LA TUTELA DEL CONSUMATORE NEI CONTRATTI DI GARANZIA PERSONALE
XXXXXX X’XXXXXXX
Dottorando di ricerca – Università di Teramo
LA TUTELA DEL CONSUMATORE NEI CONTRATTI DI GARANZIA PERSONALE
SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. L’ambito di applicazione della disciplina di tutela del consumatore ed i con- tratti di garanzia personale. – 3. La posizione della giurisprudenza italiana. – 4. (segue) L’accessorietà della fideiussione. – 5. (segue) Il fideiussore nella veste di contraente debole. – 6. La posizione della giurisprudenza europea. – 7. Conclusioni.
1. – La tutela del contraente debole nel sistema giuridico europeo e, conseguentemente, ita- liano consta da più di un ventennio della fondamentale tutela apprestata al consumatore avverso l’inserimento delle clausole vessatorie nei contratti conclusi con il professionista. Tale discipli- na mostra ancora la sua forza vivificatrice, portando linfa ad un sistema che non ha preso atto appieno della potenzialità delle norme e dei principi che introduce.
Una delle questioni più discusse in questi anni è stata, certamente, quella relativa all’ambito di applicazione della disciplina di protezione. La scelta che ha animato il dibattito è stata quella di approntare un sistema di tutele che s’indirizzasse alla categoria inedita e del tutto peculiare dei consumatori, scelta che sconfessa in buona misura la stessa ratio animatrice dell’inter- vento 1. All’interno di questo ampio contesto si colloca la tematica dell’applicabilità della tutela del consumatore ai contratti di garanzia personale. La discussione sul tema si compone di una pluralità di interventi dottrinali e giurisprudenziali che si sono susseguiti in questo ventennio e che hanno prodotto un quadro complessivo estremamente problematico e nient’affatto risoluti- vo. Può registrarsi, da ultimo, infatti, una profonda divergenza tra la posizione della Corte di Cassazione e quella della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
I contratti di garanzia personale rappresentano uno schema negoziale molto ricorrente nella prassi contrattuale, specie per alcuni settori del mercato, come quello creditizio. Il concetto di garanzia è immediatamente riferito al rafforzamento della posizione creditoria, che, nel caso
1 La dottrina nel commentare tale scelta ha fatto notare da tempo come essa rischi di peccare in eccesso ed in di- fetto rispetto alla finalità di apprestare una tutela al contraente debole che versi in una posizione di squilibrio sostan- ziale per ragioni informative e per potere negoziale; di più, l’individuazione di un contesto soggettivo così ristretto non è funzionale sul piano della creazione di un mercato unico come luogo di scambi sicuri, senza rischio di abusi da parte dei contraenti forti, e, quindi, al riparo da condotte idonee a falsare il libero giuoco della concorrenza. Cfr. X. XXXXXX, Ambito di applicazione soggettiva. La nozione di «consumatore» e «professionista», in X. XXXX e X. XXXXX (a cura di), Clausole vessatorie nei contratti del consumatore, in X. XXXXXXXXXXX e F. D. BUSNELLI (a cura di), Com- mentario al codice civile, Milano, 2003, p. 156.
delle garanzie personali, data la natura generale della garanzia 2, risulta essere particolarmente intenso.
Detta intensità si realizza, in tutta evidenza, a danno del garante, terzo rispetto al rapporto obbligatorio principale, che «obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adem- pimento di un’obbligazione altrui». Ciò ha giustificato la predisposizione di modelli di tutela specifica per la posizione del garante che possono riscontrarsi sia sul piano interno che su quello dell’analisi comparatistica.
Partendo dalla prospettiva interna, il modello tipico di contratto di garanzia personale fornito dal codice civile è quello della fideiussione (artt. 1936 e ss.), la cui disciplina, se ben analizzata, tradisce l’attenzione del legislatore per le istanze del fideiussore 3, facile vittima di uno schema negoziale che si presta, quale duttile strumento, a celare gravi ipotesi di prevaricazione.
La prima norma che manifesta questa attenzione per le istanze del fideiussore è prevista all’art. 1937 c.c. ed impone un onere sui generis a carico del fideiussore: quello di espressa vo- lontà di assumere la fideiussione. La ratio di tale previsione, mira a proteggere i (futuri) garanti dalle assunzioni di impegni non ponderati o scarsamente consapevoli 4. Infatti, l’onerosità dello schema negoziale consiste, in prima battuta, nell’unilateralità dell’assunzione della posizione di doverosità alla quale non fa da diretto ed immediato contraltare un interesse che possa trovare espressione nel medesimo schema negoziale 5.
2 Per garanzia generale si deve intendere certamente, ed in prima battuta, la garanzia patrimoniale del debitore, contrapposta alle ipotesi di garanzie sussistenti su singoli e specifici beni, quali pegni o ipoteche, definibili speciali. La fideiussione, caratterizzandosi per l’impegno assunto in prima persona dal garante rispetto all’adempimento dell’obbligazione principale, realizza a favore del creditore anche un ampliamento della posizione di garanzia genera- le, fornendogli un patrimonio aggiuntivo (il proprio) su cui valersi in caso di inadempimento. Ciò rende indubbia- mente più gravosa la posizione del fideiussore rispetto a quella di un terzo datore di pegno o di ipoteca. Ad ogni buon conto, va rilevato che questo aggravio non è dovuto tanto all’ampiezza dei beni che si sottopone all’altrui soddisfa- zione, ma alla fondamentale differenza che distingue le garanzie reali dalle garanzie personali: solamente nelle se- conde il garante assume in proprio l’obbligazione altrui e l’estensione della garanzia reale prestata si giustifica in quanto accessoria all’obbligazione. Opinando diversamente, e cioè assumendo quale riferimento centrale della vicen- da fideiussoria la responsabilità patrimoniale e non l’obbligazione assunta, si torna alla vieta teoria del debito e della responsabilità di marca tedesca, elaborata dal XXXXXX.
3 In tal senso si veda X. XXXXXXXXX, voce Fideiussione, in dig. disc. priv., sez. civ., VIII, Torino, 1992, p. 258, il quale sostiene che sia uno dei tratti caratteristici della regolamentazione dell’istituto, legato alla sproporzione tra la funzione causale di garanzia ed il mezzo che la realizza (la creazione di una nuova posizione di obbligazione), e che permette di parlare di un vero e proprio favor fideiussoris.
4 Cfr. X. XXXXXX, Le garanzie del credito, in X. XXXXXX, X. XXXXX (a cura di), Trattato di diritto privato, Milano, 2010, p. 104, il quale giustifica la previsione di manifestazione di volontà espressa «[…] per la gravità delle conse- guenze cui dà luogo (responsabilità per l’inadempimento del debitore garantito) e in modo da fornire la certezza che il fideiussore sia consapevole di garantire l’altrui obbligazione».
5 Si deve chiarire che ciò non vale a qualificare la fideiussione necessariamente come liberalità, poiché essa nella normalità dei casi è attuativa di un preciso rapporto di provvista sottostante. Si vuole, piuttosto, sottolineare la con- sueta irrilevanza di tale rapporto sulle sorti dell’impegno fideiussorio. Si vedano in tal senso X. XXXXXX, op. cit., p. 29, il quale specifica che il contratto di fideiussione può definirsi a titolo gratuito solamente in sé considerato, ma che normalmente il fideiussore abbia un interesse patrimoniale a prestare la garanzia; C. M. BIANCA, Diritto civile, vol. V, La responsabilità, seconda edizione, Milano, 2012, p. 448 che qualifica il rapporto di provvista come seconda causa della fideiussione, consistente in un contratto di mandato o nella stessa attività imprenditoriale svolta dal garante,
La stessa accessorietà della fideiussione, in vero, comporta una disciplina normativa (artt. 1939, 1941 e 1945) che può denotare un certo favor per il fideiussore. Infatti, si prevede che la fideiussione non è valida se non lo è l’obbligazione principale; cha il fideiussore s’impegna esclusivamente nei limiti di quanto è dovuto dal debitore principale, o anche per una parte di ta- le debito, ma mai a condizioni più onerose; che il fideiussore possa far valere tutte le eccezioni spettanti al debitore principale 6.
Vanno poi considerate le discipline del rilievo (art. 1953) e dell’estinzione della fideiussione (sezione V: artt. 1955, 1956 e 1957). La prima mira a mettere a riparo il fideiussore dalla possi- bilità che le sue pretese di regresso siano vanificate da vicende attinenti alla sfera del debitore principale; la seconda, invece, predispone rimedio al pregiudizio che potrebbe derivare alle me- desime pretese da fatti imputabili al creditore, quali l’aver dismesso le altre garanzie del credito (art. 1955 c.c.), l’aver fatto credito al debitore insolvente (art. 1956 c.c.) o il non aver pronta- mente attivato le sue istanze nei confronti del debitore principale (art. 1957 c.c.). Esse tutelano la posizione del fideiussore, nella fase esecutiva del rapporto, dalla condotta abusiva delle parti dell’obbligazione principale ed evitano che il fideiussore possa assumere il ruolo di soggetto su cui si scarichi il peso del rapporto principale.
In particolare, occorre rilevare che la disciplina dell’estinzione della fideiussione è ritenuta espressione del generale dovere di buona fede oggettiva o correttezza 7. Questo riferimento ha permesso di chiarire e di ampliare la portata delle disposizioni in questione, specie degli artt. 1956 8 e 1957 9, ed ha cristallizzato il principio del favor fideiussoris al punto che si potrebbe ri-
«[…] di regola irrilevante rispetto al rapporto garante-creditore»; X. XXXXXXXXXX, sub art. 1936, in X. XXXXXXXXX (a cura di), Dei singoli contratti, in X. XXXXXXXXX (diretto da), Commentario al codice civile, Torino, 2011, pp. 418 e ss, il quale nega la qualificabilità della fideiussione in termini di donazione obbligatoria a causa della residualità di tale figura rispetto alle altre ipotesi di assunzione gratuita di obbligazioni, ciascuna caratterizzata da una propria funzione specifica legata alle peculiari caratteristiche della propria prestazione.
6 Sebbene queste disposizioni siano evidenti corollari del principio di accessorietà e denotino la causa di garanzia della fideiussione, bisogna rilevare che non sono mancate riflessioni sulla vessatorietà delle clausole con cui il fi- deiussore derogasse alla disciplina degli artt. 1939, 1941 e 1945. Tali clausole, per vero, pongono il principale pro- blema della loro compatibilità con la causa di garanzia, ma tra le voci che ne sostengono l’ammissibilità si è posto il dubbio sull’applicabilità ad esse della disciplina degli artt. 1342 e 1469-bis c.c.; si veda in tal senso Cass. civ., sez. I, 29 ottobre 2005, n. 21101, in Giust. civ. Mass., 2005, 10.
