Cassazione Civile, sez. II - Sentenza 13 ottobre 2004, n. 20198
Efficacia della dichiarazione ricognitiva di diritti reali
su beni immobili
Cassazione Civile, sez. II - Sentenza 13 ottobre 2004, n. 20198
Pres. Xxxxx - Rel. Mensitieri - P.M. Xxxxxxx (Conf.) - Ric. S. - Res. S. ed altri
Contratti in genere - Requisiti (elementi del contratto) - Forma scritta ad substantiam - In genere - Proprietà reali
- Proprietà - In genere - Negozio di accertamento nel diritto - Efficacia costitutiva - Condizioni - Forma scritta - Necessità
Diritti reali - In genere (nozione, caratteri, distinzioni) - Proprietà reali - Proprietà - In genere - Negozio di accer- tamento nel diritto - Efficacia costitutiva - Condizioni - Forma scritta - Necessità
La possibilità di attribuire efficacia costitutiva ad una dichiarazione ricognitiva dell’altrui diritto domini- cale su un bene immobile (nella specie, contenuta in un contratto di compravendita di altro immobile) presuppone che anche la causa della dichiarazione risulti dall’atto, atteso che, trattandosi di un bene im- mobile per il cui trasferimento è necessaria la forma scritta «ad substantiam», tutti gli elementi essen- ziali del negozio debbono risultare per iscritto.
C
Svolgimento del processo
on atto notificato il 16 novembre 1987 A. S., assumendo di essere comproprietario «pro - co- mune et indiviso» con il fratello M. di un fondo
rustico in agro di Gravina, contrada «Grottemarello o Sotto Castello», acquistato con atto per notar Xxxxxxx del 18 novembre 1972, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bari, il predetto congiunto per sentir di- chiarare sciolta la comunione del fondo in discorso, or- dinare la divisione, attribuire a ciascun condividente la giusta metà, ordinare al convenuto, nel possesso del fondo medesimo, di presentare il conto a far tempo dal 1972.
Costituitosi, M. S. si opponeva alle richieste attoree, di cui chiedeva il rigetto, deducendo che la proprietà im- mobiliare in oggetto non apparteneva soltanto ai due cointestatari, ma a tutti i germani S., in numero di nove. Infatti il fondo de quo era stato acquistato con denaro della società di fatto «M. S. R. dei f.lli S.», cui partecipa- vano in parti eguali i nove fratelli, pur se intestatari ri- sultavano soltanto M. e A.
Sempre la società di fatto aveva edificato sul terreno due capannoni, adibiti a deposito di cereali, possedendoli e gestendoli in proprio, come rilevabile dalla documenta- zione fiscale relativa alla società ed ai singoli soci.
Intanto, con separato atto di citazione, notificato il 21 dicembre 1987, S. D., F., G., G., A., P., G. e G., conve- nivano in giudizio, dinanzi allo stesso Tribunale, i fratel- li M. e A. per sentir dichiarare che il terreno in Gravina,
con i sovrastanti capannoni, era di proprietà comune ed indivisa di tutti e nove i germani S.
Assumevano gli istanti di aver gestito in società di fatto, unitamente ai convenuti, un complesso molitorio in agro di Gravina, ereditato dal padre, e di aver acquistato nell’anno 1972, con danaro della società, un terreno in Gravina, che arbitrariamente i germani M. e A. si erano cointestato con l’intesa, però, che la proprietà del mede- simo sarebbe rimasta a tutti i componenti della società di fatto.
In tale secondo giudizio, nella contumacia di S. M., si costituiva S. A. che contestava la narrativa attrice ed os- servava che a tutto concedere, vertendosi in tema di ne- gozio fiduciario, l’azione esperita doveva ritenersi pre- scritta ex art. 2946 Codice civile.
Riuniti i procedimenti, rigettata dall’istruttore una ri- chiesta di sequestro giudiziario avanzata dall’attore, con riguardo sia ai capannoni concessi in locazione alla As- sociazione provinciale Cerealicola da M. S., qualificato- si rappresentante della società di fatto, sia dei canoni d’affitto, incassati solamente da quest’ultimo, con sen- tenza dell’1° luglio 1995 il Tribunale, previa separazione dei due giudizi, in riferimento a quello n. 10340/87 (re- vindica di comproprietà), accoglieva la domanda e di- chiarava che il fondo rustico de quo e i capannoni appar- tenevano in comune e pro indiviso a tutti i germani S. (7 attori e 2 convenuti), regolava le spese e ordinava la tra- scrizione della sentenza.
Il primo giudice perveniva a tale decisione in considera-
zione della condotta processuale di S. M., per la presa di posizione «contra se» (nel riunito giudizio di divisione promosso da A. egli si era costituito riconoscendo l’ap- partenenza del bene in capo a tutti i nove fratelli), della condotta processuale di A. in ordine alla gestione del be- ne da parte di M., del rigetto del sequestro giudiziario del bene medesimo, della locazione dello stesso ad opera di
M. in qualità di legale rappresentante della s.d.f. «M. S.
R. dei F.lli S.», della documentazione fiscale, della prova documentale di cui alla scrittura del 16 ottobre 1983, ri- cognitiva del patrimonio sociale, e della effettiva titola- xxxx del bene, del negozio fiduciario con riferimento alla figura della «fiducia dinamica».
Proposti gravami, principale da M. S. e incidentale da A. S., con sentenza del 28 gennaio 2000 la Corte d’appello di Bari rigettava l’impugnazione principale conferman- do la gravata sentenza sia pur con parziale diversa moti- vazione, rigettava il gravame incidentale e condannava
A. e M. S. a rifondere in solido agli appellati S. D., G., G., P. e G. G. le spese processuali del grado liquidate in complessive Lire 13.250.000 nonché, allo stato degli at- ti, le spese di lite in favore di S. F., liquidate in comples- sive Lire 12.600.000.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazio- ne M. S. sulla base di un unico articolato motivo, illu- strato da memoria.
Resistono con controricorso D., G. G. e G. S..
Non hanno spiegato attività difensiva in questa sede gli altri intimati.
C
Motivi della decisione
on l’unico motivo di ricorso si denunzia, in rife- rimento all’art. 360 nn. 3 e 5, Codice di proce- dura civile, violazione e falsa applicazione delle
norme e dei principi in tema di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di simulazione del contratto e di elementi caratterizzanti dell’interposizione fittizia di persona, di forma scritta «ad substantiam» e di impossibi- lità di surrogarne gli effetti a mezzo di confessione o di dichiarazione ricognitiva di diritti reali, di ambito di operatività del negozio di accertamento, con conseguen- te omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia.
Osserva il ricorrente:
La Corte barese, fondando la soluzione del caso prospet- tatole sul riferimento ad una interposizione fittizia, senza che la fattispecie della simulazione fosse stata indicata da nessuno dei contraddittori, si era arrogato un compito che non le apparteneva, interferendo nel potere disposi- tivo delle parti, alterando gli elementi obiettivi di iden- tificazione dell’azione, in sostanza introducendo nel pro- cesso un titolo nuovo e diverso da quello enunciato da- gli interessati (come desumibile dallo stesso testo della gravata pronunzia le tesi che si erano contrapposte, ad iniziativa dei diversi contraddittori, erano state - a parte quella del ricorrente evidenziata in una esplicita conclu- sione, riferita alla diretta realtà dell’intestazione in capo
agli acquirenti - o quella di una «intestazione arbitraria» da parte di M. e A. - ipotesi che ovviamente contraddi- ceva alla fattispecie della simulazione, la quale invece suppone una intestazione concordata ovvero quella di una «intestazione fiduciaria» dovesse o meno questa es- sere accostata allo schema del mandato senza rappresen- tanza ad acquistare immobili).
L’assunto della Corte territoriale contraddiceva inoltre con il costante indirizzo giurisprudenziale e dottrinale, che ha sempre riconosciuto che l’interposizione fittizia presuppone un accordo simulatorio trilatero al quale partecipano contraente apparente (interposto), con- traente effettivo (interponente) e controparte, laddove nel caso di specie, per ammissione dello stesso giudican- te, «non era provato che i venditori, di cui al contratto di compravendita del 18 novembre 1972, avente ad og- getto il fondo de quo fossero consapevoli dell’accordo fra compratore e terzi».
Ove anche fosse stato possibile immaginare l’esistenza di un accordo trilatero, necessario a caratterizzare una in- terposizione fittizia, avendo il contratto in questione ad oggetto il trasferimento di un bene immobile, il relativo accordo simulatorio avrebbe comunque dovuto essere documentato per iscritto.
