DOCUMENTO PROGRAMMATICO 2° ASSEMBLEA COSTITUTIVA COORDINAMENTO FISAC-CGIL GRUPPO INTESA SANPAOLO FEBBRAIO 2016
“LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DI SECONDO LIVELLO NEL GRUPPO PER L’OCCUPAZIONE, LA QUALITA’ DEL LAVORO E IL WELFARE”
DOCUMENTO PROGRAMMATICO
2° ASSEMBLEA COSTITUTIVA COORDINAMENTO FISAC-CGIL
GRUPPO INTESA SANPAOLO
FEBBRAIO 2016
Nella mattina del 8 ottobre 2015, con la sottoscrizione di 7 accordi, prendeva vita il Contratto Collettivo di Secondo Livello del Gruppo Intesa Sanpaolo.
Questo Contratto di gruppo rappresenta contemporaneamente uno straordinario punto di arrivo e un fondamentale punto di partenza.
E’ il punto di arrivo di un percorso iniziato con l’Accordo di Programma del 14 febbraio 2007 per l’armonizzazione dei trattamenti economici e normativi dopo la fusione del Gruppo e proseguito con la compiuta definizione, nell’Assemblea costitutiva del Coordinamento FISAC CGIL del 5-6-7 luglio 2011, di un programma di lavoro e una struttura organizzativa fondati sulla centralità della contrattazione di Gruppo.
E’ il punto di partenza per una nuova stagione negoziale in cui la profonda e radicale trasformazione del sistema bancario e l’attacco alla centralità del Contratto Nazionale di categoria impongono la definizione di una strategia che sia in grado di riconquistare diritti e tutele nella nuova organizzazione del lavoro, senza derogare dalle garanzie universali rappresentate dal CCNL.
Le lavoratrici e i lavoratori del Gruppo hanno approvato gli accordi raggiunti del Contratto Collettivo di Secondo Xxxxxxx in 386 assemblee con un consenso del 86,42%. Come avevano partecipato e sostenuto la vertenza che ha riconquistato il Contratto Nazionale e il Fondo di Solidarietà, così hanno condiviso le soluzioni radicalmente innovative dell’accordo di Gruppo.
Questo consenso non è acquisito, va costantemente riconquistato e ci conferisce un’enorme responsabilità: la 2° Assemblea costitutiva del Coordinamento FISAC-CGIL del Gruppo Intesa Sanpaolo rappresenta perciò il fondamentale momento di partecipazione dei nostri iscritti e dei nostri quadri sindacali per il consolidamento e la ridefinizione del nostro “Piano Sindacale” e per l’elezione delle strutture dirigenti che saranno chiamate alla sua realizzazione.
In uno scenario in continuo mutamento, riconfermando i valori fondamentali di tutela collettiva del CCNL, le nuove sfide sono rappresentate dalla difesa dell’occupazione, dalla promozione di politiche commerciali finalizzate alla crescita del Paese e rispettose della dignità dei lavoratori, da una equa redistribuzione del salario, dalla gestione del cambiamento per la riduzione del disagio lavorativo a partire dai più deboli, dalla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
La nuova frontiera dei diritti passa dalla riduzione delle disuguaglianze e dalla estensione delle certezze salariali e di welfare per tutti, salvaguardando i diritti acquisiti dai lavoratori più anziani e individuando soluzioni contrattuali che riducano le divaricazioni con i più giovani.
“…Ogni nuova politica, ogni nuovo scenario, ogni nuovo programma che abbiamo davanti dovrebbe essere valutata dal punto di vista del suo effettivo influsso sulla disuguaglianza…” sostiene il premio Nobel per l’economia Xxxxxx Xxxxxxxx.
Da queste basi si delineano le proposte programmatiche della 2° Assemblea costitutiva del Coordinamento FISAC-CGIL del Gruppo.
Il contesto internazionale
L’economia mondiale è a rischio di “stagnazione secolare”: la crescita mondiale è molto più lenta del passato e delle attese.
Nella descrizione della situazione politica ed economica mondiale è divenuta ossessiva la locuzione “la tempesta perfetta”.
Sotto l’aspetto economico il crollo del prezzo del petrolio con conseguente crollo della domanda dei Paesi produttori, la riduzione della crescita dei Paesi emergenti, la stagnazione in Europa, le incertezze sulla stabilizzazione della ripresa negli USA determinano un profondo calo della domanda, ulteriormente aggravata dalle crisi di fiducia determinata dalle ricorrenti crisi finanziarie.
Sotto l’aspetto politico il conflitto all’interno del mondo musulmano, con il suo seguito di terrorismo, guerre e migrazioni e la difficile definizione di un nuovo equilibrio mondiale generano paure e aggressività che alimentano la “guerra di civiltà” e i muri alle frontiere.
La sopravvivenza stessa dell’Unione Europea è messa in crisi non solo dalle divergenze sulla gestione del debito pubblico in relazione alle politiche di sostegno alla crescita, ma anche per l’assenza di una risposta coordinata e non egoistica dei Paesi membri in merito all’accoglienza degli immigrati, con il pericolo del superamento del trattato di Schengen.
L’economia in Italia
La crescita dell'Italia su base annua (prevista allo 0,7% sullo stesso periodo del 2014, dopo ripetute rettifiche in riduzione) è la migliore dal 2011 ma, se messa a confronto con Francia e Germania, che sembravano attraversare una fase di stanca, resta lenta.
A fronte di qualche segnale di uscita dell’economia italiana dalla fase recessiva, come l’aumento del PIL, la crescita degli indicatori relativi alla fiducia di famiglie ed imprese, un moderato trend di spesa per consumi correnti al rialzo, l’aumento delle entrate tributarie, rimangono però diversi segnali negativi.
Gli investimenti complessivi sono diminuiti nella seconda parte del 2015, appare in peggioramento la competitività degli esportatori italiani, la redditività complessiva delle imprese è rimasta sostanzialmente stabile su livelli storicamente contenuti.
Permangono distanze enormi dai livelli pre-crisi del PIL e soprattutto dell’occupazione: rispetto al 2008, il tasso di disoccupazione è superiore del 2,7% e quello giovanile del 19.8%; la produttività per addetto è salita a fronte però di una perdita di retribuzione (a parità potere di acquisto prezzi 2008) di un ulteriore 2,8% causata anche dalla contrazione dei salari nominali.
A dimostrazione, al di fuori di facili semplificazioni politiche, che il Jobs Act non rappresenta la risposta ai problemi occupazionali giovanili e in genere del Paese. Senza una crescita stabile del PIL oltre il 3%, l’occupazione si può redistribuire ma non può crescere.