7 Si veda X. XXXXXX, op. cit., pp. 618, 644-645, 699-700, secondo il quale il «trittico» rappresentato dai tre articoli si spiega sulla base del dovere di buona fede oggettiva o correttezza, in forza del quale si farebbe carico al creditore di agire tenendo conto anche degli interessi del fideiussore e, di conseguenza, di non agire in modo superficiale o abusivo per il sol fatto di confidare sulla garanzia personale. Ma si veda in senso contrario C. M. Xxxxxx, La respon- sabilità, op. cit., pp. 508 e ss, nelle quali l’A. pur riconoscendo una funzione unitaria alle tre disposizioni, consistente
«[nel]l’esigenza di evitare l’aggravamento della posizione del fideiussore per causa del creditore […]», ritiene che essa sia autonoma rispetto alle istanze di buona fede o rispetto ai criteri di imputabilità delle condotte sanzionate, le quali rileverebbero sotto il mero versante obiettivo. Il riferimento al principio di buona fede, che informa l’intera di- sciplina dei rapporti tra il fideiussore ed il creditore, ha permesso di chiarire la portata delle norme sull’estinzione della fideiussione e del principio del favor fideiussoris,
8 Xxx nota è la discussione che si è animata intorno alla questione della fideiussione omnibus che ha condotto alla riforma avvenuta con la legge n°154 del 1992 e che ha portato alla modifica degli artt. 1938 e 1956 c.c.; di particolare interesse per il tema in trattazione è la vicenda relativa alla clausola di rinuncia alla preventiva autorizzazione di nuo- ve concessioni di credito a favore di garantiti patrimonialmente non solidi di cui all’art. 1956 c.c.. Dapprima, essa
tenere sufficiente per il fideiussore la tutela già apprestatagli dalle norme del codice. In realtà, detta ricostruzione sistematica della disciplina della fideiussione conosce un limite legato alla sua derogabilità. Rispetto ad essa si pone il più delicato problema di tutela del garante, dal mo- mento che i formulari impiegati dai finanziatori spesso ricorrono a questo tipo di deroghe e che il riferimento al dovere di buona fede non ha permesso di stigmatizzarle univocamente 10. Tale
venne ritenuta valida in quanto espressione della libertà negoziale delle parti rispetto alla rinunzia ad uno specifico meccanismo derogabile di tutela; in tale fase, la giurisprudenza (si veda ad. es. Cass. civ., sez. I, 20/07/1989, n. 3386, in Banca borsa tit. cred. 1989, II, p.537), però, precisò che la rinunzia non potesse far venir meno il dovere di buona fede che avrebbe permesso comunque di sindacare la condotta concreta tenuta dal creditore in termini di abuso, con la possibilità di applicare in caso di violazione dello stesso la sanzione sancita dall’art. 0000 (xxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxxx- xx). A seguito della riforma, il legislatore ha fatto chiarezza sancendo l’irrinunciabilità del meccanismo di liberazione. Tale evoluzione rende chiara l’attenzione per la delicata posizione del fideiussore dinanzi al creditore principale, la quale emerge come uno dei primi casi di applicazione del principio di buona fede in funzione di tutela di un contraen- te esposto all’abuso dell’altro ed al successivo meccanismo di inderogabilità del potere di opporre eccezioni. D’altra parte, il dovere di buona fede è utilizzato ancora oggi come parametro di sindacato della condotta del creditore nel concedere nuovo credito al debitore principale in difficoltà patrimoniali e, se violato, conduce alla liberazione del fi- deiussore dal vincolo; si veda in tal senso Cass. civ., sez. I, 09/08/2016, n. 16827, in banche dati giuridiche De jure.
9 Anche questa norma viene comunemente ritenuta espressione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto. Si pone, dunque, il problema della sua derogabilità convenzionale. Si veda in tal senso X. XXXXXXXXXX, soli- darietà fideiussoria e “decadenza”, Napoli, 1980, p. 198 e ss, in cui l’A. rilevando che l’art. 1957 è stato introdotto dal legislatore come mediazione tra gli interessi sia del fideiussore che del creditore, sostiene che non possa condivi- dersi la posizione di sicura derogabilità, che non tenga conto degli interessi cui la deroga corrisponda nel caso concre- to. Cfr., inoltre, X. XXXXXXXXXX, sub art. 1957, in X. XXXXXXXXX, Commentario al codice civile, op. cit., p. 602, per l’applicabilità della decadenza anche al contratto autonomo di garanzia in quanto espressione del dovere di buona fede che si impone anche a questo particolare contratto.
10 Il limite all’impiego del dovere di buona fede in senso oggettivo per la censura delle deroghe convenzionali alla disciplina legale della fideiussione è dovuto all’incertezza di fondo legata alla portata del precetto, divisa tra regola di condotta e regola di validità.
Il principio di «non interferenza» tra regole di condotta e regole di validità, chiaramente definito nella sentenza Xxxx, Sez. Un., 19/12/2007, n°26724, in Banca, borsa, tit. cred., 2010, 6, I, p. 686 (con nota di XXXXXXX) ha destato un acceso dibattito in dottrina tra autori attestantisi su posizioni favorevoli alla distinzione (ex multis X. X’XXXXX,
«Regole di validità» e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996, p. 41; X. XXXXXXX, Au- tonomia privata e costituzione, in banca, borsa, tit. cred., 1997, I, pp. 9 e 17; X. XXXX, Concetto giuridico di «compor- tamento» e invalidità dell’atto, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 2005, pp. 1053 e ss.; U. PERFETTI, L’ingiustizia del con- tratto, Milano, 2005, pp. 252 e ss; X. XXXXXXX, La responsabilità precontrattuale tra regola di validità e regola di condotta, in Contr. e Impr., 2006, pp. 944 e ss; X. XXXXX, La nullià virtuale del contratto dopo la sentenza Xxxxxxx, in Danno e resp., 2008, pp. 536 e ss; X. XXXXXXXX, Non tutto ciò che è «virtuale» è razionale: riflessioni sulla nullità del contratto, in Eur. e dir. priv., 2012, pp. 535 e ss.; X. XX XXXXX, I rimedi nella fase precontrattuale, in Rass. dir. civ., 2012, pp. 1071 e ss.; X. XXXXXXXXXXX, La tutela del consumatore nell’interpretazione delle Xxxxx, Xxxxxx, 0000, pp. 61 e ss.); ed autori nettamente contrari ad essa (ex multis X. XXXXXXX, Squilibrio contrattuale e mala fede del contraente forte, in Contr. e impr., 1997, pp. 418 e ss.; X. XXXXXX, La clausola generale di buona fede è, dunque, un limite generale all’autonomia contrattuale, in Contr. e impr., 1999, pp. 21 e ss.; X. XXXXXXX, Disinformazione e inva- lidità: i contratti di intermediazione dopo le S.U., in Xxxxxxxxx, 2008, pp.393 e ss.; X. XXXXXXX, Discipline preventive nei servizi di investimento: le Sezioni Unite e la notte (degli investitori) in cui tutte le vacche sono nere, in Contratti, 2008, pp. 349 e ss; X. XXXXXXXX, Violazione degli obblighi di informazione nei servizi di investimento e rimedi con- trattuali (a proposito di Xxxx,, sez. un., 19 dicembre 2007, nn. 26724 e 26725), in Contr. e impr., 2008, p. 953; X. XXXXXXX, Il diritto europeo dei contratti: invalidità e inefficacia, in X. XXXXXXX (a cura di), Remedies in contracts: the common rules for a European law, Padova, 2008, pp. 231 e ss.; I. XXXXXXXX, Giudizio di validità e contratto giusto (riflessioni su un recente orientamento delle sezioni unite), in Rass. dir. civ., 2009, pp. 417 e ss.; X. XXXXX, L’equità nel diritto privato, Torino, 2010, pp. 95 e ss.; X. XXXXXXX, Profili di tutela individuale dell’investitore tra nullità e responsabilità civile, Milano, 2012, pp. 85 e ss.; X. XXXXXXXXXXX, L’inesistenza della distinzione tra regole di compor- tamento e validità nel diritto italo-europeo, Napoli, 2013). Occorre, infatti, notare che solamente qualora si scioglies-
questione, a ben vedere, pone con forza la riflessione sull’applicabilità al fideiussore consuma- tore della tutela avverso le clausole vessatorie 11, che permetterebbe di sanzionare proprio le ipo- tesi di deroga convenzionale al regime legale della fideiussione 12.
Passando poi alla prospettiva comparatistica, può rilevarsi che questa specifica istanza di tu- tela per il consumatore garante, abbia assunto in alcuni Stati europei toni marcatamente legati ai caratteri delle discipline di protezione del contraente debole. Ciò si evidenzia nell’attenzione che in alcuni paesi è dedicata alle condizioni soggettive del garante a differenza della nostra di- sciplina codicistica che, mantenendo una applicazione generale, non è in grado di cogliere dette specificità. Si possono segnalare in tal senso, a titolo esemplificativo, le esperienze francese, in- glese ed austriaca. In Francia, la posizione del consumatore garante è stata dapprima tutelata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, distinguendo tra caution professionale e caution gratuite du consommateur, poi con una specifica disciplina normativa inserita all’art. 341-4 del Code de la Consommation, che impedisce al creditore di escutere garanzie manifestamente sproporzionate rispetto al patrimonio del garante finché la condizione economica di quest’ul- timo migliori notevolmente. Nel Regno unito l’attenzione per il consumatore garante ha portato
se questa dicotomia a favore della funzione conformativa della buona fede si potrebbe ritenere sufficiente il suo im- piego, quale espressione dell’ordine pubblico «di protezione», per affermare l’inderogabilità del regime legale della fideiussione e sanzionare con nullità, necessariamente parziale e relativa, le relative clausole.
11 Infatti, pur senza poter prendere posizione sulla divergenza di impostazione esposta nella precedente nota, può rilevarsi che la buona fede, sia se intesa esclusivamente come regola di condotta, sia se intesa anche come regola di validità, non sarebbe in grado di soppiantare l’applicazione della disciplina di tutela avverso le clausole vessatorie.
Infatti, posto che alla base dell’applicazione di tale disciplina vi è l’accertamento del significativo squilibrio di di- ritti ed obblighi in concreto e che questo abbia tra i suoi parametri di valutazione la violazione della buona fede, i fau- tori della «non interferenza» ravvisano nella disciplina speciale de qua una delle ipotesi, comunque eccezionali, nelle quali il legislatore porrebbe l’invalidità come sanzione alla violazione di una norma di comportamento; al contrario, i detrattori della «non interferenza» propendono per una lettura sistematica ed assiologica di questa e, dunque, per la sua applicazione analogica a fattispecie non rientranti nel suo ristretto ambito di applicazione.
D’altra parte, il dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto, cui sembrerebbe più corretto fare riferimento in relazione alla disciplina dell’estinzione della fideiussione, ponendosi sul piano del rapporto, permette di censurare l’uso che in concreto il creditore faccia della posizione di vantaggio che il contratto squilibrato gli attribuisce. In altre parole, impiegare detto criterio presuppone la presenza di una posizione di potere, derivante dal contratto, il cui eser- cizio contrario a buona fede possa determinare un abuso ai danni dell’altro contraente. La tutela apprestata al consu- matore avverso le clausole vessatorie, invece, colpendo con nullità le clausole vessatorie, opera sul piano dell’atto e, quindi, in una fase logicamente precedente a quella del rapporto, realizzando un effetto sulla portata (normativa) di questo, consistente nell’eliminazione del significativo squilibrio di diritti ed obblighi. Alla luce di questa considera- zione può concludersi che la disciplina a tutela del consumatore avverso le clausole vessatorie fornisca una tutela maggiore rispetto a quella accordata dal principio di buona fede nell’esecuzione, e sarebbe l’unica a poter fondare in termini netti la riflessione in ordine alla derogabilità degli artt. 1955, 1956 e 1957 c.c., quanto meno nei rapporti tra professionista e consumatore. Ciò si lega di necessità al differente profilo rimediale, caratterizzato nel primo caso dal- la manipolazione del contenuto contrattuale, mediante nullità di protezione, e nel secondo dal risarcimento del danno o al più dal rimedio risolutivo. D’altronde, se così non fosse, data la portata generale del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, la stessa introduzione di una disciplina di tutela dedicata al consumatore sarebbe del tutto superflua.
