BOZZA PRELIMINARE
PROTOCOLLO DISCIPLINARE TECNICO-FORMATIVO FISSS
PER OPERATORI E ISTRUTTORI DI OUTDOOR, SURVIVAL TRAINING E OUTDOOR CAMPUS.
PROPOSTA PROGRAMMATICA PER ABILITAZIONE DI TECNICI A.S.I.-CONI
(Integrativa al protocollo d’intesa tra ASI e FISSS sottoscritto il 24/04/14)
BOZZA PRELIMINARE
(documento definitivo ancora soggetto a integrazione e approvazione della Assemblea Federale FISSS indetta per il 02/11/14 e del Direttivo ASI con l’obiettivo di introdurre la disciplina nell’ambito della promozione sportiva CONI e in quello delle “Professioni non regolamentate” previste dalla Legge 14-01-2013 n°4)
INDICE
- PREMESSE: La definizione disciplinare e le normative attuali in campo
- DOCUMENTO 1: Gli OUTDOOR CAMPUS (format generale, tecnico ed eco- gestionale)
- DOCUMENTO 2: L’ARRAMPICATA ARBOREA
- DOCUMENTO 3: Le CORDE e il loro uso
- DOCUMENTO 4: ANTICADUTA (Emergenza ed evacuazione nei lavori in quota)
- DOCUMENTO 5: REGOLAMENTO, ATTIVITA’ E PROGRAMMI ESAMI PER ISTRUTTORI SURVIVING
- DOCUMENTO 6: PROGRAMMA DI CORSO AVANZATO per Operatori su percorsi acrobatici
PREMESSE
(La definizione disciplinare e le normative attuali in campo)
Lo sport OUTDOOR comprende un insieme variegato e attualmente non organico di almeno 60 discipline, quasi tutte emergenti e dilettantistiche, in forte aumento e con target prevalentemente giovanile. Esse coinvolgono in Italia almeno un milione di praticanti.
Si tratta di sport mirati alla fitness che si svolgono in rapporto stretto con elementi naturali. Sono ecocompatibili ma anche eco-dinamici, cioè in sinergia con ogni ambiente adottato.
Che si tratti di “Tree Climbing” o di “Rafting”, di “Surviving” o di “Canyoning”, le matrici comuni di tutte queste pratiche (solitamente poco estreme e svolte in sicurezza) sono l’avventura e
l’autonomia per ciò che riguarda l’equipaggiamento.
L’OUTDOOR è anche uno stile, una forma di pensiero, un modo di agire che richiede una particolare formazione, recentemente promossa in palestre naturali solo minimamente attrezzate che definiamo “OUTDOOR CAMPUS”. Questi centri sono ormai una realtà sui nostri territori e possiedono già un loro format anche grazie all’esperienza trentennale della F.I.S.S.S. (Federazione Italiana Survival Sportivo e Sperimentale).
La FISSS sta promuovendo un sodalizio, estendibile a tutte le Associazioni di settore, insieme all’A.S.I. (Ente di promozione sportiva CONI), entrambe firmatarie di questo primo protocollo disciplinare.
L’Outdoor Training si pratica ormai anche nelle aziende, nelle scuole, nei viaggi e tocca perfino il campo sociale se indirizzato alla riabilitazione psicofisica e relazionale. Sviluppa abilità motorie di base in regresso, conoscenze naturali, resilienza, spirito di gruppo ma anche autonomia in ogni ecosistema.
Molte discipline Outdoor non sono ancora regolamentate e non possiedono organizzazioni sportive di riferimento ben definite, per cui lo scopo di questo protocollo tecnico-formativo è individuarne gli elementi comuni, cognitivi e di sicurezza, per formare operatori, tecnici e istruttori nel campo generale e non nelle sue singole declinazioni e applicazioni (a volte solo di nicchia come il “Crossfit” o praticate da molti spontaneamente ma poco formalizzabili come il Trekking).
Per gli approfondimenti teorici sociali e sportivi dell’Outdoor facciamo qui riferimento al recente saggio pubblicato dalla Hoepli, scritto da antropologi esponenti FISSS (Xxxxxxxx – Salza – Dalla
Xxxxx) e titolato “OUTDOOR (Pensare – Agire – Sopravvivere)-
Per l’individuazione degli elementi normativi a cui adeguarsi, siamo in linea con quanto riportato a seguito, che riguarda le norme comunitarie sugli impianti altresì definiti “Parchi Avventura” a cui è necessario conformarsi (EN 15567).
Per le nuove prospettive anche professionali che si profilano nel settore, riportiamo qui la legge 14/01/13 n°4 riferita alle “professioni non regolarizzate” che, a seguito di richiesta al Ministero competente, ci auguriamo possa includere presto anche la professione autorizzata di “Operatore sportivo Outdoor”.
La norma EN15567 (Abstract)
Per garantire la sicurezza delle strutture e definire precise regole di progettazione, costruzione, controllo, manutenzione e gestione, UNI ha pubblicato nel 2008 le norme UNI EN 15567-1:2008 e UNI EN 15567-2:2008, che definiscono i requisiti di sicurezza dei percorsi acrobatici e dei loro componenti e i requisiti di gestione necessari per assicurare un appropriato livello di sicurezza nell’uso di tali attrezzature. La norma è attualmente tradotta anche in lingua italiana ed il testo, soggetto a copyright e dunque non riproducibile, è acquistabile online sul sito dell’UNI.
Il testo prevede che particolare attenzione sia dedicata alla scelta del luogo dove installare un percorso acrobatico in modo da garantire che si trovi in un’area sicura da cui – in caso di emergenza
– sia possibile far defluire rapidamente tutti i partecipanti da qualsiasi punto in cui essi si trovino. Vanno anche presi in considerazione (sia in fase di progettazione sia nella gestione della struttura stessa) fattori locali come la luminosità, l’umidità, il pericolo di alluvioni e valanghe.
E’ anche indispensabile una valutazione della qualità delle essenze arboree, attraverso il parere di un esperto in grado di determinare la condizione fisiologica e meccanica degli alberi utilizzati come supporto dei cavi e delle piattaforme. Una prima valutazione da parte di un organismo di certificazione deve essere eseguita prima di inaugurare il percorso acrobatico; successivamente la valutazione dovrà avere cadenza annuale per analizzare le eventuali variazioni intervenute. I sistemi utilizzati per fissare le piattaforme, le linee di sicurezza e gli elementi devono essere progettati in modo da ridurre al minimo ogni possibile danno arrecato agli alberi.
I materiali utilizzati per realizzare le strutture del percorso acrobatico (legno, metalli, materiali sintetici e compositi) devono essere selezionati e protetti in modo che l’attrezzatura mantenga la sua integrità nel tempo. Un altro elemento da tenere in considerazione è il degrado dei componenti strutturali dovuto all’influsso degli elementi atmosferici in genere: per le funi di sicurezza si devono usare solo funi metalliche di acciaio inossidabile o zincato.
La progettazione e la realizzazione devono essere effettuate con professionalità ed esperienza: i percorsi acrobatici devono essere progettati tenendo in considerazione l’altezza e il peso corporeo dei partecipanti utilizzatori, nella struttura non devono essere presenti bordi affilati a portata dell’utente né aperture che possano rappresentare un potenziale rischio di intrappolamento per gli arti.
Lo spazio libero di caduta (ossia lo spazio interno o circostante al percorso) non deve contenere alcun ostacolo nel quale una persona in manovra o in caduta possa eventualmente impattare: se c’è la possibilità che un utilizzatore possa entrare in collisione con un ostacolo posto nelle vicinanze – ad esempio un albero – si deve installare un appropriato dispositivo di sicurezza, ad esempio un’imbottitura su parte del tronco.
Le norme EN15567 forniscono i metodi di calcolo per la realizzazione dei sistemi di sicurezza individuali (DPI). Questi sistemi devono essere progettati per poter sopportare il peso di tutti i partecipanti ed il carico generato da un partecipante in caso di caduta.
Ma per accedere al percorso è necessario utilizzare o reti anticaduta certificate Uni-EN, o imbracature, funi di sicurezza, moschettoni, guanti e caschi: tutti dispositivi di sicurezza rispondenti alle norme tecniche di riferimento. Il fabbricante o fornitore dovrà fornire le istruzioni per la manutenzione, anche per quanto riguarda i dispositivi di protezione individuale (verifiche,
manutenzione e immagazzinaggio, registrazione della vita di servizio, identificazione dell’attrezzatura mediante marcatura).
Il progettista del percorso acrobatico dovrà fornire un documento relativo alle regole per l’uso del percorso acrobatico che deve contenere -come minimo – informazioni riguardanti: l’uso degli elementi, le condizioni meteorologiche nelle quali le attrezzature non devono essere utilizzate, il numero di persone ammesse, la tipologia dei partecipanti (altezza minima e peso massimo), il tipo di abbigliamento appropriato, la descrizione dei dispositivi di protezione individuale da utilizzare sui percorsi, il piano di emergenza con la descrizione delle procedure di evacuazione.
