COLLEGIO DI ROMA
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) MASSERA Presidente
(RM) SIRENA Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) SCIUTO Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) GRANATA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) COLOMBO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - XXXXXXX XXXXXXX
Nella seduta del 23/02/2017 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con ricorso del 22 luglio 2016, l’istante – di professione medico – ha sollevato numerose questioni relative ad un contratto di leasing di durata quinquennale, stipulato con l’intermediario resistente nel 2011, ed avente per oggetto un’apparecchiatura diagnostica utilizzata nell’ambito della sua attività professionale.
In particolare, riferisce l’istante che, in data 2 agosto 2011, stipulava con l’intermediario resistente un contratto di leasing quinquennale, per un importo finanziato di € 38.600,00. Tale contratto – prosegue la parte ricorrente – in data 26 maggio 2016 veniva sottoposto a perizia da parte di un’associazione di tutela dei consumatori, che lo qualificava come leasing finanziario (anziché “operativo”) ed evidenziava la violazione della normativa di trasparenza, in ragione di alcune carenze contenutistiche e formali, nonché della normativa anti-usura, e segnatamente:
- la mancata allegazione del documento di sintesi e del piano di ammortamento finanziario;
- la mancata indicazione dell’ISC, calcolato secondo il metodo TAEG;
- la previsione di una commissione di estinzione anticipata di ammontare non precisato;
- la mancata indicazione del tasso degli interessi convenzionali;
- l’avvenuta applicazione di tassi usurari.
Ciò premesso in fatto, la ricorrente ha dedotto in diritto l’integrale nullità del contratto, ai sensi degli artt. 000 xxx x 000, xx. 0, XXX (xx relazione all’art. 1418 c.c.), in ragione delle sopradette mancate indicazioni/allegazioni, nonché la nullità parziale dello stesso, con riguardo alle clausole regolanti l’obbligo di pagamento degli interessi, adducendo: i) la violazione della disciplina anti-usura ex l.108/96 ed ex art. 1815 c.c.; ii) la violazione del divieto di abuso di dipendenza economica, ai sensi dell’art. 9, co. 3, l. 192/98; iii) nonché, più in generale, la violazione degli artt. 1325, 1346, 1418 e 1419 c.c.
Sulla scorta di tali argomenti, dunque, l’istante ha concluso per la condanna della resistente al rimborso delle competenze illegittimamente addebitate a titolo di interessi e quantificate in complessivi € 9.581,60, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sino al soddisfo, nonché per la condanna dell’intermediario ai sensi dell’art. 2043 c.c. al risarcimento del danno da liquidarsi in via equitativa e, in ogni caso, in misura non inferiore all’importo della somma oggetto di retrocessione.
Nelle proprie controdeduzioni, in via preliminare la resistente ha dedotto l’inammissibilità del ricorso, sia per la mancata corrispondenza fra questo ed il reclamo (giacché quest’ultimo “non conteneva alcuna quantificazione delle somme richieste, né alcuna specifica descrizione delle supposte censure inerenti il contratto di leasing”), sia per la carenza di petitum e di causa petendi (giacché l’istante non avrebbe esposto “né le ragioni in fatto e in diritto a supporto del ricorso, né formula precise domande”).
Ciò posto, nel merito l’intermediario ha rilevato come il contratto per cui è controversia non sarebbe stato un contratto di leasing finanziario, bensì “operativo”, posto che, alla scadenza del periodo di utilizzo, non era previsto in capo all’utilizzatore il diritto di esercitare l’opzione per il riscatto (ciò che varrebbe ad escludere la riconducibilità del concreto contratto allo schema negoziale del leasing finanziario).
In conseguenza di ciò, prosegue la resistente, né vi sarebbe stata la necessità di prevedere alcun tasso d’interesse corrispettivo e di determinare l’entità della commissione per l’estinzione anticipata, né – ancora – avrebbe dovuto trovare applicazione la normativa sulla trasparenza, per cui non era richiesta l’indicazione dell’ISC/TAEG e del TAN (peraltro prescritta solo per i “contratti dei consumatori” e non prevista per i contratti di leasing), né
– infine – potrebbe trovare applicazione la normativa anti-usura.
Rilevato, inoltre, che l’istante non avrebbe dato atto di come il tasso corrispettivo indicato nel ricorso sia stato calcolato, e che – con riferimento agli interessi di mora – non sarebbe stata fornita la prova dell’effettiva applicazione, e che gli stessi – oltre a non rilevare ai fini del superamento del tasso soglia – erano stati concordati in misura pari a quanto previsto dall’art. 5 , d.lgs. 231/02 (e dunque, ipso facto, in misura legale), l’intermediario ha concluso per il rigetto della domanda.
Alle controdeduzioni dell’istante ha replicato il ricorrente, resistendo alle eccezioni preliminari sollevate dall’intermediario e argomentando circa l’effettiva riconducibilità del contratto (a prescindere dal nomem iuris utilizzato) allo schema del leasing finanziario (posto nel rapporto trilatero tra utilizzatore-fornitore-finanziatore, il riscatto del bene era comunque previsto, ancorché da parte del fornitore).
