Accordo di Programma Quadro (APQ)
Comune di Rende
Regione Calabria
per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria Dipartimento 12 -Turismo e Beni Culturali-
Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici
Accordo di Programma Quadro (APQ)
"Beni e attività culturali per il territorio della Regione Calabria"
RENDE (CS): Castello Normanno Svevo
Restauro conservativo e interventi di adeguamento e di rifunzionalizzazione per destinazione culturale di parte del complesso monumentale
Codice APQ | SC.20 | Finanziamento | APQ Beni e attività culturali della Calabria 2° Atto integrativo |
PROGETTO DEFINITIVO |
2
XXXXXXXXX X.
SCALA:
TITOLO ELABORATO : |
Relazione storica |
REDAZIONE | VISTI E PARERI | FIRMA E SIGLE | |
Ufficio di progettazione interno | Perizia di spesa N. del Approvata con Decreto N. del | I PROGETTISTI | |
Responsabile del procedimento | arch. Xxxxxxxxx XXXXXXXXXXX | ||
Progettazione | arch. Xxxxxxx XXXXXXX rest. Xxxxxxxxx XXX XXXX | ||
Coordinatore della sicurezza in fase di progettazione | dott. Xxxxxxxx XXXXXXX | ||
Consulenze e collaborazioni esterne | |||
xxx. Xxxxxx Xxxxxxx XXXXXXXX | |||
Consulenza tecnica | arch. Xxxxxxxx XXXXXXXXXX arch. Xxxxxx XXXXXXX | IL DIRETTORE REGIONALE Xxxxxxxxx XXXXXXXXXXX |
IL CASTELLO DI RENDE (CS)
CENNI STORICI
Il castello di Rende , in provincia di Cosenza e da tale città non lontano , sarebbe stato edificato secondo una tradizione non confermata dalle fonti o suffragata da specifici documenti sul luogo ove era presente una struttura d’epoca romana o addirittura l’arx di un abitato di un popolo italiota . Il maniero sembrerebbe essere invece il frutto di un intervento promosso da Xxxxxxx x’Xxxxxxxxx detto il Guiscardo e realizzato dal figlio Xxxxxxxx nell’ultimo decennio dell’XI secolo (1095 ?) in conseguenza di una ribellione (1091) delle genti del territorio cosentino repressa nel sangue da Boemondo . Il castello , citano le fonti , eretto nel punto più alto e quindi difendibile dell’abitato del tempo , invero assai modesto , sarebbe stato privo di un fossato difensivo ma con l’accesso al suo interno reso possibile dall’uso di un ponte levatoio . Con buona probabilità il castello fu costruito invece su una motta in parte naturale ed in parte artificiale , come spesso accadeva per tale tipo di strutture quando erette dai Normanni . Questa specificità potrebbe infatti fornire giustificazione alla presenza del terrapieno , palesemente artificiale , prossimo alla settecentesca chiesa del Rosario . La struttura stessa dell’apprestamento difensivo con quattro torri angolari di forma quadrata ed il mastio centrale , alto e possente , destinato ad abitazione del signore residente o del suo rappresentante avrebbe costituito in effetti la migliore sua difesa dalle incursioni degli assalitori o nemici in uno con la sua posizione morfologicamente assai favorevole in ragione delle forti acclività su tutti i lati . Un castello dunque che veniva eretto come elemento di una continua e munita linea difensiva del territorio della valle del Crati , da poco tempo conquistato e assoggettato dai Normanni ( a far data dal 1045 in poi ) . D’altronde solo successivamente alla vittoriosa battaglia di Civitate nel 1052 ed alla formale investitura del 1059 di Xxxxxxx x’Xxxxxxxxx da parte di xxxx Xxxxxx XX del ducato delle Puglie e Calabria Rende insieme a molti altri centri della zona fu
definitivamente assoggettata alla loro autorità . La torre centrale era anche l’estremo baluardo difensivo (estremo ridotto) ed in tale funzione aveva di regola una sola porta d’accesso abbertescata ed era connessa con locali sotterranei da cui probabilmente poteva accedersi ad una via di fuga , in caso di necessità , per il signore . Nei locali sotterranei , oltre ai magazzini e alle cucine ed ad altri servizi per la servitù ed alloggi per la guarnigione dei soldati , avevano sede le prigioni il cui uso è stato documentato quantomeno fino al XIX secolo . Il castello , come altri eretti nella stessa epoca , aveva murature particolarmente robuste e di cospicuo spessore e poche