UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
SCUOLA DI DOTTORATO IN SCIENZE GIURIDICHE “XXXXXX XXXXXXXX”
Curriculum in Diritto Romano e Storia del Diritto
XXXIII CICLO
QUASI EX CONTRACTU TENERI: RICERCHE SULL’ORIGINE DELLA CATEGORIA
DEL QUASI CONTRATTO
Relatore:
Xxxxx.xx Prof.ssa XXXX XXXXXXXX
Tesi di Dottorato di: XXXXXX XXXXXXXX XXXXXXX XXXXXXX
A.A. 2019/2020
INDICE Introduzione 4
Capitolo I
IL QUASI CONTRATTO: LINEAMENTI STORICO-EVOLUTIVI
1. Cenni introduttivi 6
2. La riflessione dei giuristi di età repubblicana 8
3. La soluzione della giurisprudenza romana di epoca classica 12
4. Il diritto giustinianeo 24
5. La nozione di “quasi contratto” nel diritto comune 28
6. La dottrina del Settecento e Ottocento 34
7. La disciplina codicistica del quasi contratto 37
8. Critiche e abbandono della categoria 40
Capitolo II
PROPRIUM QUODAM IURE
1. Premessa 44
2. Gai. 3.88 ss.: una summa divisio obligationum tra funzione e necessità 48
3. Mutui autem datio 52
4. Si paret eum dare oportere 55
5. Un proprio fondamento giuridico (proprium quodam ius) 61
6. Actione teneri 64
Capitolo III
QUASI EX CONTRACTU ACTIONE TENERI
1. Lo status quaestionis 72
2. Il rapporto tra obligatio ed actio in personam 73
3. Negotiorum gestio 79
4. Obligatio ex tutela 89
5. Legatum 91
6. Indebiti solutio 96
7. Risultanze parziali 99
Capitolo IV
FONTI GIUSTINIANEE E QUASI CONTRACTUS IN XXXXXXX
1. L’obligatio ex quasi contractu nelle Iustiniani Institutiones 103
1.1. Della gestione di affari altrui 107
1.2. Tutela 109
1.3. Communio e rapporti fra coheredes 111
1.4. Obligatio legati 112
1.5. Solutio indebiti 114
2. Il quasi contractus nella Parafrasi alle Istituzioni imperiali di Xxxxxxx 116
Conclusioni 123
Bibliografia 128
Indice delle fonti 153
INTRODUZIONE
Il presente lavoro, seguendo un percorso diacronico, si pone il precipuo obiettivo di fornire un contributo alla riflessione sul quasi contratto.
Nello specifico, attraverso l’analisi dell’iter evolutivo compiuto a partire dalla classificazione delle fonti di obbligazione, si cercherà se il quasi contratto sia già attestato nel pensiero giurisprudenziale romano classico e, parimenti, di comprendere quale sia il percorso che ha indotto all’elaborazione dello stesso.
Lo studio si articola in quattro capitoli, operando una ricognizione di quelli che sono gli aspetti più problematici della materia.
Nel primo, in particolare, viene tracciato un sintetico quadro storico-evolutivo del quasi contratto che muove dalle riflessioni operate dai giuristi romani, nelle principali epoche storiche, per poi giungere, passando attraverso la disciplina del diritto comune e la dottrina del Settecento e Ottocento, a quelle che furono le motivazioni che portarono al suo mancato accoglimento nella disciplina normativa del Codice civile italiano del 1942.
Nel secondo, invece, prendendosi le mosse dalle Institutiones di Gaio, ci si interrogherà, prima sul significato della summa divisio obligationum in essa contenuta, con l’intento di fare luce sul perché una partizione che, ab origine, viene presentata come ipoteticamente esaustiva, in realtà non lo sia, e poi su quale possa essere, a seguito dello stretto rapporto intercorrente fra mutuo e solutio indebiti, la prospettiva da cui muove il giureconsulto nell’elaborazione della sua partizione. Il tutto, cercando di stabilire se, a partire dal proprio fondamento giuridico cui muovono le obligationes ex variis causarum figuris, sussista una qualche chiara finalità dialettica fra
quanto asserito da Xxxx nel suo polifunzionale manuale istituzionale e la successiva elaborazione prospettata nei Libri rerum cottidianarum sive aureorum.
Nel terzo, si cercherà di dimostrare sia la veridicità e completezza di quanto trasmessoci nelle Res cottidianae, circa la tripartizione delle fonti delle obbligazioni e le figure ivi ricondottevi, specialmente alla luce di quella che fu la successiva elaborazione espressa nelle Istituzioni di Xxxxxxxxxxx, e poi, interrogandosi sul rapporto tra obligatio ed actio in personam, di stabilire se, prima e durante il periodo in cui visse Gaio, fossero note le fattispecie riportate fra le obligationes ex variis causarum figuris, e parimenti constatare se, le medesime, venissero trattate alla stregua di obbligazioni che non rientravano nel novero dei contratti, ma potessero, comunque, accostarsi analogicamente agli stessi.
Infine, nel quarto capitolo, traendosi spunto dall’opera di sistematizzazione di Xxxxxxxxxxx, in cui la tripartizione delle fonti delle obbligazioni venne sostituita da una quadripartizione nella quale, accanto alle obbligazioni da contratto e da delitto, si rinvengono quelle quasi ex contractu e quelle quasi ex delicto, si opera una rassegna delle singole obligationes quasi ex contractu contenute all’interno delle Iustiniani Institutiones, in rapporto con quelle previste nelle Res cottidianae, e si conclude mediante l’analisi dei relativi passi, dedicati al quasi contractus, nella Parafrasi greca alle Istituzioni imperiali di Xxxxxxx.
Capitolo I
IL QUASI CONTRATTO: LINEAMENTI STORICO-EVOLUTIVI
SOMMARIO: 1. Cenni introduttivi. – 2. La riflessione dei giuristi di età repubblicana. – 3. La soluzione della giurisprudenza romana di epoca classica. – 4. Il diritto giustinianeo. – 5. La nozione di “quasi contratto” nel diritto comune. – 6. La dottrina del Settecento e Ottocento. – 7. La disciplina codicistica del quasi contratto. – 8. Critiche e abbandono della categoria.
1. Cenni introduttivi
La dizione «quasi contratto»1 è stata utilizzata, nell’ambito della storia del diritto privato, quale designazione tecnica di una categoria giuridica impiegata per la risoluzione di una difficoltà rinvenibile nell’esigenza di riconoscere gli effetti generalmente ricollegati all’accordo delle parti (c.d. effetti contrattuali) in quelle circostanze nelle quali tale accordo manca.
Parte della dottrina moderna2, anziché di quasi contratto, è solita parlare di faktische Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx (rapporti contrattuali di fatto),
1 In merito, si rinvia a: X. XXXXXX, s.v. Quasi-contratto (dir. civ.), in Dig. it., XIX (1925), pp. 1315 ss.; X. XXXXXXXXX, s.v. Quasi contratti (dir. rom. e dir. civ.), in Noviss. dig. it., X (1936), pp. 1025 ss.; ID., s.v. Quasi-contratto (dir. rom., dir. civ.), in Nuovo Dig. it., X (1937- 1940), pp. 1025-1027; ID., s.v. Quasi contratto-quasi delitto (dir. rom., dir. civ.), in Noviss. dig. it., XIV (1957), pp. 633-636; C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, in Enc. dir., XXXVIII (1987), pp. 25-34; X. XXXXX, s.v. Quasi-contratto, in Dig. disc. Priv., Sez. civ., XXV (1997), pp. 539 ss.; ID., s.v. Quasi-contratti, in Dig. disc. Priv., Sez. civ., VI (2011), pp. 154-159.
2 Vedasi in particolare X. XXXXX, Über faktische Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, in Festschrift der Leipziger Juristenfakultät für Xxxxxxxx Xxxxx, II, Leipzig 1943, pp. 1-37; X. XXXXXXX, Faktische Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, in Neue Juristische Wochenschrift, I (1958), pp. 1 ss.; X. XXX,
tralasciando non solo l’unità dogmatica e storica del problema, ma anche il carattere di continuità che le diverse soluzioni hanno rivestito nel corso del tempo3.
È noto che la categoria del quasi contratto è stata elaborata dai giuristi romani. La relativa problematica fu sollevata e affrontata a partire dalla giurisprudenza più antica, ma è specialmente attraverso l’analisi del percorso evolutivo effettuato a partire dalla classificazione delle fonti di obbligazione che si comprende la reale importanza assunta da tale categoria nel pensiero giurisprudenziale romano classico.
Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxx 0000, pp. 20 ss.; X. XXXXXXXXX, Die Lehre vom faktischen Vertragsverhältnis. Entstehung, Rezeption und Niedergang, Tübingen 1994, pp. 46 ss. Per quanto concerne la dottrina italiana, si rimanda a X. XXXXX, Xxx cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, in Jus, VIII (1957), p. 368; X. XXXXX, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, Milano 1965, pp. 6 ss.; X. XXXXXX XXXXXXX, Contributo allo studio dei rapporti di fatto nel diritto privato, in Riv. trim. dir. proc. civ., XXXI (1977), pp. 151 ss.; X. XXXXXXXXXXXXX, I rapporti di fatto. Ricostruzione della fattispecie e teoria generale, Milano 1984, pp. 290 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Contributo allo studio dei rapporti di fatto, Milano 1997, pp. 18 ss.; X. XXXXXXXX, s.v. Rapporti contrattuali di fatto, in Enc. giur. Treccani, XXV (2003), pp. 1 ss.
3 Cfr. C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, in Enc. dir., XXXVIII (1987), p. 25.
2. La riflessione dei giuristi di età repubblicana
Il primo modello storico utilizzato, quale modello contrattuale, fu quello della sponsio (stipulatio4), prodotto della giurisprudenza pontificale5, consistente6 in una promessa unilaterale di prestazione, in cui il consenso si sostanziava in un dialogo di domanda (del futuro creditore) e risposta pertinente (del futuro debitore): «Spondes mihi centum dari? Spondeo».
Non trattandosi di una semplice promessa accettata, ma del consenso alla richiesta di un impegno, il carattere consensuale della fattispecie venne percepito dalla giurisprudenza romana, in epoca classica, con un vigore tale da permettere l’inserimento della sponsio-stipulatio nella categoria dei contratti (Gai 3.897).
4 Sulla sponsio si veda: P. VOCI, Diritto sacro romano in età arcaica, in SDHI, XIX (1953), pp. 38 ss.; X. XXXXXX, Sponsio e stiupulatio. Divagazioni intorno alla storia del contratto, dell’obligatio e delle garanzie personali, in BIDR 65 (1962), pp. 114 ss.; F. PASTORI, Appunti in tema di sponsio e stipulatio, Milano 1961; X. XXXXXXXXX, L’origine della sponsio e della stipulatio, in LABEO, IX (1963), pp. 98 ss.; X. XXXXXXXX, Archetipi dell’oportere nell’oportere ex sponsione, in Obligatio-obbligazione. Un confronto interdisciplinare, X. Xxxxxxxxxx Colognesi, M.F. Cursi (a cura di), Napoli 2011, pp. 1-16.
5 Sull’argomento si rinvia a F. BONA, Ius pontificium e ius civile nell’esperienza giuridica tardo-repubblicana: un problema aperto, in Contractus e factum. Tipicità e libertà negoziale nell’esperienza tardo-repubblicana. Atti del Convengo Internazionale di Copanello, 1-4 giugno 1988,
X. Xxxxxxx (a cura di), Napoli 1990, pp. 209-243; F. CANCELLI, La unica giurisprudenza dei pontefici e Xxxx Xxxxxx. Tra fantasie e favole romane e romanistiche, Roma 1996; X. XXXXXXXXX, Nozione, formazione e interpretazione del diritto, in SHDI, LXV (1999), pp. 363- 415; X. XXXXXXXXX, Aspetti giuridici del pontificato romano. L’età di Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx (212- 183 a.C.), Napoli 2008.
6 Vedasi C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, in Enc. dir., XXXVIII (1987), pp. 25 ss.
7 Gai 3.89: Et prius uideamus de his, quae ex contractu nascuntur. Harum autem quattuor genera sunt: aut enim re contrahitur obligatio aut uerbis aut litteris aut consensu.
Verso la fine del IV secolo a.C., la giurisprudenza laica8 cercò di superare il formalismo9 del diritto privato sostanziale e del sistema processuale per legis actiones10. I giuristi laici propendevano, infatti, per negozi non formali sia poiché non possedevano un’autorità sufficiente per creare nuove forme, sia perché il denaro ed il commercio iniziarono ad avere sempre più importanza nel sistema economico. Tuttavia, l’emancipazione dei debiti di denaro e delle azioni relative, da un necessario presupposto legislativo, trovarono concreta attuazione per mezzo di una legge, la nota lex Silia11, presumibilmente da ascriversi12 alla prima metà del III secolo a.C.
L’idea, alla base della riforma operata per effetto della lex Silia, può essere descritta in questo modo. Nel diritto delle obbligazioni vigente, una pretesa creditoria poteva essere fatta valere giudizialmente solo con riferimento ad una determinata fattispecie legislativa e, poiché tale esigenza
8 Per un ulteriore approfondimento, vedasi X. XXXXXX, Storia della giurisprudenza romana, Firenze 1968; X. XXXXXXXXX, Per la storia della giurisprudenza romana, in BIDR, LXXX (1977), pp. 195-344; X. XXXXXXX, Xxxxxxxx e i giuristi del suo tempo, in Ciceroniana. Atti del III Colloquium Tullianum, Roma, ottobre 1976, Roma 1978, pp. 47-68; X. XXXX, A quibus iura civibus praescribebantur. Ricerche sui giuristi del III secolo a.C., Torino 1995.
9 Cfr. G.G. ARCHI, Dal formalismo negoziale repubblicano al principio giustinianeo “cum sit iustum voluntates contrahentium magis quam verborum conceptionem inspicere”, in SDHI, XLVI (1980), pp. 1-30; X. XXXXXXX, Il formalismo negoziale nell’esperienza romana. Lezioni, Torino 1994; G.L. XXXXX, Formalismo e consensualismo: una lettura agli antipodi dell’esperienza romana, in Seminarios Complutenses de Derecho Romano, XXVII (2014), pp. 351-395.
10 Sul punto si rinvia a: G.I. LUZZATO, La storia delle «legis actiones», in LABEO, VII (1961), pp. 75-89; X. XXXXXXX, Il processo privato romano. I. Le origini, Torino 1986; X. XXXXXXXX, Il processo privato romano delle legis actiones, Palermo 1987; X. XXXXXXXX, Il processo delle «legis actiones», in LABEO, XXXVI (1990), pp. 116-125.
11 In riferimento alla lex Silia, si opera un rinvio a X. XXXXXXX, Ancora sulla lex Silia, in AA. VV., Iuris Vincula. Studi in onore di Xxxxx Xxxxxxxxx, IV, Napoli 2001, pp. 227-253;
X. XXXXXXX, La «legis actio per condictionem» e la novità dell’intervallo dei trenta giorni, in ASGP, LIII (2009), pp. 27-70; ID., Il processo privato romano. III. Nascita ed evoluzione della iurisdictio, Catania 2012; A.M. XXXXXXXX, The origin of the Legis actio per condictionem, in Synteleia X. Xxxxxxx-Xxxx, Xxxxxx 0000, pp. 260-268.
12 Si veda C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 26.
si concretava nel fatto per cui tutte le azioni in personam comportavano che la pretesa creditoria fosse enunciata con riferimento espresso alla fonte dell’obbligazione (agere causa nominata), si vollero riconoscere, entro un tale sistema, nuovi tipi di obbligazioni, che non ebbero fondamento legislativo13.
In tal senso, il primo passo verso la soluzione della problematica, risultò essere una nuova actio (legis actio per condictionem), introdotta dalla lex Silia, per i crediti di una somma determinata di denaro (certa pecunia14). Tale azione si presentava astratta, per cui la sua forma esigeva semplicemente dal creditore-attore l’enunciazione del rapporto obbligatorio senza un riferimento espresso alla fonte. Inoltre, la possibilità di agire senza menzionare la causa dell’obbligazione, eliminava il maggiore ostacolo alla soluzione del problema proposto, permettendo al creditore-attore di ottenere dal pretore un iudicium su di una pretesa creditoria. Tuttavia, una condanna del convenuto non sarebbe potuta essere pronunciata dal giudice, salvo che l’attore non provasse la fondatezza della propria pretesa su di una causa ammessa dall’ordinamento e, quindi, su un fatto costituente fonte di obbligazione secondo una legge15.
In realtà, essendo la lex Silia, una legge processuale, il problema non trovava una soluzione completa ed i giuristi ragionarono come segue. Anzitutto, la nuova azione (condictio), introdotta dalla lex Silia, venne considerata al pari di una iudicis postulatio astratta. Dal punto di vista sostanziale, la condictio si presentava quindi come un’actio ex sponsione, senza menzione della sponsio come causa, e, quanto al problema relativo al significato tecnico di un debito da sponsio, essi fornirono la seguente
13 IBID., pp. 27 ss.
14 Vedasi C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 28 e X. XXXXXXXXX,
s.v. Quasi contratto-quasi delitto (dir. rom., dir. civ.), cit., pp. 634 ss.
15 Cfr. X. XXXXXXXXX, s.v. Quasi contratti (dir. rom. e dir. civ.), cit., pp. 1025 ss.
spiegazione. Nel momento16 in cui il promissor (A), ha promesso allo stipulator (B) una somma di danaro, nel patrimonio del promissor (A) una somma di danaro equivalente risulterà destinata allo stipulator (B).
Conseguentemente, tale somma di danaro, da individuarsi come valore e non come cosa, non appartiene più al patrimonio del promissor (A), in quanto la medesima costituisce una posta passiva del suo bilancio, ma non appartiene ancora allo stipulator (B), in quanto la promessa non gli ha attribuito la proprietà di alcuna cosa17. Sicché, la ragione per effetto della quale, in forza di una stipulatio intervenuta tra lo stipulator (B) ed il promissor
(A) per cento sesterzi, il promissor (A) è obbligato a dare cento allo stipulator
(B) (centum dare oportet), risiede nel fatto per cui il promissor (A) si trova a detenere una somma di cento sesterzi “altrui” (aes alienum), mentre lo stipulator (B), che è il destinatario in virtù del quale si è determinata l’“altruità” di tale somma, non ha la possibilità di rivendicare il denaro corrispondente18.
Il meccanismo interno di un debito, nascente da sponsio, permise dunque ai giuristi di accettare l’esistenza di un debito in cui potesse constatarsi una situazione di aes alienum, e, parimenti, di stabilire una regola generale, utilizzabile per determinare l’ambito di applicazione della condictio astratta. Se un soggetto A, si trova ad avere, presso di sé, un aes alienum con riguardo a B, un’azione di dare oportere per la somma corrispondente, a favore di B e contro A, sarà fondata. In tal modo19, venne giustificato l’impiego della condictio per i casi di mutuo, pagamento dell’indebito e furto, ma occorre precisare che la condictio, introdotta dalla lex Silia, si riferiva solo
16 Sul punto si veda C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 26.
17 IBID., pp. 26-27.
18 Vedasi C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 27.
19 In merito, si rinvia a: C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., pp. 27 ss.;
X. XXXXXXXXX, s.v. Quasi contratto-quasi delitto (dir. Rom., dir. Civile), cit., pp. 635 ss.
ai debiti di certa pecunia ed il suo ambito di applicazione, venne esteso solo dalla lex Calpurnia, di qualche decennio successiva20, a tutti i debiti di certa res21.
3. La soluzione della giurisprudenza romana di epoca classica
Il metodo impiegato dalla giurisprudenza repubblicana offre una nozione di quasi contratto estremamente chiara22. Da un lato, gli effetti di una fattispecie consensuale vengono attribuiti ad altre situazioni, nelle quali il consenso richiesto per la fattispecie originaria (un consenso formale) è assente; dall’altro, il criterio che permette tale attribuzione, ovvero quello dell’aes alienum, è individuato puntualmente23.
Il sistema adottato in rapporto a tale soluzione fu quindi suscettibile di essere impiegato in altri casi, diventando uno strumento generale della giurisprudenza casistica. Altre fattispecie consensuali, infatti, potevano essere prese quale punto di partenza per riconoscere fonti di obbligazioni in determinati fatti leciti i quali, senza comprendere l’accordo, potessero essere considerati idonei a realizzare quei valori economico-sociali tali da giustificare la protezione della fattispecie consensuale costituente il
20 Per un ulteriore approfondimento, in relazione alla lex Calpurnia, si rimanda a: I.M. XXXXX-B.A. XXXXXXXX, The Lex Calpurnia of 149 B.C., in Antichton, XLVII (2013), pp. 39-60; X. XXXXXXXX, Sulle leges de civitate (Iulia, Calpurnia, Plautia Papiria), in SDHI, XLIV (1978), pp. 321-370; J.S. XXXXXXXXXX, The purpose of the Lex Calpurnia de repetundis, in JRS, LXXVII (1987), pp. 1-12.
21 Cfr. C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., pp. 29 ss.; X. XXXXXXXXX,
s.v. Quasi contratto-quasi delitto (dir. Rom., dir. Civile), cit., pp. 636 ss.
22 Si veda C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 27 s.
23 Cfr. X. XXXXXXXXX, I negozii dell’homo liber bona fide serviens col possessore medesimo, in Scritti di diritto romano. II. Dal diritto romano classico al diritto moderno. A proposito di D. 10,3,14 (Xxxx. 3 ad Plautium), Palermo 1964, pp. 448-449.
modello. Sicché, condizione, per una corretta utilizzazione di tale metodo, fu che il criterio, il quale consentiva di attribuire alla fattispecie non consensuale gli effetti del suo modello consensuale, fosse sempre determinato24.
Un passo del Digesto testimonia come la giurisprudenza classica abbia consapevolmente lavorato in tale direzione, purtroppo l’esegesi medievale25 non lo ha compreso e la dottrina interpolazionistica26 lo ha reso inutilizzabile, ma ha trovato la dovuta considerazione nella dottrina del diritto comune27, e in particolare presso Xxxxxxxx Xxxx00. In D.
13.6.13.2 (Pomp. 11 ad Sab.) viene riportato:
Si libero homini, qui mihi bona fide serviebat, quasi servo rem commodavero, xxxxxxxx, an habeam commodati actionem. Xxx et Xxxxxx filius aiebat, si iussissem eum aliquid facere, vel mandati cum eo vel praescriptis verbis experiri me posse: idem ergo et in commodato erit dicendum. Nec obstat, quod non hac mente cum eo, qui liber bona fide nobis serviret, contraheremus quasi eum obligatum habituri: plerumque enim
24 IVI., pp. 450 ss.
25 Per un ulteriore approfondimento, si rinvia a: F. PERI MINUTO, A proposito di uno studio recente sull’esegesi medievale, in AEVUM, XXXIII (1959), pp. 529-538; X. XXXXXXX, L’esegesi delle fonti del diritto romano, Napoli 1968.
26 Xxx. X. XXXXXXXXXX, Xxxxxxxxxxxxxxx xx xxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx 0000; X. XXXXXXX, Le obbligazioni romane, Bologna 1903; X. XXXXXXXX, Introduzione allo studio del diritto romano, Torino 1963; X. XXXXXXXX, La nuova traduzione tedesca dei «Digesta» e la critica interpolazionistica, in INDEX, XXV (1997), pp. 13-69.
27 Sul punto, si veda: X. XXXXXXX, L’insegnamento del diritto comune, in AG, XXVI (1933), pp. 237-246; A. D’AMIA, L’eredità giacente. Note di diritto romano, comune e odierno, Milano 1937; X. XXXXX, La formazione dei dogmi di diritto privato nel diritto comune (diritti reali e diritti di obbligazione), Padova 1937; X. XXXXXXXX, La codificazione del diritto romano comune, Torino 1996; B. BRUGI, Diritto romano classico, diritto giustinianeo, diritto romano comune, in LABEO, XLV (1999), pp. 447-452.
28 Cfr. X. XXXXXXXXX, s.v. Quasi contratti (dir. rom. e dir. civ.), cit., p. 1025; C.A. XXXXXXX,
s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 27 nt. 4.
id accidit, ut extra id quod ageretur tacita obligatio nascatur, veluti cum per errorem indebitum solvendi causa datur.
Il problema esposto da Xxxxxxxx00, si riferisce alla situazione del liber homo bona fide serviens30, ossia di un uomo libero, il quale si reputa schiavo ed è ritenuto tale da un individuo che, per questo motivo, lo possiede. Sicché, se il dominus apparente, ha dato alcunché in uso, allo schiavo apparente, oppure, lo ha incaricato di svolgere qualcosa, le parti non hanno concluso alcun comodato né mandato e, tantomeno, un contratto innominato, qualora, un compenso, consistente in una cosa e non in una somma di denaro, fosse stato previsto nel caso dell’incarico.
La falsa convinzione, circa lo status di uno dei soggetti dell’affare, impedisce infatti il consenso giuridicamente rilevante delle parti, poiché, essa, esclude la previsione di qualsiasi conseguenza giuridica, nel senso del sorgere di obbligazioni: non hac mente cum eo, qui liber bona fide nobis serviret, contra heremus quasi eum obligatum habituri31. Ciò nonostante, le azioni
29 Xxxxx figura del noto giurista romano, si rimanda fra tutti a: X. XXXXXXX, I motivi ideologici dell’Enchiridion di Xxxxxxxx, in LABEO, XI (1965), pp. 7-35; X. XXXXXXX XXXXXX, Tra «scientia» e «ars»: il sapere giuridico romano dalla sapienza alla scienza, nei giudizi di Xxxxxxxx e di Xxxxxxxx, in Ostraka, II (1993), pp. 211-230; X. XXXXXX, Studi sui libri ad edictum di Xxxxxxxx. I. Trasmissione e fonti, Napoli 2002; ID., Studi sui libri ad edictum di Xxxxxxxx. II. Contesti e pensiero, Milano 2002.
30 In merito, si vedano: X. XXXXX, Liber homo bona fide serviens, Milano 1958; X. XXXXXXX XXXXXX, Liber homo bona fide serviens: alcune questioni, in INDEX, XXXIX (2011), pp. 222-226.
31 Cfr. X. XXXXXXXXX, s.v. Obbligazioni (dir. rom.), in Enc. dir., XXIX (1979), pp. 41 ss;
C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 28.
contrattuali (actio commodati32, actio mandati33, actio praescriptis verbis34, e, come azioni dirette, non in factum35 o con formula ficticia36) vengono riconosciute esperibili in tutti i casi proposti. Questo, nella prospettiva tecnica dei
32 F. XXXXXXX, Sulla duplicità formulare dell’actio commodati, in LABEO, II (1956), pp. 89-94; X. XXXXX, Oportere und ius civile, in ZRG, LXXXIII (1966), pp. 1-46; X. XXXXXXX, La pretendida fόrmula in ius del comodato en el Εdicto pretorio, in RIDA, XXIX (1982), pp. 235-251; A. D’ORS, Una nuova sfida contro la credibilità d’una «actio commodati in ius», in IURA, XLIV (1993), pp. 165-166; X. XXXXXXX, Formulae commodati, in AA. VV., Iuris Vincula. Studi in onore di Xxxxx Xxxxxxxxx, XX, Xxxxxx 0000, pp. 163-185.
33 X. XXXXXXX, Zum iudicium mandati, in Festgabe für Xxxxxxx Xxxx, Xxx Xxxxxxx, Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxx, X. Xxxxx (a cura di), Tübingen 1931, pp. 118-156; X. XXXXXXXX, Contributi alla teoria del mandato in diritto romano, I. L’actio mandati dell’adpromissor; II. La volontà del mandante, in Studi di diritto romano, I, Milano 1976, pp. 261-390; X. XXXXXXX ESPINDOLA, Los actos del mandatario ejecutados despues de exintguido el mandato, in AA. VV., Estudios de derecho romano en Honor de Xxxxxx X’Xxx, II, Pamplona 1987, pp. 637- 652; X. XXXXXX, Mandate and the Boundaries of Roman Contract, in BIDR, XXXIII/XXXIV (1991/1992), pp. 41-48.