Sulla base di tale premessa, confortata da consolidata giurisprudenza di legittimità, nessuno degli elementi che, sia pur in altra parte della motivazione, il giudice d’appello aveva addotto a sostegno della sua conclusio- ne, poteva essere ritenuto plausibile.
a) Non quello derivante da un ipotizzato riconoscimen- to giudiziale (della titolarità congiunta in capo a tutti i fratelli) da parte di M. e A., non essendo la confessione, da parte dell’interposto, sufficiente a surrogare la manca- ta dichiarazione scritta delle due altre parti dell’accordo, l’interponente e il terzo.
b) Non quella che la sentenza chiamava «documenta- zione fiscale», non potendo di certo la convenienza di tutti i soggetti interessati a tenere un determinato com- portamento nei confronti del fisco incidere sulla effetti- va titolarità dei rapporti «inter partes».
c) Non quella che la impugnata sentenza definiva «la prova documentale, rappresentata dalla scrittura privata 16 ottobre 1983» in quanto, laddove l’interposizione fit- tizia abbia ad oggetto il trasferimento di un bene immo- bile, la prova dell’accordo simulatorio può essere data so- lo attraverso un documento contenente la controdichia- razione che sia sottoscritto da tutte le parti», compreso
«anche il terzo contraente».
In ogni caso non poteva ritenersi plausibile il ragiona- mento in base al quale la Corte barese aveva ritenuto di poter trarre da un documento «ricognitivo del patrimo- nio sociale» - secondo la definizione che ne aveva dato la stessa gravata sentenza - un effetto attributivo di xxxx- larità di contro alle risultanze di un atto pubblico di ac- quisto.
Non poteva essere utilizzato, per conseguire simile risul- tato, lo schema concettuale del negozio di accertamento
in quanto l’atto ricognitivo di una situazione giuridica preesistente, non può essere, di per sé, attributivo di di- ritti, essendo riconducibile la fonte della titolarità esclu- sivamente al rapporto giuridico accertato, fermo restan- do che la previsione di cui all’art. 1988 Codice civile, co- me emerge dalla sua collocazione e dal suo contesto, è dettata per i diritti di obbligazione e non riguarda i dirit- ti reali che, per la diversa rilevanza assunta nel nostro or- dinamento, sono soggetti a disciplina più rigorosa, ed es- sendo comunque radicato il principio che un accerta- mento legato al contenuto di un precedente contratto, non possa che essere compiuto da tutti gli originari con- traenti.
Il ricorso è fondato per le ragioni che qui di seguito van- no ad esporsi.
Va innanzi tutto esclusa, per le considerazioni svolte dal ricorrente e sostanzialmente condivise dagli stessi con- troricorrenti (mancanza della prova che i venditori di cui al contratto di compravendita del 19 novembre 1972, avente ad oggetto il fondo de quo, fossero consape- voli dell’accordo simulatorio tra i compratori - A. e M. S.
- e i terzi - gli altri sette fratelli S.; (mancanza di qualsia- si forma scritta dell’accordo simulatorio medesimo), la configurabilità nel caso di specie, ravvisata dalla Corte barese, della simulazione del contratto suindicato per in- terposizione fittizia di persona (v. tra le tante Xxxx. n. 7187/97, n. 4911/98, n. 5317/98, n. 6451/2000, n.
6480/2002).
Né potrebbe rivivere in questa sede come ipotizzato e ri- chiesto dai controricorrenti, l’ipotesi, già enunciata dal primo giudice, del negozio fiduciario che sarebbe stato concluso tra i germani S., che non presero parte al con- tratto del 1972, e M. e A. S., che sottoscrissero tale con- tratto e acquistarono, quindi, a loro nome la proprietà dell’immobile, giacché, a parte la considerazione che una tale impostazione richiederebbe come correttamen- te osservato dal ricorrente nella memoria depositata ex art. 378 Codice di procedura civile, un rivalutazione dei fatti della causa, inammissibile in sede di legittimità (x. Xxxx. n. 4939/98, n. 17221/2002), essa non potrebbe in nessun caso condurre alla conclusioni invocate nel con- troricorso. Ciò perché la scrittura del 16 ottobre 1983, come atto di accertamento, dovrebbe avere come suo oggetto, non solo il contratto di compravendita del 1972, cui esso risulta riferirsi, ma anche il pactum fiduciae che, invece, dovrebbe esser provato con un atto scritto avendo come oggetto un bene immobile (x. Xxxx. n. 6024/93, n. 1086/95, n. 9849/2000).
A tale scrittura, in assenza di qualsivoglia forma di re- vindica di uno o più beni in essa enucleati, da parte di terzi estranei alla società di fatto costituita tra i nove fra- telli S. e in difetto, soprattutto di qualsivoglia forma del pur minimo disconoscimento della stessa, da parte di uno qualsiasi dei sottoscrittori, il giudice d’appello ha at- tribuito una valenza autonoma, fra le parti, tale da non richiedere alcun sostegno, con riferimento a titoli e ne- gozi pregressi, per esprimere ed affermare la propria pie-
na ed autonoma efficacia, sì da giustificare una declara- toria giudiziale negli stessi termini operati dal Tribunale, che a tutti e nove i germani S. aveva attribuito la pro- prietà del fondo rustico de quo, con gli entrostanti ca- pannoni e pensilina.
Senonché, come evidenziato dallo stesso M. S. in ricor- so, è principio giuridico costantemente affermato da questa Suprema Xxxxx (x. xx xxxxxx, xx xxxxxxxx x. 000/00, n. 2611/96, n. 8365/2000) quello secondo il quale la possibilità di attribuire efficacia costitutiva ad una dichiarazione ricognitiva dell’altrui diritto domini- cale su un bene immobile, presuppone che anche la causa della dichiarazione risulti dall’atto, atteso che, trattandosi di un bene immobile per il cui trasferimento è necessaria la forma scritta «ad substantiam», tutti gli elementi essenziali del negozio debbono risultare per iscritto.
È certo, infatti, secondo il sistema del diritto privato, che l’atto ricognitivo di diritti reali non può essere ricompre- so tra i mezzi legali di acquisto della proprietà, configu- randosi invece come semplice atto dichiarativo che, in quanto tale, presuppone che il diritto stesso effettiva- mente esista secondo un titolo, onde, in difetto di tale ti- tolo, che ne attesti e provi, secondo le forme ed i mezzi previsti dall’ordinamento, l’esistenza, esso non può crearlo e nemmeno rappresentarlo se non a quest’ultimo effetto, attraverso l’esplicito richiamo e la menzione del titolo stesso.
Nel riconoscimento in capo a tutti e nove i fratelli S. della comproprietà dell’immobile, acquistato in via esclusiva da A. e M. S. con il rogito Berloco del 18 no- vembre 1972, la qui gravata sentenza è dunque erronea in diritto e, in relazione a tale accertamento dev’essere cassata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione del- la Corte d’appello di Bari, che provvederà altresì in ordi- ne alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio, ad altra Sezione della Corte d’appello di Bari.
IL COMMENTO
di Xxxx Xxxxxxxxx
L’Autore illustra la posizione assunta dalla giurispru- denza e dalla dottrina in relazione all’efficacia della dichiarazione ricognitiva di diritti reali su beni im- mobili, aderendo sostanzialmente all’interpretazio- ne fatta propria dalla sentenza in epigrafe, secondo cui l’atto ricognitivo non è di per sé idoneo a trasfe- rire la proprietà né a sostituirsi all’originale titolo costitutivo del diritto ma, anzi, presuppone la sussi- stenza del titolo stesso, che deve necessariamente ri- vestire la forma scritta.
La pronuncia in epigrafe
È priva di rilevanza probatoria la scrittura privata con cui l’intestatario di un bene immobile, acquistato con valido atto di acquisto, riconosce in capo a terzi la pro- prietà del bene medesimo, qualora il titolo costitutivo del diritto riconosciuto non rivesta la necessaria forma scritta ad substantiam: è quanto afferma la sentenza in epigrafe, originata dalla seguente vicenda.
I germani S., in numero di nove, partecipano in par- ti uguali ad una società di fatto di cui, però, risultano «in- testatari» soltanto due dei fratelli: A. e M.
Nel 1972, per atto pubblico e con denaro della so- cietà di fatto, A. e M. acquistano un fondo rustico, inte- standolo a se stessi, ma con l’intesa che la proprietà del medesimo sarebbe rimasta a tutti i nove fratelli.
