LE GUIDE DI RASSEGNA PER LA FORMAZIONE
LE GUIDE DI RASSEGNA PER LA FORMAZIONE
I FONDAMENTALI
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Modello contrattuale.
Le forme del contratto
di Xxxxxxxx Xxxxxxxx
ed Xxxxxx Xxxxxxxxx
Introduzione
di Xxxxxxx Xxxxxxx
IN COLLABORAZIONE CON ISF
Introduzione
di Xxxxxxx Xxxxxxx 3
Il modello contrattuale 4
Prima del 23 luglio. Arriva il protocollo. Un’intesa a più facce. Un siste- ma “bipolare”. Nascono le Rsu. I limiti del protocollo. L’accelerazione do- po il “sonno”. La piattaforma unitaria. Contrattazione: le proposte dei sin- dacati. Le prime divisioni. L’accordo separato. La contrattazione nel pub- blico. Come contrattano gli altri
Le forme del contratto 17
Il contratto di lavoro subordinato 17
Contratto atempo indeterminato e determinato. Il contratto atempo par- ziale (part-time). L’apprendistato. Contratto di inserimento lavorativo. La somministrazione
Il lavoro parasubordinato 36
Contratto a progetto (xx.xxx.). Le xx.xx.xx. e le mini xx.xx.xx. Prestazione d’opera con partita Xxx
Xxxxxx Xxxxxxxxx, giornalista, è stato direttore di Rassegna Sindacale.
Xxxxxxxx Xxxxxxxx, giornalista di Rassegna Sindacale, vicepresidente di Edit Coop.
SUPPLEMENTO A RASSEGNA SINDACALE N. 43
Direttore responsabile
Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx
Coordinamento editoriale
Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Direzione scientifica
Xxxx Xxxxxxxx
Grafica e impaginazione
Xxxxxxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxxx Xxxx
Responsabile ufficio vendite
Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxx, 0644888228
Editore
Edit. Coop. società cooperativa di giornalisti, Xxx xxx Xxxxxxxx 0/x - 00000 Xxxx
Stampa
Grafica Romana
2 Chiuso in tipografia mercoledì 4 novembre ore 17
di Xxxxxxx Xxxxxxx
INTRODUZIONE
I
l contratto nazionale di lavoro è la forma più alta di tutela dei diritti, delle condizioni di lavoro e del salario. Oggi è anche la difesa di una dimensione nazionale, contro la
progressiva disgregazione in atto nel nostro paese, perché tiene salda la relazione tra lavoro e retribuzione, evitando che luogo, etnia, sesso diventino criteri arbitrari di retribuzione.
Il contratto nazionale di lavoro deve includere tutti i lavoratori e le lavoratrici di un determinato settore, deve esserci per i settori forti come per quelli più deboli.
È questa l’idea di fondo che ha determinato la scelta (e il valore) di avere un modello contrattuale, delle regole certe per tutti in modo che si generalizzasse il contratto nazionale e si diffondesse la contrattazione di secondo livello. Un modello, delle regole, una certezza delle fonti del diritto.
Più volte lo si è definito la costituzione materiale delle relazioni sindacali. Per questo l’accordo separato voluto dal governo e dalle associazioni imprenditoriali è una rottura storica, che mette in discussione la funzione stessa della contrattazione: non solo perché viene meno la tutela e la crescita dei salari, ma perché la definizione delle deroghe come regola può vanificare il contratto e la sua funzione. E allo stesso tempo l’impalcatura centralista di regolatori che determinano, limitando l’autonomia delle categorie, priva la contrattazione della capacità di cogliere e utilizzare le diverse situazioni per far avanzare, per meglio tutelare il lavoro.
Utile allora, come si fa in questo fascicolo, ripercorrere la storia, le caratteristiche, l’universalità per pubblico e privato del modello contrattuale. Questo fascicolo del resto esce in una fase difficile, segnata dalla rottura sul modello, dal contratto separato dei meccanici, dalla stagione delle piattaforme separate e dal tentativo di riconquistare i contratti fuori dal modello che li indebolisce.
Una stagione sicuramente intensa, che può determinare le condizioni per riconquistare nuove regole. Nuove regole che ci immaginiamo poche, precise, universali per il pubblico e per il privato, dove i due livelli si completano, per ridare certezza ai diritti dei lavoratori.
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Il modello
contrattuale
La presenza di regole certe e codificate
aiuta i segmenti più deboli del mondo del lavoro
Q
xxxxx xxxxxxxxx è dedicato al tema “Il modello contrattuale”. Con questa espressione s’intendono le forme con le quali, per via di una legge, di un’intesa generale o del consolidarsi in sistema di
una serie di eventi ripetuti nel tempo, si viene a configurare in un dato paese l’insieme dell’attività negoziale, ai vari livelli, dei sindacati e dei lavoratori con le controparti, associazioni d’impresa e datori di lavoro, privati e pubblici.