00 X. XXXXXXX, Xxxxxxxxxxx sul contratto nel pensiero di Xxxxxxx, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxx Xxxxx, V, Padova 1981, pp. 2399-2420; ID., Actio civilis in factum, actio praescriptis verbis e praescriptio, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxxxx, IV, Milano 1983; pp. 681-717; X. XXXXX, Condictio incerti, actio ex stipulatu et actio praescriptis verbis, in AA. VV., Sodalitas. Scritti in onore di Xxxxxxx Xxxxxxx, V, Napoli 1984, pp. 2477- 2490; X. XXXXXXX, Ancora in tema di contratti innominati, in SDHI, LII (1986), pp. 442- 450; ID., Osservazioni in tema di c.d. contratti innominati, in Estudios in homenaje al Profesor Xxxx Xxxxxxxx con motivo de sus bodas de oro con la enseñanza (1936-1986), Madrid 1988, pp. 127-155; ID., I contratti innominati, in Derecho romano de obligaciones. Homenaje al Profesor Xxxx Xxxx Xxxxx Xxxxx, Madrid 1994, pp. 63-91; X. XXXXXXXX, Actio civilis in factum e actio praescriptis verbis. Ancora una riflessione, in AA. VV., Iuris Vincula. Studi in onore di Xxxxx Xxxxxxxxx, VII, Napoli 2001, pp. 235-278; ID., Actio civilis in factum e actio praescriptis verbis, in SDHI, LXXII (2006), pp. 229-307.
35 X. XXXXXXXXXX, Intentio dans les formules in factum conceptae, in Xxxxxxxx Xxxxxxx Xx Xxxxxxxx, XX, Xxxxxxxxx 0000, pp. 231-247; X. XXXXXX, Actio de dolo and actiones in factum, in ZSS, LXXVII (1961), pp. 392-402; X. XXXXXXX, Actio civilis in factum, actio praescriptis verbis e praescriptio, cit., pp. 681-717; C.A. XXXXXXX, L’«actio in factum civilis», in IURA, LVII (2008-2009), pp. 9-48.
36 L. DI LELLA, Formulae ficticiae. Contributo alla riforma giudiziaria di Xxxxxxx, Napoli 1984; X. XXXXX, L’età delle formulae ficticiae, in LABEO, XXXI (1985), pp. 342-347;
A. METRO, Actiones ficticiae, in INDEX, XXIX (2001), pp. 371-376; X. XXXXXXXXXXX, Actiones ficticiae. Tipologie e datazione, Napoli 2001.
giuristi romani, assume il significato di riconoscere in tali fatti la fonte di rapporti contrattuali37.
Il criterio, atto a giustificare la soluzione, non viene espresso nel testo; Xxxxxxxx discuteva il caso del comodato, attingendone la soluzione, per effetto di un semplice rinvio alla discussione che, Xxxxx00, aveva operato riguardo al caso del mandato, ed è, quindi, nei libri di quest’ultimo che la giustificazione andrebbe opinatamene ricercata. È indubbio, che Xxxxx si sia espresso sul punto, poiché egli proponeva una soluzione nuova, contraria ad una decisione di Xxxxxxx00, il quale, ne aveva enunciato apertis verbis la ratio. Ma, più che la ricostruzione del criterio in oggetto, il quale si è perduto, è essenziale la giustificazione generale (nec obstat, quod) che il giurista Xxxxxxxx, plausibilmente con parole di Xxxxx, fornisce circa tale metodo di soluzione casistica40.
Infatti, tale proposizione (nec obstat) rappresenta la prima descrizione tecnica del fenomeno, consistente, nel sorgere di obbligazioni contrattuali da fatti non propriamente contrattuali. Secondo il giurista di età xxxxxxxx, i casi ponderati, in cui l’accordo delle parti non potrebbe essere preso in considerazione quale produttivo di effetti giuridici (non hac mente contraheremus quasi eum obligatum habituri), non sarebbero altro che
37 Sul punto vedasi: X. XXXXXXX, Diritto privato romano, Napoli 2001, pp. 968-969.
38 Cfr. X. XXXXXXX USSANI, Valori e storia nella cultura giuridica fra Nerva e Xxxxxxx. Studi su Nerazio e Xxxxx, Napoli 1979; X. XXXXXXX, Su alcune testimonianze celsine, in Mélanges en l’honneur de Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx, Bâle-Genève-Munich 1999, pp. 6 ss.
39 Per un ulteriore approfondimento, si rinvia a: X. XXXXXXX, Riflessioni sul contratto nel pensiero di Xxxxxxx, cit., pp. 2399-2420; ID., Il contratto nel pensiero di Xxxxxxx, Palermo 1983; X. XXXXXXX, Il contratto secondo Labeone, in LABEO, XXIX (1983), pp. 327-330;
X. XXXXXXX, Ancora sul contratto nel pensiero di Xxxxxxx (A proposito del volume di Xxxxxxxx Xxxxxxx), in SDHI, LI (1985), pp. 458-477; X. XXXXX, Eredità di Labeone in materia contrattuale, in Atti del seminario sulla problematica contrattuale in diritto romano (Milano, 7-9 aprile 1987), Milano 1988, pp. 40 ss.; C.A. XXXXXXX, Diritto giurisprudenziale e diritto codificato, in LABEO, XLV (1999), pp. 240-243.
40 Vedasi C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 28.
l’espressione particolare di un modo più generale di costituzione delle obbligazioni, non essendo raro che, un rapporto obbligatorio, si generi senza una previa manifestazione di volontà, ed indipendentemente dalla condotta negoziale delle parti (plerumque enim id accidit, ut extra id quod ageretur tacita obligatio nascatur). La solutio indebiti, menzionata subito dopo, appare quindi addotta quale punto di partenza per tutta la costruzione giuridica in questione41. Sicché, il rinvio alla casistica della condictio, mediante la menzione del caso più importante (all’epoca di Xxxxx e Xxxxxxxx, il mutuo era ormai divenuto un contratto in senso proprio), fa intendere che il giurista era ben consapevole di operare secondo un metodo che era stato inaugurato nell’antica interpretazione della lex Silia42.
Tuttavia, la portata effettiva della categoria del quasi contratto, nell’ambito della giurisprudenza romana classica, la si può comprendere solo mediante l’analisi del percorso evolutivo compiuto dalla classificazione delle fonti di obbligazione. Anzitutto, la problematica delle fonti di obbligazione non venne affrontata prima di Gaio43, il quale, fra l’altro se ne occupò nell’ambito di un’opera, le Institutiones, destinata ad un uso didattico e quindi priva di “intenti” dogmatici. Com’è noto, nelle
41 IBID., p. 28.
42 Cfr. X. XXXXXXXX, Istituzioni di diritto romano, Torino 1991, pp. 271 ss.
43 Cfr. in tal senso X. XXXXX, Le fonti d’obbligazione e i problemi storici della loro classificazione, in AG, XCV (1925), pp. 42-54; X. XXXXXXX-XXXX, Appunti sul testo di Xxxx, in RHD, XXIX (1961), pp. 93-102; X. XXXXXX, Obligatio, in Mélanges Xxxxxxxx Xxxxxx, I, Lausanne 1963, pp. 79-90; C.A. XXXXXXX, Studi sulla divisio obligationum nel diritto romano repubblicano e classico, in IURA, XXI (1970), pp. 52 ss.; ID., La classificazione delle fonti delle obbligazioni: vicende di un problema dommatico e pratico (I parte), in AA. VV., Materiali per una Storia della Cultura Giuridica, IV, X. Xxxxxxx (a cura di), Bologna 1974, pp. 37 ss. [ora in ID., Scritti scelti di diritto romano, I, X. Xxxxx (a cura di), Torino 2011, pp. 265 ss.];
X. XXXXXXX, Le summae divisiones in Gaio, in Atti del I Seminario Romanistico Gardesano (19-21 maggio 1976), Milano 1976, pp. 89-95; X. XXXXXXX, Institutiones. Profili di diritto privato romano delineati con l’ausilio delle Istituzioni di Gaio e di Giustiniano, Catania 1992.
Institutiones, si distinguono come fonti le due grandi categorie del contractus
e del delictum; in Gai. 3.88 leggiamo:
Nunc transeamus ad obligationes. Quorum summa divisio in duas species diducitur: omnis enim obligatio vel ex contractu nascitur vel ex delicto.
La bipartizione risale probabilmente alla scuola Sabiniana (I sec. a.C.
- I sec. d.C.) e sarebbe riconducibile alla nozione, molto ampia, del termine contractus, che i Sabiniani, avevano elaborato come comprendente qualsiasi atto lecito produttivo di obbligazioni, rispetto a quella più restrittiva di Labeone, attinente la mera attività negoziale e avente quali referenti principali le obligationes consensu contractae44.
La nascita di un vincolo, rappresentava, per l’appunto, l’elemento che caratterizzava gli atti leciti attraverso cui era possibile contrahere obligationem, e, stando a Gaio, l’esempio principale di atto lecito produttivo di obbligazioni, era costituito dalla datio rei del mutuo45, ossia dal trasferimento in proprietà di un bene a titolo di prestito, in quanto, data la
44 D. 50.16.19 (Ulp. 11 ad ed.): Labeo libro primo praetoris urbani definit, quod quaedam “agantur”, quaedam “gerantur”, quaedam "contrahantur": et actum quidem generale verbum esse, sive verbis sive re quid agatur, ut in stipulatione vel numeratione: contractum autem ultro citroque obligationem, quod graeci sunallagma vocant, veluti emptionem venditionem, locationem conductionem, societatem: gestum rem significare sine verbis factam. Cfr., in merito, anche X. XXXXXXXX, Sui contractus e sui pacta, in Riv. dir. comm., XVIII (1920), pp. 1 ss.; X. XXXXXXXXX, La formazione della teoria generale del contractus nel periodo della giurisprudenza classica, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx nel XL anno d’insegnamento, I, Milano 1930, pp. 123 ss.; P. VOCI, La dottrina romana del contratto, Milano 1946; X. XXXXXXXXX, s.v. Contratto e patto nel diritto romano, in Dig. disc. priv., Sez. civ., IV (1989), pp. 67 ss.
45 Gai. 3.90: Re contrahitur obligatio uelut mutui datione; mutui autem datio proprie in his fere rebus contingit, quae res pondere, numero, mensura constant, qualis est pecunia numerata, uinum, oleum, frumentum, aes, argentum, aurum; quas res aut numerando aut metiendo aut pendendo in hoc damus, ut accipientium fiant et quandoque nobis non eaedem, sed aliae eiusdem naturae reddantur. unde etiam mutuum appellatum est, quia quod ita tibi a me datum est, ex meo tuum fit.
presenza della cosa nel patrimonio dell’accipiens, per effetto dell’accordo intercorso fra i due soggetti, sorgeva l’obbligazione di restituere in capo al mutuatario, detta obligatio re contracta46.
Peraltro, Xxxx, nell’illustrare i differenti casi di obligationes re contractae, si ritrova ad inserire, accanto al mutuo, la solutio indebiti47, in quanto atto caratterizzato anch’esso da una datio rei che, analogamente al mutuo, produceva a carico dell’accipiens un’obbligazione restitutoria48.
Dal passo, emerge altresì chiaramente come, il giurista, stesse facendo riferimento ad un’opinione dei giuristi sabiniani (ad essi andrebbe riferito il quidam), non pienamente condivisa dallo stesso Xxxx00. Non a caso, infatti, all’interno del medesimo passo, viene sottolineato che, mentre nel mutuo sussiste la volontà da parte dei soggetti di contrahere obligationem, nella solutio indebiti: magis distrahere vult negotium quam contrahere, ossia le parti intendono sciogliere, estinguere anziché costituire il vincolo obbligatorio50.
Il nodo problematico, si ritiene quindi essere incentrato sulla differenza della nozione di contrahere obligatio rispetto a quella di contractum. Non è certo se Xxxx abbia subito o meno l’influenza delle suddette opinioni sul contratto, quale atto a sé stante, rispetto alle nozioni più
46 Gai. 3.89: Et prius uideamus de his, quae ex contractu nascuntur. harum autem quattuor genera sunt: aut enim re contrahitur obligatio aut uerbis aut litteris aut consensus.
47 Gai. 3.91: Is quoque, qui non debitum accepit ab eo, qui per errorem soluit, re obligatur; nam proinde ei condici potest SI PARET EVM DARE OPORTERE, ac si mutuum accepisset. unde quidam putant pupillum aut mulierem, cui sine tutoris auctoritate non debitum per errorem datum est, non teneri condictione, non magis quam mutui datione. sed haec species obligationis non uidetur ex contractu consistere, quia is, qui soluendi animo dat, magis distrahere uult negotium quam contrahere.
48 Cfr. X. XXXXXXXX, Istituzioni di diritto romano, cit., pp. 413 ss.
49 Xxxxxx X. XXXXXXX, «Quidam» (Gli innominati delle Istituzioni di Gaio), in Scritti di diritto romano V (1947-1956), Napoli 1972, p. 418.
50 Cfr. X. XXXXXXX, Diritto privato romano, cit., pp. 831 ss.
generali di fatti o comportamenti dai quali scaturivano obbligazioni. Quel che è certo, invece, è che il contractus stava subendo una repentina evoluzione ad opera della giurisprudenza classica, specie quella che seguirà l’interpretatio di impostazione Proculiana, con Xxxxxxx ed il suo negotium, e di lì a poco con Sesto Pedio51 e la sua idea che la nozione di contractus fosse imprescindibile da quella di conventio, ovvero di accordo della volontà delle parti52.
Come antecedentemente osservato, non è totalmente certo che, Xxxx, abbia in qualche modo risentito di tali tendenze interpretative nell’elaborare la propria “teoria delle obbligazioni”, per quanto sicuramente affermatesi come predominanti, tuttavia, è certo che, il suo tentativo di classificare la solutio indebiti nella categoria del contractus, avrebbe inesorabilmente rappresentato un problema. Infatti, anche in base all’impostazione Sabiniana, la volontà, all’interno dell’atto che fa sorgere
51 Per quanto concerne la figura di Xxxxx Xxxxx, si rinvia a: G. LA PIRA, La personalità scientifica di Xxxxx Xxxxx, in BIDR, XLV (1938), pp. 292-334; G. GROSSO, Da Pedio ai Bizantini in D. 2.14.1.3-4, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxxx Xxxxxxxx, I, Milano 1971, pp. 55-61; X. XXXXXXXXXX, Ricerche su Xxxxx Xxxxx, in SDHI, XLIV (1978), pp. 371-428;
X. XXXXXXXX, Contratto, obbligazione e convenzione in Xxxxx Xxxxx, in Studi per Xxxxxxxx Xxxxxxx, IV, Milano 2007, pp. 15-61. Da ultimo, vedasi per le considerazioni ivi formulate: X. XXXX, «Propter dignitatem hominum». Riflessioni su D. 21.1.44 pr. (Xxxx. 2 ad ed. aed. cur.), in Forum Romanum, Atti del III convegno internazionale sul tema “Diritto romano privato e pubblico: l’esperienza plurisecolare dello sviluppo del diritto europeo” (Jaroslavl- Mosca, 25-30 giugno 2003), Mosca 2003, pp. 79 ss.; EAD., «Propter dignitatem hominum». Nuove riflessioni su D. 21.1.44 pr. (Xxxx. 2 ad ed. aed. cur.), in AA. VV., Tra storia e diritto, Studi in onore di Xxxxx Xxxxxxxxxx promossi dalle Università di Siena e di Sassari, II, Soveria Mannelli 2008, pp. 439 ss.
52 D. 2.14.1.3 (Ulp. 4 ad ed.): Conventionis verbum generale est ad omnia pertinens, de quibus negotii contrahendi transigendique causa consentiunt qui inter se agunt: nam sicuti convenire dicuntur qui ex diversis locis in unum locum colliguntur et veniunt, ita et qui ex diversis animi motibus in unum consentiunt, id est in unam sententiam decurrunt. adeo autem conventionis nomen generale est, ut eleganter dicat pedius nullum esse contractum, nullam obligationem, quae non habeat in se conventionem, sive re sive verbis fiat: nam et stipulatio, quae verbis fit, nisi habeat consensum, nulla est.
l’obligatio, rappresenta un presupposto imprescindibile, pur senza rivestire la forma dell’accordo, e non a caso Xxxx, quando elabora la bipartizione delle fonti, lo fa impiegando, quale fattore discriminante, la volontà di obbligarsi, che risulta essere presente nelle obligationes ex contractu, ma non in quelle contractae ex delicto. In questo quadro, finisce per apparire chiaro come, la solutio indebiti, pur rappresentando indubbiamente una fonte di obbligazione, non è coerentemente riconducibile né alla categoria del contratto, così come è stata elaborata da Labeone e Xxxxx Xxxxx, né è collocabile nel genere delle obligationes re contractae di stampo Sabiniano53.
Lo spiega il medesimo giurista, nel momento in cui sottolinea che le parti, nella solutio indebiti, non intendono contrarre un vincolo, ma estinguerlo (Gai. 3.91). Tutto ciò, esclude quindi la solutio indebiti, anche dall’inserimento nella categoria delle obligationes re contractae, in cui le parti intendono, mediante la datio di una res, far sorgere una obligatio a carico di colui che la res riceve, e dove, la volontà dei soggetti, risulta indirizzata verso la creazione di un rapporto obbligatorio, mentre, al contrario, la solutio costituisce un atto di estinzione di tale tipo di vincolo54.
Si restringeva, in tal modo, la nozione di contractus all’atto basato sulla conventio, ma, contemporaneamente, si ampliava la nozione di fonte di obbligazioni diverse dal delitto, poiché, la bipartizione e l’ulteriore sotto classificazione dei quattro modi del contrahere obligationem di Gaio, non esaurivano tutti gli atti o i fatti che determinavano la nascita di un’obbligazione55.
53 Cfr. X. XXXXXXXX, Istituzioni di diritto romano, cit., pp. 524 ss.
54 Vedasi X. XXXXXXX, Le obbligazioni romane, cit., pp. 60 ss.
55 Cfr. C.A. XXXXXXX, Studi sulla divisio obligationum nel diritto romano repubblicano e classico, cit., pp. 52 ss.; X. XXXXX, Per la ricostruzione e l’utilizzazione della dottrina di Xxxx sulle obligationes ex variis causarum figuris, in BIDR, XXVI, 1973, pp. 171 ss.
Ciò, dovrebbe aver indotto, lo stesso giurista, a mutare la propria impostazione all’interno dell’opera Libri rerum cottidianarum sive aureorum56, mediante la sostituzione della bipartizione delle fonti di obbligazione ex contractu ed ex delicto, con una tripartizione, nella quale spicca come “novità” la categoria delle variae causarum figurae, D. 44.7.1 pr. (Gai. 2 aur.): Obligationes aut ex contractu nascuntur aut ex maleficio aut proprio quodam iure ex variis causarum figuris57.
In tale categoria, il fattore comune non è rappresentato da un elemento sostanziale, ma dal fatto di produrre obbligazioni secondo un proprio fondamento giuridico58 (proprium quodam ius), il quale denota la consapevolezza di un’eterogeneità del meccanismo atto a determinare la produzione dell’obbligazione59. Scorrendo il titolo VII, infatti, ci si imbatte in atti dai quali sorge un’obbligazione tutelata mediante azioni civili (la negotiorum gestio, l’amministrazione tutelare, l’indebiti solutio, il legatum per damnationem, il legato sinendi modo) e, proprio nel passo sull’amministrazione tutelare, Xxxx sembra spiegare il mutamento di impostazione rispetto alle Istituzioni:
56 Sul punto, si rinvia a X. XXXXXXX-XXXX, Ancora sulle res cottidianae. Studio di giurisprudenza postclassica, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx nel XL anno d’insegnamento, I, Milano 1930, pp. 493-521; J.M. COMA FORT, Xx xxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xx xxx «xxx xxxxxxxxxxx», Xxxxxx 0000; X. XXXXXXX, Gaio e le «Res cottidianae», in ASGP, LV (2012), pp. 171-188.
57 Cfr. C.A. XXXXXXX, La classificazione delle fonti delle obbligazioni: vicende di un problema dommatico e pratico, cit., pp. 284 ss.; X. XXXXXXX, Le summae divisiones in Gaio, cit., pp. 89-95; X. XXXXXXX, Institutiones. Profili di diritto privato romano delineati con l’ausilio delle Istituzioni di Gaio e di Giustiniano, cit., pp. 100 ss.
58 Cfr. in tal senso X. XXXX, Der Quasikontrakt nach der Quellen und sein Xxxxx für
Wissenschaft und Gesetzgebung, Leipzig 1882, pp. 18 ss.
59 Xxxxxx X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, Napoli 2013, p. 9.
D. 44.7.5.1 (Gai. 3 aur.): Tutelae quoque iudicio qui tenentur, non proprie ex contractu obligati intelleguntur (nullum enim negotium inter tutorem et pupillum contrahitur): sed quia sane non ex maleficio tenentur, quasi ex contractu teneri videntur et hoc autem casu mutuae sunt actiones: non tantum enim pupillus cum tutore, sed et contra tutor cum pupillo habet actionem, si vel impenderit aliquid in rem pupilli vel pro eo fuerit obligatus aut rem suam creditori eius obligaverit.
Non si tratta, propriamente, di obbligazioni nascenti da contratto, poiché è assente un negozio fra le parti ed è chiara, in tal senso, l’affermazione quasi ex contractu teneri videntur, in quanto una o entrambe le parti, sono tenute all’adempimento di un’obbligazione, allo stesso modo in cui lo sono quelle che risultano vincolate da un contratto. Il significato, da attribuirsi al quasi, è quindi deducibile dall’uso del verbo teneri, poiché, si assimila, al contratto o al delitto, un atto in base all’azione che ne nasce60.
È opinione del Betti61, che, dal passo, emergerebbe l’elaborazione di due nuove categorie sistematiche, quella del quasi ex contractu e quella del quasi ex delicto; categorie aventi non solo un valore tecnico costruttivo, ma che servivano anche ad equiparare certi atti o fatti dal punto di vista
«processuale della responsabilità che ne conseguiva (actio teneri)». Ciò, parrebbe confermato pure in D. 44.7.5.3 (Gai. 3 aur.), dove, nel trattare della solutio indebiti, Gaio, ribadendo quanto asserito in Gai. 3.91, illustra che quasi mutui datione et eadem actione tenetur, poi evidenzia come ad assimilare le due figure fosse l’actio che le tutela, e specifica altresì che non potest intellegi is...ex contractu obligatus esse, ovvero che non è possibile considerare l’accipiens obbligato da contratto poiché magis distrahendae
60 Sul punto, si rinvia a quanto riferito da X. XXXXXX, Il sistema romano dei contratti, Torino 1963, pp. 18-20.
61 In merito, si veda X. XXXXX, Le fonti d’obbligazione e i problemi storici della loro classificazione, cit., p. 23.
obligationis animo quam contrahendae dare videtur, in quanto, nell’indebito, il vincolo lo si intende sciogliere e non contrarre, proprio come venne riferito all’interno delle Institutiones62.
D’altra parte, la concessione di un’azione personale, in dipendenza di un fatto volontario e lecito, quale era la solutio indebiti, giustifica pienamente l’idea che la condictio indebiti tutelasse una fattispecie simile al contratto; ma, tale considerazione, sorge in funzione della concessione dell’azione personale e non sulla base di valutazioni inerenti gli elementi dell’atto solutorio in rapporto ad un contratto63.
4. Il diritto giustinianeo
Le fattispecie, in cui un fatto lecito non contrattuale genera obbligazioni contrattuali, vennero inquadrate come quasi contratti all’interno della classificazione delle fonti delle obbligazioni propria del Corpus iuris64, traendo spunto dal noto frammento dei Libri rerum cottidianarum sive aureorum (D. 44.7.5 pr.-3, Gai. 3 aur.65), nel quale Gaio
62 Cfr. X. XXXXX, Sul significato di «contrahere» in Gaio e sulla non classicità della denominazione quasi ex contractu obligatio, in BIDR, XXV, 1912, pp. 65 ss.; ID., Sul valore dogmatico della categoria “contrahere” in giuristi proculeiani e sabiniani, in BIDR, XXVIII (1915), pp. 51 ss. 63 Xxxxxx X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 11.
64 Cfr. X. XXXXX, Corso di diritto romano. Concetto e genesi della obbligazione. Obbligazioni solidali e indivisibili, Torino 1929; X. XXXXXXXX, Le fonti delle obbligazioni, in Riv. it. scienze giur., VI (1931), pp. 281-294; E. ALBERTARIO, Corso di diritto romano. Le obbligazioni. Parte generale, Milano 1947; F. PASTORI, Concetto e struttura delle obbligazioni nel diritto romano, Milano 1982; M. TALAMANCA, Istituzioni di diritto romano, Milano 1990, pp. 609 ss.
65 D. 44.7.5 pr. (Gai. 3 aur.): Si quis absentis negotia gesserit, si quidem ex mandatu, palam est ex contractu nasci inter eos actiones mandati, quibus invicem experiri possunt de eo, quod alterum alteri ex bona fide praestare oportet: si vero sine mandatu, placuit quidem sane eos invicem obligari eoque nomine proditae sunt actiones, quas appellamus negotiorum gestorum, quibus aeque invicem
enumerava quattro fattispecie dalle quali sorgevano azioni in personam ‘rei persecutoriae’ senza un precedente contratto, e ciò, in quanto le parti quasi ex contractu teneri videntur66.
Gli autori delle Institutiones imperiali utilizzarono tale nozione di obligationes quae quasi ex contractu nascuntur, per farne un genere della più importante divisio obligationum (I. 3.13.2), che presentava, come criterio classificatorio, quello della natura della fonte dell’obbligazione67. In tale contesto quindi, l’espressione obligationes quae quasi ex contractu nascuntur, assumeva un senso parzialmente nuovo, rispetto a quello da essa rivestito nelle Res cottidianae (D. 44.7.5 pr.-3, Gai. 3 aur.) poiché, se, presso Gaio, indicava i rapporti obbligatori, che nascono, con i caratteri, che essi
experiri possunt de eo, quod ex bona fide alterum alteri praestare oportet. sed neque ex contractu neque ex maleficio actiones nascuntur: neque enim is qui gessit cum absente creditur ante contraxisse, neque ullum maleficium est sine mandatu suscipere negotiorum administrationem: longe magis is, cuius negotia gesta sunt, ignorans aut contraxisse aut deliquisse intellegi potest: sed utilitatis causa receptum est invicem eos obligari. ideo autem id ita receptum est, quia plerumque homines eo animo peregre proficiscuntur quasi statim redituri nec ob id ulli curam negotiorum suorum mandant, deinde novis causis intervenientibus ex necessitate diutius absunt: quorum negotia disperire iniquum erat, quae sane disperirent, si vel is, qui obtulisset se negotiis gerundis, nullam habiturus esset actionem de eo, quod utiliter de suo impendisset, vel is, cuius gesta essent, adversus eum, qui invasisset negotia eius, nullo iure agere posset; D. 44.7.5.1 (Gai. 3 aur.): Tutelae quoque iudicio qui tenentur, non proprie ex contractu obligati intelleguntur (nullum enim negotium inter tutorem et pupillum contrahitur): sed quia sane non ex maleficio tenentur, quasi ex contractu teneri videntur. et hoc autem casu mutuae sunt actiones: non tantum enim pupillus cum tutore, sed et contra tutor cum pupillo habet actionem, si vel impenderit aliquid in rem pupilli vel pro eo fuerit obligatus aut rem suam creditori eius obligaverit; D.
44.7.5.2 (Gai. 3 aur.): Heres quoque, qui legatum debet, neque ex contractu neque ex maleficio obligatus esse intellegitur: nam neque cum defuncto neque cum herede contraxisse quicquam legatarius intellegitur: maleficium autem nullum in ea re esse plus quam manifestum est; D. 44.7.5.3 (Gai. 3 aur.): Is quoque, qui non debitum accipit per errorem solventis, obligatur quidem quasi ex mutui datione et eadem actione tenetur, qua debitores creditoribus: sed non potest intellegi is, qui ex ea causa tenetur, ex contractu obligatus esse: qui enim solvit per errorem, magis distrahendae obligationis animo quam contrahendae dare videtur.
66 Sul punto, vedasi C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 28 s.
67 Per un ulteriore approfondimento, si rinvia a C.A. XXXXXXX, Studi sulla divisio obligationum nel diritto romano repubblicano e classico, cit., pp. 52 ss; ID., La classificazione delle fonti delle obbligazioni: vicende di un problema dommatico e pratico, cit., pp. 37 ss.
avrebbero, qualora fossero stati prodotti da un contratto, nelle Istituzioni, essa significa, precisamente, rapporti obbligatori nascenti da qualcosa di analogo ad un contratto68. Tale indefinito “qualcosa”, ovvero questa fonte non contrattuale di obbligazioni contrattuali, non possiede, all’interno del Corpus iuris, una denominazione propria, ma viene indicata, a partire dal primo parafraste delle lnstitutiones, come quasi cóntracton, e poi, come quasi contractus in tutta la tradizione occidentale69.