Infatti, nel 1987, A. propone domanda di divisione del fondo nei confronti di X., quale cointestatario del bene stesso, ma il convenuto si oppone alla richiesta, de- ducendo proprio la contitolarità del bene in capo a tutti i nove germani.
Intanto, gli altri sette fratelli convengono in giudizio
A. e M. per sentir dichiarare che il terreno in questione, con i sovrastanti capannoni, è di proprietà comune ed indivisa di tutti i germani S., producendo in giudizio, ol- tre alla documentazione fiscale della società di fatto e dei suoi singoli appartenenti, una scrittura privata «ricogni- tiva del patrimonio sociale e dell’effettiva titolarità del bene».
Resta contumace M., mentre X. eccepisce la prescri- zione dell’azione, ex art. 2946 Codice civile, basata sulla esistenza di un negozio fiduciario.
La sentenza di primo grado accoglie la domanda dei sette attori, in considerazione della condotta processuale contra se tenuta da M. nell’azione di divisione in cui era stato convenuto - nel frattempo riunita e poi separata dalla domanda di rivendica -, della documentazione fi- scale relativa alla società di fatto, della scrittura privata ricognitiva e del negozio fiduciario, ritenuto operante tra i fratelli acquirenti del bene e gli altri esclusi dalla vendi- ta, secondo lo schema della «fiducia dinamica».
Confermando la sentenza appellata, anche i Giudici di secondo grado dichiarano la contitolarità dell’immo- bile in capo a tutti i nove fratelli, ritenendo la dichiara- zione ricognitiva sufficiente ad accertare la simulazione del contratto di vendita per interposizione fittizia.
M. ricorre in Cassazione.
La Suprema Corte cassa con rinvio la sentenza impu- gnata, ritenendola erronea in diritto relativamente al ri- conoscimento in capo a tutti i nove fratelli della com- proprietà dell’immobile.
Oggetto di censura è la rilevanza attribuita dal giudi- ce di appello alla dichiarazione ricognitiva in questione, ritenuta autonomamente idonea a sorreggere la pretesa traslativa dei sette fratelli esclusi dall’atto di vendita.
La Suprema Corte, in contrasto con le soluzioni di merito, afferma l’insufficienza della dichiarazione rico- gnitiva a provare la simulazione della vendita per inter- posizione fittizia; l’inidoneità della stessa scrittura a di- mostrare l’esistenza dell’ipotizzato negozio fiduciario tra i due fratelli intestatari del bene e gli altri sette; e comun- que l’impossibilità della dichiarazione ricognitiva di pro- durre effetti costitutivi, perché non sorretta da causa espressa in forma scritta.
Le ragioni sono le seguenti.
L’interposizione fittizia di persona è esclusa dalla Cas- sazione per mancanza di prova dell’indispensabile accor- do simulatorio tra contraente apparente (interposto), contraente effettivo (interponente) e terzo (venditore), considerato come elemento costitutivo dell’interposizio- ne stessa.
La dichiarazione ricognitiva in questione, infatti, li- mitandosi al riconoscimento della contitolarità del fon- do in capo a tutti i germani, non fornisce la prova dell’e- ventuale accordo simulatorio trilatero fra il venditore, gli acquirenti formali dell’immobile e gli altri germani esclusi dalla compravendita, accordo che pertanto reste- rebbe tutt’al più presupposto, ma non dimostrato.
In ogni caso, sempre secondo la Cassazione, l’accor- do simulatorio medesimo avrebbe dovuto necessaria- mente rivestire la forma scritta, vertendo su contratto avente per oggetto il trasferimento di bene immobile.
Come anticipato, è nondimeno escluso il negozio fi- duciario che, secondo la prospettazione dei controricor- renti, sarebbe stato concluso tra i germani esclusi dalla compravendita e i due germani che vi presero parte ac- quistando a proprio nome la proprietà dell’immobile.
«Una tale impostazione», afferma infatti la Corte, non solo «richiederebbe una rivalutazione dei fatti della causa, inammissibile in sede di legittimità» ma non po- trebbe, in ogni caso, condurre alla soluzione invocata dai controricorrenti, giacché «la scrittura del 16 ottobre 1983, come atto di accertamento, dovrebbe avere come
suo oggetto, non solo il contratto di compravendita del 1972, cui esso risulta riferirsi, ma anche il pactum fiduciae che, invece, dovrebbe essere provato con atto scritto, avendo come oggetto un bene immobile».
Tale rilievo, per la verità più enunciato che motiva- to, esclude l’efficacia di accertamento in capo alla scrit- tura in ragione dell’omessa menzione dell’accordo fidu- ciario sotteso alla dichiarazione - ovvero la causa della stessa - e costituisce l’occasione per la Suprema Corte di sottolineare l’errore di diritto commesso dai giudici di merito nella soluzione del caso: l’aver attribuito valenza autonoma e costitutiva, tale da oltrepassare il tenore let- terale di un atto pubblico di vendita ed inficiarne gli ef- fetti, ad una dichiarazione ricognitiva di diritti reali al- trui su bene immobile dalla quale non risulti per iscritto la causa della dichiarazione stessa.
La critica è sorretta dal principio, già enunciato dalla Suprema Corte - ed, anzi, «costantemente affermato» stando alle parole utilizzate dalla stessa - secondo cui una dichiarazione ricognitiva di diritti reali altrui su bene im- mobile può produrre effetti costitutivi a condizione che la causa della dichiarazione risulti dall’atto, posto che, trattandosi di bene immobile, tutti gli elementi del ne- gozio debbono risultare per iscritto.
Principio fondato - secondo la Corte stessa - sulla na- tura dichiarativa dell’atto ricognitivo di diritti reali e sul- la conseguente esclusione di quest’ultimo dai mezzi lega- li di acquisto della proprietà.
L’errore della sentenza di appello, dunque, sarebbe stato quello di attribuire efficacia di titolo costitutivo ad una dichiarazione che non costituisce titolo ma che, semplicemente, lo presuppone.
Interposizione fittizia di persona e negozio fiduciario
La pronuncia in epigrafe è incentrata sull’efficacia probatoria della dichiarazione ricognitiva al fine di poter escludere, anzitutto, un’interposizione fittizia di persona.
Il necessario presupposto dell’interposizione fittizia consiste nella partecipazione all’accordo simulatorio di tutti i soggetti interessati, nelle rispettive vesti di con- traente apparente (interposto), contraente effettivo (in- terponente) e controparte (terzo contraente) (3).
Quest’ultimo, infatti, è chiamato ad esprimere la pro- pria adesione all’intesa raggiunta dai primi due, conte- stualmente od anche successivamente alla formazione della stessa, attraverso la manifestazione di un intento negoziale volto inequivocabilmente all’assunzione di di- ritti ed obblighi direttamente nei confronti dell’interpo- nente.
È unanime, sul punto, la giurisprudenza (4), del resto conforme all’insegnamento della dottrina che indica l’intesa tra interponente, interposto e terzo contraente come l’«elemento costitutivo» dell’interposizione fitti- zia, senza il quale la persona interposta «non sarebbe più tale, ma effettivo contraente» (5).
Infatti, gli effetti del negozio giuridico concluso tra i tre soggetti operanti si producono esclusivamente nei confronti dell’interponente che è il vero dominus nego- tii, mentre l’interposto non acquista e non trasmette di- ritti (6).
Secondo consolidata giurisprudenza (7), cui si allinea la pronuncia in esame, il descritto accordo simulatorio, in quanto elemento indispensabile dello schema dell’in- terposizione fittizia, deve essere provato per iscritto qua- xxxx xxxxx su contratto la cui forma scritta sia prevista ad substantiam, mentre la prova testimoniale e quella indi- ziaria - incontrando i limiti di cui agli articoli 2725 e 2729, secondo comma, Codice civile - sono ammissibili solo in caso di perdita incolpevole del documento (8).
Nel caso di specie, come si è visto, la Cassazione esclude gli estremi della figura dell’interposizione fittizia in mancanza della prova che i venditori di cui alla com- pravendita immobiliare fossero consapevoli dell’intesa simulatoria tra i fratelli compratori e gli altri sette esclu-
Nonostante le questioni dell’interposizione fittizia e
del negozio fiduciario siano soltanto accennate dalla Cassazione, la quale si preoccupa, più che altro, di cen- surare l’autonoma valenza costitutiva erroneamente ri- conosciuta alla scrittura dal giudice d’appello, appare, comunque, opportuno sintetizzarne gli aspetti salienti, così come emergono dalle scarne considerazioni dedica- te al riguardo dalla sentenza.