e piccole erano le finestre propriamente dette . Numerose erano invece le feritoie per l’uso delle armi da tiro , le mura perimetrali erano coronate da merli e nel camminamento di ronda sporgente erano presenti i piombatoi o caditoie per la caduta dei gravi o di liquidi caldi o infiammabili . Certamente la struttura era ideata e realizzata per riuscire a contenere nel modo più efficace gli assalti dei nemici e quindi molte delle caratteristiche dimensionali e costruttive del maniero derivavano da tale necessità . All’interno dell’edificio poi trovavano posto per certo alcune macchine per la difesa quali i mangana e gli ingenia con cui si scagliavano sassi ed altri proiettili contro gli avversari così come baliste e balestre servivano al lancio di dardi e frecce contribuendo alla difesa della postazione . Queste macchine da difesa erano posizionate non solo all’interno del castello sulle coperture piane dello stesso ma anche e soprattutto sui terrapieni e sulle piazzole murate che contribuivano , quasi si trattasse di un campo trincerato , vuoi con la loro stessa presenza vuoi con le milizie colà dislocate ( arcieri e balestrieri per lo più ) alla difesa esterna del castello . L’infeudamento del territorio rendese fu concesso alla famiglia Xxxxxxxxxxx che già nel 1050 aveva ottenuto dal Guiscardo il titolo di principi di Bisignano ; in seguito il feudo passò a Xxxxxxxx Xxxxxxxx , amalfitano , giunto in Calabria al seguito dei Normanni . Immediatamente dopo il castello fu concesso al vescovo-conte di Cosenza che già era infeudato della contea di San Lucido comprendente i territori di San Felice (S, Fili) , di Rende e di Mendicino ; l’infeudamento era confermato nel 1093 da parte del duca Xxxxxxx all’arcivescovo Xxxxxxx . Ancora il 12 giugno 1219
Xxxxxxxx XX confermava all’arcivescovo di Cosenza il feudo rendese comprendente il castello , in
parte da riedificare . Ebbene nel 1220 però il maniero risultava appartenere con le terre di Xxxxxx a Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx , fratello di Xxxxxxx arcivescovo di Salerno , dal ché ne scaturirono liti sul possesso . Singolare appare poi il fatto che nello stemma cittadino le torri del maniero siano solo tre così come risulta dalla presenza di tale stemma sul gonfalone comunale esibito allorquando i signori di Rende scesero a Cosenza il 30 gennaio 1222 a rendere omaggio all’imperatore Xxxxxxxx XX di Svevia venuto in città per presiedere all’inaugurazione del duomo . Singolare in quanto la rappresentazione simbolica e sintetica del castello ci porta a conoscenza della circostanza del presunto crollo del mastio e di una delle torri angolari come probabile conseguenza , non di un evento bellico , ma piuttosto di un terremoto quale potrebbe essere stato appunto quello disastroso del 1184 . In tale caso il signore non avrà ritenuto , alla luce peraltro di mutate esigenze difensive e politiche , di ricostruire la grande torre centrale crollata ma solo di ripristinare la funzionalità del recinto difensivo erigendo nuovamente la mancante quarta torre . Le liti relative al possesso del feudo rendese ebbero modo di proseguire nel periodo successivo come quando Xxxxxxxx XX tolse il castello dalla giurisdizione dell’arcivescovo di Cosenza mentre nel 1247 papa Xxxxxxxxx XX ne reclamava il possesso in ragione delle donazioni a suo tempo ricevute . Cosicché nel 1254 ancora papa Xxxxxxxxx XX confermava all’arcivescovo Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx terram Rende salvo poi il 7 ottobre 1254 confermare a Xxxxxx Xxxxx la donazione del feudo di Rende fattagli da Xxxxxxxx XX e dal figlio di questi Xxxxxxx . Le alterne vicende militari del Xxxxx conclusesi con la sua totale disfatta determinarono dunque papa Xxxxxxxxx XX a rimettere terram quoque Rendae sotto la potestà del vescovo Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx con la conferma operata nel 1255 da papa Xxxxxxxxxx XX . Con la bolla Justis petentium desideriis dell’8 giugno 1268 xxxx Xxxxxxxx XX confermava la giurisdizione sul feudo e castello di Rende al vescovo-conte di Cosenza , al tempo Xxxxxxx Xxxx xx Xxxxxxx . Il re di Xxxxxxx Xxxxx X d’Angiò ( 1266-1285 ) confermava la possessione . Le vicende proprietarie relative alle terre rendesi si fecero ancora più complicate con innumerevoli passaggi di proprietà e possesso in pochi decenni in conseguenza dei rivolgimenti politici e militari che contrapposero gli