Le norme stabiliscono, inoltre, che prima di iniziare un’attività, i partecipanti debbano ricevere da un istruttore una serie dettagliata di spiegazioni su: il tipo di percorso e i rischi connessi, le attrezzature da usare in caso di necessità, il modo in cui utilizzare tali attrezzature, come interpretare la segnaletica posizionata all’inizio di ogni percorso, come identificare gli istruttori e comunicare con loro, cosa fare nell’eventualità di un incidente.
Gli istruttori dovranno spiegare ai partecipanti i principi delle varie tecniche da utilizzare durante i percorsi. Dopo aver ricevuto tutte le informazioni i partecipanti devono superare un percorso di prova prima di poter avere accesso a tutte le attrezzature. L’istruttore dovrà inoltre eseguire un controllo sui dispositivi di protezione individuale che vengono consegnati al partecipante in modo da verificarne anche l’adeguatezza alla taglia dell’utilizzatore.
Per i bambini di età inferiore ai sei anni che accedono ai percorsi è richiesta una supervisione di livello 1, ossia l’istruttore deve poter intervenire fisicamente in qualsiasi momento del percorso, mentre i bambini dai sei agli otto anni devono essere sottoposti a una supervisione di livello 2 , situazione in cui un istruttore è sufficiente che possa vedere chiaramente il partecipante e intervenire verbalmente.
Tutti i percorsi acrobatici devono riportare chiaramente il numero della norma UNI e il nome del fabbricante (o fornitore). All’inizio di ogni “tappa” del percorso devono essere affissi gli avvisi con le informazioni necessarie come, ad esempio, il numero massimo di persone ammesso, tutte le istruzioni speciali (in piedi, seduto, in ginocchio), dove e come agganciarsi, il grado di difficoltà, ecc.. La difficoltà dei percorsi acrobatici o degli elementi deve essere chiaramente identificata: si possono utilizzare i colori in scala da verde a blu, rosso e nero (da facile a molto difficile).
LEGGE 14 gennaio 2013, n. 4
Disposizioni in materia di professioni non organizzate. (GU n. 22 del 26-1-2013)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
promulga
la seguente legge:
Art. 1 Oggetto e definizioni
1. La presente legge, in attuazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione e nel rispetto dei principi dell'Unione europea in materia di concorrenza e di liberta' di circolazione, disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi.
2. Ai fini della presente legge, per «professione non organizzata in ordini o collegi», di seguito denominata «professione», si intende l'attivita' economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attivita' riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attivita' e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.
3. Chiunque svolga una delle professioni di cui al comma 2 contraddistingue la propria attivita', in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l'espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della presente legge. L'inadempimento rientra tra le pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori, di cui al titolo III della parte II del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, ed e' sanzionato ai sensi del medesimo codice.
4. L'esercizio della professione e' libero e fondato sull'autonomia, sulle competenze e sull'indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell'affidamento del pubblico e della clientela, della correttezza, dell'ampliamento e della specializzazione dell'offerta dei servizi, della responsabilita' del professionista.
5. La professione e' esercitata in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente.
Art. 2 Associazioni professionali
1. Coloro che esercitano la professione di cui all'art. 1, comma 2, possono costituire associazioni a carattere professionale di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.
2. Gli statuti e le clausole associative delle associazioni professionali garantiscono la trasparenza delle attivita' e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati, l'osservanza dei principi deontologici, nonche' una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata all'effettivo raggiungimento delle finalita' dell'associazione.
3. Le associazioni professionali promuovono, anche attraverso specifiche iniziative, la formazione permanente dei propri iscritti, adottano un codice di condotta ai sensi dell'art. 27-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, vigilano sulla condotta professionale degli associati e stabiliscono le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo codice.
4. Le associazioni promuovono forme di garanzia a tutela dell'utente, tra cui l'attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, presso il quale i committenti delle prestazioni professionali possano rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli professionisti, ai sensi dell'art. 27-ter del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonche' ottenere informazioni relative all'attivita' professionale in generale e agli standard qualitativi da esse richiesti agli iscritti.
5. Alle associazioni sono vietati l'adozione e l'uso di denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi.
6. Ai professionisti di cui all'art. 1, comma 2, anche se iscritti alle associazioni di cui al presente articolo, non e' consentito l'esercizio delle attivita' professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l'iscrizione al relativo albo professionale.
7. L'elenco delle associazioni professionali di cui al presente articolo e delle forme aggregative di cui all'art. 3 che dichiarano, con assunzione di responsabilita' dei rispettivi rappresentanti legali, di essere in possesso dei requisiti ivi previsti e di rispettare, per quanto applicabili, le prescrizioni di cui agli articoli 5, 6 e 7 e' pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico nel proprio sito internet, unitamente agli elementi concernenti le notizie comunicate al medesimo Ministero ai sensi dell'art. 4, comma 1, della presente legge.
Art. 3
Forme aggregative delle associazioni
1. Le associazioni professionali di cui all'art. 2, mantenendo la propria autonomia, possono riunirsi in forme aggregative da esse costituite come associazioni di natura privatistica.
2. Le forme aggregative rappresentano le associazioni aderenti e agiscono in piena indipendenza e imparzialita'.
3. Le forme aggregative hanno funzioni di promozione e qualificazione delle attivita' professionali che rappresentano, nonche' di divulgazione delle informazioni e delle conoscenze ad esse connesse e di rappresentanza delle istanze comuni nelle sedi politiche e istituzionali. Su mandato delle singole associazioni, esse possono controllare l'operato delle medesime associazioni, ai fini della verifica del rispetto e della congruita' degli standard professionali e qualitativi dell'esercizio dell'attivita' e dei codici di condotta definiti dalle stesse associazioni.
Art. 4
Pubblicita' delle associazioni professionali
1. Le associazioni professionali di cui all'art. 2 e le forme aggregative delle associazioni di cui all'art. 3 pubblicano nel proprio sito web gli elementi informativi che presentano utilita' per il consumatore, secondo criteri di trasparenza, correttezza, veridicita'. Nei casi in cui autorizzano i propri associati ad utilizzare il riferimento all'iscrizione all'associazione quale marchio o attestato di qualita' e di qualificazione professionale dei propri servizi, anche ai sensi degli articoli 7 e 8 della presente legge, osservano anche le prescrizioni di cui all'art. 81 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.
2. Il rappresentante legale dell'associazione professionale o della forma aggregativa garantisce la correttezza delle informazioni fornite nel sito web.
3. Le singole associazioni professionali possono promuovere la costituzione di comitati di indirizzo e sorveglianza sui criteri di valutazione e rilascio dei sistemi di qualificazione e competenza professionali. Ai suddetti comitati partecipano, previo accordo tra le parti, le associazioni dei lavoratori, degli imprenditori e dei consumatori maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Tutti gli oneri per la costituzione e il funzionamento dei comitati sono posti a carico delle associazioni rappresentate nei comitati stessi.
Art. 5
Contenuti degli elementi informativi
1. Le associazioni professionali assicurano, per le finalita' e con le modalita' di cui all'art. 4, comma 1, la piena conoscibilita' dei seguenti elementi: a) atto costitutivo e statuto; b) precisa identificazione delle attivita' professionali cui l'associazione si riferisce; c) composizione degli organismi deliberativi e titolari delle cariche sociali; d) struttura organizzativa dell'associazione; e) requisiti per la partecipazione all'associazione, con particolare riferimento ai titoli di studio relativi alle attivita' professionali oggetto dell'associazione, all'obbligo degli appartenenti di procedere all'aggiornamento professionale costante e alla predisposizione di strumenti idonei ad accertare l'effettivo assolvimento di tale obbligo e all'indicazione della quota da versare per il conseguimento degli scopi statutari; f) assenza di scopo di lucro.
2. Nei casi di cui all'art. 4, comma 1, secondo periodo, l'obbligo di garantire la conoscibilita' e' esteso ai seguenti elementi: a) il codice di condotta con la previsione di sanzioni graduate in relazione alle violazioni poste in essere e l'organo preposto all'adozione dei provvedimenti disciplinari dotato della necessaria autonomia; b) l'elenco degli iscritti, aggiornato annualmente; c) le sedi dell'associazione sul territorio nazionale, in almeno tre regioni; d) la presenza di una struttura tecnico-scientifica dedicata alla formazione permanente degli associati, in forma diretta o indiretta;
e) l'eventuale possesso di un sistema certificato di qualita' dell'associazione conforme alla norma UNI EN ISO 9001 per il settore di competenza; f) le garanzie attivate a tutela degli utenti, tra cui la presenza, i recapiti e le modalita' di accesso allo sportello di cui all'art. 2, comma 4.