Il settore bancario italiano
Nell’ambito dei paesi economicamente avanzati, il settore bancario italiano è stato fra i meno colpiti dalla crisi finanziaria 2007-2009. Nessun intermediario finanziario è dovuto ricorrere ad aiuti pubblici in funzione di salvataggio; solo quattro gruppi bancari hanno trovato conveniente rafforzare la propria capitalizzazione mediante i Tremonti Bond, regolarmente restituiti. Mentre gli aiuti di Stato concessi alle banche ammontavano a 238 miliardi di euro in Germania (8,2% del PIL), 52 miliardi in Spagna (5% PIL) e 36 miliardi nei Paesi Bassi (5,5% PIL).
L’entrata in vigore della nuova regolamentazione prudenziale in materia di capitale e liquidità delle banche (cd Basilea 3) ha evidenziato tuttavia la ridotta patrimonializzazione delle banche italiane e l’esigenza di procedere a ricapitalizzazioni necessarie per rafforzare i requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di credito e di sistema paese. Infatti, sono state ben quattro le banche italiane, su tredici dell'Eurozona, che non hanno superato l'esame dei bilanci condotto dalla Banca Centrale Europea.
Dall'Asset Quality Review della BCE è emerso chiaramente come le banche italiane siano state quelle più colpite dalla correzione della valutazione degli asset.
Gli organismi di vigilanza della Banca d’Italia, durante l’audizione in Parlamento del 9 dicembre scorso, hanno evidenziato come il livello dei crediti deteriorati a fine giugno 2015 aveva ormai superato i 360 miliardi di euro (di cui oltre 200 miliardi a sofferenza), pari al 18% del totale degli impieghi, quota che eccede la patrimonializzazione dell’intero sistema. Nel 2008, prima dell’inizio della recessione, l’incidenza dei prestiti deteriorati era del 6%.
Peraltro è scarsamente evidenziato nel dibattito il dato delle sofferenze nette (al netto cioè di accantonamenti e garanzie), che consentirebbe una valutazione più equilibrata della patrimonializzazione delle banche.
Lontano dalla costituzione di una “Bad Bank” nazionale, il meccanismo concordato in questi giorni dal Governo con l’Unione Europea prevede la possibilità per le banche di una gestione dei crediti in sofferenza con una garanzia da parte dello Stato di dubbia efficacia.
Il Piano “Salva Banche” e il Bail in
Le responsabilità dei banchieri per i fallimenti nel sistema restano significative. Le debolezze e le opacità nell’assetto di “governance” combinate con la non adeguatezza dei poteri di intervento, controllo e sanzione degli organismi di vigilanza hanno determinato lo scoppio della crisi delle quattro banche (Carichieti, Carife, Banca Popolare dell’Etruria, Banca Marche).
Il programma di risoluzione ha posto l’onere del salvataggio anche a carico delle azioni e delle obbligazioni subordinate delle quattro banche ma, in un’ultima analisi, è prevalentemente a carico del sistema bancario italiano che alimenta attraverso i propri contributi il Fondo di Risoluzione.
Esso ha previsto la creazione di quattro nuove banche “ponte” alle quali sono state cedute le attività di buona qualità delle banche “originarie”. E’ stato inoltre costituito un veicolo societario, la c.d. “Bad Bank”, integralmente capitalizzato e controllato dal Fondo di Risoluzione al quale sono state attribuite le sofferenze delle banche “originarie”.
La liquidità necessaria per l’intervento complessivo è stata anticipata dai più grandi gruppi italiani con un finanziamento a tassi di mercato già in xxxxx xx xxxxxxxx (xxxxx 0,00 xxxxxxxx) grazie ai contributi ordinari e straordinari versati dalle banche al Fondo di Risoluzione mentre la parte residua (1,6 miliardi) del finanziamento sarà restituita mediate le risorse ricavate dal realizzo delle partecipazioni detenute dal fondo, cioè la vendita delle banche “buone”. Nel caso di insufficienza delle risorse ottenute, ulteriori contributi verranno richiesti alle banche aderenti al Fondo ed in ultima istanza, in caso di incapienza del Fondo, si potrà attingere ad una controgaranzia rilasciata a condizioni di mercato dalla CDP.
La partecipazione al salvataggio dei quattro istituti italiani in crisi costerà a Intesa Sanpaolo 471 milioni di euro, mentre la banca complessivamente finanzierà il fondo di risoluzione con 1,33 miliardi di euro di prestiti. Nel 4° trimestre del 2015 l’utile di Intesa Sanpaolo è stato di fatto azzerato (scendendo a 13 milioni) dall’onere straordinario di 376 milioni lordi che si aggiunge al contributo annuale al fondo di risoluzione di 95 milioni, imputato nel 1° semestre.
L’intervento legislativo del governo ha evitato quindi l’applicazione integrale della direttiva cosiddetta “Bail in”, “socializzando” maggiormente le perdite accumulate dalle banche, ma il “salvataggio” è a carico del sistema bancario e vede definitivamente estraneo lo Stato: ciò significa che da questo momento in avanti vengono cambiati gli schemi con i quali verranno trovate le soluzioni alle fragilità delle piccole e medie aziende di credito in difficoltà.
A partire dal 1/1/2016 il “Bail in” prevede il coinvolgimento nel salvataggio delle banche di azionisti, obbligazionisti e correntisti con depositi oltre i 100.000 euro. Questa normativa, finalizzata a limitare/eliminare gli aiuti di Stato, nel breve periodo sta generando drammatiche crisi di fiducia nel sistema bancario in generale, ma nel lungo periodo produrrà profonde modificazioni nel comportamento dei risparmiatori, tanto nella scelta degli strumenti di investimento quanto nella scelta della banca di riferimento.
La natura e la profondità di queste modificazioni rappresentano uno dei maggiori elementi di incertezza per il sistema bancario nazionale, che però sta affrontando questa situazione esclusivamente in una logica di riduzione dei costi, con chiusure di sportelli e riduzione del personale, senza modifiche significative al modello di business.
La FISAC-CGIL Nazionale ha elaborato da tempo proposte, a partire dal documento “Per un modello di banca al servizio dell’occupazione e del paese” pubblicato a cura del ISF Lab nel giugno 2014, che faticano ad affermarsi.