Il nuovo genus, si adattava a tutte le figure nelle quali un fatto, non consistente in un accordo, produceva effetti analoghi a quelli di un contratto. Già nei Libri aureorum (D. 44.7.5), si trovavano, accanto alla solutio indebiti (D. 44.7.5.3, Gai. 3 aur.), la negotiorum gestio (D. 44.7.5 pr., Gai. 3 aur.), i rapporti fra tutore e pupillo, protetti dall’actio tutelae (D. 44.7.5.1, Gai. 3 aur.), ed il legatum per damnationem (D. 44.7.5.2, Gai. 3 aur.); i compilatori delle Institutiones, vi aggiunsero la communio incidens (I. 3.37.3-4). Figure giuridiche, costruite al di fuori di modelli contrattuali, e come figure tipiche, espressamente nominate in leggi o nell’editto del xxxxxxx00.
L’opera di sistematizzazione di Xxxxxxxxxxx e della sua compilazione ha quindi fatto in modo che, la classificazione, caratterizzata dalle categorie delle obbligazioni quasi ex contractu e quasi ex delicto, abbia acquisito un carattere ufficiale:
I. 3.13.2. Sequens divisio in quattuor species diducitur. Aut enim ex contractu sunt aut quasi ex contractu, aut ex maleficio, aut quasi ex maleficio.
68 Cfr. X. XXXXXXX, Le summae divisiones in Gaio, cit., pp. 89-95; X. XXXXXXX, Institutiones. Profili di diritto privato romano delineati con l’ausilio delle Istituzioni di Gaio e di Giustiniano, cit., pp. 100 ss.
69 Vedasi C.A. XXXXXXX, La classificazione delle fonti delle obbligazioni: vicende di un problema dommatico e pratico, cit., pp. 289 ss.
70 Cfr. X. XXXXXXXXX, s.v. Quasi contratti (dir. rom. e dir. civ.), cit., pp. 1026 ss.
In questa sistematica delle fonti, non è pacifico se si sia verificato un cambio di prospettiva, da una rimediale ad una sostanziale; non trascurabile è il dato che, come fattispecie, vi si riconducevano le medesime figure, fra cui la solutio indebiti e la negotiorum gestio, tutelate mediante actiones civiles, ma anche la communio incidens e la comunione ereditaria, che non presentano i tratti del rapporto obbligatorio di fatto.
Per il Betti71, l’utilizzo del termine quasi, non più nel senso del “come se” ma nel senso di “simile a”, avrebbe acquisito, presso i bizantini, una funzione distintiva/analogica, delimitatrice, dal punto di vista materiale, della struttura della fattispecie.
Secondo il Burdese72: «i Bizantini sfruttarono quest’uso terminologico classico per ricavarne un criterio generale di classificazione delle fonti di obbligazione, dando al “quasi” il valore, anziché di assimilazione sul piano processuale, di assimilazione, ma al contempo anche di differenziazione, sul piano sostanziale».
Anche il Grosso73 parla di un’approssimazione di concetti laddove si verifica un passaggio da un’azione che: «è come se sorgesse da contratto ad un’obbligazione che per fonte è vicina a quella del contratto».
Se questo, abbia significato un’elaborazione concettuale compiuta del quasi contratto, tale da determinare un netto mutamento di prospettiva, da quella rimediale a quella sostanziale, è un dato che non si
71 Cfr. X. XXXXX, Teoria generale delle obbligazioni in diritto romano, I, F. Pastori (a cura di), Milano 1947, p. 187; ID., Le fonti d’obbligazione e i problemi storici della loro classificazione, cit., pp. 42-54.
72 In merito a tale riflessione, si veda: X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato romano, Torino 1987, p. 417.
73 Per le considerazioni formulate, si rimanda a X. XXXXXX, Il sistema romano dei contratti, cit., p. 23.
può affermare con assoluta certezza74. D’altra parte, quel che rileva, è che lo spunto a rivedere la classificazione originaria delle fonti di obbligazioni, ex contractu ed ex delicto, generato dalla fattispecie del re obligari, per dar vita al concetto di quasi ex contractu actione teneri, sembrerebbe essere dato da una valutazione analogica dello strumento processuale75.
5. La nozione di “quasi contratto” nel diritto comune
Il significato del quasi contratto, alla stregua di quella che era la concezione primigenia della giurisprudenza romana, non venne individuato tanto dalla scienza del diritto comune quanto da quella moderna76 e, in questa disamina sulla sua evoluzione storico-concettuale, una prima difficoltà è rinvenibile nella carenza di riferimenti non solo testuali, ma anche concettuali, del periodo immediatamente seguente alla divulgazione della compilazione giustinianea77.
74 Cfr. X. XXXXXXXXX, s.v. Quasi contratto - quasi delitto (dir. Rom., dir. Civile), cit., pp. 633- 636.
75 Vedasi X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 14.
76 La scienza giuridica medievale, così come la dottrina successiva, si è confrontata, per lungo tempo, unicamente con le due classificazioni delle fonti delle obbligazioni presenti all’interno del Corpus iuris civilis, non potendo disporre delle Institutiones di Gaio che vennero ritrovate solo nel 1816 presso la Biblioteca Capitolare di Verona da Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxxx. Cfr. sul punto X. XXXXXXXX, La recepción de los cuasicontratos, in Seminarios Complutenses de Derecho Romano, XXXI-XXXII (2018-2019), p. 456.
77 Vedasi, in tal senso, X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., pp. 14 ss. e, per un ulteriore approfondimento circa la tematica relativa alle fonti di obbligazione nell’ambito del diritto comune, E. CONTE, La classification des sources des obligations dans la doctrine antérieure à Domat, in L’enrichissement sans cause. La classification des sources des obligations, Poitiers 2007, pp. 109 ss.
Le fonti giuridiche dell’Alto Medioevo, riferibili al quasi contratto78, si collocano per lo più intorno al XII secolo d.C. e l’indagine storica ci presenta dei frammenti, provenienti rispettivamente dalla Summa Trecensis79 e dall’Epitome exactis regibus80, nei quali non è dato riscontrare una nitida determinazione del contenuto sostanziale del quasi contratto.
In particolare, nella Summa Trecensis81 è operato un semplice riferimento all’essere tenuti come per un patto, sia qualora il patto non fosse stato stipulato che nell’ipotesi in cui lo stesso venga meno, ovvero si tratti di una gestione negoziale priva di accordo.
Nell’Epitome exactis regibus82, invece, si rimanda ad un’obbligazione la cui fonte è un quid avente caratteristiche maggiormente affini ai patti anziché ai delitti, e da ciò si ricava quindi come, l’elemento posto in evidenza, fosse essenzialmente la somiglianza con i pacta, da considerarsi quali conventiones, in rapporto, da un lato, alla portata vincolante del “te teneri ac si pactum intervenisset” e, dall’altro, per effettuare una distinzione rispetto ai maleficia83 (illeciti).
78 Per un ulteriore approfondimento si rinvia a X. XXXXXXXX, La recepción de los cuasicontratos, cit., pp. 457 ss.
79 Si tratta della Summa al Codice di Giustiniano, scoperta da Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx (1831-1918) a Troyes ed erroneamente attribuita per secoli ad Irnerio. Sul punto vedasi
X. XXXXXXX, Le grandi linee della storia giuridica medievale, Xxxx 0000, pp. 251 ss.
80 Opera a carattere prettamente didattico di origine francese ed ascrivibile alla fine del XII secolo. Per un ulteriore approfondimento si rinvia a X. XXXXXXXXX, Summa codicis Beriolinensis. Studio ed edizione di una composizione “a mosaico”, Frankfurt am Main 1996, pp. 63 ss.
81 Summa Trecensis 4.10.83: item pacto seu conventione cessante agis interdum aliquid in re mea, pro quo facto equum est ita te teneri ac si pactum intervenisset, veluti si tutelam vel curam meam amministrasti, vel me absente negotia gessisti.
82 Epitome exactis regibus 9.18.10: nasci dicuntur ex contractu quae nascuntur ex pacto, ex quasi contractu quae neque ex pacto neque ex maleficio, sed tamen maiorem cum pactis habent affinitatem quam cum maleficiis.
83 Si veda, a tal riguardo, X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 15, secondo la quale sarebbe altresì
Per quanto concerne le glosse, nonché i commentari alla compilazione giustinianea, è opportuno constatare, come ebbe modo di fare anche il Cannata84, che l’intento dei giuristi medievali fosse la riorganizzazione delle fonti delle obbligazioni situate all’interno della compilazione ed, in merito, rileva come il problema fosse essenzialmente rappresentato dall’esigenza di armonizzare la quadripartizione presente nelle Istituzioni giustinianee con la tripartizione di cui ai Libri rerum cottidianarum sive aureorum, riportata nel Digesto.
L’esigenza principale85, che vide costantemente impegnata la scienza del diritto comune, fu dunque quella del pactum86, con particolare riguardo ai c.d. vestimenta ed alla rilevanza del nudo patto, mentre, relativamente alle obbligazioni quasi contrattuali, non si rinviene altro se non ricognizioni di tipo elencativo87.
A partire dalla Glossa Accursiana alle Istituzioni, emerge88 che i quasi contratti rappresentavano un genere di fonte di obbligazione simile ai contratti, allo stesso modo col quale i quasi delitti lo erano ai delitti, e questo comportava, in base alla sovrapposizione fra i frammenti delle Res cottidianae e del testo delle Istituzioni giustinianee, la sussistenza di un
evidente come la configurazione del quasi contratto stia subendo l’influenza dell’analogia sostanziale col contratto.
84 Cfr. C.A. XXXXXXX, La classificazione delle fonti delle obbligazioni: vicende di un problema dommatico e pratico, cit., pp. 292 ss.
85 In tal senso depone P.S. LEICHT, Storia del diritto italiano. Il diritto privato. III. Le obbligazioni, Milano 1948, pp. 10 ss.
86 Cfr. R. VOLANTE, Il sistema contrattuale del diritto comune classico. Struttura dei patti e individuazione del tipo. Glossatori e ultramontani, Milano 2001, pp. 25 ss.
87 Vedasi X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 16.
88 IBID., p.16.
quinto genus89, costituito dalle variae causarum figuris, cui ricondurre quelle fonti strutturalmente non affini ai contratti ed ai delitti90.
Dopodiché all’interno del proprio Commento al Digesto91, Xxxxxxx xx Xxxxxxxxxxxx00 (1313-1357) riferisce93 come sia i quasi contratti che i quasi delitti fossero, in realtà, le variae causarum figurae94, senza tuttavia precisare quelli che erano gli aspetti inerenti la loro conformazione95.
Il richiamo al quasi contratto risulta essere invece meglio delineato nell’ambito delle correnti dottrinali di matrice umanistica ed a seguire giusnaturalistica, con particolare riferimento alla giurisprudenza elegante olandese, ascrivibile al XVI-XVII secolo, ed al giusnaturalismo di Xxxx Xxxxxxx00 (1583-1645), nonché ai filoni del razionalismo e del concettualismo francese di matrice romanistica, di cui cogniti
00 Xxx. X. XXXXXXXX, Xx xxxxxxxxx xx los cuasicontratos, cit., p. 461.
90 Gl. sequens ad I. 3.13.2: “…et subaudi, aut ex variis figuris causarum ut D. 44.7.1 pr.”.
91 BARTOLUS A SAXOFERRATO, In primam Digesti novi partem ad D. 44.7.1 pr., Venetii 1476: «Ponitur de obligatione ex quasi contractu vel quasi maleficio: et sic viedetur de mente iuriconsulti quod istae sint ex variis figuris causarum».
92 Per un ulteriore approfondimento sulla vita e sul pensiero del discepolo a Perugia di Xxxx xx Xxxxxxx, si rimanda a X. XXXXXXXX, Xxxxxxx xx Xxxxxxxxxxxx e la scienza delle leggi, Torino 1881.
93 Si veda X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 17.
94 Cfr. X. XXXXXXXX, Xx xxxxxxxxx xx xxx xxxxxxxxxxxxxx, xxx., x. 000.
95 Circa la metodologia impiegata dai giuristi del ius commune relativamente alla classificazione delle fonti di obbligazione si rinvia, fra tutti, a C.A. XXXXXXX, La classificazione delle fonti delle obbligazioni: vicende di un problema dommatico e pratico, cit., pp. 292 ss. ed X. XXXXX, La classification des sources des obligations dans la doctrine antérieure à Domat, cit., pp. 109 ss.
96 Cfr. X. XXXXXXXX, La recepción de los cuasicontratos, cit., pp. 468-470. Peraltro, in ambito giusnaturalistico, era presente anche il concetto di lex, quale fonte di obbligazione avente il medesimo valore sia dell’accordo (pactio) che del dovere morale (maleficium). A tal riguardo, Xxxxxx asseriva come, in determinati casi, fosse la legge a ricondurre all’attività del soggetto il sorgere di una qualsiasi obbligazione sia da quasi contratto che da quasi delitto. Sul punto vedasi X. XXXXXXX, De iure belli ac pacis libri tres. In quibus jus Naturae, Gentium, item juris publici praecipue explicantur, II, Amsterdami 1632, I§2, p. 70.
componenti97 risultano essere Xxxx Xxxxx (1625-1696) e Xxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx00 (1699-1772).
Nello specifico, una concezione più matura la si rinviene presso la Scuola dei Culti99, con l’opera interpretativa di Xxxxxxx Xxxxx000 (1522- 1590) e Xxxx Xxxxxxxx000 (1527-1591), che definisce102 il quasi contratto come fatto lecito (factum non turpe) dal quale traggono origine obbligazioni senza che vi sia un consenso (sine consensu obligatur).
Il punto di vista impiegato del Donello venne poi adottato, nell’ambito dell’Usus modernus Pandectarum103, da Xxxxxx Xxxxxx000 (1588- 1657), il quale all’interno delle proprie Istituzioni riporta come
97 Cfr. C.A. XXXXXXX, Lineamenti di storia della giurisprudenza europea, II, Torino 1989, pp. 200 ss.
98 In merito, si rinvia a H.J. KÖNIG, Xxxxxxx und das römische Recht, Frankfurt am Main 1976, pp. 42 ss.
99 Cfr. a tal riguardo X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., pp. 17-19.
100 Xxxxxx X. XXXXXXXX, Notae in Librum III, Inst. Xxxxxxxxxx, in Opera omnia, Neapoli 1722, I, col. 221.
101 Cfr. X. XXXXXXXXX, Dall’obbligo alla prestazione degli alimenti alla obligatio ex lege, in Roma e America. Diritto romano comune. Rivista di diritto dell’integrazione e unificazione del diritto in Eurasia e in America Latina, XXXV (2014), p. 24.
102 Vedasi H. DONELLUS, Opera Omnia. Commentariorum de iure civili Tomus Quartus, Maceratae 1830, lib. XV, cap. XIV, p. 123: «Quasi contractus est factum omne non turpe, quo aut is qui fecit alteri, aut alteri ei, aut uterque alteri sine consensu obligatur».
103 Si veda X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 17.
104 Per un ulteriore approfondimento sulla figura del celebre esponente della scuola giuridica olandese e docente di Pandette presso l’Universiteit Leiden dal 1633 al 1657 si rimanda, fra tutti, a X. XXXXXXXX-C.J.D. XXXX, Seventeenth-century Xxxxxx law professors and their influence on the development of the civil law: a study of Bronchorst, Vinnius and Voet, Amsterdam-Oxford 1975, pp. 27 ss.; M. XXXXXXX, s.v. Xxxxxxx, Xxxxxxxx (1588-1657), in Deutsche und europäische Juristen, X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxxxx (a cura di), Xxxxxxxxxx 0000, pp. 516-517.
l’obbligazione sorge dal quasi contratto in quanto fatto non illecito, privo di accordo105.
A seguire, anche Xxxxxxxx Xxxx000 (1647-1713), introducendo il concetto di praesumptae conventiones, illustra come i quasi contratti fossero accordi presunti dai quali scaturisce mediante facto un’obbligazione valida107. Infine, Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx (1681-1741), negli Elementa108 afferma che il fondamento del quasi contratto non risiede in un consenso “tacito”, ma presunto (praesumtus), per effetto dell’equità o dell’utilità
comune (vel ex aequitate vel ex utilitate communi).
Il lavoro condotto dalla scienza del diritto comune si esaurisce in tali annotazioni e da ciò risulta evidente come le chiavi di lettura, adoperate per l’analisi delle fonti romane, vertano fondamentalmente sul rapporto analogico nonché distintivo, di carattere sostanziale, con la categoria del contratto. Questo rappresenta un ostacolo di tipo non solo interpretativo ma anche applicativo, in quanto limitandosi a sottolineare la liceità del fatto, seguita dall’assenza di un accordo, non viene individuata né la struttura di fonte di obbligazione, né il fondamento da cui deriva l’efficacia obbligatoria del quasi contratto109.
105 X. XXXXXXX, In quatuor libros Institutionum imperialium commentarius academicus et forensis, II, Venetiis 1804, lib. III, tit. XXVIII, p. 180: «quasi ex contractu obligationem nasci, cum citra conventionem nascitur ex facto non turpi».
106 J.W. XXXXXXX, History of the Roman-Dutch Law, Xxxxx 2005, pp. 320-330.
107 X. XXXX, Commentariorum ad Pandectas libri quinquaginta, in quibus praeter Romani Juris principia ac controversias illustriores, Jus etiam hodiernum, & praecipuae Fori Quaestiones excutiuntur, VI, Bassani 1804, lib. XLIV, tit. VII, n. 5, p. 137: «quasi contractus sunt praesumptae conventiones, ex quibus mediante facto valida nascitur obligatio».
108 J.G. HEINECCIUS, Elementa juris civilis secundum ordinem Institutionum, II, Neapoli 1771,
p. 423.
109 Cfr. X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 19.
6. La dottrina del Settecento e Ottocento
Nel diritto civile francese, il giurista Xxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx000 (1699- 1772), fautore della concezione per cui il diritto romano costituisce un fervido contenitore di categorie giuridiche capaci di esprimere nel miglior modo possibile quelli che sono i principi del diritto secondo natura111, fu colui che, attraverso il Traitè des obligations (1761), influenzò la disciplina normativa delle obbligazioni presente lungo le disposizioni del Code civil des français (1804), comportando il conseguente accoglimento della quadripartizione delle fonti dalla compilazione giustinianea.
Precedentemente al Xxxxxxx, Xxxx Xxxxx000 (1625-1696), il quale diede vita al movimento del razionalismo giuridico, fu sostenitore di un orientamento il cui fine era sostanzialmente rinvenibile nell’intento di una ricomposizione del diritto vigente secondo un ordine razionale che fosse capace di identificarsi con quei dettami propri del diritto naturale113.
In particolare, per quanto concerne la disciplina delle fonti delle obbligazioni, Domat114 non accolse la categoria formale del quasi contratto poiché credette che non tutte le obbligazioni derivassero dal reciproco consenso di due o più soggetti, e ciò sulla base del fatto per cui talune sarebbero sorte per effetto della sola volontà di uno di essi, ossia di colui
110 In riferimento alla vita, alle opere e al lavoro condotto dal noto giurista e cattedratico francese si rinvia, fra tutti, a A.F.M. XXXXXXX, Recherches historiques et biographiques sur Xxxxxxx: publiées à l’occasion de l’érection de sa statue, Orléans 1859, pp. 7 ss.
111 Si veda in merito X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 19.
112 Per un ulteriore approfondimento si rimanda a H. XXXXXXX, Xxxx Xxxxx: philosophe et magistrat, Xxxxx 0000.
113 Cfr. X. XXXXXXXX, La recepción de los cuasicontratos, cit., pp. 470-472.
114 Vedasi J. DOMAT, Le leggi civili nel lor ordine naturale, II, trad. it. G.A. Xxxxxxx (a cura di), Venezia 1793, p. 4.
il quale risulti essere vincolato dall’obbligo, mentre le altre deriverebbero da fatti accidentali o da un puro effetto dell’ordine sociale 115.
Xxxxxxx, invece, accolse e fece propria la distinzione fra contratto e quasi contratto, individuando, inoltre, un collegamento tra la categoria del contratto e quella determinata serie di atti i quali, pur non integrando la fattispecie contrattuale, si dimostravano analogicamente avvicinabili agli stessi116.
Nello specifico, Pothier117 riteneva che, i quasi contratti, producessero obbligazioni allo stesso modo dei contratti, pur non essendo tali, e che gli stessi fossero atti leciti volontari capaci di generare obbligazioni, senza consenso alcuno, per effetto della legge o dell’equità naturale che, conseguentemente, attribuiva efficacia obbligatoria al relativo fatto/atto dal quale fossero sorti.
Altresì, dalla classificazione e dalla relativa opera di sistematizzazione impiegata dal giurista francese, nella quale, per effetto di un raffronto tra alcune fonti xxxxxx000 la gestione d’affari era considerata un quasi mandato (quasi mandat119) ed il pagamento dell’indebito era
115 Cfr. J.M. XXXXXXXX, Les classifications des sources des obligations de Domat au Code civil, in L’enrichissement sans cause. La classification des sources des obligations, Poitiers 2007, pp. 118 ss.
116 Vedasi in merito X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 20.
000 X.X. XXXXXXX, Xxxxxx des obligations, selon les regles tant du for de la conscience, que du for extérieur, I, Paris-Orléans 1764, n. 113 ss., pp. 135-137.
118 Trattasi, in particolare, del confronto operato tra D. 3.5.5 pr. (Ulp. 10 ad ed.) ed I. 3.27.1, per quanto concerne la negotiorum gestio, e del raffronto fra D. 44.7.5.3 (Gai. 3 aur.) ed I. 3.27.6, per quanto riguarda la solutio indebiti.
119 Vedasi R.J. XXXXXXX, Du quasi-contrat negotiorum gestorum, Appendice au Traité du contrat de mandat, in Oeuvres de Xxxxxxx, contenant les traités du droit français, par Xxxxx, XX, Xxxxx 0000, n. 176, p. 300.
ritenuto un quasi mutuo (quasi prêt120), emerge, non solo che l’analogia fra contratto e quasi contratto risiedesse nella struttura di atto lecito volontario, come esortato dal Donello121, ma anche come fosse il diritto stesso a produrre l’obbligazione. Sicché, mentre nei contratti, in cui l’elemento fondamentale è rappresentato dall’accordo, il diritto rappresenta la causa mediata (cause médiate) di ogni obbligazione, allo stesso modo col quale lo è nei delitti e nei quasi delitti, in cui è l’obbligo morale nonché legale al risarcimento a costituire l’elemento principale, nei quasi contratti il diritto, sotto forma di legge o di equità naturale, è la causa immediata (cause immédiate) dell’obbligazione in quanto non sussiste né l’accordo fra le parti né l’obbligo morale, ma semplicemente un’attività volontaria del soggetto cui il diritto riconosce la produzione di determinati effetti giuridici122.
Tale impostazione, verrà successivamente ripresa non solo lungo le disposizioni del Codice civile francese del 1804, di cui all’art. 1370, ma anche in quelle del Codice civile italiano datato 1865, all’art. 1097, consentendo in tal modo, per il tramite dell’attività normativa e
120 Si veda R.J. XXXXXXX, Traité du prêt de consomption et des matières qui y ont rapport, Troisième Partie, Du quasi-contrat appelé promutuum et de l’action condictio indebiti, in Oeuvres de Xxxxxxx, contenant les traités du droit français, par Xxxxx, XX, Xxxxx 0000, n. 132, p. 126 dove l’analogia fra solutio indebiti e mutuum è incentrata sul concetto di obligatio sorta ex re, che risulta tutelata mediante condictio. Altresì, il termine col quale è indicato il pagamento d’indebito è promutuum, allo stesso modo con cui lo stesso veniva comunemente qualificato da parte della dottrina di origine culta, nello specifico Cujacio, per effetto della lettura delle fonti romane. Cfr. in tal senso X. XXXXXXXXX, Si certum petetur. Dalla condictio dei veteres alle condictiones giustinianee, Milano 2002, p. 316 nt. 66.
121 Sul punto vedasi X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 21.
122 Vedasi R.J. XXXXXXX, Traité des obligations, selon les regles tant du for de la conscience, que du for extérieur, I, cit., n. 123, pp. 142-144.
interpretativa della giurisprudenza, il riconoscimento di altri atti o fatti diversi da quelli costituenti fonti tipiche delle obbligazioni123.
7. La disciplina codicistica del quasi contratto
I compilatori del Codice civile francese del 1804 e del Codice civile italiano del 1865 procedettero ad un inquadramento normativo delle fonti delle obbligazioni, rispettivamente all’art. 1370 del c.c. fr. (1804) e all’art. 1097 del c.c. it. (1865), mediante dei canoni, i quali, seppur minuziosamente integrati da un nitido riferimento alla legge, presentavano una chiara ispirazione124 individuabile nella distinctio delle fontes obligationum elaborata in sede di compilazione giustinianea (I. 3.13.2).
Nello specifico, ai sensi dell’art. 1370125 del Code civil des français
(1804), determinate obbligazioni sorgevano senza una precedente
123 Si veda in merito X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 22.
124 Relativamente all’influenza esercitata dalla sistematica giustinianea sulla vicenda francese e su quella italiana vedasi in particolare X. XXXXX, Le fonti d’obbligazione e i problemi storici della loro classificazione, cit., pp. 269 ss.; C.A. XXXXXXX, La classificazione delle fonti delle obbligazioni: vicende di un problema dommatico e pratico, cit., pp. 265 ss.; ID., Xxxxx classificazione delle fonti delle obbligazioni dal 1804 ai nostri giorni, in La formazione storica del diritto moderno in Europa. Atti del III Congresso internazionale della storia italiana del diritto (Firenze 25-29 aprile, 1973), III, Firenze 1977, pp. 1177 ss.
125 Cfr. art. 1370 del Code civil des français (1804): “Certains engagements se forment sans qu’il intervienne aucune convention, ni de la part de celui qui s’oblige, ni de la part de celui envers lequel il est obligé. Les uns résultent de l’autorité seule de la loi; les autres naissent d’un fait personnel à celui qui se trouve obligé. Les premiers sont les engagements formés involontairement, tels que ceux entre propriétaires voisins, ou ceux des tuteurs et des autres administrateurs qui ne peuvent refuser la fonction qui leur est déférée. Les engagements qui naissent d’un fait personnel à celui qui se trouve obligé, résultent ou des quasi-contrats, ou des délits ou quasi-délits; ils font la matière du présent titre”.
convenzione, né da parte di chi si obbligava, né da parte di colui verso il quale l’obbligazione fosse stata assunta. Sicché, talune, sarebbero rinvenibili per effetto della sola autorità della legge mentre, altre, a seguito di un fatto personale di colui il quale risulti obbligato.
Le prime, inoltre, sono obbligazioni che si formano involontariamente, come quelle scaturenti fra proprietari vicini e quelle dei tutori e degli altri amministratori, i quali non possono rifiutarsi di adempiere alle rispettive funzioni. Viceversa, le obbligazioni che traggono origine da un fatto personale di colui il quale risulti essere obbligato, derivano o dai quasi contratti o dai delitti ovvero dai quasi delitti126.
Allo stesso modo, anche nel Codice civile del Regno d’Italia, noto come Xxxxxx Xxxxxxxxx, dal nome del Ministro di Grazia e Giustizia Xxxxxxxx Xxxxxxxxx000 (1812-1879), promulgato a Firenze in data 25 giugno 1865 ed entrato in vigore128 a partire dal 1° gennaio 1866, all’art. 1097 viene riportato come “le obbligazioni derivano dalla legge, da contratto o quasi contratto, da delitto o quasi delitto”, ma, a differenza di quanto sancito dal
126 Vedasi supra nt. 124 ed altresì X. XX XXXX, Teorica del quasi contratto, Catania 1929, p. 13.
127 Xxxxx figura del noto giurista, accademico e politico italiano, fautore dell’unificazione legislativa nel contesto dello Stato unitario, si rimanda fra le numerose opere, a X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxxx. La biografia e il suo progetto del codice civile, Lecce 1880.
128 In merito al Codice civile del 1865 ed al relativo procedimento di formazione si rinvia a X. XXXXXX, L’età del codice civile. Lotta per la codificazione e scuole di giurisprudenza nel Risorgimento, Napoli 1967; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dai codici preunitari al codice civile del 1865, in AA. VV., Studi in memoria di Xxxxxx Xxxxxxxx, II, Milano 1968, pp. 1031-1043; X. XXXXXX, Il «Code Napoléon» in Italia e la sua influenza sui codici degli stati italiani successori, in Tradizione romanistica e civiltà giuridica europea, II, Napoli 1984, pp. 711-800; G. ALPA, La cultura delle regole. Storia del diritto civile italiano, Roma-Bari 2000, pp. 84 ss.; A. PADOA SCHIOPPA, Storia del diritto in Europa. Dal medioevo all’età contemporanea, Bologna 2007, pp. 478 ss.
legislatore francese, quello italiano non commise l’errore di annoverare le obbligazioni dei proprietari vicini fra quelle derivanti dalla legge129.