12 Si veda in tal senso F. DI MARZIO, Codice del consumo, nullità di protezione e contratti del consumatore, in Riv. dir. priv., 2005, p. 860, il quale ritiene che il centro della tutela ammessa dalla disciplina avverso le clausole ves- satorie sia la deroga al diritto dispositivo che non sia frutto di trattativa, quale espressione della compressione della libertà negoziale di chi la subisce.
al riconoscimento di tutela mediante l’uso dei principi relativi alla fairness contrattuale, anche avverso la condotta del debitore principale che dovesse esercitare pressioni sul garante, dichia- rando unenforceable la garanzia assunta sotto la sua undue influence. In Austria si richiede che, in base alla disciplina consumeristica, la garanzia non sia assunta sotto eccessive pressioni del debitore principale o a causa di una posizione di dipendenza nei suoi confronti 13.
Inoltre, può segnalarsi che tale istanza di tutela abbia trovato seguito anche all’interno del DCFR, nella disciplina delle garanzie personali (personal security). In questo contesto si è rea- lizzata una tassonomia che mira a distinguere dette garanzie in due diverse coppie definitorie con discipline differenziate. In primo luogo si distingue tra dependent e independent personal security a seconda che le garanzie facciano riferimento o meno al debito sottostante; in secondo luogo si distingue tra consumer e commercial personal security, in ragione dello status del ga- rante. Alla garanzia personale assunta da consumatore è dedicato un capitolo autonomo (Capito- lo 4, Parte G, Libro IV) che disegna una disciplina inderogabile da applicare nei casi in cui il creditore non sia un altro consumatore ed il debitore non sia una persona giuridica su cui il ga- rante eserciti una forte influenza. Detta disciplina consta delle previsioni relative agli obblighi informativi precontrattuali a carico del creditore (IV.G.-4:103) tra i quali spicca un dovere di consulenza indipendente nel caso in cui il creditore sappia o abbia modo di sospettare che il ga- rante non stia agendo liberamente in forza del suo rapporto col debitore principale; all’onere di forma scritta con sottoscrizione su supporto durevole (IV.G.-4:104); all’indicazione del conte- nuto della garanzia (IV.G.-4:105), che qualifica la posizione assunta dal garante come sussidia- ria rispetto a quella del debitore principale salva previsione contraria e l’automatica conversione della garanzia da independent in dependent; agli oneri informativi in costanza di rapporto (IV.G.-4:106) ed alla possibilità di limitazione degli effetti della garanzia (IV.G.-4:107).
Dunque, a fronte della lettura delle norme del codice, che evidenziano l’attenzione del legi-
slatore per il delicato schema negoziale della fideiussione, pur prescindendo dalle caratteristiche soggettive del fideiussore, e dell’analisi comparatistica che mostra come l’approccio europeo valorizzi, al contrario, la debolezza soggettiva dei consumatori garanti, si pone con forza l’interrogativo relativo ai margini di tutela rafforzata che potrebbero (rectius dovrebbero) spetta- re al fideiussore qualora questi versasse in una posizione di debolezza strutturale, anche nel no- stro ordinamento giuridico.
Nel prosieguo si cercherà di sciogliere tale interrogativo per quanto attiene all’applicazione della disciplina di tutela del consumatore avverso le clausole vessatorie inserite nei contratti di fideiussione.
In tale ottica occorre rilevare che la posizione tradizionale emersa nella giurisprudenza ita- liana ed europea è di parziale chiusura. In particolare, si è ritenuto di poter estendere al fideius- sore la tutela del consumatore nei soli casi in cui il contratto principale preveda la concessione
13 Per un quadro più completo ed esaustivo in chiave comparatistica si veda X. XXXXXX, Sovraindebitamento e con- sumer bankruptcy: tra punizione e perdono, Milano, 2012, pp. 234 e ss.
di un credito a favore di un consumatore; mentre la si è esclusa nelle ipotesi di rapporto princi- pale tra professionisti. Detta posizione, salda nella giurisprudenza italiana, ha visto un recente superamento nella giurisprudenza della CGUE, alla luce della quale, si pone la necessità di un’ulteriore riflessione sulla tematica ed una complessiva ridiscussione dei rigidi orientamenti precedentemente emersi.
2. – La disciplina di tutela del consumatore avverso le clausole vessatorie, dapprima attuata nel nostro ordinamento con l’inserimento degli artt. 1469-bis e ss. nel codice civile e poi con- fluita nel codice del consumo agli artt. 33 e ss., rappresenta una disciplina speciale che si riferi- sce esclusivamente ai contratti conclusi tra professionista e consumatore. Essa è dotata di pre- supposti di applicazione oggettivi e soggettivi. La questione se la stessa sia o meno applicabile al contratto di fideiussione si risolve, in definitiva, nella domanda se la fideiussione o, più in ge- nerale, i negozi di garanzia personale soddisfino detti requisiti.
Per quanto attiene al presupposto oggettivo, non si sono posti problemi insormontabili al ri- tenerlo integrato dal contratto 14 di fideiussione, benché, originariamente, un ostacolo vi fosse in
14 Sulla struttura della fideiussione molto si discute. Essa, infatti, rappresenta una classica ipotesi di impegno as- sunto unilateralmente da un soggetto ad esclusivo vantaggio del destinatario. Per questa ragione si alternano letture che vorrebbero qualificare la fideiussione come contratto e letture che la qualificano come negozio unilaterale.
Per la tesi che opta per struttura necessariamente contrattuale si veda X. XXXXX, Il contratto, seconda edizione, Milano, 2011, pp. 120 e ss., il quale pone la fideiussione gratuita nell’elencazione di contratti con accordo a «struttura leggera» cui si riferisce l’art. 1333 c.c., per i quali il mancato rifiuto tempestivo avrebbe il significato sociale e giuri- dico di accordo; ciò esclude che la fideiussione possa qualificarsi come promessa unilaterale, la cui efficacia sarebbe disciplinata dall’art. 1334 c.c., ma nei soli casi previsti dalla legge (art. 1987 c.c.); per la tesi che opta per la suffi- cienza della struttura unilaterale per la costituzione di una fideiussione si veda C. M. Xxxxxx, Diritto civile, vol. III, Il contratto, seconda edizione, Milano, 2000, pp. 257 e ss., nelle quali l’autore cita la fideiussione come esempio di con- tratto con prestazioni a carico del solo proponente ed a seguire qualifica l’art. 1333 c.c. come norma dalla quale emerge la generale vincolatività delle promesse unilaterali gratuite.
Dà rilievo ad entrambe le posizioni X. XXXXXX, op. cit., pp. 26 e ss., il quale enumera tra le fonti negoziali dell’obbligazione del fideiussore sia il contratto che l’atto unilaterale: in particolare la fideiussione avrebbe «normal- mente» una natura contrattuale, che farebbe comunque riferimento alla modalità di conclusione dell’art. 1333, dal momento che tal contratto porrebbe obblighi a carico esclusivamente di una parte; egli afferma, inoltre, che la fi- deiussione possa costituirsi mediante negozi unilaterali specificamente previsti dalla legge (come il testamento o promessa cambiaria) o l’atto di adempimento dell’ordine del giudice di prestare fideiussione; infine, l’autore cita la posizione dottrinaria che vorrebbe la fideiussione come originante normalmente da promessa unilaterale, ma quale
«questione controversa».
Va rilevato che, per quanto qui interessa, e cioè per l’applicabilità della disciplina di tutela del consumatore av- verso le clausole vessatorie, la norma faccia riferimento alla presenza di un contratto tra il consumatore ed il profes- sionista, il che non la farebbe ritenere applicabile ad una promessa unilaterale gratuita. Inoltre, l’art. 34 cod. cons. indica quale requisito di liceità della clausola la trattativa individuale tra le parti, generalmente assente in una pro- messa unilaterale. In vero, la questione potrebbe essere ridimensionata dall’applicazione, alle fideiussioni assunte mediante promesse unilaterali gratuite, dell’art. 1324 c.c., in quanto atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale. Inoltre, non potrebbe obiettarsi che la struttura unilaterale renda incompatibile l’applicazione della disciplina di tutela avverso le clausole vessatorie e ciò poiché anche rispetto ai negozi unilaterali possono ritenersi integrati i fondamen- tali presupposti dello squilibrio strutturale – informativo e dell’impossibilità di incidere sul contenuto del proprio ne- gozio dal momento che, nella prassi, la fideiussione è assunta mediante la sottoscrizione di un modulo predisposto dal creditore professionale destinatario della promessa.
tal senso. Esso era legato all’infelice, nonché censurata, formulazione dell’art. 1469-bis, poi cor- retta con Xxxxx n. 526 del 1999, che non si limitava a richiede la presenza tra professionista e consumatore di un rapporto contrattuale, ma specificava che il contratto avrebbe dovuto avere ad oggetto «la cessione di beni o la prestazione di servizi» a favore del consumatore. Ciò non ricorre, evidentemente, nella fideiussione, dal momento che il creditore vede solamente raffor- zarsi la sua posizione, senza impegnarsi a dare o fare alcunché nei confronti del fideiussore. Ta- le ostacolo è stato superato facendo riferimento al contenuto dell’art. 1469-ter, comma 1, x.x. (xxxx xxx. 00 xxx. xxxx.) xxxxxxx tra gli elementi da prendere in considerazione per la valutazione di vessatorietà delle clausole di un contratto, i contratti ad esso collegati. Dunque, in forza del collegamento negoziale sussistente tra la fideiussione ed il contratto di finanziamento principale, rispondente ai requisiti richiesti dalla norma, si è potuto aggirare il requisito della cessione di beni o prestazione di servizi 15.
Va, inoltre, precisato che la fideiussione non rientra tra i tipi contrattuali esclusi dall’applicazione della disciplina elencati dal 10° «considerando» 16 della direttiva 93/13/CEE.
Lo snodo principale di tale vicenda è, dunque, rappresentato dalla ricorrenza, nel caso di fi- deiussione, del presupposto soggettivo di applicazione della tutela avverso le clausole vessato- rie. Occorre, tuttavia, rilevare da subito che l’apertura in merito alla ricorrenza del presupposto oggettivo è forse stata troppo veloce e poco ponderata, come meglio si mostrerà nel prosieguo del discorso.
3. – La giurisprudenza italiana di legittimità e di merito, chiamata a pronunciarsi sull’ap- plicabilità al contratto di fideiussione della disciplina sulle clausole vessatorie nei contratti del consumatore ha coniato e consolidato un orientamento di chiusura parziale ormai ventennale 17.
15 Per la dottrina in tal senso, si vedano X. XXXXXXXX, Art. 1469-bis, in X. XXXXXXXX (a cura di), La nuova disci- plina delle clausole vessatorie nel codice civile, Napoli, 1996, p. 24; X. XXXXXX, op. cit., p. 128; M. XXXXX, I contratti bancari, Commentario al Capo XIV bis c.c., in Nuove leggi civ. Comm., 1997, p. 108. Per la giurisprudenza si vedano Cass. Civ., sez. I, 12/11/2008, n. 27005, in Guida al diritto, 2009, 1, 82; Cass. Civ., sez. III, 02/02/2006, n. 2279, in Giur. it. 2007, 5, 1130 (nota di MANGIALARDI); Cass. Civ., sez. I, 13/05/2005, n. 10107 in Giust. civ. Mass. 2005, 6; Cass. Civ., sez. I, 11/01/2001, n. 314, in Giust. civ. 2001, I,2149 (nota di DI MARZIO). Argomentazione differente è elaborata da X. XXXXX, Le garanzie atipiche, Milano, 2006, p. 123, secondo il quale anche se di regola si renda neces- saria una tutela nei casi in cui il consumatore riceva contrattualmente un bene o un servizio da un professionista, non può escludersi che tale esigenza di tutela si mostri nelle ipotesi in cui sia il consumatore ad impegnarsi ad effettuare una prestazione a favore del professionista. D’altra parte, tale riflessione sembrerebbe in linea con la teoria riduttiva della figura del consumatore a quella di contraente non vincolato alla prestazione contrattuale caratteristica. Ma come si è correttamente affermato, si possono osservare ipotesi di notevole portata che sconfessano tale idea, come ad. es. il contratto di lavoro subordinato ed i rapporti contrattuali di subfornitura, cfr. X. XXXXXX, Ambito di applicazione sog- gettiva. La nozione di «consumatore» e «professionista», op. cit., pp. 180 e ss..