2011/2015 – La contrattazione nel Gruppo attraverso i due Piani di Impresa: un bilancio positivo
La FISAC di Gruppo, nel corso di questi 5 anni, ha dovuto tutelare i lavoratori nell’ambito di due Piani d’Impresa (2011-2013 e 2014-2017) realizzati da due distinti Gruppi dirigenti (Passera/Xxxxxxx e Messina/Lodesani).
Per contribuire alla definizione delle nuove linee programmatiche è utile evidenziare gli elementi caratterizzanti le due fasi.
Piano d’Impresa 2011-2013
Gli elementi caratterizzanti l’annuncio del Piano d’Impresa 2011-2013 sono stati l’aumento di capitale di 5 miliardi, un rigoroso programma di riduzione di costi da perseguire con la chiusura di 1.000 filiali, con il taglio delle spese amministrative e la semplificazione societaria, ma soprattutto con il “Progetto 8.000”: 8.000 addetti alle attività amministrative dichiarate in eccedenza, di cui 5.000 da riconvertire a ruoli commerciali e 3.000 esuberi strutturali (i numeri in realtà poi si invertiranno).
Un Piano d’Impresa caratterizzato dal taglio dei costi e dai tagli occupazionali, resi ancor più drammatici dalla Riforma Fornero, sia per i maggiori oneri aziendali degli esodi per effetto dell’allungamento dei requisiti pensionistici, sia per i dubbi interpretativi della lunga fase applicativa.
Il confronto è stato quindi duro e aspro: licenziamenti di apprendisti al termine del loro contratto, avvio di procedure Legge 223/91 nelle singole aziende, disdetta degli accordi di armonizzazione da parte aziendale e primo sciopero generale delle lavoratrici e lavoratori del Gruppo il 2/7/2012 con un’adesione superiore al 90%.
L’intesa raggiunta con il Protocollo Occupazione e Produttività del 19/10/2012, approvato nelle assemblee con il 70% di favorevoli, ha consentito la riassunzione degli apprendisti, il mantenimento di una normativa di secondo livello e, soprattutto, la gestione degli esuberi a livello di Gruppo con il ricorso al Fondo di Solidarietà volontario, la solidarietà difensiva, la mobilità infragruppo e la riconversione dei poli produttivi.
La scelta, nell’Assemblea costitutiva del Coordinamento FISAC CGIL del 5-6-7 luglio 2011, della centralità della contrattazione di Gruppo è stata decisiva per trasformare gli esuberi organizzativi, la cui gestione prevede l’avvio delle procedure di legge, derivanti dalla chiusura di filiali, poli produttivi (ISGS), fusioni di società (BIIS, Neos, Mediocredito, Banche Rete, ecc.) in “esuberi da costo” da gestire a livello di Gruppo e con riconversioni professionali attraverso una mobilità sostenibile tra le diverse aziende: siamo riusciti a trasformare il Gruppo nel più efficace ammortizzatore per le tensioni occupazionali derivanti dalle riorganizzazioni aziendali.
Un Piano incentrato sui tagli attribuisce al sindacato il diritto di negoziare le tensioni occupazionali nell’ambito delle procedure contrattuali: il rischio è che queste procedure assorbano interamente la capacità di iniziativa sindacale.
Seppur con i limiti insiti in uno scenario di tensioni occupazionali, anche in questa fase siamo riusciti a far vivere forme di intervento e azioni concrete per negoziare le condizioni di lavoro, le flessibilità di orario, la mobilità e le riconversioni. Il continuo lavoro dei rappresentanti sindacali nei territori e nei direttivi è stato canalizzato in istanze che hanno prodotto concrete modifiche all’applicazione di Banca Estesa nell’introduzione di nuove articolazioni di orario e di flessibilità, nella copertura dei portafogli, nelle misure di sicurezza con l’estensione dei Cash In-Cash Out; la riconversione dei poli di back office in sovrannumero è stata risolta con riconversioni verso attività di contact unit, gestione crediti e sofferenze, per contenere la mobilità e i disagi dei lavoratori; il costante monitoraggio sulle esternalizzazioni ha impedito pesanti trasferimenti di attività al di fuori del Gruppo e all’estero.
In particolare la tenacia della FISAC-CGIL, valorizzando al tavolo di Gruppo le istanze dei propri rappresentanti sindacali sul territorio, ha costruito le premesse per avviare, nella stagione successiva, la contrattazione di nuove forme e modalità di lavoro, di nuovi mestieri e ruoli professionali.
Piano d’Impresa 2014-2017
Dopo la breve parentesi del CEO Cucchiani, il nuovo Piano d’Impresa di Messina è caratterizzato dalla crescita dei ricavi attraverso lo sviluppo di nuove attività, l’aumento della redditività della clientela tradizionale e l’ottimizzazione dell’impiego di capitali e di liquidità, dal governo - e non dalla riduzione - dei costi. Il Piano quantifica 4.500 “eccedenze di capacità produttiva”: le eccedenze non sono però esuberi di personale, perché destinate alla riconversione per sostenere le nuove iniziative del Gruppo.
Il Piano prevede il varo di Banca 5 per lo sviluppo dei clienti base a bassa redditività, la crescita della multicanalità integrata tra filiale fisica, filiale on line, web, dispositivi mobili, la specializzazione e allocazione della clientela imprese, personal e retail su filiali distinte, la creazione della Divisione Private Banking, della Divisione Insurance e della Business Unit Capital Light Bank, lo sviluppo di nuovi mestieri come Intesa Sanpaolo Casa, la prosecuzione della semplificazione societaria con nuove fusioni delle Banche Rete e fabbriche prodotto, la continua ottimizzazione del presidio territoriale.
Per la FISAC e il sindacato unitario del Gruppo si presenta una nuova sfida: passare da un negoziato di tagli di costo e di riduzione di personale, analiticamente definito dalle procedure di legge e di contratto, al negoziato della nuova organizzazione del lavoro, potenzialmente in conflitto con le regole del CCNL e contrattualmente non dovuto, reso più difficile per l’attacco condotto dal Governo ai Contratti e ai sindacati, considerati una zavorra della ripresa produttiva.
L’avvio della realizzazione del Piano da parte dell’azienda e la lunga vertenza che ha condotto al rinnovo del CCNL nel marzo 2015 si sono sovrapposte politicamente e cronologicamente: abbiamo trasformato questo potenziale problema in occasione per dare coerenza e continuità tra gli obiettivi del CCNL e quelli della Contrattazione di secondo livello del Gruppo Intesa Sanpaolo.