Ha inoltre richiesto l’istante per il rimborso delle spese sostenute per la perizia, pari ad € 750,00.
A tali repliche, infine, ha ulteriormente controdedotto la resistente, deducendo, tra l’altro, l’irrilevanza, ai fini della qualificazione del contratto di leasing, della facoltà di riscatto offerta al fornitore, terzo rispetto al contratto stipulato fra il ricorrente e l’intermediario.
DIRITTO
Il ricorso non appare fondato e dunque non può essere accolto.
In via preliminare, debbono essere rigettate le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla parte resistente, risultando sufficientemente chiari sia il petitum che la causa petendi, e rinvenendosi in definitiva, già nel reclamo, le medesime contestazioni poi sollevate nel ricorso (ad eccezione della richiesta di rimborso della perizia, contenuta per la prima volta nelle repliche alle controdeduzioni della banca).
Ciò premesso, osserva il Collegio come, ai fini della decisione, sia prioritario l’inquadramento del contratto per cui è controversia nello schema del leasing finanziario oppure di quello operativo, posto che dalla riconduzione all’uno o all’altro schema negoziale discende l’applicabilità, o meno, della normativa richiamata da parte ricorrente. Ed invero – quanto alla disciplina in materia di trasparenza – premesso che, a norma degli artt. 10 e 106 T.U.B., gli intermediari possono svolgere attività bancaria/finanziaria ed attività ad essa “connessa” o “strumentale”, e che l’art. 1, sez. III, delle Disposizioni di Vigilanza (circ. n. 288, del 3 aprile 2015 della Banca d’Italia) chiarisce che il leasing operativo costituisce attività “connessa”, ne deriva che, stabilendo l’art. 1.1, sez. I, delle Disposizioni sulla Trasparenza (circ. del 29 luglio 2009 della Banca d’Italia) che le disposizioni in materia di trasparenza si applicano alle attività “aventi natura bancaria e finanziaria offerti dagli intermediari”, parrebbe doversi escludere, a contrariis, che esse si applichino alle attività “connesse” o “strumentali”, in linea peraltro con la dottrina più accreditata in subiecta materia.
Quanto, invece, all’applicabilità della normativa anti-usura, le “Istruzioni per la rilevazione
dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura” della Banca d’Italia dispongono espressamente, alla lett. B1, che “non rientrano nella rilevazione le operazioni di leasing operativo caratterizzate dall’assenza dell’opzione finale di acquisto”.
Alla luce di quanto precede, dunque, laddove il contratto per cui è controversia risultasse effettivamente un leasing “operativo”, qualsiasi valutazione circa la fondatezza, nel merito, delle contestazioni sollevate dall’istante, rimarrebbe assorbita dall’inapplicabilità al caso di specie delle disposizioni di legge invocate.
Ebbene, ad avviso del Collegio, lo schema negoziale in concreto adottato dalle parti va senz’altro ricondotto proprio a quello del leasing operativo.
Con riguardo alla distinzione fra leasing finanziario e operativo, infatti, questo Arbitro ha già avuto modo di osservare che, «a differenza che in un leasing finanziario, dove all’utilizzatore viene per definizione accordato il diritto di rendersi acquirente del bene a fine contratto, nel leasing operativo, di norma, tale facoltà non è prevista sicché, salvo diverso e specifico accordo, il cliente è tenuto a restituire il bene all’intermediario. Naturalmente, […] l’intermediario neutralizza tale rischio pattuendo, nel diverso contratto col fornitore, l’obbligo in capo a quest’ultimo di riacquistare il bene alla scadenza: obbligo che l’intermediario naturalmente attiverà solo nel caso in cui non raggiunga nel frattempo un diverso accordo con il cliente al fine di trasferire a quest’ultimo la proprietà del bene stesso» (cfr. Coll. di Milano, dec. n. 8507/2015).
Del resto, le Disposizioni di Vigilanza della Banca d’Italia (circ. n. 288 del 3 aprile 2015), nel definire lo schema negoziale del leasing operativo, fanno espresso riferimento – ed anzi condizionano l’esercizio dell’attività in questione da parte degli intermediari – alla previsione all’interno del contratto di leasing di un “obbligo di riacquisto del bene da parte del fornitore”, allo scopo di trasferire in capo ad altri soggetti ogni rischio e responsabilità concernenti il bene locato.
In ossequio, dunque, ai principi di diritto sopra riportati, tenuto conto della mancata previsione della facoltà di riscatto nel contratto di leasing, nonché addirittura della previsione (incompatibile con l’esercizio del riscatto da parte dell’utilizzatore) dell’obbligo di riacquisto da parte del fornitore, il contratto dedotto in giudizio pare, in conclusione,
doversi senza dubbio considerare quale leasing operativo (coerentemente, peraltro, con la qualificazione impressa dalle parti in sede di stipula).
Non potendo trovare applicazione, pertanto, le disposizioni di legge invocate dall’istante, il ricorso deve essere rigettato.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio respinge il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1