16 Il 10° «considerando» della direttiva 93/13/CEE esclude segnatamente «[…] dalla presente direttiva i contratti di lavoro, i contratti relativi ai diritti di successione, i contratti relativi allo statuto familiare, i contratti relativi alla costituzione ed allo statuto delle società.».
17 Cfr. Cass. civ., sez. I, 03/02/2017, n. 2954 in Banche dati giuridica De jure; Cass. civ., sez. VI, 05/12/2016, n. 24846, in Banche dati giuridiche De jure; Cass. civ., sez. I, 09/08/2016, n. 16827, in banche dati giuridiche De jure;
Detto orientamento riconosce la possibilità di estendere la disciplina di tutela in questione esclu- sivamente alle ipotesi in cui la fideiussione acceda ad un contratto principale di cui sia parte un consumatore, con ciò mostrando di interessarsi, essenzialmente, al profilo soggettivo del debito- re principale ed ignorando, almeno in prima battuta 18, il riferimento alla qualifica soggettiva del fideiussore.
La riflessione alla base di questa rigida prospettiva ermeneutica si regge sulla caratteristica accessorietà della fideiussione e si estrinseca nel principio di attrazione della qualifica soggetti- va del fideiussore in quella del debitore principale. Questa interpretazione, pur pronunciandosi sulla sussistenza del requisito soggettivo di applicazione della disciplina, in vero sposta l’intera riflessione su un dato, quello del collegamento negoziale e del rapporto tra i due contratti, non attinente alle qualità dei soggetti involti nell’operazione 19. Tale riflessione riguarda, piuttosto, un dato oggettivo 20: l’accessorietà della fideiussione non le consentirebbe di assumere una rile-
Trib. Foggia, sez. I, 23/07/2015, in banche dati giuridiche De jure; Trib. Roma, sez. X, 26/06/2015, n. 13971, in ban- che dati giuridiche De jure; Trib. Monza, sez. III, 11/03/2015, n. 810, in banche dati giuridiche De jure; Cass. civ., sez. I, 28/01/2015, n. 1627, in Guida al diritto, 2015, 20, 74 (s.m); Trib. Milano, sez. VIII, 12/06/2012, n. 7188, in banche dati giuridiche De jure; Trib. Padova, 09/01/2012, n. 47, in Riv. Notariato, 2012, 3, 689 (nota di XXXXXXX); Cass. civ., sez. III, 29/11/2011, n. 25212, in Giust. civ. Mass., 2011, 11, 1686; Cass. civ., sez. I, 12/11/2008, n. 27005,in Guida al diritto, 2009, 1, 82 (s.m); Cass. civ., sez. III, 08/06/2007, n. 13377,in Giust. Civ., 2008, 4, I, 996; Trib. Bologna, 14/11/2006, n. 2603, in Guida al diritto, 2007, 7, 69 (s.m.); Cass. civ., sez. III, 13/06/2006, n. 13643, in Giust. civ., 2007, 5, I, 1175; Trib. Palermo, 13/12/2005, in Corr. del merito, 2006, 3, 317; Trib. Padova, sez. II, 21/06/2005, n. 1682, in banche dati giuridiche De jure; Cass. civ., sez. I, 13/05/2005, n. 10107, in Giust. civ. Mass., 2005, 6; Trib. Foggia, 18/10/2001, in Foro it., 2002, I, 614; Cass. Civile, sez. I, 11/01/2001, n. 314, in Giust. civ. 2001, I, 2149 (nota di DI MARZIO); Trib. Terni, 30/06/1999, in Danno e resp., 2000, 866 (nota di XXXXXXXX).
18 Sebbene la questione centrale analizzata dalla Suprema Corte sia quella delle qualifiche soggettive del debitore principale, si deve senz’altro ritenere pacifica l’esclusione dalla tutela del contraente debole di fideiussori professio- nisti, quali banche o altri soggetti che concedano la garanzia nell’esercizio della loro attività imprenditoriale o profes- sionale; ciò, ovviamente, a prescindere dalla qualifica delle parti del rapporto principale.
19 Ciò emerge dall’analisi della giurisprudenza sul tema. Si veda la sentenza Xxxx. Civile, sez. I, 11/01/2001, n. 314, in Giust. civ. 2001, I, 2149 (nota di Xx Xxxxxx): «[…] la qualità del debitore principale attrae quella del fideius- sore. In tal senso è decisivo il carattere di accessorietà della fideiussione, in virtù del quale il contratto che costituisce l’obbligazione fideiussoria è collegato con il contratto costitutivo dell’obbligazione principale e proprio in virtù di tale collegamento rientra nell’ambito oggettivo di applicazione della direttiva»; dall’analisi di questa pronuncia emer- ge chiaramente quale sia stato il nodo centrale dell’argomentazione che ha portato a coniare il principio di attrazione delle qualifiche soggettive del fideiussore in quelle del debitore principale. Esso era rappresentato dalla difficoltà ri- scontrata nel ritenere soddisfatto il presupposto oggettivo di applicazione e non dalle problematiche legate alla quali- fica di consumatore del fideiussore. L’aver risolto per mezzo del collegamento negoziale tra i due contratti il proble- ma della ricorrenza del presupposto oggettivo della disciplina di tutela fa scontare alla verifica della ricorrenza del presupposto soggettivo quello che sembra un vero e proprio “debito” logico-interpretativo che appiattisce quest’ulti- ma alla ripetizione, per altro puramente apodittica, dell’argomentazione precedente. Questa tendenza è rimasta, seb- bene sia stata superata dalla riforma del 1999 l’infelice formulazione che aveva reso necessario il riferimento al col- legamento negoziale.
20 Ciò è stato acutamente rilevato anche dall’Arbitro Bancario Finanziario che, investito della questione della qua- lifica soggettiva del fideiussore in ragione della diversa composizione del collegio e della diversa disciplina sostan- ziale applicabile a controversie che vedessero come parte dei consumatori, si è più volte pronunciato sul punto. In particolare può farsi riferimento alla decisione del Collegio di Roma n°4109 del 26 luglio 2013, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, nella quale si afferma che «[sebbene sia] infatti incontrovertibile l’assunto secon- do il quale l’asservimento funzionale del rapporto accessorio a quello principale ne giustifica l’assoggettamento alla disciplina propria di quest’ultimo (come del resto accade, in tutt’altro altro ambito giuridico, per i beni pertinenziali)
vanza giuridica autonoma ai fini dell’applicazione della disciplina di tutela. La posizione non arriva ad escludere la ricorrenza del presupposto oggettivo di applicazione degli artt. 33 e ss del cod. cons., ma opera in modo indiretto, facendo scemare la rilevanza del contratto di fideiussio- ne ed attraendo la tutela del fideiussore in quella del debitore principale, quasi fosse l’unico consumatore coinvolto nell’operazione negoziale complessiva 21. Una simile prospettiva, censu- rabile già sotto un profilo metodologico 22, a ben guardare, presta il fianco ad un duplice ordine di critiche: uno relativo alla concezione di accessorietà impiegata; l’altro relativo alla finalità di tutela alla base della disciplina delle clausole vessatorie.
non sembra possa da ciò derivarsi l’automatica estensione al garante della qualifica soggettiva che compete al debito- re principale, atteso che il collegamento tra i due negozi opera sul piano oggettivo, non anche su quello soggettivo concernente le diverse posizioni e, soprattutto, le diverse esigenze di tutela delle persone che tali negozi hanno posto in essere». Muovendo da questo rilievo l’ABF, con un orientamento più volte confermato (Collegio di Roma, n°7712 del 20 novembre 2014; n°6117 del 19 settembre 2014; n°4582 del 06 settembre 2013; n°4526 del 06 settembre 2013, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx), ha fatto riferimento non tanto alle caratteristiche del rapporto principale, ma alle finalità che di volta in volta abbiano determinato il garante ad assumere il suo impegno. Questa posizione sembra in qualche modo anticipare la conclusione cui giunge la più recente giurisprudenza europea sul punto.
21 Si esprime in questi termini M. SESTA, op. cit., p. 108, il quale giustifica l’applicabilità della disciplina dei con- tratti del consumatore alla fideiussione grazie al collegamento negoziale tra i due contratti, in forza del quale la fi- deiussione soddisferebbe i requisiti della sinallagmaticità e della cessione di beni o prestazione di servizi; conseguen- temente, egli sostiene che sia un dato di coerenza con la precedente affermazione ritenere che la qualifica soggettiva del fideiussore resti assorbita da quella del debitore principale. Dunque, l’A. stesso ammette che il principio di attra- zione delle qualifiche soggettive trovi la sua origine e razionale giustificazione nella riflessione relativa alla ricorren- za del presupposto oggettivo di applicazione della disciplina di tutela e non a questioni relative al presupposto sogget- tivo.
22 Va rilevato che l’accessorietà del rapporto di garanzia in generale, e della fideiussione in particolare, ha portato a ritenere estensibile a detta figura la disciplina di tutela apprestata al cliente nel TUB. Cfr. X. XXXXXX, Xxxxx defini- zione di «cliente della banca», in Vita Not., 1995, pp. 597 e ss., il quale afferma che, sebbene il garante non possa rientrare nella nozione, necessariamente empirica di “cliente”, è altresì vero che «l’attività di acquisizione di garanzie appare «rientrare» nell’ambito di quel segmento dell’attività bancaria costituito dall’(attività) di esercizio del credi- to», come si rende evidente se non la si considera separatamente dal rapporto sottostante. La disciplina che si rende così applicabile al fideiussore comprende le disposizioni degli artt. 115 e ss. TUB, ed in particolare l’art. 116 (Pubbli- cità), l’art. 117 (per la forma dei contratti), l’art. 118 (Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali), l’art. 119 (Comunicazioni periodiche alla clientela) e l’art. 120-bis (Recesso). Si veda, inoltre, sul punto la posizione dell’ABF, ribadita nella decisione del Collegio di Roma n°2306 del 2014, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, che riconosce la legittimazione del fideiussore a chiedere la documentazione relativa al rapporto principale ex art. 119 TUB, proprio in relazione all’accessorietà del rapporto di fideiussione ed al potere di sollevare tutte le eccezioni fondate sul rappor- to principale. Xxxxxxx, tuttavia, precisare che detta disciplina di tutela si rivolge alla categoria dei clienti della banca senza definirne il concetto ed incentrando il suo ambito di applicazione, disegnato dall’art. 115, comma 1, TUB sulle attività svolte dalle banche o dagli intermediari finanziari. Questo permette di trarne importanti indicazioni, per quan- to qui interessa, in un duplice senso. In primo luogo, offre una giustificazione metodologica all’impiego del principio di accessorietà, come concetto chiave nella riconduzione della fideiussione prestata a favore della banca all’interno dell’attività da questa svolta. In secondo luogo, rende evidente la portata generale della disciplina sulla trasparenza bancaria, essendo rivolta a qualsiasi cliente e prescindendo, dunque, da quei connotati soggettivi e strutturali di debo- lezza contrattuale che sono alla base della tutela apprestata ai consumatori. Si deve, pertanto, concludere che, sebbene detta disciplina rappresenti un primo possibile elemento di tutela per i fideiussori, lo è per tutti i fideiussori e non so- lamente per coloro che versino nella posizione di consumatori e non può, già da un punto di vista squisitamente defi- nitorio, rappresentare tutela da sé sola sufficiente. Andando poi più nello specifico, può constatarsi che la trasparenza, che pur rappresenta un importante presupposto per consentire il rapportarsi su un piano di parità tra le parti, non per- mette di eliminare le specifiche ipotesi di prevaricazione generate dalla deroga imposta dalla banca garantita alla di- sciplina normativa della fideiussione.