Angioni agli Aragonesi . Il re di Xxxxxxx Xxxxxxx x’Xxxxx ( 1309 - 1343) nel 1332 propose
all’arcivescovo xxxxxxxxx uno scambio tra le terre di San Lucido e di Rende con altre che ebbe luogo dato che il feudo rendese era peraltro nella materiale disponibilità della famiglia Squilla , già conti di Xxxxx e baroni di S. Fili e Tarsia , rimanendoci almeno sino al 1340 . Nel 1353 e poi con formale conferma nel 1357 il castello veniva restituito al vescovo di Cosenza dalla regina del regno di Sicilia e di Xxxxxx Xxxxxxxx X ( 1343 – 1381 ) , figlia di Xxxxx duca di Calabria e dunque nipote di Xxxxxxx x’Xxxxx . Negli ultimi anni del XIV secolo ancora a seguito di tumultuosi eventi e dell’occupazione arbitraria operata dal conte di Xxxxxxxx Xxxxx II Xxxxx il re xxxxxxxx Xxxxxxxx xx Xxxxxx ( 1386 – 1414 ) , su esplicito invito del xxxx Xxxxxxxxx XX ( 1389 – 1404 ) ordinò che il castello ed il territorio rendese rimanessero provvisoriamente sotto il dominio della Regia Curia , con amministrazione di Xxxxxx Xxxxxxxxxxxx , in attesa della restituzione al legittimo ecclesiastico proprietario . Convulsi eventi riguardarono ancora per alcuni decenni il destino di questa parte della Calabria , la valle del Crati , con la contrapposizione tra le dinastie angioine e aragonesi ed i loro partigiani .Ad esempio nel 1422 il castello fu preso ed occupato dalle truppe angioine di Xxxxxxxxx Xxxxxx , futuro Duca di Milano , che , narra la tradizione , avrebbe costì avuta la falsa notizia della morte del padre avvenuta in battagli contro Xxxxxxx d’Xxxxxxx . La storia ebbe una prima conclusione con la sostituzione negli anni ’40 del secolo XV del dominio aragonese a quello angioino ad opera di Xxxxxxx Xxxxxxxxx inviato dal re aragonese di Xxxxxx Xxxxxxx xx Xxxxxxxxx ( 1442 – 1458 ) in Calabria a tale scopo. In questa occasione il castello fu affidato al lombardo capitano di xxxxxxx Xxxxxxxx xxxxx Xxxx che nella rivolta promossa dai feudatari contro il re parteggiò apertamente per il Centelles , che aveva mutato partito aspirando alla costituzione di un suo stato autonomo , fino al momento in cui Xxxxxxx non affidò al suo fidato consigliere Xxxxxxx Xxxxxx il castello dopo la pacifica resa del lombardo . Documenti d’archivio confermano come nel 1451 la famiglia Xxxxxx, presumibilmente infeudata nel 1445 , fosse ancora titolare della contea di Rende . Alla morte di Xxxxxxx d’Xxxxxxx ( 1458 ) salì sul trono il figlio naturale Xxxxxxxxxx X , re di Napoli dal 1458 al 1494 , che avviò nuovamente la lotta contro i feudatari calabresi di cui
avvertiva e pativa la sostanziale inimicizia . Tra i molti fatti anche d’armi del tempo il re rivolse la
propria attenzione xx Xxxxxxxxx , grande feudatario , che era ritenuto il principale istigatore dei sentimenti antiaragonesi sì da farlo recludere nel 1459 e confinando di fatto nel castello rendese 1la moglie , la marchesa Xxxxxxxxxx figlia di Xxxxxx Xxxxx e di Xxxxxxxxxx xx Xxxxxxxx . Il re Xxxxxxxxxx X a tal punto visto che non riusciva ad avere ragione dei dissidenti feudatari decise di venire a patti con gli stessi siglando una pace proprio nel castello di Rende dove per un qualche tempo ebbe modo di dimorare . In breve la rivolta tornò a divampare finché Xxxxxxxxxx X sempre nell’anno 1460 dopo la presa e distruzione di Castiglione costrinse alla resa le popolazioni . La dissidenza contro gli Aragonesi fu completamente e definitivamente eliminata in occasione dell’eccidio dei baroni nel Castello Nuovo di Napoli da cui scamparono i signori di Rende che si erano mostrati fedeli alleati della causa aragonese . Con la morte il 23 gennaio 1494 del re Xxxxxxxxxx X ebbe pressoché termine il dominio degli Aragonesi nel meridione e quindi in Calabria .
