RICERCA DI SISTEMA ELETTRICO
Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile
RICERCA DI SISTEMA ELETTRICO
Studio di rivelatori di neutroni “Boron Coated” come alternativi ai contatori proporzionali a 3He
X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xx Xxxxxx, X. D’Errico
Report RdS/2012/218
1
Accordo di Programma MSE-‐ENEA
STUDIO DI RIVELATORI DI NEUTRONI “BONOR COATED” COME ALTERNATIVI AI CONTATORI PROPORZIONALI A 3He
X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxx – ENEA, X. Xxxxxxx, X. Xx Xxxxxx, F. D’Errico – CIRTEN Università di Pisa Settembre 2012
Report Ricerca di Sistema Elettrico
Accordo di Programma Ministero dello Sviluppo Economico -‐ ENEA Area: Governo, gestione e sviluppo del sistema elettrico nazionale
Progetto: Nuovo nucleare da fissione: collaborazioni internazionali e sviluppo competenze in materia nucleare
Responsabile del Progetto: Xxxxxx Xxxxxx, ENEA
Indice
Introduzione 2
1 Descrizione dei rivelatori Boron Coated 3
2 Caratterizzazione sperimentale dei rivelatori acquisiti 4
3 Validazione della procedura di simulazione Montecarlo dei rivelatori 7
4 Progetto ottimizzato di una testa di misura per fusti contenenti rifiuti radioattivi 9
5. Conclusioni 13
6. Riferimenti bibliografici 13
App. 1 Development of neutron-‐sensitive superheated emulsions 14
Introduzione
Il presente lavoro, svolto nell’ambito tema di ricerca “Nuovo Nucleare da Fissione” dell’Accordo di Programma ENEA-‐MiSE, ha come obiettivo lo studio di potenziali alternative ai rivelatori proporzionali ad 3He: la difficoltà di reperimento di 3He, cresciuta ancora negli ultimi anni, ha causato un aumento dei costi insostenibile per i rivelatori per neutroni ad 3He.
L’3He è un elemento stabile, inerte e molto raro in natura; fino a qualche anno fa è stato ottenuto come sottoprodotto della industria di produzione di ordigni nucleari, e, al termine della guerra fredda, gli Stati Uniti avevano decine di migliaia di armi nucleari. Fino alla fine degli anni ‘90 la fornitura di 3He è stata superiore alla domanda, mentre dal 2000 la tendenza di accumulo si è invertita per via dell’azzeramento della produzione di testate nucleari.
Attualmente la situazione degli approvvigionamenti è molto incerta, il DOE ha in programma di rilasciare qualche migliaio di litri nel prossimo biennio, ma si tratta di quantitativi minimi che non possono soddisfare la domanda di gas per i rivelatori di neutroni.
Tali rivelatori sono fondamentali specialmente nel settore della caratterizzazione radiologica dei rifiuti radioattivi contenenti materiali α-‐contaminati (plutonio) dove i sistemi di misura sono di notevoli dimensioni e quindi, per avere efficienza di rivelazione adeguata, necessitano di un numero di rivelatori che varia dai 40 ai 150 (25-‐80 litri di 3He).
In base all’ analisi svolta nella ricerca di potenziali alternative ai rivelatori proporzionali ad 3He nell’ambito della caratterizzazione radiologica di manufatti contenenti rifiuti radioattivi α-‐contaminati, si è deciso di approfondire gli studi sui rivelatori boron coated in quanto, considerando la loro struttura ed il relativo funzionamento, risultano essere, plug&play cioè possono essere sostituiti ai rivelatori ad 3He senza dovere apportare alcuna modifica al restante sistema di misura.
In Appendice 1, a cura del team di ricerca dell’Università di Pisa, sono inoltre riportati i risultati dei test dei rivelatori ad emulsione surriscaldata forniti nell’ambito della collaborazione ENEA-‐CIRTEN, in quanto, pur non essendo un sostituto immediato degli 3He, risultano molto promettenti per il futuro.