Come noto, l’interposizione fittizia si realizza in pre- senza di un accordo tra soggetti in base al quale gli effetti del negozio si producono a favore di una persona diversa da quella che appare nell’atto, con la conseguenza che il negozio giuridico è concluso apparentemente da un sog- getto con un altro (interposto), mentre il contraente ef- fettivo (interponente) resta estraneo alla pattuizione (1).
In altri termini, si ha interposizione fittizia «quando si finge di contrarre con una persona ma, in realtà, si vuole che gli effetti del negozio si producano a favore di un’altra» (2).
Note:
(1) Messineo, Dottrina generale del contratto, 3, Milano, 1948, 307.
(2) Torrente, Manuale di diritto privato, Milano, 1952, 140, nota 1.
(3) Cass., sez. II, 29 maggio 1998, n. 5317, in Mass. Foro it., 1998, cui rin- via la sentenza in esame.
(4) Cfr. Cass., sez. II, 29 maggio 1998, n. 5317, cit.; analogamente Xxxx., sez. II, 15 maggio 1998, n. 4911, in Foro it., 1998, I, 2420; Cass., sez. II, 18 maggio 2000, n. 6451, in Mass. Foro it., 2000, tutte richiamate dalla sen- tenza in esame.
(5) Distaso, La simulazione dei negozi giuridici, Torino, 1960, 384 ss.; Scar- dulla, Interposizione di persona, in Enc. dir., XXII, Milano, 1972, 144.
(6) Cass. 1° luglio 1966, n. 1697, in Giur. it., 1966, I, 1463.
(7) Xxx. Xxxx. 00 xxxxxx 0000, x. 0000, xx Xxxx xx., 1995, I, 1250; Cass. 18
febbraio 1991, n. 1690, in Mass. Foro it., 1991; Cass. 21 marzo 1990, n.
2349, ivi, 1990; Cass. 27 dicembre 1988, n. 7065, ivi, 1988; si veda inol- tre: Casella, Simulazione (dir. priv.), in Enc. dir., XLII, Milano, 1990, 601, 604.
(8) Cass. 27 luglio 1994, n. 7021, cit.; analogamente Cass. 6 maggio 2002, n. 6480, in Giust. civ., 2002, I, 2131.
si dall’atto; prova che sarebbe stata raggiunta solo in pre- senza dell’accordo trilatero documentato per iscritto.
La Cassazione ha così escluso l’efficacia probatoria della dichiarazione ricognitiva, poiché priva dell’indi- spensabile accordo simulatorio e, tutt’al più, contenente la sola controdichiarazione dell’interposto (cioè degli acquirenti), di per sé inidonea all’accertamento della si- mulazione (9).
Xxxxx, inoltre, segnalare che non solo manca la pro- va scritta della consapevolezza del terzo venditore circa l’accordo simulatorio tra interponente ed interposto, ma manca, altresì, la prova scritta dell’accordo simulatorio medesimo, posto che la dichiarazione ricognitiva non documenta alcuna intesa tra contraente effettivo e con- traente apparente (10). Non è raggiunta, pertanto, nem- meno la prova dell’eventuale negozio dissimulato posto in essere tra interposto ed interponente; negozio che, vertendo su bene immobile, avrebbe dovuto rivestire ne- cessariamente la forma scritta alla stregua dei principi generali.
Secondo la giurisprudenza (11), infatti, nell’ipotesi di simulazione relativa per interposizione fittizia riguardan- te una compravendita immobiliare, nel conflitto tra pre- teso compratore apparente ed acquirente effettivo, la prova della simulazione, traducendosi nella dimostrazio- ne del presunto negozio dissimulato, può essere data solo a mezzo di atto scritto.
È evidente, infatti, che, essendo i soggetti del con- tratto dissimulato diversi da quelli del contratto simula- to, il primo «deve avere per forza un corpo diverso (un diverso documento)» (12), inevitabilmente sottoposto ai requisiti di forma previsti dalle norme sostanziali.
Ne consegue, tra l’altro, l’inapplicabilità all’interpo- sizione fittizia dell’articolo 1414, secondo comma, Codi- ce civile (13) - in base al quale «se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussi- stano i requisiti di sostanza e di forma» - posto che tale disposizione si riferisce esclusivamente a fattispecie di
«simulazione di negozio», in cui è ipotizzata una perfetta coincidenza tra le parti del negozio simulato e le parti del negozio dissimulato e non, invece, a fattispecie di «si- mulazione di persona», quali l’interposizione fittizia, in cui i soggetti non coincidono, avendo l’accordo simula- torio struttura trilaterale, mentre il contratto simulato interviene soltanto tra l’interposto e il terzo contraente. Non investono l’interposizione fittizia, pertanto, i dubbi interpretativi manifestati in dottrina relativamen- te alla norma citata la quale, non precisando se i requisi- ti di forma debbano essere presenti anche nella dichiara- zione occulta oppure se essi siano comunque soddisfatti da quella palese, ha dato vita, come noto, a orientamen-
ti dottrinali contrastanti (14).
Se lo schema trilaterale dell’accordo simulatorio co- stituisce elemento imprescindibile dell’interposizione fittizia, per contro, la mancata conoscenza da parte del terzo contraente degli accordi intercorsi tra interponen-
te ed interposto, ovvero la mancata adesione ad essi, in- tegra gli estremi della diversa fattispecie dell’interposi- zione reale di persona, in cui «la persona interposta ef- fettivamente acquista od aliena in nome proprio, sebbe- ne nell’interesse e per conto di altri, e il negozio è volu- to e realizzato di fronte a lui, salvo il suo diritto ed obbli- go di ritrasferirne gli effetti sulla persona nel cui interes- se ha agito» (15).
Nell’ambito dell’interposizione reale di persona, se- condo la giurisprudenza, è inquadrabile il negozio fidu- ciario, mediante il quale, appunto, le parti mirano effet- tivamente a realizzare gli effetti della loro manifestazione di volontà sia pure sul presupposto che il soggetto con- traente sia obbligato ad un ulteriore trasferimento a fa- vore del beneficiario effettivo del rapporto (16).
Nell’ipotesi di negozio fiduciario o interposizione reale di persona, infatti, non sussiste simulazione relati- va, essendo effettiva e non fittizia l’investitura dell’inter- posto, sul quale ricadono concretamente gli effetti del negozio (17).
Fiducia statica e fiducia dinamica costituiscono, in- fatti, il duplice schema in cui può manifestarsi il negozio fiduciario (18).
Nella prima delle ipotesi, preesistendo una situazione giuridica attiva facente capo ad un soggetto (il fiducia- rio), questi, in forza di apposita pattuizione, si impegna a
Note:
(9) Così Xxxx., sez. II, 4 agosto 1997, n. 7187, in Foro it., 1998, I, 145, ri- chiamata dalla sentenza in esame.
(10) Si veda: Casella, op. cit., 604.
(11) Cass., sez. II, 6 maggio 2002, n. 6480, cit.; analogamente: Xxxx. 2 lu- glio 1990, n. 6764, in Giur. it., 1990, I, 1, 1694; Cass. 22 aprile 1986, n. 2816, in Foro it., 1986, I, 1830, con nota di Xxxxxxxxx e in Granelli, 100 casi di giurisprudenza civile, Torino, 1991, 355 ss.
(12) Così: Cass. 22 aprile 1986, n. 2816, cit.
(13) Significative sul punto: Cass., sez. II, 22 aprile 1986, n. 2816, cit.; Cass., sez. II, 2 luglio 1990, n. 6764, in Giur. it., 1990, I, 1, 1694.
(14) Xxx. Xxxxxxxx, Xxxxxx xxxxxx, XXX xx., Xxxxxx, 0000, 1611. Secondo un primo orientamento, gli effetti del negozio dissimulato si producono an- che in difetto della forma prescritta dalla legge, sempre che questa sia ri- spettata dal negozio simulato (In tal senso cfr. Distaso, Simulazione di ne- gozi giuridici, in Novissimo Digesto Italiano, XVII, 1970, 384); secondo un altro orientamento (cfr.: Xxxxxx, Diritto civile. Il contratto, 3, Milano, 1987, 665), invece, il contratto dissimulato, come ogni contratto deve avere la forma che per esso è richiesta dalla legge, quale che sia la forma in cui le parti hanno stipulato il contratto simulato.