Con la consapevolezza che solo negoziando i cambiamenti possiamo tutelare i colleghi con minor capacità contrattuale individuali, nell’ambito del nuovo Piano d’Impresa abbiamo contrattato:
Il Piano di Investimento Lecoip per i dipendenti, di fatto un premio incentivante di Piano con un costo complessivo di 360 milioni di euro che l’azienda stava erogando unilateralmente, ottenendo l’aumento della quota di azioni uguale per tutti e differenziando la quota aggiuntiva in base al ruolo svolto e non all’inquadramento.
Il welfare aziendale dei “nuovi diritti” con il Protocollo quadro sull’inclusione e pari opportunità, attraverso la tutela di lavoratori discriminati per legge con i congedi matrimoniali per le unioni omosessuali e con rito religioso cattolico e acattolico, e con l’estensione delle provvidenze al convivente portatore di handicap grave, comprese le unioni omosessuali.
Il lavoro flessibile, a cui nel 2015 hanno aderito volontariamente oltre 3.000 colleghi con 30.000 giornate fruite da casa pari all’86% del lavoro flessibile, definendo con il primo accordo in Italia una modalità fino ad allora attivata dalle imprese unilateralmente senza coinvolgimento sindacale.
Nuovi mestieri come Intesa Sanpaolo Casa, realizzando una delle prime operazioni di applicazione del Contratto complementare del CCNL Credito a lavoratori provenienti dal settore della intermediazione immobiliare.
Il Contratto Collettivo di Secondo Livello del Gruppo con:
il Premio Variabile di Risultato, attraverso l’assorbimento del sistema incentivante, distribuendo il salario di produttività con maggiore attenzione ai lavoratori con gli stipendi più bassi e con Retribuzioni Annue Lorde inferiori a quelle medie percepite per la stessa mansione, legando il premio di eccellenza al risultato di filiale e non ad obiettivi individuali;
La sperimentazione sui Ruoli professionali in filiale con elementi di riequilibrio salariale tra i colleghi di diversa provenienza e creando le condizioni per negoziare i ruoli di altre strutture del Gruppo;
Il Fondo pensioni a contribuzione definita di Gruppo, destinando i risparmi ottenuti dalla semplificazione dei fondi preesistenti all’incremento della contribuzione aziendale per i colleghi con le aliquote più basse;
Forme innovative di flessibilità di orario, di congedo volontario, di tutela dei colleghi con situazioni disagiate che consentano una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e contemporaneamente realizzino forme sostenibili di contenimento del costo del lavoro;
Un primo intervento sulle pressioni commerciali, sicuramente insufficiente, ma indispensabile per sostenere le iniziative di denuncia sui territori.
L’azione sindacale nel Gruppo, in una fase di cambiamenti radicali del modo di fare banca, ci ha consentito di accrescere la nostra autorevolezza contrattuale: questo patrimonio deve essere ora valorizzato per la definizione delle linee programmatiche del futuro mandato della FISAC CGIL del Gruppo Intesa Sanpaolo.
Linee di azione sindacale
La contrattazione di secondo livello come fattore di sviluppo
La questione della produttività – il vero fattore critico in termini di competitività internazionale – non può essere ridotta alla dinamica salariale.
La produttività dipende non tanto dai prezzi dei singoli fattori produttivi, quanto dalla loro disponibilità adeguata (in termini quantitativi e qualitativi) e dalla loro interazione. Il deficit di produttività di cui l’Italia soffre è un problema sistemico: imputarlo unicamente alla dinamica dei salari ne occulta le reali dimensioni.
Il documento unitario CGIL CISL UIL “Un moderno sistema di relazioni industriali. Per uno sviluppo economico fondato sull’innovazione e la qualità del lavoro” del 14/1/2016 definisce un nuovo progetto di relazioni industriali per l’intero mondo del lavoro e dell’impresa, in grado di affermare il ruolo delle parti sociali come elemento fondante di democrazia, di tutela e miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, oltre che di promozione della crescita economica e sociale del Paese. Fermo restando un modello contrattuale articolato su due livelli, non sono più immaginabili schemi rigidi ed immutabili nel tempo. In questa direzione, lo sviluppo della contrattazione di secondo livello, con l’obiettivo di realizzare il miglioramento delle condizioni di lavoro con la crescita della produttività, competitività, efficienza, innovazione organizzativa, qualità, welfare contrattuale, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, si caratterizza come fattore di competitività e volano di sviluppo economico e sociale.
In questo quadro si collocano:
il Contratto Nazionale, riconquistato il 31 marzo 2015 in una stagione di attacco continuo al valore della contrattazione di categoria. Il suo rinnovo ha rappresentato la conferma della sua funzione di primaria fonte normativa e di centro regolatore dei rapporti di lavoro, comune per tutti i lavoratori dell’intero settore;
il Contratto Collettivo di secondo livello del Gruppo Intesa Sanpaolo che diventa quindi la concreta attuazione della strategia concordata unitariamente dalle Confederazioni. La contrattazione di Gruppo di secondo livello è inoltre il modo migliore per consolidare il Contratto Nazionale e per rafforzare il sindacato nei posti di lavoro.
Costruire un Contratto di secondo livello nel Gruppo significa andare oltre un’impostazione meramente difensiva della azione sindacale, molto spesso imposta dalle difficoltà del settore. Perché con il contratto di secondo livello si condiziona l’organizzazione del lavoro; perché attraverso il confronto sull’organizzazione del lavoro si controlla il salario; perché con il controllo del salario si possono ridurre le diseguaglianze e i lavoratori contano sempre più per chi sono e cosa fanno e sempre meno per chi sono stati e per l’azienda da cui provengono; perché la realizzazione di questi obiettivi è la ragione sociale di un sindacato che ha la capacità di elaborare strategie adeguate alle trasformazioni che ci attendono.
Lo sviluppo della contrattazione di secondo livello del Gruppo Intesa Sanpaolo per la FISAC deve assumere come prioritari la tutela dell’occupazione con attenzione particolare al Mezzogiorno e ai territori con maggiori tensioni occupazionali, il miglioramento delle condizioni di lavoro anche in una logica di valorizzazione professionale, la distribuzione del valore aggiunto attenta alla coesione sociale, il miglioramento delle condizioni di vita attraverso l’estensione del Welfare e delle politiche di conciliazione dei tempi di vita e lavoro in un’ottica di sviluppo.