Dopodiché, circa la definizione dei quasi contratti, all’art. 1371130 del c.c. fr. (1804) si legge come gli stessi siano fatti puramente volontari dell’uomo da cui scaturisce una qualunque obbligazione verso un terzo e, talvolta, un’obbligazione avente una corrispondenza biunivoca fra i soggetti coinvolti, mentre, secondo quanto disposto dall’art. 1140 del c.c. it. (1865), essi vengono semplicemente descritti come “fatti volontari e leciti, dai quali risulta un’obbligazione verso un terzo, o un’obbligazione reciproca fra le parti”131. Per effetto dell’accostamento di tali norme, emerge quindi chiaramente come, nei testi degli articoli in esame, venga fatto esclusivamente riferimento alla liceità, nonché alla volontarietà dell’atto, senza nulla addurre circa l’elemento cui far pervenire l’efficacia produttiva dell’obbligazione132 ed altresì, lungo le relative disposizioni, non è dato riscontrare dei criteri tali da poter operare un raccordo dei quasi contratti con le singole fattispecie cui rinvia la specifica normativa133, ossia
129 Sul punto vedasi X. XX XXXX, Teorica del quasi contratto, cit., p. 17.
130 Cfr. art. 1371 del Code civil des français (1804): “Les quasi-contrats sont les faits purement volontaires de l’homme, dont il résulte un engagement quelconque envers unt tiers, et quelquefois un engagement réciproque de deux parties”.
131 In merito alla figura del quasi contratto all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, sotto la vigenza del Codice civile del Regno d’Italia (1865) si rinvia, fra tutti, a
X. XX XXXX, Teorica del quasi contratto, cit., pp. 13 ss. e X. XXXXXXXXX, Dei quasi-contratti, Padova 1938, pp. 1 ss.
132 Cfr. in tal senso C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 32.
133 Vedasi, a tal riguardo, X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., pp. 22 ss.
la gestione d’affari ed il pagamento d’indebito134, lasciando oltretutto irrisolto il dubbio se esistano altri quasi contratti135.
Infine, occorre ricordare che, a livello generale, è stato rilevato come la nozione di quasi contratto136, cui venne fatto espresso riferimento nel Codice civile italiano (1865), fosse, sotto certi aspetti, inesatta e lacunosa in quanto l’obbligazione generata dal fatto lecito e volontario riguardava esclusivamente i soggetti del rapporto sorto dall’atto e non concerneva terzi, come risulta tanto dal modello del pagamento d’indebito quanto da quello della gestione d’xxxxxx000.
8. Critiche e abbandono della categoria
La categoria del quasi contratto iniziò a manifestare la propria problematicità nel momento in cui la stessa veniva rapportata ad una fattispecie di riferimento e, poco dopo la codificazione italiana del 1865, emerse la discussione sull’opportunità di un nuovo inquadramento del quasi contratto, vista l’insostenibilità di un’impostazione incentrata essenzialmente sull’analogia sostanziale con il contratto.
134 Per quanto concerne la gestione d’affari, si vedano gli artt. 1372-1375 c.c. fr. (1804) e gli artt. 1141-1144 c.c. it. (1865) mentre, in riferimento al pagamento d’indebito, si rinvia agli artt. 1376-1381 c.c. fr. (1804) nonché agli artt. 1145-1150 c.c. it. (1865).
000 Xxx. X. XX XXXX, Xxxxxxx del quasi xxxxxxxxx, xxx., x. 00.
000 Xxx xxxxx, xx rimanda a quanto espresso da X. XXXXXX, s.v. Quasi-contratto (dir. civ.), cit., pp. 1315-1317.
137 Vedasi X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 23.
In questo dibattito, ebbero una grande influenza gli spunti provenienti dall’ordinamento tedesco e dalla relativa dottrina138 che, in sede di elaborazione del BGB139, scelsero di non proporre la categoria del quasi contratto, prendendo esclusivamente in considerazione quelle cause, diverse dal contratto e dall’illecito, da cui sorgevano obbligazioni140.
È possibile cogliere l’eco delle scelte adottate in sede di codificazione tedesca, nei dibattimenti141 che caratterizzarono l’elaborazione del Progetto per l’unificazione del diritto delle obbligazioni tra Italia e Francia del 1927, in cui, nonostante le rigide opposizioni142, si arrivò alla decisione di non riproporre la categoria del quasi contratto e conseguentemente la formulazione di cui all’art. 1097 del c.c. it. (1865).
Allo stesso modo, anche nell’ambito delle disposizioni del Codice civile vigente143, emanato con il Regio decreto del 16 marzo 1942, n. 262
138 Cfr. in merito X. XXXXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxx, Xxxxxxx 0000, pp. 20 ss.; X. XXXXXX, Xxxxxxxx xxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxx 0000, § 242, pp. 414 ss.; X. XXXXXXXX, Xxxxxxxxx, XX, Xxxxxx 0000, § 6, p. 16.
139 Si vedano, in tal senso, i lavori preparatori al BGB come riportato nei Motive zu dem Entwurfe eines Bürgelichen Gesetzbuches für das Deutsche Reich, II, Recht der Schuldverhältnisse, Berlin-Leipzig 1896, pp. 1 ss.
140 Cfr. X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., p. 30.
141 Sul punto si rinvia a X. XXXXXXXX, Art. 1173. Fonti delle obbligazioni, in Commentario del Codice Civile diretto da Xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxxxxx. Artt. 1173-1217, X. Xxxxxxx (x xxxx xx), Xxxxxx 0000, pp. 35 ss.
142 Vedasi, a tal riguardo, le considerazioni formulate da X. XXXXXXXXX, La gestione degli affari altrui e l’azione di arricchimento nel diritto moderno, in Riv. dir. comm., I (1917), pp. 379 ss. e X. XX XXXX, Teorica del quasi contratto, cit., pp. 19 ss.
143 Il Codice civile del 1942 rappresenta il frutto di un’esigenza di riforma del precedente Codice civile (1865), specialmente, ma non solo, nell’ambito della regolamentazione dei rapporti intercorrenti fra privati a seguito dell’evoluzione dei mutati assetti sociali. Esso risente di molteplici influenze fra cui, in particolare, quella esercitata dalla scienza giuridica tedesca, condensata nel Bürgerliches Gesetzbuch (BGB) del 1° gennaio 1900. Per questo ed ulteriori aspetti si rinvia alle trattazioni operate da
X. XXXXX, Del codice civile, della codificazione e di altre cose meno commendevoli, in Foro it., IV
ed entrato in vigore il medesimo anno in data 21 aprile, all’interno della trattazione delle obbligazioni, situata nel quarto dei sei libri di cui si compone lo stesso, non compare la dicitura quasi contratti. Nello specifico, ai sensi dell’art. 1173 del c.c. it. del 1942, in materia di fonti delle obbligazioni, è riportato come le obbligazioni144 derivano “da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”.
Le motivazioni per cui, nell’ambito dell’attuale trattazione codicistica, non sia presente alcun riferimento espresso al quasi contratto, sono rinvenibili nella Relazione del Ministro Guardasigilli Xxxx Xxxxxx000 (1895-1988) al Codice civile, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 4 aprile 1942, n. 79, ove si legge146 per l’appunto come «nell’elencazione delle fonti delle obbligazioni di cui all’art. 1173, non viene considerata la figura del quasi contratto sulla base del fatto che
(1944), c. 34 ss. e da X. XXXXXXXXX, Scienza e storia del diritto civile, Roma-Bari 2009, pp. 91 ss.
144 Sulla base di quanto espresso nel disposto dell’art. 1173 del Codice civile, il legislatore italiano renderebbe manifesto il proprio intento di accogliere l’antica tripartizione delle fonti delle obbligazioni elaborata all’interno dei Libri rerum cottidianarum sive aureorum e di cui si rinvengono le tracce in D. 44.7.1 pr. (Gai. 2 aur.). Cfr. in tal senso X. XXXXXXXX, s.v. Obbligazioni (diritto privato), in Enc. dir., XXIX (1979), pp. 150 ss., cui mi permetto anche di aggiungere per la trattazione operata, accompagnata oltretutto da precisi riferimenti bibliografici, X. XXXXXXXXX, Dall’obbligo alla prestazione degli alimenti alla obligatio ex lege, cit., pp. 15 ss.
145 In merito alla vita e al ruolo politico assunto dal xxxxx Xxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx si rinvia fra tutti a F.W. XXXXXX, Storia della Repubblica di Salò, Torino 1963 e P. NELLO, Xxxx Xxxxxx, Bologna 2003.
146 Vedasi, per le considerazioni ivi formulate sia in riferimento ai quasi contratti che ai quasi delitti, MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, Relazione alla Maestà del Re Imperatore del Ministro Guardasigilli (Grandi) presentata nell’udienza del 16 marzo 1942-XX per l’approvazione del testo del «Codice civile», in Codice civile. Testo e Relazione ministeriale, Roma 1943, p. 116. Per quanto concerne le varie posizioni assunte dalla dottrina a tal riguardo si rinvia a quanto riportato da X. XXXXXXXXX, Dall’obbligo alla prestazione degli alimenti alla obligatio ex lege, cit., p. 33 nt. 103.
la stessa non trova giustificazione sia dal lato tradizionale che dal lato sostanziale», soggiungendo altresì che «questo istituto non è simile ai contratti in quanto composto di varia natura da cui la legge fa scaturire le obbligazioni e che, per via della propria diversità, non è suscettibile come tale di classificazioni».
Capitolo II
PROPRIUM QUODAM IURE
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Gai. 3,88 ss.: una summa divisio obligationum tra funzione e necessità. – 3. Mutui autem datio. – 4. Si paret eum dare oportere. –
5. Un proprio fondamento giuridico (proprium quodam ius). – 6. Actione teneri.
1. Premessa
La sintesi finora svolta pone in luce come, il recupero delle categorie elaborate dalla giurisprudenza romana, da parte delle codificazioni ottocentesche e delle scuole giuridiche europee, sotto il profilo delle fonti delle obbligazioni, fosse inteso nel senso di una loro riproposizione su un piano formale, piuttosto che sostanziale147, ed altresì come, gli interpreti, abbiano accolto tale classificazione senza interrogarsi sul rapporto intercorrente fra la categoria del quasi contratto e le singole fattispecie ricondottevi.
Inoltre, l’assenza di un approfondimento dell’indagine relativa all’origine di tale classificazione ha determinato148 un’erronea comprensione della prospettiva impiegata dalla giurisprudenza romana riguardo determinate fonti di obbligazione, comportando problemi di carattere interpretativo ed applicativo.
Per prima cosa, occorre quindi osservare come la tematica concernente la classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano si presenti non sempre in maniera del tutto uniforme.
147 Cfr. in tal senso X. XXXXX, Le fonti d’obbligazione e i problemi storici della loro classificazione, cit., pp. 44 ss.
148 Vedasi sul punto X. XXXXXXX, Indebiti solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali, cit., pp. 32 ss.
Tale problema, riscontrabile per via della nota avversione dei giuristi romani verso la creazione di divisioni scolastiche, viceversa tipicamente apprezzate dalla giurisprudenza bizantina, tuttavia non impedì che la questione attinente alla classificazione delle fonti delle obbligazioni costituisse oggetto d’interesse già nel periodo classico, dove risulta particolarmente eloquente la testimonianza di Xxxx, il quale si occupò di elaborare prima una bipartizione delle fonti delle obbligazioni all’interno delle proprie Institutiones e, a seguire, una lucida tripartizione nelle Res cottidianae, di cui si rinvengono le tracce nel Digesto.
Si è rilevato149 che le differenze intercorrenti fra le opere stesse siano plurime e rinvenibili non solo nell’intento classificatorio, per via di una divisione delle fontes obligationum in due parti nelle Istituzioni e in tre parti negli Aurea, ma anche a partire dall’utilizzo di differenti terminologie, come quella volta all’identificazione del fatto illecito (delictum-maleficium), le
149 Vedasi a tal riguardo X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, in RISG, XIV (1970), pp. 123 ss.
quali hanno spinto, parte della dottrina150, perfino a dubitare della paternità gaiana dei Libri rerum cottidianarum sive aureorum151.
150 Cfr. in merito X. XXXXXXXXXX, Le fonti delle obbligazioni e la genesi dell’art. 1097 del Codice civile, in Riv. dir. comm., XXI (1923), pp. 493 ss.; ID., Ancora sulle fonti dell’obbligazione romana, in RIL, LIX (1926), pp. 97 ss.; X. XXXXXXX-XXXX, Ancora sulle res cottidianae. Studio di giurisprudenza postclassica, cit., pp. 493-521; F. DE VISSCHER, Les origines de l’obligation “ex delicto”, in Etudes de droit romain, Xxxxx 0000, pp. 267 ss.; X. XXXXXXXXX, In tema di categorie contrattuali, in SDHI, X (1944), pp. 106 ss.; S. DI MARZO, I “libri rerum cottidianarum sive aureorum”, in BIDR, XX-XXX (1948), pp. 1-98; X. XXXXXX, Classical Roman Law, Oxford 1951, pp. 468 ss.; A. D’ORS, Re et verbis, in Atti del Convegno Internazionale di diritto romano e di storia del diritto. Verona 27-28-29 settembre 1948, III, Milano 1951, pp. 270 ss.; X. XXXXX, The Nature of Quasi-delictual Obligations in Roman Law, in RIDA, V (1958), pp. 568 ss.; X. XXXXXX, Römische Rechtsgeschichte, Xxxx 0000, pp. 98 ss.; X. XXXXXX, Geschichte der römischen Rechtswissenschaft, Weimar 1961, pp. 261 ss.; C.A. XXXXXXX, La classificazione delle fonti delle obbligazioni: vicende di un problema dommatico e pratico (I parte), cit., pp. 66 ss.; ID., Sul problema della responsabilità nel diritto privato romano, in IURA, XLIV (1993), pp. 51 ss.
151 Le opinioni relative all’autenticità delle Res cottidianae non sono uniformi. Dell’esistenza di tale opera si hanno notizie per il tramite dei frammenti pervenutici non solo nel Digesto ma anche dal §6 della Constitutio Imperatoriam maiestatem ove Xxxxxxxxxxx riferisce come le Istituzioni fossero state riordinate ex commentariis Gai nostri tam institutionum, quam rerum cottidianarum aliisque multis commentariis. Personalmente accedo alla corrente dottrinaria, oggi prevalente, secondo cui il manuale sarebbe riconducibile a Xxxx, ritenendo che si debbano cercare soluzioni tese verso le reali necessità per le quali i giuristi romani miravano alla creazione delle loro opere. Reputo quindi concreta, piuttosto che parlare a priori di interpolazioni, di glosse ovvero di ipotetici giuristi postclassici, i quali si sarebbero celati dietro al nome di un giurista classico, la possibilità per cui Xxxx, giurista classico, abbia un chiaro intento dialettico, in merito alla sistematica delle fonti delle obbligazioni, cui vorrebbe pervenire in materia per il tramite del proprio lavoro. Questo consentirebbe, lungi dal pregiudicare eventuali altri risultati, uno studio scevro da eventuali pregiudizi. Vedasi, in tal senso, anche X. XXXXX, Der Rechtsgelehrte Xxxxx und die Ediktskommentare, Jena 1910, pp. 104 ss.;
X. XXXXX, Sul significato di «contrahere» in Gaio e sulla non classicità della denominazione quasi ex contractu obligatio, cit., pp. 87-88; X. XXXXXXXXX, La dottrina delle obligationes quasi ex contractu, in AUPA, III-IV (1917), pp. 165 ss. [ora in Scritti di diritto romano. II. Dal diritto romano classico al diritto moderno. A proposito di D. 10,3,14 (Xxxx. 3 ad Plautium), Palermo 1964, pp. 101 ss.]; X. XXXXXXX, Die Grundlage der condictio im klassichen römischen Recht, Münster -Köln 1952, p. 15 nt. 37; X. XXXXXXXX, Textstufen klassischer Juristen, Göttingen 1960, pp. 187 ss.; X. XXXXXX, Il sistema romano dei contratti, cit., pp.
13 ss.; A.M. XXXXXX, Xxxxx. A biography, Oxford 1962, pp. 68 ss.; W.
Nonostante ciò, si reputa che il nodo problematico sia di tipo interpretativo ed incentrato su una diversità prospettica della trattazione sulle obbligazioni da cui intende muovere l’autore nelle Institutiones, il quale non risulta tanto essere spinto da intenti classificatori, come si ravvisa anche per effetto della peculiarità di un impianto contenutistico in cui lo stesso giurista si discosta dalla trattazione precedentemente enucleata, quanto piuttosto da una chiara finalità dialettica cui intende pervenire in materia e per cui si dimostra particolarmente utile un’interrogazione sul proprio fondamento giuridico da cui muovono le obligationes ex variis causarum figuris.
XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., pp. 118 ss.; X. XXXXX, Per la ricostruzione e l’utilizzazione della dottrina di Xxxx sulle obligationes ex variis causarum figuris, cit., pp. 175 ss.; X. XXXXX, Divisio obligationum, in Studies on Xxxxxxxxx’x Institutes in memory of
X.X.X. Xxxxxx, London 1983, pp. 82 ss.; S. TONDO, Classificazioni delle fonti d’obbligazione, in Labeo, XLI (1995), pp. 380 ss.; H.L.W. XXXXXX-X. XXXXXX, Gai Institutiones III 88-
181. Die Kontraktsobligationen. Text und Kommentar, Berlin 1999, pp. 63 ss.; X. XXXXXXX, “Obligatio est iuris vinculum”, Torino 2003, p. 30; X. XXXXXXX, Xxxx e le «Res cottidianae», cit., pp. 171 ss.; X. XXXXXXXXX, Dall’obbligo alla prestazione degli alimenti alla obligatio ex lege, cit., pp. 18 ss.
2. Gai. 3.88 ss.: una summa divisio obligationum tra funzione e necessità.
La problematica, avente ad oggetto la classificazione delle fonti delle obbligazioni152, non venne affrontata prima153 di Gaio154, il quale se
152 Vedasi a tal riguardo X. XXXXXXX, Le obbligazioni romane, cit., pp. 30 ss.; X. XXXXXXXXX, La formazione della teoria generale del contractus nel periodo della giurisprudenza classica, cit., pp. 123 ss.; X. XXXXX, Teoria generale delle obbligazioni in diritto romano, I, Milano 1947, pp. 15 ss.; X. XXXXXXXXX, s.v. Obbligazioni (dir. rom.), cit., pp. 41 ss.; X. XXXXXXXXX, Si certum petetur. Dalla condictio dei veteres alle condictiones giustinianee, cit., pp. 472 ss.; X. XXXXXXX, ‘Quod sine iusta causa apud aliquem est potest condici’, Napoli 2013, pp. 108 ss.
153 Parte della dottrina ha ritenuto di poter individuare le tracce relative ad una divisio obligationum in D. 46.3.80 (Pomp. 4 ad Q. Mucium): Prout quidque contractum est, ita et solvi debet: ut, cum re contraxerimus, re solvi debet: veluti cum mutuum dedimus, ut retro pecuniae tantundem solvi debeat. et cum verbis aliquid contraximus, vel re vel verbis obligatio solvi debet, verbis, veluti cum acceptum promissori fit, re, veluti cum solvit quod promisit. aeque cum emptio vel venditio vel locatio contracta est, quoniam consensu nudo contrahi potest, etiam dissensu contrario dissolvi potest. Tale idea è espressa in diversi scritti da C.A. XXXXXXX, La ‘distinctio’ re-verbis- litteris-consensu et les problèmes de la pratique, in Sein und Werden im Recht, Festgabe von Lübtow, Berlin 1970, pp. 451 ss. [ora in ID., Scritti scelti di diritto romano, I, X. Xxxxx (a cura di), Torino 2011, pp. 227 ss.]; ID., s.v. Obbligazioni nel diritto romano, medievale e moderno, in Dig. disc. priv., Sez. civ., XII (1995), pp. 405 ss. Tuttavia, il testo è stato oggetto di un numero cospicuo di critiche sia sul fronte della genuinità che della paternità, specialmente nel tratto finale, cfr. in tal senso X. XXXXXXXXX, Obligatio re contracta, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx nel XL anno d’insegnamento, II, Milano 1930, pp. 563 ss.; X. XXXXXXXXX, Lezioni sulle obbligazioni, Milano 1961, pp. 260 ss.; A. D’ORS, Réplicas panormitanas VI. Sobre la suerte del contrato real en el Derecho Romano, in Revista de derecho notaril, LXXXVIII (1975), pp. 7- 26; X. XXXXXXXX, La sistematica pregaiana delle obbligazioni e la nascita dell’idea di contratto, in AA. VV., Prospettive sistematiche nel diritto romano, Torino 1976, pp. 475 ss.; X. XXXXXXXXX, Costruzione giuridica e strutture sociali fino a Quinto Mucio, in Società romana e produzione schiavistica, III. Modelli etici, diritto e trasformazioni sociali, A. Xxxxxxxx-A. Xxxxxxxxx (a cura di), Roma-Bari 1981, pp. 348 ss.; X. XXXXX, Contrahere e solvere obligationem in Q. Xxxxx Xxxxxxx, in AA. VV., Fides Humanitas Ius. Studi in onore di Xxxxx Xxxxxxx, III, Napoli 2007, pp. 1955 ss.; X. XXXXXXX, Su D. 46.3.80 (Pomp. 4 ad Q. Mucium), in AUPA, LV (2012), pp. 553- 618; X. XXXXXXX, ‘Quod sine iusta causa apud aliquem est potest condici’, cit., pp. 109-110.
154 Per un ulteriore approfondimento sulla figura del giurista di età xxxxxxxx si rinvia fra tutti a A.M. XXXXXX, Xxxxx. A biography, cit., pp. 1 ss.; F.P. XXXXXXXX, Xxxx nel suo tempo, in Gaio nel suo tempo. Atti del simposio romanistico, X. Xxxxxxx-X. Xxxx (a cura di),
ne occupò nell’ambito di un’opera, le Institutiones, ascrivibile al 161 a.C., dove emerge, con specifico riferimento a Gai. 3.88, una bipartizione nella quale si distinguono come fonti le due grandi categorie del contractus e del delictum.
Gai. 3.88: Nunc transeamus ad obligationes, quarum summa divisio in duas species diducitur: omnis enim obligatio vel ex contractu nascitur vel ex delicto.
Il passo è estremamente noto, ma, nonostante la semplicità e linearità con la quale esso si presenta, richiede la dovuta attenzione.
Il primo problema è rappresentato anzitutto dal dato testuale155, dove le parole iniziali “nunc transeamus ad”, pur non essendo presenti all’interno del manoscritto Veronese156, vengono diffusamente riportate sulla base del testo corrispondente delle Istituzioni di Giustiniano (I. 3.13 pr.157).
Napoli 1966, pp. 2 ss.; X. XXXXX, La classicità di Gaio, in Gaio nel suo tempo. Atti del simposio romanistico, A. Guarino-X. Xxxx (a cura di), Napoli 1966, pp. 43 ss. e, più di recente, X. XXXXXXXX, Xxxxx xxxxx. La voce di un giurista di frontiera, Bari 2010.
155 Nonostante le rigide prese di posizione sul passo adottate dalla dottrina del secolo scorso, le quali oscillavano sulla genuinità o meno dello stesso, oggi prevale un atteggiamento tendenzialmente conservativo proiettato verso l’originalità di Gai. 3.88. Sul punto, si veda X. XXXXXXXXX, Si certum petetur. Dalla condictio dei veteres alle condictiones giustinianee, cit., p. 476.
156 Cfr., a tal riguardo, quanto riferito da X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 130 nt. 19 il quale, nel porre convincentemente in luce come Xxxx abbia più volte utilizzato tale espressione quale mezzo di collegamento tra varie parti delle proprie Institutiones, riporta come lo stesso risulti essere un completamento effettuato dal giurista tedesco Xxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx (1778-1837), il quale, insieme ad Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx (1785-1871), si occupò di analizzare i manoscritti, rinvenuti a Verona nel 1816, dallo storico Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx (1776-1831).
157 Vedasi in merito X. XXXXXXXXX, Si certum petetur. Dalla condictio dei veteres alle
condictiones giustinianee, cit., p. 473.
Il secondo, nonché quello che desta maggiore curiosità, dei problemi relativi al brano in oggetto, è quello inerente al significato dell’espressione summa divisio158, che, in stretta connessione con la locuzione omnis159, lascerebbe desumere una bipartizione tendenzialmente completa, ma che non può in realtà considerarsi tale specialmente a seguito di quanto riportato dal medesimo autore, in merito alla solutio indebiti (Gai. 3.91), ove si legge: ...sed haec species obligationis non videtur ex contractu consistere, quia is, qui solvendi animo dat, magis distrahere vult negotium quam contrahere.
È lecito domandarsi, allora, come mai una partizione che ab origine (Gai. 3.88) viene presentata come ipoteticamente esaustiva, in realtà non lo sia160.
Un possibile punto di partenza può essere rappresentato dall’intento cui muove il giureconsulto, il quale, coerentemente con l’impostazione tipica della giurisprudenza romana dell’epoca, sembrerebbe
158 Sul punto si rimanda, fra tutti, a X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., pp. 130 ss. il quale, nell’interrogarsi sul significato dell’espressione summa divisio, pone in luce le possibili diverse valenze della stessa come divisione legata ad un sistema di natura prettamente logica, ovvero quale divisione volta all’assimilazione didattica di categorie giuridiche essenziali. In particolare, il termine summa divisio, oltre al brano preso in considerazione, ricorre, per quanto concerne le Istituzioni di Xxxx, in altre due circostanze, ossia prima della trattazione attinente alle persone (Gai. 1.9) ed in quella relativa alle cose (Gai. 2.2). Dal tenore dei passi emergerebbe quindi come l’espressione summa divisio fosse indirizzata verso la classificazione degli istituti coinvolti e voglia rappresentare, in tal senso, il fondamento per tutta la costruzione giuridica in questione.
159 La parola omnis ricorre spesso nelle Institutiones di Gaio, come riportato dal Xxxxxxxxxxxx ben novantacinque volte per l’esattezza. La sua valenza è dettata specialmente dal fatto che si riconnette con l’intento classificatorio ed esemplificativo del giureconsulto, rinvenibile non solo all’interno di Gai. 3,88 ma anche in altri frangenti come quelli rappresentati da Gai. 1.8-9; 4.103; 4.118; 4.140. Cfr. in merito X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., pp. 130-135.
160 Cfr. TH. XXXXX-XXXX, Obligamur necessitate, in ZSS, LXXXIII (1966), p. 67 secondo cui: «Das dualistische Schema von Xxxxx war so klar wie unvollständig».
essere spinto da una riflessione che non muove da intenti d’ordine dogmatico, ma da esigenze pratiche161.
Seguendo infatti l’impostazione generale delle Institutiones, ci si imbatte nelle obbligazioni che sorgono ex contractu (Gai. 3.89162), di cui vengono identificati quattuor genera, potendo le medesime contrarsi re, verbis, litteris e consensu163.
Un aspetto, sicuramente interessante, è quello che si evince dalla lettura combinata di Gai 3.88 e di Gai. 3.89, in cui viene invertito il rapporto tra genus e species, tipico delle summae divisiones164 in Gaio, le quali tramite un chiaro procedimento diairetico ed un modus agendi per distinctiones, ne consentono un’esposizione precisa e lineare, ma, ancor più significativo risulta essere un altro dato, ossia quello riguardante la presunta incompletezza dell’elencazione gaiana circa le obligationes re contractae, in cui si rinvengono, quasi emblematicamente, solo mutuo e solutio indebiti, mentre non vengono ricomprese fattispecie, quali fiducia, deposito, comodato e pegno, che invece, proprio sulla base dell’asserita paternità gaiana delle Res cottidianae, erano ben note allo stesso Xxxx, tanto
161 A riprova di ciò vedasi anche X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 135, secondo il quale la ripartizione gaiana in obbligazioni da contratto e da delitto rappresenterebbe semplicemente la base di uno schema espositivo che non escluderebbe altre categorie giurisprudenziali.
162 Gai. 3.89: Et prius videamus de his, quae ex contractu nascuntur. harum autem quattuor genera sunt: aut enim re contrahitur obligatio aut verbis aut litteris aut consensu.
163 Nello specifico, all’interno delle re obligationes contractae (Gai. 3.90 e ss.) vengono ricompresi il mutuum e la solutio indebiti; nelle verbis obligationes contractae (Gai. 3.92 e ss.) la sponsio/stipulatio, la dotis dictio e il ius iurandum liberti; nelle litteris obligationes contractae (Gai. 3.120 e ss.) il nomen transcripticium; ed infine nelle consensu obligationes contractae (Gai.