Art. 6 Autoregolamentazione volontaria
1. La presente legge promuove l'autoregolamentazione volontaria e la qualificazione dell'attivita' dei soggetti che esercitano le professioni di cui all'art. 1, anche indipendentemente dall'adesione degli stessi ad una delle associazioni di cui all'art. 2.
2. La qualificazione della prestazione professionale si basa sulla conformita' della medesima a norme tecniche UNI ISO, UNI EN ISO, UNI EN e UNI, di seguito denominate «normativa tecnica UNI», di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, e sulla base delle linee guida CEN 14 del 2010.
3. I requisiti, le competenze, le modalita' di esercizio dell'attivita' e le modalita' di comunicazione verso l'utente individuate dalla normativa tecnica UNI costituiscono principi e criteri generali che disciplinano l'esercizio autoregolamentato della singola attivita' professionale e ne assicurano la qualificazione.
4. Il Ministero dello sviluppo economico promuove l'informazione nei confronti dei professionisti e degli utenti riguardo all'avvenuta adozione, da parte dei competenti organismi, di una norma tecnica UNI relativa alle attivita' professionali di cui all'art. 1.
Art. 7
Sistema di attestazione
1. Al fine di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del mercato dei servizi professionali, le associazioni professionali possono rilasciare ai propri iscritti, previe le necessarie verifiche, sotto la responsabilita' del proprio rappresentante legale, un'attestazione relativa: a) alla regolare iscrizione del professionista all'associazione; b) ai requisiti necessari alla partecipazione all'associazione stessa; c) agli standard qualitativi e di qualificazione professionale che gli iscritti sono tenuti a rispettare nell'esercizio dell'attivita' professionale ai fini del mantenimento dell'iscrizione all'associazione; d) alle garanzie fornite dall'associazione all'utente, tra cui l'attivazione dello sportello di cui all'art. 2, comma 4; e) all'eventuale possesso della polizza assicurativa per la responsabilita' professionale stipulata dal professionista; f) all'eventuale possesso da parte del professionista iscritto di una certificazione, rilasciata da un organismo accreditato, relativa alla conformita' alla norma tecnica UNI.
2. Le attestazioni di cui al comma 1 non rappresentano requisito necessario per l'esercizio dell'attivita' professionale.
Art. 8
Validita' dell'attestazione
1. L'attestazione di cui all'art. 7, comma 1, ha validita' pari al periodo per il quale il professionista risulta iscritto all'associazione professionale che la rilascia ed e' rinnovata ad ogni rinnovo dell'iscrizione stessa per un corrispondente periodo. La scadenza dell'attestazione e' specificata nell'attestazione stessa.
2. Il professionista iscritto all'associazione professionale e che ne utilizza l'attestazione ha l'obbligo di informare l'utenza del proprio numero di iscrizione all'associazione.
Art. 9
Certificazione di conformita' a norme tecniche UNI
1. Le associazioni professionali di cui all'art. 2 e le forme aggregative di cui all'art. 3 collaborano all'elaborazione della normativa tecnica UNI relativa alle singole attivita' professionali, attraverso la partecipazione ai lavori degli specifici organi tecnici o inviando all'ente di normazione i propri contributi nella fase dell'inchiesta pubblica, al fine di garantire la massima consensualita', democraticita' e trasparenza. Le medesime associazioni possono promuovere la costituzione di organismi di certificazione della conformita' per i settori di competenza, nel rispetto dei requisiti di indipendenza, imparzialita' e professionalita' previsti per tali organismi dalla normativa vigente e garantiti dall'accreditamento di cui al comma 2.
2. Gli organismi di certificazione accreditati dall'organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformita' alla norma tecnica UNI definita per la singola professione.
Art. 10 Vigilanza e sanzioni
1. Il Ministero dello sviluppo economico svolge compiti di vigilanza sulla corretta attuazione delle disposizioni della presente legge.
2. La pubblicazione di informazioni non veritiere nel sito web dell'associazione o il rilascio dell'attestazione di cui all'art. 7, comma 1, contenente informazioni non veritiere, sono sanzionabili ai sensi dell'art. 27 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.
Art. 11
Clausola di neutralita' finanziaria
1. Dall'attuazione degli articoli 2, comma 7, 6, comma 4, e 10 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Il Ministero dello sviluppo economico provvede agli adempimenti ivi previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
DOCUMENTO 1
GLI OUTDOOR CAMPUS
FORMAT GENERALE, TECNICO ED ECO-GESTIONALE
DEFINIZIONE
Struttura multifunzionale per sport eco dinamici, attività formative outdoor, multisport e salutistiche. Non solo “adventure o surviving” ma palestre naturali indirizzata a sportivi, ragazzi e famiglie in cui le discipline eco dinamiche (traversate di ponti, alberi, lanci con carrucole, canyoning, ecc.) sono affiancate da attività formative per tutti, percorsi salutistici e di eco- orienteering per la conoscenza dell’ambiente, stage per indirizzare alla pratica di attività sportive o semplicemente per vacanze attive in natura, in montagna, nei parchi e nelle aree naturali.
1) OUTDOOR CAMPUS - IL FORMAT GENERALE
Nell’ambito dell’Eco-sport si promuove lo “sport al naturale”, un nuovo modo di intendere lo sport attraverso eventi sportivi non solo ecocompatibili, ma anche eco-dinamici (cioè in sinergia con l’ambiente), stage di formazione, percorsi e campus nei parchi e aree protette, dove sport, ambiente e salute diventano veicolo di formazione e informazione delle tematiche ambientali, sportive e sociali. Il moderno Outdoor Campus scaturisce quindi da questa filosofia e dalla cooperazione tra la FISSS (Federazione Italiana Survival Sportivo e Sperimentale) associazioni di settore che ne hanno ideato il format realizzando numerosi centri sul territorio nazionale.
GLI ELEMENTI STRUTTURALI
L’area integrata dell’ Outdoor Campus deve essere composta dai seguenti elementi:
1. Outdoor Campus – Campo con percorsi eco - dinamici
2. Foresteria e Centro informativo
3. Area sport (arrampicata, tiro con l’arco, mountain bike)
4. Percorsi di Eco-orienteering (avventura e natura)
IL PROGETTO E LA REALIZZAZIONE
Le varie operazioni da sviluppare in collaborazione tra progettisti e tecnici sono:
• Identificazione e idoneità dell’area: commissione ambientale ed Ente/Parco
• Presentazione progetto agli enti: Tecnico iscritto all’albo e abilitato
• Realizzazione strutture: tecnici FISSS e ASI
LA CERTIFICAZIONE E LA GESTIONE
• Richiesta di autorizzazione alla apposita Commissione di Vigilanza e/o Comune
• Certificazione strutture in base alle normative vigenti
• Società di gestione: associazione sportiva affiliata ASI-CONI con tecnici abilitati FISSS
• Assicurazione impianti, operatori/soccorritori/istruttori outdoor campus, accompagnatori percorsi di eco-orienteering
2) OUTDOOR CAMPUS - FORMAT TECNICO
La Commissione preposta dal Comitato outdoor e Sport Eco-dinamici ha tracciato le linee guida e le basi protocollari per l’istituzione e l’approvazione di nuovi OUTDOOR CAMPUS e i livelli minimi delle strutture
DEFINIZIONE: Centri outdoor multidisciplinari per attività ludiche, didattiche e di formazione che riguardano gli sport eco-dinamici ed eco-sostenibili
CARATTERISTICHE: applicano soluzioni impiantistiche artificiali per max 30% rispetto agli ambienti naturali o non antropizzati; si configurano come realtà arricchite e non come palestre all’aperto. Sviluppano cultura antropologica, abilità motorie e resilienza psicofisica in senso eco dinamico e non solo eco-compatibile, in dialogo con l’ambiente che li ospita, a reciproco beneficio.
L’ente attuatore deve possedere anche una ragione sociale non profit e applicare costi base al pubblico congrui e validi per tutti i centri, secondo il tariffario FISSS (ospitalità, didattica e attività speciali, escluse a costi discrezionali).
REQUISITI MINIMI PER GLI IMPIANTI E LE STRUTTURE PREVISTE DAGLI ATTUATORI
- Percorso sportivo eco dinamico
Percorsi aerei in corde o cavi di acciaio omologati con dispositivi di sicurezza a norma UNI 15567 (reti anticaduta o linea vita), con possibilità di personalizzazione degli impianti, purché in linea con le normative vigenti.
Ateliers in altezza: ponti arborei a 4,3,2,1 corde in successiva progressione più staffe podaliche e brachiali, zip line o liana.
- Arrampicata: Boulder a corpo libero, free e/o tree e/o web climbing in sicurezza.
- Percorso naturalistico e salutistico: botanico e/o faunistico e/o fitness, e/o mineralogico e/o ginnico e/o eco museale.
- Attività di tiro: con attrezzi in libera vendita (arco, giavellotto, boomerang, ecc.).