(15) Distaso, La simulazione dei negozi giuridici, cit., 384; in giurisprudenza cfr. Cass., sez. II, 18 maggio 2000, n. 6451, cit.; Cass., sez. II, 4 agosto 1997, n. 7187, cit.
(16) Sul punto si rinvia a: Xxxxxxxxx, Negozio fiduciario, in Enc. dir., XX- VIII, Milano, 1978, 32 ss.; Xxxxxx, op. cit., 674; Xxxxxxx, La fiducia come concetto polisenso, commento a Xxxx., sez. II, 29 maggio 1993, n. 6024, in Corr. Giur., 1993, 856 ss. Cfr. inoltre Cass. 6 dicembre 1984, n. 6423, in Giust. civ., 1985, I, 719; Cass. 18 ottobre 1991, n. 11025, in Mass. Foro it., 1991.
(17) Così: Cass., sez. II, 4 agosto 1997, n. 7187, cit.
(18) Per una trattazione approfondita cfr.: Xxxxxxx, Il contratto, in Tratta- to Cicu-Messineo, Milano, 1988, 421; Trimarchi, op. cit., 48; Lipari, Il ne- gozio fiduciario, Milano, 1964, 182, 187.
modificarla a richiesta e nel senso voluto dall’altro con- traente (fiduciante) (19).
La seconda ipotesi, invece, si realizza mediante il col- legamento tra due negozi, l’uno esterno e di carattere reale, comportante il trasferimento di un diritto oppure il sorgere di una situazione giuridica in capo ad un sog- getto (fiduciario), l’altro di carattere interno ed obbliga- torio, comportante l’obbligo del fiduciario di ritrasferire alla controparte o ad un terzo la cosa o il diritto attribui- togli (20).
Nel caso di specie, a questa seconda ipotesi la sen- tenza di primo grado aveva ricondotto la vicenda, suc-
teuta di cui all’articolo 969 Codice civile; la ricognizione di debito, di cui all’articolo 1988 Codice civile; la rico- gnizione del debito di rendita perpetua di cui all’articolo 1870 Codice civile; l’atto di ricognizione o di rinnova- zione del documento di cui all’articolo 2720 Codice ci- vile (28).
Non è espressamente contemplata, invece, la diversa ipotesi della ricognizione di diritti reali altrui, riscontra- bile nel caso di specie.
In relazione ai diritti reali, infatti, non è prevista una norma analoga e corrispondente all’articolo 1988, il qua-
cessivamente inquadrata nell’interposizione fittizia di
persona dal Giudice di appello.
Come si è visto, la Suprema Corte respinge entram- be le ipotesi prospettate nei giudizi di merito: quanto al- l’interposizione fittizia, per le ragioni già riportate; quan- to al negozio fiduciario, in mancanza di prova scritta del medesimo (21).
Infatti, qualora riguardi beni immobili, il patto di fi- ducia è sottoposto alla forma scritta ad substantiam, «at- teso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l’articolo 1351 Codice civile prescrive la stessa forma del contratto definitivo» (22).
Analogamente a questo, infatti, anche il patto fidu- ciario contiene un obbligo a contrarre: l’obbligo, appun- to, di concludere il contratto voluto dal fiduciante (23). Proprio dalla rilevata assenza di negozio fiduciario e dalla mancata menzione dello stesso nella scrittura rico- gnitiva, la Suprema Corte prende le mosse per affronta- re la questione più generale della ricognizione e dell’ac-
certamento di diritti reali su bene immobile.
Dichiarazione ricognitiva e negozio di accertamento
La scrittura privata con cui gli intestatari dell’immo- bile riconoscono che lo stesso appartiene anche ad altri soggetti è stata qualificata in giudizio come dichiarazio- ne ricognitiva.
Giova allora una breve premessa sul significato da at- tribuire a questo termine.
Con i termini «ricognizione», «riconoscimento»,
«atto ricognitivo», nel linguaggio giuridico vengono qualificati quegli atti con cui taluno compie un’ammis- sione, cioè effettua una dichiarazione contra se (24).
In particolare, la dichiarazione ricognitiva, in senso tecnico, è identificabile in una pronuntiatio avente con- tenuto contrastante con l’interesse del proprio autore; oggetto consistente, in via esclusiva, nell’asseverazione di un rapporto, di un diritto o, più in generale, di una si- tuazione soggettiva; struttura essenzialmente unilaterale recettizia (25) e natura negoziale (26).
Qualora la dichiarazione sfavorevole al dichiarante abbia, invece, ad oggetto dei fatti, si parla allora di con- fessione (articolo 2730 Codice civile) (27).
Ipotesi di dichiarazioni ricognitive disciplinate dal Codice civile sono considerate: la ricognizione dell’enfi-
Note:
(19) Per esempio, il fiduciario è già investito di una situazione giuridica, costituita dall’acquisto di un immobile per l’intero, ma si impegna a con- siderare la titolarità della metà del bene come quella di un semplice fidu- ciario, obbligandosi ad esercitare il diritto su questa metà secondo le di- sposizioni del fiduciante, in ossequio al patto fiduciario stipulato con lo stesso (Così: Xxxxxxx, op. cit., 857).
(20) Xxxxxxx, op. cit., 857; Xxxxxxxxxxxx, Intestazione fiduciaria di parteci- pazioni sociali, nota a Trib. Milano 1° febbraio 2001, in Arch. civ., 2001, 1263.
(21) In ogni caso, come afferma la sentenza in esame, la possibilità di ri- costruire la fattispecie in esame alla stregua di un negozio fiduciario non può costituire oggetto di valutazione della Suprema Corte, posto che ap- prezzamenti di fatto sulla questione sono stati svolti soltanto in primo gra- do e non in sede d’appello, ove è stata presa in considerazione la sola ipo- tesi dell’interposizione fittizia. Ai sensi dell’articolo 384 Codice procedu- ra civile, infatti, la cassazione sostitutiva con giudizio nel merito è con- sentita nei soli casi in cui, dopo l’enunciazione del principio di diritto, la controversia debba essere decisa in base ai medesimi apprezzamenti di fat- to che costituivano il presupposto del giudizio di diritto errato; essa non è pertanto consentita nei casi in cui l’intervento caducatorio della decisio- ne di legittimità apra la via ad una pronuncia su questioni non esamina- te nella pregressa fase di merito, a nulla rilevando il fatto che sulla que- stione si sia pronunciato il giudice di primo grado, la cui sentenza sia sta- ta riformata da quella poi xxxxxxx. Così: Cass., sez. lav., 4 dicembre 2002,
n. 17221, in Mass. Foro it., 2002, cui rinvia la sentenza in oggetto; Cass., sez. III, 2 giugno 2000, n. 7367, ivi, 2000; Cass., sez. lav., 16 maggio 1998, n. 4939, ivi, 1998.
(22) Così Xxxx., sez. II, 29 maggio 1993, n. 6024, cit.; analogamente Xxxx., sez. II, 30 gennaio 1995, n. 1086, in Mass. Foro it., 1995, alle qua- li rinvia la sentenza in esame.
(23) Ne consegue che, qualora il fiduciante intenda far valere in giudizio la violazione del pactum fiduciae, lo stesso deve chiedere l’accertamento dell’obbligo del convenuto (fiduciario), con condanna di questo all’ese- cuzione specifica e, se del caso, con pronunzia costitutiva ex articolo 2932 Codice civile. (Cfr.: Cass. 4 agosto 1997, n. 7187, cit.)
(24) Xxxxxxxx, Ricognizione (atti di), in Enc. dir., XL, Milano, 1989, 510.
(25) Xxxxxxxx, La dichiarazione ricognitiva di diritti reali, Milano, 1983, 63 ss.
(26) Cass. 6 dicembre 1988, n. 6625, in Mass. Foro it., 1988; Cass. 11 giu- gno 1987, n. 5106, in Società, 1987, 1140; Cass. 22 gennaio 1987, n. 567, in Mass. Foro it., 1987; Cass. 5 agosto 1983, n. 5269, ivi, 1983; è riscon- trabile, tuttavia, il dissenso della dottrina tendente a qualificare la di- chiarazione ricognitiva quale atto avente natura di dichiarazione di scienza. Cfr.: Granelli, op. loc. cit.; Xxxxxxxx, Il riconoscimento dei diritti rea- li. Contributo alla teoria dell’atto ricognitivo, Padova, 1979, 128 ss. Si è co- munque dato atto che il problema della negozialità o meno della dichia- razione ricognitiva ha rilevanza pratica assai limitata, incidendo solo marginalmente sulla disciplina alla stessa applicabile (così: Xxxxxxxx, ult. op. cit., 79).