3.135 e ss.) l’emptio venditio, la locatio, la societas ed il mandatum.
164 Xxxxx, in tal senso, parrebbe il nesso con le summae divisiones riportate da Xxxx nei commentari primo e secondo, con specifico riferimento a Xxx. 1.9-12 e Gai. 2.1-2.
che il giureconsulto ebbe cura di inserirle nel gruppo dei contratti reali in D. 44.7.1.3 ss. (Gai. 2 aur.165).
Si prospetta quindi necessario interrogarsi sulla questione attinente al significato di obligatio ex contractu, quale diretta conseguenza determinata dallo stesso Xxxx, in merito all’approfondimento delle obligationes re contractae per il tramite di quanto disposto in Gai. 3.90 e, a seguire, in Gai.3.91.
3. Mutui autem datio
L’obligatio re viene solitamente delineata in dottrina166 quale obbligazione che si contrae per il tramite della dazione di una res e, come fattispecie tipica, nelle Institutiones di Gaio è indicato il mutuo167:
Gai. 3.90: Re contrahitur obligatio velut mutui datione; mutui autem datio proprie in his fere rebus contingit, quae res pondere, numero, mensura constant, qualis
165 Vedasi, in tal senso, quanto riferito da X. XXXXXXXXX, Si certum petetur. Dalla
condictio dei veteres alle condictiones xxxxxxxxxxxx, cit., pp. 483 ss.
166 Le opinioni della dottrina sono, come al solito, varie ed articolate. Vedasi, fra tutti, quanto riportato in merito da X. XXXXXXXXX, Obligatio re contracta, cit., pp. 541 ss.;
X. XXXXXXXXXX, Condictio indebiti. I. Il fondamento dell’obbligazione da indebito, Milano 1943, pp. 14 ss.; TH. XXXXX-XXXX, Divisio obligationum, in The Irish jurist, II (1967), pp. 382 ss.; A. D’ORS, Sobre la suerte de contracto real en el derecho romano, cit., pp. 8 ss.; X. XXXXXXXXX, Si certum Petetur. Dalla condictio dei veteres alle condictiones giustinianee, cit., pp. 490 ss.; C.A. XXXXXXX, Materiali per un xxxxx xx xxxxxxxxxx xxx xxxxxxx xxxxxxx, XX, Xxxxxx 0000, pp. 50 ss.; X. XXXXXXX, ‘Quod sine iusta causa apud aliquem est potest condici’, cit., pp. 110 ss.
167 Per una trattazione generale sul mutuo si rinvia, fra tutti, a quanto espresso da X. XXXXXXX, Per la storia del certum. Alle radici della categoria delle cose fungibili, Torino 2008 e X. XXXXXXXXX, Il mutuo nel sistema giuridico romanistico. Profilo di consensualità nel mutuo reale, Torino 2020.
est pecunia numerata, vinum, oleum, frumentum, aes, argentum, aurum; quas res aut numerando aut metiendo aut pendendo in hoc damus, ut accipientium fiant et quandoque nobis non eaedem, sed aliae eiusdem naturae reddantur. Unde etiam mutuum appellatum est, quia quod ita tibi a me datum est, ex meo tuum fit.
Da una prima lettura del frammento emerge come la dazione a mutuo riguardi propriamente le cose che possono costituire oggetto di misurazione, pesatura e numerazione, quali denaro, vino, olio, frumento, bronzo, argento, oro. Nello specifico, tali cose, contandole, misurandole o pesandole, le diamo con l’intesa che diventino di proprietà di colui il quale le riceve e ci vengano un giorno restituite, non le stesse, ma l’equivalente in natura (ovvero il tantundem eiusdem generis et qualitatis168).
Per questo motivo è stato chiamato mutuo, poiché quel che così da me ti è stato dato da mio diventa tuo (ex meo tuum fit169).
Entrando nel dettaglio si ricava che oggetto del mutuo sono esclusivamente res fungibili che operano in funzione di quell’intesa, sottesa fra le parti, per cui il mutuatario avrà cura di restituire non le stesse cose che ha ricevuto ma altre della medesima natura. La consegna delle res viene quindi effettuata dalle parti con l’espressa volontà di trasferire al mutuatario la proprietà delle medesime affinché ne possa disporre.
Si configura, in tal modo, una traditio, avente un’efficacia traslativa del possesso, che viene effettuata con l’esplicita volontà da parte del tradens (il mutuante) di trasferire la proprietà e, conseguentemente, dell’accipiens (il mutuatario) di acquistarla. Essa risulta, altresì, dotata di una iusta causa
168 Cfr. sul punto D. 12.1.2.1 (Xxxx. 28 ad ed.): Mutui datio consistit in his rebus, quae pondere numero mensura consistunt, quoniam eorum datione possumus in creditum ire, quia in genere suo functionem recipiunt per solutionem quam specie: nam in ceteris rebus ideo in creditum ire non possumus, quia aliud pro alio invito creditori solvi non potest.
169 Cfr. in merito D. 12.1.2.2 (Xxxx. 28 ad ed.): Appellata est autem mutui datio ab eo, quod de meo tuum fit: et ideo, si non faciat tuum, non nascitur obligatio.
traditionis, identificata dalla giurisprudenza romana170 come causa credendi, che si concreta nell’accordo fra mutuante e mutuatario alla restituzione del tantundem eiusdem generis et qualitatis171.
Come evidenziato nella frase finale del passo, inoltre la denominazione stessa di mutuum deriverebbe dalla constatazione per cui, attraverso l’adempimento, l’oggetto da mio diventa tuo.
L’accordo causale di mutuo aveva quindi rilevanza sul piano dei diritti reali, dove attraverso la traditio ne venivano esplicati gli effetti, ma non solo poiché tale accordo causale oltre a permettere l’effetto traslativo della proprietà del denaro prevedeva anche la restituzione di un’eguale quantità di cose della stessa natura. Si configura, in tal senso, una situazione di aes alienum172, a seguito della presenza non giustificata della res nel patrimonio del mutuatario rispetto a quello del mutuante, e per effetto della quale si risulta obbligati a dare in conseguenza della cosa stessa (re). In particolare, l’espressione “re contrahitur obligatio velut mutui datione”, riportata all’inizio del frammento, esprime chiaramente l’idea, intrinsecamente connessa alla nozione di aes alienum, dell’essere obbligati
170 Cfr., a tal proposito, D.12.1.1.1 (Ulp. 26 ad ed.): Quoniam igitur multa ad contractus varios pertinentia iura sub hoc titulo praetor inseruit, ideo rerum creditarum titulum praemisit: omnes enim contractus, quos alienam fidem secuti instituimus, complectitur: nam, ut libro primo quaestionum celsus ait, credendi generalis appellatio est: ideo sub hoc titulo praetor et de commodato et de pignore edixit. nam cuicumque rei adsentiamur alienam fidem secuti mox recepturi quid, ex hoc contractu credere dicimur. rei quoque verbum ut generale praetor elegit.
171 Vedasi C.A. XXXXXXX, Materiali per un corso di fondamenti del diritto europeo, II, cit., p. 51.
172 Cfr., in tal senso, D. 50.16.213.1 (Ulp. 1 reg.): “aes alienum” est, quod nos aliis debemus: “aes suum” est, quod alii nobis debent. Sul punto vedasi anche l’interpretazione di C.A. XXXXXXX, Materiali per un corso di fondamenti del diritto europeo, II, cit., pp. 45-46, che pone in luce come la locuzione aes alienum, rinvenibile non solo a partire dalle fonti giuridiche ma anche da quelle letterarie quale Xxxxxxxx (Cic., De off. 2.16.56; Cic., De off. 2.24.84), debba essere intesa nel senso di “debito di denaro” e quindi, genericamente, come “debito”.
mediante cosa, costituendo anche un nuovo173 ambito di applicazione della nozione di obligatio per il tramite di un’operazione dommatica in cui poteva essere invocato il dare oportere tipico della condictio, il quale venne inaugurato a partire dall’antica interpretazione della legis actio per condictionem174.
4. Si paret eum dare oportere
L’identificazione della formazione re dell’obligatio permise di individuare, accanto all’obbligazione da mutuo, un’altra situazione corrispondente a tale fattispecie, ossia quella dell’obbligazione da pagamento d’indebito:
Gai. 3.91: Is quoque, qui non debitum accepit ab eo, qui per errorem solvit, re obligatur; nam proinde ei condici potest SI PARET EVM DARE OPORTERE, ac si mutuum accepisset. Unde quidam putant pupillum aut mulierem, cui sine tutoris auctoritate non debitum per errorem datum est, non teneri condictione, non magis quam mutui datione. Sed haec species obligationis non videtur ex contractu consistere, quia is, qui solvendi animo dat, magis distrahere vult negotium quam contrahere.
173 Nel senso che venne interrotto quel rapporto biunivoco tipico intercorrente ab origine solo fra sponsio e obligatio (dare oportere). Vedasi in merito C.A. XXXXXXX, Materiali per un corso di fondamenti del diritto europeo, II, cit., p. 53.
174 Cfr. Gai. 4.17b: Per condictionem ita agebatur: AIO TE MIHI SESTERTIORVM X MILIA DARE OPORTERE: ID POSTVLO, AIAS AVT NEGES. xxxxxxxxxxx dicebat non oportere. actor dicebat: QVANDO TV NEGAS, IN DIEM TRICENSIMVM TIBI IVDICIS CAPIENDI CAVSA CONDICO. deinde die tricensimo ad iudicem capiendum praesto esse debebant. condicere autem denuntiare est prisca lingua.
Per effetto dell’accostamento fra mutuo e solutio indebiti, effettuato in Gai. 3.91, si perviene all’acquisizione di ulteriori dettagli inerenti l’obligatio re contracta, essendo tali fattispecie accomunate dalla condictio.
Nello specifico emerge come, per quanto concerne la ripetizione dell’indebito pagato, venga fatto ricorso alla formula del mutuo, considerando colui che abbia ricevuto l’indebitum come se fosse un debitore per causa di mutuo, in tal senso andrebbe inteso “ac si mutuum accepisset”.
Per tale ragione, alcuni (quidam) ritengono che non sussista la possibilità di applicare la condictio contro un pupillo o una donna nei cui riguardi venga effettuata una prestazione non dovuta.
Tuttavia, haec species obligationis (ossia l’indebiti solutio) non è data annoverarsi fra i contratti, in quanto colui che ha pagato intendeva estinguere e non contrarre un’obbligazione (negotium175).
Dal frammento emerge chiaramente come, per Xxxx, in caso di contratto debba sussistere la volontà di produrre un determinato effetto giuridico. Pertanto, colui che, tramite una prestazione non dovuta, voglia liberarsi dall’obligatio di cui sia erroneamente convinto, non ha l’intenzione di determinare, con la propria prestazione, il sorgere della medesima.
175 Il termine negotium viene solitamente tradotto, in tale contesto, con “obbligazione” uniformemente a quanto riportato da Xxxx in D. 44.7.5.3 (Gai 3 aur.) in cui il giureconsulto, trattando sempre della solutio indebiti, adopera obligatio. Vedasi, fra tutti,
X. XXXXX, Sul significato di «contrahere» in Gaio e sulla non classicità della denominazione quasi ex contractu obligatio, cit., p. 68 nt. 3; X. XXXXXXXXXX, Condictio indebiti. I. Il fondamento dell’obbligazione da indebito, cit., pp. 25 ss.; X. XXXXXX, Il sistema romano dei contratti, cit., pp. 35 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 150.
Ecco perché, sempre con riferimento a Gai. 3,91, sia opportuno soffermarsi sul significato relativo al pronome indefinito “quidam”176, con cui si farebbe riferimento a Xxxxxx Xxxxxxxx, ma non solo, e di cui si è ipotizzato che Xxxx non ne condividerebbe ulteriormente l’orientamento177, relativamente al criterio di azionabilità della condictio, per effetto di una evoluzione, ravvisabile specialmente a partire dal frammento in esame, cui intende pervenire il giureconsulto e che si discosta da una concezione di negotium contrahere/gerere cui risultano ancorati i veteres.
Questo, lo si evince in particolare dal raffronto con i riferimenti espressi in D. 26.8.13 (Iul. 21 dig.178), all’interno del quale emerge come Xxxxxxxx considerasse l’auctoritatis interpositio del tutore quale condizione necessaria per l’esperibilità della condictio, in caso di mutuo e solutio
176 Per quanto concerne l’interpretazione relativa al “quidam”, essa risulta essere piuttosto discussa in dottrina. Si sarebbe fatto riferimento ai giuristi di scuola sabiniana secondo X. XXXXXXX, Xxxxx. Römisches Privatrecht im ersten Jahrhunderte der Kaiserzeit I, Halle 1873 (rist. Aalen 1963), p. 246. Sarebbe riconducibile a Xxxxxxxxx Xxxxxxx secondo
X. XXXXXXX, «Quidam» (Gli innominati delle Istituzioni di Gaio), cit., p. 418. X. XXXXXXXXXX, Condictio indebiti. I. Il fondamento dell’obbligazione da indebito, cit., p. 23 ritiene farsi riferimento a Xxxxxx Xxxxxxxx. Viceversa, si tratterebbe di un generale riferimento ai giuristi classici per X. XXXXXXX, Rec. a Xxxxxxxxxx. Condictio indebiti, in SDHI, XI (1945), p. 328 e X. XXXXXXX, Die Grundlage der condictio im klassichen römischen Recht, cit., p. 14 nt. 30.
177 Vedasi fra tutti E.I. XXXXXX, Die Aktionen des römischen Privatrechts I, Berlin 1871 (rist. Aalen, 1970), p. 115 nt. 13; X. XXXXXXX, Die Grundlage der condictio im klassichen römischen Recht, cit., p. 10; X. XXXXXXXXX, Rec. a X. Xxxxxxx e X. xxx Xxxxxx, in AG, CXLIV-CXLV (1953), p. 176; X. XXXXX, Istituzioni di diritto romano II, 1, Padova 1962,
p. 84; H.L.W. XXXXXX-X. XXXXXX, Xxx Institutiones III 88-181. Die Kontraktsobligationem. Text und Xxxxxxxxx, xxx., x. 00; J.M. COMA FORT, El derecho de obligaciones en las «res cottidianae», cit., p. 145 nt. 341; X. XXXXXXXXX, Si certum Petetur. Dalla condictio dei veteres alle condictiones giustinianee, cit., pp. 496 ss.
178 D. 26.8.13 (Iul. 21 dig.): Impuberes tutore auctore obligantur, etiamsi taceant: nam cum
pecuniam mutuam acceperint, quamvis nihil dicant, auctoritate tutoris interposita tenentur. quare et si non debita pecunia his personis soluta fuerit, quamvis tacuerint, interposita tutoris auctoritas sufficit, ut condictione teneantur.
indebiti179, e D. 26.8.5 pr. (Ulp. 40 ad Sab.180), in cui il giurista Xxxxx xxxxxxxx un rescritto del divo Xxxxxxxx Xxx, avente ad oggetto il regolamento del caso di un tutore unico che abbia elargito ad un pupillo una somma di denaro a titolo di mutuo o si fosse fatto promettere, da quest’ultimo, il pagamento di data somma mediante stipulatio, e da cui risulterebbe che, sebbene il pupillo fosse obbligato naturalmente (naturaliter) verso il tutore, tuttavia l’imperatore concesse un’azione in quantum pupillus locupletior factus est sancendo che la medesima dovesse essere accordata non solo al tutore ma a chiunque.
Inoltre, sulla base di un ulteriore raffronto con D. 46.3.66 (Pomp. 6 ex Plaut.181), è presumibile un riferimento anche a Xxxxxxxx, il quale, estendendo la disciplina dettata per il mutuo in D. 26.8.5 pr. (Ulp. 40 ad Sab.), avrebbe negato espressamente la condictio per la ripetizione dell’indebito prestato sine tutoris auctoritate182.
179 Sul punto vedasi X. XXXXXXXXX, Si certum petetur. Dalla condictio dei veteres alle
condictiones giustinianee, cit., p. 496.
180 D. 26.8.5 pr. (Ulp. 40 ad Sab.): Pupillus obligari tutori eo auctore non potest. plane si plures sint tutores, quorum unius auctoritas sufficit, dicendum est altero auctore pupillum ei posse obligari, sive mutuam pecuniam ei det sive stipuletur ab eo. sed et cum solus sit tutor mutuam pecuniam pupillo dederit vel ab eo stipuletur, non erit obligatus tutori: naturaliter tamen obligabitur in quantum locupletior factus est: nam in pupillum non tantum tutori, verum cuivis actionem in quantum locupletior factus est dandam divus xxxx rescripsit.
181 D. 46.3.66 (Pomp. 6 ex Xxxxx.): Si pupilli debitor iubente eo sine tutoris auctoritate pecuniam creditori eius numeravit, pupillum quidem a creditore liberat, sed ipse manet obligatus: sed exceptione se tueri potest. si autem debitor pupilli non fuerat, nec pupillo condicere potest, qui sine tutoris auctoritate non obligatur, nec creditori, cum quo alterius iussu contraxit: sed pupillus in quantum locupletior factus est, utpote debito liberatus, utili actione tenebitur. Per l’analisi del frammento, tratto dal titolo De solutionibus et liberationibus, e per l’amplia ed oltremodo dettagliata bibliografia, cui segue una lucida interpretazione dello stesso, si opera un rinvio al lavoro svolto da I. XXXXXXXX, ‘Alius solvit alius repetit’. Studi in tema di ‘indebitum condicere’, Xxxxxx 00000, pp. 28 ss.
182 In tal senso si è espresso X. XXXXXXXXX, Si certum petetur. Dalla condictio dei
veteres alle condictiones giustinianee, cit., pp. 497-499.
Il punto focale è quindi rappresentato dalla differenza intercorrente fra il pensiero dei quidam e quello di Gaio, dove, mentre per i quidam, sulla base di un’ampia nozione di negotium contrahere, le conseguenze dell’equiparazione di mutuo e solutio indebiti, sul piano delle fonti delle obbligazioni, sarebbero state le medesime nel caso di una dazione di denaro effettuata verso un minore o una donna sprovvisti dell’auctoritas tutoris; secondo Xxxx, invece, non poteva dirsi altrettanto poiché, per quanto concerne l’indebiti solutio, l’intento di pagare avrebbe denotato chiaramente una volontà di estinguere il vincolo e non quella di contrarlo, ragion per cui, in quanto tale, sussisteva un’obbligazione, e non un contratto.
Appare, in tal senso, persuasivo il tenore del verbo videtur di Gai 3.91, col quale il giureconsulto reagirebbe ad un orientamento nel quale erano considerati dal lato puramente oggettivo183 alcuni di quei contenuti da lui ricondotti nel contratto184.
In questo quadro, finisce altresì per apparire chiaro che la solutio indebiti, pur rappresentando indubbiamente una fonte di obbligazione, non è coerentemente riconducibile né alla categoria del contratto, così come elaborata da Labeone e Xxxxx Xxxxx, né è collocabile nel genere delle obligationes re contractae di stampo Sabiniano, e di cui Xxxxxx Xxxxxxxx era l’ultimo caposcuola185, ma costituisce un criterio costruttivo emblematico,
183 Cfr. X. XXXXX, Sul significato di «contrahere» in Gaio e sulla non classicità della denominazione quasi ex contractu obligatio, cit., p. 66 ss.; X. XXXXXXXXXX, Condictio indebiti. I. Il fondamento dell’obbligazione da indebito, cit., pp. 23 ss.; X. XXXXXXXXX, Si certum petetur. Dalla condictio dei veteres alle condictiones giustinianee, cit., pp. 501 ss.
184 Xxxxxx, a tal riguardo, X. XXXXXX, Il sistema romano dei contratti, cit., p. 34, il quale, con specifico riferimento a Gai. 3.91, parla di innesto sostanziale di una nuova elaborazione concettuale positiva del contractus.
185 Vedasi sul punto X. XXXXXXXXX, Si certum petetur. Dalla condictio dei veteres alle
condictiones giustinianee, cit., p. 502.
cui ruota attorno l’elaborazione giurisprudenziale gaiana, e, se ci si domandasse come mai, all’inizio di Gai. 3.91, il giurista abbia effettuato l’abbinamento mutuo solutio indebiti esplicitando chiaramente che colui il quale abbia ricevuto l’indebito per errore sia obbligato mediante cosa, la risposta, fornita subito dopo, è data dalla formula186 impiegata per ottenere l’adempimento di un’obbligazione frutto di una prestazione indebita e costituisce il fulcro di tutta la costruzione logica in questione.
Tale formula, connotata dalle parole dare oportere, è la stessa identica formula impiegata nel mutuum e consentirebbe di giungere all’assunto per cui l’analogia processuale fra figure contrattuali (mutuo) e figure che tali non sono (indebiti solutio), rappresenterebbe la prospettiva dalla quale muove il giureconsulto a partire dalle proprie Institutiones e costituirebbe anche quel chiaro intento dialettico in materia cui intende pervenire nelle Res cottidianae, rinvenibile lungo il titolo VII del Digesto, e rivolto alle variae causarum figurae, dove si riscontrano atti dai quali sorge un’obbligazione tutelata mediante azioni civili (la negotiorum gestio, l’amministrazione tutelare, l’indebiti solutio, il legatum per damnationem, il legato sinendi modo) oltre ad una nuova serie di illeciti tutelati mediante actiones praetoriae (D. 44.7.1.4- 6).
186 Cfr. C.A. XXXXXXX, Materiali per un corso di fondamenti del diritto europeo, II, cit., pp. 67 ss.
5. Un proprio fondamento giuridico (proprium quodam ius)
Le considerazioni finora formulate sembrano trovare un ulteriore riscontro in quella che viene solitamente presentata come una tappa intermedia all’interno del percorso storico ed evolutivo elaborato nell’ambito della classificazione delle fonti delle obbligazioni187.
Ci si riferisce, in particolare, a quanto attestato in D. 44.7.1 pr. (Gai 2 aur.), ove si legge per l’appunto: Obligationes aut ex contractu nascuntur aut ex maleficio aut proprio quodam iure ex variis causarum figuris.
In questo notissimo passo, tramandatoci nel Digesto e tratto dai Libri rerum cottidianarum sive aureorum, viene enunciato come le obbligazioni possano sorgere da contratto, da delitto e da una terza categoria avente carattere generale: “aut proprio quodam iure ex variis causarum figuris”.
Nell’ambito di tale definitio per divisionem, il genus, rappresentato dalle obbligazioni che vengono ripartite in base alle causae da cui promanano, viene suddiviso in species le quali, oltre a presentare dei tratti comuni con lo stesso, sono connotate da elementi propri che le differenziano dalle altre188.
187 Cfr. in merito X. XXXXXX, Il sistema romano dei contratti, cit., pp. 15 ss.; X. XXXXXXXXX, s.v. Obbligazioni (dir. rom.), cit., p. 43; ID., s.v. Contratto e patto nel diritto romano, cit., pp. 67 ss.
188 In tal senso depone X. XXXXX, Per la ricostruzione e l’utilizzazione della dottrina di Xxxx sulle obligationes ex variis causarum figuriis, cit., pp. 175 ss. Gaio utilizza ripetutamente i termini genus e species, fra l’altro anche mediante l’impiego di significati differenti, cfr.
X. XXXXXXX, “Genus” e “species” nel linguaggio gaiano, in Synteleia Xxxxxxxx Xxxxxxx-Xxxx, I, Napoli 1964, pp. 462 ss. e X. XXXXXXX, L’ordine espositivo delle Istituzioni di Gaio e il sistema civilistico: un’ipotesi, in Rivista di Diritto Romano, XI (2011), p. 2. Per l’elenco delle fonti si rinvia a X. XXXXXXXX, Das systematische Lehrbuch. Ein Beitrag zur Geschichte der Wissenschaften in der Antike, Göttingen 1960, pp. 111 ss.
Nell’analisi interpretativa del frammento, sono stati generalmente189 tralasciati alcuni aspetti relativi al medesimo fra cui specialmente quello inerente al quodam, che esprime un tratto essenziale per quanto concerne il pensiero di Xxxx.
Secondo Xxxx, infatti, mentre le obbligazioni che sorgono sia da contratto che da delitto presentano un proprium ius, in relazione alla loro fonte, quelle che nascono ex variis causarum figuris, si connotano, sempre in rapporto alla fonte, per un proprium quodam ius190.
In tal senso, si profila utile il raffronto con un altro brano dello stesso Xxxx, conservato all’interno del proprio manuale istituzionale, in cui il giureconsulto svolge un ragionamento per certi versi affine191.
Gai. 2.7: Sed in provinciali solo placet plerisque solum religiosum non fieri, quia in eo solo dominium populi Romani est vel Caesaris, nos autem possessionem tantum et usumfructum habere videmur; utique tamen, etiamsi non sit religiosum, pro religioso habetur. Item quod in provinciis non ex auctoritate populi Romani consecratum est, proprie sacrum non est, tamen pro sacro habetur.
Il passo è tratto dal commentarius secundus delle Institutiones, che ha ad oggetto la divisione suprema delle cose, espressa per il tramite di una dicotomia secondo cui alcune di esse sono di diritto divino ed altre di
189 Cfr. quanto riportato da X. XXXXXXXXX, La dottrina delle obligationes quasi ex contractu, cit., pp. 103 ss., il quale nell’ambito della ricostruzione dei passi gaiani inerenti alle singole obligationes ex variis causarum figuris, ha ritenuto opportuno, nell’ambito delle modifiche ivi proposte, immettere l’espressione proprio iure.
190 Sul punto vedasi X. XXXXX, Per la ricostruzione e l’utilizzazione della dottrina di Xxxx sulle
obligationes ex variis causarum figuriis, cit., pp. 176 ss.
191 In senso analogo depone anche X. XXXXX, Per la ricostruzione e l’utilizzazione della dottrina di Xxxx sulle obligationes ex variis causarum figuriis, cit., p. 178, che reputa il passo in oggetto come verosimilmente genuino.
diritto umano. All’interno di Gai. 2.7 viene illustrato in maniera concisa la motivazione per cui secondo i più non fosse possibile rendere religiosum un luogo sito in suolo provinciale ed analogamente come proprie sacrum non est quel che in provincia non è consacrato d’autorità del popolo romano.
Dal contesto si evince che Xxxx, partendo dall’opinione dei più, come risulterebbe espresso dal pronome indefinito plerisque, reputasse anche le cose oggetto della trattazione quodam modo divini iuris, al pari di quelle sanctae192, sulla base di un’argomentazione analoga (item), secondo cui nel primo dei casi presi in considerazione il suolo in oggetto non risulta proprie religioso, ma pro religioso habetur; mentre nel caso seguente la res non è proprie sacra, tuttavia pro sacra habetur193.
In entrambi i casi quindi si evince che, nonostante venisse meno uno degli elementi che rappresentavano sia il proprium della res religiosa194 che di quella sacra195, la res veniva trattata come se lo fosse.
Una simile modalità argomentativa non era dunque estranea al giureconsulto ma rappresentava uno dei modi con cui egli intendesse operare. La divisio delle obbligazioni, in relazione alla fonte, potrebbe quindi, a rigore di logica, essere indirizzata a porre in luce come pur essendovi obbligazioni che partecipano alle regole generali proprie delle obbligazioni contrattuali, esse non scaturiscono da contratto, ed altresì come vi siano obbligazioni le quali, pur essendo sottoposte alle regole
192 Significativo, a tal riguardo, il raffronto con il passo seguente delle Institutiones (Gai. 2.8) in cui il giurista si esprime asserendo che: “Sanctae quoque res, velut muri et portae, quodam modo divini iuris sunt”.
193 Sul punto vedasi X. XXXXX, Per la ricostruzione e l’utilizzazione della dottrina di Xxxx sulle
obligationes ex variis causarum figuriis, cit., p. 178.
194 Gai. 2.6: Religiosum vero nostra voluntate facimus mortuum inferentes in locum nostrum, si modo eius mortui funus ad nos pertineat.
195 Gai. 2.5: Sed sacrum quidem hoc solum existimatur, quod ex auctoritate populi Romani consecratum est, veluti lege de ea re lata aut senatus consulto facto.
generali proprie delle obbligazioni ex maleficio, le stesse non sorgono da delitto196.