I livelli ai quali in Italia si contratta (meglio: si può contrattare) la con- dizione di lavoro e la sua remunerazione sono molteplici: quello nazionale, di categoria o di settore, quello aziendale, quelli di gruppo, di filiera o di sito, quel- lo territoriale.
Fino al 1993 la contrattazione in Italia mancava di una sua formalizza- zione con regole precise e rimandi: fino al protocollo siglato sotto il governo Xxxxxx, la situazione si era andata, infatti, evolvendo (o involvendo) nel tem- po, secondo i rapporti di forza e le convenienze delle parti sociali.
Naturalmente la presenza o meno di una formalizzazione non è di per sé garanzia della buona qualità o meno della contrattazione.
A cavallo tra gli anni sessanta e settanta, infatti, grazie alla spinta delle lot- te operaie, pur senza regole cogenti, vennero ottenute a livello nazionale con- quiste importanti come la settimana di quaranta ore, l’inquadramento unico, le 150 ore per la formazione continua, e tutto questo assieme ad aumenti salariali significativi. Il tutto con un intreccio fecondo tra contrattazione nazionale e con- trattazione in azienda, dove spesso l’accordo nazionale portava a sintesi ed esten- deva a tutti conquiste sperimentate e ottenute nelle fabbriche più grandi e più innovative, dove era maggiore la forza dei lavoratori e dei sindacati.
In questo inizio di millennio, invece, nonostante le regole del protocol- lo, un po’ per la mancanza della sponda fiscale da parte dei governi, un po’ per una situazione che vedeva il sindacato oggettivamente in posizione difensiva rispetto alle crisi indotte dal fenomeno globalizzazione, non si può certo dire che la contrattazione in generale abbia brillato per risultati.
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Vero è comunque che la presenza di regole certe e codificate aiuta i seg- menti più deboli del mondo del lavoro, nei quali il sindacato ha una minore rap-
presentatività, a firmare contratti altrimenti difficilmente esigibili. Da questo punto di vista la scelta di regole valide per tutti è un bell’esempio concreto di confederalità: chi è più forte rinuncia a un po’ di quanto il suo potere contrat- tuale gli consentirebbe probabilmente di ottenere per dare la possibilità a chi ha meno forza di migliorare la propria posizione.
Prima del 23 luglio
Schematizzando e riassumendo, comunque, la situazione ante 1993 era la seguente. Al centro dell’attività negoziale delle parti c’era il contratto naziona- le di categoria, con cadenza triennale. Nei contratti nazionali si fissavano i diritti d’informazione dei lavoratori e dei sindacati (la cosiddetta prima parte dei con- tratti), i minimi salariali, la durata e l’articolazione possibile dell’orario di lavoro, i diritti generali (ferie, festività, mensa, indennità varie). Nelle fabbriche e nei po- sti di lavoro più grandi, dove c’era una presenza più organizzata dei lavoratori nei sindacati, aveva luogo anche la contrattazione decentrata, dove si negoziava il sa- lario aziendale, l’organizzazione del lavoro (sempre meno nel tempo, purtroppo), l’applicazione concreta delle normative generali decise a livello nazionale e insie- me, almeno nel “periodo d’oro”, si sperimentavano novità sui vari temi.
In settori come l’edilizia, l’agricoltura e il commercio, la contrattazione integrativa avveniva a livello territoriale (provinciale), mentre per l’artigianato il secondo livello era quello regionale. Nel tessile e in qualche
sem- so-
i
altro settore (un esempio per tutti: le piastrelle a Sas- suolo) si sono andati concretizzando nel tempo e
pi di contrattazione territoriale di distretto (
prattutto nelle aree a grande concentrazione d imprese dello stesso comparto).
Per nessun livello c’era comunque una formalizzazione che garantisse sulle modalità e i tempi delle trattative: tutto era lasciato ai rapporti di forza, alle convenienze e alla buo- na volontà delle parti.
Arriva il protocollo
CONCERTAZIONE
È l’attività con cui governo e parti sociali, dopo aver fissato di comune accordo obiettivi condivisi, si adopera- no per individuare strumenti e percorsi utili al loro raggiungimento. Con concer- tazione si indica dunque il metodo del- la partecipazione delle grandi organiz- zazioni collettive degli interessi a per- corsi decisionali pubblici in materia
di politica economica o sociale.
Il grande cambiamento nel sistema della contrat-
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tazione avviene, come detto, con il “protocollo del 23 luglio”, come venne poi chiamato un po’ da tutti. L’intesa, un accordo interconfederale che stabiliva le regole della concertazione tra governo e parti sociali, e dunque non si limita- va al solo sistema contrattuale, venne sì raggiunta il 3 luglio 1993, ma venne fir- mata il 23 dello stesso mese, dopo che una consultazione voluta da Xxxx Xxxx Uil tra lavoratori e pensionati ne aveva approvato i contenuti con oltre i due ter- zi di consensi (votarono più di cinque milioni di persone).