- Area loisir - stazioni di sosta, relax e comfort (almeno parzialmente riparate).
- Area didattica e laboratori per attività manuali.
-Area accoglienza: camp site o altre strutture ricettive e di ristoro possibilmente eco-compatibili. solo minimamente mineralizzate
- Agorà (aggregazione) e/o reception adeguata.
- Area servizi (adeguata e in prossimità degli impianti, anche se non di pertinenza del centro).
- Locale infermeria e/o dotazione di primo soccorso in magazzino o dispensario e antincendio
- Tratto distintivo particolare: attività outdoor o culturale o gastronomica specifica consentita dall’ambiente o creata appositamente (es. canoa, maneggio, piscina, agriturismo, ecc.).
- Piano di sicurezza
3) OUTDOOR CAMPUS - FORMAT ECO-GESTIONALE
In conformità alla definizione generale e il format tecnico, ogni Outdoor Campus deve integrarsi all’ambiente esistente con particolare attenzione ai seguenti punti:
• Accesso e accoglienza, parcheggi, servizi igienici, smaltimento rifiuti, fonti energetiche
• Area boschiva con elementi arborei idonei alla strutture ecodinamiche e possibilità di escursioni
Praticare attività di formazione ambientale e applicare integralmente il regolamento eco sportivo per ogni disciplina ivi pratica o collegata al campus: La filosofia di base è la promozione degli sport e attività ecocompatibili dove l’ambiente è una palestra naturale, maestra di vita e fonte di salute.
Attività praticabili e Corsi
Comprendono la formazione di base con stage generali e/o dedicati alle singole attività anche in collaborazione con le federazioni sportive di riferimento e condotte da gestori /istruttori Outdoor Campus FISSS-ASI abilitati ai lavori in altezza e/o laureati in Scienze Motorie.
• Attività ecodinamiche e di destrezza sulle strutture aree e di arrampicata
• Corsi per avviamento alla conoscenza ambientale (eco-orienteering, surviving)
• Corsi per avviamento allo sport (trekking, surviving)
• Accompagnamento e formazione sui percorsi di eco-orienteering
• Organizzazione di contest e stages per scuole e famiglie
Utenza e metodologia di fruizione
• Aziende: per incentive, in base alla recettività, alberghi e centri di accoglienza.
• Scuole: tutte, a partire dall’infanzia fino ad eventuali Master Universitari
• Privati: sportivi e turisti, centri estivi, boy scout, circoli ricreativi e famiglie
• Corsi tecnici Survival: gruppi di “Pronto intervento”, Polizia, Carabinieri, Protezione Civile,
• Atleti e Soci annuali: libero accesso alle attrezzature dietro pagamento di una quota annua
• Comunicazione: divulgazione in ambito scolastico, turistico, sociale, aziendale
• Accessi: promuovere i trasporti con mezzi pubblici, navette, veicoli a pedale
• Flussi : programmazione giornaliera secondo i carichi massimi delle strutture e sentieri
• Unità: gruppi da 10-20 persone con presenze giornaliere da 80 a 100 unità max
• Obiettivi: in sintonia al benessere fisico e psicologico con valenza educativa, ludica, pedagogica
Certificazione
La certificazione tecnica è a firma della Commissione FISSS-ASI su progetto approvato, con realizzazione e direzione lavori a cura di professionisti e presieduta da almeno un delegato della
Commissione stessa per verifica e controllo dell’adeguatezza del centro rispetto al protocollo e alle normative di legge ( es. gli adempimenti per Testo Unico sicurezza sul lavoro, estintori, ecc.)
La certificazione implica l’iscrizione all’Albo Outdoor Campus di prossima istituzione.
DOCUMENTO 2
ARRAMPICATA ARBOREA
(VEDERE ANCHE IL MANUALE DI TREE CLIMBING – REGIONE PIEMONTE)
TECNICHE PRIMITIVE E MODERNE
Da tempi immemorabili l’albero ha dato all’uomo riparo dalle belve e dalle inondazioni, cibo con i suoi frutti e dalle sue alte cime postazioni dove scrutare l’orizzonte. Malgrado tutto ciò si materializzava un problema di fondo: l’ascesa di un tronco slanciato e sfuggente.
Ecco le tecniche che hanno permesso agli uomini, con varie evoluzioni, di accedere ai giganti arborei.
1) A MANI NUDE
Imitando le scimmie e quindi tolte le proprie capacità, senza alcun sistema di sicurezza.
Esistono molteplici tecniche da abbinarsi alle disparate tipologie strutturali degli alberi e alle doti d’agilità di chi le esegue:
- Arrampicata in avvinghio
- Arrampicata in contrapposizione
- Arrampicata in opposizione
- Arrampicata diretta
2) TREE-CLIMBING
Il tree-climbing è una tecnica nata come metodica di lavoro che consente di accedere alla chioma degli alberi indipendentemente dalle loro dimensioni. Codificata come tale negli USA a partire dagli anni ’20, costituisce un campo in cui le tecniche e le attrezzature sono in continua evoluzione. La sua storia e la sua specificità la distinguono comunque dall’alpinismo e dalla speleologia sebbene negli ultimi anni siano state comprese tutte le tecniche ed i materiali in grado di apportare dei miglioramenti, indipendentemente dalla fonte di provenienza. Solo con l’utilizzo d’imbragature e funi, come previsto da questa tecnica, è possibile raggiungere qualsiasi punto della chioma in completa sicurezza.
1) A MANI NUDE
ARRAMPICATA IN AVVINGHIO - Per tronchi di notevoli dimensioni privi di rami, spaccature e appigli
Consiste nell’abbracciare con gambe e braccia il tronco. Per carpirne il funzionamento è necessario considerare gli arti inferiori e superiori alla stregua di due pinze che xxxxxxx in modo distinto ed alternato, collegate e distanziate dal busto.
Come agire
Partendo da terra, abbracciare con gli arti superiori il tronco con forza all’altezza delle spalle, quindi eseguire l’operazione con le gambe all’altezza del bacino. Da questa posizione di stallo allentare la presa degli arti superiori e traslarli verso l’alto distendendo il busto. Ripristinare nuovamente la presa e traslare gli arti inferiori verso l’alto contraendo il busto. La salita è il ripetersi di questi movimenti, la discesa, l’inversione.
Molte popolazioni “primitive” ed un tempo in parte anche gli operatori che dovevano scalare i piloni elettrici, migliorarono questa tecnica potendola così applicare ai giganti arborei non abbracciabili da un uomo. L’astuzia consisteva nell’utilizzare uno spezzone di fune per gli arti superiori e un anello fabbricato con la medesima materia per gli arti inferiori. Fatto passare attorno al tronco e afferrato alla giusta misura lo spezzone permetteva di abbracciare completamente il tronco come una vera e propria estensione delle braccia. Per gli arti inferiori non potendo usare lo stesso sistema si pensò d’imbragare i piedi con un anello di corda formando una specie di pinza che divaricando gli stessi poteva serrare il tronco. Quest’anello la cui estensione doveva essere non inferiore ai due terzi del diametro del tronco, veniva usato infilandovi i piedi, che divaricati lo mandavano in tensione bloccandolo sotto le caviglie. I piedi tenuti divaricati venivano appoggiati al tronco di modo che l’anello n’abbracciasse i due terzi, sorreggendo il peso dell’uomo grazie al suo attrito sulla corteccia ruvida. Attrito che poteva essere aumentato a piacere facendo leva con i piedi.
ARRAMPICATA IN CONTRAPPOSIZIONE – Per salire velocemente tronchi di piccole dimensioni
Consiste come dice il nome stesso nella contrapposizione di due forze esercitate rispettivamente dagli arti superiori in trazione e dagli arti inferiori in spinta.
Come agire
Partendo da terra distendere le braccia all’altezza delle spalle e afferrare il tronco da dietro facendo presa con le palme delle mani. Appoggiare un piede sul tronco all’altezza dell’ombelico e da questa posizione contrapporre le due forze spingendo con il piede e tirando contemporaneamente con le braccia, fino a vincere la forza di gravità. Fatto questo alzare il piede a terra e posizionarlo sopra l’altro. Da questa posizione di stallo far scorrere le mani verso l’alto alternandole nella trazione, successivamente seguite dai piedi che compiranno brevissimi passi sul tronco. La distanza massima degli arti inferiori rispetto a quelli superiori è dettata esclusivamente dall’aderenza dei piedi sulla corteccia più o meno ruvida. Mentre la vicinanza tra gli stessi è limitata esclusivamente dal rapporto peso potenza di chi la esegue. È la tecnica ideale per raggiungere la cima delle palme, ma impraticabile su tronchi viscidi.