6. Actione teneri
L’idea per cui la prospettiva dalla quale xxxxx Xxxx, nel suo polifunzionale manuale istituzionale, risulti fondata su una corrispondenza d’identità della tutela processuale, fra figure contrattuali e figure che tali non sono, parrebbe essere confermata su più fronti ma si prospetta necessario, a tal fine, un’analisi esegetica di D. 44.7.5 pr.-3 (Gai. 3 aur.):
D. 44.7.5 pr. (Gai. 3 aur.): Si quis absentis negotia gesserit, si quidem ex mandatu, palam est ex contractu nasci inter eos actiones mandati, quibus invicem experiri possunt de eo, quod alterum alteri ex bona fide praestare oportet: si vero sine mandatu, placuit quidem sane eos invicem obligari eoque nomine proditae sunt actiones, quas appellamus negotiorum gestorum, quibus aeque invicem experiri possunt de eo, quod ex bona fide alterum alteri praestare oportet. sed neque ex contractu neque ex maleficio actiones nascuntur: neque enim is qui gessit cum absente creditur ante contraxisse, neque ullum maleficium est sine mandatu suscipere negotiorum administrationem: longe magis is, cuius negotia gesta sunt, ignorans aut contraxisse aut deliquisse intellegi potest: sed utilitatis causa receptum est invicem eos obligari. ideo autem id ita receptum est, quia plerumque homines eo animo peregre proficiscuntur quasi statim redituri nec ob id ulli curam negotiorum suorum mandant, deinde novis causis intervenientibus ex necessitate diutius absunt: quorum negotia disperire iniquum erat, quae sane disperirent, si vel is, qui obtulisset se negotiis gerundis, nullam habiturus
196 Cfr. in tal senso X. XXXXX, Per la ricostruzione e l’utilizzazione della dottrina di Xxxx sulle
obligationes ex variis causarum figuriis, cit., p. 176 ss.
esset actionem de eo, quod utiliter de suo impendisset, vel is, cuius gesta essent, adversus eum, qui invasisset negotia eius, nullo iure agere posset. 1: Tutelae quoque iudicio qui tenentur, non proprie ex contractu obligati intelleguntur (nullum enim negotium inter tutorem et pupillum contrahitur): sed quia sane non ex maleficio tenentur, quasi ex contractu teneri videntur. Et hoc autem casu mutuae sunt actiones: non tantum enim pupillus cum tutore, sed et contra tutor cum pupillo habet actionem, si vel impenderit aliquid in rem pupilli vel pro eo fuerit obligatus aut rem suam creditori eius obligaverit. 2: Heres quoque, qui legatum debet, neque ex contractu neque ex maleficio obligatus esse intellegitur: nam neque cum defuncto neque cum herede contraxisse quicquam legatarius intellegitur: maleficium autem nullum in ea re esse plus quam manifestum est. 3: Is quoque, qui non debitum accipit per errorem solventis, obligatur quidem quasi ex mutui datione et eadem actione tenetur, qua debitores creditoribus: sed non potest intellegi is, qui ex ea causa tenetur, ex contractu obligatus esse: qui enim solvit per errorem, magis distrahendae obligationis animo quam contrahendae dare videtur.
I frammenti, tratti dal terzo dei sette libri di cui si compongono gli Aurea e reperibili nel titolo VII del Digesto dedicato alle variae causarum figurae, riguardano una serie di atti leciti che per effetto della loro conformazione strutturale non sono propriamente (proprie) contratti.
Trattasi delle obbligazioni ex negotiorum gestio, ex tutela, ex legatum debitum, ex indebiti solutio. Esse sono notoriamente parte di una categoria che sorge prorium quodam ius e lo si evince chiaramente anche da quanto espresso in D. 44.7.1 pr. (Gai. 2 aur.).
Sulla base del dato testuale emerge altresì, per effetto della congiunzione quoque, che i frammenti risultano funzionalmente197 collegati
197 Cfr. X. XXXXX, Per la ricostruzione e l’utilizzazione della dottrina di Xxxx sulle obligationes ex variis causarum figuris, cit., pp. 180 ss.
l’uno con l’altro ma si tratta di vedere tramite quale modalità il giureconsulto abbia inteso operare.
Il primo dei casi ad essere presi in considerazione nelle Res cottidianae, relativamente alle obbligazioni che sorgono ex variis causarum figuris, è quello della negotiorum gestio (D. 44.7.5 pr.), dove comunemente per negotiorum gestio si intende la conduzione degli affari altrui spontaneamente ed utilmente intrapresa (utiliter coeptum) senza averne previamente ricevuto l’incarico da parte del soggetto interessato (dominus negotii)198. Attenendoci all’elaborazione testuale riferita da Xxxx, nel caso in cui taluno abbia gestito gli affari di un assente in base ad un mandato (ex mandatu), è evidente come, in virtù di tale contratto, sorgano fra loro le relative azioni di mandato, attraverso cui gli stessi possono reciprocamente perseguire in giudizio ciò che secondo buona fede l’uno deve prestare all’altro. Qualora, invece, la gestione abbia avuto luogo senza mandato, si è ugualmente ritenuto che l’obbligazione sorga reciprocamente e che, a tale titolo, fossero introdotte delle azioni, denominate negotiorum gestorum, per il tramite delle quali essi possano reciprocamente perseguire in giudizio ciò che taluno, sempre secondo buona fede, deve prestare all’altro (quod ex bona fide alterum alteri praestare oportet).
Ad una prima lettura, appare nitidamente come il giureconsulto intenda partire da un assunto, consistente nel fatto per cui, nel caso in cui venga intrapresa una gestione d’affari199, questa permette di giungere, per
198 Il passo è estremamente noto in dottrina così come le relative problematiche che ruotano intorno ad esso. Vedasi fra tutti, per i puntuali riferimenti eseguiti all’interno dell’ambito nel quale si sta operando, X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., pp. 174 ss.
199 A dimostrazione del fatto che Xxxx fosse pienamente a conoscenza della negotiorum gestio e dei relativi risvolti si rinvia a quanto riferito dal giureconsulto nel commentario
via di un effetto ravvisabile a partire dall’assunzione della stessa con o senza mandato, ad una corrispondenza biunivoca data dalla relativa tutela rimediale. A tale scopo, viene tracciato un parallelismo per il tramite della rispettiva actio, con una finalità argomentativa non dissimile da quanto si è visto nelle Institutiones circa il rapporto fra mutuo e solutio indebiti, anche se stavolta l’intento del giurista appare con maggiore lucentezza grazie specialmente al nesso intercorrente con D. 44.7.1 pr. (Gai. 2 aur.), tra figure riconducibili alla sfera contrattuale e figure che tali non sono in quanto proprio quodam iure ex variis causarum figuris.
Emerge, quindi, uno stretto rapporto fra actio ed obligatio che accomuna ma al contempo distingue queste fattispecie ed è intimamente connesso alle causae da cui il rapporto stesso muove. Questo lo si evince, in particolare, da quanto viene espresso in merito dal giurista, il quale, proseguendo nella sua trattazione, dopo aver precisato che tali azioni non nascono né ex contractu né ex maleficio, per effetto della spiegazione secondo cui, in primis non si reputa che il gestore abbia antecedentemente concluso un contratto cum absente, poi, che non costituisce alcun maleficium l’assumere senza mandato l’amministrazione degli (altrui) affari, ed infine, che non è dato ritenersi che abbia, senza saperlo, contratto o commesso un misfatto colui i cui affari siano stati gestiti, afferma, successivamente, come fosse
all’editto provinciale in D. 3.5.2 (Gai. 3 ad ed. prov.): Si quis absentis negotia gesserit licet ignorantis, tamen quidquid utiliter in rem eius impenderit vel etiam ipse se in rem absentis alicui obligaverit, habet eo nomine actionem: itaque eo casu ultro citroque nascitur actio, quae appellatur negotiorum gestorum. et sane sicut aequum est ipsum actus sui rationem reddere et eo nomine condemnari, quidquid vel non ut oportuit gessit vel ex his negotiis retinet: ita ex diverso iustum est, si utiliter gessit, praestari ei, quidquid eo nomine vel abest ei vel afuturum est. Nonché, per riprendere il filone delle funzionalità pratiche da cui Xxxx muove all’interno delle proprie Institutiones, vedasi anche a titolo esemplificativo Gai. 4.33 e Gai. 4.62, ove si parla dell’actio negotiorum gestorum.
legato a ragioni di utilità (utilitatis causa) il motivo per cui si è ammesso che essi risultino reciprocamente obbligati.
Con ulteriore concretezza, nei iudicia tutelae (D. 44.7.5.1) fa seguito la ratio del discorso in oggetto essendo specificato come, nel contesto unitario all’interno del quale opera il giurista e di cui è preminente rimarcarne l’omogeneità funzionale, anche nella fattispecie in esame, rientrante nelle variae causarum figurae, non si configurino propriamente obbligazioni che sorgono da contratto (non proprie ex contractu obligati inetelleguntur), in quanto tra pupillo e tutore non viene concluso alcun negozio ma siccome, non si è tenuti come per un delitto, sembrano obbligazioni per le quali si è tenuti come per un contratto (quasi ex contractu teneri videntur).
Xxxx, quindi, pienamente consapevole del fatto che fosse essenziale ai contratti l’elemento della conventio, così come elaborato dalla dottrina di Xxxxx Xxxxx, ed inteso quale accordo diretto a produrre il vincolo obbligatorio200, sembra voler fornire una spiegazione concreta circa il possibile fondamento giuridico di tale fattispecie, da considerarsi nella propria individualità e non ascrivibile, quanto alla fonte, alle obbligazioni contrattuali ma che può tuttavia, per il tramite del rimedio apprestatovi, esservi ricondotta. Questo dato emerge pure dal riscontro testuale presente nel frammento, dove il giureconsulto asserisce chiaramente come anche in questo caso le azioni siano reciproche (et hoc autem casu mutuae sunt actiones).
200 In tal senso X. XXXXX, Per la ricostruzione e l’utilizzazione della dottrina di Xxxx sulle
obligationes ex variis causarum figuris, cit., p. 187.
Sulla stessa linea, in D. 44.7.5.2 (Gai. 3 aur.) emerge come anche (quoque) l’erede che deve un legato201 non è ritenuto obbligato né da contratto né da misfatto (neque ex contractu neque ex maleficio obligatus esse intellegitur), e in D. 44.7.5.3 (Gai. 3 aur.) viene ripresa la problematica relativa alla solutio indebiti dove, specialmente alla luce di quanto asserito in merito all’amministrazione tutelare in D. 44.7.5.1 (Gai 3 aur.), viene illustrato in che cosa risiede l’analogia col mutuo e, contrariamente, in che cosa indebito e mutuo divergono.
Sicché colui che per errore ha pagato un indebito è obbligato quasi come colui che ha effettuato una datio mutui ed è tenuto dalla stessa azione; azione che, seguendo l’iter evolutivo iniziato a partire dalla bipartizione delle Institutiones di Gaio, lascerebbe intendere che la prospettiva dalla quale intendesse muovere il giurista sia identificabile nel comune denominatore rappresentato dall’actio teneri, di cui si evincono i prodromi a partire da Gai. 3.91.
In particolare, il riferimento all’analogia per effetto dell’azione processuale risulterebbe confermato202 anche dal tenore letterale delle espressioni “quasi ex contractu teneri videntur”, rinvenibile in D. 44.7.5.1 (Gai 3 aur.), e “eadem actione tenetur”, presente in D. 44.7.5.3 (Gai 3 aur.).
201 Per quanto concerne le quattro forme di legato, note al diritto classico, ve ne sono due, quello per damnationem e quello sinendi modo, in virtù dei quali l’erede risulterebbe gravato dagli effetti obbligatori. Cfr., a tal riguardo, quanto riferito da X. XXXXXXX, Contributi allo studio del legato «sinendi modo», Milano 1958, pp. 47 ss.; M.J. XXXXXX- XXXXXXX, La concezione classica del legato sinendi modo e la sua probabile struttura originaria, in Studi in onore di Xxxxxx Xxxxx, III, Milano 1962, pp. 241 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., pp. 189-193.
202 Cfr. X. XXXXXXX, ‘Quod sine iusta causa apud aliquem est potest condici’, Napoli 2013, pp. 119 ss.
Secondo il Grosso203, infatti il significato da attribuire al «quasi» sarebbe esplicitamente desumibile per effetto dell’uso del verbo «teneri» in quanto tramite l’uso dell’avverbio si riconduce un atto al contratto in funzione della relativa actio.
Per il Betti204, altresì, sarebbe possibile rinvenire nel frammento la formazione coerente e compiuta di due nuove categorie sistematiche, quella del “quasi ex contractu” e del “quasi ex delicto”, connotate non solo da uno specifico rapporto d’identità, ma anche reciprocamente funzionali nell’ottica di una conseguente equiparazione processuale (actione teneri)205.
In merito si è espresso pure il Cannata206, il quale, nell’asserire che l’espressione adoperata negli Aurea sarebbe tesa verso l’individuazione di rapporti obbligatori dai caratteri analoghi a quelli prodotti da un contratto, consente di cogliere, ancora una volta, come la prospettiva adottata debba rinvenirsi piuttosto che nella fonte, produttiva delle rispettive obbligazioni, nell’assimilazione del regime giuridico processuale delle stesse207.
Gaio, quindi, nell’asserire che in tali fattispecie i soggetti non proprie ex contractu obligati intelleguntur, mira a sottolineare l’assenza in essi di uno degli elementi (la conventio) reputati basilari per i contratti e che, conseguentemente, le obbligazioni che ne derivano non hanno il proprium sostanziale delle obbligazioni contrattuali.
203 Vedasi in merito X. XXXXXX, Il sistema romano dei contratti, cit., pp. 19 ss.
204 Cfr. X. XXXXX, Sul significato di «contrahere» in Gaio e sulla non classicità della denominazione
quasi ex contractu obligatio, cit., pp. 65 ss.
205 Si veda X. XXXXXXX, ‘Quod sine iusta causa apud aliquem est potest condici’, cit., pp.121- 122.
206 Vedasi sul punto C.A. XXXXXXX, s.v. Quasi-contratti e quasi-delitti, cit., p. 28.
207 In tal senso X. XXXXXXX, ‘Quod sine iusta causa apud aliquem est potest condici’, cit., pp. 122 ss.
Nonostante ciò, vengono esplicitamente richiamati quegli elementi per il tramite dei quali quodam modo i soggetti in esame risultano tenuti quasi ex contractu208.
In particolare, per quanto concerne la negotiorum gestio, primo caso che viene in considerazione, Xxxx rileva chiaramente che le azioni negotiorum gestorum presentano i medesimi caratteri di quelle mandati. Circa il caso seguente, quello relativo alla tutela, viene asserito come i soggetti quasi ex contractu teneri videntur ed altresì che parimenti mutuae sunt actiones209.
A proposito del legato210, viene nuovamente ribadito che anche in esso i soggetti sembrano tenuti quasi ex contractu. Infine, in merito all’ultimo caso considerato, ossia quello relativo al pagamento dell’indebito, Xxxx riporta che colui il quale ha ricevuto l’indebito è tenuto dalla stessa azione nascente da mutuo.
Da tutto ciò, emerge dunque come tali figure non sono, per effetto della loro conformazione strutturale, propriamente contratti dal punto di vista sostanziale ma possono considerarsi alla stregua degli stessi poiché propriamente tali dal punto di vista processuale dei relativi rimedi tutelari. Quella dell’equiparazione processuale è quindi la prospettiva da cui muove il giurista ed è tramite il proprium ius delle figure ricondotte nell’alveo delle variae causarum figurae che gli viene consentito di creare un collegamento tra fattispecie ascrivibili alla sfera contrattuale e fattispecie
che, considerate nella loro individualità, tali non risultano essere.
208 Cfr. X. XXXXX, Per la ricostruzione e l’utilizzazione della dottrina di Xxxx sulle obligationes ex variis causarum figuris, cit., pp. 188 ss.
209 Vedasi in particolare Gai 4.62 secondo cui: Sunt autem bonae fidei iudicia haec: ex empto vendito, locato conducto, negotiorum gestorum, mandati, depositi, fiduciae, pro socio, tutelae, rei uxoriae.
210 D. 44.7.5.2 (Gai 3 aur.): Heres quoque, qui legatum debet, neque ex contractu neque ex maleficio obligatus esse intellegitur: nam neque cum defuncto neque cum herede contraxisse quicquam legatarius intellegitur: maleficium autem nullum in ea re esse plus quam manifestum est.
Capitolo III
QUASI EX CONTRACTU ACTIONE TENERI
SOMMARIO: 1. Lo status quaestionis. – 2. Il rapporto tra obligatio ed actio in personam. – 3. Negotiorum gestio. – 4. Obligatio ex tutela. – 5. Legatum. – 6. Indebiti solutio. – 7. Risultanze parziali.
1. Lo status quaestionis
Le riflessioni avanzate in precedenza pongono in luce come Gaio, all’interno delle proprie Institutiones, avesse avvertito quale insufficiente la bipartizione elaborata nell’ambito delle fonti delle obbligazioni, mentre, la tripartizione di cui ai Libri rerum cottidianarum sive aureorum, sembra rappresentare non solo un perfezionamento, ma anche un chiaro sviluppo della classificazione originariamente adottata dal giureconsulto.
Tra le obligationes ex variis causarum figuris, l’unica ad essere stata trattata da Gaio nelle sue Istituzioni fu quella originata da solutio indebiti, che produsse in Gai. 3.91 quei dubbi relativi all’utilità pratica di una bipartizione delle fonti delle obbligazioni derivante unicamente da contratto e da delitto.
Per dimostrare dunque la veridicità e completezza di quanto trasmessoci nelle Res cottidianae, circa la tripartizione delle fonti delle obbligazioni e le figure ivi ricondottevi, specialmente alla luce di quella che fu la successiva elaborazione espressa nelle Istituzioni di Giustiniano, assume particolare rilevanza stabilire se prima e durante il periodo in cui visse Xxxx, fossero note le fattispecie riportate fra le obligationes ex variis causarum figuris, e parimenti constatare se, le medesime, venissero trattate
alla stregua di obbligazioni che non rientravano fra i contratti, ma potessero, comunque, accostarsi analogicamente agli stessi.
2. Il rapporto tra obligatio ed actio in personam
Nello studio del diritto romano è sempre stato controverso il problema se, nel diritto classico, il concetto di obligatio e delle sue fonti fosse unicamente connesso con il ius civile o fosse pure riconducibile nell’ambito del ius honorarium.
Alcuni autori211, sono infatti del parere che il concetto di obligatio e delle sue fonti, nel periodo classico, fosse riferibile esclusivamente al ius civile.
Altri212 ancora, invece, ritengono che l’obligatio si ricollegasse anche con la sfera del diritto onorario.
In particolare, lo Schulz213, avanzò l’ipotesi per cui Xxxx, all’interno delle proprie Institutiones, abbia ampliato il concetto di obligatio, fino a
211 Cfr. in merito X. XXXXXXXXXX, Le fonti delle obbligazioni e la genesi dell’art. 1097 del Codice civile, cit., pp. 501 ss.; ID., Ancora sulle fonti dell’obbligazione romana, cit., pp. 97 ss; X. XXXXXX, Classical Roman Law, cit., pp. 456 ss.; X. XXXXXXX-XXXX, Le genti e la città, in Scritti giuridici raccolti per il centenario della Casa editrice Jovene (1854-1954), Napoli 1954, pp. 135 ss.; X. XXXXX, Das römische Privatrecht, I, Das altrömische, das vorklassische und klassische Recht, München 1971, pp. 489 ss.
212 Cfr. a tal riguardo X. XXXXXXX, Le obbligazioni romane, cit., pp. 452 ss.; X. XXXXX, Corso di diritto romano. Le obbligazioni e le azioni ex delicto, I, Torino 1926, pp. 288 ss.; ID., Interferenze, ravvicinamenti e nessi fra diritto civile e diritto pretorio, in Scritti di diritto romano in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxx, Milano 1946, pp. 731 ss.; F. PASTORI, Profilo dogmatico e storico dell’obbligazione romana, Milano 1951, pp. 366 ss.; X. XXXXXXXXX, Lezioni sulle obbligazioni, cit., pp. 227 ss.
213 Vedasi X. XXXXXX, Classical Roman Law, cit., pp. 457 ss.
ricomprendervi quei fatti giuridici la cui rilevanza era solo dal punto di vista del ius honorarium, divenendo così precursore dei successivi sviluppi214. Prima di definire, però, quali criteri possano essere accolti, al fine di valutare se esistesse o meno una simile concezione dell’obligatio nel periodo in cui visse Gaio, occorre prima di tutto verificare se l’actio in personam tesa a far valere l’obligatio fosse sempre in ius concepta o se si potesse basare pure
sul ius honorarium.
In Gai. 4.2215, è testimoniato che l’actio in personam veniva individuata quando nella relativa intentio fossero presenti le parole dare, facere, praestare, oportere.
L’oportere216 è considerato, dalla maggior parte della dottrina217, quale termine tecnico indicante un’obligatio basata sul ius civile.
Secondo lo Sturm218, tuttavia, la parola oportere, talvolta, sarebbe apparsa priva di qualsiasi connessione con l’obligatio, anche nelle azioni
214 Cfr. sul punto J.C. XXX XXXX, Le sens des mots «obligatio» et «obligare» chez Xxxxx, in Festschrift X. Xxxxxx bei Vollendung des vierzigsten Amtsjahres als ordentlicher Professor im Oktober 1953, Basel 1953, pp. 130-131 secondo il quale, la tendenza ad estendere il concetto di obligatio alle obbligazioni che non rientravano nell’ambito della divisione contenuta in Gai. 3.88-89, fosse già presente nelle Institutiones di Gaio.
215 Gai. 4.2: In personam actio est, qua agimus, quotiens litigamus cum aliquo, qui nobis vel ex contractu vel ex delicto obligatus est, id est, cum intendimus DARE FACERE PRAESTARE OPORTERE.
216 Cfr. X. XXXXXX, s.v. Oportere, in Encyclopedic Dictionary of Roman Law, Philadelphia 1953, p. 609.
217 Vedasi, fra tutti, X. XXXXXXX, Die Aquilianische Stipulation, in ZSS, XLII (1921), pp. 406 ss.; X. XXXXX, Das Edictum perpetuum. Ein Versuch zu dessen Wiederherstellung, Leipzig 1927, p. 269; F. DE VISSCHER, Les origines de l’obligation “ex delicto”, cit., pp. 281- 282; X. XXXXX, Oportere dans les textes juridiques, in REL, XV (1937), pp. 331 ss.; X. XXXXX, Novation of Obligations giving a Bonae Fidei Iudicium, in ZSS, LXVI (1948), pp. 128 ss.; X. XXXXX, Zum Ediktsstil, in Festschrift X. Xxxxxx, II, Weimar 1951, p. 52; X. XXXXXXXXXX, Intorno ai bonae fidei iudicia, Napoli 1964, pp. 36 ss.
218 Si veda X. XXXXX, Oportere, in ZSS, LXXXII (1965), pp. 211 ss. secondo cui oportere è: «ein juristisch völlig farbloser Ausdruck, eine Bezeichnung ohne spezifische Bedeutung».
basate sul ius honorarium, ma, contro tale linea di pensiero, si pose categoricamente il Kaser219, che ritenne inammissibile una tesi in cui il termine oportere non avesse un preciso significato giuridico.
Nel processo arcaico è infatti evidente che la parola oportere rinviava ad una pretesa basata sulla legge, mentre nel processo formulare, oltre al termine oportere, si trovava anche l’espressione oportere ex fide bona, che, sempre secondo il Kaser220, avrebbe indicato una connessione con la responsabilità basata sul sistema del ius civile.
Mettendo in correlazione Gai. 4.2221 e Gai. 4.45222, dove il giurista afferma che la locuzione dare oportere inserita nell’intentio è un elemento che differenzia le actiones in ius conceptae, non pare chiara l’esistenza di un’azione pretoria in personam, infatti, in un’azione di questo tipo non si sarebbero potuti trovare i termini dare facere praestare oportere e, nonostante determinati autori223 pervengano a tale conclusione basandosi essenzialmente su I.
219 X. XXXXX, Oportere und ius civile, cit., pp. 1 ss.
220 Vedasi a tal riguardo X. XXXXX, Oportere und ius civile, cit., p. 46.
221 Vedasi supra nt. 215.
222 Gai. 4.45: Sed eas quidem formulas, in quibus de iure quaeritur, in ius conceptas vocamus, quales sunt, quibus intendimus nostrum esse aliquid ex iure Quiritium aut nobis dari oportere aut pro fure damnum decidi oportere; sunt et aliae, in quibus iuris civilis intentio est.
223 Vedasi in merito X. XXXXX, Il concetto della obbligazione costruito dal punto di vista dell’azione, Pavia 1920, pp. 80-81; X. XXXXXXXXXX, Actiones in rem e actiones in personam, in Studi di diritto romano, Milano 1946, pp. 229 ss.
4.2224, in dottrina225 è prevalente l’opinione secondo cui l’actio in personam potesse aver luogo in caso di rapporti giuridici tutelati dal diritto onorario, specialmente nelle azioni con intentio in factum.
Dopodiché, a supporto della tesi secondo cui Xxxx avrebbe ammesso l’esistenza di azioni pretorie in personam, depone anche Xxx.
224 I. 4.2: Qui res alienas rapit, tenetur quidem etiam furti (quis enim magis alienam rem invito domino contrectat quam qui vi rapit? ideoque recte dictum est, eum improbum furem esse): sed tamen propriam actionem eius delicti nomine praetor introduxit, quae appellatur vi bonorum raptorum et est intra annum quadrupli, post annum simpli. quae actio utilis est, etiamsi quis unam rem, licet minimam, rapuerit. Quadruplum autem non totum poena est et extra poenam rei persecutio, sicut in actione furti manifesti diximus: sed in quadruplo inest et rei persecutio, ut poena tripli sit, sive comprehendatur raptor in ipso delicto sive non. Ridiculum est enim levioris esse condicionis eum qui vi rapit quam qui clam amovet. Quia tamen ita competit haec actio, si dolo malo quisque rapuerit: qui aliquo errore inductus, suam rem esse, et imprudens iuris eo animo rapuit quasi domino liceat rem suam etiam per vim auferre possessoribus, absolvi debet. Cui scilicet conveniens est nec furti teneri eum qui eodem hoc animo rapuit. Sed ne, dum talia excogitentur, inveniatur via per quam raptores impune suam exerceant avaritiam: melius divalibus constitutionibus pro hac parte prospectum est, ut nemini liceat vi rapere rem mobilem vel se moventem, licet suam eandem rem existimet: sed si quis contra statuta fecerit, rei quidem suae dominio cadere, sin autem aliena sit, post rei restitutionem etiam aestimationem eiusdem rei praestare. Quod non solum in mobilibus rebus, quae rapi possunt, constitutiones optinere censuerunt, sed etiam in invasionibus quae circa res soli fiunt, ut ex hac omni rapina homines abstineant. In hac actione non utique spectatur, rem in bonis actoris esse: nam sive in bonis sit sive non sit, si tamen ex bonis sit, locum haec actio habebit. Quare sive commodata sive locata sive etiam pignerata sive deposita sit apud Titium, sic ut intersit eius non auferri, veluti si in re deposita culpam quoque promisit, sive bona fide possideat, sive usumfructum in ea quis habeat, vel quod aliud ius ut intersit eius non rapi: dicendum est, competere ei hanc actionem, ut non dominium accipiat, sed illud solum quod ex bonis eius qui rapinam passus est, id est quod ex substantia eius, ablatum esse proponatur. Et generaliter dicendum est, ex quibus causis furti actio competit in re clam facta, ex iisdem causis omnes habere hanc actionem.
225 Si vedano fra tutti X. XXXXXXX, Römische Prozessgesetze: Ein Beitrag zur Geschichte des Formularverfahrens, I, Leipzig 1888, pp. 82-83; X. XXXXX, Sulla distinzione delle actiones in rem e in personam, in BIDR, XLI (1933), pp. 81 ss.; X. XXXXXX, Classical Roman Law, cit., pp. 33 ss.; J.C. XXX XXXX, Le sens des mots ««obligatio» et «obligare» chez Xxxxx, cit., pp. 122-123; X. XXXXX, Xxx xxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx 0000, pp. 253 ss.
4.106226, nel quale il giurista afferma espressamente come i iudicia imperio continenti potessero essere sive in rem sive in personam.
Tutto ciò risulterebbe pure in linea con quanto si rinviene in alcuni frammenti di Ulpiano227, riguardanti la distinzione delle azioni e nel chiederci il perché della differenza intercorrente fra Gai. 4.2 e Gai 4.106 non si può non tenere conto del fatto che Gai. 4.2 precede l’esposizione del processo per legis actiones, il quale ha luogo a partire da Gai. 4.10, ed inoltre, che, in tale tipologia di processo, sia l’actio in personam che quella in rem si basavano sempre sul ius civile.
