CC considera il numero di quattro “condòmini” come limite entro il quale non è obbligatoria la nomina di un amministratore, lasciando evidentemente intendere che fino a quattro proprietari (che potrebbero però rappresentare un numero ben maggiore di unità abitative) l’amministrazione possa essere condotta in accordo tra i condomini secondo le regole della normale convivenza.
Anche dal punto di vista della tutela della salute degli utenti della piscina è plausibile ritenere che fino a quattro unità abitative (condominiali o no) la problematica possa similmente essere gestita in forma privata, senza ingerenze della pubblica amministrazione e che, per contro, in un complesso con più di quattro unità abitative (anche non condominiali) la gestione della piscina cominci a diventare un problema igienico sanitario da tutelare.
D’altra parte però si avverte anche l’esigenza di poter distinguere le grosse strutture condominiali da quelle piccole, potendo in tal modo prevedere obblighi e prescrizioni meno “pesanti” per queste ultime.
7 Si ribadisce che questa fattispecie non rappresenta giuridicamente un condominio e il numero ridotto di unità abitative attenua l’importanza del bene pubblico da tutelare, tanto da poterla assimilare a singola abitazione ed escluderla dall’assoggettamento alla presente legge. Si tratta di una scelta proposta.
8 Questa riserva sembra opportuna dal momento che in particolari strutture condominiali (ad esempio case a schiera) è possibile che il singolo condomino possa realizzare una piscina per proprio uso esclusivo.
9 La classificazione riproduce quella dell’Accordo, per ragioni esclusivamente di chiarezza e per precisare meglio i dettagli si sono introdotti i “gruppi” all’interno delle tre categorie.
10 La suddivisione in due gruppi anche di questa categoria permette di modulare meglio i requisiti strutturali e gestionali in ragione della diversa rilevanza del bene pubblico da tutelare.
11 per ragioni esclusivamente di chiarezza è stato introdotto il termine “tipologia” per descrivere le caratteristiche strutturali.
12 per ragioni esclusivamente di chiarezza si è utilizzato il termine “tipo” per descrivere le vasche.
13 Ipotizzando che in una struttura di cura e riabilitazione si intenda esercitare anche attività di nuoto aperto al pubblico generico, non a scopo terapeutico, è necessario tutelare l’utente che accedendovi per scopi terapeutici, con prescrizione medica, ha diritto ad essere assistito da un professionista sanitario e non solo da un istruttore al nuoto o assistente bagnanti.
Pur riconoscendo il legittimo interesse ad utilizzare al massimo rendimento gli impianti natatori, è necessario porre i limiti perché gli organi di vigilanza possano verificare e perseguire gli eventuali abusi di professione sanitaria. Quindi la promiscuità, ovvero contemporaneità dell’attività di nuoto e quella terapeutica, va senz’altro impedita.
14 L’Accordo prevede l’inclusione nella classificazione delle piscine condominiali; conseguentemente esclude tutte le piscine appartenenti ad edifici residenziali la cui proprietà non sia in condominio. La conseguenza è che l’edificio, anche se costituito da numerosi alloggi, che sia di proprietà di un unico soggetto, non potendo essere considerato “condominio” ai sensi del CC, dovrebbe essere escluso dalla classificazione. A sanatoria di questa che è certamente un’incongruenza non sufficientemente chiarita in sede di accordo si pone rimedio con le assimilazioni proposte nelle definizioni. Per quanto riguarda le singole abitazioni non può esserci alcun dubbio sul fatto che non siano, a maggior ragione, ricomprese nella classificazione. La suddivisione in gruppi consente inoltre di applicare normativa differenziata come è nello spirito dell’Accordo ai punti 3.1 e 3.2.
15 Il Responsabile della piscina è la figura che, avendone le capacità, viene incaricata della gestione in tutti i suoi aspetti funzionali ed organizzativi e che se ne assume la relativa responsabilità.
Esso può in taluni casi coincidere con il “titolare” dell’azienda o società, ma resta comunque un soggetto giuridicamente distinto. Anche nel caso in cui il responsabile della piscina fosse lo stesso “titolare” andrà prevista da parte di questi l’esplicita assunzione dell’incarico di responsabile della piscina. A maggior chiarimento va ricordato che la licenza di PS o l’autorizzazione ai sensi del X.X.XX.XX., quando necessarie, sono sempre intestato alla ditta o società che diventa in tal modo Titolare del diritto all’esercizio dell’attività; in nessun caso le autorizzazioni sono rilasciate alla figura del Responsabile incaricato: a quest’ultimo caso, mai si chiede, come pre-requisito, una dichiarazione di accettazione dell’incarico e l’autocertificazione dei titoli professionali, quando richiesti.