1 Descrizione dei rivelatori Boron Coated
I rivelatori Boron Coated sono contatori proporzionali, di struttura metallica, aventi forma generalmente cilindrica il cui diametro è generalmente compreso tra i 2 e i 5 cm, ma è comunque possibile averlo delle dimensioni di cui si ha bisogno. Al suo interno le pareti sono rivestite di vernice borata. In queste condizioni la tossicità del boro è trascurabile, in quanto esso si trova imprigionato come solido sulla superficie interna del rivelatore e, in caso di incidente, la sua diffusione nell'ambiente è del tutto trascurabile.
La Figura 1 mostra i rivelatori Boron Coated e l’elettronica associata, operativi presso il Laboratorio Caratterizzazione dei Materiali Nucleari del C. R. XXXX Xxxxxxxx, mentre in Figura 2 è riportato lo schema costruttivo.
Figura 1 -‐ Rivelatori Boron coated ed elettronica associata.
Figura 2 -‐ Schema costruttivo di un rivelatore Boron Coated.
Il funzionamento del rivelatore è basato sulla cattura del neutrone da parte di un nucleo di 10B che reagisce emettendo una particella α e un nucleo 7Li secondo le relazioni:
5
10B +
5
10B +
1n →
0
0
1n →
7Li + α + 2.792 MeV
3
3
7Li◻ + α + 2.310 MeV
a seconda che il Litio si trovi nello stato fondamentale o in uno stato eccitato.
La reazione neutrone-‐boro avviene nella parte solida del contatore e il gas presente all’interno del rivelatore viene ionizzato dalle particelle emesse. Ovviamente, poichè il percorso massimo delle particelle α emesse è dell'ordine di 1 mg/cm2, sarà necessario produrre spessori di boro inferiori a questo valore (circa
0.2 mg/cm2). Questi strumenti sono riempiti con gas standard (ad esempio gas nobili o miscele come argon o metano) adatti per la proporzionalità e per tale motivo questi rivelatori risultano più sicuri dei rivelatori al BF3 in quanto non si pone il problema della tossicità del gas.
I rivelatori Boron Coated sono praticamente insensibili alle radiazioni γ ma la loro efficienza è inferiore rispetto a quella dei contatori a gas con 3He.
2 Caratterizzazione sperimentale dei rivelatori acquisiti
Presso il Laboratorio Caratterizzazione dei Materiali Nucleari del C. R. XXXX Xxxxxxxx, sono stati acquisiti quattro rivelatori boron-‐coated della tipologia richiesta per una testa di misura adatta alla caratterizzazione di rifiuti radioattivi condizionati.
I rivelatori sono costituiti da un cilindro di alluminio (diametro esterno 2.54 cm, altezza 67 cm) sulla cui superficie laterale interna è stata posta la vernice al boro che costituisce il volume sensibile del rivelatore; il gas di riempimento è costituito da Argon.
Si è proceduto, quindi, alla caratterizzazione sperimentale di tali rivelatori, al fine di individuare la "curva caratteristica del rivelatore". Tale curva è un grafico ottenuto riportando in ascisse le tensioni applicate, ed in ordinate il numero degli impulsi registrati in un intervallo di tempo T (uguale naturalmente per tutte le misure). Tale curva presenta una zona di qualche centinaio di Volt a piccola pendenza che viene chiamata "plateau" del rivelatore e rappresenta un range di tensione in cui il rivelatore fornisce misure proporzionali al numero di particelle rivelate. La tensione di lavoro del rivelatore viene scelta all’interno del plateau, in modo che eventuali piccole variazioni nella tensione di alimentazione V del rivelatore non comportino notevoli variazioni della risposta .
La curva caratteristica è stata determinata utilizzando, per ogni rivelatore e per sequenza di misura, una sorgente neutronica puntiforme di Am-‐Li certificata dall’Istituto di metrologia dell’ENEA, avente un rateo di 38000 neutroni al secondo (n/s). Il contenitore della sorgente ha un diametro di 5 cm e un’altezza di 20 cm. Il rivelatore è stato posto a una distanza di 12 cm dalla superfice esterna della sorgente.
In Figura 3 è riportata la configurazione sperimentale.