4. – L’accessorietà del contatto (e quindi del rapporto) di fideiussione è un dato incontestabi- le, emergente dalla sua stessa funzione. La fideiussione consta di una causa derivata, che le per- viene dal rapporto sottostante che il fideiussore garantisce obbligandosi personalmente. Il fi- deiussore si inserisce nel rapporto principale rafforzando la posizione del creditore, fornendogli un ulteriore soggetto verso cui vantare le proprie pretese creditorie e, di conseguenza, un nuovo patrimonio da aggredire. Il meccanismo che dà espressione a detta derivazione causale è quello del collegamento negoziale, di cui ricorrono i presupposti oggettivi e soggettivi. Esso, tuttavia, non si presta a giustificare un totale assorbimento della fideiussione nel contratto principale, quasi a voler ritenere che il rapporto fideiussorio sia privo di dati causali ed oggettivi propri ed autonomi.
Una prima peculiarità del collegamento negoziale che si realizza mediante il contratto di fi- deiussione è la diversità soggettiva delle parti dei singoli contratti. Infatti, il debitore principale è terzo rispetto al contratto di fideiussione ed il fideiussore è terzo rispetto al contratto principale.
È, poi, rilevante, il carattere unilaterale del collegamento, che determina la dipendenza della fideiussione dal contratto principale, non il contrario. Infatti, benché la fideiussione non sia va- lida se non lo è l’obbligazione sottostante ed il fideiussore possa far valere tutte le eccezioni fondate sul rapporto principale, il debitore principale non può far valere, a sua volta, le eccezio- ni fondate sul rapporto di fideiussione e la sua posizione di doverosità giuridica non viene scal- fita dall’invalidità di questo; ed ancora, mentre la remissione del debito principale fa venir meno anche la fideiussione elidendone il sostrato causale essenziale, dalla rinunzia alle garanzie del debito principale non si presume la remissione di questo (art. 1238 c.c.). Ciò perché, mentre la funzione del contratto di fideiussione non può essere assolta in mancanza di un rapporto sotto- stante da garantire, il rapporto sottostante si presta ancora a soddisfare gli interessi con esso per- seguiti dalle parti al venir meno della garanzia.
Infine, va precisato che il collegamento negoziale è un istituto giuridico distinto dal contratto misto o complesso; esso si caratterizza per la pluralità di negozi giuridici collegati, ciascuno ca- ratterizzato da un proprio dato causale autonomo sebbene preordinato al raggiungimento di una causa ultima, consistente nella realizzazione dell’operazione economica complessiva 23. Questa riflessione riguarda anche la fideiussione. Il fideiussore garantendo l’obbligazione altrui si col- loca in un’operazione economica più ampia, ma pone in essere un’operazione giuridica (rectius negozio giuridico) unitaria ed autonoma.
L’accessorietà non è identità e non giustifica un totale assorbimento del negozio accessorio
23 Cfr. C. M. XXXXXX, Il contratto, op. cit., p. 482: «in tal caso i singoli rapporti perseguono un interesse immedia- to che è strumentale rispetto all’interesse finale dell’operazione.». Particolarmente rilevante in merito la sentenza Xxxx. civ., sez. un., 05/02/2008, n. 2655, in Resp. civ. e prev. 2008, 9, 1911, nella quale si esclude che la qualifica tributaristica del debito principale possa comunicarsi al debito fideiussorio poiché: «[…] l’obbligazione principale e quella fideiussoria mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva, data l’estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia, ma anche oggettiva in quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre l’obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra causa idonea allo scopo», alla luce della quale diviene difficile ritenere coerente che addirittura le qualifiche soggettive del debitore principale possano attrarre quelle del fideiussore.
in quello principale 24. Il negozio accessorio, infatti, può dar luogo ad autonome questioni di va- lidità ed autonome vicende nella fase attuativa. Anche in relazione alla tutela del contraente de- bole bisogna, pertanto, ribadire l’autonoma considerazione che spetta al contratto fideiussorio.
La disciplina di tutela mira alla realizzazione coattiva di un assetto contrattuale scevro dal peso dell’abuso del professionista, mediante lo strumento della nullità di protezione che colpisce le clausole realizzanti vessazione. Queste regole di validità non posso che riferirsi alle clausole del negozio fideiussorio, le quali, come precisato, possono essere affette da autonome cause di invalidità. La posizione di debolezza che le norme mirano a tutelare non può che riferirsi al fi- deiussore, e ben può comportare la caducazione delle clausole del contratto di fideiussione, sen- za toccare il rapporto principale. Si pone, dunque, la necessità di verificare se sussistano ipotesi di vessazione che riguardino la sola posizione del fideiussore.
5. – La giurisprudenza italiana parte dall’accessorietà della fideiussione per arrivare a sancire l’attrazione della qualifica soggettiva del fideiussore in quella del debitore principale. Se già il ruolo assunto dell’accessorietà in questa impostazione ricostruttiva meriterebbe di essere ripen- sato in ragione di quanto detto, il principio dell’attrazione delle qualifiche soggettive emerge più ancora nella sua discutibilità sotto il versante della ratio di tutela del contraente debole.
La qualifica soggettiva di consumatore, di per sé molto criticata, rappresenta la specifica scelta europea di tutela del contraente debole avverso le clausole abusive. Essa è fondata sulla logica, per altro esplicitata da molte sentenze della CGUE 25, che il consumatore, versando in una posizione di squilibrio economico ed informativo nei confronti del professionista, non sia in grado di incidere concretamente sulle condizioni del proprio contratto e ciò rende necessario l’intervento del giudice nel regolamento contrattuale al fine di stabilire un equilibrio altrimenti irraggiungibile.
Riferire l’applicabilità al contratto di fideiussione della disciplina di protezione nei soli casi in cui il debitore principale sia consumatore, equivale a sostenere che la posizione di debolezza cui la disciplina pone rimedio possa riferirsi al fideiussore soltanto nel caso in cui versi in tale situazione di debolezza anche il debitore principale e, quindi, che il fideiussore sia soggetto ad
24 Si veda X. XXXXXXXXXX, Solidarietà fideiussoria e “decadenza”, op. cit., pp. 95 e ss., che ritiene l’autonomia della fideiussione enunciata nello stesso art. 1936 c.c. mediante l’espressione «personalmente», con la quale si espri- merebbe il collegamento diretto, vale a dire senza interferenza strutturale con il rapporto principale, tra fideiussore e creditore di modo che «in seguito all’assunzione dell’obbligazione, il fideiussore deve la propria prestazione, sulla base di un titolo autonomo rispetto a quello che giustifica la prestazione del debitore c.d. principale e, adempiendola, dà attuazione ad un obbligo proprio e non altrui». Cfr., inoltre, X. XXXXXX, op. cit., p. 248, il quale precisa che, sul piano del rapporto, l’obbligazione del fideiussore e quella del debitore principale, pur avendo il medesimo oggetto, si differenziano sotto il profilo causale: la prima avrebbe causa di garanzia, la seconda la trarrebbe dal rapporto contrat- tuale principale. In altre parole, Esse sarebbero due obbligazioni, benché identiche, diverse.
25 Si può citare in tal senso la sentenza CGUE, 27/06/2000, n. 240, in Giur. it. 2001, p. 9 (con nota di XXXXXXX) (Oceano Grupo editorial) che per prima affermò tale concetto in materia di tutela dei consumatori, aderendo al para- grafo 24 delle conclusioni dell’avvocato generale, e che sarà ripresa in moltissime pronunce successive della CGUE.
abuso solamente se lo è anche quest’ultimo. Ciò avrebbe senso esclusivamente qualora si rite- nesse che la vessazione a carico del fideiussore non possa che provenire da una vessazione sorta nel contratto principale.
Questo assunto fondamentale, tuttavia, va messo in discussione per due motivi: in primo luogo, poiché sono ipotizzabili clausole che impongano un significativo squilibrio di diritti ed obblighi esclusivamente a carico del fideiussore, senza toccare la sfera del debitore principale; secondariamente, poiché anche ipotizzando clausole del contratto principale che possano lambi- re e pregiudicare la posizione del fideiussore, egli non trarrebbe in tal caso tutela adeguata dall’applicazione della disciplina avverso le clausole vessatorie.
Partendo dall’analisi del primo motivo, si deve notare che Il fideiussore versa in una posizio- ne di debolezza specifica, legata alle caratteristiche del rapporto di garanzia personale, che si presta ad ipotesi di abuso proprie, ulteriori rispetto quelle che avrebbero origine nella posizione di debolezza del debitore principale 26. Per convincersi di questo assunto sarebbe già sufficiente por mente alla disciplina normativa di favore apprestata per il fideiussore, indicata in apertura, e denotante la specifica attenzione dedicata dal legislatore nel premurarsi che l’istituto non si pre- sti a forme di abuso. Ma come può facilmente notarsi dette norme non considerano la debolezza del debitore principale e non fanno dipendere da questa la loro applicazione.
Si deve poi analizzare l’insieme di queste disposizioni sotto il profilo della loro derogabilità convenzionale che, come anticipato, rappresenta il vero “nodo gordiano” della disciplina della fideiussione che ha tenuto in scacco gli interpreti negli ultimi decenni. Qualora il fideiussore ri- nunciasse a qualche tratto del regime di favore che la legge gli riconosce, aggraverebbe non po- co l’insieme dei diritti ed obblighi nascenti dal proprio contratto, senza che la posizione del debi- tore principale venga minimamente toccata se non in senso a lui favorevole, poiché una più sem- plice ed ampia escussione della garanzia potrebbe condurre ad un maggior accesso al credito.
D’altra parte, solamente il fideiussore può rinunciare agli elementi della disciplina normativa del suo rapporto con il creditore e, dunque, si dovrebbe avere esclusivamente riguardo alle sue caratteristiche soggettive nel valutare se tali deroghe siano state assunte consapevolmente ed all’esito della valutazione di convenienza che sottende la libertà negoziale. Se così non fosse, se il fideiussore versasse in quel deficit economico e cognitivo caratterizzante la posizione del con- sumatore e, pertanto, non potesse incidere sul contenuto del proprio contratto, egli verserebbe in una posizione di squilibrio tale da integrare la definizione di vessatorietà emergente dall’art. 36
26 Cfr. C. M. XXXXXX, La responsabilità, op. cit., p. 500 ed ivi nota n°80, nel senso che la posizione del fideiussore consumatore nei confronti del creditore professionista espone di per sé il fideiussore all’abuso del creditore e ciò permette di verificare l’invalidità, in violazione del principio di buona fede, delle clausole che aggravino «irragione- volmente» la posizione del fideiussore a vantaggio del professionista. Ancor più incisivamente X. Xxxxx, Le garanzie personali atipiche, op. cit., p. 124-125, nelle quali l’autore prospetta la violazione del principio di uguaglianza, costi- tuzionalmente sancito, nel caso in cui si dovesse discriminare l’applicazione della disciplina a tutela del consumatore sulla base della qualifica soggettiva del debitore principale, posto che lo spirito della legge è quello di tutela della po- sizione di debolezza in cui versa il consumatore nei singoli contratti e che nel caso di specie dovrebbe riferirsi alla contratto di fideiussione.
cod. cons. e ciò prescindendo dalla posizione del debitore principale, estraneo alla fideiussione.