16 Questa precisazione, forse ridondante in quanto non necessaria per la definizione dei compiti, permetterebbe però di sanzionare direttamente in caso di pulizie carenti, senza dover passare attraverso una procedura di verifica dell’autocontrollo.
17 Nel condominio l’amministratore è già la figura nominata dall’assemblea come responsabile della gestione delle parti comuni; la piscina è un impianto comune, a servizio dei condomini, così come l’ascensore, la caldaia o l’autoclave.
Nel caso in cui l’amministratore non sia nominato, proprio perché nel condominio la piscina non è che uno degli impianti comuni, la responsabilità deve rientrare nelle regole del Codice Civile, che la normativa regionale non può autonomamente cambiare.
18 Le considerazioni sono del tutto analoghe per le piscine della categoria C. Infatti il responsabile della struttura principale, autorizzata ai sensi del X.X.XX.XX. è il Direttore Sanitario, al quale tra l’altro viene chiesto una esplicita dichiarazione di assunzione di responsabilità. Se è vero che la piscina, in quelle strutture, è un mezzo terapeutico o riabilitativo (uno dei tanti) è anche vero che il responsabile non può che essere il direttore sanitario.
19 L’espressione “garantisce il corretto funzionamento…” qui usata deve essere interpretata come una declatoria dei compiti assegnati a questa figura; l’espressione non va interpretata come spostamento della responsabilità del rispetto dei parametri dalla figura del Responsabile della piscina all’addetto agli impianti, in quanto quest’ultimo non avrebbe l’autonomia tecnico organizzativa ed economico-finanziaria che ne sono i presupposti. La stessa considerazione vale nel caso di affidamento a ditta esterna. Il contratto dovrà precisare i termini dell’incarico, ma in nessun caso potrà esonerare il Responsabile della piscina dalla sua responsabilità.
20 Tra le novità più rilevanti introdotte l’Accordo vi è certamente quella dell’autocontrollo come strumento principale da porre in essere a tutela della salute degli utenti. Si tratta di una inversione di prospettiva di 180 gradi. Si abbandona infatti dalla visione “paternalistica” della Legge che dettava minuziosamente quali dovevano essere i controlli e i tempi degli stessi, inducendo i gestori alla convinzione che il mero rispetto di tali prescrizioni fosse sufficiente a scaricarli di ogni ulteriore responsabilità [impostazione anche abbiamo ritrovato anche nell’ultima bozza dell’atto di intesa abortito], per passare ad una più consapevole responsabilizzazione dei gestore. A questo la legge assegna gli obiettivi di salute da garantire, lasciandolo però libero di organizzare il proprio sistema di controllo, richiedendogli nello stesso tempo l’adozione di una metodologia scientifica che conferisca al sistema adottato una effettiva credibilità rispetto all’obiettivo da raggiungere.
Si tratta di una modalità che si rifà alla metodologia di indagine HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point); questo è il senso della citazione del D.Lgs 26/05/1997 n.155 come riferimento di esempio normativo.
Pur essendo da anni adottato in campo alimentare, l’autocontrollo non è ancora universalmente riconosciuto come il nuovo corso dei rapporti tra attività privata e controllo pubblico e richiede una vera “riconversione culturale”.
21 L’autocontrollo deve muoversi su due direttrici: la qualità dell’acqua per la tutela igienico sanitaria e gli altri rischi ambientali per la sicurezza rispetto alla possibilità di incidenti o altri eventi dannosi per l’utente.
22 L’autocontrollo deve muoversi su due direttrici: la qualità dell’acqua per la tutela igienico sanitaria e gli altri rischi ambientali per la sicurezza rispetto alla possibilità di incidenti o altri eventi dannosi per l’utente.
23 Si è convenuto sul fatto che la legge deve raccogliere i principi dell’autocontrollo stabiliti dall’Accordo, mentre tutto il dettaglio procedurale può essere meglio affidato ai regolamenti.
24 La “riconversione culturale”, di cui si è accennato nella nota riguardante i controlli interni, diventa un passaggio cruciale e imprescindibile per l’attività di vigilanza e controllo pubblico.
Sono da ripensare e ridefinire molti degli elementi che [forse equivocando] costituivano i capisaldi dall’azione di controllo esterno.