ARRAMPICATA IN OPPOSIZIONE – Per alberi paralleli e vicini tra loro
Consiste nel salire tra due tronchi paralleli o quasi, posti a distanza tale da permettere all’arrampicatore di spostarsi tra loro. Viene definita opposizione perché l’equilibrio viene ottenuto spingendo con gli arti verso lati opposti in modo tale che la forza risultante rivolta verso l’alto, vinca la forza di gravità. Tale tecnica presenta numerose varianti ideate per sopperire alle mutevoli distanze e conformazioni degli alberi.
Opposizione piede - piede
Definita spaccata frontale o sagittale rivolgendosi verso uno dei tronchi è usata per tronchi molto distanti tra loro, ma ancora raggiungibili con tale tecnica. I piedi si troveranno appoggiati su tronchi opposti impegnati ad esercitare una spinta come per volerli allontanare, aiutati dagli arti superiori impegnati a controllare l’equilibrio nella medesima posizione.
Come agire
Partendo da terra appoggiare all’altezza delle spalle le mani sui tronchi divaricando le braccia ed esercitando una forza tale da vincere il proprio peso. Ora sollevare le gambe divaricate e appoggiare i piedi sui due tronchi all’altezza dell’ombelico esercitando quindi una contrapposizione come con le mani. La salita non è altro che l’alternarsi dei movimenti sopracitati.
Opposizione schiena - piedi
È usata dove la vicinanza dei tronchi rende impossibile o scomoda la spaccata. Con la schiena appoggiata ad un tronco si effettua una spinta contrapposta a quella dei piedi appoggiati al tronco opposto. Le mani aiutano lo spostamento e l’equilibrio operando in spinta e trazione.
Come agire
Partendo da terra si deve appoggiare la schiena ad un tronco, le mani sul tronco all’altezza dei fianchi. Poi sollevare un piede ed appoggiarlo sul tronco opposto all’altezza dell’ombelico ed esercitare una spinta tale da vincere la forza di gravità. Portare quindi l’altro piede alla stessa altezza e spingere. Da questa posizione spingendo con le mani far salire la schiena, poi compiere piccoli passi con i piedi. Per proseguire la salita ripetere il susseguirsi di movimenti.
Opposizione schiena - ginocchia
Simile alla precedente è da usarsi per spazi molto stretti ma per brevi tratti essendo molto dolorosa.
ARRAMPICATA DIRETTA – Per spostarsi ovunque vi siano rami e spaccature che forniscano appigli ed appoggi
Consiste nell’arrampicare frontalmente all’albero sfruttando per la salita qualsivoglia asperità o ramo offra la pianta. È il classico metodo usato per muoversi all’interno della chioma.
Come agire
È fondamentale spostare sempre un arto per volta, in modo da avere sempre tre punti di contatto e minimizzare il rischio di caduta. I movimenti sono simili al salire di una scala.
Da sempre si è cercato di ovviare alle fatiche di scalare un albero utilizzando scale costruite intagliando tacche alterne su grossi pali o utilizzando tronchi inclinati verso le cime come rampe. Venivano usate con il medesimo scopo funi lanciate e bloccate tra i rami con un grappino. Oppure
anelli di corda stretti attorno al tronco dove veniva inserito un cuneo di legno che bloccandosi formava un perfetto scalino.
2) TREE-CLIMBING
ATTREZZATURA (Per il lavoro utilizzare attrezzatura rispondente alle normative europee)
- Corde: carico di rottura minimo 2400 kg, diametro minimo 10 mm
- Imbragature: anticaduta e di posizionamento, con attacco ventrale, sternale, laterale
- Connettori: 5 a ghiera o a tripla sicurezza, carico consigliato di rottura non inferiore a 20 KN
- Casco: per lavori in altezza o per arrampicata
- Sistema di posizionamento: 2 longe regolabili in lunghezza tramite assicuratore meccanico o nodo
- Bloccanti per risalita: 2 meccanici, ventrale, a maniglia o con nodo di frizione
- Discensore: meccanico a bloccaggio automatico o nodo a frizione
- Cordini di collegamento: carico di rottura consigliato 15KN
FASI DA SEGUIRE NELLA SCALATA D’UN ALBERO IN TREE-CLIMBING
ISPEZIONE ALBERO
Prima di accingersi a salire è necessario osservare l’albero nel suo complesso per individuare possibili situazioni di pericolo. Rami spezzati sospesi nella chioma rappresentano una possibile minaccia così com’eventuali nidi di calabroni e processionaria. Saremo interessati dalla qualità del legno che varia da specie a specie e dalla salute che può essere ridotta da carie, spaccature e capitozzi. Questo per sapere dove applicare i carichi e come muoverci durante la salita.
SCELTA DEL PUNTO D’ANCORAGGIO
Eseguito il controllo preliminare si dovranno identificare i punti d’ancoraggio sia a terra che in quota. Punti che varieranno in funzione della tecnica di salita e in rapporto alla conformazione dell’albero. Nella pianificazione dell’intervento è di fondamentale importanza individuare dove e com’effettuare un’eventuale operazione di soccorso. La predisposizione di una seconda corda per questo scopo può essere molto utile.
SALITA
In progressione da terra
Si sale gradualmente da terra utilizzando le branche principali ed i rami robusti disponibili. Ci si assicurerà tramite degli spezzoni di corda denominati longe collegati all’imbragatura con attrezzi in grado di regolarne la lunghezza. Queste longe terminano con un moschettone che permette di fissarle a strozzo e non all’albero. Avendone sempre due si usano in modo alternato cosa che permette di avere sempre un punto di contatto in sicurezza. È un sistema che presenta il vantaggio di mostrare in ogni istante la solidità della struttura e dell’ancoraggio effettuato. Permette inoltre la salita di piante con ramificazione esile o impenetrabile.
Per la sicurezza è necessario:
- Mantenere sempre un punto di contatto con la pianta
- Non oltrepassare il punto più alto d’ancoraggio
(rischio di morte in caso di caduta per l’elevata forza d’arresto)
- Recuperare frequentemente corda nei sistemi di posizionamento
(aumenterebbe il tirante d’aria causando l’aumento della forza d’arresto e il rischio di pericolosi urti)
- Utilizzare come secondo ancoraggio il capo della corda (questo per facilitare le operazioni di soccorso)
Fissaggio della corda di risalita dal basso
Per fissare la corda sull’albero è necessario eseguire una manovra singolare: il lancio del sagolino. Consiste nel lanciare al di sopra della forcella desiderata, (spesso la più alta) un sacchettino (“Pesino” di 200/300g contenente sfere di piombo) collegato ad un cordino leggero. La corda di risalita sarà poi fatta passare sulla forcella legandola al sagolino. La tecnica si effettua afferrando il sagolino ad un metro di distanza dal pesino che viene fatto oscillare alcune volte e lanciato. Per effettuare lanci precisi e a notevoli altezze è stata ideata una speciale fionda (big shot) in grado di centrare una forcella a più di trenta metri. La forcella sarà scelta in base alla regola del “10X”; se si pesa 70 kg si sceglierà un ancoraggio in grado di sorreggerne 700. Questo per garantirsi un buon margine di sicurezza.
Corda singola in “moulinette”
Consiste nel legare un capo della corda alla base del tronco per poi risalire l’altro con speciali bloccanti collegati all’imbragatura. Un bloccante (ventrale) sarà attaccato all’anello centrale dell’imbragatura, l’altro detto maniglia deve essere sempre posto sopra il bloccante ventrale e collegato all’imbrago con un cordino per fornire due punti d’ancoraggio lungo la corda. Questo scorrerà sulla corda. Collegato ad una staffa per il piede ci permetterà di risalire semplicemente distendendo le gambe. In ordine di movimento si deve caricare il peso sul bloccante ventrale, alzare le gambe spingendo la maniglia verso l’alto con le mani e drizzarsi spingendo col piede nella staffa. Il ventrale scorrerà lungo la corda mantenendoci nella posizione guadagnata. Il metodo in “moulinette” presenta il vantaggio d’essere velocissimo nel fissaggio della corda. Infatti, mantenendo più biforcazioni sotto se stesso non pone il problema del fissaggio ad un’unica forcella cosa spesso molto complicata da compiersi col sagolino. È necessario però usare forcelle estremamente sicure perché dove passa la corda viene esercitato un carico doppio rispetto al peso dell’operatore. Inoltre durante i lavori, la corda che scende a terra può essere inavvertitamente danneggiata con tutti i rischi che ne conseguono. È quindi consigliabile utilizzare una seconda corda una volta arrivati in quota, tenendo quella di risalita come via d’emergenza.
Corda singola a “strozzo”
Rende necessario avere i due capi corda che scendono paralleli e senza rami che li dividano. Fatto passare il primo capo corda appena oltre la forcella, si deve creare un’asola nella corda a livello del terreno e agganciarvi un moschettone. Successivamente facendo passare il sagolino nel moschettone si può completare il recupero del capo corda. Scendendo passerà nel moschettone che a sua volta salirà a strozzare la forcella. Fatto questo si può salire lungo il capo corda con i bloccanti meccanici. Tra i vantaggi di questo metodo vi è la possibilità di ancorarsi a tronchi perfettamente privi di rami e la possibilità per un soccorritore di salire per il capo di recupero. Tra gli svantaggi la necessità di mantenere le due corde parallele senza rami tra loro.