(27) Granelli, ult. op. cit., 30 ss.
(28) Cfr. Xxxxxxxx, ult. op. cit., 81 ss.
le, disciplinando la ricognizione di xxxxxx, afferma che la stessa «dispensa colui a favore del quale è fatta dall’one- re di provare il rapporto fondamentale» e che «l’esisten- za di questo si presume fino a prova contraria».
In mancanza di una norma esplicita che, in parallelo alla disposizione testé menzionata, contempli la figura dell’»atto ricognitivo di diritti reali», la giurisprudenza esclude l’eventualità che, con riferimento a iura in re, possano presentarsi dichiarazioni di natura analoga alla ricognizione di debito (29) e nega, così, l’applicabilità dell’articolo 1988 Codice civile ai diritti reali (30).
Quest’ultima disposizione, infatti, secondo la Cassa- zione (31), è applicabile esclusivamente ai diritti di cre- dito, come risulta dalla sua collocazione e dal suo conte-
1988, Codice civile, ai diritti reali, fatta eccezione per quelli la cui fonte consiste in atto negoziale a forma vin- colata (38), ovvero le servitù volontarie non apparenti - non acquistabili per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, ai sensi dell’articolo 1061 Codice civi- le - ed il diritto di superficie, nei limiti in cui si ritenga che relativamente a tali diritti non siano possibili né ipo- tizzabili altri modi di acquisto oltre al contratto e al te- stamento.
In ogni caso, l’impossibilità di estendere la disposizio- ne di cui all’articolo 1988 Codice civile ai diritti reali, af- fermata dalla giurisprudenza, è condivisa dalla dottrina maggioritaria (39) ed è giustificata, tra l’altro, dalla man-
sto, ma non ai diritti reali che, in ragione della diversa ri-
xxxxxxx xxxxxxx nel nostro ordinamento, sono tradizio- nalmente sottoposti ad una disciplina più rigorosa.
Tale orientamento, inoltre, è determinato dal timo- re, apertamente manifestato dall’odierna sentenza, che la dichiarazione ricognitiva possa nascondere un trasferi- mento di diritti reali, e in particolare della proprietà, al di fuori delle forme prescritte e sine causa expressa (32).
Il riconoscimento di debito, infatti, dispensando il creditore dall’allegare e dal fornire la dimostrazione del cosiddetto rapporto fondamentale - che si presume quin- di esistente finché non ne venga fornita in causa la pro- va dell’inesistenza, dell’invalidità o dell’estinzione - rea- lizza la tipica figura dell’astrazione processuale (33).
Parte della dottrina (34), tuttavia, ha cercato di di- mostrare che non esiste alcuna ragione logica o giuridica per differenziare la disciplina dell’atto di ricognizione a seconda che questo abbia ad oggetto iura in persona ov- vero iura in re.
Il dissenso, animato dal tentativo di dimostrare come nel nostro ordinamento sia possibile provare l’esistenza di un diritto il cui titolo costitutivo esige la forma scritta ad substantiam anche senza produrre l’instrumentum origi- nale (35), muove dal riscontro di un contraddittorio at- teggiamento giurisprudenziale.
In particolare, è stato rilevato che, nonostante il pro- clamato divieto di applicazione dell’articolo 1988 Codi- ce civile ai diritti reali, in giurisprudenza è registrabile un
«indirizzo immancabilmente sfornito di motivazione espressa secondo cui la ricognizione della proprietà del- l’attore sulla res litigiosa, operata dal convenuto in riven- dicazione, esonera l’attore stesso dalla dimostrazione del proprio diritto» (36).
Si è così giunti ad affermare un’efficacia probatoria relativa del riconoscimento positivo dell’altrui diritto - nel senso che il destinatario della dichiarazione può es- sere considerato titolare del diritto solo nei confronti del dichiarante - e un’efficacia probatoria assoluta del rico- noscimento negativo del proprio diritto - nel senso che la dichiarazione vale come prova negativa dell’esistenza del diritto in capo al dichiarante nei confronti di tutti i consociati (37).
Ancora, vi è chi sostiene l’applicabilità dell’articolo
Note:
(29) Xxxxxxxx, Dichiarazioni ricognitive della proprietà altrui su beni intestati al dichiarante, nota a Xxxx., sez. II, 6 dicembre 1983, n. 7274, in Foro it., 1985, I, 249.
(30) Cfr.: Cass., 16 luglio 1981, n. 4653, in Rep. Foro it., 1981, voce Con- tratto in genere, n. 62; Cass. 7 febbraio 1978, n. 569, ivi, 1978, voce Nuo- va opera, n. 7.
(31) Cass., S. U., 6 aprile 1971, n. 1017, in Foro it., 1971, I, 1205; in Giur. it., 1972, I, 381, e in Giust. civ., 1972, I, 632, secondo cui: la norma di cui all’articolo 1988, Codice civile «è applicabile ai diritti di obbligazione, per i quali è dettata, come risulta dalla sua collocazione e dal suo conte- sto, ma non ai diritti reali, difettando in riferimento ad essi, un’analoga disposizione. E la disparità di trattamento appare giustificata dalla diver- sa rilevanza che assumono nel nostro ordinamento i diritti reali, tradizio- nalmente sottoposti ad una disciplina più rigorosa». In quell’occasione è stato, così, stabilito che: «Il riconoscimento unilaterale di una servitù non produce l’effetto di dispensare colui a favore del quale è fatto dall’o- nere di provare il rapporto fondamentale, come invece avviene per la ri- cognizione del debito» a conferma di quanto già espresso da: Xxxx., sez. II, 31 marzo 1971, n. 936, in Giust. civ., 1971, I, 1063. In termini analoghi si è espressa: Cass. 7 maggio 1980, n. 3019, in Rep. gen. Giur. it., 1980, vo- ce Obbligazioni e contratti, 397; Xxxxxxx, 54, secondo cui: «Il riconosci- mento unilaterale di una servitù non determina la presunzione di esi- stenza del diritto che l’art. 1988 Codice civile ricollega alla ricognizione di debito, non essendo detta disposizione applicabile ai diritti reali».
(32) Xxxxxxxx, Ricognizione (atti di), cit., 525. L’Autore sostiene tuttavia che questa posizione, espressa dalla giurisprudenza e dalla dottrina domi- nanti, «nasconde un equivoco di fondo che riguarda l’approccio stesso al problema: non si tratta infatti di evitare il rischio che il riconoscimento produca effetti traslativi, ma di vedere se il riconoscimento sia idoneo a provare il rapporto, anche di natura reale cui si riferisce».
(33) Si veda: Granelli, Ricognizione e accertamento di debito, in commento a Xxxx. 29 gennaio 1991, n. 885, in Nuova giur. civ. comm., 1991, 453 e l’ampia giurisprudenza ivi richiamata dall’Autore.
(34) Si xxxx Xxxxxxxx, La dichiarazione ricognitiva di diritti reali, cit., 62 ss.; Xxxxxxxx, Ricognizione (atti di), cit., 525 ss.
(35) Xxxxxxxx, ult. op. cit., 526.
(36) Xxxxxxxx, Dichiarazioni ricognitive della proprietà altrui su beni intestati al dichiarante, cit., 250.
(37) Xxxxxxxx, op. loc. cit.
(38) Xxxxxxxx, La dichiarazione ricognitiva di diritti reali, cit., 335 ss.: secon- do l’Autore, l’efficacia di relevatio ab onere probandi spetterebbe alle di- chiarazioni ricognitive di diritti reali, purché questi non abbiano fonte necessariamente formale, a causa dell’interferenza esistente nell’ordina- mento italiano fra la problematica del formalismo negoziale e quella del- la prova degli atti solenni.
(39) Per un’analisi approfondita della questione si rinvia a: Xxxxxxxx, Dirit- ti reali e diritti di credito: valore attuale di una distinzione, Padova, 1979, 93 ss.
cata riproduzione, nel codice civile vigente, di una nor- ma contenuta nel Codice civile del 1865, l’articolo 634, che faceva eccezionalmente spazio al riconoscimento documentale delle servitù volontarie «pel cui acquisto è necessario il titolo».