Fig. 3 -‐ Configurazione sperimentale utilizzata per la determinazione della curva caratteristica del rivelatore.
La sequenza di misura consiste nel conteggio dei neutroni rivelati all’aumentare della tensione di alimentazione del rivelatore.
Il tempo scelto per le misure è di 100 secondi , valore sufficiente a garantire, date le caratteristiche della sorgente e dei rivelatori, una statistica di conteggio affidabile. Per individuare la tensione di lavoro ottimale bisogna riferirsi alla differenza dei valori riscontrati fra due misure consecutive (Δ): il suo minimo corrisponde alla tensione di lavoro ottimale.
Nelle Figure 4-‐7 sono riportate la curva caratteristica e la tabella con i dati grezzi per ogni rivelatore disponibile.
Volt | n/s | Δ |
500 | 0 | 0 |
550 | 0 | 0 |
600 | 13,07 | 13,07 |
620 | 26,45 | 13,38 |
640 | 37,4 | 10,95 |
660 | 51,85 | 14,45 |
680 | 62,39 | 10,54 |
700 | 72,74 | 10,35 |
720 | 81,06 | 8,32 |
740 | 86,79 | 5,73 |
760 | 92,86 | 6,07 |
780 | 97,17 | 4,31 |
800 | 102,16 | 4,99 |
820 | 107,2 | 5,04 |
840 | 111 | 3,8 |
860 | 112,99 | 1,99 |
880 | 118,21 | 5,22 |
900 | 143,65 | 25,44 |
920 | 271,53 | 127,88 |
940 | 502,49 | 231,04 |
Volt | n/s | Δ |
500 | 0 | 0 |
550 | 0 | 0 |
600 | 0,26 | 0,26 |
650 | 29,1 | 28,84 |
700 | 58,39 | 29,29 |
750 | 81,81 | 23,42 |
800 | 95,97 | 14,16 |
820 | 101,28 | 5,31 |
840 | 104,8 | 3,52 |
860 | 107,07 | 2,27 |
880 | 111,75 | 4,68 |
900 | 119,66 | 7,91 |
920 | 173,41 | 53,75 |
940 | 412,05 | 238,64 |
Fig. 4 – Curva caratteristica del rivelatore 11F00DPD
Fig. 5 – Curva caratteristica del rivelatore 11K00LKD
Volt | n/s | Δ |
500 | 0 | 0 |
550 | 0 | 0 |
600 | 0,63 | 0,63 |
650 | 32,03 | 31,40 |
700 | 61,95 | 29,92 |
750 | 82,86 | 20,91 |
800 | 96,27 | 13,41 |
820 | 103,52 | 7,25 |
840 | 105,07 | 1,55 |
860 | 108,07 | 3 |
880 | 111,43 | 3,36 |
900 | 119,87 | 8,44 |
920 | 179,36 | 59,49 |
940 | 404,38 | 225,02 |
Volt | n/s | Δ |
500 | 0 | 0 |
550 | 0 | 0 |
600 | 0,75 | 0,75 |
650 | 34,31 | 33,56 |
700 | 78,22 | 43,91 |
750 | 93,01 | 14,79 |
800 | 107,51 | 14,5 |
820 | 111,28 | 3,77 |
840 | 114,69 | 3,41 |
860 | 120,18 | 5,49 |
880 | 124,92 | 4,74 |
900 | 183,52 | 58,6 |
920 | 410,93 | 227,41 |
Fig. 6 – Curva caratteristica del rivelatore 11K00LKE
Fig. 7 – Curva caratteristica del rivelatore 11F00DFG
Per tutti i rivelatori la tensione di lavoro ottimale è di circa 850 Volt: a tale tensione sono state successivamente effettuate misure ripetute che hanno confermato la stabilità della risposta.
3 Validazione della procedura di simulazione Montecarlo dei rivelatori
La procedura di simulazione Montecarlo, effettuata tramite il codice MCNP51, è stata validata confrontando i valori dell’efficienza di rivelazione simulati con quelli ricavati dalle misure sperimentali.