Nel 1490 , come ricordato dall’incisione sul concio centrale dell’arco di ingresso , la famiglia Xxxxxx a conclusione di un lungo periodo caratterizzato da episodi bellici che avevano determinato guasti e manomissioni delle strutture del castello procedettero al suo restauro ed adattamento alle mutate esigenze , difensive sì ma anche e soprattutto residenziali . Nel 1494 i signori di Rende erano ancora i xxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxx come testimoniato da un documento con cui la comunità rendese chiedeva di essere sollevata da una parte almeno dei balzelli e tasse di origine feudale da cui erano gravati . Dopo gli Adorno di Genova per un breve periodo il feudo , agli inizi del ‘500 , fu nella disponibilità della famiglia Xxxxxxxxxxx nella persona di Xxxxxxx , duca di Somma , zio di Xxxxxxxxxx principe di Bisignano . La disobbedienza del Xxxxxxxxxxx alle indicazioni/disposizioni del re di Xxxxxx Xxxxx d’Austria e del viceré Xxxxxx xx Xxxxxx comportarono la perdita di numerosi feudi tra i quali appunto quello di Xxxxxxxxxxx che fu venduto alla famiglia Xxxxxxx 2. Gli Adorno , esponenti peraltro di una feudalità borghese più che
1 Nel frattempo il castello era divenuto di proprietà di Xxxxxxxx Xxxxxx , figlio di Xxxxxxx .
2 La famiglia Alarcon proveniva dalla Spagna avendo origine da Xxx Xxxxxxxx xx Xxxxxxxxx delle Asturie . Esponenti della famiglia riuscirono con imprese militari a cacciare gli Arabi dalle città di Cuenca ed Alarcon per cui il re Xxxxxx el Nuevo ritenne di compensarli con il possesso della città . Agli inizi del ‘500 Xxxxxxxx de Xxxxxxx fu Grande cavaliere
militare , erano ancora nel 1526 nella persona di Xxxxxxxxx proprietari della contea e , alla sua morte
, in quella della moglie Xxxx Xxxx sino al 1530 . Nel 1531 la Francia e la Spagna a mezzo dei loro partigiani si confrontavano sul campo per il possesso della Calabria sicché si arrivò ad un confronto armato che vide prevalere il de Xxxxxxx al comando delle truppe filospagnole . Il breve possesso della contea di Rende da parte di Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx fu legato alla durata della contesa sì che il de Xxxxxxx , come promessogli da Xxxxx X , avendo conseguito la vittoria prese possesso della parte del feudo che era ritornato nella disponibilità reale come stabilito dal provvedimento sottoscritto da Xxxxx X il 30 giugno 1532 . Nel 1532 Xxxxxxxx , la figlia di Xxxxxxxxx Xxxxxx ed Xxxx Xxxx , sposava Xxxxxxxx Xxxxxxxx de Xxxxxxx , figlio di don Xxxxx 3, portando in dote il feudo di Rende o almeno la parte a lei spettante in quanto pervenutale per eredità dopo la morte della madre . Il de Xxxxxxx fu ampiamente ricompensato per i suoi servizi e la contea di Rende fu elevata a marchesato
.Lo stemma dei Mendoza è presente , comprensivo di quello della famiglia d’Xxxxxxx , all’entrata del castello a destra apposto su una pietra .
Con il matrimonio dunque di xxx Xxxxxx Xxxxxxxx de Xxxxxxx , figlio dell’omonimo viceré delle Calabrie , con Xxxxxxxx Xxxxxx si ricostituiva il pieno dominio sulla totalità delle terre pertinenti al marchesato di Rende e la proprietà diventava per il privilegio del maggiorasco della famiglia Xxxxxxx x Xxxxxxx 4. Xxx Xxxxxxxx de Xxxxxxx , o per meglio dire Xxxxxxx x xx Xxxxxxx 0, sposò in seconde nozze Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx . Nel mese di gennaio 1552 moriva nel castello il governatore di Calabria Xxxxxxx di Mendoza colà rifugiatosi in ragione di una rivolta del popolo
dell’imperatore Xxxxx X distinguendosi su molti campi di battaglia per cui ottenne il titolo di marchese della Valle Siciliana e, venuto in Calabria , nominato governatore di Cosenza . Nel 1508 don Xxxxxxxxxx de Xxxxxxx compra per 24 mila ducati la baronia di Fiumefreddo , confiscata ai Xxxxxxxxxxx . L’arma è : tre fasce azzurre in campo d’argento .
3 La figlia di don Xxxxxxxxxx de Xxxxxxx , Xxxxxxxx , nello sposare xxx Xxxxx Xxxxxxxx de Xxxxxxx , viceré di Calabria , portò in dote la baronia di Fiumefreddo che in seguito sarà definita appunto come appartenente alla famiglia de Xxxxxxx y xx Xxxxxxx .
4 L’imperatore Xxxxx X concedeva il 24 aprile 1536 alla casa Xxxxxxx lo speciale privilegio secondo cui tutti i loro discendenti primogeniti maschi , oppure quelli che sposavano una donna dello stesso casato Xxxxxxx , dovevano premettere al cognome quello d’Xxxxxxx . In analogia ci si sarebbe dovuti comportare aggiungendo le armi della famiglia Xxxxxxx negli stemmi .