Per fornire un maggior sostegno alla nostra iniziativa sindacale occorre rafforzare ulteriormente il legame esistente con le iscritte e gli iscritti e con le lavoratrici ed i lavoratori del Gruppo e assicurare, sia nella fase di elaborazione progettuale della Fisac Cgil sia nel corso dei negoziati, modalità di azione che, oltre a garantire il massimo coinvolgimento di tutte le nostre strutture sindacali, possano valorizzare la partecipazione di tutte le lavoratrici ed i lavoratori.
L’occupazione
La nostra Confederazione denuncia che senza una crescita del Pil stabilmente superiore al 3%, non è credibile una crescita dei livelli occupazionali. Altrimenti per la nuova occupazione si può solo parlare di redistribuzione del lavoro esistente attraverso forme di solidarietà espansiva, di cui dobbiamo promuovere la concreta realizzazione.
Il piano d’Impresa 2014/2017 ha scelto consapevolmente di lanciare un messaggio forte quando ha previsto, a differenza della concorrenza, che l’eccedenza di capacità produttiva pari a 4.500 persone sia destinata a incrementare la forza commerciale della Rete e allo sviluppo di nuove attività nell’ambito della realizzazione di nuovi progetti.
Ma l’allungamento dei requisiti pensionistici determinato dalla Riforma Fornero, i processi di semplificazione con fusioni ed accorpamenti, la diminuzione delle attività transazionali progressivamente assorbite dalla crescita dell’automazione, la digitalizzazione e la multicanalità, la chiusura e l’accorpamento degli sportelli, la razionalizzazione delle attività di Direzione centrali e nei siti produttivi, non consentono di prevedere significativi processi di creazione di nuova occupazione nel Gruppo.
Con realismo dobbiamo ribadire che la priorità assoluta è la difesa dell’occupazione esistente, da perseguire favorendo i processi di riconversione professionale, negoziando una mobilità sostenibile anche attraverso la mobilità infragruppo, promuovendo la distribuzione delle attività nei territori dove emergano eccedenze di capacità produttiva, favorendo tutti gli strumenti volontari e sostenibili di riduzione di capacità produttiva, dall’ampliamento del part time alla sospensione volontaria dell’attività lavorativa.
Nel contempo dobbiamo continuare tenacemente a ricercare nuove soluzioni contrattualmente e normativamente praticabili per creare posti di lavoro e rivendicare la ripresa delle assunzioni.
Nel più grande gruppo bancario di un Paese con tassi di disoccupazione giovanile oltre il 40%, è necessario che almeno una parte della crescita realizzata attraverso l’ampliamento delle attività, i nuovi mestieri e l’insourcing sia destinata a nuova occupazione a partire dalle aree del Paese con i più elevati tassi di disoccupazione, come il Mezzogiorno, e dalla stabilizzazione dei contratti a termine: la riduzione delle consulenze, i risparmi rivenienti dalla semplificazione organizzativa e societaria, la riduzione dei compensi del top management devono contribuire a finanziare assunzioni stabili, di cui un Gruppo con l’età media del personale in costante incremento ha assolutamente bisogno per concretizzare lo sviluppo dei processi di digitalizzazione e di multicanalità integrata.
Stress lavoro correlato: non uno slogan
Il lavoro nel settore si è profondamente trasformato. Il lavoro nel Gruppo Intesa Sanpaolo è cambiato ancora più in profondità.
È stato introdotto l’orario esteso che ha modificato i tempi di vita; turni e rotazioni sono diventati la normalità; si lavora nella continua rincorsa alle emergenze; le sedi di lavoro che si accorpano e chiudono rendono necessari adattamenti continui e stressanti; nell’arco della stessa giornata i lavoratori sono costretti a gestire un flusso enorme di dati, informazioni, notizie che necessitano di capacità di raccolta, elaborazione e programmazione come mai nel passato.
L’intensificazione del richiamo agli obiettivi ed agli effetti conseguenti al loro mancato raggiungimento aggiungono ulteriore responsabilità, alimentando insicurezza e sensi di colpa.
L’accresciuto impegno del proprio ruolo e le relative assunzioni di responsabilità e rischi sono aumentati considerevolmente senza tuttavia essere contraccambiati dall’acquisizione di abilità permanenti. Cresce la sensazione di ingiustizia, di non ricevere abbastanza per quanto si da; il clima si caratterizza sempre più da estraneità ai processi produttivi, i cui meccanismi decisionali sono visti lontani dalla realtà.
Queste continue tensioni e le modalità lavorative riducono i legami sociali; la competizione individuale e isolamento hanno sostituito la tradizionale alienazione da routine tipica del lavoro bancario tradizionale.
Aumenta lo stress da lavoro correlato, cioè la "percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste dell’ambiente lavorative eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste", accompagnato sempre più da malattie e fenomeni depressivi.
Xxxxxxxx proseguire con gli RLS l’indagine sullo stress da lavoro correlato per rimuovere le fonti di disagio per i lavoratori e nel contempo sviluppare il confronto con l’azienda sull’organizzazione del lavoro e la formazione, le pressioni commerciali, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
La sfida dell’organizzazione del lavoro
La firma dei contratti di secondo livello rappresenta la più importante risposta fornita ai temi del cambiamento del lavoro e delle continue mutazioni della organizzazione aziendale.
Di fronte al profondo cambiamento in atto, il confronto continuo sull’organizzazione del lavoro rappresenta la principale prospettiva e l’elemento strategico di sfida per la costruzione di una linea rivendicativa che abbia carattere di esigibilità. Per fare questo occorre intervenire tentando di contrattare l’intera filiera del ciclo produttivo confrontandoci con l’azienda sui processi operativi e procedurali, sui ruoli professionali e mansioni, sul layout e sicurezza negli ambienti di lavoro, sulla valorizzazione del lavoro attraverso una formazione specialistica di qualità, contrastando la solitudine dei lavoratori, tutelandoli rispetto all’eccesso di responsabilizzazione e costruendo regole condivise che riducano le disuguaglianze e favoriscano la coesione.
L’iniziativa sindacale riguardo a Banca Estesa è da valorizzare, implementare e diffondere. Il continuo impegno dei rappresentanti sindacali nei territori ha canalizzato i bisogni e le istanze dei lavoratori, che hanno permesso di elaborare proposte a partire dal nostro Direttivo fino a diventare patrimonio unitario: queste richieste, derivanti dalla esperienza lavorativa sul campo, hanno costretto l’azienda a modificare più volte le proprie idee, adottando modalità correttive rispetto a quelle stabilite al principio. Esperienza straordinariamente positiva che ci ha permesso di dare risposte concrete alle istanze dei lavoratori coinvolti.