Corda doppia su falsa forcella
La falsa forcella è costituita semplicemente da una fettuccia con alle estremità due moschettoni. Tale attrezzo va posto a cavallo di una branca principale per farvi scorrere dentro i suoi moschettoni la corda. Per fissare la corda bisogna prima fissare la falsa forcella con una manovra di sagolino particolare. Fatto passare il sagolino sulla branca, far calare il sacchettino a terra. Ora prendere la falsa forcella ed agganciarla tramite il moschettone a corpo stretto sopra il sacchettino. Questo moschettone impedisce al sacchettino di passarvi attraverso potendo cosi sorreggere la falsa
forcella. Prima di ritirare il sacchettino, agganciare l’altro moschettone al sagolino opposto di recupero formando un anello chiuso attorno alla branca. Ora ritirare il sagolino. Il pesino trascinata la falsa forcella sulla branca, per forza di gravità calerà a terra, dove verrà sostituito con il capo di corda. Ritirando il sagolino la corda passerà esattamente all’interno della falsa forcella fissando il tutto. La falsa forcella si rende necessaria per far si che la corda passi sotto la branca preservandola da dannose abrasioni. Durante la risalita, la corda potrà così scorrere più agevolmente all’interno dei moschettoni. Infatti, nonostante si possa risalire su corda singola mandando a strozzo la stessa sulla falsa forcella, solitamente si usa la corda doppia. La corda doppia è la tecnica madre del tree- climbing. Si appella doppia perché si utilizzano entrambi i capi che penzolano dalla forcella. La parte terminale di un capo asolato è fissato all’imbragatura, mentre l’altro scorre in un bloccante meccanico o in un nodo a frizione anch’esso fissato all’imbrago. I moschettoni della falsa forcella funzionano quindi come una carrucola. Per risalire la corda doppia si utilizza normalmente i footlock. Il footlock è una tecnica che permette di risalire due corde parallele bloccando la fune tra i piedi. Il metodo classico, prevede l’uso di un lungo anello di cordino, che viene legato alla corda doppia con un prusik (nodo a frizione) e utilizzato solo come sicurezza. Il climber tenendosi con le braccia, alza le gambe e blocca la corda tra i piedi per poi alzarsi spingendo il nodo in alto. Questo metodo è molto faticoso ma anche molto veloce. Nel footlock è consigliabile sostituire il nodo con una doppia maniglia o altri bloccanti. Questa ha lo scopo di sorreggere il nostro peso nella fase d’alzata delle gambe, cosa che avverrebbe con le braccia utilizzando un nodo a frizione (è possibile farlo anche con il nodo, ma il peso lo manderebbe in tensione rendendo difficile il proprio scorrimento, rallentando la salita). Il metodo con la corda doppia presenta anche la possibilità di usare il body thrust, tecnica che si utilizza per risalire di brevi tratti durante lo spostamento in pianta. Si devono appoggiare i piedi alla pianta, compiendo piccoli passi fino a disporsi in modo orizzontale con il corpo. Muovendo il bacino verso l’alto, tirando la fune e spingendo il nodo è possibile recuperare brevi tratti di corda. Questa tecnica essendo una camminata “verticale”, non è attuabile quando ci si trova sospesi nel vuoto.
Con ramponi
È un sistema utilizzabile solamente in fase d’abbattimento a causa delle profonde ferite che infliggono le punte. Certe palme sfuggono a questo criterio grazie alla loro struttura. Si usano ramponi da arboricoltura, con punte interne ai piedi provvisti di protezioni per i polpacci.
Con bicicletta
È un sistema che usa al posto dei ramponi degli speciali bloccanti per i piedi, in grado di scorrere e bloccarsi sul tronco. Questo sistema permette di salire molto velocemente e in sicurezza soprattutto palme. Di concezione nuova per noi, ma non per gli indios che utilizzavano sistemi simili nella salita d’alberi spinosi.
SPOSTAMENTO E DISCESA
Finita la salita e arrivati al punto d’ancoraggio, se si usa la corda singola prima di effettuare qualsiasi spostamento è necessario posizionare il discensore, per mettersi in sicurezza e prepararsi alla discesa. Nella corda doppia il nodo a frizione se si è saliti con bloccanti meccanici.
La doppia via
Tecnica di spostamento molto severa che sfrutta come dice il nome due ancoraggi contemporaneamente, consentendo di raggiungere le parti più esterne della pianta e il passaggio da un albero all’altro posto a notevoli distanze senza dover scendere. È effettuabile sia con corda singola sia doppia. Per eseguire la doppia via, è necessario far passare l’estremità libera della nostra corda attorno al ramo, o alla forcella che servirà da ancoraggio secondario. Usando la corda singola, l’estremità libera sarà la corda di recupero se l’ancoraggio è a strozzo. Per spostarsi lungo la seconda via basta applicarvi i bloccaggi o un nodo a frizione. Salendo lungo la seconda via, per non restare bloccati bisogna dar corda nella prima azionando il discensore.
La discesa
Non vi sono particolari tecniche di discesa, a parte la corda doppia con nodo a frizione bensì numerosi discensori. La scelta del discensore deve cadere sull’affidabilità dello stesso che dovrà essere autobloccante.
A cura di Xxxx Xxxx Xxxxxx - Istruttore Master FISSS
DOCUMENTO 3
CORDE E IL LORO USO nell'outdoor experience
Classificazione:
Le corde usate per sostenere persone si possono dividere in due classi:
-corde dinamiche
-corde semistatiche.
La loro differenza consiste nella diversa capacità di allungamento.
Corde semistatiche
Le corde semistatiche, spesso chiamate per errore statiche, sono caratterizzate da un allungamento moderato che permette loro di assorbire sufficiente energia per arrestare cadute sino al fattore 0,3 (vedi più avanti).
Si usano nei contesti di calata e risalita per lavori in sospensione, manovre di recupero con uso di paranchi; nelle situazioni cioè che non prevedono lasco di corda.
Allungamento: corda con diametro 10,5 allungamento 3%(carico di 150 Kg. con precarico di 50 Kg, Beal mod. Antipodes)
Corde dinamiche
Le corde dinamiche sono caratterizzate da una maggiore capacità dinamica ed ammortizzante; sono in grado di assorbire l’urto di cadute con fattore superiore a 0,3
Si usano per attività di arrampicata, contesti nei quali la caduta, con relativa perdita di quota, è un evento ricorrente.
Allungamento: corda con diametro 10,5 allungamento 7,6%(carico di 80Kg.,allungamento alla prima caduta 35%, Beal modello Top Gun)
Una corda è composta dalla calza e dall’anima
La calza, la parte visibile della corda, circonda e protegge l'anima. La calza è costituita da gruppi di fili: i fusi.
A parità di diametro della corda, un numero di fusi elevato conferisce migliori caratteristiche dinamiche, mentre un numero di fusi basso conferisce una migliore resistenza agli sfregamenti.
La percentuale della calza va approssimativamente dal 36% al 44% del volume totale della corda.
Durata media di una corda :
- da 3 mesi a 1 anno in caso di utilizzo intensivo
- da 2 a 3 anni in caso di utilizzo medio
- da 4 a 5 anni in caso di utilizzo occasionale.
In ogni caso, il tempo di utilizzo della corda non deve mai superare 5 anni.
Una corda mai utilizzata, conservata per più di 10 anni può subire un danno irreparabile, lesionarsi la prima volta che viene utilizzata.
Conservazione
Le corde vanno conservate in ambiente fresco, buio e asciutto
CONCETTI INDISPENSABILI
Fattore di caduta
E’ il rapporto tra la lunghezza della caduta di un corpo e la lunghezza del tratto di corda compresa fra ancoraggio all’imbraco e ancoraggio al punto di assicurazione.
La durezza della caduta non dipende dall'altezza della caduta ma da questo rapporto, in quanto maggiore è la lunghezza di corda, più questa può allungarsi per ammortizzare la caduta.
Per una stessa caduta si hanno dunque due fattori di caduta differenti e quindi incidenze più o meno pesanti per l’arrampicatore e la catena di assicurazione
Forza di arresto
È la forza trasmessa all'arrampicatore al momento dell'arresto della sua caduta.
Si trasmette lungo la corda verso i punti di ancoraggio, i moschettoni e la persona che assicura.
È la capacità della corda di assorbire l'energia della caduta che permette di far abbassare la forza di arresto e quindi di attenuarne gli effetti.
Di conseguenza la qualità di una corda dinamica si giudica dalla sua capacità di generare una forza di arresto bassa e di conservare questa qualità caduta dopo caduta.