Ad esempio per decenni si è enfatizzato il significato del dato analitico, valutandolo spesso di per se stesso, avulso dal contesto al quale si riferiva. Non di rado è stato scaricato il gestore della propria responsabilità, lasciando implicitamente e forse involontariamente credere che i veri e unici controlli necessari fossero quelli dell’Azienda sanitaria.
E’ evidente che così, se mai è stato, ora non può più essere.
I controlli esterni, di cui il campione per l’analisi è solo uno degli strumenti ed è posto a valle di una serie di verifiche, assumono un nuovo significato: essi devono verificare l’efficacia dell’autocontrollo e non sostituirlo. A questo scopo l’Ulss che dovrà fare i controlli esterni ha già una conoscenza sufficientemente completa dell’impianto fornita dalla comunicazione –denuncia)
In questa ottica bisogna compiere lo sforzo di sfrondare le normative che si vanno a disegnare da quegli adempimenti formali (ad esempio vidimazione di registri) che non aggiungono il benché minimo valore alle procedure di autocontrollo.
Particolare rilievo va dato alla certezza dei controlli e alla credibilità delle sanzioni, pena il fallimento di tutto il sistema.
25 La definizione di questo paragrafo pone le basi perché i campioni vengano effettuati con tutti i crismi previsti per questo tipo di atti a forte impatto giuridico. Viene subito da osservare che questo esclude la possibilità, per gli organi di vigilanza, di prelevare campioni a scopo di indagine conoscitiva a sfondo di ricerca o epidemiologico. Non si può che confermare esplicitamente tale impostazione, in quanto la finalità dell’azione di vigilanza è quella di verificare la correttezza del comportamento del gestore, non tanto verso una teoria scientifica piuttosto che un’altra, bensì rispetto alla tutela della salute degli utenti.
Ammettere per legge la possibilità di campioni “esplorativi” significherebbe ammettere la possibilità di azioni di vigilanza prive degli elementi giuridici che ne costituiscono i presupposti e che rendono efficace l’azione stessa.
In altre parole dal punto di vista giuridico non esistono campioni “fiscali” e campioni “conoscitivi”, ma solo campioni “regolari” e campioni irregolari.
Ciò è ancora più vero con l’introduzione del metodo dell’autocontrollo, in base al quale spetta al gestore e non agli organi di vigilanza compiere tutte le attività necessarie a conoscere e valutare i problemi, individuare le soluzioni e verificarne l’efficacia. Questi sì sono i veri campioni conoscitivi.
Ancora una considerazione: supponendo di effettuare dei campioni e relative analisi conoscitive che dessero degli esiti irregolari, magari con risvolti penali, il campione sarebbe la dimostrazione di un illecito e non potrebbe essere utilizzato perché non regolare. Questo sarebbe un buon per un’azione disciplinare, ma sarebbe un assurdo giuridico se venisse proposto o anche solo ammesso dalla legge.
26 Il punto ripropone tal quale la disposizione dell’art.223 del Decreto Legislativo 28 luglio 1989 n.271 “Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale”. Esistono sentenze della Corte Costituzionale che ne ribadiscono la validità e dichiarano incostituzionali le norme che non lo prevedono (es. sentenza 139 del 1/4/1993 su art.12 del DPR 236/88 – acque destinate al consumo umano).
Potrebbe essere obiettato che la norma regionale è prettamente amministrativa e che pertanto la disposizione dell’art.223 citato non si applica.
Va perciò precisato che il campione per analisi, è sempre un atto amministrativo, che può eventualmente dimostrare un illecito penale. Se ci si trovasse già in presenza di un reato, cadrebbe il presupposto stesso del campione per analisi e si entrerebbe nelle procedure del processo, dove le prove si formano con altre modalità, ancor più garantiste.
Si deve quindi concludere che la norma prevista dall’art. 223 del D.Lgs 271/89 riveste carattere generale e riguarda la generalità dei campioni per le analisi di laboratorio. La garanzia di difesa va sempre applicata, tanto in ambito amministrativo, quanto in ambito penale.
Si consideri la possibilità che l’analisi di un campione, ancorché eseguito per fini amministrativi, metta imprevedibilmente in evidenza elementi che trascendendo l’ambito amministrativo dimostrino la commissione di un illecito penale: in questa ipotesi solo il campione eseguito correttamente potrebbe diventare fonte di prova (anche a discolpa) e potrebbe entrare nel processo penale.