Questo processo va riavviato rispetto alle trasformazioni in corso, a partire dalle filiere commerciali distinte, filiali “new concept”, multicanalità integrata, lavoro flessibile che deve ricomprendere anche la formazione da casa, attività fuori sede, orari estesi/turnazioni/reperibilità con le contraddizioni insite tra opportunità di conciliazione tempi e rischi di straordinario non retribuito, modalità di relazione tra i colleghi e responsabili, ecc.
Temi che dovremo sviluppare non solo per la rete filiali fisiche (che rappresentano il canale di vendita in contrazione) ma anche nelle diverse articolazioni organizzative del Gruppo (dalla Filiale on line all’IT, dall’Operations alla Divisione Private, da Banca prossima alla Divisione Insurance).
Sono i temi che decideranno il ruolo del sindacato nella banca di domani (forse già di oggi). Il sindacato è nato laddove grandi concentrazioni di lavoratori svolgevano mansioni simili nello stesso stabilimento; le nuove modalità organizzative sono un lavoro dipendente con le dinamiche e le modalità, non il ritorno economico, del lavoro autonomo. Il nostro ruolo deve adattarsi a questo cambiamento per consolidare il livello di rappresentatività della FISAC nel Gruppo.
Solo negoziando con pazienza e continuità gli aspetti dell’organizzazione del lavoro, in tutte le occasioni di relazione con l’azienda, ci costruiremo la capacità e la credibilità per contrattare i ruoli professionali, la formazione, il salario di produttività, la mobilità, la reperibilità, le flessibilità di orario per rendere concreti ed esigibili i diritti e le tutele delle lavoratrici e dei lavoratori.
Politiche commerciali e pressioni commerciali
L’applicazione della normativa del “Bail in”, in un Paese che ha una enorme propensione al risparmio, rischia di diventare per l’Italia un ulteriore elemento di svantaggio competitivo.
Il meccanismo concordato dal Governo con l’Unione Europea per la gestione dei crediti in sofferenza delle banche, coniugato al basso livello dei tassi per gli impieghi, rischia di non far ripartire i finanziamenti a imprese e famiglie.
Si sta quindi generando una drammatica crisi di fiducia nei confronti del sistema bancario nazionale che, prevedibilmente, cambierà profondamente il rapporto tra il cliente, la banca e i bancari, favorendo le banche più solide e con una migliore reputazione.
La conquista della fiducia della clientela deve rappresentare in questa fase l’obiettivo prioritario del Gruppo per rendere credibile una crescita sostenibile nel tempo.
Le degenerazioni dei processi di sottoscrizione dei titoli e delle obbligazioni subordinate delle quattro banche salvate dal Decreto 181/2015 impongono di continuare la riflessione su quale tipo di modello di banca vogliamo e con quale redditività.
Per questa ragione l’iniziativa di denuncia e di lotta politica contro le campagne indistinte, contro le pressioni commerciali indebite e a favore delle attività di supporto per una efficace pianificazione commerciale ritagliata sulle esigenze del cliente sono fondamentali a tutela dei colleghi e della clientela.
Lungi dall’aver risolto il tema delle pressioni alla vendita, l’accordo del 7 ottobre 2015 nell’ambito del Contratto Collettivo di Secondo Xxxxxxx del Gruppo è un primo segnale in direzione di una limitazione più stringente del fenomeno, introducendo elementi di deterrenza qual è a tutti gli effetti la possibilità di effettuare le segnalazioni al Comitato Welfare dei comportamenti indebitamente tenuti.
Il lavoro di denuncia delle storture, delle criticità, delle contraddizioni, che dobbiamo tenacemente continuare è efficace se esercitato con la consapevolezza dei limiti della nostra azione e nel contempo della necessità di continuare a mantenere il rapporto con i lavoratori.
Attraverso il confronto nel Comitato Welfare e la costante denuncia di comportamenti “non coerenti” con i valori declamati dalle politiche commerciali di Gruppo, dobbiamo rilanciare l’idea di costruire un codice di condotta, un “manuale della vendita etica nel Gruppo” che elenchi i comportamenti corretti e quelli invece considerati pressioni commerciali indebite, con un sistema di incentivazione dei comportamenti virtuosi e di inibizione di quelli riconosciuti come scorretti.
Perciò l’accordo del 7 ottobre 2016 deve rappresentare un punto di partenza per la lotta politica e culturale contro il sistema di pressioni commerciali che viene consapevolmente attivato su tutto il territorio nazionale. E’ impegno di tutto il gruppo dirigente della Fisac Cgil proseguire nella opera di eliminazione di questi processi degenerativi.
Il salario di produttività
Con un tasso di inflazione intorno allo zero, il baricentro del negoziato sindacale per il recupero salariale si sposta nella contrattazione del Premio Variabile di Risultato (PVR) di Gruppo. Elemento strategico introdotto con il CCNL del 19 gennaio 2012 e che il Contratto Nazionale del 31 marzo 2015 ha consolidato.
Lo sviluppo del PVR rappresenta la sfida economicamente ma anche simbolicamente più importante che abbiamo di fronte per il futuro.
La strada è stata tracciata.
Già con la sottoscrizione dell’accordo sul Piano di investimento LECOIP per i dipendenti, non solo si è recuperato nella contrattazione un montante in azioni che l’azienda avrebbe distribuito discrezionalmente, ma è stato definito come criterio distributivo la differenziazione in base al ruolo svolto e non più all’inquadramento ricoperto.
Analogamente l’accordo del 7 ottobre 2015 sul PVR, partendo da una situazione in cui il salario unilaterale discrezionale costituisce una realtà consistente e totalmente opaca, ha consentito di incrementare il montante salariale attribuito al tradizionale VAP includendo quello destinato al sistema incentivante.
Questa trattativa ha consentito di sperimentare risposte concrete a nodi politici ineludibili:
una quota di premio uguale per tutti con una maggiorazione per coloro che hanno retribuzioni più basse che risponda all’ obiettivo, sostenuto dalla Fisac, di difesa delle fasce più deboli,
una quota aggiuntiva differenziata per figure professionali, con una attenzione al personale con una Retribuzione Annua Lorda inferiore a quella media percepita per la stessa mansione.
La differenziazione di salario a parità di mansione tra chi era già in servizio negli anni ’90 e chi è stato assunto successivamente, continuata poi nei diversi momenti di fusione, sta diventando insostenibile e il rischio di crisi della nostra rappresentatività è grande: la redistribuzione del salario che tenga conto anche delle Retribuzioni Annue Lorde percepite tenta di ridurre le disuguaglianze per chi ha un salario fisso più basso.