5 Arme gentilizia degli Alercon y de Mendoza così come descritta negli atti del tempo : di rosso alla croce gigliata d’oro al bordo del primo , caricato di xxxx xxxxx nel secondo . Sovrasta la corona marchesale cimata da quattro fioroni d’oro , di cui tre visibili , sostenuti da punte ed alternati da dodici perle disposte a tre a tre in quattro gruppi piramidali , due dei quali visibili .
cosentino . Dal matrimonio nacque xxx Xxxxxxxxxx che insieme alla madre il 17 gennaio 1560 affittava , per atto del notaio Xxxxxxxx Xxxxxx di Napoli e dopo aver ricevuto il regio consenso , tutto lo stato di Rende ad Xxxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxx 6. Questa dell’affitto del feudo era un metodo per approvvigionarsi da parte del proprietario di denaro fresco con cui potere vivere con il dovuto agio nella capitale del regno . Gli affittuari d’altra parte potevano procedere a far fruttare le terre nel modo migliore anche imponendo ulteriori tassazioni ai residenti . Non v’è dubbio peraltro che a far data dalla seconda metà del XVI secolo il castello , persa la sua connotazione di baluardo difensivo
, aveva progressivamente acquisito i requisiti di residenza , quindi con locali più ampi e maggiori comodità . In tal senso sempre più spesso il titolare risiedeva altrove , in città perlopiù , delegando ad altri la cura e la custodia della struttura castellare . Anche il castello di Rende era perciò affidato ad un castellano che vi aveva stabile dimora con la sua famiglia e per cui , a fronte di tutta una serie di incarichi ed incombenze 7, riceveva uno stipendio8.
Nel 1569 un terremoto di particolare intensità colpì l’area e lo stesso castello fu interessato dall’evento non potendosene però descrivere i danni patiti e , conseguentemente , le opere eseguite per il suo rafforzamento e restauro . Nel 1623 il quinto marchese di Rende Xxxxxxxxx Xxxxxxx y de Xxxxxxx da’ inizio alla costruzione del castello di San Xxxxxxx del Vallo . Ancora il 27 marzo 1638 alle ore 22 si verificò un fortissimo terremoto che determinò localmente gravi danni sia alle persone con 31 morti che alle abitazioni con 139 case crollate e molte altre danneggiate . Questi dati sono desunti da una relazione redatta da Lutio d’Orsi di Belcastro per essere sottoposta all’attenzione del viceré del Regno9 nella quale comunque non si fa particolare cenno ai danni che
6 I Belmosto tennero il feudo in affitto per venti anni . Dopo di loro altri lo ebbero .
7 Traendo dai documenti relativi al castello rendese : “…la facoltà di aprire e chiudere sia la porta maggiore che la porta delle carceri e di altre camere del detto castello “
8 Il gagium era lo stipendio pattuito e dovuto .
9 “ I terremoti delle due Calabrie fedelissimamente descriti dal Sig. Lutio d’Orsi di Belcastro come testimonio a veduta con l’aggiunta delle puntualissime e distinte relationi scritte dal Regio Sig. Consegliere Hettorre Capecelatro All’Eccellentiss. Sig. Vicere del Regno Dedicati all’Illustriss . X.XXXXX XXXXXXXXXXX DUCA DI SEIANO “ .
pur si debbono essere verificati al castello 10. Le scosse successive , quelle cosiddette di assestamento , certo contribuirono a determinare ulteriori crolli e disagi . Con ogni probabilità ad una periodo successivo al sisma vanno pertanto ricondotti non pochi dei lavori di adattamento e di rafforzamento operati nel castello . Il lavoro venne compiuto da maestri muratori rendesi con impiego di materiale lapideo integrativo proveniente dalle cave di Mendicino (CS) e tra le opere più significative vanno annoverati la costruzione di una scalinata esterna e la radicale trasformazione degli interni 11. Il 15 aprile 1638 , deceduto il titolare xxxxxxxx Xxxxxxxxx , il feudo fu ereditato dal figlio Xxxxxxx . Continuava intanto da parte della famiglia marchionale Xxxxxxx x xx Xxxxxxx x’xxxxxxxx xx xxxxx ( 0000; 1666 et alia ) sì da divenire una delle più importanti e cospicue famiglie dell’intera regione . Nel frattempo molto veniva modificandosi il quadro sociale , anche cittadino , con l’avvento di nuove famiglie quali i Xxxxxxxx che integravano la vecchia aristocrazia di un tempo ( famiglie Xxxxxxxx , Perugini, Xxxxxxxxx , ecc.) che ancora deteneva comunque la maggior parte delle risorse con particolare riferimento ai beni immobiliari . Negli anni 1647/1648 a Rende si assistette ad una sollevazione popolare guidata da Xxxxxx Xxxxxxx che comportò tra le altre cose la fuga del marchese Xxxxx Xxxxxxx y de Xxxxxxx e l’occupazione del castello da parte dei rivoltosi . In tale occasione , narrano le cronache , il castello era stato munito e intorno alla cittadella i ribelli avevano predisposto trincee e ripari per impedire l’entrata degli assalitori dell’esercito reale .