In tal senso, va osservato che le clausole del contratto di fideiussione con cui si derogasse agli artt. 1939, 1940, 1941, 1945, 1955, 1956 e 1957 c.c., rappresenterebbero chiare ipotesi di clausole vessatorie elencate nella lista fornita dall’art. 33, comma 2 cod. cons., tra quelle della lettera t), poiché limitanti la facoltà del fideiussore di opporre eccezioni; e le clausole che dero- gassero al foro del consumatore integrerebbero l’ipotesi della lettera u). Può aggiungersi, a con- ferma di quanto detto, che gli schemi contrattuali predisposti dall’ABI in relazione alla fideius- sione omnibus, che recavano clausole di tal genere, sono stati sottoposti ad un attento controllo da parte della Banca d’Italia, che li ha censurati per violazione delle norme antitrust, in relazio- ne al profilo dello squilibrio a favore degli istituti bancari ed a danno dei consumatori cui esse davano luogo 27.
Ebbene, clausole di tal genere realizzano a carico del fideiussore un significativo squilibrio 28 di diritti ed obblighi attinente alla sua esclusiva posizione personale e non a quella del debitore principale, il quale non ne è affatto toccato. Qualora il fideiussore fosse un consumatore, ed in quanto tale mancasse di quelle conoscenze e competenze necessarie per comprendere la portata giuridica di tali clausole, non si potrebbe giustificare l’esclusione della tutela per il sol fatto che
27 La Banca d’Italia ha fatto oggetto di due diversi provvedimenti (provvedimento n°12 del 3 dicembre 1994 e n°55 del 2005) le formule predisposte dall’ABI relative al contratto di fideiussione omnibus. Nel primo provvedimen- to si censuravano le clausole introduttive di termini discrezionali per l’effetto di comunicazioni alla banca, le clausole modificative in senso sfavorevole al cliente della disciplina stabilita agli artt. 1949, 1950 e 1945 c.c. e le clausole di- sponenti il valore probatorio delle scritture contabili della banca nei confronti del cliente. Il secondo provvedimento, invece, ha censurato gli artt. 2, 6, 8 dello schema, rispettivamente relativi alla “reviviscenza” della garanzia dopo l’estinzione del debito principale, alla deroga all’art. 1957 c.c., all’estensione della garanzia anche agli obblighi di restituzione del debitore derivanti dall’invalidità del rapporto principale. In questo secondo provvedimento sono fatte salve, invece, sia la clausola “a prima richiesta” che l’art. 13 del modello, il quale sanciva le deroghe da praticare sul modello stesso nel caso in cui sia il fideiussore che il debitore principale fossero consumatori. Nello specifico, la Banca d’Italia ha ritenuto legittima quest’ultima previsione proprio in relazione alla consolidata posizione giurispru- denziale sull’estensione della tutela del consumatore al fideiussore. Va rilevato, infine, che ad oggi i formulari di fi- deiussione omnibus mantengono detta distinzione all’art. 10.
28 Un importante criterio di valutazione del significativo squilibrio di diritti ed obblighi consiste nel valutare il pe- so della deroga alla disciplina normativa predisposta per un determinato tipo contrattuale, per valutare se essa rappre- senti un complessivo e significativo peggioramento del trattamento del consumatore. Tale criterio viene individuato dalla stessa CGUE, si veda ad es. la sentenza CGUE, sez. I, 14/03/2013, n. 415, in Banche dati giuridiche De jure, che al punto 68 così afferma: «[…] per appurare se una clausola determini un «significativo squilibrio» dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, occorre tener conto, in particolare, delle disposizioni applicabili nel diritto nazionale in mancanza di un accordo tra le parti in tal senso. Sarà proprio una siffatta analisi comparatistica a consentire al giudice nazionale di valutare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale. […]». Si veda inol- tre, X. XXXXXXX, Significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, in G. ALPA E X. XXXXX (a cura di), Clausole vessatorie nei contratti del consumatore, in X. XXXXXXXXXXX, X. X. BUSNELLI (a cura di) Commen- tario al codice civile, Milano, 2003, pp. 71 e ss., nelle quali l’A. indica la deroga alla disciplina dispositiva di legge come «primo valido «indice» della incongruità di una clausola», sebbene non sufficiente per una automatica declara- toria di vessatorietà, in ragione del carattere tendenzialmente descrittivo dell’equilibrio tra le posizioni delle parti proprio delle norme dispositive. Attraverso l’applicazione di tale criterio emerge con chiarezza come la deroga alla disciplina normativa della fideiussione relativa agli artt. 1939, 1941, 1945, 1955, 1956, 1957 possa rappresentare un significativo squilibrio di diritti ed obblighi a carico del fideiussore.
il debitore principale fosse un professionista. Questa interpretazione, infatti, porterebbe ad elu- dere la ratio della disciplina di tutela 29.
Il secondo motivo attiene a quello che parrebbe il logico corollario dell’impostazione giuri- sprudenziale, ossia l’argomento secondo cui l’accessorietà della posizione del fideiussore com- porterebbe che questi possa scontare una posizione di abuso del professionista che lo colpisca indirettamente, a causa di particolari condizioni imposte al debitore nel contratto principale 30. Ciò è legato all’art. 1945 c.c. che attribuisce al fideiussore la possibilità di far valere tutte le ec- cezioni spettanti al debitore principale, eccetto quella di incapacità; ed all’art. 1942 c.c. che estende la fideiussione agli accessori del debito principale. Ma in una simile prospettiva la tutela del fideiussore in quanto consumatore sarebbe del tutto inutile.
Infatti, se il debitore principale fosse un consumatore che accettasse clausole vessatorie di ri- nuncia a far valere eccezioni, il fideiussore, pur vedendo una limitazione delle eccezioni da lui opponibili, non avrebbe bisogno di una disciplina di tutela specifica per la propria posizione, in quanto dette limitazioni sarebbero nulle per il sol fatto di essere state imposte al debitore princi- pale. In altre parole, sarebbe sufficiente la disciplina di protezione rivolta al debitore principale ad eliminare le clausole vessatorie che, pur colpendo in prima battuta la sua posizione, si scari- cassero anche sul fideiussore a causa dell’accessorietà del rapporto.
Al contrario, qualora il debitore principale fosse un professionista, poiché dette clausole sa- rebbero di per sé valide, non essendogli applicabile la disciplina di tutela, la vessazione si spo- sterebbe sul fideiussore che necessiterebbe di una tutela propria.
29 La posizione di debolezza del consumatore garante può apprezzarsi sotto un profilo ulteriore rispetto a quello, strettamente giuridico, del significativo squilibrio di diritto ed obblighi assunti con il proprio impegno: il profilo del peso economico dell’assunzione con la garanzia. Ed in effetti la predisposizione di una garanzia personale, specie con i tratti caratteristici di squilibrio che alcune clausole possono introdurre, può determinare un importante effetto distor- sivo nel mercato del credito che ne permetta la concessione ben oltre le capacità economiche di cui disponga il cliente della banca. Da questo punto di vista la scarsa tutela di cui gode la posizione del fideiussore rientra a pieno titolo all’interno dei fattori determinanti il fenomeno del credito «irresponsabile». Detto concetto trova chiara descrizione ad opera di X. XXXXXXXXXXXX, Il credito «irresponsabile» alle imprese ed ai privati: profili generali e tecniche di tute- la, in Le società, 2007, pp. 395 e ss. L’A. individua, quale tipologia di credito irresponsabile, il finanziamento «erra- to», rivolto ad un soggetto che non lo meritava per le sue caratteristiche patrimoniali o che lo meritava in misura ri- dotta. Questo fenomeno, che può riguardare tanto il finanziamento ai consumatori che quello alle imprese, è sorretto dalla prospettiva di recuperare il credito e lucrarne gli interessi. Detta prospettiva è, in tutta evidenza, rinforzata dalla concessione di una garanzia personale squilibrata al finanziatore. Più in particolare, nella prospettiva del credito con- cesso in misura sovrabbondante verso le imprese, negare la tutela al consumatore che presti garanzia personale a fa- vore del finanziatore implementa il fenomeno. Ponendosi, poi, nell’inversa ottica del credito «irresponsabile» ai con- sumatori, può rilevarsi che sebbene siano state introdotte apposite discipline sul credito immobiliare (artt. 120- quinquies – 120-noviesdecies TUB) e sul credito al consumo (artt. 121 – 126 TUB), non è presente nell’ordinamento un’apposita disciplina delle garanzie personali assunte da consumatori. In quest’ottica può, dunque, rilevarsi che la posizione di parziale chiusura sull’applicabilità della disciplina di tutela del fideiussore consumatore possa contribui- re all’aumento dell’esposizione debitoria delle famiglie nelle quali alcuni membri esercitino o siano collegati ad una qualche attività di impresa ed altri, estranei ad essa, concedano la garanzia personale.
30 Si veda X. XXXXXX, op. cit., p. 135 e ss., nelle quali l’A. compie una distinzione tra le clausole che «riguardano direttamente il rapporto fra garante e creditore» e quelle relative ad «eccezioni che spettano invece al debitore prin- cipale», giungendo a sostenere una tutela differente per il fideiussore rispetto ad esse.
Dunque, potrebbe sembrare, come è stato notato in dottrina 31, che la posizione della giuri- sprudenza, di fatto, negherebbe la tutela del fideiussore proprio per quelle situazioni in cui egli ne avrebbe più bisogno. Tuttavia, questa criticità va ridimensionata, poiché anche in tal caso l’estensione al fideiussore della disciplina del contratto del consumatore non sarebbe idonea a fornirgli una tutela effettiva. Infatti, la clausola con cui il debitore principale rinuncia all’opposizione di eccezioni non realizza uno squilibrio a danno del fideiussore rimediabile at- traverso l’applicazione degli artt. 33 e ss cod. cons., in quanto il meccanismo giuridico che per- mette l’estensione al garante di queste clausole non è un meccanismo convenzionale, ma un meccanismo normativo. Esso, nello specifico, è legato al carattere funzionale della garanzia per- sonale e trova espressione nel dato normativo dell’art. 1945 c.c., secondo cui al fideiussore spet- tano tutte le eccezioni proponibili dal debitore principale, e soltanto quelle che il debitore prin- cipale possa effettivamente far valere. Dunque, in presenza della rinuncia del debitore principale al proponimento di eccezioni le alternative possibili sono due: o non si ravvisa alcuna clausola del contratto di fideiussione da sottoporre al sindacato di vessatorietà al fine di evitare l’estensione della rinuncia al fideiussore, o si ravvisa una clausola meramente riproduttiva del contenuto dell’art. 1945 ed, in quanto tale, non vessatoria ex art. 34, comma 3 32, cod. cons..