Il rifiuto del Legislatore di riproporre la citata norma, che attribuiva agli atti di ricognizione delle servitù effetti pari a quelli del titolo costitutivo, è stato, appunto, inter- pretato come l’implicita volontà di escludere qualunque effetto costitutivo all’atto ricognitivo di diritti reali (40). Conseguenza di tale approccio (41) è che le dichia- razioni ricognitive di diritti reali altrui sottoposte all’at- tenzione delle nostre corti sono considerate mere «ma- nifestazioni di opinione» e, come tali, prive di efficacia
vincolante sul piano processuale.
L’alternativa (42) - l’unica in grado di attribuire rile- vanza vincolante a tali dichiarazioni - è quella di inqua-
te cioè struttura e funzione dichiarativa - attribuisce al negozio di accertamento funzione dichiarativa, vale dire non modificativa, ma struttura costitutiva, cioè normati- va, giacché essa si estrinseca in un comando per le parti intorno ai propri interessi (49).
Tale soluzione interpretativa è in grado di superare la posizione dottrinale (50) che, sul presupposto del carat- tere necessariamente dispositivo del contratto, riconosce soltanto alla sentenza l’attività di accertamento, esclu- dendola invece con riferimento all’autonomia negoziale delle parti. Deve parimenti ritenersi superata anche l’o- pinione, un tempo dominante (51) che, attribuendo al negozio di accertamento sia funzione che struttura di- chiarative, considerava lo stesso come «atto di giudizio», compiuto dalle parti incerte su di un proprio affare e fini- va, così, per equiparare tale negozio alla sentenza.
drarle nell’ipotesi del negozio di accertamento, qualora
ne siano configurabili gli estremi.
Come noto, il negozio di accertamento costituisce atto di natura negoziale a struttura normalmente bi o plurilaterale, ma anche unilaterale recettizia, avente quale causa il superamento della situazione di incertezza in cui si trova un determinato rapporto giuridico e come effetto quello di «fissare», cioè di rendere definitive ed immutabili, nel senso e nei limiti contemplati dallo spe- cifico atto di volontà, situazioni effettuali già in stato di obiettiva incertezza (43).
Essendo la causa di tale negozio identificabile nella rimozione dell’incertezza della situazione giuridica pree- sistente, attuata mediante la fissazione del contenuto della stessa, è da escludere che l’attività di accertamento delle parti costituisca esercizio del potere di modificare la situazione giuridica preesistente, la quale pertanto conti- nua a costituire la fonte dei loro rapporti (44).
Il negozio di accertamento, perciò, ha funzione di- chiarativa, giacché non modifica la situazione giuridica pregressa, ma semplicemente ne fissa il contenuto; non la sostituisce ma, semplicemente, la presuppone, con la conseguenza che per la regolamentazione del rapporto oggetto di controversia deve farsi capo, in ogni caso, alla fonte precettiva originaria.
Tuttavia, essendo il negozio un atto giuridico con il quale i privati sistemano i propri interessi, e non un atto con cui compiono una mera attività di giudizio, sarebbe inammissibile un negozio con cui le parti si limitino a di- chiarare una situazione preesistente, senza che ne derivi alcun regolamento (45).
Pertanto, ancorché privo di efficacia reale e novati- va, il negozio di accertamento rivela la propria struttura dispositiva, tipica del contratto, nella produzione dell’ef- fetto di precludere alle parti la possibilità di ridiscutere ciò che è stato deciso in quell’atto (46).
Tale rilievo rispecchia l’atteggiamento della dottrina prevalente (47), condivisa dalla giurisprudenza assoluta- mente dominante (48) che - proprio sulla base dell’i- nammissibilità di un negozio dichiarativo «puro», aven-
Note:
(40) Cfr.: Cass. 18 gennaio 1968, n. 128, in Mass. Giur. it., 1968, 43; in dottrina si rinvia a: Xxxxx, Promessa di pagamento e ricognizione del debito, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1950, 90 ss.
(41) Si veda: Xxxxxxxx, Dichiarazioni ricognitive della proprietà altrui su beni intestati al dichiarante, cit., 249.
(42) Granelli, op. loc. cit.
(43) Xxxxxxxxxx, Accertamento (negozio di), in Enc. dir., I, Milano, 1958, 234; M. Di Paolo, Negozio di accertamento, in Digesto delle Discipline Priva- tistiche, sez. civ., XII, Torino, 1995, 57 ss.
(44) Xxxxxxxxxx, op. cit., 233, 234.
(45) Così: Xxxxxxxxx, Il problema dell’individuazione del negozio di accerta- mento, in Rass. dir. civ., 1986, nota 23, 588.
(46) Xxxxxxxx, La transazione, Padova, 2001, 253, 262; si veda anche Fal- zea, Accertamento (teoria generale), in Enc. dir., I, Milano, 1958, 211, in cui si osserva come l’effetto di accertamento sia di tipo preclusivo.
(47) Si veda: Xxxxxxxxx, op. cit., 588 ss.
(48) Cfr. in particolare: Cass. 24 luglio 1964, n. 2027, in Giust. civ., 1965, I, 784; Cass. 23 maggio 1975, n. 2055, in Rep. Foro it., 1975, voce Con- tratto in genere, atto e negozio giuridico, n. 80.
(49) Questa impostazione è riassumibile nelle parole del Xxxxxx, secondo cui: «il negozio di accertamento, nella sua forma tipica del riconosci- mento negoziale, realizza una funzione dichiarativa attraverso una strut- tura costitutiva». Si veda: Xxxxxx, Il riconoscimento e la transazione nel pro- blema della rinnovazione del negozio e della novazione dell’obbligazione, ora in Raccolta di scritti, I, Milano, 1980, 443; analogamente: X. Xxxxxxxxxx, Il negozio di accertamento, Milano, 1939, 51 ss.; Xxxxxxxxx, op. cit., 581 ss.; Xxxxxxxx, op. cit., 254 ss.
(50) Cfr. Xxxxx, Accertamento convenzionale e confessione stragiudiziale, Fi- renze, 1948, 112 ss.; Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, La transazione, Napoli, 1975, 17 ss., in cui viene contestata l’ammissibilità del negozio di accertamento proprio in ragione della natura dichiarativa ad esso attribuita. Secondo tale impostazione la funzione di accertamento sarebbe estranea all’auto- nomia negoziale, in ragione del carattere esclusivamente dispositivo im- putabile al contratto: l’attività di accertamento, così, sarebbe riservata unicamente al giudice. Come replica a simili critiche fungono le parole di Xxxxxxxxxx, in Accertamento (atti di), cit. 234, secondo cui: «Nel valutare oggi l’efficacia del negozio di accertamento, occorrerebbe tenere conto che il sistema ormai codificato ha profondamente esteso i limiti di espan- sione del negozio giuridico. La volontà delle parti può raggiungere gli ef- fetti voluti anche a prescindere dalla assunzione di obbligazioni, ed anche a prescindere dallo schema contrattuale».
(51) Cfr. Polacco, Del contratto di transazione, Roma, 1921, 8 ss.; Butera,
Delle transazioni, Torino, 1933, 343 ss.
Dal punto di vista strutturale, ancora, la giurispru- denza (52) ritiene che il negozio di accertamento debba raccordarsi attraverso uno specifico collegamento fun- zionale alla preesistente situazione giuridica incerta, la quale, ponendosi come elemento imprescindibile dello schema causale del negozio medesimo, deve essere da questo enunciata, appunto quale expressio causae, affin- ché possa effettuarsi un controllo della presenza in essa degli accennati caratteri di incertezza.
In altri termini, dal negozio deve risultare individua- ta la situazione giuridica di incidenza, cioè il rapporto fondamentale in cui si inserisce l’attività di accertamen- to delle parti (53).
Viene, quindi, accolto l’insegnamento dottrinale se- condo cui sarebbe inammissibile nel nostro ordinamen- to un negozio di accertamento processualmente astratto, cioè un negozio avente per oggetto esclusivamente un rapporto giuridico, senza alcuna indicazione del suo fat- to costitutivo (54).
Nel caso di specie, l’atto ricognitivo sottoposto all’at- tenzione della Suprema Corte non configura gli estremi del negozio di accertamento proprio in ragione dell’o- messa menzione del pregresso pactum fiduciae, inteso co- me il titolo attributivo della pretesa traslativa fatta vale- re con l’atto stesso.
Nella veste di mero atto ricognitivo, pertanto, tale scrittura non è idonea a far ritenere accertato il pregres- so patto di rispetto.