Anche in questo caso, le misure sono state effettuate utilizzando i quattro rivelatori boron-‐coated disponibili presso il Laboratorio Caratterizzazione dei Materiali Nucleari del C. R. XXXX Xxxxxxxx, sia in configurazione con sistema di moderazione che con rivelatore “nudo”, ed la sorgente neutronica Am-‐Li certificata dall’Istituto di metrologia dell’ENEA.
Per ogni configurazione sono state effettuate tre ripetizioni ed il valor medio, con relativa deviazione standard, è stato considerato come valore di riferimento per il confronto con la simulazione.
La configurazione geometrica, riprodotta nell’input del codice MCNP utilizzando gli schemi forniti dalla casa costruttrice, è riportata nelle figure che seguono.
Figura 8 -‐ Sezione verticale ed orizzontale della configurazione di misura “rivelatore nudo”.
1 L’MCNP (Monte Carlo N-‐Particle Transport Code code), sviluppato presso il Laboratorio Nazionale di Los Alamos, è un codice di trasporto per neutroni, fotoni ed elettroni che utilizza il metodo Monte Carlo. Il codice Monte Carlo fa parte della famiglia dei metodi statistici non parametrici. È utile per superare i problemi computazionali legati ai test esatti. La simulazione Monte Carlo calcola una serie di realizzazioni possibili del fenomeno in esame, con il peso proprio della probabilità di tale evenienza, esplorando tutto lo spazio dei parametri del fenomeno. La simulazione esegue, quindi, delle 'misure' delle grandezze di interesse. L'algoritmo Monte Carlo è un metodo numerico che viene utilizzato per trovare le soluzioni di problemi matematici, che possono avere molte variabili e che non possono essere risolti facilmente, per esempio il calcolo integrale.
Figura 9 -‐ Particolari del rivelatore boron-‐coated.
Per quanto riguarda l’accuratezza della procedura di simulazione, lo scostamento percentuale medio riscontrato fra il valore misurato sperimentalmente e quello simulato è pari allo 0.12%, mentre quello massimo è pari allo 0.25%, valore inferiore alla deviazione standard associata alla misura (pari allo 0.31%). La procedura si può dunque ritenere validata ed utilizzabile per la progettazione ed ottimizzazione di una testa di misura che abbia geometria di rivelazione 4π e che quindi sia adatta per la caratterizzazione di fusti contenenti materiale radioattivo.
4 Progetto ottimizzato di una testa di misura per fusti contenenti rifiuti radioattivi
Per la caratterizzazione di manufatti contenenti rifiuti radioattivi α-‐contaminati, sono necessari sistemi di misura caratterizzati da un’ampia cavità di rivelazione e da una efficienza di rivelazione sufficientemente elevata per ottenere, con tempi di misura ragionevoli, una statistica di conteggio adeguata a minimizzare i limiti di rivelazione.
Per questi motivi i sistemi utilizzati attualmente hanno un gran numero di rivelatori (da 40 a 120) che circondano la cavità di rivelazione in modo da ottenere una geometria di rivelazione 4π.
Per gli scopi di questo lavoro è stata simulata, tramite codice MCNP, una testa di misura in forma cilindrica
avente 80 rivelatori verticali e 36 orizzontali (18 nella base inferiore e altrettanti nella superiore) boron-‐ coated del tipo disponibile presso il Laboratorio, (2.54 cm di diametro per 67 cm di lunghezza), moderata con polietilene ad alta densità.
Le dimensioni della cavità di rivelazione sono quelle di un cilindro di raggio pari a 34 cm e altezza 100 cm, sufficienti quindi per alloggiare manufatti di volume pari a 200 litri.
La prima fase delle simulazioni ha avuto l’obiettivo di ottimizzare lo spessore di polietilene per la termalizzazione dei neutroni: sono stati provati spessori da 1 a 4 cm ed il risultato ottimale ottenuto è stato uno spessore pari a 3 cm.
Nelle Figure 10 e 11 sono riportate rispettivamente le sezioni verticale e orizzontale della testa di misura ipotizzata, mentre in Figura 12 è illustrata la disposizione dei rivelatori orizzontali.