Può farsi, inoltre, riferimento anche a quanto si afferma in relazione all’applicazione dell’art. 1942 c.c.. Se le parti del rapporto principale dovessero convenire accessori vessatori, quali po- trebbero essere patti di interessi moratori o clausole penali eccessivi, essi troverebbero, applica- zione diretta anche al fideiussore in relazione alla loro accessorietà al contratto principale. An- che in applicazione di detta norma, il fideiussore non potrebbe lamentare una vessazione a suo carico pur se ne avesse la possibilità 33, poiché, benché l’art. 1942 c.c. faccia salvo il patto con- trario 34, difficilmente il dovere di astensione dall’abuso che grava sul contraente forte può rite-
31 Si veda in tal senso X. XXXXXXX, in le clausole “vessatorie”, “abusive”, “inique” e la ricodificazione negli artt. 1469 bis – 1469 sexies c.c., in X. XXXXXXX (a cura di), Clausole vessatorie e abusive: gli artt. 1469 bis e ss. c.c. e i contratti col consumatore, Milano, 1997, p. 98 e ss., il quale ritiene che sarebbe proprio nei casi in cui il debitore principale fosse profes- sionista a porsi con maggior forza l’esigenza di tutela del fideiussore. Si veda, in senso contrario, X. XXXXXX, op. cit., p. 138, il quale sostiene che queste ipotesi di vessatorietà, attinente alle eccezioni proprie del debitore principale, non possano essere lamentate dal fideiussore come vessazioni a suo carico, altrimenti «[…] la tutela consumeristica nei confronti del fideiusso- re, che è pur sempre in una posizione accessoria e di garanzia rispetto a quella principale, finirebbe per avvantaggiare indi- rettamente anche il debitore principale-professionista, che nell’esempio in questione otterrebbe così la riduzione del suo de- bito per compensazione, contro la clausola da lui specificamente pattuita».
32 Art. 34, comma 3, cod. cons.: «non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o l’Unione europea».
33 Un altro caso nel quale il meccanismo di determinazione del contenuto della fideiussione sancito dall’art. 1942
c.c. permette che sia aggirata una disciplina di tutela è quello relativo all’onere di forma scritta posto dall’art. 1284
c.c. per le convenzioni di interesse che eccedano il saggio legale. Ebbene, è opinione diffusa che la pattuizione scritta occorra nel contratto principale, ma non occorra la sua ripetizione in quello accessorio di fideiussione. Cfr. G. STEL- LA, op. cit., p. 333.
34 Il che lascia trasparire come la legge operi una presunzione di estensione della fideiussione a tutto quanto im- pegni il debitore principale, con la possibilità di un esercizio dell’autonomia negoziale che possa derogare a tale di- sposizione, rendendo meno onerosa la posizione del fideiussore.
nersi consistente in un dovere di pattuizione in deroga alla legge ed a favore del contraente de- bole, come d’altra parte rende esplicito lo stesso art. 34, comma 3, cod. cons., che si riferisce anche alle norme dispositive.
Da questa riflessione emerge il fraintendimento che sottende l’intera impostazione giurispru- denziale. La vessazione che colpisce il debitore principale è e rimane a suo esclusivo carico; il peso giuridico di essa si riverbera di necessità sulla posizione del fideiussore, ma senza l’abuso a danno di quest’ultimo, senza, in altre parole, comportare a carico del fideiussore un allonta- namento significativo dalla disciplina normativa applicabile al suo contratto, ma, al contrario, a causa dell’applicazione puntuale di questa disciplina. Pertanto, il fideiussore non trae utilità dal- la disciplina di tutela nei casi in cui la sproporzione sorge nel contratto di finanziamento, ma soltanto qualora sia egli stesso ad essere vittima dell’abuso del contraente forte in relazione alle condizioni che afferiscono direttamente al contratto di garanzia.
Infine, l’analisi da un punto di vista dinamico delle clausole che realizzano uno squilibrio di questo genere permette di rilevare un ulteriore argomento contro l’impostazione della giurispru- denza italiana. Queste clausole mirano a realizzare un vantaggio per il professionista consistente nel rafforzare l’escussione della garanzia limitando, in deroga alla disciplina normativa, i poteri del fideiussore di paralisi della pretesa creditoria nei propri confronti. Ciò si ottiene, a ben guar- dare, attraverso una più o meno ampia autonomizzazione della posizione del garante dal rappor- to principale, fino ad arrivare all’estremo del contratto autonomo di garanzia 35. Dunque, mentre la giurisprudenza rimane sulle sue rigide posizioni che si basano sull’accessorietà del contratto di fideiussione, il professionista lucra un significativo squilibrio di diritti ed obblighi limitando o eliminando proprio tale accessorietà 36.
Questa posizione viene, infine, smentita dalla giurisprudenza recente della CGUE.
6. – La giurisprudenza, prima comunitaria ed oggi europea, si è pronunciata in diverse occa-
35 Può notarsi che l’argomento dovrebbe perdere completamente di mordente in riferimento al contratto autonomo di garanzia. Esso, qualificato come contratto atipico e non semplicemente come speciale ipotesi di fideiussione, è pri- vo del carattere dell’accessorietà e, quindi, in relazione ad esso si dovrebbe tornare a valutare esclusivamente la quali- tà soggettiva del garante. In questi termini si esprime la sentenza Trib. Genova, 07/04/2015, n. 1106, in banche dati giuridiche De jure. Va tuttavia rilevata la ben più pesante, e recente, posizione emersa nella sentenza Cass. civ., sez. VI, 05/12/2016, n. 24846, in Banche dati giuridiche De jure, nella quale la Suprema Corte, sebbene incidentalmente, afferma di non poter divergere dalla posizione di parziale chiusura dettata dal principio di accessorietà neanche nel caso di contratto autonomo di garanzia. Più in particolare, non potendo far perno sul collegamento negoziale, si af- ferma che il contratto autonomo di garanzia si inserisca funzionalmente nell’attività dell’impresa debitrice come ele- mento determinante della concessione del credito al quale i terzi creditori farebbero riferimento solamente in questa veste ed «esulando dai concetti di consumo o di bisogno personale del contraente» rilevanti per l’applicazione della disciplina di tutela.
36 Si veda in tal senso X. XXXXXXXXX, voce Fideiussione omnibus, in dig. disc. priv., sez. civ., VIII, Torino, 1992,
p. 278, il quale riconosce che con la fideiussione omnibus il fideiussore assuma una posizione particolarmente gravo- sa che si determini in ragione all’ampiezza dell’impegno, per le modalità dell’obbligazione, ma soprattutto per la ri- nuncia ai tradizionali benefici accordati al fideiussore dall’ordinamento giuridico.
sioni sul tema in trattazione. Nelle prime pronunce la Corte di Giustizia è stata chiamata in rin- vio pregiudiziale a risolvere la questione applicativa di discipline di tutela del contraente debole diverse dalla disciplina di protezione avverso le clausole vessatorie 37.
In questa prima fase, la Corte si attesta su posizioni sostanzialmente coincidenti con quelle della giurisprudenza italiana, escludendo l’applicazione generalizzata delle discipline di tutela al fideiussore. In particolare, la prima sentenza europea riguarda l’applicabilità della direttiva 85/577/CEE, sui contratti conclusi fuori dai locali commerciali. In primo luogo, la Corte ricon- duce nell’ambito oggettivo di applicazione della direttiva i contratti di fideiussione, in forza di due argomenti: l’accessorietà della stessa al contratto principale e la qualificazione della fideius- sione come contratto a favore di terzo 38. In secondo luogo, essa esclude la rilevanza sotto il pro- filo dell’ambito soggettivo di applicazione delle fideiussioni accessorie ad un contratto principa- le concluso da un professionista 39. La posizione sembra rappresentare, per la coincidenza delle argomentazioni 40, il leading case su cui si è innestata la posizione della giurisprudenza italiana successiva.
Si rinviene poi una pronuncia in tema di contratti di credito al consumo, nella quale la Corte
esclude la tutela del fideiussore per carenza degli stessi presupposti oggettivi di applicazione della direttiva 87/102/CEE 41, sottolineando la differenza, in tal senso, rispetto alla disciplina dei
37 I casi riguardano l’applicazione della direttiva 85/577/CEE, relativa ai contratti conclusi fuori dai locali com- merciali e la direttiva 87/102/CEE, relativa al credito al consumo. Le sentenze in questione, tuttavia, mostrano una certa attinenza al tema della tutela avverso le clausole vessatorie poiché gli ambiti di applicazione soggettiva delle due direttive si riferiscono al consumatore.
38 CGUE, sez. V, 17/03/1998, n. 45, in Danno e responsabilità, 1998, 330 (nota di SESTA): «18. […] Orbene, la concessione di un credito costituisce un servizio ed il contratto di fideiussione è di natura accessoria rispetto al con- tratto principale, di cui il più sovente costituisce in pratica un presupposto. 19 Soprattutto, dal tenore della direttiva nulla emerge nel senso che chi abbia stipulato un contratto per la fornitura di beni o di servizi debba essere il destina- tario di tali beni o servizi. […] Non si può quindi escludere dalla sua sfera di applicazione un contratto a favore di terzi per il solo motivo che i beni o servizi acquistati sono da esso destinati all’uso di una persona estranea al rapporto contrattuale in questione.
20. Con riguardo allo stretto legame tra il contratto di credito e la fideiussione che ne garantisce l’esecuzione nonché alla circostanza che la persona che si impegna a garantire il rimborso di un debito può avere lo status di con- debitore in solido o di fideiussore, non può escludersi che la fideiussione ricada sotto la direttiva».
39 CGUE, ibidem: «22. Tuttavia, risulta dal tenore dell’art. 1 della direttiva nonché dalla natura accessoria della fideiussione che può rientrare nella direttiva unicamente la fideiussione accessoria ad un contratto con cui un consu- matore si sia impegnato, in occasione di una vendita a domicilio, nei confronti di un commerciante al fine di ottenere da quest’ultimo beni o servizi. Inoltre, dal momento che la direttiva è unicamente destinata a tutelare i consumatori, un fideiussore rientra nella sua sfera di applicazione soltanto se, in conformità dell’art. 2, primo trattino, della diretti- va stessa, si sia obbligato per un uso che può considerarsi estraneo alla propria attività professionale.».
40 La Corte di Giustizia è stata, tuttavia, più chiara dei giudici italiani richiedendo espressamente che anche il fi- deiussore, a sua volta, sia un consumatore per rientrare nell’applicazione della direttiva.
41 CGUE, sez. V, 23/03/2000, n. 208, in Studium oecon., 2000, 798: «22. Così, il duplice fatto che la direttiva citi le garanzie nell’elenco degli elementi del contratto di credito considerati essenziali riguardo al mutuatario e non con- tenga alcuna disposizione espressa relativa al regime della fideiussione o di un’altra forma di garanzia dimostra che tale direttiva, prendendo in considerazione le garanzie destinate ad assicurare il rimborso del credito soltanto sotto il profilo della protezione dei consumatori, ha inteso escludere il contratto di fideiussione dal suo ambito di applicazio- ne. […] 25. Ora, considerati i suoi obiettivi, limitati esclusivamente all’informazione del debitore principale sulla por-
contratti conclusi fuori dai locali commerciali. Va, tuttavia, rilevato che la Corte, in questa pro- nuncia, si è riferita con estrema chiarezza al dato teleologico della disciplina in esame: nell’escludere l’estensione della protezione al fideiussore ha tratto argomento dall’assenza di strumenti di tutela per il fideiussore nella direttiva 87/102/CEE, non tanto per la mancata men- zione del rapporto, ma ancor prima, per l’eterogeneità della posizione del fideiussore rispetto a quella del debitore principale, ridondante sulla diversità degli interessi concreti dei due soggetti e, dunque, sugli istituti di tutela da predisporre 42. La Corte, dunque, supera l’argomento del- l’accessorietà, ritenendolo inconferente e dedicandosi appieno a valutare i caratteri distintivi propri della fideiussione.