Va rammentato inoltre come all’interno del castello , in ossequio all’esercizio della giustizia , fossero presenti le carceri ( citazioni :1666 ; 1720 ; 1844 ; ecc. ) come d’altronde era sempre stato sin dalla sua costruzione e , così come recitano i documenti ancora nel 1591 , la marchesal corte conservando il feudatario nell’intero stato di Rende i diritti di giurisdizione delle prime e delle seconde cause .
10 Cronache del tempo descrivono comunque l’evento con le seguenti parole : ” …accomodare una cocina abitare detto Illustre Marchese stante la rovina successa nello castello della predetta terra e pericolo che vi è nelle cose di fabbrica e perciò si abitasse la maggior parte in capanne e casette de tavole …”.
11 Rivista Brutium , a. IV , 1925 , n.2-3, p.5 .
Con il Trattato di Utrecht ( 1713 ) prima e con un patto tra diversi regnanti , stipulato nel 1734 , si cercò di dare un assetto duraturo al cosiddetto Regno delle due Sicilie di cui fu investito Xxxxx XXX di Borbone . Dopo circa dieci anni di regno Xxxxx XXX abdicò nell’assumere la corona di Spagna a favore del figlio Xxxxxxxxxx xxxxxx d’età . Il feudo rendese passò in quel tempo nell’orbita della famiglia dei Xxxxx conti di Montalto avendo xxx Xxxxxxxx xxxxxxx la marchesa Donna Xxxxxxxx Xxxxxxx y de Xxxxxxx (+ 1760 ) . Dal matrimonio nacque Xxxxxxxxxx Xxxxx che sposò Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxx generando Xxxxxxxx . Con la morte di Xxxxxxxxxx Xxxxx ebbe termine il 2 febbraio 1735 l’istituzione feudale lasciando egli tutti i poteri feudali alla moglie . Xxxxxxxx andata sposa a don Xxxxxxxx di Xxxxxxxxx che aggiunse il cognome de Xxxxxxx y xx Xxxxxxx al proprio , pur consapevole dell’esistenza della legge reale del 1742 che aveva tolto ai feudatari molti dei diritti e dei privilegi , continuò ad esercitare , così come la figlia Xxxxxxxx , le proprie prerogative . Ancora in un atto redatto in data 6 novembre 1787 dal notaio Xxxxxxxx Xxxxxx alla presenza dell’erario di Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx viene descritto il castello che appare essere destinato alle funzioni di residenza marchionale con trascurabili comodità 12 ovvero usato solo come residenza sussidiaria o di campagna . Qualche elemento relativo alla consistenza del compendio immobiliare è possibile desumere dalla descrizione come quando si fa riferimento all’esistenza di una Torretta nuova con ogni probabilità realizzata allo scopo di creare un belvedere sul paesaggio o alla Cappella , quest’ultimo elemento caratteristico e proprio di una residenza nobiliare . Per la legge napoleonica di eversione della feudalità del 2 agosto 1806 infine la marchesa xxxxx Xxxxxxxx ( viva nel 1810) ,figlia di Xxxxxxxx e di Xxxxxxxx di Xxxxxxxxx , dovette lasciare gli immensi beni feudali nelle mani delle Università dei vari paesi dove avevano sede ivi compresa quella di Rende mentre la figlia Xxxxxxxx provvedeva poi a liquidare i beni burgensatici
12 Archivio Stato Cosenza , Notar Xxxxxxxx Xxxxxx , Rende , 6 novembre 1787 , foll. 88-95 v. Vedasi gli stralci del predetto documento in Appendice .