Figura 10 -‐ Sezione verticale testa di misura.
Figura 11 -‐ Sezione orizzontale testa di misura.
Figura 12 -‐ Disposizione rivelatori orizzontali.
Con le ipotesi assunte, e cioè utilizzando rivelatori boron-‐coated commerciali nella configurazione descritta in precedenza, ed uno spessore di moderatore pari a 3 cm, l’efficienza di rivelazione globale è risultata essere pari al 9.27 %.
Se si considera che una testa di misura di dimensioni equivalenti, equipaggiata con rivelatori a 3He, ha generalmente un’efficienza fra il 18 ed il 20 %, è chiaro che il 9.27 % ottenuto risulta essere un valore troppo basso per essere proficuamente utilizzato nel campo della caratterizzazione di rifiuti radioattivi.
Nel tentativo di aumentare l’efficienza di rivelazione, il primo tentativo è stato fatto aggiungendo una corona di rivelatori esterna e leggermente sfalsata rispetto a quella iniziale (cfr. Figura 13): l’effetto combinato dell’eccessivo spessore di moderazione e del basso flusso di neutroni nei rivelatori aggiunti, fa sì che a fronte di aumento di costi pari a circa il 70% (nella nuova configurazione ci sarebbero 80 rivelatori in
più rispetto ai 116 iniziali) l’efficienza aumenterebbe solo di pochi punti percentuali, attestandosi intorno al 12 %.
Figura 13 -‐ Aggiunta di una corona di rivelatori verticali.
Tornati all’ipotesi originale di una singola corona di rivelatori verticali sono state effettuate due diverse serie di simulazioni, la prima mantenendo le dimensioni dei rivelatori così come commercialmente disponibili, ma cambiando l’arricchimento in 10B del boro presente nella vernice (dal 19.9% del boro naturale fino a un ipotetico 100% di 10B), la seconda lasciando invariata la vernice ed aumentando la lunghezza dei rivelatori fino a portarla dai 67 cm di fabbrica a 92 cm, cioè il massimo consentito dalla geometria della testa di misura.
Nelle Figure 14 e 15 sono riportati gli andamenti delle due serie di simulazioni effettuate, mentre in Tabella 1 è riportato il riepilogo dei valori di efficienza ottenuti per le diverse configurazioni.
Figura 14 -‐ Andamento dell’efficienza di rivelazione in funzione dell’arricchimento.
Figura 15 -‐ Andamento dell’efficienza di rivelazione in funzione della lunghezza dei rivelatori.
Tabella 1 -‐ Risultati delle simulazioni
Lunghezza Rivelatori (cm) | Arricchimento 10B (%) | Efficienza (%) | Incertezza (%) |
67 | 19.9 | 9.27 | 0.5 |
40.0 | 13.55 | 0.5 | |
60.0 | 16.04 | 0.5 | |
80.0 | 17.63 | 0.5 | |
100.0 | 18.70 | 0.5 | |
77 | 19.9 | 9.95 | 0.5 |
87 | 19.9 | 10.58 | 0.5 |
92 | 19.9 | 10.89 | 0.5 |
Dai dati riportati in tabella, risulta chiaro che l’effetto di una maggiore lunghezza dei rivelatori è piuttosto modesto (l’efficienza aumenta del 17 % circa) e, probabilmente, non tale da giustificare il maggior costo dei rivelatori dovuto alla modifica della linea di produzione.
Appare invece evidente che un arricchimento del tenore di 10B porta ad un sensibile aumento dell’efficienza che renderebbe il sistema di misura concorrenziale con quelli basati sui contatori proporzionali a 3He. Naturalmente rimane da verificare il costo di tale operazione e l'effettivo arricchimento raggiungibile, ma da un punto di vista tecnico è certamente più semplice cambiare la vernice di rivestimento rispetto a modificare le dimensioni fisiche dei rivelatori.
5. Conclusioni
Nel corso della presente annualità sono stati approfonditi gli studi relativi ai rivelatori Boron Coated come possibile alternativa ai contatori proporzionali a 3He cosiddetti "as they are", cioè con la semplice sostituzione dei tubi di un tipo di rivelatore con quelli di un altro, senza alterare l'elettronica e la filosofia delle tecniche di misura.