La forza di arresto della corda aumenta con il numero delle cadute e con l'utilizzo. Più si sceglie una corda con forza di arresto bassa, più a lungo potrà essere utilizzata.
Il peso di un corpo (definito come la sua massa sottoposta all’accelerazione di gravità) è una forza.
L’unità di misura della forza di arresto è il Xxxx Xxxxxx (KN) 1KN=100 kg forza.
Il corpo umano può sopportare decelerazioni sino ad un massimo di 12 KN;
Per una corda intera le norme (CE e UIAA) impongono un valore massimo di 12 KN alla prima caduta con un fattore 2 e massa di 80 Kg.
Variazione della forza d’arresto
Caduta dopo caduta le capacità dinamiche della corda diminuiscono e quindi la forza di arresto aumenta.
Una corda con una forza di arresto massima bassa conserverà sufficienti proprietà dinamiche molto più a lungo di un altra corda
Secondo la normativa internazionale di sicurezza UIAA, la corda dinamica a norma deve resistere a 5 cadute in sequenza con fattore 2, con carico di 80 Kg.
Ovvero dopo 5 cadute è possibile che la corda non riesca a sopportare ulteriori sollecitazioni.
Allungamento
Secondo le norme vigenti una corda dinamica non deve superare l'8 % (diametro 9,4-12,5) e il 10
% (diametro 8-9) sotto un carico di 80 Kg.
È l’ allungamento che permette ad una corda di assorbire l'energia della caduta.
In fase di produzione la caratteristica dell’allungamento viene tuttavia limitata ai valori sopra esposti affinché la corda non diventi un elastico.
Le due forza si sommano
In caso di caduta (corda bloccata su un ancoraggio dell’assicuratore A e a scorrere su un moschettone bloccato su un ancoraggio b ancoraggi A e B in linea ) l’ancoraggio b e la corda subiscono l’azione combinata del corpo in caduta e del peso della persona che assicura.
Carico di rottura con nodo
Nell’uso pratico delle corde il dato relativo al suo carico di rottura non va usato come un assoluto, ma bisogna tener conto della riduzione sulla resistenza che i vari nodi causano.
Su corda semistatica da 11mm., ancoraggio con nodo ad otto (nodo con basso fattore di sollecitazione)
carico di rottura 3000Kg,
resistenza con nodo ad otto 2200Kg. (Beal modello Antipodes).
GLI ANCORAGGI DI PARTENZA E DI ARRIVO PER PASSAGGI SU CORDE ORIZZONTALI
Nella costruzione di un passaggio in corda, in ambiente naturale, è indispensabile verificare e valutare i punti di ancoraggio e se ci sono tutti i presupposti per effettuare le attività in condizioni di massima sicurezza.
Operando in ambienti boschivi sono per Lo più gli alberi a svolgere la funzione di punto di ancoraggio, questi devono trovarsi sui lati opposti di una depressione e circa alla stessa altezza
Una volta individuate le piante si passa ad una verifica di stabilità delle piante stesse.
Le valutazioni statiche e dinamiche della pianta possono essere fatte con due metodologie.
1) Confrontando i dati sul campo con quelli derivanti da modelli sperimentali , cioè usando tabelle di riferimento, oppure
2) Dove si vuole allestire un passaggio in corda, permanete, è possibile commissionare verifiche strumentali a tecnici specializzati (metodo SIM)
Nel primo caso diamo alla pianta, una valutazione visiva riguardante la specie di appartenenza, l’altezza, il diametro, la dimensione della chioma, lo stato di salute, eventuali lesioni sul fusto, la posizione sul terreno e il tipo di terreno.
Conoscere la specie di appartenenza è fondamentale ad esempio la Quercus robur ha la capacita di resistere alla compressione di 2,8 KN/cm 2 mentre l’ Aesculus hippocastanum ad 1,4 KN/cm 2 praticamente il doppio. Diverso è anche il loro comportamento elastico.
Nella tabella sotto riportata sono elencate specie arboree indigene dei nostri boschi, ma anche piante non tipiche che si possono ritrovare nei giardini o nei parchi cittadini .
Specie | Modulo di elasticità in kN/cmq | Carico di rottura alla compressione in kN/cmq | Limite di elasticità in percentuale | Valore Cw proposto |
Abete bianco | 950 | 1,50 | 0,01 | 0,20 |
Acero montano | 850 | 2,50 | 0,02 | 0,25 |
Acero americano | 560 | 2,00 | 0,03 | 0,25 |
Acero campestre | 600 | 2,56 | 0,43 | 0,25 |
Acero da zucchero (o Acero del Canada) | 600 | 2,00 | 0,02 | 0,25 |
Ippocastano | 525 | 1,40 | 0,02 | 0,35 |
Ailanto (o Albero del Paradiso) | 640 | 1,60 | 0,25 | 0,15 |
Olmo comune | 800 | 2,00 | 0,25 | 0,25 |
Betulla bianca | 705 | 2,20 | 0,31 | 0,12 |
Carpino bianco | 880 | 1,60 | 0,01 | 0,25 |
Castagno europeo | 600 | 2,50 | 0,03 | 0,25 |
Cipresso di Xxxxxx | 735 | 2,00 | 0,27 | 0,20 |
Cedro dell’Himalaya | 765 | 1,50 | 0,20 | 0,20 |
Faggio europeo | 850 | 2,25 | 0,02 | 0,25 - 0,30 |
Frassino maggiore | 625 | 2,60 | 0,42 | 0,20 |
Larice comune | 535 | 1,70 | 0,32 | 0,15 |
Liriodendro | 500 | 1,70 | 0,02 | 0,25 |
Abete rosso (o peccio) | 900 | 2,10 | 0,02 | 0,20 |
Abete rosso di Serbia | 900 | 1,60 | 0,01 | 0,20 |
Pino marittimo | 850 | 1,80 | 0,21 | 0,20 |
Xxxx xxxxxxxxx | 580 | 1,70 | 0,02 | 0,15 |
Platano occidentale (o americano) | 625 | 2,70 | 0,03 | 0,25 |
Pioppo nero | 652 | 2,00 | 0,02 | 0,20 |
Pioppo bianco | 640 | 2,00 | 0,31 | 0,20 |
Abete di Xxxxxxx | 1000 | 2,00 | 0,20 | 0,20 |
Farnia | 690 | 2,80 | 0,03 | 0,25 |
Robinia (o falsa acacia o gaggia) | 705 | 2,00 | 0,02 | 0,15 |
Salice bianco | 775 | 1,60 | 0,21 | 0,20 |
Sequoia gigante | 455 | 1,80 | 0,40 | 0,20 |
Sofora del Giappone | 645 | 2,00 | 0,31 | 0,15 |
Sorbo montano | 600 | 1,60 | 0,27 | 0,25 |
Tiglio nostrano | 800 | 2,00 | 0,25 | 0,25 |
Tiglio selvatico | 830 | 2,00 | 0,24 | 0,25 |
Olmo montano | 570 | 2,00 | 0,35 | 0,25 |
Criteri di stima dell’affidabilità degli alberi di ancoraggio.
E’ fondamentale stimare la salute dell’albero e soprattutto sarebbe importante cogliere dalla pianta quei segnali che possono raccontare la sua storia passata , in modo da poter stabilire se essa ha subito danni tali che possono aver alterato le caratteristiche specifiche.
L ‘albero nel corso della sua vita può subire traumi di vario genere, dalla siccità, al gelo, al vento, attacchi parassitari, urti,etc…
Le piante possono portare i segni che consentono di risalire alla causa che li ha generati, come tagli, necrosi, gommosi, etc.., ma è anche possibile che questi segni non siano ben evidenti.
Osservando la struttura architettonica della pianta e confrontandola con quella tipica della specie è possibile evidenziare delle anomalie che possono far pensare a possibili episodi che hanno dato sofferenza alla pianta
Ad esempio uno dei sistemi di difesa della pianta è la reiterazione ritardata,o meglio, in risposta a lesioni che hanno compromesso alcune parti della pianta, abbiamo lo svilupparsi di gemme dormienti, che danno origine a nuove cacciate o polloni (caso in cui le gemme siano quelle basali ) Alla vista si può notare che la pianta ha subito un abbassamento della chioma, assumendo un aspetto non usuale Se il trauma è avvenuto nel breve periodo si possono notare anche parti secche o sofferenti Nel caso delle conifere non avremo delle cacciate nuove, ma possiamo avere eccessive emissioni di resina che stanno ad indicare una sofferenza corticale. Altre indicazioni possono essere: lo scarso sviluppo delle foglie, che non raggiungono le misure standard o che presentano colorazioni tendenti al giallo. Queste sono, in genere, sintomi di un attacco parassitario o carenza di sali minerali con conseguente, possibile, alterazione delle capacità strutturali
Non avendo la possibilità di un analisi strumentale, è meglio evitare l’uso di queste piante come punti di ancoraggio.