vendendoli a privati cittadini come ad esempio i Zagarese ed i Magdalone 13. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx (1778 -1851) , figlio di Xxxxxxxx e di Xxxxxxxx Xxxxxxx , comprò quasi tutta la proprietà terriera residua ed il vecchio castello (1817) dagli eredi della famiglia marchionale Xxxxxxx y xx Xxxxxxx . Il Magdalone molto si adoperò per restaurare ed ammodernare l’edificio che aveva inevitabilmente perso con l’andar del tempo la gran parte delle sue peculiarità difensive così che non di rado vi si tenevano ricevimenti e feste come ad esempio quella per il matrimonio della figlia Xxxxxxx che il 22 aprile 1841 andava sposa a xxx Xxxxxx Xxxxxxxxx da Montalto Uffugo propriae Domi Castri Rendarum . Nel 1844 il giorno 15 marzo si riunì nel castello la Commissione giudicatrice di prima istanza presieduta dal giudice regio del circondario di Rende Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx per giudicare i partecipanti alla rivolta dell’insurrezione popolare sedata dalle truppe borboniche . Gran parte della proprietà ed il castello passarono in eredità da Xxxxxxxxx al figlio primogenito Xxxxx Xxxxxxxxx ( + 1854 ) che morì appunto nel crollo delle strutture del castello in seguito al sisma del 12 febbraio 1854 . Un sisma di magnitudine particolare che ebbe epicentro tra Rende e Xxxxxxx . Da un libro pubblicato l’anno successivo all’evento abbiamo la conferma dei gravissimi danni patiti dagli edifici pubblici e privati della cittadina non escluso il superbo castello 14 . La proprietà pervenne dunque alla moglie Xxxxxxxx Xxxxxxx (+ 1856 ) e poi , morta tragicamente la Xxxxxxx , al figlio Xxxxxxxx Xxxxxxx ( 1831 – 1899) . Gli eventi politici si verificarono poi con una grande confusione sia nel periodo precedente che successivo alla Unità d’Italia (1860) . A seguire la proprietà passò a Xxxxxxxx , figlio di Xxxxx Xxxxxxxxx e quindi fratello di Xxxxx e secondogenito di Xxxxxxxxx .
Viene altresì ricordato da testimoni oculari l’esecuzione negli anni 1922 e seguenti di cospicui lavori che alterarono definitivamente l’aspetto del castello .
13 La famiglia Xxxxxxxxx immigrò a Rende fin dai primi decenni del 1500 dalla terra di Maddaloni in Campania . La famiglia ben presto si radicò sul territorio e attraverso un’accorta politica di matrimoni e di investimenti oculati si creò un significativo potere politico ed economico . L’arme dei Magdalone era formata da tre cime di monti sullo sfondo rosso e tre stelle di argento in alto . Tale arme , incisa su una pietra tufacea , si trova nell’atrio del castello , alla sinistra di chi entra .
14 Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx , Cenno storico sul tremuoto del 12 febbraio 1854, Cosenza 1855 , p.33 ss. .
Nel 1960 all’atto di procedere al recupero dei locali dove avevano luogo le prigioni furono , sotto grandi lastre di tufo , trovati numerosi scheletri che vista la difficoltà del recupero si preferì lasciare in loco .
APPENDICE
Atto redatto il 6 novembre 1787 :
“ …Nella Sala . …; due finestre nuove da mettere ; ed un telaretto anche nuovo di vetrata alla romana . …
Nella prima Innanzicamera . …
Gabinetto per cui si va alla torretta del Seggio . …
Camera della torretta del Seggio . …col ritratto di detta Eccellentissima Signora ( la marchesa Xxxxxxxx Xxxxxxx y de Xxxxxxx ) …
Nella seconda Anticamera . … Terza Anticamera . … Torretta nuova . …
Nella Galleria . …
Nel Gabinetto di Xxxxxxx . …
Corrituro che sporge alla Cappella . … Nella Dietro Camera . …
Camerino di legname nella stessa stanza . …
Camera delle Donne . …Due capi fuochi di ferro con pomi d’ottone ; xxxxx , xxxxxxx , e tirabracia anche di ferro con pomi d’xxxxxx . …Sei pezzi de legname o piano finestre . Un concio di legname di noce ; Ed un altro per riparare il fuoco , ed altri legnami .
Nella Camera della torretta , che sporge alla Sala dove abitava D.Diego . …
Nella Camera di basso , cioè del razionale . Uno stipo con l’Archivio di questa corte . Altro stipo grande con scritture . …
In detta Camera del Razionale . …
Nella camera dell’orzo con tumula otto e mezo del medesimo . Nella dispensa . Una botte con sei cerchi di ferro . …Xxxxxxx , o siano conci di tavole e pertiche per li latticini e salami . Due scale di legno . Sette giarre grandi e due piccole taglio . Quattro ferri vecchi per segnare i cavalli .
Nel Guardarobbe . Prima Camera . Due stipi . …Seconda camera di detto Guardarobbe . … Camerino scuro in detto Guardarobbe . …Diverse teste di creta per la loggia numero trentatré . … Nella Rimessa . …
Nella Lignea . Numero ventidue tavoloni di noce tra grandi e piccoli . un’altra simile incominciata . Numero otto tavole d’innaita ed una piccola . Tavole d’auzine numero diecesette tra grandi e
piccole . Altre tavole diverse numero quindici . venti passatura . Altri legnami vecchi . Numero duecento circa ceramili . Numero cento circa mazzi di fieno vecchio consumato .