I rivelatori Boron Coated sono contatori proporzionali classici le cui pareti interne sono rivestite di vernice borata. La reazione neutrone-‐boro avviene nella parte solida del contatore e il gas viene ionizzato dalle particelle emesse. Questi strumenti sono riempiti con gas standard (ad esempio gas nobili o miscele come argon o metano) adatti per la proporzionalità.
I rivelatori basati sul boro, però, hanno dei limiti tecnici di efficienza rispetto a quella dei contatori a gas con
3He, ma sono praticamente insensibili alle radiazioni γ.
L’obiettivo del presente documento è stato quello di studiare i rivelatori Boron Coated al fine di migliorarne le prestazioni e in particolare l’efficienza di rivelazione.
In particolare è stato delineato un nuovo progetto per un sistema di misura per la caratterizzazione di manufatti contenenti rifiuti radioattivi α-‐contaminati.
Per gli scopi di questo lavoro è stata simulata, tramite codice MCNP, una testa di misura in forma cilindrica
avente 80 rivelatori verticali e 36 orizzontali (18 nella base inferiore e altrettanti nella superiore) Boron-‐ Coated (2.54 cm di diametro per 67 cm di lunghezza) del tipo disponibile presso il Laboratorio Caratterizzazione dei Materiali Nucleari, moderata con polietilene ad alta densità.
L’obiettivo del presente lavoro è stato quindi la progettazione di un sistema di misura prototipale, con rivelatori innovativi, che avesse una buona efficienza di rivelazione e permetta la quantificazione della massa di fissile nonché il contenuto totale di attinidi in contenitori di rifiuti radioattivi da 200 e 400 litri, per la caratterizzazione del manufatto con tecniche non distruttive.
Parallelamente, presso i Laboratori dell’Università di Pisa sono stati realizzati e testati dei sistemi di rivelazione basati sulle emulsioni surriscaldate. I risultati di tale studio sperimentale, dimostrano che questo tipo di rivelatori costituiscono effettivamente una possibile alternativa ai contatori proporzionali a 3He, ma occorre investire risorse per adeguare l’elettronica nucleare associata e la stessa progettazione dei sistemi di misura di grandi dimensioni.
6. Riferimenti bibliografici
1. Xxx Xxxxxxx X., “Techniques for Nuclear and Particle Physics Experiments”, Springer Science, ISBN 3-‐540-‐57280-‐5 2;
2. Xxxxxxxxxxxx, X.X., “MCNP-‐A General Monte Carlo N-‐Particle Transport Code”, Version 4A. Ed., 1993. LA-‐12625.
3. Xxxxxx RT et Al. “Alternative Neutron Detection Testing Summary”, DOE Doc. n. PNNL-‐19311, 2010
4. Xxxxxx RT et Al. “Boron-‐Lined Straw-‐Tube Neutron Detector Test”, DOE Doc. n. PNNL-‐19600, 2010
5. Xxxxxxx X. Xxxx et Al. “Boron-‐coated straws as a replacement for 3He-‐based neutron detectors”, Nuclear Instruments and Methods in Physics Research, Volume 652, Issue 1, 2011, pag. 359–363,
6. d’Errico F. et Al. “High-‐energy neutron detection and spectrometry with superheated emulsions” Nuclear Instruments and Methods in Physics Research, 2003, pag. 50–53
App. 1 Development of neutron-‐sensitive superheated emulsions
A cura di: X. x’Xxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xx Xxxxxx (Università di Pisa)
The goal of this activity was developing prototypes to test experimentally the viability of superheated emulsions for the detection of illicit materials and related threats. The proposal builds upon the long-‐ standing collaboration existing between the University of Pisa and Yale University concerning the superheated emulsion technology for neutron detection and spectrometry and for position-‐sensitive measurements. These detectors are suspensions of superheated droplets in a compliant medium (Apfel, 1979); upon irradiation with sufficiently energetic neutrons, the detectors develop a cloud of bubbles that can be recorded and later reset to the liquid state.