Le formule riportate da Xxxx, in relazione alle legis actiones in personam, dimostrano poi come l’espressione dare oportere fosse sempre presente e che l’introduzione, nella corrispondente procedura formulare, di azioni fondate sull’imperium del pretore decretò, all’interno delle actiones in personam, la differenziazione fra quelle fondate sul ius civile e quelle basate sul ius honorarium.
Altresì, come ebbe modo di rilevare anche il Wolodkiewicz228, sebbene Xxxx, all’inizio del quarto libro delle Institutiones, abbia presentato,
226 Gai. 4.106: Et si quidem imperio continenti iudicio actum fuerit, sive in rem sive in personam, sive ea formula, quae in factum concepta est, sive ea, quae in ius habet intentionem, postea nihilo minus ipso iure de eadem re agi potest; et ideo necessaria est exceptio rei iudicatae vel in iudicium deductae.
227 Cfr. D. 44.7.25 pr. (Ulp. lib. sing reg.): Actionum genera sunt duo, in rem, quae dicitur vindicatio, et in personam, quae condictio appellatur. In rem actio est, per quam rem nostram, quae ab alio possidetur, petimus: et semper adversus eum est qui rem possidet. In personam actio est, qua cum eo agimus, qui obligatus est nobis ad faciendum aliquid vel dandum: et semper adversus eundem locum habet; D. 50.16.36 (Ulp. 23 ad ed.): “Litis” nomen omnem actionem significat, sive in rem sive in personam sit; D. 50.16.178.2 (Ulp. 49 ad Sab.): “Actionis” verbum et speciale est et generale. Nam omnis actio dicitur, sive in personam sive in rem sit petitio: sed plerumque “actiones” personales solemus dicere. “Petitionis” autem verbo in rem actiones significari videntur. “Persecutionis” verbo extraordinarias persecutiones puto contineri, ut puta fideicommissorum et si quae aliae sunt, quae non habent iuris ordinarii exsecutionem.
228 Vedasi in proposito X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris.
Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 173.
a preludio di ulteriori argomentazioni, il modello precedente, questo non rappresenta di certo un ostacolo al fatto che egli intendesse rivedere una tesi non più “attuale” e, conseguentemente, di riconoscere in Gai. 4.106 l’esistenza di azioni pretorie in personam.
Conferma l’idea che, secondo Xxxx, fossero fonti di obbligazione non solo situazioni giuridiche fondate sul ius civile, la circostanza per cui, tra i quattro delitti indicati dal giureconsulto, e considerati quali fonte di obligatio, ve ne fossero pure alcuni che si basavano sul ius honorarium229.
Inoltre, si deve ricordare che dopo la codificazione dell’editto pretorio ai tempi di Adriano230, non ebbe più ragione di esistere la differenza tra il sistema del ius civile e quello del ius honorarium.
Nell’esame delle singole obligationes ex variis causarum figuris, sarà quindi opportuno verificare, al fine di provare l’esistenza dell’obligatio, non solo la presenza nella formula dell’actio delle parole dare, facere, praestare, oportere, ma anche di altre caratteristiche proprie delle azioni in personam. In altre parole, si potrà parlare di un’esistenza dell’obligatio in tutti quei casi nei quali potesse essere effettivamente applicata un’actio in personam.
229 Si pensi all’actio furti manifesti (Gai. 3.189), all’actio vi bonorum raptorum (Gai. 3.209) e all’actio iniuriarum aestimatoria (Gai. 3.224). Cfr. in merito X. XXXXXX, Classical Roman Law, cit., pp. 457 ss.
230 Cfr. X. XXXXXXX, L’ordinamento giuridico romano, Napoli 1956, pp. 172 ss. e vedasi pure X. XXXXX, Oportere und ius civile, cit., p. 46 secondo cui la differenza tra il sistema del ius civile e del ius honorarium scomparve nel periodo della procedura per formulas.
3. Negotiorum gestio
Il novero delle obbligazioni che sorgono ex variis causarum figuris, presentato da Xxxx all’interno del terzo dei sette libri di cui si compongono le Res cottidianae, si è visto aprirsi con la negotiorum gestio (D. 44.7.5 pr.), che indica la gestione degli affari intrapresa in assenza di un incarico predisposto da parte della persona interessata.
Tra i testi dei giuristi antecedenti o contemporanei a Xxxx, i quali, unitamente al brano precedente, si riferirono alla negotiorum gestio con tale accezione, vi sono quelli di Labeone231, Giavoleno232, Giuliano233, Celso234, Africano235 e Sesto Pomponio236.
Bisogna riconoscere che l’espressione negotiorum gestio fu utilizzata anche per indicare qualsiasi tipologia di gestione degli affari altrui su incarico dell’individuo rappresentato237, e, per effetto di tale concezione, parte della dottrina238 ritenne non solo che il diritto romano non fosse a conoscenza della negotiorum gestio quale gestione degli affari altrui assunta senza un precedente incarico, ma anche che la dizione negotium gerere si ricollegasse esclusivamente ad una gestione d’affari in cui vi fosse un procuratore.
231 Cfr. D. 3.5.42 (Lab. 6 post. epit. a Iav.) e D. 3.5.9.1 (Ulp. 10 ad ed.), nel quale Xxxxxxx opera un esplicito riferimento a Labeone.
232 Cfr. D. 3.5.27 (Iav. 8 ex Cass.).
233 Cfr. D. 5.1.74.2 (Iul. 5 dig.) e D. 3.5.29 (Iul. 3 dig.) in cui si richiama Xxxxxxx Xxxxxx.
234 Cfr. D. 17.1.50 (Cels. 38 dig.).
235 Cfr. D. 3.5.45 xx. (Xxx. 0 xxxxxx.), X. 0.0.00 (Xxx. 8 quaest.), D. 21.1.51.1 (Afr. 8
quaest.).
236 Cfr. D. 44.7.12 (Pomp. 29 ad Sab.) e D. 3.5.10 (Pomp. 21 ad Q. Muc.), all’interno del quale viene operato un chiaro riferimento a Xxxxxxx.
237 Cfr. a tal riguardo D. 3.5.3.9 (Ulp. 10 ad. ed.) e D. 3.5.5.6 (Ulp. 10 ad ed.).
238 Per un’efficace sintesi di tali autori, si rinvia fra tutti a X. XXXXX, Das römische Privatrecht, I, Das altrömische, das vorklassische und klassische Recht, cit., pp. 489 ss.
In tal senso depose il Frese239, il quale ritenne che, nel diritto classico, qualora un procurator si occupasse dell’amministrazione complessiva degli affari altrui, dovesse essere applicata l’actio negotiorum gestorum mentre, nel caso di un mandato per singoli affari, ci si sarebbe serviti unicamente dell’actio mandati.
Tuttavia, contro questa idea, che non vedrebbe nel diritto romano classico la possibilità di applicazione dell’actio negotiorum gestorum nel caso di una gestione d’affari intrapresa in assenza di un mandato, depongono diversi brani riconducibili al periodo in oggetto, di cui i più significativi sono i seguenti:
1) D. 3.5.42 (Lab. 6 post. epit. a Iav.): Cum pecuniam eius nomine xxxxxxxx, qui tibi nihil mandaverat, negotiorum gestorum actio tibi competit, cum ea solutione debitor a creditore liberatus sit: nisi si quid debitoris interfuit eam pecuniam non solvi.
Nel frammento emerge come, secondo Xxxxxxx, nel caso di colui il quale abbia pagato una somma di denaro, per conto di un individuo che non avesse previamente fornito alcun incarico, l’actio negotiorum gestorum si sarebbe riferita esclusivamente all’attività intrapresa nell’altrui interesse senza mandato, non avendo, il debitore, ordinato a soggetti terzi di pagare il proprio debito.
2) D. 5.1.74.2 (Iul. 5 dig.): Cum absentem defendere xxxxxx, iudicium mortuo iam eo accepi et condemnatus solvi: quaesitum est an heres liberaretur, item quae actio
239 Vedasi X. XXXXX, Prokuratur und negotiorum gestio im römischen Recht, in Mélanges de Droit Xxxxxx dédiés à Xxxxxxx Xxxxxx, X, Xxxxx 0000, pp. 348 ss.; ID., Defensio, solutio, expromissio des unberufenen Dritten, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx nel XL anno d’insegnamento, IV, Milano 1930, pp. 397 ss.; ID., Das Mandat in seiner Beziehung zur Prokuratur, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx nel XL anno del suo insegnamento, IV, Palermo 1936, pp. 419 ss.
mihi adversus eum competeret. respondi iudicium, quod iam mortuo debitore per defensorem eius accipitur, nullum esse et ideo heredem non liberari: defensorem autem, si ex causa iudicati solverit, repetere quidem non posse, negotiorum tamen gestorum ei actionem competere adversus heredem: qui sane exceptione doli mali tueri se possit, si ab actore conveniatur.
La situazione presa in esame da Xxxxxxxx è rappresentata da un’attività priva di mandato verso terzi, in cui non è rilevante240, se colui il quale abbia assunto nel processo la rappresentanza di un individuo assente avesse operato in presenza o in assenza del relativo incarico di mandato, poiché, al momento della morte del debitore assente, l’azione verso gli eredi del defunto sarebbe stata senza mandato.
Ne deriva pertanto che, l’actio negotiorum gestorum contro gli eredi del debitore, fosse quella legata alla conduzione degli affari altrui in assenza di un mandato, e che, sebbene sia stata recepita la soluzione per cui gli eredi non sarebbero esonerati dal debito generato dal pagamento effettuato dal rappresentante, l’attività di quest’ultimo sarebbe indubbiamente a favore degli stessi, visto e considerato che, qualora venisse intentata un’azione, costoro si sarebbero potuti opporre per il tramite di un’exceptio doli.
3) D. 3.5.45 pr. (Afr. 7 quaest.): Mandasti filio meo, ut tibi fundum emeret: quod cum cognovissem, ipse eum tibi emi. Puto referre, qua mente emerim: nam si propter ea, quae tibi necessaria esse scirem, et te eius voluntatis esse, ut emptum habere velles, agemus inter nos negotiorum gestorum, sicut ageremus, si aut nullum omnino mandatum intercessisset, aut Xxxxx mandasses et ego, quia per me commodius negotium
240 Cfr. in tal senso X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris.
Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 176.
possim conficere, emissem. Si vero propterea emerim, ne filius mandati iudicio teneatur, magis est, ut ex persona eius et ego tecum mandati agere possim et tu mecum actionem habeas de peculio, quia et si Xxxxxx id mandatum suscepisset et, ne eo nomine teneretur, ego emissem, agerem cum Xxxxx negotiorum gestorum, et ille tecum et tu cum illo mandati. Idem est, et si filio meo mandaveris, ut pro te fideiuberet, et ego pro te fideiusserim.
Nel passo Sesto Xxxxxxx Xxxxxxxx, assumendo la negotiorum gestio quale conduzione di affari altrui senza mandato, prima chiarisce come, ai fini dell’esperibilità della relativa actio, fosse necessario che, nell’acquisto di un fondo verso terzi, questo venga utilmente intrapreso in favore degli stessi e, a seguire, pone in luce che, mentre tra il figlio e il terzo che lo abbia incaricato di comprare il terreno avrà luogo l’actio mandati, per quanto concerne l’actio negotiorum gestorum, questa avrà ad oggetto il rapporto intercorrente tra il padre e il mandante del figlio, nel cui interesse venne effettuato l’acquisto di tale fondo241.
Dopodiché, della negotiorum gestio come conduzione di affari altrui in assenza di un mandato si occupò anche Xxxx, all’interno del terzo dei trenta libri di cui si compone il commento all’editto provinciale, e rinvenibile in D. 3.5.2 (Gai. 3 ad ed. prov.242), dove emerge che, qualora
241 Per un ulteriore approfondimento sul testo, vedasi H.H. XXXXXX, Der Tatbestand der
negotiorum gestio im römischen Recht, Köln-Graz 1968, pp. 32 ss.
242 D. 3.5.2 (Gai. 3 ad ed. prov.): Si quis absentis negotia gesserit licet ignorantis, tamen quidquid utiliter in rem eius impenderit vel etiam ipse se in rem absentis alicui obligaverit, habet eo nomine actionem: itaque eo casu ultro citroque nascitur actio, quae appellatur negotiorum gestorum. et sane sicut aequum est ipsum actus sui rationem reddere et eo nomine condemnari, quidquid vel non ut oportuit gessit vel ex his negotiis retinet: ita ex diverso iustum est, si utiliter gessit, praestari ei, quidquid eo nomine vel abest ei vel afuturum est. Le obiezioni mosse contro la veridicità del testo riguardano prevalentemente la frase “itaque eo casu ultro citroque nascitur actio, quae appellatur negotiorum gestorum” e si riallacciano essenzialmente alla natura dell’obbligazione sorta da negotiorum gestio. Sul punto vedasi, fra tutti, X. XXXXXXX, Studien zur negotiorum gestio, I, Heidelberg 1913, pp. 6 ss. In senso contrario depone V.
taluno abbia gestito gli affari di un individuo assente e, sebbene costui non ne fosse a conoscenza, avesse intrapreso utilmente (utiliter) delle spese o assunto delle obbligazioni per il patrimonio dell’assente, avrà diritto ad un’azione denominata negotiorum gestorum.
Ma non solo, poiché Xxxx ebbe modo di soffermarsi sulla negotiorum gestio pure nelle proprie Intistutiones243, in cui, il termine negotium unitamente al verbo gerere, assume il significato di qualsiasi gestione d’affari, sia propria che altrui, e ivi tratta anche dell’actio negotiorum gestorum, prima in Gai. 4.33244, relativamente all’impossibilità di applicare la fictio in caso di condictiones, e poi in Gai. 4.62245, dove, nell’elencazione dei iudicia bonae fidei, il fatto per cui l’actio negotiorum gestorum e l’actio mandati siano l’una di seguito all’altra, lascerebbe desumere che la negotiorum gestio non possa essere intesa quale conduzione di affari altrui su mandato della persona interessata246.
Inoltre, dell’esistenza di un obbligo che sorge da negotiorum gestio, in epoca repubblicana, vi è traccia sia in Cicerone (Cic., Top. 17.66 e Cic., Brut. 17-18247) che in un brano, contenente un parere di Servio, trasmessoci
ARANGIO-RUIZ, Ancora sulle res cottidianae. Studio di giurisprudenza postclassica, cit., pp. 507 ss., il quale, sebbene utilizzi il brano in oggetto per provare l’esistenza di una duplice versione delle Res cottidianae, di cui una trasmessaci in D. 44.7.5 pr. (Gai. 3 aur.) e l’altra contenuta all’interno delle Istituzioni giustinianee in I. 3.27.1, ritiene autentico il frammento in esame.
243 Cfr. in merito Gai. 3.136, Gai. 4.70 e Gai 4.72a.
244 Gai. 4.33: Nulla autem formula ad condictionis fictionem exprimitur. Sive enim pecuniam sive rem aliquam certam debitam nobis petamus, eam ipsam dari nobis oportere intendimus nec ullam adiungimus condictionis fictionem; itaque simul intellegimus eas formulas, quibus pecuniam aut rem aliquam nobis dari oportere intendimus, sua vi ac potestate valere. Eiusdem naturae sunt actiones commodati, fiduciae, negotiorum gestorum et aliae innumerabiles.
245 Gai. 4.62: Sunt autem bonae fidei iudicia haec: ex empto vendito, locato conducto, negotiorum gestorum, mandati, depositi, fiduciae, pro socio, tutelae, rei uxoriae.
246 Vedasi, a tal riguardo, X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris.
Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 178.
247 Cic., Top. 17.66: In omnibus igitur eis iudiciis, in quibus ex fide bona est additum, ubi vero etiam ut inter bonos bene agier oportet, in primisque in arbitrio rei uxoriae, in quo est quod eius
in D. 3.5.20 pr. (Xxxx. 9 ad ed.248), ma è soprattutto per il tramite di quanto viene riportato da Xxxxx nel trentaduesimo, dei settantotto libri di cui si compone il Commento ad Edictum, che risulta direttamente come, già nel diritto repubblicano, vi sia una differenziazione della gestione di affari altrui a seconda che si fosse in presenza o in assenza di un mandato249.
In D. 17.1.22.10 (Xxxx. 32 ad ed.), si legge per l’appunto che:
Si curator bonorum venditionem quidem fecerit, pecuniam autem creditoribus non solverit, Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxx responderunt his qui praesentes fuerunt competere adversus eum mandati actionem, his autem qui absentes fuerunt negotiorum gestorum actionem esse. Atquin si praesentium mandatum exsecutus id egit, negotiorum gestorum actio absentibus non est nisi forte adversus eos qui mandaverunt curatori, tamquam si
aequius xxxxxx, parati eis esse debent. Illi dolum malum, illi fidem bonam, illi aequum bonum, illi quid socium socio, quid eum qui negotia aliena curasset ei cuius ea negotia fuissent, quid eum qui mandasset, xxxxx cui mandatum esset, alterum alteri praestare oporteret, quid virum uxori, quid uxorem viro tradiderunt. Licebit igitur diligenter argumentorum cognitis locis non modo oratoribus et philosophis, sed iuris etiam peritis copiose de consultationibus suis disputare. Cic., Brut. 17-18: Tum ille: ego vero et exspectabo ea quae polliceris, nec exigam nisi tuo commodo et erunt mihi pergrata, si solveris. Mihi quoque, inquit Xxxxxx, [et] exspectanda sunt ea quae Attico polliceris, etsi fortasse ego a te huius voluntarius procurator petam, quod ipse, cui debes, incommodo exacturum negat. At vero, inquam, tibi ego, Brute, non solvam, nisi prius a te cavero amplius eo nomine neminem, cuius petitio sit, petiturum. Non mehercule, inquit, tibi repromittere istuc quidem ausim. nam hunc, qui negat, video flagitatorem non illum quidem tibi molestum, sed adsiduum tamen et acrem fore. Tum Pomponius: ego vero, inquit, Brutum nihil mentiri puto. videor enim iam te ausurus esse appellare, quoniam xxxxx intervallo modo primum animadverti paulo te hilariorem.
248 D. 3.5.20 pr. (Xxxx. 9 ad ed.): Nam et xxxxxxx respondit, ut est relatum apud alfenum libro trigensimo nono digestorum: cum a lusitanis tres capti essent et unus ea condicione missus, uti pecuniam pro tribus adferret, et nisi redisset, ut duo pro eo quoque pecuniam darent, isque reverti noluisset et ob hanc causam illi pro tertio quoque pecuniam solvissent: servius respondit aequum esse praetorem in eum reddere iudicium. Per un ulteriore approfondimento si rinvia a X. XXXXXXX, Studien zur negotiorum gestio, I, cit., pp. 41 ss.; X. XXXXXXXXX, Della gestione degli affari altrui secondo il diritto romano, civile e commerciale, Padova 1935, pp.15 ss.; X. XXXXXX, The Law of Obligations in the Later Roman Republic, Oxford 1965, p. 206; H.H. XXXXXX, Der Tatbestand der negotiorum gestio im römischen Recht, cit., pp. 80 ss.
249 Cfr. sul punto M.P. XXXXX XXXXXXX, Observaciones sobre D. 17.1.22.10 (Xxxx. l. 32 ad ed.), in RIDA, XLV (1998), pp. 355-386.
negotia absentium gesserint: quod si, cum soli creditores se esse existimarent, id mandaverint, in factum actio absentibus danda est in eos qui mandaverint.
Il passo è estremamente noto, allo stesso modo col quale lo sono le problematiche che ruotano intorno al medesimo250. Al suo interno, l’allievo di Xxxxxxxx Xxxxxxx, richiama l’opinione di due giuristi repubblicani, Xxxxxxxx e Xxxxxx, e di un giurista del primo periodo imperiale, Xxxxxxx, che distinsero due situazioni nelle quali si sarebbero potuti venire a trovare dei creditori insoddisfatti nei confronti di un curator bonorum il quale avesse già provveduto alla vendita del patrimonio del debitore insolvente e, per quel che ci interessa, dal testo emerge nitidamente che, qualora i creditori fossero stati presenti (praesentes), presumibilmente alla vendita stessa del patrimonio251, avrebbero avuto il diritto di applicare l’actio mandati contro il curatore mentre, qualora fossero stati assenti (absentes), avrebbero potuto esercitare un’actio negotiorum gestorum.
250 Il dibattito dottrinale risulta essenzialmente incentrato su due problemi. Il primo di essi, ha ad oggetto la determinazione dell’organo fallimentare cui il testo si riferisse originariamente, dove, secondo parte della dottrina, sarebbe da ritenersi interpolato il termine curator anziché magister bonorum, mentre, tra gli autori che sostengono la genuinità dello stesso, alcuni ritengono che il testo si riferisse unicamente al curator bonorum in relazione alla vendita urgente di cose che potessero deteriorarsi o andare perdute, e altri, invece, sostengono che venisse operato un semplice riferimento al curator bonis distrahendis. Dopodiché, per quanto concerne il secondo dei problemi su cui si è soffermata la dottrina, esso verte sulle decisioni assunte nel testo in relazione alla negotiorum gestio, ovvero se le stesse siano conformi al diritto classico o se, al contrario, fossero state fortemente interpolate dai compilatori giustinianei. Per un’efficace sintesi sul brano, che si assume quale genuino, vedasi, fra tutti, quanto efficacemente riportato da M.P. XXXXX XXXXXXX, Observaciones sobre D. 17.1.22.10 (Xxxx. l. 32 ad ed.), cit., pp. 356 ss.
251 Cfr. in tal senso X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 181 secondo cui la probabile presenza alla vendita del patrimonio doveva essere considerata quale forma di conferimento del mandato per la vendita effettuata nell’interesse dei creditori.
Da quanto emerso, appare quindi chiaro che, la responsabilità per la gestione d’affari altrui senza mandato, fosse già ampiamente matura nel periodo repubblicano e, relativamente alla questione secondo cui sia possibile parlare di un’obbligazione sorta da negotiorum gestio, è utile, in tal senso, analizzare il carattere della formula processuale impiegata per la negotiorum gestio.
Per effetto di quella che è la ricostruzione delle formule operata da Xxxx Xxxxx000, si evince quanto segue:
1) Quod Ns (As) negotia Ai (Ni) gessit q.d.r.a., quidquid ob eam rem Nm Ao dare facere praestare (?) oportet ex fide bona, eius, iudex, Nm Ao c.s.n.p.a.
2) Quod Ns (As As) negotia quae Titii, cum is moreretur, fuerunt, gessit, q.d.r.a., quidquid ob eam rem Nm Ao rel.
Partendo dalla prima, questa potrebbe essere applicata sia nel caso di un’azione in presenza di un mandato che in assenza dello stesso e, sebbene il tenore della formula si riferisse soltanto ad azioni denominate negotia gerere, nella relativa intentio non si parla dei presupposti dell’azione del negotiorum gestor253.
La mancata indicazione dei presupposti, per effetto dei quali avrebbe potuto agire il negotiorum gestor, appare in maniera più esplicita nella seconda delle formule riportate dove, trattando della gestione degli affari
252 Xxxxxx X. XXXXX, Essai de reconstitution de l’Édit Perpétuel, I, trad. franc. X. Xxxxxxx (a cura di), Xxxxx 0000, p. 121. Nella terza edizione tedesca di X. XXXXX, Das Edictum perpetuum. Ein Versuch zu dessen Wiederherstellung, cit., p. 105, va detto che l’autore omette il termine praestare, lasciando comunque aperta, nella nota 6, la possibilità di una siffatta ricostruzione.
253 Si veda in merito X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris.
Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 182.
di un defunto, è evidente come il fondamento in base a cui sarebbe sorta la responsabilità fosse quello di occuparsi degli affari relativi alla persona defunta254.
L’indicazione di tali presupposti avviene invece nella formula derivante dal mandato che, sempre sulla base del lavoro condotto dal Lenel255, appare nel modo seguente:
Quod As As No No (contraria: Ns Ns Ao Ao) mandavit, ut…, quidquid ob eam rem Nm Nm Ao Ao (alterum alteri) dare facere praestare oportet ex fide bona, eius iudex Nm Nm Ao Ao (alterum alteri) c.s.n.p.a.
La ricostruzione effettuata dal Lenel, occorre dire che si basava su
D. 44.5.1.4 (Ulp. 76 ad ed.256) e D. 44.7.5 pr. (Gai. 3 aur.). Sulla base del raffronto tra tali formule, si evince in esse la presenza delle parole dare facere praestare (?) oportere, che dimostrerebbe come, l’actio dovuta a negotiorum gestio, venisse fatta rientrare nelle azioni civili in personam.
In tal senso, una prova ulteriore257 del fatto per cui l’actio che sorge da negotiorum gestio fosse un’azione civile in personam è fornita anche da Gai. 4.33, in cui, come si è visto, trattando delle azioni nelle quali si riscontrano
254 Cfr. a tal riguardo D. 11.7.1 (Ulp. 10 ad ed.): Qui propter funus aliquid impendit, cum defuncto contrahere creditur, non cum herede; e D. 15.3.7.3 (Ulp. 29 ad ed.): Illud plane verum est, quod Labeo scribit, si odores et unguenta servus emerit et ad funus erogaverit quod ad dominum suum pertinebat, videri in rem domini versum.
255 X. XXXXX, Das Edictum perpetuum. Ein Versuch zu dessen Wiederherstellung, cit., pp. 295-296.
256 D. 44.5.1.4 (Ulp. 76 ad ed.): Si manumisero eum servum, qui negotia mea gesserat in servitute, deinde stipulatus ab eo fuero, quod negotia mea gesserit, quidquid ob eam rem, si tunc liber fuisset, eum mihi dare oporteret, id dari, deinde ex stipulatu agam, non summoveri me exceptione: neque enim oneratum se hoc nomine potest queri libertus, si lucrum abruptum ex re patroni non faciat.
257 Cfr. in merito X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 183.
le formule pecunia aut rem aliquam nobis dare oportere intendimus, viene elencata l’actio negotiorum gestorum.
Infine, della derivazione di azioni civili dalla negotiorum gestio sì occupò pure Xxxxx in D. 13.6.17.3 (Xxxx. 29 ad ed.258) e, per quanto concerne il sorgere di un’obligatio dalla medesima, vi sono testimonianze non solo in D. 10.3.14.1 (Xxxx. 3 ad Plaut.259), ma pure nei Topica di Xxxxxxxx (Cic., Top. 17.66260), che consentono dunque di affermare come,
258 D. 13.6.17.3 (Xxxx. 29 ad ed.): Sicut autem voluntatis et officii magis quam necessitatis est commodare, ita modum commodati finemque praescribere eius est qui beneficium tribuit. cum autem id fecit, id est postquam commodavit, tunc finem praescribere et retro agere atque intempestive usum commodatae rei auferre non officium tantum impedit, sed et suscepta obligatio inter dandum accipiendumque. geritur enim negotium invicem et ideo invicem propositae sunt actiones, ut appareat, quod principio beneficii ac nudae voluntatis fuerat, converti in mutuas praestationes actionesque civiles. ut accidit in eo, qui absentis negotia gerere inchoavit: neque enim impune peritura deseret: suscepisset enim fortassis alius, si is non coepisset: voluntatis est enim suscipere mandatum, necessitatis consummare. igitur si pugillares mihi commodasti, ut debitor mihi caveret, non recte facies importune repetendo: nam si negasses, vel emissem vel testes adhibuissem. idemque est, si ad fulciendam insulam tigna commodasti, deinde protraxisti aut etiam sciens vitiosa commodaveris: adiuvari quippe nos, non decipi beneficio oportet. ex quibus causis etiam contrarium iudicium utile esse dicendum est.
259 D. 10.3.14.1 (Xxxx. 3 ad Plaut.): Impendia autem, quae dum proprium meum fundum existimo feci, quae scilicet, si vindicaretur fundi pars, per exceptionem doli retinere possem, an etiam, si communi dividundo iudicio mecum agetur, aequitate ipsius iudicii retinere possim, considerandum est. quod quidem magis puto, quia bonae fidei iudicium est communi dividundo: sed hoc ita, si mecum agatur. ceterum si alienavero partem meam, non erit unde retinere possim. sed is, qui a me emerit, an retinere possit, videndum est: nam et si vindicaretur ab eo pars, impendiorum nomine, quae ego fecissem, ita ut ego poterat retentionem facere: et verius est, ut et in hac specie expensae retineantur. quae cum ita sint, rectissime dicitur etiam impendiorum nomine utile iudicium dari debere mihi in socium etiam manente rei communione. diversum est enim, cum quasi in rem meam impendo, quae sit aliena aut communis: hoc enim casu, ubi quasi in rem meam impendo, tantum retentionem habeo, quia neminem mihi obligare volui. at cum puto rem titii esse, quae sit maevii, aut esse mihi communem cum alio quam est, id ago, ut alium mihi obligem, et sicut negotiorum gestorum actio datur adversus eum cuius negotia curavi, cum putarem alterius ea esse, ita et in proposito. igitur et si abalienavero praedium, quia in ea causa fuit, ut mihi actio dari deberet, danda mihi erit, ut xxxxxxxx quoque scribit, negotiorum gestorum actio.