In ogni caso, come emerge dalle scarne parole dedi- cate a questo aspetto dalla sentenza, anche nell’ipotesi in cui l’atto fosse riconducibile al negozio di accertamento, non potrebbe, comunque, essere accolta la soluzione in- vocata dai controricorrenti, in mancanza di prova scrit- ta del titolo costitutivo, in quanto l’acquisto derivativo della proprietà di un bene immobile postula un contrat- to a contenuto traslativo, intervenuto con il precedente titolare del diritto e soggetto alla forma scritta ad sub- stantiam, mentre, in difetto di questo, non può discende- re da un negozio di mero accertamento, il quale può eli- minare incertezze sulla situazione giuridica, ma non so- stituirne il titolo costitutivo (55).
In altre parole, il negozio di accertamento non è ido- neo, al pari della dichiarazione ricognitiva, a trasferire la proprietà, a meno che non si ricolleghi ad una fonte pre- cettiva in grado di operare detto trasferimento (56).
È chiaro, allora, che sarebbe stato possibile attribuire efficacia costitutiva alla dichiarazione in oggetto se que- sta, configurando un negozio di accertamento, avesse enunciato il pregresso patto di rispetto tra le parti e, in ogni caso, se l’accordo richiamato, in quanto titolo attri- butivo della pretesa, fosse stato documentato per iscritto. Secondo la giurisprudenza costante (57), confermata dalla sentenza in esame, infatti, la possibilità di attribui- re efficacia costitutiva ad atti con cui l’intestatario di un determinato bene afferma che questo appartiene in realtà a terzi, risulta subordinata, nell’ipotesi pratica- mente più rilevante di bene immobile, non solo ad una
chiara manifestazione di volontà del dichiarante diretta a tale scopo (58), ma anche al rispetto del principio se- condo cui, qualora per il perfezionamento di un negozio sia richiesta la forma scritta ad substantiam, come accade appunto per l’atto traslativo di immobili, è indispensabi- le che la causa di esso risulti dal documento che ne co- stituisce il veicolo necessario (59).
Nel caso in questione, la causa della dichiarazione, ovvero il titolo costitutivo della pretesa traslativa, non solo non è enunciato dalla scrittura ricognitiva ma non è nemmeno rivestito della necessaria forma scritta ad
Note:
(52) Cfr. Cass., sez. II, 15 febbraio 1978, n. 715, in Mass. Foro it., 1978; Cass. 26 ottobre 1961, n. 2441, in Giust. civ., 1962, I, 5133; Cass. 25 mag- gio 1971, n. 1572, in Foro it., 1971, I, 2236, con nota di Xxxxxxx.
(53) Xxxxxxxxx, op. cit., 616.
(54) Così, Xxxxx, Attività ricognitiva e accertamento negoziale, Milano, 1970, 52 ss.; Xxxxxxxxxx, Accertamento (negozio di), cit., 231; Di Paolo, op. cit., 58. Si segnalano opinioni contrarie in dottrina: vi è chi ammette l’ammissibilità del negozio di accertamento astratto limitatamente ai di- ritti reali ponendosi in contrasto con l’orientamento segnalato, cfr. Gra- nelli, La dichiarazione ricognitiva di diritti reali, cit. 83 ss; Xxxxxxxx, Nota di commento a Cass. 29 gennaio 1991, n. 885, cit.; Xxxxxxxxx, op. loc. cit. e chi ammette il negozio di accertamento astratto sia con riguardo ai dirit- ti reali che ai diritti di credito, cfr. Xxxxxxxx, Ricognizione (atti di), cit., 525.
(55) In tal senso: Cass., sez. II, 16 dicembre 1987, n. 9358, in Giur. agr. it., 1988, 411; e in Vita not., 1988, 235; Cass., sez. II, 23 dicembre 1987,
n. 9634, in Corr. giur., 1988, 253, con nota di Mariconda: «la dichiara- zione ricognitiva della titolarità di un diritto reale immobiliare non è equiparabile, sul piano giuridico, ad un titolo attributivo della pretesa ad ottenere il trasferimento del bene qualora il titolo (mandato senza rap- presentanza o pactum fiduciae) presupposto non risulti rivestito della ne- cessaria forma scritta ad substantiam»; Xxxx. 23 dicembre 1987, n. 9625, id., secondo cui «Il negozio di accertamento, la cui funzione precipua è di rendere definitiva la situazione giuridica derivante dal rapporto preesi- stente, se riferito ad un diritto reale non ha alcun effetto traslativo e per- tanto per la regolamentazione del relativo rapporto giuridico controverso deve farsi capo alla fonte precettiva originaria che ne costituisce il fonda- mento»; parimenti Xxxx., sez. II, 6 gennaio 1979, n. 48, in Rep. gen. Giur. it., 1979, voce Obbligazioni e contratti, 230; Cass., sez. II, 6 dicembre 1983,
n. 7274, in Foro it., 1985, I, 238, con nota di Xxxxxxxx; Cass., sez. II, 23 marzo 1996, n. 2611, in Mass. Foro it., 1996, richiamata dalla sentenza in esame. In dottrina è stato sottolineato, tuttavia, come l’orientamento della Suprema Corte avrebbe subito delle oscillazioni prima di consoli- darsi nei termini indicati. Talune pronunce, infatti, metterebbero in luce come la Cassazione e la giurisprudenza di merito si siano espresse nei mo- di più disparati con riguardo a dichiarazioni contra se aventi ad oggetto l’asseverazione di un altrui diritto reale, talora attribuendo a queste ulti- me l’efficacia sostitutiva del titolo ovvero l’idoneità a fungere per l’inta- volazione del diritto riconosciuto. Per una completa presa visione di tali precedenti si rinvia a: Xxxxxxxx, La dichiarazione ricognitiva di diritti reali al- trui, cit., 13 ss.
(56) Si veda: Xx Xxxxx, op. cit., 59.
(57) Cfr. Cass. 21 giugno 1965, n. 1299, in Foro it., 1966, I, 504; Cass. 7 giugno 1966, n. 1495, in Rep. Foro it., 1966, voce Obbligazioni e contratti,
n. 122; Cass. 23 ottobre 1968, n. 3421, in Rep. Xxxx xx., 0000, xxxx Xxxxx- xxxxxxx x xxxxxxxxx, x. 00; Cass. 16 gennaio 1996, n. 301, ivi, 1996, voce Contratto in genere, n. 286; Cass. 20 giugno 2000, n. 8365, ivi, 2000, voce Contratto in genere, n. 440.
(58) Xxxxxxxx, Dichiarazioni ricognitive della proprietà altrui su beni intestati al dichiarante, cit., 248.
(59) Così: Xxxxxxxxxx, Forma degli atti (dir. priv.), in Enc. dir., XVII, Mi- lano, 1968, 993.
substantiam, in ciò contravvenendo al principio secondo cui in materia di diritti reali immobiliari la forma deve ri- vestire tutti gli elementi essenziali del contratto (60).
La scrittura prodotta in giudizio si rivela, pertanto, del tutto irrilevante ai fini probatori.
In conclusione, la soluzione adottata dalla Suprema Corte, nella sentenza annotata, appare coerente con i principi da questa invocati, e può ritenersi condivisibile. È, inoltre, innegabile la rilevanza della stessa pronun-
cia dal punto di vista pratico, nella misura in cui vengo- no considerati dalla Corte di legittimità i diversi aspetti sottesi ad una scrittura privata con cui l’intestatario di un
tum fiduciae, la Suprema Corte sofferma, infatti, la pro- pria attenzione sull’efficacia della dichiarazione ricogni- tiva di diritti reali altrui e del negozio di accertamento, per escluderne, nel caso di specie, la rilevanza: a tale pro- posito, sembrano quindi sicuramente condivisibili le pa- role di chi, proprio con riferimento al negozio di accerta- mento, ha osservato: «può sembrare un’ironia della sor- te per un negozio destinato a rimuovere l’incertezza. Ep- pure, nessun altro istituto appare fonte di incertezze co- me il negozio di accertamento» (61).
immobile riconosce che, in realtà, il bene appartiene ad
un terzo, in contrasto con le risultanze del relativo atto di acquisto.
Dopo avere analizzato il negozio sotto il profilo del- l’interposizione fittizia di persona e di un eventuale pac-
Note:
(60) Cass. 14 gennaio 1964, n. 324, in Giust. civ., 1964, I, 1643.
(61) Xxxxxxx, Contributo allo studio dell’accertamento privato, Milano, 1958, 125.