The specific aim of this project was designing and manufacturing a prototype with an intrinsic efficiency approaching 3% and a complete rejection of x-‐rays and gamma rays. Our previous droplet emulsification methods allowed us to reach a concentration of about 10,000 droplets per mL. This typically corresponds to intrinsic efficiencies of about 1% for fast neutrons, which was adequate for previous detector applications. In the current research, we expect to reach droplet concentrations corresponding to intrinsic efficiencies exceeding 2% for fast neutrons.
The ultimate system to be developed would consist of large detector modules (tens of liters) exceeding an intrinsic efficiency of 5% and thus ideally suited for use in passive neutron interrogation schemes. The detectors will be able to operate in the presence of a gamma ray background thus minimizing nuisance alarms. The sensitivity is lower than the 15% efficiency offered by high-‐pressure He-‐3 counters inside moderators, but it still places our detection system in the range of high-‐sensitivity methods (Xxx Xxxxxxxx et al., 2009) and it does not require He-‐3. These techniques may be particularly effective in the detection of Pu-‐239, as illustrated in a comprehensive DOE Report (2002) and in the review by Xxxxxxxxx et al (2003).
We have ample experience with the preparation of emulsions dispersed in viscous gels and we formulated compositions with the required uniformity, stability, optical clarity and viscosity (d’Xxxxxx, 2001). The uniformity of the drop sizes is a key factor for the optimal response of superheated emulsions because it ensures the generation of uniform-‐size bubbles upon irradiation. Appropriate visco-‐elasticity and density of the gel are required to prevent diffusion phenomena of both drops and bubbles. Gels are made of the highest viscosity compatible with the emulsification process, and with a density comparable to that of the halocarbon. This way, the relatively heavy droplets do not sink in the gel, and the vapor bubbles do not rise to its surface after irradiation. A complete immiscibility of the superheated droplets in the gel matrix is required to ensure both the stability of the emulsion over time and its optical transparency. Well-‐designed emulsions provide years of stable operation. In our laboratory, we still use the same emulsions used in studies published over ten years ago (d'Xxxxxx et al., 1998; Xxxxx et al., 1998)
In our R&D work, we have manufactured a ~ 0.5 liter detector containing about one million, 70 µm drops of perfluorocarbon C-‐318. The detector is sensitive to a large fraction of a fission spectrum and it is completely insensitive to photons. The rejection of high-‐energy photons was verified with 6 MV X-‐ray irradiations at a radiotherapy accelerator. Even after a dose of 1 Gy (at a rate of 3 Gy/min), corresponding to a fluence of over 1010 photons/cm2 no bubbles appeared in the detector. This is documented in striking fashion by a subsequent high-‐resolution CT scan of the emulsion (adding 90 mGy of 120 kV X-‐rays): no bubbles can be seen in the scan (Figure A1). On the contrary, the same detector irradiated with 2.5 mSv of Am-‐Be neutrons presents about 5000 bubbles of ~ 0.5 mm diameter which are easily visible on a CT scan. Clearly, the detector largely exceeds the requirement of rejecting more than 104 photons for every false neutron count.
Figure A1. Computed tomography scans of a superheated emulsion of C-‐318 after an irradiation with 1 gray of 6 MV X-‐rays (left) and after an irradiation with 2.5 mSv of Am-‐Be neutrons (right) . The neutron irradiation was delivered using two sources in contact with opposite sides of the detector.
Over the past years, we have developed techniques allowing the manufacturing of drops of any size between 50 and 200 μm. An unprecedented drop-‐loading was achieved; the new detectors contain almost 5% by weight of 200 μm droplets with a dispersion of only 10% in the nominal diameter (Figure A2).
Figure A2 Microphotograph of a monodispersed emulsion of 200 μm drops.
In addition, boron doping of the compliant gel matrix was investigated in order to make the C-‐318 emulsions sensitive to slow neutrons. After extensive testing, we were able to develop gels loaded with boric acid. The complexity of the development process stems from the low pH introduced by boric acid, which affects the stability of the gels and required the identification and use of suitable carbopolymers. Our preliminary test were extremely promising: boron loaded gels appear to double the sensitivity of C-‐318 emulsions in neutron fields comprising a low-‐energy component (Figure A3).