260 Vedasi supra nt. 247 e X. XXXXXX, The Law of Obligations in the Later Roman Republic, cit., pp. 200-201, secondo cui il voluntarius procurator cui fa riferimento Xxxxxxxx significherebbe negotiorum gestor.
nel periodo classico, la negotiorum gestio venisse tutelata da un’azione civile
in personam e fosse anche trattata quale fonte di obligatio261.
4. Obligatio ex tutela
Nell’elencazione delle obligationes ex variis causarum figuris offerta da Xxxx, di seguito a quella scaturente dalla negotiorum gestio, ritroviamo quella nascente dalla tutela.
Come è stato rilevato in dottrina262, si tratta di una scelta ponderata263, infatti in entrambe le ipotesi, l’obligatio sorge dalla sola gestio, nel primo caso di colui che tratta gli affari senza mandato, nel secondo caso del tutore, quando il pupillo non partecipi alla costituzione del rapporto obbligatorio264.
261 Cfr. X. XXXXXXX, Das Edikt de negotiis gestis in der Geschichte der Geschäftsbesorgung, in Festschrift Xxxx Xxxxxxxxx, II, Weimar 1939, pp. 201 ss.; ID., Das Edikt de negotiis gestis in der klassischen Praxis, in ZSS, LIX (1939), pp. 390 ss. e X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., pp. 174 ss.
262 Vedasi in merito X. XXXXXXX, Studien zur negotiorum gestio, I, cit., p. 29 secondo cui:
«Tutel, Mandat und negotiorum gestio stehen hier in einem unverkennbaren dogmatischen Zusammenhange, der ihre ältesten nachweisbaren Erscheinung formen im Edikte verbindet»; X. XXXXXX, Classical Roman Law, cit., p. 179 il quale, con riferimento all’actio tutelae, afferma: «The action was conditioned by gestio tutoris and for that reason came near to the actio negotiorum gestorum»; X. XXXXX, Das römische Privatrecht, I, Das altrömische, das vorklassische und klassische Recht, cit., pp. 309-310.
263 Cfr. D. 27.3.3 (Pomp. 5 ad Sab.): Si tutelae aut negotiorum gestorum agatur incerto hoc, quantum ab adversariis debetur tutori procuratorive, arbitratu iudicis cavendum est, quod eo nomine eis absit.
264 Questo si riferirà principalmente alla tutela impuberum. La tutela mulierum era per l’appunto un’istituzione che stavo scomparendo nel diritto classico. Cfr. Gai. 1.150 ss. e vedasi, specialmente, quanto riferito da X. XXXXXX, Classical Roman Law, cit., pp. 180- 181 e X. XXXXX, Das römische Privatrecht, I, Das altrömische, das vorklassische und klassische Recht, cit., pp. 313 ss.
Sotto questo profilo, risulta particolarmente interessante quanto riferito da Gaio in D. 27.3.14 (Gai 12 ad ed. prov.265), nel quale si afferma come sussista la possibilità di applicare, tanto l’actio tutelae quanto l’actio negotiorum gestorum, contro il tutore che abbia continuato ad amministrare il patrimonio nonostante la tutela fosse già conclusa.
L’actio tutelae, infatti, allo stesso modo dell’actio negotiorum gestorum, era un’azione civile in personam con clausola di buona fede, la sua nascita risale agli ultimi due secoli della repubblica266 e, per quanto concerne la relativa formula, secondo la ricostruzione effettuata dal Lenel267, si evince quanto segue:
Quod Ns Ns Ai Ai (contraria: As As Ni Ni) tutelam gessit, quidquid ob eam rem Nm Nm Ao Ao dare facere oportet ex fide bona, eius iudex Nm Nm Ao Ao c.s.n.p.a.
L’inserimento delle parole dare facere oportet ex fide bona si basa su Xxxxxxxx (Cic., De off. 3.17.70268) e Gai. 4.62269. Sul punto, ebbe modo di
265 D. 27.3.14 (Gai 12 ad ed. prov.): Si post pubertatem tempore aliquo licet brevissimo intermiserit administrationem tutor, deinde coeperit gerere, sine ulla dubitatione tam tutelae quam negotiorum gestorum iudicio cum eo agendum est.
266 Cfr. a tal riguardo X. XXXXXX, Classical Roman Law, cit., p. 178-179 e X. XXXXX, Das römische Privatrecht, I, Das altrömische, das vorklassische und klassische Recht, cit., p. 309.
267 Vedasi X. XXXXX, Das Edictum perpetuum. Ein Versuch zu dessen Wiederherstellung, cit., p. 318 con richiamo a A.F. RUDORFF, De iuris dictione edictum. Edicti perpetui quae reliqua sunt, Lipsiae 1869, § 130, p. 132.
268 Cic., De off. 3.17.70: Nam quanti verba illa: UTI NE PROPTER TE FIDEMVE TUAM CAPTUS FRAUDATUSVE SIM! Quam illa aurea: UT INTER BONOS BENE AGIER OPORTET ET SINE FRAUDATIONE! Sed, qui sint “boni” et quid sit “bene agi”, magna quaestio est. Q. quidem Xxxxxxxx, pontifex maximus, summam vim esse dicebat in omnibus iis arbitriis, in quibus adderetur EX FIDE BONA, fideique bonae nomen existimabat manare latissime, idque versari in tutelis, societatibus, fiduciis, mandatis, rebus emptis, venditis, conductis, locatis, quibus vitae societas contineretur; in iis magni esse iudicis statuere, praesertim cum in plerisque essent iudicia contraria, quid quemque cuique praestare oporteret.
269 Vedasi supra nt. 245.
esprimersi pure il Kaser270, che mise chiaramente in luce come non sussistano elementi per revocare in dubbio la validità di una siffatta ricostruzione.
Infine, un’ulteriore riprova dell’esistenza dell’obligatio in caso di tutela è fornita anche da Xxxxxxx in D. 46.2.9 pr. (Ulp. 47 ad Sab.271), dove la possibilità di una novazione dell’obbligo, derivante dall’attività del tutore, testimonia come tale attività venisse considerata alla stregua di fonte dell’obbligazione.
5. Legatum
La terza, delle obbligazioni, riportata da Gaio in D. 44.7.5.2 (Gai 3 aur.), fra le obligationes ex variis causarum figuris, è quella dell’erede nei confronti del legatario.
Tra le quattro forme di legato note al diritto classico272, quelle che danno origine ad obbligazioni sono il legatum per damnationem ed il legatum sinendi modo273.
270 X. XXXXX, Das römische Privatrecht, I, Das altrömische, das vorklassische und klassische Recht, cit., p. 310.
271 D. 46.2.9 pr. (Ulp. 47 ad Sab.): Si pupillus sine tutoris auctoritate rem salvam fore stipulatus pubes factus ratam stipulationem habuerit novandi causa, tollitur tutelae actio. si non habuerit ratum, licet tutelae egisset, habet tamen adhuc ex stipulatu actionem: sed iudex tutelae non aliter condemnare debet, quam si ex stipulatione liberatio fieret. Per un ulteriore approfondimento sul brano si rinvia a X. XXXX, Die Konkurrenz der Aktionen und Personen im klassischen römischen Recht, II.1, Berlin 1922, pp. 130 ss.
272 Vedasi a tal riguardo X. XXXXX, Das römische Privatrecht, I, Das altrömische, das vorklassische und klassische Recht, cit., pp. 97 ss.
273 Si veda in merito X. XXXXXXX, Contributi allo studio del legato «sinendi modo», cit., pp. 47 ss.; M.J. XXXXXX-XXXXXXX, La concezione classica del legato sinendi modo e la sua probabile struttura originaria, cit., pp. 249 ss.
L’istituzione del legato risale alle XII tavole274 e, come si evince dalla terminologia stessa che lo contraddistingue, legatum per damnationem, è possibile affermare275 che la sua applicazione fosse conosciuta dai tempi del processo per legis actiones, in cui la difesa di tali diritti veniva fatta valere per il tramite della legis actio per manus iniectionem.
Per quanto concerne il legatum sinendi modo, invece, sussistono dei dubbi circa il periodo nel quale lo stesso ebbe origine276: alcuni studiosi277 sono infatti del parere che questa forma di legato fosse la più antica; altri278, la considerano successiva al legatum per vindicationem e a quello per damnationem; altri xxxxxx000, infine, ritengono che il legato sinendi modo fosse una tipologia sorta dopo il legatum per vindicationem, ma anteriore a quello per damnationem.
Il problema relativo a quale, tra le singole forme di legato, fosse sorto in precedenza non assume tuttavia importanza, poiché ciò che rileva è dato dal fatto per cui nel diritto classico l’istituzione del legato era
274 Cfr. a tal proposito Cic., De inv. 2.50.148; Auct. ad Herenn. 1.13.23; Gai. 2.224; D.
50.16.120 (Pomp. 5 ad Q. Muc.); I. 2.22 pr.
275 Vedasi sul punto X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 189. 276 Per una trattazione dettagliata sulle varie teorie relative all’origine del legato sinendi modo si rinvia, fra tutti, a X. XXXXXXX, Contributi allo studio del legato «sinendi modo», cit., pp. 25 ss.
277 È questa l’idea espressa da N.D. BAMMATE, Origine et nature du legs sinendi modo, Xxxxx 0000, pp. 189 ss.; ID., Le titre pro legato, in RIDA, I (1948), pp. 33 ss.
278 Vedasi in merito X. XXXXX, Das legatum sinendi modo in der Geschichte des römischen Vermächtnisrechts, in ZSS, LXVII (1950), pp. 320 ss.; X. XXXXXX, I legati nel diritto romano. Parte generale, Torino 1962, pp. 21 ss.; X. XXXXXX, Origine e natura del legato sinendi modo, in Scritti Giuridici, III, Milano 1965, pp. 613 ss.
279 Si veda, a tal riguardo, quanto riferito da X. XXXXXXX, Manuale di pandette, Milano 1953, pp. 640 ss. e X. XXXXXXX, Contributi allo studio del legato «sinendi modo», cit., pp. 48 ss.
talmente sviluppata da consentire di far risalire il periodo relativo alla sua formazione fino all’epoca repubblicana280.
La presenza di un’obligatio derivante da legato è infatti accertata sia da giuristi antecedenti che contemporanei a Xxxx. Xxxxxxxx, in D. 30.82 pr. (Iul. 33 dig.281), definisce il dovere derivante dall’istituzione del legato quale obligatio. Allo stesso modo, anche Xxxxxxxx, in D. 30.55 (Pomp. 9 ad Sab.282), impiega il termine obligatio per indicare il dovere dell’erede nei confronti del legatario.
Dopodiché, a riprova del fatto per cui il legatum per damnationem fosse considerato quale fonte di obligatio, la cui prestazione sarebbe consistita in un dare, è offerta pure dal giurista repubblicano Xxxxxx Xxxx, che in D.
30.106 (Alf. 2 dig. a Xxxx. epit.) riferisce quanto segue:
Si in testamento scriptum esset: “heres meus aureos centum Licinio damnas esto” neque adscripsisset “dare”, deberi legatum constat.
Svariati testi ci consentono poi di conoscere il contenuto essenziale della formula dell’actio ex testamento, la quale permetteva di soddisfare le
280 Cfr. in merito Gai. 2.201-215, ma anche Cic., De inv. 2.40.116.
281 D. 30.82 pr. (Iul. 33 dig.): Non quocumque modo si legatarii res facta fuerit die cedente, obligatio legati exstinguitur, sed ita, si eo modo fuerit eius, quo avelli non possit. ponamus rem, quae mihi pure legata sit, accipere me per traditionem die legati cedente ab eo herede, a quo eadem sub condicione alii legata fuerit: nempe agam ex testamento, quia is status est eius, ut existente condicione discessurum sit a me dominium. nam et si ex stipulatione mihi stichus debeatur et is, cum sub condicione alii legatus esset, factus fuerit meus ex causa lucrativa, nihilo minus exsistente condicione ex stipulatu agere potero.
282 D. 30.55 (Pomp. 9 ad Sab.): Nemo potest in testamento suo cavere, ne leges in suo testamento locum habeant, quia nec tempore aut loco aut condicione finiri obligatio heredis legatorum nomine potest.
pretese del legatario sia in caso di legatum per damnationem, che in caso di
legatum sinendi modo283.
A tal riguardo, dai frammenti284 delle Institutiones di Xxxx, si evince come il giurista trattasse l’azione per il perseguimento dei legati per damnationem e sinendi modo, quale azione civile in personam, le cui caratteristiche erano analoghe285 a quelle derivanti da un’obligatio.
Inoltre, come è stato più volte posto in luce in dottrina286, l’obbligazione da legato è, nelle sue conseguenze, simile a quella sorta da stipulazione.
283 Vedasi a tal riguardo X. XXXXX, Das Edictum perpetuum. Ein Versuch zu dessen Wiederherstellung, cit., pp. 367-368 e X. XXXXXXX, Contributi allo studio del legato «sinendi modo», cit., pp. 73 ss.
284 Si veda, per quanto concerne il legatum per damnationem, Gai. 2.204: Quod autem ita legatum est, post aditam hereditatem, etiamsi pure legatum est, non, ut per vindicationem legatum, continuo legatario adquiritur, sed nihilo minus heredis est: et ideo legatarius in personam agere debet, id est intendere heredem sibi dare oportere, et tum heres rem, si mancipi sit, mancipio dare aut in iure cedere possessionemque tradere debet; si nec mancipi sit, sufficit, si tradiderit. nam si mancipi rem tantum tradiderit nec mancipaverit, usucapione demum pleno iure fit legatarii. completur autem usucapio, sicut alio quoque loco diximus, mobilium quidem rerum anno, earum vero, quae solo teneantur, biennio. Mentre, circa il legatum sinendi modo, quanto riferito in Gai. 2.213: Sicut autem per damnationem legata res non statim post aditam hereditatem legatarii efficitur, sed manet heredis eo usque, donec is tradendo vel mancipando vel in iure cedendo legatarii eam fecerit, ita et in sinendi modo legato iuris est; et ideo huius quoque legati nomine in personam actio est QUIDQUID HEREDEM EX TESTAMENTO DARE FACERE OPORTET.
285 Cfr. in tal senso D. 30.82.1 (Iul. 33 dig.): Si ex bonis eius, qui rei publicae causa aberat, rem usu adquisierim et ea antequam evinceretur mihi legata sit, deinde postea evincatur, recte ex testamento petam eam mihi dari oportere; D. 30.28 pr. (Ulp. 19 ad Sab.), in cui Ulpiano opera un richiamo ad Xxxxxxxx: Si creditori meo, tutus adversus eum exceptione, id quod ei debeo legem, utile legatum est, quia remissa exceptio videtur, sicut Xxxxxx ait id quod honoraria actione mihi debetur si legetur mihi, legatum valere, quia civilis mihi datur actio pro honoraria; e D.30.73 pr. (Gai. 3 de legatis ad ed. praet.): Si heres iussus sit facere, ut xxxxxx xxxxxx habeat, cogendus est heres centum dare, quia nemo facere potest, ut ego habeam centum, nisi mihi dederit.
286 Cfr. in merito X. XXXXXXX, Stipulation und Legat, in ZSS, XXXII (1911), pp. 1 ss.; X. XXXXX, Das römische Privatrecht, I, Das altrömische, das vorklassische und klassische Recht, cit., pp. 620 ss.; X. XXXXXX, I legati nel diritto romano. Parte generale, cit., pp. 391 ss.
Alla testimonianza trasmessaci da Gaio nelle Res Cottidianae, rinvenibile in D. 44.7.5.2 (Gai. 3 aur.), e nella quale l’obbligazione dell’erede verso il legatario non sarebbe derivata né da contratto né da delitto, i fautori della teoria dell’origine postclassica dei Libri rerum cottidianarum sive aureorum e della tripartizione in esso contenuta, sono soliti contrapporre un frammento di Xxxxxxx, conservato in D. 50.17.19 pr. (Ulp. 24 ad Sab.):
Qui cum alio contrahit, vel est vel debet esse non ignarus condicionis eius: heredi autem hoc imputari non potest, cum non sponte cum legatariis contrahit.
In particolare, l’Albertario287, ha utilizzato il brano in esame per tentare di dimostrare che, nel diritto classico, il legato venisse trattato come contractus, non avendo quest’ultimo, in quel determinato periodo, l’accordo fra i contraenti per elemento essenziale. Ma, sebbene ad una prima lettura il testo di Xxxxxxx lascerebbe desumere ciò, in realtà questo non è così esplicito288.
Ulpiano, in D. 50.17.19 pr. (Ulp. 24 ad Sab.), presenta per l’appunto due situazioni. La prima, riguardante un’obbligazione da contratto, la seconda, invece, una derivante da legato.
Sicché, mentre un individuo che abbia contratto un’obbligazione con un altro soggetto dovrebbe essere a conoscenza, in base al contratto, del contenuto dello stesso (qui cum alio contrahit, vel est vel debet esse non ignarus condicionis eius), il debitore a titolo di legato, e quindi l’erede, non ha un tale
287 Vedasi a tal riguardo X. XXXXXXXXXX, Ancora sulle fonti dell’obbligazione romana, cit., pp. 97 ss.
288 Ebbero già modo di esprimere dei dubbi, a tal riguardo, anche X. XXXXXX, I legati nel diritto romano. Parte generale, cit., p. 392 e S.E. WUNNER, Contractus. Sein Wortgebrauch und Willensgehalt im klassischen römischen Recht, Köln-Graz 1964, pp. 87 ss.
dovere poiché non ha contratto delle obbligazioni di sua volontà (heredi autem hoc imputari non potest, cum non sponte cum legatariis contrahit).
In questo frangente, infatti, il termine “contrahere”, figura qui289 nel significato di contrarre un’obbligazione, e non nel senso tecnico di contratto290.
Risulta quindi evidente come D. 50.17.19 pr. (Ulp. 24 ad Sab.) non si ponga in antitesi con D. 44.7.5.2 (Gai. 3 aur.). Ulpiano impiega il termine “contrahere”, in riferimento al legato, nel senso di contrarre un’obbligazione, mentre Xxxx utilizza la parola “contractus” nel suo significato tecnico, riallacciandosi in tal modo allo schema esposto nelle Res cottidianae, circa la distinctio delle fontes obligationum.
6. Indebiti solutio
Un altro genere di obbligazione che viene ricompresa da Gaio all’interno delle obligationes ex variis causarum figuris, in D. 44.7.5.3 (Gai. 3 aur.), è quella che sorge da solutio indebiti.
Per quanto riguarda la natura dell’obligatio nel caso dell’indebiti solutio non possono esservi dubbi, infatti, la circostanza che Gaio, all’interno delle proprie Institutiones, ne abbia trattato, rappresenta una prova significativa che ci consente di affermare come, nel periodo in cui visse tale giurista, il compimento di una prestazione indebita avesse effetti giuridici caratteristici di una obligatio.
289 Vedasi in merito X. XXXXXXXXXXXX, Obligationes ex variis causarum figuris. Ricerche sulla classificazione delle fonti delle obbligazioni nel diritto romano classico, cit., p. 193. 290 Per un confronto sull’uso e sui significati di contrahere e contractus, si veda fra tutti X. XXXXXX, Il sistema romano dei contratti, cit., pp. 29 ss.
In Gai. 3.91 riferisce espressamente di haec species obligationis, altresì, la formula adottata per richiedere la restituzione di una prestazione indebita è identica a quella impiegata in caso di mutuo e la presenza in essa delle parole “si paret eum dare oportere” rivela come la prestazione indebita desse origine ad un’obligatio di ius civile291.
Nel titolo del Digesto De condictione indebiti (D. 12.6), infine, è anche possibile rinvenire frammenti di giuristi vissuti sia prima, che contemporanei allo stesso Xxxx, i quali considerano il caso in cui si possa pretendere la restituzione di una prestazione indebita e, fra di essi, meritano di essere ricordati i seguenti: D. 12.6.6 pr.-1 (Xxxx. 3 ad Sab.292); D. 12.6.6.3 (Xxxx. 3 ad Sab.293); D. 12.6.7 (Pomp. 9 ad Sab.294); D. 12.6.16 pr. (Pomp. 15 ad Sab.295); D. 12.6.23 pr. (Ulp. 43 ad Sab.296); D. 12.6.32 pr.
291 Cfr. in merito X. XXXXXX, The Law of Obligations in the Later Roman Republic, cit., pp. 15 ss.
292 D. 12.6.6 pr.-1 (Xxxx. 3 ad Sab.): Si procurator tuus indebitum solverit et tu ratum non habeas, posse repeti Labeo libris posteriorum scripsit: quod si debitum fuisset, non posse repeti celsus: ideo, quoniam, cum quis procuratorem rerum suarum constituit, id quoque mandare videtur, ut solvat creditori, neque postea exspectandum sit, ut ratum habeat. Idem Labeo ait, si procuratori indebitum solutum sit et dominus ratum non habeat, posse repeti.
293 D. 12.6.6.3 (Xxxx. 3 ad Sab.): Xxxxxxxx ait neque tutorem neque procuratorem solventes repetere posse neque interesse, suam pecuniam an pupilli vel domini solvant.
294 D. 12.6.7 (Pomp. 9 ad Sab.): Quod indebitum per errorem solvitur, aut ipsum aut tantundem repetitur.
295 D. 12.6.16 pr. (Pomp. 15 ad Sab.): Sub condicione debitum per errorem solutum pendente quidem condicione repetitur, condicione autem existente repeti non potest.
296 D. 12.6.23 pr. (Ulp. 43 ad Sab.): Eleganter Pomponius quaerit, si quis suspicetur transactionem factam vel ab eo cui heres est vel ab eo cui procurator est et quasi ex transactione dederit, quae facta non est, an locus sit repetitioni. Et ait repeti posse: ex falsa enim causa datum est. Idem puto dicendum et si transactio secuta non fuerit, propter quam datum est: sed et si resoluta sit transactio, idem erit dicendum.
(Iul. 10 dig.297); D. 12.6.33 (Iul. 39 dig.298); D. 12.6.37 (Iul. 3 ad Urs. Fer.299);
D. 12.6.44 (Xxxx. 14 ad Plaut.300); D. 12.6.45 (Iav. 2 ex Plaut.301); D. 12.6.50 (Pomp. 5 ad Q. Muc.302); D. 12.6.51 (Pomp. 6 ad Q. Muc.303) e D. 12.6.53
(Proc. 7 epist.304).
Da quanto emerso finora, quindi, nel diritto classico in caso di negotiorum gestio, tutela, indebiti solutio, legatum per damnationem e sinendi modo sorgeva un’obligatio la cui esistenza era testimoniata dall’intentio delle formule delle relative azioni che, in tutti i casi esaminati, era quella di
297 D.12.6.32 pr. (Iul. 10 dig.): Cum is qui pamphilum aut stichum debet simul utrumque solverit, si, posteaquam utrumque solverit, aut uterque aut alter ex his desiit in rerum natura esse, nihil repetet: id enim remanebit in soluto quod superest.
298 D. 12.6.33 (Iul. 39 dig.): Si in area tua aedificassem et tu aedes possideres, condictio locum non habebit, quia nullum negotium inter nos contraheretur: nam is, qui non debitam pecuniam solverit, hoc ipso aliquid negotii gerit: cum autem aedificium in area sua ab alio positum dominus occupat, nullum negotium contrahit. Sed et si is, qui in aliena area aedificasset, ipse possessionem tradidisset, condictionem non habebit, quia nihil accipientis faceret, sed suam rem dominus habere incipiat. Et ideo constat, si quis, cum existimaret se heredem esse, insulam hereditariam fulsisset, nullo alio modo quam per retentionem impensas servare posse.
299 D. 12.6.37 (Iul. 3 ad Urs. Fer.): Servum meum insciens a te emi pecuniamque tibi solvi: eam me a te repetiturum et eo nomine condictionem mihi esse omnimodo puto, sive scisses meum esse sive ignorasses.
300 D. 12.6.44 (Xxxx. 14 ad Plaut.): Repetitio nulla est ab eo qui suum recepit, tametsi ab alio quam vero debitore solutum est.
301 D. 12.6.45 (Iav. 2 ex Plaut.): Xx is, qui hereditatem vendidit et emptori tradidit, id, quod sibi mortuus debuerat, non retinuit, repetere poterit, quia plus debito solutum per condictionem recte recipietur.
302 D. 12.6.50 (Pomp. 5 ad Q. Muc.): Quod quis sciens indebitum dedit hac mente, ut postea repeteret, repetere non potest.
303 D. 12.6.51 (Pomp. 6 ad Q. Muc.): Ex quibus causis retentionem quidem habemus, petitionem autem non habemus, ea si solverimus, repetere non possumus.
304 D. 12.6.53 (Proc. 7 epist.): Dominus testamento servo suo libertatem dedit, si decem det: servo ignorante id testamentum non valere data sunt mihi decem: quaeritur, quis repetere potest. Xxxxxxxx respondit: si ipse servus peculiares nummos dedit, cum ei a domino id permissum non esset, manent nummi domini eosque non per condictionem, sed in rem actione xxxxxx xxxxx. Si autem alius rogatu servi suos nummos dedit, facti sunt mei eosque dominus servi, cuius nomine dati sunt, per condictionem petere potest: sed tam benignius quam utilius est recta via ipsum qui nummos dedit suum recipere.
un’azione civile in personam305 e rappresentava anche quel filo conduttore capace di assimilare fra loro tutte le fattispecie in esame.
7. Risultanze parziali
Nella disamina gaiana delle obligationes ex variis causarum figuris, i casi precedentemente analizzati (D. 44.7.5 pr.-3306) non sono propriamente contratti, ma in essi i soggetti sono tenuti come se lo fossero.
305 Per quanto concerne sia l’actio negotiorum gestorum che l’actio tutelae, nella relativa intentio erano presenti le parole ex fide bona. In particolare, i iudicia bonae fidei derivanti dall’editto del pretore vennero assimilati, nel periodo della procedura per formulas, dal ius civile. Secondo X. XXXXX, Oportere und ius civile, cit., pp. 46 ss., l’espressione “oportere ex fide bona” era connessa con il ius civile.
306 D. 44.7.5 pr. (Gai. 3 aur.): Si quis absentis negotia gesserit, si quidem ex mandatu, palam est ex contractu nasci inter eos actiones mandati, quibus invicem experiri possunt de eo, quod alterum alteri ex bona fide praestare oportet: si vero sine mandatu, placuit quidem sane eos invicem obligari eoque nomine proditae sunt actiones, quas appellamus negotiorum gestorum, quibus aeque invicem experiri possunt de eo, quod ex bona fide alterum alteri praestare oportet. sed neque ex contractu neque ex maleficio actiones nascuntur: neque enim is qui gessit cum absente creditur ante contraxisse, neque ullum maleficium est sine mandatu suscipere negotiorum administrationem: longe magis is, cuius negotia gesta sunt, ignorans aut contraxisse aut deliquisse intellegi potest: sed utilitatis causa receptum est invicem eos obligari. ideo autem id ita receptum est, quia plerumque homines eo animo peregre proficiscuntur quasi statim redituri nec ob id ulli curam negotiorum suorum mandant, deinde novis causis intervenientibus ex necessitate diutius absunt: quorum negotia disperire iniquum erat, quae sane disperirent, si vel is, qui obtulisset se negotiis gerundis, nullam habiturus esset actionem de eo, quod utiliter de suo impendisset, vel is, cuius gesta essent, adversus eum, qui invasisset negotia eius, nullo iure agere posset. 1: Tutelae quoque iudicio qui tenentur, non proprie ex contractu obligati intelleguntur (nullum enim negotium inter tutorem et pupillum contrahitur): sed quia sane non ex maleficio tenentur, quasi ex contractu teneri videntur. Et hoc autem casu mutuae sunt actiones: non tantum enim pupillus cum tutore, sed et contra tutor cum pupillo habet actionem, si vel impenderit aliquid in rem pupilli vel pro eo fuerit obligatus aut rem suam creditori eius obligaverit. 2: Heres quoque, qui legatum debet, neque ex contractu neque ex maleficio obligatus esse intellegitur: nam neque cum defuncto neque cum herede contraxisse quicquam legatarius intellegitur: maleficium autem nullum in ea re esse plus quam manifestum est. 3: Is quoque, qui non debitum accipit per errorem solventis, obligatur quidem quasi ex mutui datione et eadem actione tenetur, qua debitores creditoribus: sed non potest intellegi is, qui