Partendo da questi elementi andrà sviluppata anche la contrattazione futura sul PVR, perseguendo una maggiore equità distributiva tra i diversi stakeholder a favore dei lavoratori, aumentando la quota base per rispondere all’esigenza di tutela delle fasce di retribuzione più basse e prevedendo meccanismi di salvaguardia di erogazione in caso di risultato positivo seppur senza raggiungimento del budget. Vanno rese più chiare le regole e i criteri che presiedono lo strumento, stabilendo una stretta correlazione per la quota di eccellenza non solo con gli obiettivi di budget ma anche con il sistema di valutazione e la certificazione delle competenze acquisite secondo principi di comprensibilità, trasparenza e verifica.
Rafforzando così le basi per la contrattazione del salario di produttività da rinegoziare nel futuro Piano d’Impresa, successivamente all’erogazione del Lecoip.
Lo sviluppo del Welfare
I contenuti della contrattazione debbono guardare alla tutela in modo più ampio, offrendo un insieme di strumenti in grado di rispondere ad una nuova complessità del mondo del lavoro.
Il welfare contrattuale risponde a questa esigenza, non come strumento alternativo alla tutela salariale né sostitutivo dei sistemi universali di tutela sociale, ma come complementare ad un nuovo sistema di diritti di cittadinanza.
Fondo Sanitario Integrativo
Il peggioramento delle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale per effetto dell’invecchiamento della popolazione, differenziato tra regione e regione, rafforza il valore del Fondo Sanitario Integrativo del Gruppo.
Con la drammatica contrazione delle assunzioni, registriamo un invecchiamento della popolazione aderente al Fondo Sanitario e una diminuzione di anno in anno degli iscritti in servizio che impongono un puntuale monitoraggio dell’andamento delle gestioni (in particolare per la gestione dei pensionati).
Allo stesso modo, dopo cinque anni di vita del Fondo stesso, occorre individuare tutte le opportunità di miglioramento sostenibile nel tempo.
I punti principali di intervento sono:
l’ampliamento delle convenzioni stipulate direttamente dal Fondo Sanitario su tutto il territorio nazionale, per un miglior presidio del servizio offerto e delle tariffe applicate;
lo sviluppo delle campagne di prevenzione che hanno rappresentato la più significativa innovazione rispetto alle vecchie Casse sanitarie;
la semplificazione degli aspetti amministrativi nella relazione con gli iscritti.
Circolo Ricreativo
Completata la costituzione e superate le difficoltà della fase iniziale, l’Associazione Lavoratori Intesa Sanpaolo ha oltre 60.000 soci ordinari, che superano la somma dei soci dei circoli ricreativi confluiti e che ne fanno uno dei primi di settore nell’ambito europeo.
L’obiettivo, in considerazione della sua funzione di erogatore di salario indiretto, è ora quello di garantire prestazioni omogenee su tutto il territorio nazionale, stabilizzare i contributi ai soci in merito alle iniziative nazionali con una più “coraggiosa” pianificazione degli stanziamenti, semplificare la comunicazione tra strutture nazionali e consigli territoriali: su queste coordinate dovremo definire il programma con il quale la FISAC si presenterà alle prossime elezioni degli organi di governo.
Fondo Pensioni Unico di Gruppo
In linea con l’impegno di Cgil-Cisl-Uil a tutti i livelli contrattuali per la promozione delle adesioni e per l’accorpamento dei fondi di previdenza complementare, per meglio tutelare le pensioni dei lavoratori, abbiamo proceduto nel confronto con l’azienda per la semplificazione della previdenza complementare nel Gruppo.
La costituzione del Fondo Pensioni a contribuzione definita di Gruppo ci ha permesso di ridurre le diseguaglianze e di contrattare l’aumento della contribuzione aziendale dei lavoratori in servizio con le aliquote più basse, intervento sempre più urgente soprattutto per i lavoratori che percepiranno una pensione di base significativamente più bassa con il sistema contributivo.
L’obiettivo politico è il completamento del percorso di unificazione dei fondi a contribuzione definita, attivando tutti gli adempimenti normativi e statutari previsti a partire da:
l’effettuazione della due diligence dei Fondi, garantita da organismi terzi,
l’individuazione di soluzioni tecniche/operative che permettano il mantenimento delle prerogative in capo a ciascun iscritto di ciascun Fondo,
il pieno rispetto delle norme statutarie con il ricorso ai referendum ove previsto,
la gestione del patrimonio con investimenti socialmente responsabili.
Occorre garantire un aggiornamento costante dei quadri sindacali e dei lavoratori durante tutte le fasi di attivazione del Fondo pensioni unico.
Conciliazione di tempi di vita e lavoro
Il governo e la ridistribuzione del tempo di lavoro, nella direzione di una maggiore conciliazione con i tempi di vita, è elemento indispensabile per qualificare la condizione di lavoro, realizzare pari opportunità tra le lavoratrici ed i lavoratori e favorire la crescita di nuovi posti di lavoro.
Dopo lo straordinario lavoro compiuto nel Comitato Welfare che ha consentito di raggiungere le innovative previsioni del Contratto Collettivo di Secondo Xxxxxxx in tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, occorre innanzitutto seguire la fase di concreta realizzazione e di sperimentazione, sia a livello nazionale che territoriale.
Occorre inoltre inquadrare in questa cornice, e non in quella del contenimento dei costi, il tema della mobilità. L’obiettivo chiave è quello della mobilità sostenibile, intesa come riduzione dei tempi, delle distanze e del numero degli spostamenti, da perseguire attraverso:
l’estensione del lavoro flessibile,
la mobilità infragruppo,
il superamento degli steccati costituiti dalle strutture organizzative aziendali,
la riconversione e formazione professionale,
la conferma dei vincoli di consenso al trasferimento,
l’aumento della efficacia delle domande di trasferimento.
Dobbiamo ulteriormente rafforzare l’estensione delle forme di tutela e assistenza alle diverse situazioni di disagio e alla sempre più plurale articolazione di famiglia.
Accanto agli interventi già in essere quali asili nido aziendali o convenzioni con strutture sul territorio, occorre verificare la praticabilità, confermando il metodo della sperimentazione, di finanziamenti di soluzioni abitative di social housing (residenze con spazi comuni che permettono una dimensione relazionale o con servizi comuni quali doposcuola, babysitting, assistenza domiciliare, ecc) che possono incrociare situazioni di esigenze abitative dei colleghi, quali famiglie monoparentali, genitori separati, anziani soli, neoassunti lontani da casa.