Figure A3. Increase in the relative response of C-‐318 emulsions in a moderated neutron field when the compliant gel matrix is loaded with boron.
Current tests are establishing the stability of these novel large-‐drop, boron-‐doped emulsions. As a deliverable of this research, we chose to develop a C-‐318 detector with relatively large drops ~ 150 μm and inert (non boron-‐doped) gel, in order to achieve increased sensitivity in a stable gel configuration. A variety of vessels, both tempered glass tubes as well as high-‐strength plastic containers, were tested in terms of their suitability for the production of large detector modules. A selection of detector modules built with the various vessels is shown hereafter (Figure A4). The choice fell on a reinforced tempered glass tube of about
0.5 liter volume.
Figure A4. Photograph of some of the detector vessels tried within this project.
Another aspect of the response of the emulsions was investigated during the past year: the correlation between operating pressure and sensitivity of the emulsions. In order to perform our tests in the lab without resorting each time to a neutron source, we used an ultrasound bath to trigger bubble nucleations in a controlled fashion. The following graph depicts the response of RC318 emulsions in our temperature-‐ controlled sonicating bath (Figure A5). Clearly, lower operating pressures correspond to higher detector sensitivity and vice-‐versa. These findings will be used in establishing the operating conditions of our planned detector module whose response may be rendered independent of temperature variations by applying a suitable pressure.
A device to be eventually deployed in the field will need to be "ruggedized" by means of an enclosure which ensures protection from both physical impact and from environmental agents. This enclosure may be easily
designed to provide temperature regulation as well, stabilizing the detectors at an operating temperature between 35 and 40 °C, so that in most practical circumstances they will require some heating, but no refrigeration. When the environmental temperature exceeds the pre-‐set temperature, an increase in pressure will allow the stabilization of the sensitivity.
Figure A5. Pressure dependent response of RC318 emulsions in a temperature-‐controlled sonicating bath
A systematic series of tests showed that if the detectors are recompressed frequently or immediately after irradiations, a complete annealing of the bubbles can be achieved in about 3 seconds at 5 atm.
Finally, we are still investigating a variety of alternative read-‐out schemes suitable for the deployment of our detectors in the field (d’Xxxxxx et al, 2008; d’Errico and Xx Xxxxxx, 2011). However, for the current prototype we chose to rely on the more traditional acoustical detection with sensors centered at 5 kHz, corresponding to the principal harmonic of the bubbles (Apfel and Xxx, 1983). These are extremely well established and are expected to perform optimally in the controlled environment of the ENEA laboratories where the detectors will be tested independently.
Bibliographical references
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Curriculum Vitae autori XXXXXX
Xxxxxxxxx x'Xxxxxx è Professore Associato di Ingegneria Nucleare e Biomedica presso l'Università di Pisa. Le sua attività di ricerca e sviluppo riguardano principalmente una classe di rivelatori denominati emulsioni surriscaldate, che sono utilizzate per misure di radiazioni in ricerche di fisica di base, in ricerche applicate alla radiologia diagnostica e terapeutica, ed alla sicurezza radiologica e nucleare.
Xxxxxxxx Xxxxxxx è ricercatore presso l'Università di Pisa, svolge la sua attività presso il laboratorio di Misure Nucleari del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale. La sua attività di ricerca riguarda principalmente la spettrometria e la dosimetria neutronica, le misure di radioattività ambientale e la simulazione con tecniche Monte Carlo nel campo delle misure nucleari.
Xxxxxx Xx Xxxxxx, dottore di ricerca in Ingegneria della Sicurezza Nucleare e industriale presso l'Università di Pisa, è ricercatrice post-‐dottorato presso il Dipartimento di Radiologia Diagnostica all'Università di Yale (USA). Nell'ambito delle misure nucleari, la sua ricerca è focalizzata allo sviluppo di rivelatori per neutroni per applicazioni dosimetriche, spettrometriche e per la detezione di materiali speciali.