La Corte di giustizia ha mutato orientamento in due 43 recenti pronunce relative all’appli- cazione della direttiva 93/13/CEE. La prima riguarda la costituzione di una garanzia ipotecaria e di una fideiussoria da parte dei genitori per un debito contratto dalla società di capitali (s.r.l.) del figlio. L’argomentazione della Corte si snoda in tre punti fondamentali.
In primo luogo la Corte di Giustizia riconosce la delicatezza dell’operazione fideiussoria ed afferma la particolare debolezza del garante, specie per quanto attiene alla difficoltà di valuta- zione del rischio finanziario ad essa connesso 44. Questa particolarità giustifica l’estensione della disciplina di tutela predisposta a favore del consumatore integrandone perfettamente la ratio.
La Corte, ben consapevole della presenza di un precedente orientamento restrittivo sul punto, ripercorre il percorso delle sue precedenti decisioni per sconfessare il criterio dell’accessorietà. Essa, infatti, sostiene che pur ritenendo sussistente l’accessorietà dei due rapporti, sia del tutto inconferente in tema di estensione della tutela del consumatore al fideiussore, poiché i due rap- porti sono conclusi da soggetti diversi 45. Questo passaggio denota il superamento del precedente
tata del suo impegno, e tenuto conto del fatto che la direttiva non contiene alcuna disposizione che possa offrire una protezione utile al fideiussore, che è interessato principalmente a conoscere la solvibilità del beneficiario del credito per poter valutare la probabilità di essere chiamato a rimborsare il credito stesso, si deve considerare che essa non può essere applicata a contratti di fideiussione. […] 26. Inoltre, una estensione dell’ambito di applicazione della direttiva ai contratti di fideiussione non può fondarsi sul solo carattere accessorio degli stessi rispetto all’obbligazione princi- pale di cui garantiscono l’esecuzione, poiché una simile interpretazione non trova alcun fondamento nel testo della direttiva, com’è stato affermato al punto 18 di questa sentenza, e nemmeno nella sua economia o nei suoi obiettivi.».
42 In particolare la Corte chiarisce che la disciplina informativa predisposta dalla direttiva per il debitore, non for- nisca un quadro chiaro e completo di informazione per il fideiussore, al quale interesserebbero più i dati relativi alla solvibilità del debitore principale che quelli strettamente legati al credito.
43 La seconda pronuncia, CGUE, sez. X, 14/09/2016, n. 534, in banche dati giuridiche De jure, si limita a con- fermare la decisione emersa nella ordinanza Tarcau (CGUE, sez. VI, 19/11/2015, n. 74).
44 CGUE, sez. VI, 19/11/2015, n. 74, in banche dati giuridiche De jure: «25.Questa tutela è particolarmente im- portante nel caso di un contratto di garanzia o di fideiussione stipulato tra un istituto bancario e un consumatore. Tale contratto si basa infatti su un impegno personale del garante o del fideiussore al pagamento del debito contratto da un terzo. Tale impegno comporta, per colui il quale vi acconsente, obblighi onerosi che hanno l’effetto di gravare il suo patrimonio di un rischio finanziario spesso difficile da misurare.».
45 CGUE, sez. VI, ibidem: «26. Quanto alla questione se una persona fisica che si impegna a garantire le obbliga- zioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di un istituto bancario in base a un contratto di credito possa essere considerata un «consumatore» ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13, occorre rilevare che un siffatto contratto di garanzia o di fideiussione, sebbene possa essere descritto, in relazione al suo oggetto, co- me un contratto accessorio rispetto al contratto principale da cui deriva il debito che garantisce [v., nel contesto della
orientamento con l’acquisizione di una nuova prospettiva più aderente alle caratteristiche del si- stema di tutela. L’accessorietà non è più vista come nodo centrale dell’accertamento della sussi- stenza del requisito soggettivo di applicazione; al contrario, chiarito che il contratto di fideiussione integri il presupposto oggettivo di applicazione della disciplina, non può che aversi riguardo alle sole caratteristiche del fideiussore per valutare la ricorrenza del presupposto soggettivo.
Dunque, la Corte esplicita il ragionamento che sottende il precedente orientamento per superar- lo; l’idea secondo cui il carattere professionale delle finalità del debitore principale debba comuni- carsi anche alle finalità per cui si presti la garanzia viene sostituita dalla valutazione diretta delle finalità del fideiussore. Ciò non comporta l’abbandono della prospettiva di valutazione comparati- va delle posizioni interessate dall’operazione negoziale nel suo complesso, ma la sua correzione.
Infatti, il nuovo orientamento della giurisprudenza europea non nega totalmente la rilevanza delle caratteristiche del debitore principale, ma le individua, in una prospettiva dinamica, come elementi incidenti sulla qualificazione soggettiva del fideiussore: l’indagine sulle sue caratteri- stiche soggettive passa per l’individuazione del rapporto sussistente tra lui ed il debitore princi- pale. Si supera l’orizzonte formale dell’appiattimento della qualifica soggettiva del fideiussore su quella del debitore principale e, recuperandosi specifica rilevanza alle sue caratteristiche sog- gettive e cioè all’indagine relativa allo scopo professionale o meno da questi perseguito con la garanzia, si converte l’analisi comparativa nell’analisi del rapporto sussistente tra debitore prin- cipale e fideiussore, al fine di escludere che questo possa incidere sulle finalità del fideiussore legandole ad un orizzonte professionale 46.
7. – La nuova posizione emersa nella giurisprudenza comunitaria, mostra e corregge i limiti dell’orientamento tradizione, ancora adottato dai giudici italiani. Essa prende coscienza dell’er- rore di prospettiva che sottendeva la scelta di far dipendere dalla qualifica soggettiva del debito- re principale l’estensione al fideiussore della disciplina del contratto del consumatore. L’acces- sorietà della fideiussione, infatti, non si mostra come argomento sufficiente per tale assunto, alla luce del particolare collegamento negoziale sussistente tra i due contratti e della ratio di tutela perseguita dalla disciplina di protezione.
Si auspica, dunque, un mutamento di posizione anche da parte della giurisprudenza interna
direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372, pag. 31), sentenza Xxxxxxxxxx, C-45/96, EU:C:1998:111, punto 18], dal punto di vista delle parti contraenti esso si presenta come un contratto distinto quando è stipulato tra soggetti diversi dalle parti del contratto principale. È dunque in capo alle parti del contratto di garanzia o di fideiussione che deve essere valutata la qualità in cui queste hanno agito.».
46 In modo particolare la Corte si pronuncia sull’ipotesi in cui il fideiussore garantisca il debito assunto da un sog- getto societario. In tal caso, oltre che l’estraneità ai fini legati alla propria professione la viene in rilievo un ulteriore criterio: la mancanza di un rapporto funzionale con la società che la Corte così definisce: «29 […] collegamenti fun- zionali […] quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale.». In altre parole, la Corte fornisce al giudice interno anche dei criteri generali per valutare in quali situazioni il rapporto tra debitore principale e fideiussore possa escludere la qualifica di consumatore di quest’ultimo, rilevandone il com- pimento di atti per scopi relativi alla propria attività professionale.
sul punto, in modo da realizzare più compiutamente il sistema di protezione del contraente de- bole attraverso l’eliminazione dai contratti di fideiussione conclusi da soggetti non professionali e non legati da rapporti funzionali con il debitore principale, di quelle clausole, molto ricorrenti, di limitazione delle eccezioni proponibili dai fideiussori.
Sarebbe, inoltre, logica conseguenza di tale apertura la modifica dello schema predisposto dall’ABI in tema di fideiussione omnibus, con l’estensione dell’art. 10, relativo alle clausole non applicabili al consumatore, anche alle ipotesi in cui tale qualifica spetti esclusivamente al fideiussore e non anche al debitore principale. Ciò comporterebbe, in concreto, la non applicabi- lità ad ogni fideiussione prestata da consumatore della clausola “a prima richiesta” 47 o “senza eccezioni” (art. 5, comma 1) e la conseguente difficoltà di configurare contratti autonomi di ga- ranzia in dette ipotesi 48.
In conclusione, si pongono le basi per un complessivo ripensamento della posizione del con- sumatore garante, anche sotto il profilo delle garanzie personali, quale soggetto debole bersaglio di facili ipotesi di vessazione nel complessivo sistema di tutela delineato per la più tradizionale figu- ra del consumatore debitore. In particolare, l’estensione a tutti i casi di consumatore fideiussore della disciplina di tutela avverso le clausole vessatorie, può rappresentare una base per ampliare, nel medesimo senso, l’applicazione di altre discipline come quella del sovraindebitamento 49 o per l’inserimento di nuove forme di tutela specificamente rivolte alla figura del consumatore garante.
47 La clausola a prima richiesta è stata spesso interpretata anziché come totale deroga alla facoltà di opporre ecce- zioni, come clausola solve et repete, per quanto atipica estendendosi anche alle eccezioni escluse dall’art. 1462 c.c.; la Banca d’Italia proprio ricorrendo a detta qualificazione ha ritenuto di salvare nel 2005 la clausola “a prima xxxxxx- sta”. Si veda in tal senso anche X. Xxxxxx, op. cit., p. 752, il quale fa riferimento alla qualificazione in termini di clau- sola solve et repete per segnalare come l’inserimento di detta clausola non valga di per sé a denotare del carattere dell’autonomia la garanzia personale, la quale potrebbe comunque qualificarsi come fideiussione vera e propria, seb- bene dotata di una disciplina differente da quella legale. Ma si può notare che anche tale qualificazione della clausola “a prima richiesta” non sarebbe sufficiente a farla salva dalla declaratoria di vessatorietà, proprio perché la stessa clausola solve et repete si considera come clausola rientrante tra quelle descritte nell’elenco dell’art. 33, comma 2, cod. cons. e precisamente alle lettere r) per la sua formulazione ordinaria e t) per la versione in esame.
48 Le nuove forme di garanzia vengono riconosciute come economicamente giustificate, poiché rispondenti all’interesse degli istituti bancari di poter prontamente realizzare il valore del proprio credito con effetti positivi tanto sul versante della stabilità bancaria, quanto, di conseguenza, sulla stessa disponibilità di credito per soggetti non par- ticolarmente solidi economicamente. Cfr. X. XXXXXXXXX, Fideiussione omnibus, Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, 2000 (aggiornamento), p. 386, in cui l’A. individua nella disciplina a tutela del consumatore uno degli indizi della prospet- tiva di chiusura per le fideiussioni omnibus (viste dallo stesso come strumento necessario per l’espansione del merca- to del credito) e del progressivo abbandono cui tali formule sarebbero state destinate; in tal senso l’A. sottolineava come i «sostenitori del paternalismo legislativo» errassero nel valutare come unico orizzonte riflessivo quello della
«pretesa utilità sociale» del riequilibrio della posizione dei contraenti xxxxxx. Va tuttavia precisato che la tutela dei consumatori sia indubbiamente da qualificare come disciplina di ordine pubblico di particolare momento europeo tale da prevalere sulle esigenze del sistema creditizio, e ciò, se non altro, per il fatto che essa non esclude che la libertà negoziale si esprima in formule tali da venire incontro anche a tali esigenze, imponendo solamente che esse non si realizzino mediante l’abuso verso contraenti deboli, ma attraverso il coinvolgimento di soggetti professionali che me- glio possano rispondere all’uso di tali schemi.
49Sull’applicazione della L. n°3 del 2012 ai debiti assunti mediante garanzia dal consumatore si veda X. XXXXX- NARO, Il sovraindebitamento del consumatore: diligenza nell’accesso al credito ed obblighi del finanziatore, in Ban- ca, borsa, tit. cred., 2015, I, p 789 e ss.