Infine, la legge 24 novembre 1981 n.689, all’art.24 “Connessione obiettiva con un reato” prevede che quando l’esistenza di un reato dipende dall’accertamento di una violazione amministrativa, il giudice penale è competente anche per decidere su quest’ultima. A dimostrazione che nessun atto di accertamento amministrativo può essere considerato a priori svincolato dalle regole della legge penale.
27 Il capitolo delle sanzioni costituisce un aspetto delicato di tutta la normativa e deve essere attagliato all’importanza delle norme definite e dell’interesse pubblico da tutelare, nonché all’efficacia che si ritiene ciascuna sanzione possa avere nello scoraggiare comportamenti illeciti.
Si dovrà quindi procedere prima alla precisa definizione delle norme, verificandone i punti di forza e quelli di debolezza, le incongruenze e le contraddizioni.
28 Questi provvedimenti non hanno le caratteristiche giuridiche delle sanzioni, infatti non hanno scopo afflittivo, ma di prevenzione.
29 Si tratta di una possibilità già prevista dall’art.8 D.Lgs 30/12/1999 n.507 limitatamente alla materia degli alimenti e che pertanto per le piscine dovrebbe essere specificatamente introdotta dalla nuova disciplina regionale.
D’altra parte questa possibilità sembra configurarsi come logica conseguenza dell’introduzione dell’autocontrollo e quindi come bilanciamento delle forze in gioco tra privato imprenditore e pubblico controllore.
Quanto all’individuazione degli organi di vigilanza competenti, la ricognizione di innumerevoli norme che con tale espressione si riferiscono al personale di vigilanza e ispezione, unitamente alla recente sentenza TAR Abruzzo – L’Aquila n.12 del 27 gennaio 2004, non lasciano molti dubbi sul fatto che questi provvedimenti vanno adottati direttamente dal personale di vigilanza.
È il caso di sottolineare ancora una volta che questi provvedimenti non hanno carattere sanzionatorio, ma di prevenzione e sono basati non su valutazioni discrezionali di competenza dell’Autorità, ma piuttosto su rilevamenti tecnici di competenza del professionista sanitario (medico, tecnico della prevenzione).
30 Le piscine pubbliche di Categoria A, gruppo a1) sono già soggette a licenza di Pubblica Sicurezza (art.86 del X.X.XX.XX.XX.) in quanto “stabilimenti di bagni”, così definiti dal Decreto Presidente Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
Tale licenza ha evidenti la finalità di ordine pubblico.
Quando la struttura preveda l’accesso di pubblico si pone il problema dell’agibilità (commissione pubblici spettacoli o dichiarazione di professionista) secondo la specifica normativa.
Per quanto riguarda gli aspetti sanitari in un primo momento sembrava doverci orientare verso l’istituzione di una specifica autorizzazione sanitaria, in quanto sembrava la metodologia più rassicurante.
Successivamente, come accennato in premessa, si è preso atto che le normative nazionali e regionali sono orientate in modo deciso verso la semplificazione amministrativa i cui perni sono da una parte
l’assunzione di responsabilità del privato che intraprende l’attività e dall’altra la “riconversione” delle finalità e metodologie dell’azione di vigilanza e controllo.
In particolare va tenuto presente il disposto dell’art.19 della legge 7 agosto 1990 n. 241 che testualmente recita:
Art. 19 (Denuncia di inizio attività)
1. In tutti i casi in cui l’esercizio di un’attività privata sia subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla-osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato, ad esclusione delle concessioni edilizie e delle autorizzazioni rilasciate ai sensi delle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497, e del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l’esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi, l’atto di consenso si intende sostituito da una denuncia di inizio di attività da parte dell’interessato alla pubblica amministrazione competente, attestante l’esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge, eventualmente accompagnata dall’autocertificazione dell’esperimento di prove a ciò destinate, ove previste. In tali casi, spetta all’amministrazione competente, entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia, verificare d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all’interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell’attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall’amministrazione stessa.
Si può ben ritenere che una dichiarazione del titolare, corredata di documentazione sufficientemente descrittiva della situazione, sia del tutto sufficiente alla pubblica amministrazione per esercitare l’azione di vigilanza e controllo a tutela della salute degli utenti. Un atto formale di autorizzazione non sembra costituire una grossa garanzia aggiuntiva.
Piuttosto dovrà essere posta particolare cura nel modulare correttamente le sanzioni e gli altri provvedimenti accessori per rendere effettiva ed efficace l’attività di vigilanza e controllo da parte dell’Azienda ULSS.