E’ il legno verde che svolge la funzione meccanica del fusto dei rami e dell’apparato radicale primario, in particolar modo sono gli ultimi anelli di accrescimento che sono soggetti a stress meccanici, alla compressione e alla trazione quindi è fondamentale osservare lo stato della corteccia e la presenza di ferite, vecchie o recenti.
DIFETTI POSSIBILI
Congeniti sia genetici che ambientali.
I difetti genetici si evidenziano nelle popolazioni tipiche di una vallata o di un territorio (ad. Esempio i larici a due teste sono presenti solo in alcune vallate del Cuneese e non nel Torinese).
I difetti ambientali sono dovuti a cadute di materiali che possono compromettere ad esempio il tronco in crescita (inclinazioni).
La gravità dei difetti è il calcolo di quanto incide il difetto sul raggio della pianta (detto anche fattore R).
Quindi possono presentarsi 1) una depressione del tronco (il tronco non cresce rotondo); 2) una cavità del tronco ossia la presenza di un evento traumatico che ha modificato l’essenza legnosa (cioè ha tolto legno nella parte colpita); 3) un buco interstiziale, ossia la mancanza di legno o di libro non localizzato ma presente su tutta la pianta.
L’origine ovviamente è da definire ma di solito sono presenti diverse concause.
Valutazione dell’apparato radicale.
La valutazione dell’apparato radicale è legata a ciò che riusciamo a cogliere in superficie. Indicativamente lo sviluppo dell’apparato radicale è correlato allo sviluppo della chioma e può essere dimensionato proiettando l’ombra di questa a terra Quindi maggiore è la chioma maggiore sarà lo sviluppo delle radici. Nei boschi cedui (particolarmente fitti)o nelle zone di bosco poco irraggiate dal sole abbiamo un notevole sviluppo verticale e scarso sviluppo orizzontale, le chiome sono molto ridotte e di conseguenza anche il sistema delle radici Nella scelta delle piante a cui agganciarsi potremo tenere conto di questo scegliendo alberi che si trovano isolati o quelli che hanno una maggiore area di sviluppo Inoltre le piante che sono cresciute in situazione di alta densità, hanno una minore capacità flettente e minore capacità di tenuta dell’apparato radicale in quanto essendo l’una appoggiata all’altra sono meno sollecitate dal vento, non hanno, se non in modo molto limitato, quella che si chiama ginnastica funzionale. I tessuti non si adattano diventando meno capaci di resistere a spinte maggiori.
Nei tagli boschivi le piante cosiddette matricine o meglio piante che vengono risparmiate dal taglio e lasciate per la produzione di seme, non avendo più la funzione di frangi vento dalle compagne vicine, sono più soggette a fratturazione quando vengono investite da raffiche di vento, mostrando una maggiore fragilità rispetto a piante della stessa specie ma isolate. Lo sviluppo delle piante è una risposta alle sollecitazione provenienti dall’ambiente
L’apparato radicale si sviluppa maggiormente a monte nelle piante che crescono su terreno in pendenza cosi come avremo maggiore sviluppo, dello stesso, in direzione sopravvento.
Tutte queste osservazioni possono servire ad individuare quella piante più adatte a sostenere trazioni e adattare la struttura che dobbiamo costruire
Certificazione della resistenza alla rottura e allo sradicamento
Per coloro che hanno intenzione di costruire strutture permanenti è possibile fare analisi strumentali con il cosiddetto sistema (SIM ). E’ una prova statica che valuta la resistenza alla rottura e allo
sradicamento. E’ un sistema non distruttivo che consiste nel posizionare un elastomero sul fusto ed un inclinometro sul colletto. Attraverso un paranco bloccato ad un punto fisso ed ad una quota stabilita sull’albero, si esercita una tensione rilevabile da un dinamometro. Dall’elastomero viene rilevato l’allungamento e l’accorciamento delle fibre. Spostando lo strumento in varie parti è possibile determinare l’eventuale presenza di punti più deboli I valori ottenuti vengono integrati e confrontati con misurazioni e dati specifici estrapolati dalle tabelle dei legni di Stoccarda, dopodiché elaborati al calcolatore per individuare i carichi di rottura
Con l’inclinometro che viene posizionato sul colletto, poco sopra il profilo del terreno, si determina la resistenza dell’apparato radicale allo sradicamento.
Posizionamento delle corde sul tronco
Un altro fattore importante è l’altezza a cui la corda viene bloccata sull’albero. La trazione determinata dalla tensione della corda e dal peso su di essa vincolato creano un momento flettente
Mf = F * h
direttamente proporzionale all’altezza, quindi per una maggiore sicurezza e capacita di tenuta è meglio posizionare le corde il più basso possibile
A seconda del tipo di passaggio avremo altezze diverse per la posizione delle corde
Nel passaggio alla marinara (una corda orizzontale con eventuale corda di sicurezza superiore) la corda portante deve essere posta ad un altezza di circa 150- 160 cm rispetto al livello suolo o pedana E’ questa la quota necessaria per le manovre di partenza mentre per quelle di arrivo è preferibile aumentare questa quota intorno ai 170 cm per evitare il contatto con terreno o piazzola, in caso di arrivo in posizione dorsale dovuta a ribaltamento. La corda di sicurezza può avere un' altezza variabile, ma ricordare il momento flettente.
Nel passaggio a corde parallele (tirolese) l’altezza della corda bassa (appoggio per i piedi) può essere teoricamente di pochi centimetri (ma va protetta la corda dalle abrasioni derivate dal contatto con la pedana\punto di partenza) mentre per la seconda corda l’altezza è in funzione dell’altezza di coloro che devono transitare, mediamente 1,60- 1,80 dobbiamo tenere in considerazione la divaricazione delle corde mano a mano che chi attraversa si avvicina al centro del passaggio
Protezione dei punti di ancoraggio
Come abbiamo visto l’alterazione della corteccia compromette o danneggia la crescita dell’albero, è cosi necessario la protezione della parte che si trova a contatto con la corda.
Maggiore è la superficie di contatto minore sarà la pressione esercitata sui punti di contatto. Possiamo aumentare la superficie attraverso: nodi particolari; fasce di ancoraggio; interposizione di materiale deformabile ( gomma, stoffa ) o semirigido ma che riesca comunque a distribuire il peso
su una superficie maggiore, ad esempio stecche di legno (largh.3-4 cm spes.3 cm lung. 50 – 60cm) gommate sulla faccia di contatto e collegate tra loro per facilitare l’apposizione sul tronco e per distribuirle in maniera uniforme. (Abbiamo realizzato una protezione che porteremo come proposta all’incontro.)
Controventatura dei punti di ancoraggio
Se il momento flettente è troppo elevato o gli alberi di ancoraggio sono sottili diventa necessario rinforzare la struttura controventando a terra.
Attraverso paranchi possiamo caricare l’albero in senso opposto alla trazione del ponte, in modo da controbilanciare l’effetto determinato dal momento flettente. La posizione giusta di bloccaggio sull’albero della o delle corde di controvento è a metà tra la corda del passaggio e quella di sicurezza
Doppia controventatura
E’ preferibile fare una doppia controventatura.
I paranchi devono essere ancorati ad alberi posizionati dietro all’albero interessato sul colletto in modo da non avere Mf in quanto posto ad altezza 0.
Attenzione all’angolo
Va posta attenzione all’angolo che le corde dei due paranchi formano Se l’angolo è inferiore ai 50° abbiamo una ripartizione del 50% + 50% di sui due paranchi (carico 100) . A 68° abbiamo 58%+ 58% (carico 116) A 90° 71%+71% (carico 141).
Il carico raddoppia
Con un angolo di 120° abbiamo una ripartizione del 100% su entrambi
Evitare quindi angoli superiori ai 60 gradi in quanto l’azione svolta dai controventi diventa inutile o poco efficiente.
Altezza utile all’uscita dalle pedane
Alla pedana di partenza e a quella di arrivo dobbiamo valutare la distanza utile in caso di ribaltamento o caduta, in modo da evitare un eventuale contatto con il terreno.
E’ possibile calcolare la flessione della corda , ma essendo questo un parametro variabile dal peso del corpo agganciato alla corda di passaggio e dalla tensione di quest’ultima si rende necessario verificare sul campo apponendo un peso di 100 kg e prendere i debiti accorgimenti.
Ancoraggio di partenza con doppio parlato (per ripartire la compressione su una superficie maggiore) e chiusura con otto (minore sollecitazione sulla corda).
VISTA DALL’ALTO
Ancoraggio di partenza con doppio parlato (per ripartire la compressione su una superficie maggiore) e chiusura con otto (minore sollecitazione sulla corda).
VISTA FRONTALE
Paranco a due carrucole per tendere corda alta
A cura di Xxxxxxx Xxxxxxxx - Istruttore Master FISSS e Xxxxxxx Xxxxxxxx