Nella Cucina . Un bancone . Un cippo . Ed alcune tavole al muro per comodo ad modo di dispensa . Un ferro per il fuoco .
Nell’altra camera di Xxxxx . Grano bianco alla misura napoletana tomola “.
RELAZIONE TECNICA
PREMESSA
Il castello di Rende è il frutto di tutta una serie di trasformazioni , restauri , ammodernamenti , rafforzamenti determinati dalla necessità di adeguarlo alle differenti , crescenti e mutevoli , esigenze dei proprietari che si sono succeduti nei secoli . Da maniero dunque in ragione di cospicui lavori , spesso di significativo rafforzamento strutturale o addirittura di parziale ricostruzione come conseguenza dei molteplici terremoti che hanno funestato questa come molte altre aree della regione Calabria , si è progressivamente pervenuti all’attuale consistenza passando attraverso il suo essere stato adattato a comoda residenza familiare . In ultimo l’uso a sede del comune di Rende ha prodotto una definizione formale e volumetrica del compendio immobiliare del tutto inadeguata per i parametri dell’estetica e della conservazione intesa come recupero della realtà materica e spaziale dell’edificio . La radicale trasformazione dell’originario maniero di fondazione normanna è stata operata , in fondo , di pari passo con la perdita del suo valore attributivo di baluardo difensivo posto al centro di un sistema/recinto strutturato e fortificato di cui però non si conserva traccia . Nel progetto di restauro del castello di Rende la redazione dello stesso è resa in fondo sufficientemente semplice dalla tipologia stessa dell’intervento in quanto non si tratta di aggiungere alcunché o di interpretare i segni e le materiali presenze quanto piuttosto di eliminare quel che nel palinsesto architettonico è da definirsi come spurio o volgare od inadatto od inadeguato , esteticamente così come funzionalmente .
FINALITA’
Come di consueto accade allorquando si è chiamati a pensare il recupero/restauro di un bene culturale di tale prestigio e valenza dimensionale ed interesse storico-documentario si è colti da una sensazione di straniamento dinanzi alla difficoltà del compito che necessariamente , in meditata adesione alle esigenze ben statuite dalle Carte del restauro e più di recente dalle Convenzioni , occorrerebbe affrontare muovendo da un’acconcia ricerca di tipo documentale ed archivistico . In realtà il progetto nel caso del castello di Rende non può che muovere dalla constatazione delle sue necessità oggettive che debbono , e non potrebbe essere differentemente , contemplare la certa possibilità della rimozione , dell’eliminazione , dell’ablazione di elementi e parti aggiunte al corpo di fabbrica . Elementi che per certo resero al tempo della loro realizzazione più adeguato il servizio di tipo amministrativo reso ai cittadini rendesi ma che oggi con un pressante impegno dell’Amministrazione di riconvertire l’immobile ad una destinazione di carattere museale appaiono superflui , ridondanti , assolutamente impropri . Neppure considerazioni circa l’avvenuta acquisizione e l’eventuale conservazione di una non trascurabile superficie appare essere per i progettisti sufficiente giustificazione alla conservazione della struttura posta alla destra del portale d’accesso , nello spazio compreso tra le murature castellane perimetrali e la chiesa del Rosario , nella sua attuale facies settecentesca . Così come la sopraelevazione di un piano della cavallerizza, aggiunta di particolare impatto realizzata sempre in tempi relativamente vicini , non può risultare convincente nella sua attuale configurazione formale caratterizzata com’è da un vestito assolutamente inadeguato . Il progetto deve allora prevedere se non la rimozione dell’aggiunta nel tentativo di un recupero delle dimensioni geometriche del grande e suggestivo locale destinato ad ospitare in origine le stalle almeno un ridimensionamento del volume ovvero una sua conservazione seppure in termini differenti . La conservazione della superficie a suo tempo realizzata si impone in questa fase temporale tanto per considerazioni d’ordine patrimoniale quanto per le esigenze di assicurare un uso di questi spazi , a secondo delle necessità , come sala per mostre temporanee ovvero per convegni e conferenze . Certamente l’intervento dovrà principalmente conseguire un
significativo ridimensionamento dell’incombente volume avendo riguardo comunque per
l’ineluttabile definizione di un migliore aspetto esteriore della scatola muraria laddove il tentativo dovrà con pervicacia cercare tra l’altro di migliorare il rapporto linguistico tra la fabbrica antica sottostante e l’addizione moderna superiore . Sulla stessa strada occorrerà poi muoversi nel togliere , nel sottrarre alla consistenza attuale elementi del tutto impropri ( tramezzi ; pareti mobili ; rivestimenti lignei o lapidei ; et alia ) creati per dividere spazi con funzioni differenti al tempo in cui nell’edificio avevano sede attività logistico-amministrative del Comune .