31 Le piscine ad uso privato riunite nella Categoria B, anche per effetto delle assimilazioni proposte, rappresentano un interesse “pubblico” da tutelare di importanza certamente secondaria rispetto a quelle destinate ad una utenza pubblica. Che il legislatore si ponga l’obbiettivo di farle emergere e prescrivere degli adempimenti a tutela degli utilizzatori (terzi rispetto all’insieme del condominio) è una scelta prudente e condivisibile da molti punti di vista. Va però considerato che, per la loro collocazione in ambito privato, sarebbe una forzatura richiedere a queste entità gli stessi obblighi delle piscine di Categoria A. Di qui la scelta di optare per una comunicazione dai toni più blandi, che però presuppone un’assunzione di responsabilità del condomìnio nei confronti di ciascun condòmino e nel contempo assicura agli organi di vigilanza la possibilità di svolgere la propria azione a tutela della salute dei cittadini.
32 La definizione del numero di frequentatori e il numero di bagnanti di una piscina riveste, dal punto di vista che interessa alla presente normativa, una duplice importanza. Infatti, da un lato bisogna assicurare che il carico inquinante determinato dall’attività dei nuotatori sia proporzionato alla massa d’acqua contenuta in vasca, in modo che, alle condizioni di effettivo esercizio, non si abbiano a determinare condizioni di sovraccarico igienico; dall’altro bisogna assicurare che il numero di persone potenzialmente presenti in acqua sia tale che l’attività dei nuotatori possa avvenire senza pericolo di incidenti e senza difficoltà per i sorveglianti.
Per quanto riguarda eventuali limiti diversi stabiliti ai fini della Pubblica Sicurezza si ritiene non sussista alcuna incompatibilità dal momento che spetta al Responsabile della gestione attenersi al numero più restrittivo.
33 I limiti indicati sono stimati dal gruppo come congrui, essi trovano corrispondenza nelle norme DIN.
34 Lo scopo di questo paragrafo è quello di far rilevare come in un albergo o un camping o un condominio ecc. il numero di frequentatori ammissibili non potrà in alcun caso superare il numero massimo di ospiti. Infatti solo questi hanno titolo d’uso; in caso contrario ci si troverebbe di fronte ad una forma di abusivismo rispetto ad un uso riferibile al gruppo a1).
35 Prevedere l’adozione di normative tecniche distinte per ogni categoria e gruppo va nella direzione di una maggior chiarezza di impostazione e consente di evidenziare come per ciascuna categoria e gruppo (e forse anche sottogruppo) debba essere fatto lo sforzo di stabilire delle regole specifiche, evitando di formulare regole di compromesso che nella pratica non si adattano ad alcuna realtà.
36 I requisiti igienico ambientali, per il loro forte impatto sulla salute degli utenti, si configurano come “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” - art 117 della Costituzione - pertanto parametri che rientrano nell’ambito della competenza legislativa esclusiva statale. Il Ministero della Salute, aderendo alla pressante richiesta del coordinamento interregionale ha rinunciato ad adottare provvedimenti autonomi, accettando in virtù del principio di leale collaborazione tra istituzioni che i parametri tecnici venissero inseriti come allegato dell’accordo. L’Allegato 1 dell’Accordo a questo punto diventa tal quale il documento di riferimento.
Per queste considerazioni si ritiene che la normativa regionale debba limitarsi a farne esplicito riferimento evitando una nuova definizione autonoma, anche se coincidente.
37 È opportuno che anche rispetto alla definizione dei requisiti strutturali la legge definisca in modo chiaro gli obiettivi di igiene e sicurezza degli utenti, ponendoli allo stesso tempo quali vincoli per la definizione delle disposizioni tecniche. L’igiene e la sicurezza dei nuotatori in area vasche e in area servizi, ha tuttavia differenti esigenze che dipendono rispettivamente dalle modalità di svolgimento del nuoto e dalle modalità organizzative in cui si articolano i turni di accesso. È pertanto prudente che la legge apra la possibilità di individuare numeri e parametri diversi per le diverse aree e modalità.
38 Ai tre tipi di acqua di alimentazione previsti corrispondono altrettante diverse situazioni sia sul piano giuridico, come sul piano tecnico e su quello igienico-sanitario; la mutua esclusività della presenza delle relative vasche nella stessa sezione mira a separare le tre situazioni a tutela dell’utente.
39 Lo scopo del limite suggerito sarebbe di evitare che si instaurino situazioni abnormi di sproporzione tra la finalità natatoria della struttura piscina e quella delle altre aree accessorie, con la possibile conseguenza che la gestione ed il controllo delle attività possano risultare difficoltose.