La nostra Organizzazione
La nostra politica sindacale deve continuare a fondarsi su due pilastri:
contrattazione di gruppo come strumento che contemperi le esigenze di garantire la miglior tutela di tutti i lavoratori nei processi di riorganizzazione e quella di mettere in atto proposte di tipo acquisitivo in merito agli aspetti salariali, organizzativi e professionali (svolta dalla Segreteria di Gruppo di volta in volta integrata dalle RSA coinvolte);
relazioni sindacali decentrate per la verifica e l’intervento sui posti di lavoro nell’applicazione degli accordi (svolta dai Coordinatori e dalle Segreterie di Coordinamento di concerto con le RSA coinvolte).
L’esperienza di questi anni di contrattazione di gruppo ha visto lo sviluppo di una modalità che parte da una fase di illustrazione e approfondimento dell’argomento di negoziazione con le funzioni organizzative e commerciali delle diverse strutture aziendali interessate, poi il negoziato vero e proprio per la definizione dell’accordo, seguito da una fase sperimentale e/o applicativa, con successive integrazioni e adattamenti per far fronte alle criticità emergenti.
Questa modalità negoziale comporta una contrattazione permanente, basata sulla credibilità e buona fede degli interlocutori e degli impegni assunti.
Occorre valorizzare questa modalità di negoziazione, che richiede attenta valutazione delle priorità e rapidità nella ricerca di proposte e soluzioni, attraverso un costante confronto “multidirezionale” tra Coordinamenti decentrati, Direttivo e Segreteria di Gruppo.
Per la stessa ragione, occorre individuare meccanismi di maggiore efficacia in merito alle relazioni sindacali decentrale.
Organizzazione della FISAC-CGIL nel Gruppo Intesa Sanpaolo
I cinque anni del primo mandato del Coordinamento di Gruppo hanno consentito di raggiungere risultati di grande valore e pertanto intendiamo confermare l’impianto organizzativo con la Segreteria di Gruppo, il Direttivo di Gruppo, Coordinamenti decentrati a livello territoriale (comprendendo tutti i Quadri sindacali di tutte le aziende del gruppo del territorio), Segreterie di Coordinamento Aziendali e Direttivi di Coordinamento Aziendali.
Nel contempo si è evidenziata una eccessiva focalizzazione sulla Banca dei Territori, che impone correzioni la cui necessità è emersa nel dibattito del Direttivo di Gruppo, soprattutto dopo l’avvio di un Piano d’Impresa caratterizzato dalla multicanalità integrata.
Per questa ragione, perseguendo gli obiettivi di inclusione che consentano la massima unità dell’organizzazione, si propone l’integrazione della Segreteria di Gruppo per la complessità dei percorsi negoziali previsti e la necessità di rappresentare ISGS, che è l’azienda più importante per funzione, dimensione e distribuzione sul territorio nazionale, e per prevedere una composizione che consenta di confermare la valorizzazione e il coordinamento delle strutture decentrate a livello di Direzione Regionale.
Impegno per crescere
Dopo l’Assemblea costitutiva del 2011, la FISAC-CGIL del Gruppo ha conquistato il primato della rappresentanza, sia per numero di iscritti, sia per risultati elettorali nel Fondo Sanitario e nei principali Fondi Pensione del Gruppo.
Lo scenario sindacale è però in profonda trasformazione.
Il ritorno al tavolo unitario di Unisin dopo un progressivo processo di indebolimento, la nascita di First/Cisl con la fusione di Fiba e Dircredito, il recente Accordo in materia di libertà sindacali di settore che riserva la rappresentanza alle organizzazioni sindacali con almeno il 5% di iscritti (prevedibilmente non raggiungibili da Sinfub e Ugl) ha determinato un profondo rimescolamento di gruppi dirigenti delle altre organizzazioni e di correlati pacchetti di iscritti.
Questi processi coinvolgono in modo marginale la FISAC-CGIL e quindi il rischio che il processo di concentrazione attuato da Fabi e First/Cisl determini una riduzione del peso relativo della nostra organizzazione è reale.
L’obiettivo della crescita, con le attuali regole di rappresentanza, è quindi decisivo per consentire alla nostra organizzazione di continuare a svolgere un ruolo decisivo nella definizione delle strategie unitarie per la contrattazione nel Gruppo e per disporre delle agibilità sul territorio per rispondere ai crescenti bisogni dei colleghi.
Per raggiungere questo obiettivo continueremo a potenziare la formazione, di concerto con le strutture nazionali e regionali, e ad affinare la comunicazione.
Comunicazione
Il sistema informativo e della comunicazione della FISAC di Gruppo rappresenta da tempo un modello di riferimento per la nostra organizzazione, e si caratterizza per l’enorme mole di dati ed informazioni contenute, tempestività e puntuale aggiornamento, attività di consulenza e di guide, sistema completo di mailing list degli iscritti, centrale e decentrato. La comunicazione è strumento indispensabile per la partecipazione e la democrazia diffusa.
In aggiunta ai comunicati unitari e di sigla, occorre attivare nuove modalità di relazione, utilizzando tutti gli strumenti (mail, Facebook, Twitter, Whatsapp) che permettano una comunicazione istantanea ed efficace, in particolare nelle fasi di confronto con l’azienda, anche differenziata nei contenuti per i quadri sindacali e per gli iscritti.
Inoltre, è sempre più necessario costruire un rapporto più costante con gli organi di stampa.
CAE
Pur con la consapevolezza delle difficoltà derivanti dalla composizione internazionale del nostro Gruppo (assenza nei paesi dell’Europa Occidentale a maggiore presenza sindacale e presenza in Egitto), riteniamo importante continuare a coltivare l’obiettivo di costituzione del Comitato aziendale Europeo.
Democrazia
Le regole stabilite nel nostro Contratto Nazionale per stabilire l’efficacia degli accordi sono chiaramente definite: gli accordi sono efficaci se sottoscritti dalle organizzazioni sindacali che rappresentano la maggioranza degli iscritti.
E’ quindi di straordinario valore politico il consolidamento dei meccanismi di consultazione unitaria dei lavoratori attraverso assemblee capillari praticato non solo sul CCNL ma anche sugli accordi di secondo livello.
La legittimazione degli accordi garantito dalla consultazione dei lavoratori è fondamentale per rendere concretamente praticate ed esigibili le regole condivise: preservare con cura questa prassi è il principale elemento distintivo della nostra Organizzazione.
Presentato da: Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxx, Xxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxx