DIALOGO SOCIALE E PROTESTA: UNA COMPARAZIONE SULLA
Improving Collective Bargaining in European Union. Comparison of
different industrial relations regimes – ImproCollBar – 101052292
DIALOGO SOCIALE E PROTESTA: UNA COMPARAZIONE SULLA
CONTRATTAZIONE COLLETTIVA IN EUROPA
RAPPORTO COMPARATIVO
FINALE
Il progetto è realizzato con il supporto finanziario della Direzione Generale Occupazione, Affari Sociali e Inclusione della Commissione Europea, SOCPL-2021-IND-REL.
Le opinioni espresse sono tuttavia solo quelle degli autori e non riflettono necessariamente quelle dell’Unione Europea (CE – DG Occupazione, Affari Sociali e Inclusione). Né l’Unione Europea né l’autorità concedente possono esserne ritenute responsabili.
AUTORI:
Xxxxxx Xxxxx – ISTURET/CITUB/ZOiS, Bulgaria Rositsa Makelova – ISTURET/CITUB, Bulgaria Xxxxxxx Xxxxxxx - XXXXXXX/CITUB, Bulgaria Xxxxxxxxx Xxxxxxxx - ISTURET/CITUB, Bulgaria Tsvetomila Ivanova - ISTURET/CITUB, Bulgaria Xxxx Xxxxxxx - HIVA - KU Leuven
Xxxxxxxx Xxxxxxxx - HIVA - KU Leuven
Sem Vandekerckhove - HIVA - KU Xxxxxx
Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx - Panteion University of Social and Political Sciences, Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxx - Panteion University of Social and Political Sciences, Grecia Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxx – Università di Pisa, Italia
Xxxxx Xxxxxxxxxx – Università di Pisa, Italia Xxxxxxxx Xxxxxxx - CNSLR-FRATIA, Romania Xxxxxxx Xxxxxxx - CNSLR-FRATIA, Romania
Xxxxx Xxxxx - Organization for Workers’ Initiative and Democratization (OWID), Croa-
zia
Xxxxx Xxxxx – Organization for Workers’ Initiative and Democratization (OWID), Croa-
zia
Xxxxxx Xxxxxxxx – General Confederation of Labour - Force Ouvrière (FO), Xxxxxxx
Xxxxx X X’Xxxxx - IDEAS institute, Irlanda
EDIZIONE GENERALE
Xxx Xxxxxxxxx – CITUB
Xxxxxx Xxxxx – ISTURET/CITUB/ZOiS
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Sofia, Giugno 2024
2
CONTENUTI
Sintesi 5
Framework della ricerca: teoria e metodi 9
Risultati 21
Belgio 21
1. La contrattazione collettiva in Belgio 21
2. Risorse di potere dei sindacati belgi 21
3. Azioni di protesta dei sindacati nel periodo recente 23
4. Risultati qualitativi 25
5. Sintesi 27
Bulgaria 29
1. La contrattazione collettiva in Bulgaria 29
2. Risorse di potere dei sindacati bulgari 29
3. Azioni di protesta dei sindacati nel periodo recente 32
4. Risultati qualitativi 34
5. Sintesi 36
Grecia 38
1. La contrattazione collettiva in Grecia 38
2. Risorse di potere dei sindacati greci 39
3. Azioni di protesta dei sindacati nel periodo recente 42
4. Risultati qualitativi 45
5. Sintesi 49
Italia 51
1. La contrattazione collettiva in Italia 51
2 Risorse di potere dei sindacati italiani 52
3. Azioni di protesta dei sindacati nel periodo recente 56
4. Risultati qualitativi 59
5. Sommario 63
Romania 65
1. La contrattazione collettiva in Romania 65
2. Risorse di potere dei sindacati rumeni 65
3. Azioni di protesta dei sindacati nel periodo recente 68
4. Risultati qualitativi 71
5. Sintesi 73
Croazia 74
1. Contrattazione collettiva e sindacati in Croazia 74
2. Le risorse energetiche del lavoro 75
3. Azioni collettive dei sindacati nel periodo recente 78
4. La contrattazione collettiva nel periodo recente 80
5. Principali problemi e sfide 81
6. Sintesi 82
Francia 83
1. Relazioni industriali e sindacati in Francia 83
2. La contrattazione collettiva in Francia 84
3. Sindacati e mobilitazioni in Francia 85
4. Quale futuro per i sindacati in Francia? 86
Irlanda 87
1. Introduzione 87
2. Forza lavoro irlandese 87
3. Partner sociali irlandesi 88
4. Contrattazione collettiva 89
5. Salario minimo nazionale / Salario di sussistenza 92
6. Conclusioni 94
Analisi comparativa 95
Bibliografia 104
Sintesi
Nell’era storica della “policrisi”, il movimento sindacale si trova ad affrontare nuove sfide e minacce mentre si verificano profondi cambiamenti nell’economia e nella sicu- rezza internazionale. In questo nuovo contesto, i sindacati stanno cercando modi per rimanere organizzazioni rilevanti per gli interessi dei lavoratori e rafforzare il loro ruolo con strategie organizzative e politiche innovative. Il progetto ImproCollBar (Improving Collective Bargaining in European Union. Comparison of different industrial relations regimes) e questo Rapporto Comparativo presentano la situazione in otto stati membri dell’UE con diversi regimi di relazioni industriali e mostrano contesti diversi di dialogo sociale e vari meccanismi per migliorare la contrattazione collettiva. Basandosi su un dataset unico di eventi di protesta e interviste con una varietà di organizzazioni, il team di ricerca ha identificato sfide e minacce, opportunità e risorse disponibili per i sinda- cati e ha suggerito meccanismi di successo per potenziare il potere dei sindacati e la copertura e l’ambito della contrattazione collettiva. Collegando concetti e strumenti dalla letteratura sulle relazioni industriali e dagli studi sui movimenti sociali, il Rapporto Finale offre una panoramica comparativa completa delle tradizioni, delle strutture e delle strategie dei movimenti sindacali nell’Unione Europea.
Il progetto di ricerca
Il progetto ImproCollBar, promosso dalla Confederazione dei Sindacati Indipendenti in Bulgaria (CITUB), è iniziato il 1° agosto 2022 e si è concentrato sull’espansione delle competenze nel campo delle relazioni industriali in 8 stati membri dell’UE (Belgio, Bul- garia, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Romania e un rapporto ospite sull’Irlanda) attra- verso una ricerca comparativa dei fattori e dei meccanismi che migliorano la portata e la copertura della contrattazione collettiva in diversi regimi di relazioni industriali nel contesto della Direttiva 2022/2041 sui salari minimi adeguati nell’Unione Europea e della pandemia di Covid-19.
L’analisi e la ricerca sulla contrattazione collettiva a livello UE sono state condotte in termini comparativi attraverso un’analisi incrociata di 8 stati membri dell’UE provenienti da diverse regioni europee nel contesto dell’iniziativa dell’UE sui salari minimi adeguati per tutti i lavoratori, alla luce della proposta della Commissione per una Direttiva sui Salari Minimi nel 2020, adottata il 19 ottobre 2022 (DIRETTIVA (UE) 2022/2041). Inoltre, il progetto mirava a contribuire e promuovere lo scambio di informazioni, esperienze e conoscenze tra i principali attori coinvolti nelle relazioni industriali (organizzazioni dei partner sociali) al fine di sviluppare e rafforzare migliori relazioni industriali in Europa, in particolare per quanto riguarda il funzionamento e gli effetti del coordinamento del- la contrattazione collettiva a diversi livelli e territori.
Il progetto ha incluso varie attività di ricerca, la raccolta di dati su larga scala sui regimi industriali e gli eventi di protesta dei lavoratori, rapporti di studio di caso e analisi com- parativa, la realizzazione di due eventi europei - una tavola rotonda e una conferenza finale. La diffusione dei risultati è avvenuta attraverso la pubblicazione di tutti i docu- menti di ricerca e analisi - 5 rapporti nazionali, un rapporto comparativo e una mappa delle pratiche di contrattazione collettiva di successo e sezioni del progetto sui siti web delle organizzazioni beneficiarie e associate. I principali gruppi target erano i lavorato- ri, i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro a livello nazionale e dell’UE, nonché
i responsabili politici nazionali e dell’UE.
I risultati del progetto hanno contribuito a ripensare le strategie dei sindacati nazionali in relazione al miglioramento della contrattazione collettiva in generale.
Questo rapporto comparativo fa parte delle attività del progetto ImproCollBar e, attra- verso di esso, sono state evidenziate molte diverse pratiche nazionali per l’introduzio- ne e l’implementazione della Direttiva sui salari minimi adeguati in ciascuno dei paesi partner del progetto. In vista di fornire migliori condizioni di lavoro e di vita, inclusi salari minimi adeguati, il Parlamento Europeo e il Consiglio hanno adottato la Direttiva 2022/2041 sui salari minimi adeguati, che si basa sulla proposta della Commissione per un quadro sui salari minimi volto a stabilire un quadro per migliorare l’adeguatezza dei salari minimi e aumentare l’accesso dei lavoratori alla protezione del salario minimo. La Direttiva mira a promuovere la contrattazione collettiva sui salari e migliorare l’applica- zione e il monitoraggio della protezione del salario minimo stabilito in ciascun paese. Negli Stati membri con salari minimi legali, la Direttiva mira anche a creare le condizioni per fissare salari minimi legali a livelli adeguati: criteri chiari e stabili per la determi- nazione del salario minimo, valori di riferimento indicativi per guidare la valutazione dell’adeguatezza, aggiornamenti regolari e tempestivi dei salari minimi e l’istituzione di organismi consultivi per consigliare le autorità competenti, limitando al minimo l’uso delle variazioni e delle deduzioni del salario minimo, garantendo il coinvolgimento ef- fettivo delle parti sociali nella determinazione e nell’aggiornamento del salario minimo legale. La Direttiva introduce anche la relazione annuale degli Stati membri sui dati della protezione del salario minimo alla Commissione. In questo contesto, la contratta- zione collettiva diventa vitale per l’attuazione della protezione del salario minimo e per garantire condizioni di lavoro e di vita adeguate. Tuttavia, a livello dell’UE, la copertura della contrattazione collettiva è attualmente sfidata e a lungo termine è stata in de- clino. Inoltre, la copertura della contrattazione collettiva varia sostanzialmente tra gli Stati membri dell’UE, poiché i paesi dell’Europa centrale e orientale sono caratterizzati da una bassa copertura rispetto ai paesi dell’Europa occidentale con una copertura moderata o elevata. Tuttavia, i percorsi e i meccanismi attraverso cui la copertura della contrattazione collettiva aumenta in percentuale e si espande nei settori differiscono tra i vari casi, provocati dai diversi regimi di relazioni industriali, dalle tradizioni storiche e dalle strutture politico-economiche. In questo senso, il progetto ImproCollBar mirava a colmare il divario nella comprensione e nella conoscenza da parte degli esperti e del- la ricerca sul miglioramento della contrattazione collettiva in diversi regimi di relazioni industriali.
1.2 Introduzione al progetto: organizzazioni partner e panoramica metodologica
L’obiettivo generale di ImproCollBar era quello di ampliare l’esperienza nel campo del- le relazioni industriali negli Stati membri dell’UE attraverso la ricerca comparativa dei fattori e dei meccanismi che migliorano la portata e la copertura della contrattazione collettiva. Il consorzio del progetto ha formulato e dedicato i propri sforzi alla realizza- zione di otto obiettivi specifici:
• Studiare il contesto nazionale, le condizioni politiche ed economiche esistenti relative al dialogo sociale e alle relazioni industriali, le sfide, le minacce e le op- portunità affrontate dai sindacati nel rafforzare il loro potere e la portata e la copertura degli accordi collettivi;
• Studiare l’impatto del quadro giuridico e istituzionale per il dialogo sociale e la
contrattazione collettiva, compresa la valutazione degli incentivi dello Stato per lo sviluppo della contrattazione collettiva;
• Studiare la capacità e il potere dei sindacati di intervenire in diversi settori e a diversi livelli attraverso un insieme diversificato di strategie e pratiche, inclusa la negoziazione con le organizzazioni dei partner sociali e le istituzioni statali, la costruzione di coalizioni con le organizzazioni della società civile e i movimenti sociali, la mobilitazione di azioni industriali come scioperi, manifestazioni e azio- ni simboliche;
• Effettuare un’analisi comparativa delle tendenze e delle caratteristiche dei regi- mi delle relazioni industriali nei paesi partner;
• All’interno del contesto della Direttiva europea sui salari minimi e della pande- mia da Covid-19, scambiare esperienze, strategie e pratiche per migliorare le relazioni industriali e, specificamente, la contrattazione collettiva;
• Mappare le pratiche di contrattazione collettiva e di dialogo sociale di successo nei paesi partner e il percorso attraverso il quale è stato raggiunto un accordo collettivo favorevole (attraverso negoziazioni, costruzione di coalizioni e/o azioni industriali);
• Organizzare discussioni e scambi tra esperti, decisori politici, rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro sul ruolo della contrattazione collettiva;
• Contribuire alla letteratura sulle relazioni industriali nell’UE e promuovere risul- tati positivi della contrattazione collettiva e il ruolo e l’impatto che il dialogo sociale può giocare nel processo di sviluppo delle relazioni industriali nei paesi partner e negli altri Stati membri dell’UE.
I Co-beneficiaries del progetto sono:
• Confederation of the Independent Trade Unions in Bulgaria (CITUB)
• Katholieke Universiteit LEUVEN (KU Leuven), Belgio
• Università di Pisa, Italia
• Panteion University of Social and Political Sciences, Grecia
• The National Trade Union Confederation CNSLR- FRATIA, Romania
I partner del progetto sono:
• Confederation of Christian Trade Unions, ACV/CSC, Belgio;
• Force Ouvrière, Francia;
• Organisation for Workers’ Initiative and Democratisation (BRID), Croazia
Fasi della ricerca
Fase 1 – Desk Research inclusa la raccolta di dati (ad esempio, panoramica storica delle tradizioni sindacali in ogni paese, densità sindacale, copertura degli accordi collettivi, quadro politico-economico e quadro legislativo per svolgere attività sindacale - dialogo sociale, contrattazione collettiva, diritto di sciopero/protesta, diritto di libera associa- zione, ecc.).
Fase 2 - Ricerca quantitativa. Questa parte della ricerca consisteva nella raccolta com- pleta, codifica e analisi di tutti gli articoli nazionali delle agenzie di stampa relativi a proteste/scioperi sindacali e dei lavoratori che si sono verificati nel periodo gennaio 2021 - agosto 2022. Questi sono stati raccolti da diverse fonti a livello nazionale. Inol- tre, questa parte ha incluso la raccolta di dati sulle relazioni industriali, già inclusi nella ricerca documentale, come le tendenze della densità sindacale e della copertura della contrattazione collettiva a livello nazionale e settoriale.
Fase 3 - Ricerca qualitativa. Questa fase della ricerca si è basata sull’obiettivo di com- prendere l’interpretazione di cinque diverse categorie di attori: rappresentanti dei sin- dacati, datori di lavoro, società civile/ONG, partiti politici e amministrazioni statali.
Fase 4 - Analisi comparativa dei report nazionali, inclusi le principali conclusioni e os- servazioni e la mappatura dello stato attuale nei cinque paesi.
Sulla base di queste quattro fasi di ricerca, sono stati sviluppati e diffusi cinque report nazionali, questo Rapporto Comparativo e una Mappa delle Pratiche di Contrattazione Collettiva di Successo. È stato organizzata una Tavola Rotonda Europea per discutere le dimensioni europee della ricerca, confrontare i dati e gli esempi di ‘buone pratiche’, e una Conferenza Internazionale Finale per presentare e discutere i risultati complessivi del progetto, diffondere le principali conclusioni e promuovere un dibattito più ampio su come migliorare la contrattazione collettiva in Europa.
Framework della ricerca: teoria e metodi
Xxxxxx Xxxxx
Nell’era della “policrisi”, plasmata dagli effetti a cascata delle numerose crisi mondiali, come la pandemia di Covid-19, la stagflazione, la volatilità dei mercati alimentari ed energetici globali, i cambiamenti climatici e i conflitti armati (Xxxxxxxx et al. 2024), il movimento sindacale si trova ad affrontare nuove sfide e minacce a causa dei profon- di cambiamenti avvenuti nella società, nell’economia e nella sicurezza internazionale. Nell’ultimo decennio, le principali tendenze socio-economiche, come la frammentazio- ne economica, l’aumento delle disuguaglianze, il nuovo fenomeno della precarizzazio- ne, informatizzazione e la digitalizzazione del lavoro, insieme alla maggiore presenza di partiti populisti antisindacali, hanno contribuito a indebolire i sindacati nella maggior parte degli stati membri dell’Unione Europea, facendo sì che i tassi di sindacalizzazione raggiungessero il livello più basso dal 1950 (Xxxxxx 2019).
Tuttavia, questo declino generale del lavoro organizzato è stato messo in discussione da una serie di ricerche (Xxxxxx 2019; Xxxxxxxx 2020; Xxxxx et al. 2023; Xxxxxxx e Otjes 2024), che suggeriscono come, in circostanze mutevoli, i sindacati trovano il modo di rimanere organizzazioni rilevanti per gli interessi dei lavoratori e di rivitalizzarsi con strategie organizzative e politiche innovative (Xxxxx et al. 2004; Trif et al. 2023). Il pro- getto ImproCollBar e questo rapporto comparativo presentano la situazione in otto casi studio provenienti da diversi regimi di relazioni industriali per valutare quali fattori e meccanismi contribuiscono alla copertura della contrattazione collettiva. Più specifi- camente, consideriamo i sindacati come attori collettivi dinamici, capaci di scelte stra- tegiche per rispondere alle nuove sfide e ai contesti in evoluzione. Queste strategie, tuttavia, sono filtrate da specifiche condizioni strutturali e tradizioni storiche che hanno un impatto sul modo in cui i sindacati si mobilitano e interagiscono con altri attori, e sui repertori utilizzati.
La nostra ricerca è incentrata su tre domande principali, che hanno guidato il progetto e questo rapporto comparativo:
D1: Cosa caratterizza i regimi di relazioni industriali nei paesi selezionati? D2: Xxxx spiega la copertura e la portata della contrattazione collettiva? D3: Come si può migliorare la copertura della contrattazione collettiva?
In questo senso, il progetto ImproCollBar e il presente rapporto comparativo cercano di spiegare la copertura della contrattazione collettiva, che è la variabile dipendente. Insieme alla densità sindacale, la copertura della contrattazione collettiva è l’indicatore più utilizzato del potere dei sindacati nelle teorie sulle risorse di potere (Regalia & Regini 2018). La copertura della contrattazione collettiva è legata al grado di influenza che i sindacati hanno in un determinato paese all’interno del dialogo sociale e del più ampio contesto economico e politico.
Il quadro teorico che guida la nostra ricerca si basa su quattro concetti principali: la contrattazione collettiva (CC), la struttura delle opportunità politiche, il modello delle risorse di potere e i meccanismi relazionali.
La contrattazione collettiva si riferisce a “tutte le negoziazioni che hanno luogo tra un datore di lavoro, un gruppo di datori di lavoro o una o più organizzazioni di datori di lavoro, da un lato, e una o più organizzazioni di lavoratori, dall’altro” (Convenzione OIL
n. 154). Il risultato della contrattazione collettiva è il contratto collettivo firmato, i cui
termini puntano a migliorare le condizioni di lavoro. La copertura della contrattazio- ne collettiva corrisponde al numero di dipendenti coperti da contratti collettivi, diviso per il numero totale di lavoratori salariati. Nella nostra analisi comparativa abbiamo esaminato paesi con diverse variazioni di copertura della contrattazione collettiva: da livelli più bassi a livelli più alti. A questo proposito, il progetto di ricerca comparativa ha l’obiettivo di spiegare la copertura della contrattazione collettiva sia nelle dinamiche interne ai casi che nelle differenze di risultato tra i casi.
Per quanto riguarda i fattori strutturali e contestuali che possono influenzare le strate- gie dei sindacati nel migliorare la contrattazione collettiva, guardiamo sia agli studi sui movimenti sociali (SMS) che alla ricerca sulle relazioni industriali (RI). Alcuni studiosi di RI tendono a concentrarsi sul ruolo delle istituzioni nel plasmare i movimenti sindacali e il comportamento dei lavoratori (Xxxxx et al. 2018). Nel loro articolo, Xxxxxxx, Xxxxxx e Xxxxxx (2003) mostrano come negli Stati Uniti e nel Regno Unito la mobilitazione di base e la costruzione di coalizioni siano il risultato della posizione istituzionale debole dei sindacati, mentre nei contesti in cui i sindacati hanno una posizione istituzionale più forte, come in Germania, Italia e Spagna, si affidano principalmente all’approccio del partenariato sociale. Come notato da Xxxxx et al. (2018), altri studiosi della tradizione delle RI hanno descritto come i contesti politici ed economici, tra cui le spaccature fra i datori di lavoro e lo Stato e la rapida crescita economica, siano stati cambiamenti strutturali cruciali, che hanno creato un’opportunità per i movimenti sindacali di fare pressione sulle loro richieste (ibid.).
In altri casi questi due filoni nella letteratura utilizzano strumenti analitici simili per spie- gare l’azione collettiva, ma danno nomi diversi a concetti o teorie specifiche (Xxxxx et al. 2018). Negli studi sui movimenti sociali, la struttura delle opportunità politiche, la teoria della mobilitazione delle risorse, le minacce economiche e i meccanismi rela- zionali sono tra i concetti chiave nell’esame dei movimenti sociali e del lavoro. Negli studi sulle relazioni industriali, l’approccio delle risorse di potere è fondamentale per comprendere le capacità, le risorse e le strategie dei sindacati. Seguendo gli sviluppi in entrambi i campi, il rapporto si concentra su diversi fattori esplicativi che si prevede possano influenzare la copertura e la portata della contrattazione collettiva. Pertanto, ponendo la contrattazione collettiva come variabile dipendente, ipotizziamo che una configurazione di fattori influenzi la CC nei paesi selezionati. Analogamente a quanto sta cercando di fare un recente filone della letteratura incentrato sul sindacalismo dei movimenti sociali (Pilati & Perra 2022; Trongone 2022; Xxxxx 1997), creiamo un ponte tra l’analisi tradizionale degli studi sul lavoro, l’approccio delle risorse di potere e i con- cetti più complessi degli studi sui movimenti sociali: la struttura delle opportunità poli- tico-economiche (PEOS) e i meccanismi relazionali. La Figura 1 riassume la previsione della combinazione di fattori e processi.
Per cominciare, ci aspettiamo che la tradizione del sistema di relazioni industriali e il percorso storico del movimento sindacale abbiano un impatto riguardo al ruolo dei sin- dacati nelle relazioni industriali, al rapporto con i partiti politici e i movimenti sociali e alle opinioni sui sindacati da parte della società in generale. In alcuni Paesi i sindacati hanno storicamente fatto parte di grandi movimenti politici appartenenti ai blocchi socialdemocratico, socialista e comunista o orientati verso i conservatori e i liberali. In altri casi, come quelli dell’Europa orientale post-socialista, i sindacati sono stati forte- mente associati al regime. Anche la costruzione del moderno sistema di dialogo sociale e delle relazioni industriali varia da paese a paese in termini di tempo, di evoluzione e di ruolo svolto dai sindacati.
Figura 1 Modello teorico per spiegare la contrattazione collettiva
Il progetto si basa sul concetto di regimi di relazioni industriali (IRR) per la selezione e il confronto dei casi. I regimi di relazioni industriali si riferiscono alle “interazioni tra da- tori di lavoro, lavoratori e governo e alle istituzioni e associazioni attraverso le quali tali interazioni sono mediate” (Xxxxx et al. 2018, citato in Furåker & Larsson 2020, 8). Tale concetto include variabili strutturali come la densità sindacale, l’adesione dei datori di lavoro, le risorse di potere delle organizzazioni, l’equilibrio di potere tra sindacati, organizzazioni datoriali, istituzioni, livelli di coordinamento o centralizzazione della con- trattazione, l’influenza politica delle parti sociali e il ruolo dello Stato (Furåker & Xxxxxxx 2020). Il concetto di regimi di relazioni industriali ci permette di esplorare sistematica- mente i vari mondi del movimento sindacale europeo e di selezionare casi specifici da analizzare.
Per quanto riguarda il concetto di struttura delle opportunità politico-economiche (PE- OS)1 , esso aiuta a evidenziare l’importanza delle condizioni strutturali specifiche per la mobilitazione delle persone e la realizzazione delle loro richieste. In breve, il concetto implica che gli aspetti strutturali (repressione da parte dello Stato, diritti di manifesta- zione e di sciopero, divisione all’interno dell’élite, ecc.) possono produrre opportunità, sfide o minacce per i movimenti sociali e i sindacati. In uno studio sulla contestazione in Repubblica Ceca, Císař e Xxxxxxxx (2017) hanno proposto dei “modelli” di capitali- smo che danno forma alle mobilitazioni delle azioni collettive, alle organizzazioni, alle tattiche, alla frequenza, al repertorio, agli obiettivi e alle cornici. Secondo gli autori, le varietà del capitalismo producono diverse formazioni della protesta (Císař & Xxxxxxxx 2017).
Sebbene i fattori strutturali plasmino il contesto, gli attori del settore non ne sono solo i destinatari. Infatti, il quadro PEOS prevede che le dinamiche strutturali diventino op- portunità o sfide quando gli attori le percepiscono come tali. Ad esempio, l’aumento del lavoro su piattaforma mette a rischio la presenza dei sindacati nei settori in cui si concentra il lavoro su piattaforma (come nei trasporti) a causa dei contratti irregolari e della fluidità della forza lavoro. Tuttavia il lavoro su piattaforma può essere visto anche come un’opportunità per applicare strategie nuove e innovative. Queste possono inclu-
1 Il PEOS è una recente innovazione concettuale negli studi sui movimenti sociali che cerca di collega- re l’approccio dominante - la struttura delle opportunità politiche all’interno degli SMS - con i fattori economici.
dere iniziative di coalizione tra collettivi informali di lavoratori e sindacati consolidati, la digitalizzazione delle attività sindacali e la creazione di applicazioni web per gli iscritti al sindacato.
Seguire l’approccio PEOS e svilupparlo in un quadro di ricerca comparativa sul dialogo sociale e sui sindacati aiuta a spiegare le variazioni nella contrattazione collettiva. Ci permette di concentrarci sulle dinamiche di specifiche caratteristiche strutturali e sulla percezione che ne hanno i sindacati, come gli effetti della globalizzazione e delle tra- sformazioni economiche, il campo politico e il quadro giuridico per il dialogo sociale, le organizzazioni sindacali e gli scioperi.
A differenza del quadro PEOS, il modello delle risorse di potere (Xxxxxxx et al., 2018) sottolinea l’importanza delle risorse disponibili e delle scelte strategiche effettuate dai sindacati per mobilitare tali risorse. Mentre il PEOS offre una prospettiva dinamica sulle opportunità e le minacce emergenti, il modello delle risorse di potere si concentra sui fattori stabili e a lungo termine che influenzano il potere dei sindacati. Seguendo que- sto approccio analizziamo quattro tipi di risorse a disposizione dei sindacati: il potere strutturale (all’interno del mercato del lavoro), il potere associativo (all’interno del pa- norama organizzativo), il potere istituzionale (all’interno delle istituzioni per il dialogo sociale) e il potere sociale (derivante dai legami tradizionali con altri gruppi sociali).
In questo senso, unire le due borse di studio in un unico progetto di ricerca ci permette di comprendere le specifiche opportunità e minacce politico-economiche così come le risorse a disposizione dei sindacati per migliorare la contrattazione collettiva.
Meccanismi relazionali e strategie sindacali
Mentre la tradizione storica e le condizioni strutturali modellano il contesto in cui opera- no i sindacati, questi ultimi possono adattare le loro strategie in base alle opportunità o alle risorse disponibili. In letteratura si distinguono tre grandi strategie. In primo luogo il dialogo con le altre parti sociali, studiato soprattutto nella letteratura sulle relazioni industriali. In secondo luogo la costruzione di coalizioni e alleanze con altre parti sociali o gruppi sociali. Questo potrebbe evolvere in ciò che Xxxxxxx Xxxxx (2017) definisce contro-mobilitazione trasversale (cross-movement counter-mobilization CMCM), in cui i movimenti sociali e i sindacati cooperano in una campagna comune. Infine i sindacati possono impiegare strategie innovative per mobilitare le loro circoscrizioni e coinvol- xxxx i cittadini in azioni collettive. Questo argomento è di interesse sia per i movimenti sociali che per gli studi sul lavoro, in quanto si riferisce al concetto di sindacalismo dei movimenti sociali (Trongone, 2022). Si concentra sui tentativi dei sindacati di rivitaliz- zarsi e rafforzarsi incorporando alcuni elementi delle attività dei movimenti sociali che, in alcuni casi, hanno avuto come risultato quello di attrarre nuovi membri.
Queste tre strategie sindacali sono filtrate dalle interpretazioni del dialogo sociale e della contrattazione collettiva da parte delle diverse parti sociali. Nei paesi in cui i par- titi politici sono percepiti come partner non affidabili, i sindacati evitano di collaborare con loro. Il contrario può accadere nei casi in cui i sindacati hanno tradizionalmente forti legami con i movimenti e i partiti politici. Un’altra possibile collaborazione è quella tra sindacati e movimenti sociali. Studi recenti sui movimenti di protesta e sulle proteste economiche suggeriscono modelli diversi in Europa. A seguito delle riforme di austerità dell’inizio del ventunesimo secolo e della Grande Recessione, si è sviluppata una nuova ondata di contestazioni economiche, che ha visto la mobilitazione di sindacati e mo- vimenti sociali (Xxxxx Xxxxx 2015; Xxxxxxxx et al. 2016) sotto forma di manifestazioni e scioperi (per l’Europa meridionale, si veda: Portos 2016; Xxxxxxxx 2019; Andretta 2018. Per l’Europa centro-orientale, si veda Dinev 2020; Xxxxxxx et al. 2020). Le contestazioni economiche sulle riforme di austerità o le mobilitazioni su temi quali i salari, le condizio-
ni di lavoro e i diritti dei lavoratori hanno spesso fatto parte di una coalizione più ampia tra sindacati, movimenti sociali e organizzazioni della società civile (Della Porta 2015). In altri paesi, in particolare nell’Europa dell’Est, le mobilitazioni di protesta di massa non hanno sempre tracciato la strada verso la costruzione di coalizioni, poiché le ondate di protesta, guidate da gruppi informali e organizzazioni della società civile, si sono con- centrate su rivendicazioni politiche, riguardanti i livelli di corruzione e la moralità dei governi, mentre le questioni economiche sono rimaste isolate dall’ampia lotta politica.
Attraverso un’ampia ricerca, il progetto ImproCollBar esplora la misura in cui vari mo- delli di costruzione di coalizioni e alleanze con movimenti sociali, partiti politici o altri attori sociali, nonché la mobilitazione di azioni industriali, sono associati alla copertura della contrattazione collettiva nei Paesi presi in esame. Il progetto studia anche come i sindacati impieghino strategie diverse per raggiungere i loro obiettivi all’interno del sistema di dialogo sociale.
Selezione dei casi
Partendo dalla letteratura esistente abbiamo scelto i nostri casi sulla base di due in- dicatori sistemici rilevanti, selezionando (1) paesi appartenenti a regioni con contesti storici e socio-politici diversi che presentano (2) regimi di relazioni industriali diversi. I paesi scelti sono stati identificati come rappresentanti di quattro diversi tipi di regimi di relazioni industriali, secondo una recente tipologia costruita da Furåker e Xxxxxxx (2020): il regime transitorio/frammentato (Bulgaria, Croazia e Romania); il regime di partenariato sociale (Belgio), il regime polarizzato/centrato sullo Stato (Italia, Francia e Grecia), il regime pluralista liberale (Irlanda). I quattro tipi hanno molte differenze tra cui la densità sindacale, il potere delle organizzazioni delle parti sociali, lo stile di contrattazione, il ruolo dello Stato e il ruolo delle parti sociali nelle politiche pubbliche.
Per quanto riguarda i risultati empirici e l’analisi comparativa, l’attenzione si concentra sui paesi al cuore del progetto: Belgio, Bulgaria, Grecia, Italia e Romania, dove sono stati raccolti e analizzati dati qualitativi e quantitativi originali. Per i partner associati Croazia, Francia e il capitolo ospite sull’Irlanda si è utilizzato solo il metodo della ricer- ca documentale e si è fornita una sintesi dei temi della contrattazione collettiva e del movimento sindacale.
Tabella 1 Selezione dei casi e tipo di regimi di relazioni industriali
Casi | Tipo di IRR |
Bulgaria, Romania e Croazia | Transitorio/frammentato |
Italia, Francia e Grecia | Polarizzato/centrato sullo Stato |
Belgio | Partenariato sociale |
Irlanda | Pluralista liberale |
Nota: adattato da Xxxxxxx e Xxxxxxx (2020).
Metodi e dati
Il progetto di ricerca e l’analisi comparativa impiegano un progetto di ricerca a metodi misti. Attraverso la combinazione di dati qualitativi e quantitativi, ci proponiamo di svi- luppare una comprensione più completa dei meccanismi e dei fattori che influenzano la contrattazione collettiva. L’assunto di base di questa ricerca è che l’integrazione di diverse serie di dati e metodi produce ulteriori approfondimenti rispetto alle informa- zioni fornite dai soli dati quantitativi o qualitativi (Xxxxxxxx & Xxxxxxxx 2018). In questo modo ci proponiamo di superare i limiti e i pregiudizi della ricerca a metodo singolo, che si concentra sul ruolo della struttura o dell’ente. Attraverso entrambi i tipi di dati,
possiamo osservare le condizioni strutturali, i modelli e le tendenze a lungo termine, e le motivazioni, le percezioni e le interpretazioni degli agenti. Inoltre, ci proponiamo di esaminare le dinamiche di macro e medio livello, come il contesto strutturale (storico, politico-economico), le azioni e le strategie collettive e il significato individuale che gli attori danno alle loro azioni. Come forma di ricerca a metodo misto, aderiamo a un disegno di convergenza, noto anche come triangolazione. Ciò comporta la raccolta si- multanea di dati quantitativi e qualitativi. I risultati sono presentati in varie sezioni all’in- terno dei risultati empirici, con un’integrazione che avviene durante l’interpretazione dei dati nella parte di discussione dell’analisi comparativa e in ogni relazione nazionale. La tabella 2 illustra le motivazioni alla base della ricerca a metodo misto nelle diverse fasi del lavoro.
Tabella 2 Informazioni sui metodi
Fasi | Metodi | Obiettivo della ricerca |
Ricerca a tavolino | Sintesi della ricerca esistente | Esplorare il contesto storico e strutturale |
Dati quantitativi | Analisi dell’evento di protesta (PEA) | Esplorare le azioni collettive del lavoro, le principali organizzazioni, le alleanze, i re- pertori, le richieste, i risultati. |
Dati qualitativi | Interviste strutturate | Punti di vista delle parti sociali, meccanismi, strategie e tattiche della contrattazione collettiva |
Pratiche | Mappatura dei casi di successo della contrattazione collettiva | Meccanismi per migliorare la contrattazione collettiva |
Ricerca a tavolino
La ricerca a tavolino si basa sull’esame di dati qualitativi e quantitativi secondari e del- la letteratura. L’obiettivo è offrire un’introduzione al contesto storico, una panoramica delle condizioni socio-economiche, politiche e legali per i sindacati, il dialogo sociale e la contrattazione collettiva, compresa la raccolta di dati statistici sulle caratteristiche dei regimi di relazioni industriali, come la distribuzione della densità sindacale, la por- tata, la frequenza e le misure dei contratti collettivi tripartiti e bipartiti.
Analisi degli eventi di protesta (PEA)
Dopo aver sviluppato i contesti dei casi selezionati, procediamo alla fase quantitativa della ricerca con un dataset originale di analisi degli eventi di protesta. Questo dataset illustra le dinamiche delle agitazioni sindacali nel periodo successivo alla pandemia Co- vid-19. Comprende diverse caratteristiche, tra cui le organizzazioni coinvolte, la natura delle loro rivendicazioni, gli obiettivi delle loro azioni, i repertori di protesta utilizzati e gli esiti delle azioni collettive. Queste azioni spaziano dagli scioperi dei lavoratori alle dimostrazioni e ai gesti simbolici. Seguendo la tradizione della letteratura sui movimen- ti sociali sull’analisi degli eventi di protesta (Xxxxxxxx 2018; Dinev 2020) definiamo gli eventi di protesta dei lavoratori come ogni azione collettiva dei lavoratori che esprime malcontento e disaccordo, messa in scena da qualsiasi tipo di organizzazione o gruppo di lavoratori, siano essi federazioni/confederazioni sindacali istituzionali, sindacati di base o collettivi di lavoratori non istituzionali, organizzati formalmente oppure no.
Per quanto riguarda le tecniche di raccolta dei dati, le informazioni sono state raccolte
dalle agenzie di stampa nazionali attraverso i loro motori di ricerca utilizzando termini specifici. Questi termini includono combinazioni come “sindacato/i” E “protesta” o “pro- testa sindacale”, “lavoratore/i” E “protesta” o “protesta dei lavoratori” e “sciopero”. Se la lingua locale preferisce “manifestazione” per descrivere gli eventi di protesta, si usa questo termine invece di “protesta”. Inoltre, le varianti di questi termini (come “mani- festanti operai” o “lavoratori in protesta”) sono utilizzate come parole chiave da indivi- duare nel titolo o nella descrizione degli articoli di cronaca. Il cifrario del set di dati sugli eventi di protesta è stato organizzato in 31 variabili. Le variabili principali includono la data dell’evento, il numero di partecipanti alla protesta, le caratteristiche dell’orga- nizzazione, le rivendicazioni avanzate, l’obiettivo, le reazioni della polizia, le forme di azione, le campagne o le proteste singole, e il livello di mobilitazione.
Questa parte dell’analisi fa luce sulle dinamiche e sulle caratteristiche generali dello sviluppo delle relazioni industriali nei cinque paesi principali. Inoltre, aiuta a compren- dere le strategie dei sindacati nel contesto di crisi multiple, le tattiche scelte, le alleanze e i metodi di azione collettiva. Il periodo di PEA in esame inizia nel 2021, cogliendo gli anni immediatamente successivi alla pandemia, e termina nell’agosto 2022, alcuni mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina. In questo senso, il dataset colma una lacuna nella comprensione dei regimi di relazioni industriali e delle mobilitazioni sindacali in questo periodo di turbolenze socio-economiche, sanitarie e di sicurezza.
Interviste strutturate
Oltre alle azioni collettive dei sindacati, abbiamo indagato con tecniche qualitative le informazioni sul sistema di dialogo sociale e le opinioni delle varie parti sociali in ogni Paese. La selezione degli intervistati segue la tecnica di campionamento a massima variazione descritta da Xxxxxxxx e Poth (2018, 269-273) che prevede un campionamen- to teorico dei partecipanti in base alle loro caratteristiche. Abbiamo quindi condotto interviste strutturate con i rappresentanti di 71 organizzazioni dei 5 paesi principali: sindacati e confederazioni con e senza contratti collettivi, organizzazioni dei datori di lavoro con e senza contratti collettivi, rappresentanti dei partiti politici, dei movimenti sociali, delle organizzazioni della società civile e dell’amministrazione statale.
Il ruolo delle interviste strutturate è quello di concentrarsi sulla comprensione sogget- tiva della contrattazione collettiva da parte degli attori, in particolare sul modo in cui viene raggiunto l’accordo (attraverso il dialogo sociale, la costruzione di coalizioni e/o l’azione collettiva), sul modo in cui i lavoratori hanno percepito l’accordo, sul motivo per cui hanno (o non hanno) organizzato vertenze collettive o azioni per rivendicare migliori condizioni di lavoro e salari, il miglioramento dei diritti umani e dei lavoratori.
Mappatura delle pratiche di successo
Oltre ai dati precedenti, abbiamo anche analizzato casi di studio specifici di pratiche di contrattazione collettiva di successo, che sono stati pubblicati in un rapporto separato: “Mappa delle pratiche di successo per una contrattazione collettiva”. Questo lavoro comprende diversi elementi, tra cui il periodo di tempo, le organizzazioni coinvolte (sia quelle capofila che quelle partner), la portata del caso (se si tratta di livello aziendale, di settore, industriale o nazionale), la questione o il problema specifico da affrontare, una descrizione di come è stato raggiunto l’obiettivo e una panoramica dei risultati e del loro impatto.
La mappa è costituita da 23 dei casi più significativi di contratti collettivi dei 5 pae- si principali e della Croazia. Sebbene la mappa sia pubblicata separatamente, il suo contenuto fornisce informazioni aggiuntive per l’analisi comparativa che ci permette di esplorare le dinamiche della contrattazione collettiva nei Paesi citati.
Revisione della letteratura
Negli ultimi anni sono stati condotti molti studi sulle relazioni industriali e sulla contrat- tazione collettiva a livello europeo o transnazionale. Lo studio di Eurofound (2020) In- dustrial relations: Developments 2015-2019 offre un’analisi comparativa del sistema di relazioni industriali nell’UE-28, comprese le tendenze del dialogo sociale europeo e del dialogo sociale a livello nazionale. Particolare attenzione è rivolta alle sfide derivanti dalle crisi economiche e occupazionali, dai cambiamenti strutturali e dalla diminuzione della densità organizzativa. Il rapporto esamina i dati recenti dell’indagine europea sulle imprese del 2019, in particolare sul dialogo sociale e sulla partecipazione dei lavo- ratori nelle imprese. Un rapporto più recente di Eurofound (2022) Moving with the times: Emerging practices and provisions in collective bargaining esplora lo sviluppo della con- trattazione collettiva in 10 Stati membri dell’UE durante la pandemia. La ricerca si basa su interviste con i principali stakeholder e le parti negoziali a livello nazionale e valuta la capacità dei sistemi di contrattazione collettiva di adattarsi ai cambiamenti strutturali del lavoro, della produzione e del mercato del lavoro. Negli studi citati di Eurofound, è stata individuata la tendenza multinazionale al decentramento della contrattazione collettiva. Nella maggior parte dei Paesi nordici, dell’Europa centrale e occidentale, il decentramento avviene in modo più organizzato. Tuttavia, in molti Paesi dell’Europa centrale e orientale si è verificata una deriva verso un modello di relazioni industriali più decentrato e meno tripartito o neocorporativo. Vengono citati i prossimi passi neces- sari, come ad esempio colmare i divari strutturali, migliorare i collegamenti tra i livelli europei e nazionali delle relazioni industriali, investire nella capacità delle parti sociali di contribuire alla governance del mercato del lavoro, rafforzare la democrazia sul po- sto di lavoro, ecc.
Nel 2019 la Commissione europea ha avviato, insieme all’OIL, un progetto denominato Enhancing Social Partners and Social Dialogue’s Roles and Capacity in the New World of Work (Xxxxxxxxx & Ghellab 2020). Il progetto presenta una ricerca comparativa sui si- stemi di relazioni industriali e sul dialogo sociale della maggior parte degli Stati membri dell’UE, dei Paesi dei Balcani occidentali e della Turchia. Il progetto mira ad analizzare e documentare come le parti sociali stiano cercando di adattarsi ai nuovi cambiamenti e quali siano le sfide che stanno affrontando a questo proposito. Il progetto cerca inoltre di identificare le buone pratiche di dialogo sociale, compresa la contrattazione colletti- va, che stanno emergendo in vari Paesi, nonché le azioni delle autorità pubbliche, volte a rafforzare il ruolo del dialogo sociale nell’affrontare le nuove sfide e opportunità del nuovo mondo del lavoro, sostenendo al contempo l’autonomia delle parti sociali. Lo studio offre esempi di diverse iniziative intraprese dalle parti sociali per incrementare l’adesione, in particolare tra i gruppi tradizionalmente difficili da organizzare. Il declino della densità sindacale è stato particolarmente marcato tra i giovani, i lavoratori poco qualificati, i lavoratori con contratti a breve termine e gli immigrati. Lo studio illustra anche che i sistemi nazionali di relazioni industriali (tra cui il livello predominante di contrattazione collettiva, il coordinamento e l’articolazione tra i livelli, la portata degli accordi e il ruolo rispettivo dello Stato/delle autorità pubbliche nella regolamentazione del mercato del lavoro) influiscono sulla misura in cui la contrattazione collettiva rego- la le condizioni di lavoro. L’esistenza di un meccanismo di espansione può aver svolto un ruolo nel mantenere un’alta densità sindacale e alti tassi di affiliazione dei datori di lavoro, come in Belgio. Allo stesso tempo, il meccanismo di espansione può ridurre la disponibilità delle parti sociali a impegnarsi in un dialogo sociale autonomo a livello locale e a firmare contratti collettivi.
Mentre il progetto della Commissione europea si concentrava sul nuovo modo di la- vorare e sulla digitalizzazione, ImproCollBar si propone di esplorare la trasformazione
delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva attraverso una prospettiva più ampia, con l’analisi di un insieme diversificato di fattori e meccanismi, tra cui le oppor- tunità, le sfide e le minacce del contesto istituzionale, legale e politico-economico. In questo senso ImproCollBar contribuisce alla conoscenza analitica e all’esperienza delle relazioni industriali, ampliando l’ambito della ricerca e le variabili che possono avere un impatto sulla copertura della contrattazione collettiva.
Nel rapporto dell’OCSE (2019) Negotiating Our Way Up, viene fornita un’analisi compa- rativa dei sistemi di relazioni industriali, con particolare attenzione ai modelli e ai pro- cessi di contrattazione collettiva. Viene prestata particolare attenzione alle tendenze del mercato del lavoro e al loro impatto sulle relazioni industriali e sulla contrattazione collettiva. Il rapporto fornisce una rassegna dettagliata degli attori chiave, del funzio- namento delle istituzioni di contrattazione collettiva e degli accordi di rappresentanza dei lavoratori nei paesi OCSE. Analizza inoltre il ruolo dei sistemi di contrattazione col- lettiva nell’occupazione, nella qualità del lavoro e nell’inclusività del mercato del lavoro. In particolare, si addentra in un territorio relativamente inesplorato, ovvero il rapporto tra contrattazione collettiva, voce dei lavoratori e aspetti non monetari della qualità del lavoro, come la qualità dell’ambiente lavorativo. Infine, il rapporto esamina come la contrattazione collettiva possa essere adattata per affrontare le sfide emergenti, come quelle legate all’automazione, alla globalizzazione e all’invecchiamento.
Secondo il rapporto dell’OCSE (2019), i sistemi di contrattazione caratterizzati da un elevato grado di coordinamento salariale tra le unità di contrattazione sono associati a una maggiore occupazione e a una minore disoccupazione per tutti i lavoratori, rispetto ai sistemi completamente decentralizzati. Questo perché il coordinamento aiuta le parti sociali a tenere conto della situazione del ciclo economico e degli effetti macroecono- mici degli accordi salariali sulla competitività. Lo studio descrive che il calo della densità sindacale è stato accompagnato da una riduzione della quota di lavoratori coperti da un contratto collettivo, che si è ridotta al 32% nel 2017 rispetto alla media del 46% nel 1985 nei paesi OCSE. Il declino è stato più forte nei paesi dell’Europa centrale e orienta- le, con forti diminuzioni osservate anche nel Regno Unito e, più recentemente, in Grecia. La copertura è rimasta relativamente stabile nella maggior parte dei Paesi dell’Europa continentale, a eccezione della Germania, dove è diminuita significativamente dalla riunificazione del 1990. La Commissione ha inoltre osservato che la copertura della con- trattazione collettiva è elevata e stabile solo nei paesi in cui vengono negoziati accordi tra più datori di lavoro (cioè a livello settoriale o nazionale) e in cui la percentuale di imprese aderenti a un’associazione datoriale è elevata, o in cui gli accordi sono estesi anche ai lavoratori che operano in imprese non aderenti a un’associazione datoriale firmataria.
ImproCollBar si basa sul rapporto dell’OCSE e lo arricchisce ulteriormente nei seguenti modi. Il rapporto dell’OCSE ha posto la contrattazione collettiva come variabile indipen- dente nella sua analisi per spiegare la disuguaglianza sociale e come le relazioni tra lavoratori e datori di lavoro possano giovare a entrambi col modo di lavorare in evolu- zione. Mentre questo progetto di ricerca contribuisce alla comprensione dell’importan- za della contrattazione collettiva, nella nostra ricerca integriamo l’esperienza specifica su come migliorare la contrattazione collettiva. Pertanto poniamo la contrattazione collettiva come variabile dipendente che ci proponiamo di spiegare.
Dal 2016 al 2018 un progetto chiamato DECOBA, intitolato “Decentramento della con- trattazione collettiva negli anni della crisi in Europa: assetti, tendenze e prospettive (VS/2016/0155)”, è stato realizzato da istituti di ricerca sindacale, università e ONG di Italia, Francia, Belgio, Spagna e Germania (cfr. Xxxxxxxx & Pedersini 2018). Il progetto contiene una ricerca sulla contrattazione collettiva in Europa dopo la Grande Recessio-
ne (2008-2011), concentrandosi sul periodo 2012-2017. Secondo i risultati della ricerca, i fattori che possono influenzare il coordinamento orizzontale includono la presenza di un livello di contrattazione intersettoriale, la forza e il ruolo delle organizzazioni di punta in entrambi i lati del settore, la pratica della contrattazione di modello e le disposizioni legali che applicano le norme salariali. Allo stesso modo, il coordinamento verticale può essere promosso da prerogative e priorità stabilite sia nei contratti collettivi (come nel sistema di clausole di apertura in Germania) sia nella legislazione, che garantisce che le contrattazioni decentrate possano migliorare solo le condizioni stabilite a livelli superio- ri (come nel caso del Belgio). In genere, le disposizioni di legge che influenzano il grado di coordinamento orizzontale contribuiscono a rafforzarlo, attuando standard generali in termini di evoluzione dei salari o di altre condizioni di lavoro. Al contrario l’effetto sul coordinamento verticale dipende in modo critico dal contenuto delle norme, che posso- no sostenere sia i sistemi di contrattazione organizzati che quelli disorganizzati.
La nostra analisi comparativa si basa su questo studio del passaggio in corso dalla con- trattazione collettiva multi-datoriale coordinata a livello centrale, alla contrattazione collettiva decentrata negli Stati membri dell’UE selezionati. Il rapporto DECOBA, tutta- via, ha preso in esame i paesi dell’Europa occidentale e meridionale, mentre la situa- zione negli Stati membri dell’Europa centro-orientale non è stata esplorata. Pertanto, la raccolta dati del nostro progetto, che si basa sulla scelta di paesi di diverse regioni europee con diverse traiettorie storiche e tradizioni di relazioni industriali, presenta dei vantaggi nell’approccio comparativo. In questo senso, il confronto tra i diversi modelli di sistema in ImproCollBar ci dà la possibilità di capire come si sviluppa la contrattazione collettiva in contesti molto diversi.
Un altro ampio studio comparativo sulla contrattazione collettiva è il rapporto dell’ETUI Collective bargaining in Europe - towards an endgame (Xxxxxx et al. 2019).. Lo studio comprende tutti gli Stati membri dell’UE e presenta un’analisi comparativa delle ten- denze della contrattazione collettiva negli ultimi anni. I capitoli nazionali analizzano sei dimensioni della contrattazione collettiva: l’estensione, il livello, la profondità e la sicu- rezza della contrattazione, l’ambito di applicazione e il grado di controllo degli accordi collettivi. L’aspetto che emerge in tutta la pubblicazione è che i sistemi di contrattazio- ne collettiva sono sotto pressione. In particolare i sostenitori dell’agenda politica neoli- berale considerano la contrattazione collettiva e i sindacati come “rigidità” nel mercato del lavoro che limitano la crescita economica e compromettono l’imprenditorialità. Con l’intento dichiarato di ottenere una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, aumen- tare i tassi di crescita della produttività e migliorare la competitività, i politici neoliberali hanno cercato di limitare la copertura e la portata della contrattazione collettiva. Gli esiti delle pressioni politiche per perseguire un’agenda politica neoliberista variano da uno Stato membro all’altro. Nell’Europa dell’Est, ad esempio, i sistemi di contrattazione industriale stanno subendo una frammentazione, anche se la portata varia a seconda degli Stati membri. Questa tendenza è particolarmente pronunciata nei paesi sottopo- sti all’intervento della Troika, dove la copertura e la portata della contrattazione sono state significativamente limitate.
Anche il progetto ImproCollBar si basa su questa analisi su larga scala della contratta- zione collettiva. Tuttavia, nello studio dell’ETUI, gli autori hanno esplorato il tema in un arco temporale molto diverso: dal 2000 al 2019 e soprattutto durante la Grande Reces- sione e negli anni precedenti a essa, mentre momenti critici recenti come la pandemia e la successiva crisi ucraina mancano nell’analisi di come la contrattazione collettiva sia cambiata e di come possa essere migliorata. Un’altra differenza è il quadro di ricerca esplorativo dei rapporti nazionali e dell’analisi conclusiva, in cui l’enfasi è posta prin- cipalmente sull’analisi della variabile dipendente (la contrattazione collettiva), mentre
i fattori contestuali, sistemici e relazionali che sfidano o migliorano la contrattazione collettiva non sono stati esaminati in modo approfondito.
Contributo alla ricerca
Passando in rassegna i più importanti progetti, rapporti e volumi recenti sulla contratta- zione collettiva e le relazioni industriali abbiamo identificato quattro contributi di ricer- ca e pratici di questo rapporto comparativo.
In primo luogo, a livello teorico, il rapporto mira a far luce sui fattori e sui meccani- smi che portano al miglioramento della portata e della copertura della contrattazione collettiva, collegando gli studi sulle relazioni industriali e quelli sui movimenti sociali. Mentre gli studi sulle relazioni industriali tendono a concentrarsi sul quadro istituziona- le del dialogo sociale e della contrattazione collettiva, dando per scontata l’esistenza dei sindacati e del sistema di contrattazione collettiva, gli studi sui movimenti sociali possono contribuire a spiegare i processi di mobilitazione dei lavoratori, la capacità dei sindacati di espandere i diritti dei lavoratori, di mobilitare i lavoratori e di migliorare la contrattazione collettiva. I sindacati applicano una serie di strategie diverse per rag- giungere le loro richieste e queste strategie, così come i loro risultati, variano da paese a paese. Di solito i tassi di copertura della contrattazione collettiva sono spiegati solo dai quadri giuridici e istituzionali. Sebbene gli studiosi di relazioni industriali esplorino spesso in che misura i negoziati dei sindacati con i governi e le organizzazioni delle parti sociali abbiano un impatto sulla copertura della contrattazione collettiva, questa ricer- ca non tiene conto dei fattori strutturali e relazionali che possono spiegare i risultati. Recentemente alcuni studiosi di relazioni industriali hanno attinto alle teorie dei movi- menti sociali per spiegare l’emergere e il successo delle campagne sindacali, ma come hanno recentemente osservato Tapia, Xxxxxxxx e Roca-Servat (2018) in una revisione di entrambi i filoni di letteratura, attualmente questi due studi tendono a dividersi. In questo senso i concetti e le tecniche degli studi sui movimenti sociali possono colmare le lacune nella comprensione dei fattori e dei meccanismi cruciali che migliorano le ca- pacità e i punti di forza delle relazioni industriali e dei sindacati.
In secondo luogo, a livello di dati quantitativi, i nostri risultati aumentano la consapevo- lezza delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva nel contesto della pan- demia Covid-19 e dell’inizio della guerra contro l’Ucraina. Mentre alcuni dati statistici sono disponibili sui siti web dell’OIL, di Eurofound e dell’ETUI (ad esempio, le principali caratteristiche socio-economiche, la densità sindacale, l’opinione pubblica sul mondo del lavoro durante il Covid-19), importanti caratteristiche dei regimi di relazioni indu- striali, come le controversie collettive di lavoro e le azioni collettive non formalizzate dei lavoratori (scioperi, manifestazioni, azioni simboliche), sono prive di dati o devono essere perfezionate con tecniche di misurazione robuste, come nel caso della densità sindacale e dell’ambito e della portata dei contratti collettivi. L’OIL dispone di un data explorer2 che riporta l’attività di sciopero a livello mondiale, ma per Bulgaria, Croazia e Romania non sono stati registrati dati, mentre per Grecia, Italia, Francia e Belgio le ultime osservazioni risalgono al 1998, 2009 e 2000. Allo stesso modo, il dataset di ETUI3 sull’attività di sciopero non presenta osservazioni nei Paesi selezionati, ad eccezione del Belgio. Inoltre, l’unità di osservazione è la media dei giorni persi a causa di un’azio- ne sindacale, mentre dati più solidi possono essere generati attraverso altre tecniche, tra cui gli archivi dei sindacati, i notiziari e gli archivi delle istituzioni statali sulle azioni e le controversie di lavoro. Allo stesso tempo, studi di caso e ricerche comparative di studiosi di movimenti sociali hanno mostrato livelli medio-alti di scioperi e contestazioni
2 Vedi ILOSTAT, “Indicatori e strumenti di dati”, xxxxx://xxxxxxx.xxx.xxx/xxxx/.
3 Xxxx ETUI, “Mappa degli scioperi”, xxxxx://xxx.xxxx.xxx/xxxxxxx-xxx.
dei lavoratori prima e durante la Grande Recessione in Bulgaria (Dinev 2020), Croazia (Dolenec et al. 2020), Italia (Andretta 2018) e Grecia (Karyotis & Rüdig 2018), basandosi sull’analisi dei resoconti giornalistici degli eventi di protesta nei Paesi citati.
Analogamente ai dati sulle mobilitazioni dei lavoratori e sulle azioni industriali, i dati disponibili sui tassi di densità sindacale e sulla copertura della contrattazione collettiva presentano alcuni limiti. Ad esempio l’ILOSTAT dispone di tendenze di questi indicatori solo fino al 2016, mentre i dati relativi al periodo successivo, ovvero l’arco temporale di questo progetto, sono ancora mancanti. Il secondo punto riguarda la qualità dei dati forniti. L’ILOSTAT riporta che le attività di sciopero e i giorni persi a causa di azioni industriali si riferiscono principalmente a registrazioni amministrative da parte delle istituzioni statali, ma queste attività di sciopero formalizzate possono essere fuorvianti per le tendenze di contestazione e i modelli delle lamentele dei lavoratori. Inoltre, i nu- meri ufficiali delle azioni collettive escludono un’analisi più approfondita, qualitativa e descrittiva delle rivendicazioni dei lavoratori, dei loro obiettivi, dei repertori delle azioni industriali, delle reazioni dei datori di lavoro e dello Stato, ecc. Questo tipo di infor- mazioni può essere osservato attraverso altri set di dati, metodi e tecniche, come già menzionato, l’analisi degli eventi di protesta (PEA).
In terzo luogo, a livello di dati qualitativi, oltre a perfezionare e aggiornare i dati stati- stici sulle relazioni industriali, questo studio contribuisce alla letteratura sulle relazioni industriali con un esame della contrattazione collettiva attraverso un’analisi qualitativa, con un’attenzione specifica all’interpretazione e alle informazioni fornite dagli attori coinvolti nel sistema di dialogo sociale sui meccanismi e sui fattori che migliorano la contrattazione collettiva. Attraverso interviste a diversi attori coinvolti nel processo di contrattazione collettiva e l’analisi di casi specifici di pratiche di successo di contrat- tazione collettiva, questo progetto integra la comprensione delle relazioni industriali nei Paesi selezionati da prospettive di macro e medio livello. Mentre la maggior parte degli studi sulle relazioni industriali esamina solitamente il dialogo sociale attraverso l’interpretazione dei sindacati e dei datori di lavoro, nella nostra ricerca abbiamo con- dotto interviste anche con altri attori, importanti per comprendere l’ampio sistema del dialogo sociale, come le amministrazioni statali, i movimenti sociali, le organizzazioni della società civile e i partiti politici. In questo modo consideriamo il dialogo sociale e il sistema di relazioni industriali come parte di un sistema più complesso e dinamico di molteplici attori e interventi.
In quarto luogo, per quanto riguarda la dimensione europea e transnazionale del rap- porto di ricerca, confrontando la maggior parte dei diversi modelli di sistema, i risultati potrebbero essere utilizzati per comprendere altri casi dell’Unione Europea. Il rapporto fornisce ricerche e analisi sulle tendenze comuni delle relazioni industriali e della con- trattazione collettiva, che sono importanti per molti Stati membri dell’UE (ad esempio, il declino dell’adesione e della densità dei sindacati, la de-regolamentazione, il decen- tramento, l’estensione transnazionale delle relazioni industriali, ecc.
Risultati
Le sintesi riassumono i principali risultati di otto casi. Sono inclusi i paesi dei par- tner principali (Belgio, Bulgaria, Grecia, Italia e Romania) e ulteriori rapporti di ricerca a tavolino di partner associati (Francia e Croazia) e un capitolo ospite sull’Irlanda.
Xxxxxx
Xxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx e Xxx Xxxxxxxxxxxxxx
1. La contrattazione collettiva in Belgio
Rispetto agli altri Stati membri dell’UE, in Belgio il dialogo sociale rimane solido, con alti livelli di densità sindacale intorno al 50% (OCSE e AIAS, 2021). Questa forza è attribuita a diversi fattori, tra cui un quadro istituzionale ben sviluppato che sostiene l’adesione ai sindacati. Elementi chiave come le strutture di rappresentanza esclusivamente sinda- cali, quasi un sistema di Gand (Xxxxxxxx, 2023a), quote sindacali relativamente basse e ampi servizi forniti dai sindacati contribuiscono a mantenere alti i livelli di adesione.
Il meccanismo di estensione dei contratti collettivi di lavoro (CCL) e il suo ampio utiliz- zo hanno portato la copertura della contrattazione collettiva al 96%, una cifra che è rimasta stabile per oltre quattro decenni (OCSE e AIAS, 2021). Estendendo i CCL a tutte le aziende di un determinato settore o all’intero settore privato, questi meccanismi fa- voriscono la parità di condizioni. Ciò garantisce che tutti i datori di lavoro siano tenuti a rispettare gli stessi standard e obblighi delineati negli accordi, promuovendo così l’equità e la coerenza in tutto il mercato del lavoro. L’elevata copertura della contrat- tazione collettiva in Belgio può essere attribuita principalmente al Consiglio nazionale del lavoro (CNL), che ha firmato oltre 170 CCL, la maggior parte dei quali è stata estesa a tutti i dipendenti del settore privato. Inoltre, circa il 75% dei dipendenti è coperto da comitati paritetici, il che contribuisce ulteriormente all’ampia copertura dei contratti collettivi. Vale la pena notare che una parte significativa dei dipendenti non coperti da comitati paritetici è costituita da dipendenti pubblici, che operano in un sistema sepa- rato di contrattazione collettiva (RSZ, 2023).
2. Risorse di potere dei sindacati belgi
Di seguito viene fornita una panoramica del lavoro organizzato belga attraverso la len- te della teoria delle risorse di potere.
2.1. Potere strutturale
Il potere strutturale può essere distinto in due tipi di potere: il potere di contrattazione sul posto di lavoro e il potere di contrattazione sul mercato (Xxxxxxx et al., 2018).
In Belgio, la presenza di fondi centrali per gli scioperi all’interno dei sindacati e l’uso di indennità di sciopero (Xxxxxxxx, 2023a), insieme all’impegno attivo dei sindacati negli scioperi e al conseguente alto numero di scioperi, indicano che nel paese il potere di contrattazione sul posto di lavoro è elevato. Ciò è ulteriormente confermato dall’alta
percentuale di scioperi spontanei osservati in Belgio.
Al contrario, nel mercato del lavoro, i lavoratori e le persone in cerca di lavoro possie- dono attualmente un potere contrattuale relativamente basso. Ciò è dovuto principal- mente alle carenze strutturali del mercato del lavoro, caratterizzato da alti tassi di posti vacanti, un tasso di disoccupazione del 5,6% e un tasso di inattività del 22,4% (Hoge Raad voor de Werkgelegenheid, 2023). Soprattutto nelle Fiandre, le aziende hanno do- vuto affrontare sfide per l’assunzione di dipendenti dopo la crisi del Covid-19. La VBO, la più grande organizzazione belga di datori di lavoro, sottolinea che i datori di lavoro devono far fronte a carenze di personale a tutti i livelli di competenza, con mancanze osservate in particolare nelle professioni tecniche e ingegneristiche, nonché nelle posi- zioni orientate al servizio clienti (Coenegrachts, 2023). Queste difficoltà di reclutamento possono essere attribuite a diversi fattori, tra cui l’invecchiamento della forza lavoro, la richiesta di competenze specifiche e le condizioni di lavoro e di impiego impegnative, come le mansioni fisicamente faticose, i turni nei fine settimana e di sera e la prevalen- za di contratti part-time e temporanei. Questi fattori contribuiscono collettivamente a far sì che alcune opportunità di lavoro siano percepite come poco attraenti dai poten- ziali candidati (VDAB, 2024).
2.2. Potere organizzativo
I sindacati belgi hanno strutture ben consolidate, organizzate in confederazioni nazio- nali che coordinano le attività tra i sindacati affiliati e forniscono sostegno alla contrat- tazione collettiva e alla rappresentanza. L’insieme degli iscritti supera i 3 milioni e la densità sindacale è di circa il 50%. Poiché questa consistente base di iscritti è concen- trata all’interno delle tre confederazioni, il potere organizzativo è molto concentrato.
Inoltre, i sindacati spesso dispongono di personale dedicato per migliorare la loro capa- cità organizzativa e la loro efficacia nel difendere gli interessi dei lavoratori. Ad esem- pio, l’ACV/CSC impiega circa 3.000 persone, mentre l’ACLVB/CGSLB 600. Inoltre, l’ACV/ CSC si avvale di circa 60.000 volontari, che fungono da punto di contatto principale del sindacato per i dipendenti che cercano assistenza o orientamento su questioni legate al luogo di lavoro.4 I sindacati belgi sono quindi organizzazioni di grandi dimensioni, il che conferisce loro alcune economie di scala e consente di sfruttare le risorse nelle loro operazioni. Un chiaro esempio di queste risorse organizzative e della capacità di adattamento è rappresentato da iniziative come United Freelancers e Interim United, entrambe promosse da ACV/CSC. Queste iniziative mirano a rispondere alle esigenze e alle sfide specifiche dei lavoratori in posizioni lavorative emergenti, rispettivamente freelance e interinali.
2.3. Potere istituzionale
Il potere istituzionale dei sindacati belgi è significativo, grazie alla forte tradizione del paese in materia di partenariato sociale, accordi corporativi e istituzionalizzazione del dialogo sociale. Il sistema istituzionale multilivello per il dialogo sociale e la contratta- zione collettiva sono molto ben sviluppati in Belgio. I sindacati belgi godono di ampi diritti di contrattazione collettiva, che consentono loro di negoziare salari, condizioni di lavoro e altre questioni legate all’occupazione per conto dei loro iscritti. I contratti collettivi raggiunti attraverso la contrattazione coprono un’ampia gamma di settori, sono giuridicamente vincolanti (cioè sono parte formale del diritto del lavoro collettivo) e forniscono ai sindacati un meccanismo per garantire e far rispettare i diritti dei lavo- ratori. La sua struttura e i suoi CCL sono gerarchici e seguono il principio del favore, il
4 Il numero di dipendenti per ABVV/FGTB non è stato reperito facilmente, così come il nu- mero di volontari per ABVV/FGTB e ACLVB/CGSLB.
che significa che i CCL di livello inferiore possono migliorare le condizioni di lavoro solo dal punto di vista dei lavoratori. Gli organi a tutti i livelli sono composti da un numero uguale di rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori. Il livello più importante è quello settoriale, dove esistono circa 170 comitati paritetici per la contrattazione in settori specifici.
2.4. Potere sociale
I sindacati belgi si impegnano attivamente a sostenere una serie di attività e organiz- zazioni della società civile. Partecipano a vari eventi, tra cui le marce per i diritti delle donne (ABVV, 2024a), le proteste per il cessate il fuoco in Palestina (ABVV, 2024b; Mi- chiels & Belga, 2023), le campagne contro l’estrema destra (0xxxxxxxxxxx.xx; Redactie De Morgen, 2023), l’attivismo per il clima (Huyghebaert & Belga, 2023), contro regole più severe per le proteste (Xxxxxxx, 2021) e contro i tagli al trasporto pubblico (Ar- nhoudt, 2024; Belga, 2015). Tutti e tre i sindacati sono membri di De Klimaatcoalitie, un’organizzazione che si occupa di raccogliere il sostegno sociale e politico per le misu- re di mitigazione della crisi climatica (xxxxx://xxxxxxxxxxxxxxx.xx/xx/xxxx/), e tutti e tre sostengono il movimento cittadino Xxxx boven Hard, che si batte per una società inclusi- va e sostenibile (xxxxx://xxxxxxxxxxxxx.xx/). Mentre ACV/CSC e ABVV/FGTB dimostrano un ampio sostegno alle organizzazioni della società civile, il coinvolgimento di ACLVB/ CGSLB è relativamente minore a causa delle sue dimensioni più piccole e delle minori risorse. Inoltre, c’è una dimensione ideologica in questa discrepanza, con il sindacato liberale che dà priorità alle questioni legate al posto di lavoro.
In quanto membro di Xxxxxxxx.xxx e del Mouvement Ouvrier Chrétien, l’ACV/CSC man- tiene legami stretti e strutturali con diverse organizzazioni del pilastro cristiano della società belga, tra cui le cooperative e i movimenti femministi. L’ABVV/FGTB, invece, ha forti legami con la cooperativa socialista e il partito socialista fiammingo Vooruit attra- verso il Socialistische Gemeenschappelijke Actie, il comitato di consultazione del pila- stro socialista fiammingo. Analogamente, in Vallonia, ABVV/FGTB è associata a l’Action Commune, che comprende la mutualità socialista e il partito socialista vallone PS. Al contrario, ACLVB/CGSLB non ha legami strutturali con le sue controparti politiche (Open VLD nelle Fiandre e MR in Vallonia) ma collabora strettamente con la cooperativa libe- rale.
I sindacati belgi hanno stretti legami con la società civile e sostengono un’ampia varietà di azioni al di fuori della loro attività “principale” sul posto di lavoro. I legami storici con i partiti politici sono tuttavia sotto pressione, in parte perché i cosiddetti partiti tradi- zionali stanno perdendo la loro base elettorale (De Vadder, 2020; Xxxxxxxx, 2019; Ver- meersch, 2012). Xxxxxxxx.xxx non collabora più esclusivamente con il partito cristiano fiammingo CD&V (Xxx Xxxx & Belga, 2021), ci sono pressioni sui legami tra PS e ABVV/ FGTB (Di Prima, 2023) e Vooruit, il partito socialista fiammingo, ha rimosso ABVV/FGTB e la mutualità socialista dalla sua leadership di partito (Belga, 2022).
3. Azioni di protesta dei sindacati nel periodo recente
3.1. Tendenze degli eventi di protesta
Dopo la crisi del Covid-19, quando le riunioni su larga scala erano impossibili a causa delle restrizioni governative, i sindacati belgi hanno ripreso le loro azioni collettive. Nel 2022 si è registrato un numero di giornate di sciopero per 1.000 dipendenti più che doppio rispetto al 2021, a dimostrazione del ritorno delle azioni collettive (Xxxxxxxx, 2023b). Gli eventi analizzati seguono un andamento simile, con un numero minore di eventi all’inizio del 2021 a causa della pandemia, seguito da un’impennata nel settem-
bre 2021 e da picchi nel dicembre 2021, marzo 2022 e giugno 2022. Quasi tutti gli eventi coinvolgono i sindacati, a dimostrazione della loro profonda integrazione con i movi- menti dei lavoratori in Belgio. Alcuni quartili specifici sono influenzati dalle giornate di azione nazionali organizzate dai sindacati, come nel marzo 2021 e nel giugno 2022, che hanno registrato una partecipazione significativa e si sono concentrate su temi come l’aumento dei prezzi e la legge sui salari.
3.2. Organizzazioni leader, target, tema, forme di azione, coalizioni
La stretta associazione tra sindacati e azioni dei lavoratori in Belgio emerge chiara- mente dai dati, con i sindacati e le loro confederazioni che sono gli attori più frequente- mente coinvolti negli eventi di protesta. Gli scioperi sono la forma più comune di azione di protesta, spesso annunciati in anticipo e soggetti a procedure specifiche a seconda del comitato misto coinvolto. Ciononostante, gli scioperi spontanei si collocano anco- ra al terzo posto tra le forme di azione più utilizzate, evidenziandone l’importanza. Le manifestazioni sono al secondo posto, il che indica il loro uso diffuso nelle campagne a livello nazionale.
La prevalenza degli scioperi come forma primaria di azione può essere in parte attri- buita alla strategia di ricerca che utilizza il termine “sciopero” e all’interconnessione dei sindacati con il più ampio movimento dei lavoratori. Inoltre, la maggior parte degli eventi di protesta analizzati riguardava conflitti sul luogo di lavoro, dove lo sciopero sembra essere il metodo di azione più ovvio.
Gli eventi di protesta ruotano prevalentemente intorno a temi legati alle condizioni e ai diritti di lavoro, che costituiscono l’83,1% degli eventi analizzati. All’interno di questa categoria, le richieste si concentrano spesso sulle condizioni di lavoro, il carico di lavoro, la retribuzione, i salari, la disoccupazione e i licenziamenti programmati. Ciò sottolinea l’importanza delle questioni legate al posto di lavoro nel guidare l’attività di protesta in Belgio.
I dati rivelano anche la notevole assenza di partecipazione di altre organizzazioni della società civile durante le azioni dei lavoratori. Mentre i sindacati collaborano spesso con varie organizzazioni, come discusso nel paragrafo 2.4, si nota un’apparente mancanza di visibilità o di attività da parte di questi altri attori della società civile durante le pro- teste dei lavoratori.
3.3. Principali campagne di protesta
La principale campagna dei sindacati, che si estende dal 2017 e viene analizzata nell’ar- co di tempo compreso tra gennaio 2021 e luglio 2022, ruota principalmente intorno alla legge salariale del 2017 più severa del governo Xxxxxx. Questa legislazione, che stabili- sce un limite massimo vincolante per i potenziali aumenti salariali negoziati tra le parti sociali, è stata una questione controversa. Mentre le organizzazioni dei datori di lavoro sostengono la necessità di affrontare i divari salariali storici con i paesi vicini, i sindacati si oppongono con veemenza, sostenendo che la legge viola la libertà di negoziazione delle parti sociali. Le azioni collettive contro la legge sui salari vanno oltre la semplice opposizione alla legge stessa, affrontando coerentemente preoccupazioni più ampie come l’aumento del costo della vita, l’incremento dei prezzi dell’energia e vari fattori che contribuiscono alla diminuzione del potere d’acquisto. Pertanto, la campagna in corso contro la legge sui salari deve essere intesa non solo come una sfida alla legisla- zione, ma anche come una risposta alle questioni economiche più ampie dell’aumento dei prezzi nel contesto inflazionistico della fine del 2021 e dell’inizio del 2022.
Durante la pandemia, le azioni su larga scala sono state temporaneamente interrotte, ma le proteste sono riprese quando le restrizioni sono diminuite. La prima protesta si-
gnificativa contro la legge sui salari si è svolta a Bruxelles il 6 dicembre 2021, con ACV/ CSC e ABVV/FGTB che hanno organizzato una manifestazione a cui hanno partecipato
6.000 manifestanti. Sono seguite azioni simili, tra cui una mobilitazione locale a Liegi a fine marzo ed eventi preparatori in aprile e giugno per una giornata di azione nazionale nel giugno 2022 con circa 70.000 partecipanti, tra cui, in particolare, i rappresentanti dei partiti politici di maggioranza. Tuttavia, nonostante la mobilitazione in corso, la legge rimane invariata e una riforma prima del prossimo ciclo elettorale è improba- bile. Ciononostante, continuano le proteste e le altre forme di azione contro la legge sui salari, a dimostrazione della persistenza della questione nel discorso pubblico e nei movimenti sindacali.
Un’altra campagna di alto livello nell’ambito del progetto ImproCollBar è stata quella dei sindacati degli insegnanti di lingua francese. Questi cinque sindacati hanno lanciato una campagna all’inizio del 2022 per chiedere maggiore rispetto, affrontare gli oneri amministrativi e migliorare le condizioni di lavoro. Nonostante abbiano rischiato la salu- te durante la pandemia di Covid-19, non si sono sentiti riconosciuti dal governo e hanno dato vita a un importante sciopero a Bruxelles il 10 febbraio 2022, a cui hanno parte- cipato oltre 5.000 insegnanti. Lo sciopero ha messo in luce problemi quali la carenza di insegnanti, le grandi dimensioni delle classi e la mancanza di investimenti nel settore. Altre manifestazioni a Mons e Liegi hanno sottolineato queste preoccupazioni, e si sono rivolte al governo della comunità francofona. In risposta, è stato costituito un gruppo di lavoro per il dialogo con i sindacati, che ha temporaneamente allentato le tensioni, ma i vincoli finanziari hanno limitato i cambiamenti politici immediati. Inoltre, il ritmo della riforma dell’istruzione dei governi è stato rallentato per consentire una maggiore collaborazione tra governo e sindacati.
3.4. Il successo delle azioni collettive
Mentre la campagna principale dei sindacati sulla legge salariale si è rivelata finora in- fruttuosa, le azioni a livello aziendale spesso portano alla risoluzione del conflitto socia- le in atto (ad esempio: blg, 2021; Huysentruyt, 2021; Radio 2 & Belga, 2022; Xxxxxxxxx & Xxxxx, 2021; Xxxxx, 2021).
4. Risultati qualitativi
4.1. Principali problemi e sfide della contrattazione collettiva
All’interno della struttura e della cultura del dialogo sociale belga esistono alcune sfide che hanno a che fare con entrambe le parti.
La più visibile e conosciuta è la struttura del dialogo sociale. Il sistema di dialogo a livelli, le diverse modalità di (limitazione della) partecipazione, le modalità di tutela dei delegati sindacali, ecc. Il panorama dei comitati paritetici è variegato e presenta differenze significative in termini di dimensioni e membri. Alcuni comitati sono molto piccoli e rappresentano industrie in via di estinzione, mentre altri comprendono un’am- pia gamma di lavoratori di vari settori. Questa diversità pone due problemi principali: in primo luogo, i comitati di piccole dimensioni potrebbero non servire efficacemente al loro scopo e ciò solleva la questione di lasciarli “morire” o piuttosto di scioglierli o fon- derli. In secondo luogo, i comitati più grandi, definiti “complementari”, includono un mix di lavoratori provenienti da diversi settori, rendendo difficile affrontare questioni speci- fiche del settore durante i negoziati. Ciò fa sì che i negoziati riflettano spesso discussioni nazionali più ampie. Si sottolinea la necessità di modernizzare la struttura dei comitati, soprattutto perché settori in crescita come l’ICT e la consulenza aziendale rientrano in
comitati così ampi e poco focalizzati.
Più difficile da descrivere è la cultura della contrattazione collettiva in Belgio. In questo caso, tutti gli intervistati consultati per questo studio hanno citato la crescente polariz- zazione come una sfida chiave, trovando più difficile trovare un accordo con l’“altra” parte. Sia i sindacati che le organizzazioni datoriali vedono un cambiamento culturale tra i negoziatori più anziani dei comitati paritetici e quelli più giovani e nuovi, spesso più militanti. Inoltre, le organizzazioni datoriali vedono nel successo elettorale del par- tito di sinistra radicale PVDA/PTB la ragione di questo cambiamento. Nella cultura della contrattazione collettiva risiede anche il rapporto neocorporativo tra le parti sociali e il governo/politica. Il successo elettorale di partiti politici che si oppongono apertamente a questa idea (NVA) o che hanno opinioni contrastanti sui sindacati (Vlaams Belang), può mettere ancora più sotto pressione le parti sociali. Tuttavia, anche dopo il governo Xxxxxx X, esistono ancora istituzioni come il sistema di Gand e se le parti sociali riescono a trovare un accordo, i politici le ascolteranno.
4.2. Le motivazioni che spingono le parti sociali a partecipare alla contrat- tazione collettiva
Sia i sindacati che le organizzazioni dei datori di lavoro si impegnano attivamente nella contrattazione collettiva, riconoscendola come uno strumento cruciale per mitigare i disordini e i conflitti sociali. Le organizzazioni dei datori di lavoro apprezzano in modo particolare le clausole di pace sociale contenute negli accordi collettivi di lavoro e si adoperano per garantire condizioni di parità all’interno del proprio settore. Come ha osservato un intervistato, poi, la notevole densità sindacale osservata in determinati settori funge da fattore motivante per la partecipazione ai negoziati settoriali. Inoltre, la legislazione emanata dal governo spesso incorpora richieste esplicite di ulteriori svi- luppi all’interno di vari organismi di dialogo sociale.
4.3. Opinioni sulla contrattazione collettiva da parte di altri attori
Come spiegato nell’analisi del potere sociale, i sindacati belgi sostengono attivamente diverse attività e organizzazioni della società civile, impegnandosi in eventi come le marce per i diritti delle donne, le proteste per il cessate il fuoco in Palestina, le campa- gne contro l’estrema destra, l’attivismo per il clima e la difesa contro regole di protesta più rigide e i tagli ai trasporti pubblici. Tutti e tre i principali sindacati sono membri di diverse organizzazioni della società civile, come De Klimaatcoalitie e Xxxx boven Hard. I movimenti sociali vedono quindi positivamente i sindacati, anche se questi ultimi so- stengono più spesso le azioni della società civile che viceversa.
Inoltre, i sindacati mantengono stretti legami con varie organizzazioni all’interno dei rispettivi pilastri ideologici. I partiti politici del loro stesso “colore” possono essere con- siderati favorevoli ai sindacati e al dialogo sociale, anche se in misura diversa.
Il rapporto tra sindacati e partiti politici ha dovuto affrontare delle sfide negli ultimi anni, con cambiamenti nelle affiliazioni tradizionali ai partiti e pressioni sui legami consolidati tra sindacati ed entità politiche. Nonostante queste sfide, i sindacati belgi continuano a impegnarsi attivamente nella società civile, riflettendo l’evoluzione delle dinamiche sociali e i cambiamenti del panorama politico.
4.4. Come si raggiungono i contratti collettivi
Sebbene il Belgio sia un paese molto attivo sul fronte degli scioperi, tutti i sindacalisti intervistati sono ancora convinti che la maggior parte del loro tempo sia dedicata alla
negoziazione e al raggiungimento di accordi piuttosto che alla realizzazione di azioni collettive. Entrambe le affermazioni si conciliano con il notevole numero di CCL che ven- gono depositati ogni anno presso l’Ufficio federale per l’impiego, il lavoro e il dialogo sociale. Sebbene la maggior parte di questi CCL siano in realtà estensioni di CCL già esistenti, ogni anno vengono firmati più di 15.000 CCL, di cui tra gli 11.000 e i 14.000 sono CCL a livello aziendale (Van Gyes, 2022).
Nella conclusione di un contratto collettivo di lavoro, sia i sindacati che le organizzazioni dei datori di lavoro aderiscono a un sistema di democrazia a tappe. I rappresentanti di ogni circoscrizione svolgono un ruolo centrale nella definizione del punto di partenza prima dell’inizio dei negoziati all’interno del comitato misto. I tre sindacati consolidano le loro richieste in un insieme unificato, così come le diverse organizzazioni dei datori di lavoro se ce n’è più di una in uno specifico comitato misto. Nel corso dei negoziati, i ne- goziatori forniscono aggiornamenti regolari ai rispettivi collegi elettorali, consentendo gli aggiustamenti necessari. Prima di finalizzare il CCL, sia i sindacati che le organizza- zioni dei datori di lavoro effettuano una votazione sul testo proposto. Solo dopo questa votazione il CCL viene formalizzato.
A livello aziendale, le trattative si svolgono tra i delegati sindacali e i rappresentanti dei datori di lavoro. Qualsiasi accordo raggiunto deve essere approvato da un rappresen- tante sindacale prima di ottenere lo status di CCL.
5. Sintesi
5.1. I fattori negativi e positivi per la contrattazione collettiva
Il successo della contrattazione collettiva si basa su parti sociali forti da entrambi i lati del tavolo e il sistema belga lo promuove efficacemente, portando a un’alta densità di organizzazioni sindacali e datoriali. Le quote di iscrizione al sindacato sono relativa- mente basse rispetto ad altri Paesi europei e i rimborsi parziali riducono ulteriormen- te i costi per molti lavoratori, rendendo accessibile l’iscrizione al sindacato. Il sistema parziale di Gand aumenta anche l’adesione ai sindacati, fornendo benefici e servizi che vanno oltre l’indennità di disoccupazione, tra cui, ma non solo, consulenza legale, rappresentanza, opportunità di formazione e orientamento professionale. La contratta- zione collettiva sul posto di lavoro è resa obbligatoria dalla legislazione. Una volta che uno dei tre sindacati ne fa richiesta, il datore di lavoro deve consentire la formazione di una delegazione sindacale. Il consiglio del lavoro e il comitato per la prevenzione e la protezione sul lavoro sono obbligatori sul luogo di lavoro quando il datore di lavoro impiega rispettivamente almeno 100 o 50 dipendenti. La partecipazione restrittiva alla contrattazione collettiva sul luogo di lavoro rende impossibile la formazione di sinda- cati di comodo e consolida ulteriormente il ruolo dei tre sindacati rappresentativi nella contrattazione collettiva.
Anche le organizzazioni dei datori di lavoro in Belgio sono ben sviluppate e comprendo- no organizzazioni settoriali e confederazioni nazionali. Esse negoziano con i sindacati in seno al Consiglio nazionale del lavoro e ai comitati paritetici e forniscono ai propri membri servizi quali lobbying, distribuzione di informazioni, formazione, networking e supporto amministrativo. Le nuove organizzazioni settoriali dei datori di lavoro possono aderire alle confederazioni nazionali, beneficiando del loro sostegno per sviluppare le proprie attività e rappresentare i propri interessi a livello nazionale.
La forte base associativa delle organizzazioni datoriali e dei sindacati consente loro di impegnarsi nella contrattazione collettiva da una posizione di forza. La contrattazio- ne settoriale è incoraggiata dal quadro legislativo belga. I CCL seguono una struttura gerarchica, che consente di applicare più CCL allo stesso lavoratore, e i CCL di livello
inferiore possono solo migliorare la posizione del lavoratore rispetto ai CCL di livello su- periore. Lo Stato organizza comitati paritetici per settori, che riuniscono le parti sociali e facilitano la contrattazione collettiva eliminando ogni potenziale ostacolo. Inoltre, il meccanismo di estensione garantisce condizioni di parità applicando gli accordi rag- giunti nei comitati paritetici a tutti i datori di lavoro del settore, rafforzando così la posi- zione delle organizzazioni dei datori di lavoro, dato che le singole aziende non possono aderire ai comitati paritetici.
5.2. I meccanismi di successo per migliorare la contrattazione collettiva
Il rafforzamento della contrattazione collettiva in Belgio passa soprattutto attraverso il miglioramento del dialogo e delle relazioni tra gli attori coinvolti. Raggiungere accordi interprofessionali sta diventando sempre più difficile. I sindacati militano contro la leg- ge sui salari come facevano prima, anche sette anni dopo il suo inasprimento da parte del governo Xxxxxx. In risposta, le organizzazioni dei datori di lavoro hanno messo in discussione i meccanismi di indicizzazione dei salari. L’apertura dell’attuale governo verso le parti sociali è aumentata rispetto al precedente, ma le nuove elezioni del 2024 potrebbero portare di nuovo un governo di destra più economico.
Sebbene sia il Consiglio nazionale del lavoro che i comitati misti stiano ancora nego- ziando e trovando accordi, certamente all’interno del Gruppo dei 10, l’organo negoziale più visibile, entrambe le parti sono frustrate dal clima attuale. Questo è stato chiara- mente espresso dall’ex presidente Xxxx Xx Xxxx nella sua intervista di addio:
A volte si parla del compromesso belga, ma anche questo riesce con diflcoltà. Non ci concediamo più il tempo, la discrezione e la serenità per raggiungere un accordo. (Haeck & Xxxxxxxx, 2023, par. 9)
Nell’attuale contesto di tensione delle relazioni interprofessionali, è importante notare che questo dato non riflette accuratamente la volontà delle parti sociali di negoziare e trovare accordi. Questo sentimento viene ripreso dagli intervistati e dalle parti sociali nei media, che sottolineano la loro preferenza a raggiungere accordi in modo indipen- dente. Essi esprimono la preoccupazione che, se non si raggiungono accordi, il governo intervenga, portando potenzialmente a risultati meno favorevoli per tutte le parti coin- volte. Questa volontà è stata chiaramente espressa dal nuovo presidente del Gruppo dei 10 Xxxx Xxxxxxxx nella prima intervista nel suo nuovo ruolo:
Sindacati e datori di lavoro hanno bisogno gli uni degli altri. In deflnitiva, un’eco- nomia non può esistere senza aziende e le aziende non possono esistere senza le persone che vi lavorano. Le nostre differenze devono essere colmabili. [...] Cono- sco già bene alcuni dei partecipanti al tavolo e altri un po’ meno. Quelli con cui ho già parlato li trovo estremamente intelligenti. Ma tutti sono sotto stress. Dobbiamo riuscire a ad abbassare la tensione per lasciarci un po’ alle spalle l’emozione del giorno e guardare al lungo periodo. Ci vorrà un dialogo sereno, oltre che flducia e riservatezza. (Haeck, 2023)
Trovare una via d’uscita dal contesto di polarizzazione non è un compito semplice e, sebbene i politici e gli accademici di tutto il mondo siano attivamente alla ricerca di una soluzione, non esiste un’unica “pallottola d’argento”. Tuttavia, la semplice esistenza di una volontà di colmare le differenze e di tornare insieme è un punto di partenza positi- vo. Questa volontà di impegnarsi nel dialogo e nella cooperazione pone le basi per un potenziale progresso verso la risoluzione della polarizzazione e la promozione di una maggiore comprensione e contrattazione collettiva.
Bulgaria
Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx
1. La contrattazione collettiva in Bulgaria
Dopo il crollo del regime socialista in Bulgaria alla fine del 1989, è iniziato un processo di trasformazione delle relazioni industriali. I sindacati hanno iniziato a negoziare non solo con i datori di lavoro delle imprese statali, ma anche a ristabilire le vecchie strutture o a formarne di nuove nel settore privato, soprattutto dopo l’avvio delle privatizzazioni. Così, all’inizio degli anni Novanta, i sindacati si sono impegnati per ristabilire la contrat- tazione collettiva a diversi livelli e in imprese e settori con diverse forme di proprietà. Tra il 1990 e il 1998, il campo di applicazione della contrattazione collettiva si aggirava in- torno al 60-70% della forza lavoro, data l’esistenza di contratti collettivi settoriali per la maggior parte delle attività economiche. Dal 2000, si è registrato un calo del numero di lavoratori e imprese coperti da contratti collettivi di lavoro (CCL). Si tratta di un proble- ma importante che sta aumentando insieme all’erosione della contrattazione collettiva settoriale e di comparto. Questi sviluppi sono molto visibili nell’industria (dal 2004 non esiste contrattazione settoriale nel settore chimico e farmaceutico, e successivamente anche nella maggior parte dei settori dell’industria alimentare, dove la contrattazione è stata assente negli ultimi 10 anni).
La densità sindacale è bassa in diversi settori in cui esistono CCL settoriali, e in diverse imprese non ci sono sindacati che esigono il rispetto degli accordi settoriali (ad esem- pio, edilizia, agricoltura, carta, commercio, turismo). Dopo la crisi del 2008-2009, il nu- mero di lavoratori coperti è sceso a meno del 30% della forza lavoro. Da allora, questa tendenza si è mantenuta e, secondo gli ultimi dati dell’INS, circa il 28% dei dipendenti è coperto da un contratto collettivo. Nel 2020-2021 sono stati registrati 23 CCL settoriali (settore e filiale). Il numero di CCL in vigore nelle imprese è di 1522 per il 2021 e 1424 per il 2022 (dati NIPA).
A causa del numero limitato di contratti collettivi di lavoro settoriali e del mancato uti- lizzo del meccanismo di estensione, la contrattazione salariale collettiva ha tassi di cop- ertura criticamente bassi - 23,6% a livello settoriale e 15,6% a livello aziendale. La sper- anza di una ripresa della contrattazione e di una maggiore copertura dei lavoratori con CCL viene dall’adozione della Direttiva sui salari minimi adeguati nell’Unione Europea.
2. Risorse di potere dei sindacati bulgari
2.1. Potere strutturale
Le due principali confederazioni sindacali cercano di essere ugualmente distanti da tutti i partiti e movimenti politici e di collaborare con loro quando necessario per rappresen- tare gli interessi dei lavoratori. Entrambe le confederazioni hanno vietato nei loro statuti che le persone che ricoprono cariche dirigenziali sindacali possano ricoprire incarichi di leadership in partiti o movimenti politici, nonché essere deputati, ministri, sindaci, ecc.
Nel corso degli ultimi 33 anni, i sindacati hanno partecipato, o almeno fornito idee e proposte, a un’ampia gamma di politiche sociali ed economiche direttamente collegate agli interessi dei lavoratori. In generale, i sindacati hanno cercato di far passare le loro
politiche attraverso il parlamento, l’esecutivo e il governo locale, impegnandosi a que- sto scopo con varie forme di incontri coi rappresentanti dello Stato. A livello regionale e comunale, i sindacati utilizzano anche forme di dialogo sociale con i rappresentanti dei governi locali, nonché la possibilità di eleggere consiglieri comunali, sia autonoma- mente che come partecipanti alle quote civiche delle liste di partito, per influenzare le politiche degli organi di governo locali.
2.2. Forza organizzativa
All’inizio degli anni Novanta la densità sindacale era ancora piuttosto elevata (oltre l’80% dei dipendenti), poi ha iniziato a diminuire e si è stabilizzata al 15% dopo il 2020. Grazie alle politiche attuate per attrarre e trattenere gli iscritti, il declino del tessera- mento è stato arrestato. Per quanto riguarda la concentrazione degli iscritti ai sinda- cati, secondo i dati del CITUB si può concludere che è dominata dal settore pubblico a scapito dell’industria e dei servizi.
Le motivazioni per l’iscrizione ai sindacati sono principalmente i risultati ottenuti dai sin- dacati a livello legislativo, con la promulgazione di leggi, modifiche e integrazioni volte a proteggere i diritti e gli interessi dei lavoratori.
Anche le azioni sindacali annuali, le campagne di informazione, i forum e le riunioni collettive a tutti i livelli sono strumenti efficaci per motivare l’adesione ai sindacati. Oltre agli sforzi per mantenere il tesseramento, i sindacati lottano costantemente per attrarre nuovi iscritti e per promuovere le loro attività tra ampie fasce della popolazione attra- verso campagne in vari settori (ad esempio, istruzione, informazione e consultazione, condizioni di lavoro sicure). Altri esempi di aumento della motivazione all’iscrizione ai sindacati sono, ad esempio, il sostegno finanziario ai membri dei sindacati (attraverso i fondi comuni), l’organizzazione di campagne di beneficenza e le gare sportive dei lavoratori. I sindacati forniscono anche consulenza legale agli iscritti e formazione per migliorare le condizioni di lavoro; ricevimenti aperti ai cittadini, ecc.
2.3. Potere istituzionale
Affinché i sindacati siano riconosciuti, devono essere soddisfatti alcuni criteri stabiliti dalla legge (articolo 34, punti da 1 a 4 del Codice del lavoro). La Costituzione bulgara disciplina rispettivamente il diritto di associazione dei lavoratori e dei datori di lavoro. Essi possono formare organizzazioni per esprimere, difendere e proteggere i loro in- teressi comuni. Il diritto costituzionale di associazione è regolato principalmente dal Codice del lavoro (CL). Diversi capitoli separati del Codice del Lavoro regolano i diritti e il ruolo specifici di queste associazioni. I diritti dei sindacati sono sanciti dal Codice del lavoro e i più importanti sono: 1) partecipazione alla preparazione degli atti inter- ni dell’impresa (art. 37 CL); 2) partecipazione alla discussione di questioni relative al lavoro e alla sicurezza sociale (art. 42 CL); 3) rappresentanza davanti ai tribunali (art. 45 CL). Oltre a questi diritti generali, i sindacati hanno diritti quando partecipano alla contrattazione collettiva e alla stipula dei CCL.
La cooperazione tripartita è riconosciuta e sancita dal quadro giuridico bulgaro. Il Co- dice del lavoro (art. 3) prevede che lo Stato regoli il lavoro e i rapporti di lavoro diret- tamente connessi, i rapporti di sicurezza sociale e le questioni relative al tenore di vita in collaborazione e consultazione con le organizzazioni rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro. Di conseguenza, affinché il processo sia efficace, è possibile conclu- dere accordi tra le organizzazioni rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro per l’adozione di regolamenti sulle questioni trattate dai partner.
Il Consiglio nazionale per la cooperazione tripartita (NCTC) è un organo di consultazio- ne e cooperazione a livello nazionale in materia di lavoro e di relazioni sindacali diret- tamente connesse, di sicurezza sociale e di tenore di vita. I sindacati sono rappresentati in vari gruppi di lavoro e comitati con il NCTC e con i vari ministeri.
La cooperazione tripartita è regolata anche da una serie di leggi speciali - Codice della sicurezza sociale, Legge sulla promozione dell’occupazione, Xxxxx sulla salute e la si- curezza sul lavoro, Legge sull’assicurazione sanitaria, ecc. Gli organi della cooperazione tripartita sono: il Consiglio nazionale per la cooperazione tripartita, i consigli industriali, di settore, regionali e comunali per la cooperazione tripartita. La legge adottata sul Consiglio economico e sociale integra il dialogo sociale attraverso il dialogo con la so- cietà civile.
La risoluzione delle controversie collettive di lavoro è regolata dalla Legge sulla risolu- zione delle controversie collettive di lavoro (CLDSA). A seconda dei mezzi utilizzati per la risoluzione, essi sono di due tipi: mezzi di risoluzione volontaria delle controversie collettive di lavoro (attraverso trattative dirette tra le parti, mediazione, arbitrato vo- lontario del lavoro) e mezzi di risoluzione attraverso la forza e la pressione (sciopero o varie forme di protesta). Lo sciopero è un diritto dei lavoratori, disciplinato dall’articolo 50 della Costituzione. Lo sciopero è uno strumento dei sindacati per tutelare i diritti e gli interessi dei lavoratori. Per la CITUB è prioritario affermare e garantire il diritto costitu- zionale allo sciopero (articolo 50 della Costituzione). A questo proposito, il programma della CITUB per il mandato 2022-2027 prevede azioni mirate per l’abrogazione dell’at- tuale legge sulla risoluzione delle controversie collettive di lavoro e l’adozione di una nuova legge sull’esercizio del diritto costituzionale di sciopero (in linea con l’articolo 50 della Costituzione e con gli standard internazionali). Oltre alle azioni nazionali mirate, il movimento sindacale bulgaro si affida al sostegno internazionale per difendere il diritto di sciopero, ma sostiene anche in modo solidale gli sforzi di altri sindacati per far valere questo diritto. A livello locale e settoriale, vengono periodicamente indette azioni di sciopero a causa della mancata attuazione di alcuni accordi nei CCL o dell’applicazione dei regolamenti.
Le attività del movimento sindacale bulgaro si stanno trasferendo anche a livello inter- nazionale e, oltre a far parte di strutture sindacali come la Confederazione europea dei sindacati (ETUC) e la Confederazione internazionale dei sindacati (ITUC), dal 2007 i sindacati partecipano con successo anche al Comitato economico e sociale europeo (EESC). I rappresentanti sindacali siedono negli organi direttivi o di controllo di diverse agenzie dell’Unione europea, ma anche nell’organo direttivo dell’Organizzazione inter- nazionale del lavoro.
2.4. Potere sociale
Le due confederazioni sindacali bulgare sono altrettanto distanti dai partiti e dai mo- vimenti politici del Paese. I loro statuti vietano alle persone che ricoprono posizioni dirigenziali nelle strutture sindacali di ricoprire incarichi nella leadership di partiti o mo- vimenti politici, nonché di essere parlamentari, ministri, sindaci e altre figure politiche. I sindacati promuovono le loro politiche e idee su questioni sociali ed economiche che riguardano gli interessi dei lavoratori attraverso il parlamento, l’esecutivo e le ammini- strazioni locali, e a tal fine si impegnano in varie forme di incontri con i rappresentanti dello Stato. Un altro aspetto del contesto politico-economico è il rapporto dei sindacati con le organizzazioni dei datori di lavoro. I sindacati partecipano attivamente agli in- contri bilaterali, ai forum e ai progetti delle organizzazioni datoriali rappresentative a livello nazionale, ma anche delle organizzazioni datoriali settoriali.
Nel corso degli anni i sindacati bulgari hanno stretto numerosi legami con diverse orga- nizzazioni della società civile (tra cui organizzazioni scientifiche e ONG) in relazione alle loro politiche per la definizione del contesto lavorativo. Gran parte delle organizzazioni che collaborano con i sindacati hanno rappresentanti nel Consiglio economico e sociale (ESC) della Bulgaria. L’ESC è senza dubbio una piattaforma istituzionalizzata all’interno della quale i sindacati possono comunicare attivamente con la società civile bulgara e avviare potenziali nuovi partenariati.
Nel corso degli anni, ci sono state anche interazioni dei sindacati con iniziative civiche e mobilitazioni, che si sono espresse più sotto forma di dialogo che di coinvolgimento attivo nelle loro azioni organizzate. La CITUB e in parte il CL “Podkrepa” sono raramente coinvolti in movimenti sociali e proteste, e solo quando esprimono e difendono i diritti e gli interessi sociali e del lavoro, senza politicizzare il processo e cercare un cambia- mento di potere.
3. Azioni di protesta dei sindacati nel periodo recente
3.1. Tendenze degli eventi di protesta
Il periodo in esame (2021-2022) è caratterizzato da instabilità parlamentare e politica, aumento dell’inflazione, debole crescita del reddito e quindi perdita del potere d’acqui- sto dei salari. Questo contesto ha spinto i sindacati a impegnarsi in attività di protesta in tutto il paese. L’aumento dei redditi è una delle richieste principali delle proteste.
I sindacati sono responsabili di oltre due terzi delle proteste sindacali. Il restante 1/3 delle proteste è costituito per lo più da azioni spontanee e locali piuttosto che da azioni pianificate da organizzazioni e associazioni di categoria.
Le proteste sindacali analizzate nel periodo 2021-2022 riguardano principalmente i pro- blemi di uno specifico settore. Di conseguenza, il più delle volte vengono portate avanti richieste di normative specifiche del settore e, in misura molto minore, questioni di ca- rattere nazionale. I principali “destinatari” delle mobilitazioni di protesta sono le istitu- zioni nazionali (vari ministeri e le loro agenzie subordinate) e in misura molto minore le autorità locali (livello regionale/comunale). La maggior parte delle proteste si concen- tra nel 2022 (per un totale dell’80% delle proteste sindacali segnalate). Le ragioni sono da ricercare sia nella mancanza di decisioni sulle richieste di protesta nel 2021, sia nel deterioramento del contesto economico e politico del Paese.
Le proteste sindacali hanno luogo principalmente quando viene mobilitato un gran nu- mero di partecipanti (nell’ordine di 100-1000 persone) e, in misura molto minore, si intensificano in proteste su larga scala di migliaia di persone.
3.2. Organizzazioni leader, obiettivi, temi, forme d’azione, coalizioni
Le proteste sindacali sono organizzate esclusivamente dalle organizzazioni dei lavora- tori rappresentative a livello nazionale (CITUB e CL “Podkrepa”) e dalle loro federazioni affiliate (il 90% delle proteste sindacali sono organizzate da loro). Le confederazioni sindacali non rappresentative e i loro membri riportano un’attività di protesta molto più debole.
Dal punto di vista delle organizzazioni leader, il più delle volte (nel 90% dei casi) la pro- testa sindacale è guidata dalla rispettiva filiale/struttura industriale. La presenza delle confederazioni nazionali nella “mappa della protesta” è significativamente più debole (10% delle proteste sindacali).
A livello settoriale, le proteste più numerose sono quelle dei lavoratori edili (27% di tutte le proteste sindacali), dei dipendenti del Ministero degli Interni e del Ministero della Giu- stizia (25%) e degli operatori sanitari (12%). I restanti settori/industrie registrano una minore attività di protesta, non superando i 3-4 casi di protesta nel biennio monitorato da questo progetto.
Più spesso (nel 56% dei casi) le proteste sindacali fanno parte di una campagna, cioè sono continue nella loro azione e portata. Per quanto riguarda il formato dell’evento, i sindacati tendono a utilizzare principalmente le due forme seguenti: azioni simboliche (nel 17% delle proteste sindacali) e dimostrazioni e marce in luoghi pubblici (nel 71% dei casi). Di conseguenza, le proteste sono condotte in modo esclusivamente pacifico, senza violenza da parte dei manifestanti e della polizia.
È interessante notare che non è stata segnalata la presenza di sindacati come par- tecipanti a eventi di protesta all’estero; vale a dire che i sindacati organizzano esclu- sivamente le proprie proteste e/o si impegnano in attività di protesta con un partner specifico piuttosto che sostenere quelle straniere.
3.3. Principali campagne di protesta
Le principali campagne di protesta dei sindacati, che hanno visto la partecipazione di centinaia e migliaia di iscritti, sono:
a) la lunga campagna nazionale dall’estate 2021 (13 agosto) all’estate 2022 (27 luglio) dei lavoratori dell’Autostrada Černo More (Xxxxxxxxxxxxxx Xxxxxx More);
b) la protesta del 2022 dei dipendenti dei trasporti pubblici di Sofia, che si è svolta in parallelo con i vettori dell’industria dei trasporti e dei taxi;
c) la protesta dei vari sindacati di settore nel sistema del Ministero dell’Interno a partire dall’inizio del 2022.
Le azioni di protesta dei dipendenti dell’Autostrada Černo More sono iniziate il 13 agosto 2021, a causa dei fondi non pagati dallo Stato alla società per la riparazione dell’auto- strada di Trakia. La protesta è stata organizzata congiuntamente dalla Federazione dei sindacati indipendenti dell’edilizia della CITUB, dal sindacato dei lavoratori stradali del- la CITUB e dall’organizzazione sindacale dell’Autostrada Černo More. Dopo diversi mesi di pressioni, è stata pagata una piccola parte del denaro dovuto (9 milioni di lev). Nel periodo dicembre 2021 - aprile 2022 si sono verificate nuove ondate di proteste in tutto il paese, grazie alle quali sono state trasferite all’azienda nuove tranche. I dipendenti hanno protestato nuovamente nel luglio 2022, chiedendo il pagamento dei restanti 14 milioni di lev. La protesta si è unita a quella di altre aziende del settore delle costruzioni stradali che rivendicano fondi non pagati dallo Stato. A seguito delle azioni di protesta sistematiche e coerenti, il Parlamento ha adottato una decisione che ha garantito il pagamento graduale dei fondi arretrati.
La protesta dei dipendenti del trasporto pubblico a Sofia dal 2022 maggio si è svolta parallelamente a quella dei trasportatori e dei tassisti. Tuttavia, la protesta è stata chiaramente differenziata dalle altre, non permettendo alla folla di unirsi. Anche nello spazio mediatico è stata mantenuta una distanza per distinguere le richieste sindaca- li da quelle delle organizzazioni datoriali del settore che hanno protestato. I membri dell’Unione dei sindacati dei trasporti in Bulgaria presso la CITUB e della Federazione dei lavoratori dei trasporti presso il CL “Podkrepa” si sono uniti alla protesta. Le richie- ste dei sindacati erano di aggiornare il bilancio statale nella sua parte di spesa per i trasporti. A seguito dell’azione di protesta congiunta su larga scala, il parlamento ha adottato modifiche post-legislative che garantiscono parte dei fondi richiesti.
I sindacati del sistema del Ministero dell’Interno (MOI) hanno organizzato una serie di proteste a partire dall’inizio del 2022. Il motivo del malcontento è la mancanza di una politica di aumento dei salari in un contesto di inflazione in costante crescita. Le proteste sono state condotte dal Sindacato nazionale dei vigili del fuoco e dei soccor- ritori “Firefighter” (19 febbraio 2022) e dalla Federazione sindacale dei dipendenti del Ministero dell’Interno (20 febbraio 2022). Le richieste erano un aumento degli stipendi e l’adozione di una nuova visione del funzionamento del Ministero dell’Interno in vista delle crescenti responsabilità dei dipendenti (tra cui il controllo dell’ondata di migranti al confine). A seguito delle due proteste, il primo ministro bulgaro si è assunto la respon- sabilità di attuare riforme globali nel Ministero dell’Interno per garantire l’allocazione mirata delle risorse a unità efficaci e quindi gli aumenti salariali. Il processo di riforma si è però trascinato nel tempo e la mancanza di soluzioni ha provocato nuove proteste nel 2022 e nel 2023. Tuttavia, dopo due anni di ulteriori proteste, è stato ottenuto un aumento degli stipendi dei dipendenti del MOI.
3.4. Successo dell’azione collettiva sindacale/industriale
Le azioni collettive dei sindacati hanno portato a un miglioramento delle condizioni di lavoro in diversi settori del paese. Le tre mobilitazioni di protesta analizzate sono riuscite far attuare le loro richieste, utilizzando tutti i metodi di influenza sulle istituzioni statali consentiti dalla legge e senza provocare violenza e disordini. Uno dei mezzi principali per far pressione e ottenere le richieste è la protesta nelle sue diverse varianti (più spes- so sotto forma di marce, blocchi e azioni simboliche). La conduzione di lunghe campa- gne nel tempo, che coprono non solo la capitale ma anche diverse altre città e collega- menti stradali, ha esercitato la necessaria pressione sulle autorità affinché accettassero le richieste. Allo stesso tempo, le campagne di protesta dei sindacati rappresentativi a livello nazionale e dei loro affiliati sono ben rappresentate nello spazio mediatico, al fine di generare il sostegno pubblico e la solidarietà nei confronti di particolari settori e industrie. Inoltre, il nome dei sindacati diventa riconoscibile come difensore dei diritti e degli interessi dei lavoratori. Questa definizione dei sindacati come protettori fidati dei lavoratori è sostenuta da una posizione di neutralità politica. È prendendo le distanze dai partiti che i sindacati presentano il “lavoro” come un valore e come la loro priorità principale, che non è legata ad alcuna dottrina politica.
4. Risultati qualitativi
4.1. Questioni chiave e sfide della contrattazione collettiva
Il contratto collettivo di lavoro è uno strumento importante per regolare i parametri, che sono importanti non solo per il datore di lavoro ma anche per il lavoro.
Per i rappresentanti sindacali i principali problemi e le sfide nel processo di contratta- zione collettiva a livello di settore/filiale sono rappresentati dalla limitata attuazione dei contratti collettivi settoriali, anche in molte aziende in cui è presente un sindacato. Negli ultimi anni solo uno dei CCL settoriali è stato esteso in modo sostenibile, quello dell’industria della birra. La portata limitata della contrattazione settoriale è influenza- ta anche dall’incapacità di sincronizzare i diversi interessi dei datori di lavoro, nonché dalla mancata corrispondenza tra l’ambito settoriale di alcune strutture sindacali e quello dei datori di lavoro. Nel processo di contrattazione collettiva a livello aziendale, le aree problematiche per i sindacati sono l’aggiornamento dei CCL settoriali (anche per quanto riguarda le retribuzioni) e le difficoltà nell’ottenere informazioni per i nego- ziati.
Le ragioni principali della mancanza di un contratto collettivo, secondo i sindacati, sono la mancanza di capacità e/o di esperienza delle organizzazioni dei datori di lavoro nel negoziare o il rifiuto categorico di farlo, nonché la riluttanza dei datori di lavoro ad aderire a una struttura datoriale di settore. Il dialogo sociale si svolge a livello di settore attraverso posizioni quadro comuni, accordi bilaterali e memorandum su questioni di azione congiunta su determinati argomenti.
La contrattazione collettiva presenta un’ampia gamma di problemi e sfide dal punto di vista delle organizzazioni di categoria. In larga misura, la mancanza di CCL è dovuta all’assenza di una legge sulle organizzazioni di categoria, di criteri di rappresentatività delle organizzazioni e di opportunità per l’estensione diretta di un CCL settoriale. I da- tori di lavoro si dichiarano generalmente disposti al dialogo e alla stipula di contratti collettivi, ma per alcuni settori gli ostacoli procedurali esistenti e le divergenze sul con- tenuto delle bozze di accordo sono insormontabili (tra cui le gravi divergenze con i punti di vista dei sindacati negoziatori sui salari e sulla regolamentazione di alcuni parametri del partenariato sociale).
4.2. Le ragioni delle parti sociali per partecipare alla contrattazione collet-
tiva
Quando intraprendono le trattative per il CCL i rappresentanti a livello di filiale mirano alla solidarietà, all’empatia, all’uguaglianza e alla tolleranza. I rappresentanti a livello aziendale, invece, motivano la loro partecipazione con il desiderio di sicurezza e pre- vedibilità nelle relazioni industriali per entrambe le parti, oltre che con il desiderio di migliorare parametri distinti importanti per i lavoratori. La contrattazione collettiva è anche uno strumento per mantenere l’appartenenza al sindacato; questo è addirittura uno dei principali motivi di adesione.
Esiste un’interazione tra i sindacati a diversi livelli e le strutture datoriali intervistate. Lo scopo dei collegamenti è quello di portare avanti il dialogo sociale senza registrare una preferenza per uno o più sindacati in particolare; al contrario, gli intervistati condivido- no l’esistenza di contatti paritari con le diverse strutture di CITUB e CL Podkrepa.
4.3. Opinioni sulla contrattazione collettiva da parte di altri attori
Negli ultimi 33 anni i sindacati rappresentativi a livello nazionale sono stati coinvolti nella definizione di un’ampia gamma di politiche sociali ed economiche direttamente collegate agli interessi dei lavoratori. Ciononostante, le principali confederazioni sinda- cali cercano di essere ugualmente distanti da tutti i partiti politici, movimenti, ecc. e di collaborare con loro quando necessario per rappresentare gli interessi dei lavoratori.
La valutazione dei rappresentanti delle istituzioni statali, dei partiti e delle ONG sul pro- cesso di dialogo sociale e di contrattazione collettiva in Bulgaria è che questo processo si sta sviluppando piuttosto nella giusta direzione, anche se ci sono ancora molte aree in cui sono necessari miglioramenti urgenti. È accettato come normale che il dialogo sociale sia più marcato nel settore pubblico e che i contratti collettivi siano quindi più comuni, mentre i lavoratori del settore privato hanno meno probabilità di godere di questo tipo di protezione. D’altra parte, i dipendenti pubblici sono attualmente soggetti a pratiche restrittive perché non hanno diritto ai CCL.
Le sfide identificate per la contrattazione collettiva sono le imminenti modifiche al qua- dro normativo in relazione al recepimento della direttiva sui salari minimi adeguati. Un’altra sfida è la diffusione inefficiente dei CCL settoriali.
4.4. Come si raggiungono i contratti collettivi
Una lacuna nota della legislazione è l’eliminazione della possibilità di negoziare con un gruppo di datori di lavoro, che limita le trattative regionali e comunali per i settori commerciali, soprattutto per le piccole e micro imprese. Inoltre, i dipendenti pubblici non partecipano alla contrattazione collettiva e i sindacati devono negoziare accordi per loro. Il concetto che viene stabilito e il quadro normativo è che le trattative a livello di settore superiore, di filiale ed eventualmente di comune dovrebbero stabilire norme da accettare come minimo a livello di impresa. Questo concetto si è purtroppo incrinato nella pratica negli ultimi 10-15 anni, soprattutto nelle grandi imprese e nelle divisioni delle multinazionali, dove gli standard delle filiali vengono in alcuni casi significativa- mente superati, ma in altri del tutto ignorati. L’erosione della contrattazione collettiva di settore è visibile anche nell’industria, ad esempio nell’industria chimica e farmaceuti- ca (dove la contrattazione settoriale è assente dal 2004), e successivamente nella mag- gior parte dei settori dell’industria alimentare (dove è stata assente negli ultimi 5-10 anni). Allo stesso tempo, alcuni settori hanno CCL specifici per l’industria o il settore, ma la densità sindacale è generalmente bassa e in alcune imprese non ci sono praticamen- te sindacati in grado di esigere il rispetto degli accordi settoriali (ad esempio, edilizia, agricoltura, carta, commercio, turismo).
5. Sintesi
5.1. Fattori negativi e positivi per la contrattazione collettiva e meccanismi di successo per migliorarla
La copertura dei CCL è variata nel corso degli anni, con una copertura del 60-70% fino al 2000, mentre dopo la crisi del 2008-2009 la copertura dei CCL si è stabilizzata e si è mantenuta al 30%, a dimostrazione degli sforzi compiuti con successo dai sindacati per mantenere gli iscritti esistenti ma anche per creare nuovi sindacati. Il diritto di asso- ciazione è regolamentato dalla legislazione del paese, che crea le basi per lo sviluppo del dialogo sociale. Tuttavia, il quadro giuridico ha esaurito il suo effetto incentivante iniziale e nel corso degli anni i sindacati hanno cercato nuove soluzioni normative per il funzionamento del dialogo. In questo contesto, la direttiva sui salari minimi adeguati, nella parte che riguarda la contrattazione collettiva, dovrebbe dare un nuovo impulso alla contrattazione ed estendere l’ambito delle persone coperte da un contratto collet- tivo. I sindacati stanno quindi preparando un pacchetto di emendamenti legislativi per proteggere il diritto di associazione e di contrattazione, che riflette molte delle richieste sindacali rese pubbliche nel corso degli anni, ma ne introduce anche di nuove.
Le due principali confederazioni sindacali prendono le distanze dalle influenze dei par- titi politici e assumono posizioni che difendono gli interessi dei lavoratori, indipenden- temente dal partito al potere o all’opposizione. Tuttavia, i sindacati non si allontanano dalla vita politica del paese e mantengono relazioni paritarie con tutte le principali for- ze politiche. Nel corso degli anni, i sindacati hanno anche creato legami con diverse or- ganizzazioni della società civile su questioni che tutelano i diritti dei lavoratori bulgari.
5.2. Meccanismi di successo per migliorare la contrattazione collettiva
Uno dei meccanismi di successo per realizzare le richieste collettive dei sindacati è l’or- ganizzazione di mobilitazioni di protesta su larga scala. Le proteste rientrano esclusiva- mente nell’ambito delle azioni legalmente consentite e la loro organizzazione si basa su esperti sindacali qualificati e gruppi di negoziazione. Il “repertorio” delle proteste sin-
dacali riguarda esclusivamente i problemi e le richieste dei lavoratori. Questo repertorio si concretizza sotto forma di slogan tra i membri che protestano, ma anche di dichiara- zioni ufficiali/petizioni alle autorità. Attraverso azioni sostenute nel tempo e la copertu- ra mediatica, si ottiene la pressione necessaria per l’accettazione delle richieste.
Un altro meccanismo per migliorare la contrattazione collettiva è l’attuazione di politi- che mirate per aumentare l’adesione ai sindacati e costruire una massa critica in settori specifici. In questo modo, è possibile sia esercitare una forte influenza sul processo di contrattazione con i rappresentanti dei datori di lavoro, sia una pressione più ampia at- traverso la partecipazione agli emendamenti legislativi. I due sindacati rappresentativi a livello nazionale sono i promotori dell’adozione di leggi, emendamenti e integrazioni che mirano a proteggere i diritti e gli interessi del lavoro salariato. Hanno avviato le mo- difiche al Codice del lavoro per quanto riguarda la determinazione del meccanismo del tasso MW (che si riflette nel Codice del lavoro, articolo 244). Inoltre, sotto la pressione dei sindacati, il 28 giugno 2023 l’Assemblea nazionale ha approvato gli emendamenti al Codice penale che criminalizzano gli atti contro il diritto di associazione dei lavoratori.
Inoltre, anche l’organizzazione di azioni sindacali nazionali congiunte influisce sul buon andamento della contrattazione. Nel corso degli anni, il CITUB e il CL Podkrepa hanno condotto una serie di azioni sindacali concertate, campagne di informazione, dibattiti e riunioni di collettivi a tutti i livelli, comprese manifestazioni di protesta nazionali.
Un altro elemento importante per migliorare la contrattazione collettiva è la realizzazi- one di campagne nazionali di informazione e consultazione sui diritti del lavoro. Attra- verso incontri organizzati in tutto il paese (compresi quelli con i membri non sindacal- izzati), si sostiene lo sviluppo della consapevolezza civica e l’adattamento al mercato del lavoro.
Infine, ma non meno importante, lo sciopero è uno strumento importante per protegge- re i diritti e gli interessi dei lavoratori.
Una priorità per i sindacati è affermare e garantire il diritto costituzionale allo sciopero (articolo 50 della Costituzione). A questo proposito, continua la lotta dei sindacati per l’abrogazione dell’attuale legge sulla risoluzione delle controversie collettive di lavoro e l’adozione di una nuova legge.
Xxxxxx
Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxx
1. La contrattazione collettiva in Grecia
La copertura della contrattazione collettiva in Grecia ha subito un forte declino nell’ul- xxxx xxxxxxxx. Prima degli anni Novanta, il sistema di contrattazione collettiva man- teneva un carattere complessivamente centralizzato, svolgendosi a livello nazionale e occupazionale, con una copertura molto elevata (Xxxxxxxxxxxx 2019:91). Il primo ten- tativo di decentralizzazione parziale è avvenuto negli anni Novanta, quando il capitale greco puntava all’ingresso della Grecia nell’UE e l’economia greca iniziava a subire un processo di neoliberalizzazione (Xxxxxxxxxxxx 2019, 92). La legge 1876/1990 (legge sulla libera contrattazione collettiva) ha posto le basi per la contrattazione collettiva sia a livello settoriale che aziendale.
Le politiche dei Memoranda del 2010-2018, imposte dall’UE e dall’FMI, hanno portato cambiamenti strutturali al sistema di contrattazione collettiva verso un’ulteriore direzi- one di decentralizzazione. Questo processo ha portato alla riduzione dei CCL stipulati a livello settoriale e occupazionale negli anni 2011-2017 e, contemporaneamente, alla moltiplicazione dei CCL stipulati a livello aziendale dai sindacati aziendali, o “associazi- oni di persone” (ενώσεις προσώπων) nell’impresa; dal 2011 al 2019, i contratti di lavoro individuali sono aumentati (Xxxxxxxxxxxx 2019, 97-98), riflettendo una tendenza verso un’ulteriore individualizzazione delle condizioni di lavoro, man mano che la contrattazi- one aziendale si rafforzava e la contrattazione collettiva settoriale diminuiva. Ciò ha contribuito a riduzioni salariali maggiori e al deterioramento delle condizioni di lavoro (Xxxxxxxxxxxx e Koukiadaki 2019, 279).
La riforma del sistema di contrattazione collettiva durante il periodo dei Memoranda è stata parallela all’arretramento generale del movimento sindacale e alla diminuzione della fiducia dei lavoratori nelle principali confederazioni (Bithymitris 2021, Bithymitris e Kotsonopoulos 2018, 116). Questi fattori, insieme al forte aumento del tasso di disoccu- pazione dovuto alle politiche di austerità e all’aumento generale delle forme di lavoro sommerso e/o flessibile, hanno portato alla successiva diminuzione della percentuale di lavoratori coperti da contratti collettivi validi (Xxxxxxxx 2021), toccando il punto più basso di quasi il 15% nel 2014 (INE-GSEE 2023).
Dopo la scadenza ufficiale dei Memoranda, nel 2018 il governo SYRIZA-ANEL ha tentato di ripristinare il quadro pre-crisi per la contrattazione collettiva. Secondo l’OIL, il tasso di copertura della contrattazione collettiva nel 2018 è salito al 25,8%. Tuttavia, l’estensione dei CCL è dipesa fortemente dalla parte dei datori di lavoro e dal loro ruolo dominante nel processo di negoziazione (Xxxxxxxxxxxx 2019, 100). Nonostante gli sforzi parziali del governo, le condizioni negative per la regolamentazione collettiva delle condizioni di lavoro non sono state adeguatamente invertite (Xxxxxxxx 2021). Nel 2019, il governo di Nuova Democrazia ha introdotto ulteriori modifiche legali al sistema di contrattazione collettiva, reintroducendo in parte il quadro dei memorandum (Xxxxxxxxxxxx 2019, 100- 101). Secondo un recente rapporto dell’Istituto INE-GSEE (2023), nel 2022 esistevano 38 CCL settoriali e occupazionali validi. Questi accordi coprivano circa 735.000 dipen- denti, ovvero il 29% della forza lavoro. Tuttavia, solo 5 di questi CCL sono stati dichiarati legalmente obbligatori per tutti i dipendenti del settore. Tutti gli altri sono validi solo per i membri delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro firmatarie; anche
questo parametro non può essere pienamente verificato in modo incrociato, poiché è prassi per molte imprese astenersi dall’aderire alle organizzazioni dei datori di lavoro, al fine di evitare l’applicazione dei termini dei CCL (INE-GSEE 2023, 124).
Nel complesso, i Memoranda e le agende post-Memoranda riguardanti le relazioni in- dustriali in Grecia sembrano aver contribuito all’arretramento del processo di contrat- tazione collettiva, soprattutto a livello settoriale e occupazionale. In assenza di una forte contrattazione settoriale e occupazionale, un gran numero di lavoratori è coperto solo dal salario minimo, che viene deciso dal Ministro del Lavoro.
2. Risorse di potere dei sindacati greci
2.1. Potere strutturale
Dalla fine degli anni Ottanta, la neoliberalizzazione e l’integrazione nell’UE hanno por- tato all’espansione di nuovi settori produttivi, in particolare nell’economia dei servizi terziari. Questo cambiamento ha ridotto il potere strutturale dei sindacati ufficiali, molti dei quali nei decenni precedenti detenevano una notevole influenza nel settore indus- triale e nelle imprese pubbliche e statali (Xxxxxxxxxxxx 2018a, 122; Bithymitris e Kot- sonopoulos 2018, 110-111). La sindacalizzazione nel settore privato, dove le modalità di lavoro flessibili e precarie stavano gradualmente diventando sempre più comuni, è rimasta bassa, determinando un divario sostanziale nella densità sindacale tra il settore pubblico e quello privato che esiste ancora oggi (Xxxxxxxxxxxx 2018a, 121-123).
Le politiche dei Memoranda introdotte nel 2011 hanno segnato la deregolamentazione del mercato del lavoro, con la conseguente prevalenza di pratiche di licenziamento di massa, schemi di lavoro precario e flessibile e aumento del tasso di disoccupazione (Kouzis 2016). Questa trasformazione strutturale, insieme ai cambiamenti nel sistema di contrattazione collettiva, ha inciso sulla capacità a lungo termine dei sindacati di or- ganizzare e mobilitare i lavoratori. Anche molte organizzazioni dei datori di lavoro sono state messe fuori gioco durante questo periodo o si sono astenute dalla contrattazione collettiva.
Inoltre, la pandemia di Covid-19 ha avuto un forte impatto sulle relazioni di lavoro, lim- itando di conseguenza il raggio d’azione dei sindacati greci. Le politiche di blocco hanno colpito le piccole imprese, aumentando la disoccupazione e causando una contrazione dell’economia di circa il 9% nel 2020 (Xxxxxxxxxx et al. 2022, 15). A differenza di altri paesi europei, in Grecia la sospensione dei contratti di lavoro durante il lockdown non è stata negoziata attraverso il dialogo sociale, ma imposta unilateralmente dal governo, consentendo alle imprese di attuare queste misure senza preavviso ai dipendenti. Ciò ha lasciato spazio a comportamenti scorretti da parte dei datori di lavoro in relazione alla tutela dei diritti lavorativi concordati, come la coercizione al lavoro non sicuro, non dichiarato, flessibile/su turni, anche nei casi di lavoro a distanza (Xxxxxxxx 2021).
2.2. Potere organizzativo
Il panorama sindacale greco è caratterizzato da una struttura gerarchica con un ampio grado di differenziazione interna. La densità sindacale ufficiale è diminuita significa- tivamente dopo la crisi finanziaria. Da circa il 37,60% nel 1992, è scesa al 23,54% nel 2008 e poi al 21,52% nel 2013 (Katsoridas 2021, 266). Secondo un recente studio dell’Is- tituto del Lavoro del GSEE citato da Katsoridas (2021, 268-269), la densità sindacale nel settore pubblico coperto da ADEDY è molto più alta rispetto al settore privato e a DEKO
(settore pubblico allargato, dipendenti di Acqua-Elettricità-Poste), che sono coperti dal GSEE. Per quanto riguarda i sottosettori economici e occupazionali coperti da GSEE, la densità è maggiore in DEKO rispetto ai settori commerciale, logistico e della fornitura di alimenti. Storicamente, la contrazione del settore industriale e lo sviluppo di quello pubblico e semipubblico hanno influenzato le caratteristiche del movimento sindacale in termini di densità per settore (Bithymitris e Kotsonopoulos 2018, 108). Questo fatto è legato sia al forte allineamento dei sindacati del settore pubblico con il governo del PASOK negli anni ‘80, sia alle condizioni di impiego diacronicamente più favorevoli nel settore pubblico rispetto a quello privato; la sindacalizzazione nel settore dei servizi privati rimane particolarmente bassa, come già detto (Xxxxxxxxxxxx 2018a).
Nello studio di Katsoridas del 2021 per l’anno 2016, il numero di iscritti ai sindacati è stato stimato in 599.161 e la densità sindacale, basata sul calcolo della dimensione reale della classe lavoratrice in Grecia, compresi coloro che lavorano in forme di lavoro sommerso, atipico, precario o temporaneo, è stata del 20,3% (Katsoridas 2021, 281). Pertanto, solo 1/5 dei lavoratori era organizzato in sindacati (ibid., 283) e tra il 2010- 2016, durante il picco delle politiche dei Memoranda, le confederazioni sindacali di GSEE-ADEDY hanno perso circa 185.000 iscritti (ibid., 277). Negli ultimi anni, il forte calo degli iscritti ai sindacati è legato alla diminuzione delle azioni industriali e degli scioperi su larga scala e intersettoriali, soprattutto dopo il 2013. GSEE, in particolare, non ha lanciato alcuna campagna sindacale negli ultimi anni (Kretsos 2011, citato in Vogiatzo- glou 2018a, 125). L’organizzazione a livello inferiore è molto frammentata. Negli ultimi decenni sono stati creati molti sindacati di base o collettivi di lavoratori in diversi settori, che non partecipano attivamente alle principali Confederazioni; pertanto, la loro den- sità non può essere ancora pienamente stimata.
2.3. Potere istituzionale
La legge 1876/1990 è stata il nucleo del quadro giuridico per la funzione sindacale e la contrattazione collettiva in Grecia prima delle politiche dei Memoranda. Allineata agli standard europei, è stata adottata all’unanimità dai partiti politici e ha istituito un sistema di contrattazione multilivello con quattro tipi di contratti collettivi di lavoro per il settore privato: il Contratto nazionale generale di lavoro, i CCL nazionali settoriali o oc- cupazionali, i CCL locali settoriali/occupazionali e i CCL aziendali (ETUI 2017). Durante questo periodo, sono stati compiuti anche importanti sforzi per istituire un sistema tri- partito di dialogo sociale. Il Comitato economico e sociale greco (OKE) è stato istituito nel 1994 ed è stato riconosciuto costituzionalmente nel 2001. Dopo gli anni Novanta, il potere istituzionale acquisito dai sindacati grazie al nuovo quadro normativo ha dato vita a una forte interconnessione tra i leader sindacali di prima classe e i partiti politici di centro-destra, spesso utilizzata come strategia per la contrattazione collettiva (Kret- sos e Xxxxxxxxxxxx 2015, 224).
I cambiamenti introdotti dopo l’inizio della crisi del debito, volti a ridurre il costo del lavoro e a migliorare la competitività delle imprese, hanno fortemente destabilizzato il sistema di contrattazione collettiva e i loro effetti durano ancora oggi. Le principali riforme giuridiche introdotte dai Memoranda hanno incluso l’abolizione del principio di favore per i CCL settoriali rispetto a quelli aziendali, l’eliminazione dei CCL nel settore pubblico che erano in conflitto con la politica finanziaria del governo, la sospensione del principio di estensione per i CCL occupazionali e settoriali fino al 2015 e il raffor- zamento della contrattazione collettiva a livello aziendale (Zisimopoulos 2019, 96-97). Inoltre, nel 2012, una riduzione nominale del 22% del salario minimo è stata stabilita da un accordo nazionale (32% per i minori di 25 anni) con atto del Consiglio ministeriale.
Con la legge 4093/2012, il CCNL è stato ristrutturato in modo da poter determinare solo le condizioni di lavoro non salariali per le organizzazioni appartenenti alle organizzazi- oni datoriali firmatarie. Fino ad oggi, il salario minimo non è stato negoziato tra le parti sociali, ma è stato definito con decisione del Ministro del Lavoro. Anche l’arbitrato è stato neutralizzato.
Il governo SYRIZA-ANEL ha riportato in auge alcuni dei regolamenti della contrattazione collettiva precedenti al Memoranda, come il principio di favore, il diritto di estensione per i CCL e l’abolizione del salario subminimo per i minori di 25 anni. Tuttavia, nonostan- te i tentativi legali di riportare la contrattazione collettiva ai livelli precedenti alla crisi, i cambiamenti delle politiche dei Memoranda hanno finito per svalutare il ruolo dei CCL settoriali e occupazionali (Xxxxxxxxxxxx 2019, 100).
Più di recente, la legge 4635/2019, introdotta dal governo di Nuova Democrazia, ha cer- cato di reintrodurre alcuni termini dei Memoranda relativi alla contrattazione collettiva, come la restrizione del principio di favore e il diritto di estensione per i CCL settoriali (ibid.). Le recenti iniziative legislative hanno apportato modifiche anche al diritto di sci- opero. Nella legge 4635/2019, il diritto di azione collettiva/sciopero è parzialmente os- tacolato, attraverso l’istituzione del voto elettronico durante le assemblee generali dei sindacati (ibid.). In base alla legge 4703/2020, attuata dallo stesso governo, le proteste spontanee sono vietate e le forze di polizia sono legalmente autorizzate a intervenire a qualsiasi costo in caso di distruzione di proprietà, mentre sono previste gravi riper- cussioni legali per le persone che non si adeguano (Katsoridas et al. 2023, 9). Infine, la legge 4808/2021 segue una logica neoliberale simile a quella delle leggi precedenti; tra l’altro, consente legalmente l’aumento del lavoro straordinario attraverso l’istituzione di accordi individuali per l’estensione dell’orario di lavoro tra datore di lavoro e dipen- dente, aggirando l’organizzazione sindacale o i termini del CCL, e consente inoltre le serrate in caso di sciopero.
2.4. Potere sociale
Storicamente, la burocratizzazione e le pratiche clientelari, caratterizzate principal- mente dai legami che le fazioni sindacali nelle alte gerarchie hanno stretto con i partiti politici centrali, come il PASOK, e con le imprese statali, al fine di mantenere affiliazi- oni politiche privilegiate a scapito del sostegno alle mobilitazioni di base, sono state una piaga per l’etica democratica all’interno del sindacalismo mainstream (Bithymitris 2021). Gli studiosi si riferiscono a questo fenomeno come “sindacalismo governativo” (Xxxxxxxxxxxx 2018a, 125). Nonostante l’aumento delle mobilitazioni e degli scioperi durante il primo periodo di austerità (2010-2012), le confederazioni e la loro leadership non hanno risposto in modo adeguato e duraturo alla trasformazione negativa dei rap- porti di lavoro in Grecia e non hanno rinnovato con successo il loro repertorio d’azione nelle nuove condizioni; invece, a causa di un’egemonia politica piuttosto conservatrice e dei tagli ai finanziamenti statali, si sono limitate a un modello istituzionalizzato di partenariato sociale volto a garantire la pace sociale, seguito da una strategia consen- suale nei confronti del governo e del capitale (Bithymitris e Xxxxxxxxxxxxx 2018:114- 118, Xxxxxxxxxxxx 2018b, 5-6). Ciò ha contribuito all’approfondimento della delegit- timazione dei sindacati e alla perdita di fiducia dei lavoratori nei loro confronti, come indicato dalla forte perdita dei tassi di adesione (Katsoridas 2021).
L’emergere del sindacalismo di base ha segnato una risposta dal basso per le trasfor- mazioni del mercato del lavoro greco e per gli svantaggi del sindacalismo ufficiale in termini di capacità rappresentativa. Il movimento sindacale di base in Grecia, in stretta collaborazione con le organizzazioni di base (SMO), ha assunto varie forme, molte delle
quali si sono moltiplicate in modo significativo durante il ciclo di proteste anti-xxxxxx- ità: si tratta di sindacati di base o primari, collettivi di lavoratori informali, collettivi di disoccupati, circoli di lavoratori, occupazioni di luoghi di lavoro (ad esempio, la fabbrica VIOME) e cooperative di solidarietà sociale (Xxxxxxxxxxxx 2018b). Queste iniziative di base miravano non solo a impegnarsi nelle lotte sul posto di lavoro (ad esempio, salari, CCL), ma anche ad affrontare i bisogni materiali e sociali quotidiani dei lavoratori legati alla riproduzione, al consumo e al tempo libero (ibid.). Per quanto riguarda le azioni industriali, durante tutto il ciclo di proteste per l’austerità, il Coordinamento dei sinda- cati primari ha indetto scioperi di piazza separati dalle forze della Confederazione, una tradizione che esiste ancora oggi. Fino al 2020, i sindacati di base e quelli non princi- pali hanno anche costruito coalizioni con organizzazioni di movimento sociale e altri collettivi in vari casi, ad esempio creando iniziative di solidarietà per i rifugiati arrivati in Grecia dopo il 2016 (come il Coordinamento per i rifugiati e i migranti, ΣΥΠΡΟΜΕ) e partecipando ai Coordinamenti dei collettivi (Συντονισμοί Συλλογικοτήτων) in varie città, che hanno svolto un ruolo di primo piano nel movimento contro le aste domestiche.
Tuttavia, come è stato osservato dagli studiosi (Xxxxxxx e Xxxxxxxxxxxx 2015), le inizia- tive di base, pur essendo cruciali per il ringiovanimento del sindacalismo nel suo com- plesso sia come concetto che come pratica culturale/politica, hanno un potere istituzi- onale e organizzativo limitato per impegnarsi nella contrattazione collettiva di settore e ottenere guadagni materiali concreti (come la conclusione dei CCL). Inoltre, dato che i sindacati di base si affidano fortemente al networking sia sul posto di lavoro che nelle strade e nei quartieri per ottenere popolarità e reclutare membri, la pandemia di Covid-19 ha avuto un forte impatto sulla loro funzionalità a causa della prevalenza del telelavoro.
3. Azioni di protesta dei sindacati nel periodo recente
3.1. Tendenze degli eventi di protesta, organizzazioni leader, temi, obiettivi, forme di azione, coalizioni
Complessivamente il 2021 ha visto lotte sindacali significative in vari settori precedente- mente privi di mobilitazioni, con un totale di 126 eventi di protesta osservati. Gli effetti socio-economici della pandemia di Covid-19 hanno messo a nudo molti problemi strut- turali dell’era post-Memoranda, che hanno influito direttamente sulle condizioni di lavo- ro collettive. Inoltre, ulteriori dinamiche sistemiche, come l’introduzione della legge sul lavoro 4808/2021 da parte del governo di Nuova Democrazia, che ha portato all’esten- sione dell’orario di lavoro legale bypassando i CCL settoriali o professionali per la rego- lamentazione del lavoro straordinario, le riforme dell’istruzione introdotte dal governo (legge sulla “polizia universitaria”, legge sulla valutazione esterna degli insegnanti), la guerra russo-ucraina e l’inflazione, hanno influenzato pesantemente l’azione collettiva.
Nel febbraio 2021 si è verificata un’impennata nelle attività di protesta, dovuta prin- cipalmente alle mobilitazioni del settore sanitario per le misure di Covid-19. Le prote- ste sono state portate avanti principalmente dalle due maggiori federazioni naziona- li OENGE (Federazione dei medici ospedalieri) e POEDIN (Federazione dei dipendenti ospedalieri). Si tratta di una tendenza in atto per tutto il 2021, con proteste minori ma comunque significative anche nel 2022. I primi mesi del 2021 sono segnati anche dalle mobilitazioni dei sindacati dell’istruzione, insieme agli studenti universitari e delle scuo- le superiori, contro la riforma dell’istruzione. Nel marzo 2021 c’è stata la prima manife- stazione di protesta organizzata dai sindacati e dalle organizzazioni sindacali del setto- re artistico (Sindacato ellenico degli attori, Sindacato dei ballerini e altri), che chiedono
contratti collettivi di lavoro e misure di tutela dei diritti dei lavoratori. I mesi di maggio e giugno 2021 sono segnati dagli scioperi generali nazionali di 24 ore organizzati dalle Confederazioni GSEE-ADEDY (sostenute anche da vari sindacati e Federazioni, sia prin- cipali che di base) contro la votazione della legge sul lavoro 4808/2021. Durante i mesi estivi di luglio e agosto, gli eventi di protesta sono diventati più sporadici, mostrando una tendenza al declino.
Nei mesi di settembre, ottobre e novembre 2021, l’attività di protesta ha raggiunto nuo- vamente un picco. I fattorini, insieme al sindacato SETEPE e al sindacato di base SVEOD, si sono mobilitati a fine settembre contro la flessibilità delle condizioni di lavoro dopo i licenziamenti di massa nella società di consegna della piattaforma E-food. Inoltre, a partire da ottobre, il mondo dell’istruzione ha iniziato a mobilitarsi in diverse occasioni contro le riforme scolastiche e le inadeguate misure di salute e sicurezza di Covid-19 nelle scuole. Alla fine di ottobre, i lavoratori del carico nei moli II e III del porto del Pireo di proprietà della COSCO, organizzati nel sindacato ENEDEP, hanno iniziato una lotta persistente contro l’azienda, dopo l’incidente mortale di un lavoratore portuale in servizio, chiedendo misure di salute e sicurezza.
Le mobilitazioni nella prima metà del 2022 (64 eventi di protesta in totale) sono state nettamente superiori nei primi mesi dell’anno. A gennaio e febbraio, i sindacati del settore dell’istruzione e della sanità hanno proseguito le loro lotte e hanno organiz- zato manifestazioni in varie città per chiedere misure di salute e sicurezza di Covid-19 e l’assunzione a tempo indeterminato di personale sanitario ed educativo. A partire da febbraio, ad Atene e Salonicco sono state organizzate numerose manifestazioni di protesta da parte dei sindacati e delle organizzazioni della società civile contro l’invasi- one russa dell’Ucraina, spesso con un’agenda anti-guerra/anti-imperialismo/anti-NATO.
L’inflazione e l’aumento del costo della vita sono stati un altro fattore importante che ha spinto i sindacati a organizzare diverse manifestazioni; lo sciopero generale nazio- nale del 6 aprile 2022, proclamato dalle principali confederazioni GSEE-ADEDY, aveva come priorità l’attuazione di misure contro l’aumento dei prezzi e del costo della vita. Nel maggio 2021, uno sciopero generale nazionale di 24 ore, accompagnato da man- ifestazioni in varie città, è stato portato avanti dalle confederazioni e da diversi attori locali. Analogamente alla tendenza del 2021 gli eventi di protesta si sono ridotti in es- tate, con l’eccezione delle mobilitazioni organizzate dal sindacato dei dipendenti del trasporto pubblico OASTH a Salonicco da maggio a luglio, per chiedere la conclusione di un contratto collettivo di lavoro con prestazioni salariali.
Nel complesso i settori della sanità, dell’istruzione e del trasporto marittimo/navale sono stati tra i più mobilitati nell’arco di tempo esaminato. Notevoli sono state anche le mobilitazioni nei settori dell’alimentazione e del turismo e le lotte dei fattorini, un set- tore precedentemente non mobilitato, nonché quelle dei lavoratori dei trasporti. La for- ma di protesta industriale più diffusa è stata la manifestazione, che comprende diversi sottogruppi, come la protesta davanti a un edificio governativo o un raduno/marcia. Gli scioperi (di solito di 24 ore, con l’eccezione di due di 48 ore e di alcune interruzioni parziali del lavoro) sono stati generalmente accompagnati da una manifestazione di sciopero. Per quanto riguarda le rivendicazioni, molte erano di natura sistemica; erano legate al quadro economico post-Memoranda/Covid-19, agli effetti perenni delle poli- tiche di austerità, come i tagli al bilancio, i processi di privatizzazione in corso, le ridu- zioni dei salari e dei benefit. Le richieste relative alle condizioni e ai diritti di lavoro, agli aumenti salariali, al ripristino delle prestazioni in base al tipo di professione, alla con- clusione o al ripristino dei CCL settoriali, sono state anche in primo piano nell’agenda dei sindacati. Queste richieste si sono intrecciate anche con le rivendicazioni contro la
legge sul lavoro 4808/2021. Inoltre, le modifiche introdotte al diritto di organizzare uno sciopero attraverso la stessa legge hanno favorito un’agenda di rivendicazioni relative alla democrazia sul lavoro. Infine, nel 2022, le nuove questioni dell’aumento del costo della vita a causa dell’inflazione, della guerra russo-ucraina e del coinvolgimento dello Stato greco nella guerra, così come le persistenti questioni della violenza di genere, hanno dato vita a diverse mobilitazioni.
3.2. Campagne principali
Sebbene le pratiche di campagna non siano ampiamente adottate dai sindacati greci, diversi eventi di protesta nel 2021 e 2022, incentrati su temi simili o organizzati dagli stessi gruppi, possono essere considerati parte di campagne informali. Da gennaio ad aprile 2021, sono state organizzate 5 manifestazioni di protesta da parte di diversi sindacati del settore dell’istruzione (le principali federazioni OLME e i sindacati locali ELME/associazioni di insegnanti), contro i tagli al bilancio dell’istruzione pubblica, l’in- adeguatezza delle misure per il Covid-19 e le riforme dell’istruzione, tra cui la proposta di legge per l’istituzione di un corpo di polizia universitaria e la modifica del sistema di ammissione all’istruzione superiore. Queste manifestazioni sono state sostenute da vari attori in diverse occasioni, come organizzazioni di studenti universitari, studenti delle scuole superiori e associazioni di genitori.
Gli scioperi generali nazionali di 24 ore organizzati il 4 maggio 2021 e il 6 maggio 2021 (celebrazione della Festa del Lavoro), nonché gli scioperi di 24 ore del 10 giugno 2021 e del 16 giugno 2021, sono stati proclamati dalle principali confederazioni (GSEE, AD- EDY) contro la votazione del disegno di legge sul lavoro 4808/2021 e vi hanno aderito numerosi sindacati di diversi settori, sia principali che comunisti (PAME) e di base. Nei grandi centri urbani di Atene e Salonicco sono state organizzate manifestazioni di mas- sa con lo slogan principale “Giù le mani dalla giornata lavorativa di 8 ore!”, sostenute attivamente da vari partiti politici della sinistra (da SYRIZA al Partito Comunista e altre organizzazioni della sinistra radicale). La Confederazione GSEE ha anche presentato una petizione al governo chiedendo il ritiro della legge. Tuttavia, il disegno di legge alla fine è passato; la richiesta di abolizione della legge è diventata un tema ricorrente nelle successive manifestazioni di protesta per il resto del 2021 e del 2022.
Il 22 settembre 2021, la Federazione settoriale dei lavoratori delle industrie alimentari e turistiche ha proclamato un’interruzione parziale del lavoro a livello nazionale contro le condizioni di lavoro precarie e pericolose nel settore della ristorazione, in particolare quelle che devono affrontare i lavoratori più vulnerabili ed esposti, i fattorini. L’azione è stata sostenuta da attori locali; ad Atene, il sindacato di base degli autisti fattorini SVEOD ha aderito all’interruzione del lavoro e, insieme al collettivo di autisti della soci- età della piattaforma E-food, ha organizzato una manifestazione in moto per le strade di Atene. Il principale sindacato dei dipendenti delle industrie alimentari e turistiche (SETEPE) ha sostenuto l’iniziativa; i rappresentanti di SVEOD e SETEPE hanno incontrato i datori di lavoro di E-food. Come atto di solidarietà alla lotta sindacale condotta dagli autisti di E-food, anche la Federazione settoriale (POEET) ha proclamato uno sciopero generale settoriale di 24 ore il 24 settembre. Le proteste alla fine hanno avuto successo, poiché l’azienda ha accettato di soddisfare le richieste dei dipendenti e ha trasformato i contratti di circa 2.000 lavoratori freelance in contratti a tempo indeterminato. È stato creato un sindacato aziendale dei dipendenti di E-food.
Infine, ma non meno importante, sono le mobilitazioni dei lavoratori portuali nel porto del Pireo a fine ottobre 2021. Dopo l’incidente mortale di un loro collega in servizio il 25 ottobre 2021, il sindacato dei lavoratori del carico nei moli II e III di proprietà della
COSCO (ENEDEP) ha indetto 7 scioperi consecutivi di 24 ore, fino al 31 ottobre 2021. I sindacalisti hanno chiesto l’attuazione di misure per la salute e la sicurezza sul lavo- ro, come squadre di lavoro di 6 membri invece di 4, l’abolizione dei contratti di lavoro flessibili, l’inclusione dell’intero settore nel regime delle industrie insalubri e pericolose e l’avvio di negoziati per un contratto collettivo di lavoro nel porto del Pireo. La parte datoriale ha presentato diversi ricorsi al Tribunale del Pireo e al governo per dichiarare illegali le attività di sciopero. I gravi disagi causati dall’interruzione della circolazione delle merci nell’intera area del porto del Pireo hanno dato ampia copertura mediatica alle proteste. Diversi sindacati dell’industria marittima e navale, come i sindacati degli ingegneri e dei cuochi (STEFENSON), hanno sostenuto lo sciopero in solidarietà con i sindacalisti dell’ENEDEP. Alla fine, nel giugno 2022, i datori di lavoro hanno accettato di firmare un CCL con la partecipazione di tutti i sindacati dei moli II e III del porto del Pireo, compreso l’ENEDEP.
3.3. Valutazione dell’impatto delle azioni collettive dei sindacati
I dati sugli eventi di protesta indicano che i sindacati hanno svolto un ruolo importante nell’organizzazione di azioni industriali nel 2021 e nel 2022. Nonostante i limiti geogra- fici dell’attività di protesta e l’occasionale inerzia delle Confederazioni nell’organizzare mobilitazioni di lunga durata, si sono verificate diverse pratiche e coalizioni durature portate avanti da alcune forze di lavoro a livello settoriale o occupazionale. In molte occasioni, la convergenza di tre fattori chiave – le difficoltà socio-economiche date dal Covid-19, l’attuazione di politiche neoliberiste e la presenza di forze sindacali disposte a impegnarsi in attività militanti e dirompenti – è stata cruciale per la mobilitazione di vari settori, tra cui spiccano quelli dei lavoratori della sanità e dell’istruzione.
Nei settori precari, l’esistenza di un’entità di base, sia essa un sindacato di base o un collettivo di lavoratori informali, si è dimostrata in grado di contribuire in modo signifi- cativo all’organizzazione dal basso di una lotta sindacale, come dimostra il caso degli autisti di consegne di cibo elettronico. Il collettivo degli autisti di E-food ha collaborato con successo sia con il sindacato di base SVEOD sia con il principale sindacato del set- tore SETEPE. Infine, la solidarietà intersettoriale si è rivelata cruciale, non solo per unire le forze su scala più ampia, ma anche per ottenere legittimità nel contesto della lotta. La solidarietà dimostrata dai sindacati del settore marittimo in generale e di altri settori agli scioperi del sindacato ENEDEP nei porti del Pireo di proprietà della COSCO illustra in modo eccezionale questa tendenza.
4. Risultati qualitativi
L’attuale periodo post-Memoranda è descritto da quasi tutti gli intervistati come l’inizio di un’era in cui i negoziati hanno ripreso a svolgersi in vari settori, superando la tenden- za al declino dell’ultimo decennio. Ciononostante, esiste un grande divario per quanto riguarda le condizioni generali della contrattazione collettiva, dove sono stati eviden- ziati diversi problemi da parte dei vari attori.
4.1. Principali problemi e sfide della contrattazione collettiva
La maggior parte dei sindacati intervistati, pur avendo approcci spesso divergenti al sindacalismo, ha evidenziato gli effetti negativi del quadro normativo dei Memoranda sulla contrattazione collettiva. Uno degli aspetti più cruciali della questione è la derego- lamentazione del sistema di negoziazione del Contratto collettivo nazionale generale dal 2012. Il ripristino del quadro giuridico per la libera contrattazione collettiva e, in
particolare, l’universalità dei termini vincolanti dei CCL per tutti i lavoratori e i datori di lavoro senza eccezioni, è descritto anche da diversi sindacati, sia principali che di base, tra cui la Confederazione GSEE, come un passo necessario per invertire l’attuale dinam- ica istituzionale che priva i sindacati del loro potere negoziale.
Anche se c’è stato un parziale ripristino di alcune disposizioni legislative riguardanti la contrattazione collettiva dopo la fine ufficiale dei Memoranda, la maggioranza dei sindacalisti ha anche sottolineato che le leggi sul lavoro 4635/2019 e 4808/2021, intro- dotte di recente, sembrano porre ulteriori sfide al potere di contrattazione sindacale, privilegiando gli interessi dei datori di lavoro, e dovrebbero essere abolite. A destare preoccupazione sono state anche le modifiche introdotte al diritto sindacale dalle leggi 4808/2021 e 5053/2023, interpretate come un attacco orchestrato ai diritti del lavoro e alle funzioni sindacali, perché sembrano porre diversi ostacoli all’organizzazione di azioni di sciopero, neutralizzarne l’efficacia e penalizzare alcune forme di azione col- lettiva.
Oltre alle questioni relative al quadro legislativo i nostri intervistati hanno rilevato di- verse altre sfide relative alla conclusione e all’applicazione dei CCL, che sono legate a trasformazioni più ampie del mercato del lavoro. Queste trasformazioni, indotte so- prattutto dalla ristrutturazione dell’economia greca negli ultimi anni, creano divisioni che ostacolano sia la copertura della contrattazione collettiva sia la formulazione di richieste collettive di lavoro. Questo fenomeno è piuttosto diffuso nei settori delle tele- comunicazioni e dei call center, a causa delle pratiche di esternalizzazione e dell’utilizzo di società controllate. Inoltre, i processi di privatizzazione più ampi che coinvolgono i flussi di capitale globale hanno un effetto sulla ristrutturazione fondamentale dei rap- porti di lavoro, che spesso si traduce in pratiche di dumping salariale, nel contesto della casualizzazione della manodopera; questo è il caso del porto del Pireo, recentemente privatizzato, dove l’esistenza di lavoratori assunti sia a tempo indeterminato che a tem- po determinato rende difficile l’applicazione unificata dei termini del CCL.
4.2. Le motivazioni dei partner per partecipare alla contrattazione colletti-
va
Tutti i sindacati concordano sulla necessità di ripristinare un sistema di contrattazione collettiva libero, considerandolo fondamentale per invertire le attuali dinamiche di po- tere tra lavoratori e datori di lavoro e proteggere i diritti dei lavoratori. Anche le orga- nizzazioni dei datori di lavoro con cui abbiamo parlato concordano (in misura diversa) con il concetto di contratto collettivo di lavoro, perché assicura la pace del lavoro e garantisce diritti e doveri sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Tuttavia, come ha sottolineato l’intervistato di GSEVEE (Confederazione ellenica dei professionisti, degli artigiani e dei commercianti), per le piccole e medie imprese, che rappresentano fino al 90% di tutte le imprese greche, impegnarsi nella contrattazione collettiva e nei ne- goziati per i CCL non è una pratica diffusa, a causa dei problemi finanziari accumulati durante le crisi dei Memoranda e del Covid-19, oltre che per l’iscrizione non obbligator- ia alle organizzazioni dei datori di lavoro.
Come ulteriore ostacolo al successo della contrattazione collettiva, i datori di lavoro hanno sollevato la questione della rappresentatività dell’organizzazione sindacale. L’OEFE (Federazione dei datori di lavoro dell’istruzione privata), ad esempio, esprime preoccupazioni sulla legittimità negoziale di diversi sindacati a cui si è rivolta, in termini di capacità rappresentativa per i dipendenti del settore. Questa risposta suggerisce che il pluralismo che caratterizza l’attuale panorama sindacale e che spesso porta alla coesistenza di sindacati di base e principali con diversi orientamenti politici nello stesso
settore, sembra essere percepito dai datori di lavoro come un fattore di disorientamen- to per l’avvio delle trattative.
Le questioni della rappresentatività e della legittimità sono articolate anche dai sinda- calisti, sebbene da un punto di vista diverso. Per i sindacalisti, le preoccupazioni sulla legittimità sono legate agli interessi dei datori di lavoro che si infiltrano nel movimento sindacale e frammentano l’unità dei lavoratori. Un aspetto importante di questo feno- meno è l’esistenza di sindacati “gialli”, favorevoli ai datori di lavoro. Questi sindacati sono implicitamente o esplicitamente controllati dal datore di lavoro e minano l’orga- nizzazione indipendente dei lavoratori, mettendo in discussione la rappresentatività dei sindacati già esistenti. Nel porto del Pireo, il sindacato ENEDEP dei lavoratori portuali aveva interessi contrastanti con un altro sindacato del porto che, secondo i sindacalisti ENEDEP, aveva una posizione favorevole al datore di lavoro e ostacolava il processo di contrattazione collettiva firmando un CCL con rivendicazioni minime.
Un’altra questione che riguarda la legittimità, il potere contrattuale e la capacità nego- ziale dei sindacati è lo scontro tra visioni politiche strategiche all’interno del movimento sindacale. Tutti i sindacalisti sono unanimi nell’affermare che la lotta per gli accordi col- lettivi in un singolo settore è importante, perché pone le basi per un’ulteriore articola- zione delle richieste collettive in altri settori. Tuttavia, ciò che conta sono anche i mezzi di lotta e il contenuto degli accordi, che hanno implicazioni più ampie per l’organizza- zione collettiva dei lavoratori. I sindacati di primo livello che abbiamo intervistato, come il SETIP (Sindacato delle Industrie Informatiche e delle Telecomunicazioni) e il SERETE (Sindacato dei Ricercatori e dei Dipendenti dell’Istruzione Superiore), che appartengo- no rispettivamente alla tradizione comunista e alla sinistra radicale, hanno una visione critica nei confronti della principale Confederazione GSEE per aver subito un processo di burocratizzazione negli ultimi decenni. Questa critica sottolinea l’allineamento della leadership del GSEE con i partiti del governo centrale negli anni passati, che ha portato alla conformità della Confederazione con gli obiettivi di produttività nazionale fissati dai governi e alla conseguente perdita della sua capacità di elevare le lotte dei lavoratori.
4.3. Opinioni sulla contrattazione collettiva da parte di altri attori
Facendo eco alla critica sopra citata, un intervistato dell’organizzazione politica della sinistra radicale NAR (Nuova Corrente di Sinistra) ha commentato la recente tendenza alla conclusione di CCL in vari settori. Ha sottolineato la correlazione di questa tenden- za con la contrattazione di concessione all’interno del sindacalismo tradizionale, ossia la conclusione di alcuni accordi da parte dei sindacati ufficiali, che possono includere diversi compromessi per i lavoratori in termini di contenuti e richieste (ad esempio in termini di salari, benefit, ecc.). A loro avviso, pur essendo importanti, questi accordi sembrano abbassare la soglia del pieno potenziale di advocacy del movimento sinda- cale, spianando la strada all’integrazione istituzionale della parte dei lavoratori.
Questo punto di vista è condiviso anche dall’Attacco contro la disoccupazione e la pre- carietà dell’SMO, il cui obiettivo, dalla sua creazione nel 2014, è quello di organizzare i disoccupati e i lavoratori precari in vari settori, dove i principali sindacati potrebbe- ro essere inattivi o inesistenti. I loro membri sostengono un approccio più militante e combattivo alla contrattazione collettiva, insieme a una visione di ringiovanimento e radicalizzazione del sindacalismo nel suo complesso. Il loro obiettivo principale è quello di rappresentare tutta la variegata forza lavoro precaria, che opera secondo diversi schemi lavorativi (lavoro occasionale/contrattuale, lavoro non documentato, stage non retribuiti, lavoro a cottimo) e che in gran parte non viene sindacalizzata dai sindacati tradizionali.
Infine, il rappresentante del Ministero del Lavoro sembra assumere una posizione piut- tosto neutrale riguardo alle discrepanze nella contrattazione collettiva e nelle recenti leggi sul lavoro. Secondo loro, nonostante la tendenza generale al miglioramento della contrattazione collettiva, il numero di CCL settoriali e occupazionali conclusi non ha raggiunto il livello pre-Memoranda. Tuttavia, l’impatto delle recenti modifiche legislati- ve introdotte nel diritto del lavoro collettivo deve ancora essere pienamente valutato a livello ufficiale. Secondo le loro stime, alcune disposizioni incluse nella legge 4635/2019, come la creazione di un registro statale per tutte le organizzazioni dei datori di lavoro e dei sindacati e l’iscrizione obbligatoria a tale registro, consentiranno potenzialmente una migliore tracciabilità dei processi di contrattazione collettiva (dato che non esiste ancora un meccanismo statale ufficiale per la tracciabilità della copertura della con- trattazione collettiva e della densità sindacale). Hanno inoltre sottolineato che ulteriori misure future volte a rafforzare le capacità delle parti negoziali, come la formazione, l’accesso ai dati e la partecipazione ai comitati di dialogo sociale tripartiti, potrebbero favorire i negoziati.
4.4. Come si raggiungono i contratti collettivi
Secondo i nostri intervistati, i principali meccanismi di contrattazione collettiva sono in primo luogo il dialogo sociale e, in secondo luogo, le controversie collettive sotto forma di azioni industriali (mobilitazioni e scioperi). Nei casi in cui è stato firmato un CCL la parte sindacale ha avviato il processo di negoziazione cercando di contattare l’organizzazione dei datori di lavoro. La maggior parte dei sindacati senza un accordo ufficiale ha incontrato difficoltà nell’avviare il processo a causa della mancata risposta dell’altro partner. I negoziati, quando si sono svolti, sono stati di solito lunghi perché hanno comportato molte fasi. Il ricorso ai servizi di arbitrato è stato utilizzato nei casi in cui i negoziati stavano giungendo a un punto morto, ma questo processo è stato spesso caratterizzato da difficoltà, a causa delle recenti modifiche legislative alla procedura di arbitrato. Quando gli strumenti del dialogo sociale si sono rivelati insufficienti, i sin- dacati hanno fatto ricorso a un approccio più conflittuale, orientato a mobilitazioni, proteste e scioperi. Il CCL del sindacato ENEDEP dei lavoratori del settore merci del porto del Pireo è un esempio di contrattazione di successo ottenuta attraverso azioni industriali di lunga durata.
Tuttavia, l’atto stesso di organizzare azioni sindacali rappresenta una sfida per molti sindacati. A parte il nuovo quadro legislativo che rende difficile questo processo (ad es- empio, le modifiche introdotte al diritto di sciopero), convincere gli iscritti al sindacato a impegnarsi attivamente in una vertenza collettiva e a sostenere le mobilitazioni non è affatto semplice. Ciò può essere attribuito a diversi fattori: il sentimento anti-sindacale propagandato dai datori di lavoro che porta a una diffusa paura dei dipendenti, so- prattutto nei luoghi di lavoro delle multinazionali, le condizioni di lavoro precarie dei la- voratori in professioni caratterizzate da flessibilità e casualizzazione (ad esempio, nelle professioni artistiche) e la prevalenza di accordi individuali che sono percepiti da alcuni lavoratori come l’unico modo per negoziare aumenti salariali e benefit. Inoltre, come ha sottolineato l’intervistato della Federazione XXXX dei dipendenti bancari, i datori di lavoro possono ricorrere a lavoratori esterni in subappalto che telelavorano per ripristi- nare i sistemi digitali durante un’azione di sciopero: in questo modo, lo sciopero fisico viene reso parzialmente inefficiente, poiché i servizi bancari continuano a funzionare “digitalmente”. Di conseguenza, le questioni relative ai processi di digitalizzazione del lavoro, compreso il diritto alla disconnessione, hanno iniziato a influenzare le agende dei sindacati.
5. Sintesi
5.1. I fattori negativi e positivi per la contrattazione collettiva
I processi di contrattazione collettiva in Grecia hanno subito trasformazioni significative negli ultimi decenni. Le politiche dei Memoranda, introdotte nel 2011, hanno portato un ampio grado di deregolamentazione a livello istituzionale. Lo spostamento verso la contrattazione aziendale, la normalizzazione dei contratti di lavoro individuali e il decli- no della contrattazione settoriale indicano una tendenza verso un’ulteriore individualiz- zazione delle condizioni di lavoro. La deregolamentazione neoliberale del mercato del lavoro durante la crisi e i suoi ampi effetti sociali nell’approfondimento delle disuguagli- anze sono stati ben documentati (Xxxxxxxxxxxx et al. 2021). La riduzione dei salari, il deterioramento delle condizioni di lavoro e il quadro legislativo restrittivo sono stati fattori cruciali che hanno diminuito il potere di leva dei sindacati nella contrattazione collettiva nel corso degli anni, come riportato da diversi sindacalisti. Il tasso di coper- tura generale della contrattazione è sceso da circa il 90% negli anni Novanta a quasi il 25%, come mostrano gli ultimi dati del 2018 (INE-GSEE 2023). Inoltre, la contrattazione settoriale ha subito un forte calo. Inoltre, l’atteggiamento conservatore delle Confeder- azioni nei confronti delle politiche attuate, insieme ai processi di burocratizzazione, ha contribuito alla diminuzione della fiducia dei lavoratori nel sindacalismo ufficiale e al declino della densità sindacale nel corso degli anni. Le iniziative di base hanno affron- tato questa situazione cercando di ringiovanire il sindacalismo nel suo complesso, ma hanno incontrato difficoltà nel raggiungere un raggio d’azione più ampio, che potesse produrre guadagni materiali e istituzionali concreti per i lavoratori.
Sulla base dei risultati della nostra ricerca, sembra che oggi i forti effetti dell’xxxxxx- ità non siano stati completamente superati dalle organizzazioni sindacali e dai loro partner nel campo della contrattazione. Sebbene l’economia greca post-Memoranda e post-pandemia mostri una certa crescita, questa crescita avviene spesso, tra l’altro, a spese del lavoro organizzato. In sostanza, rivela un processo di neoliberalizzazione più profondo che trasforma fondamentalmente il mercato del lavoro in una costellazione di configurazioni flessibili e occasionali. Inoltre, le recenti proposte di legge sul lavoro hanno ulteriormente modificato la regolamentazione dell’orario di lavoro e il sistema di contrattazione collettiva, limitando il potere negoziale dei sindacati e il loro ambito di azione collettiva (diritto di sciopero e sindacalizzazione), secondo i sindacalisti in- tervistati. La frammentazione interna e lo scontro di visioni strategiche all’interno del movimento sindacale sembrano complicare ulteriormente l’articolazione di risposte e pratiche unitarie, sollevando problemi di legittimità e rappresentatività, sia tra i sinda- cati che tra i datori di lavoro. Da parte dei datori di lavoro, gli incentivi istituzionali e i vantaggi pratici per partecipare ai processi di contrattazione collettiva rimangono bas- si. Di conseguenza, i partner sul campo si trovano ad affrontare nuove sfide legate alla regolamentazione collettiva dei termini e delle condizioni di lavoro.
5.2. Meccanismi di successo per migliorare la contrattazione collettiva
Tuttavia, i nostri dati mostrano che, nonostante questa immagine desolante, negli ultimi due anni c’è stata una notevole ripresa delle lotte sindacali in diversi settori e luoghi di lavoro, e i sindacati sono emersi come attori importanti nelle mobilitazioni. I sindacati del settore pubblico hanno sviluppato un grande repertorio di attività di protesta nel 2021 e 2022 contro i tagli al bilancio della sanità e dell’istruzione pubbliche e le rifor- me concomitanti. Per quanto riguarda il settore privato, dove le mobilitazioni tendono storicamente a essere più difficili da organizzare, si sono svolte lotte significative, molte
delle quali direttamente collegate alle rivendicazioni dei CCL. Tutti gli attori con cui abbiamo parlato riconoscono una tendenza al parziale miglioramento della contrat- tazione collettiva rispetto all’ultimo decennio. Ciò dimostra che, nonostante le “crisi” sovrapposte e multidimensionali degli ultimi dieci anni e l’equilibrio di potere comples- sivamente negativo, diversi sindacati hanno dato prova di resilienza e hanno persino tentato di rinnovare le loro pratiche.
A questo punto, vale la pena sottolineare una serie di meccanismi di successo sviluppati da alcuni sindacati, che sembrano contribuire al miglioramento della contrattazione collettiva in specifici settori/industrie. Il caso dei portuali dell’ENEDEP dimostra che la leadership sindacale che dà priorità agli interessi di classe e utilizza un repertorio mi- litante di azioni industriali (scioperi) è cruciale per esercitare una pressione negoziale sui datori di lavoro, soprattutto nei settori ad alta redditività economica. Nel caso degli autisti delle consegne, una combinazione di pratiche, come l’adozione di un repertorio innovativo (moto-sciopero) da parte dei dipendenti dell’azienda, la coalizione tra il sin- dacato di base SVEOD e il sindacato settoriale SETEPE e, infine, il sostegno della società attraverso il boicottaggio dell’app digitale dell’azienda, ha costretto la piattaforma a revocare la sua decisione sul regime dei dipendenti freelance e ha portato alla creazio- ne di un sindacato d’impresa, il primo sindacato greco in un settore dell’economia delle piattaforme, che ha recentemente avviato le trattative per un CLA aziendale.
Inoltre, la precedente partecipazione a movimenti sociali e collettivi di base si è rivelata un fattore di mobilitazione per molti lavoratori in settori precari, come quello artistico e accademico, molti dei quali hanno contribuito alla rivitalizzazione di sindacati esi- stenti (ad esempio il sindacato degli attori SEI) e alla creazione di nuovi (ad esempio il sindacato dei ricercatori SERETE). Di conseguenza, questi sindacati sembrano avere un legame più ampio con la società e includono rivendicazioni più generiche nella loro agenda di richieste (come quelle contro la discriminazione di genere, contro la guerra, ecc.) Infine, una cultura democratica e partecipativa all’interno dei sindacati, espressa attraverso il processo decisionale collettivo nelle assemblee generali, è essenziale per la legittimità e il coinvolgimento degli iscritti. Ciò che è particolarmente interessante in questo caso è che tali pratiche possono sfociare in iniziative di contrattazione non uffi- ciale quando il potere sindacale istituzionale è insufficiente, che, sebbene limitato, può garantire una protezione minima delle condizioni di lavoro per i lavoratori.
Italia
Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxxxx (con la collaborazione di Xxxxxx Xxxxxxx)
1. La contrattazione collettiva in Italia
l quadro giuridico italiano si basa sul Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) come principale fonte per stabilire le regole che governano il rapporto tra sindacati e associazioni dei datori di lavoro. Questi contratti di solito coprono sia gli aspetti norma- tivi che economici dell’occupazione. Inoltre, spesso includono disposizioni per regolare le relazioni sindacali tra le organizzazioni firmatarie e le associazioni dei datori di lavo- ro, nonché quelle a livello aziendale.
Gli obiettivi principali di questi contratti collettivi sono due: in primo luogo, stabilire le regole che governano l’occupazione all’interno di settori specifici e, in secondo luogo, gestire le relazioni tra le parti firmatarie. La contrattazione collettiva può avvenire a vari livelli, tra cui interconfederale, nazionale di categoria, territoriale o a livello aziendale.
Sebbene non esistano meccanismi espliciti di estensione, il mandato costituzionale di fornire un “giusto salario” funge da equivalente de facto, poiché la giurisprudenza spes- so si basa sui contratti collettivi come parametro per definire i criteri di un “giusto sa- lario”.
Ad eccezione del settore pubblico, non esiste un requisito legale che determini il livello di rappresentanza o il processo di validazione dei contratti da parte dei lavoratori. Nel settore pubblico, i decreti legislativi definiscono la condotta della contrattazione collet- tiva e i criteri di rappresentatività.
La storia della contrattazione collettiva in Italia risale al periodo post-Seconda Guerra Mondiale, quando il Codice del Lavoro italiano fu promulgato nel 1943 e stabilì il quadro per le relazioni lavorative e prevedeva la negoziazione dei contratti collettivi tra datori di lavoro e dipendenti. Durante gli anni ‘50 e ‘60, con l’aumento della mobilitazione dei lavoratori, il mercato del lavoro italiano ha vissuto una crescita e un’espansione signifi- cative, e la contrattazione collettiva è diventata uno strumento sempre più importante per determinare le condizioni di lavoro e i salari. In questo periodo furono raggiunti molti contratti collettivi settoriali, coprendo una vasta gamma di industrie e settori (Pe- dersini 2018).
Negli anni ‘90 e 2000, la contrattazione collettiva in Italia ha subito importanti riforme, mirate a rendere il processo più flessibile e rispondente alle esigenze del mercato del lavoro. Le riforme includevano cambiamenti al quadro giuridico che governa la contrat- tazione collettiva, nonché l’introduzione di nuove forme di negoziazione e risoluzione delle controversie (vedi la panoramica storica sopra).
I governi di centrodestra guidati da Xxxxxxxxxx nel 2001 e nel 2008 hanno riportato il controllo governativo sulle questioni economiche, causando tagli al mercato del lavoro e al sistema di welfare. La crisi economica del 2008 e le successive politiche di austerità hanno ridotto il potere contrattuale dei sindacati, costringendoli a fare affidamento sulla mobilitazione delle proteste. Questa tendenza era meno prevalente sotto i governi di centrosinistra. Sebbene durante la pandemia di Covid-19 sia stata osservata una leg- gera tendenza alla collaborazione, il coinvolgimento dei sindacati nel Piano Nazionale di Ripresa è stato limitato e ora chiedono una maggiore considerazione nelle future decisioni.
Oggi, i contratti collettivi continuano a regolare tutti gli aspetti del rapporto tra datori di lavoro e dipendenti. Questi accordi possono essere a livello locale, regionale e na- zionale (contratto collettivo nazionale del lavoro - CCNL). Nel settore privato, pur non esistendo una legislazione specifica, un accordo interconfederale firmato nel 2011 tra Confindustria e le confederazioni sindacali ha stabilito i criteri per misurare la rappre- sentatività delle organizzazioni sindacali. Questo accordo richiede che solo le organiz- zazioni che rappresentano almeno il 5% dei lavoratori in una specifica categoria siano ammesse ai tavoli di negoziazione. La rappresentatività delle singole organizzazioni è determinata in base alle percentuali di iscrizione e ai risultati elettorali.
Nonostante le trasformazioni avvenute negli ultimi decenni, la contrattazione collettiva è emersa come un elemento robusto nelle relazioni industriali italiane e la copertu- ra della contrattazione collettiva è rimasta relativamente stabile nel tempo, attorno all’80% (Pedersini 2019, vedi Tabella 1). Tuttavia, questo indicatore nasconde cambia- menti significativi nelle caratteristiche chiave della contrattazione collettiva italiana, riassunte in cinque elementi: 1) attori idonei alla contrattazione collettiva; 2) impor- tanza dei livelli di contrattazione; 3) il principio di favorevolezza/possibilità di deroga;
4) copertura della contrattazione collettiva; e 5) meccanismi di estensione (Pedersini 2019, 339).
Allo stesso tempo, la contrattazione collettiva è anche influenzata dalla moltiplicazione dei sindacati autonomi sia a livello industriale che aziendale: secondo Xxxxxxxx e Xxxxx- xxxx (2024, 645), nel 2021, “il registro nazionale degli accordi di settore tenuto dal CNEL registra 985 testi, rispetto ai soli 350 nel 2008”. Come hanno sostenuto Xxxxxxxx e col- leghi, “il sistema di contrattazione collettiva nazionale è descritto come ‘poco chiaro e non specificato’. Basato su contratti collettivi vincolanti solo per le parti firmatarie, i suoi effetti sono incerti e di impatto limitato. L’estensione erga omnes non è automatica, la valutazione della rappresentatività sindacale non è ancora operativa, e la contrattazio- ne a livello aziendale e i tassi di produttività rimangono poco sviluppati (Commissione Europea 2016) (Leonardi et al. 2018).
Infine, nonostante la buona copertura, l’Italia rappresenta uno dei peggiori casi di dina- mica salariale in Europa (Devicienti et al. 2019).
2 Risorse di potere dei sindacati italiani
2.1 Potere strutturale
Lo stato attuale del movimento operaio e dei sindacati italiani riflette una tendenza più ampia già esperita dai sindacati a livello globale (Xxxxxx et al., 2011; Xxxxxx, 2019; Gum- brell-McCormick e Xxxxx, 2013; Xxxxxxxxx et al., 2014) e a livello europeo (Xxxxxxx e Xxxxxx, 2017). La crescente globalizzazione dell’economia, in particolare lo spostamen- to verso un modello neoliberista, ha avuto un profondo impatto sul funzionamento dei sindacati. La finaziarizzazione dell’economia, la decentralizzazione e la globalizzazione dei sistemi di produzione, la liberalizzazione del mercato del lavoro e l’indebolimento di Stato e Governo hanno contribuito al declino dei sindacati.
La diminuzione delle adesioni ai sindacati e del potere contrattuale (Xxxxxxxx e Xxxxxxx- ni, 2018) così come il loro ruolo sempre più ridotto nei processi decisionali, sono un risul- tato diretto di questi cambiamenti nel panorama economico e politico. In precedenza, le differenze tra le tipologie di capitalismo (Xxxx e Xxxxxxx, 2001), sistemi di welfare (Xxxxxx-Xxxxxxxx, 1990), rappresentanza degli interessi (Xxxxx e Xxxxx, 2004) e siste- mi partitici (Golden, 1986) ha portato alla diversificazione dell’impatto della pressione
globale, ma in anni recenti è sorta una tendenza a convergere verso un simile modello neoliberista (si veda Lehndorff, Dribbusch e Schulten, 2018).
2.2 Potere organizzativo
Nonostante queste sfide, il sistema sindacale italiano appare più resistente che in altri paesi. Questo potrebbe essere dovuto a fattori come la presenza di un sindacalismo storicamente forte in Italia, di caratteristiche uniche del mercato del lavoro italiano, o la continua influenza esercitata dai sindacati sulla società e la politica italiana (Xxxxxxxx e Xxxxxxxxx, 2023).
Rispetto ad altri paesi europei, l’Italia ha un tasso di adesione relativamente alto (Xxxxxx 2019, 59-61), e nonostante le fluttuazioni e le riduzioni del potere contrattuale colletti- vo, il numero di iscritti e la densità sindacale sono rimasti stabili negli ultimi due decenni (Tabella 1). Le tre principali confederazioni in Italia, CGIL, CISL e UIL, hanno circa 12 milioni di membri, inclusi i pensionati (Xxxxxxxx e Xxxxxxxxx 2018, 2023). Inoltre, la strut- tura iperpluralistica dei sindacati italiani significa che i “dati ufficiali” coprono solo le principali confederazioni e non tengono conto delle altre confederazioni e dei sindacati indipendenti.
Table 1 Trends of the principal characteristics of the Italian main trade union landscape
1980 | 2000 | 2010 | 2019 | |
Total trade Union Mem- bership (retired exclud- ed) | 7.189.000 | 5.194.500 | 5.920.900 | 6.488.400 |
Share of Women | 35.0% | 38.3% | n.a. | 45.0% |
Density | 35.6% | 34.8% | 35.1% | 32.5% |
Number of confedera- tions | 5 | 7 | ? | 8 |
Number of federations | 82 | 52 | ? | 47 |
Number of independent confederations | 2 | 4 | ? | 5 |
Collective bargaining coverage (Industry lev- el) | 80% | 80% | 80% | 80% |
CBP (decentralized agreements) | 30% | 30% | 30% | |
Days not worked for strikes per 1,000 work- ers | 1.135 | 58 | 68 | n.s. |
La presenza crescente di federazioni indipendenti (Tabella 1) dimostra che il numero di membri in Italia è sottostimato, e con l’inclusione di membri da altri sindacati, la densità sindacale in Italia potrebbe essere vicina al 40% del totale del personale impie- gato (Xxxxxxxx e Xxxxxxxxx, 2023, p. 638). Tuttavia, si possono rilevare timori riguardo la proporzione di pensionati, la rappresentazione dei cosiddetti lavoratori atipici, come donne, immigrati e giovani, e la distribuzione dei membri attivi nei vari settori econo- mici, con il settore pubblico, la cui densità raggiunge il 50%, come prevalente rispetto al settore privato (Bordogna e Pedersini, 2019). Non solo la crisi economica è risultata
essere la causa della perdita di lavori e del ribasso dei salari, rendendo più complicato per i sindacati attrarre e mantenere membri, ma l’aumento delle forme non-standard di impiego, come i lavori temporanei e part-time, ha reso più complicato per i sindacati organizzarsi e rappresentare i lavoratori (Regalia, 2012). Tuttavia, nonostante le diffi- coltà, i sindacati sono riusciti a stabilie una presenza significativa in alcune delle aree più complesse da organizzare: lavoratori atipici e piccole imprese
2.3 Potere istituzionale
Le tradizioni politiche principali (la cultura liberale, cristiano-democratica e marxista) hanno ispirato i principi della Costituzione repubblicana (LaPalombara, 1957). La legge italiana di base comincia con un riferimento al lavoro (Articolo 1): “L’Italia è una repub- blica democratica fondata sul lavoro”. La scelta specifica del concetto di “lavoro” mo- stra sin da subito fino a che punto il lavoro, ma anche i lavoratori e le associazioni dei lavoratori in senso più ampio, abbiano giocato un ruolo fondamentale nella creazione della Repubblica italiana. Senza contare che anche l’Articolo 4 fa riferimento al lavoro, affermando: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
L’Articolo 39 fissa il quadro base per i sindacati, stabilendo che “L’organizzazione sindacale è libera”. Afferma inoltre che solo i sindacati con un’organizzazione de- mocratica interna sono eleggibili per la registrazione. Di conseguenza, ai sindacati “registrati” (e ufficialmente riconosciuti) è consentito firmare i contratti collettivi di lavoro, che legano tutti i lavoratori a cui è diretto l’accordo. Tuttavia, nessun sinda- cato ha mai ricercato un riconoscimento ufficiale da parte dello Stato, tantomeno i tre maggiori (CGIL, CISL e UIL) hanno espresso l’intenzione di farlo. Pertanto, la vera capacità di firmare accordi collettivi sorge dall’ampiezza del loro numero di iscritti piuttosto che da una forma di riconoscimento ufficiale da parte dello Stato. Infine, la Costituzione apre la possibilità alla cooperazione dei lavoratori alla gestione del- le aziende (Articolo 46) e attribuisce valore costituzionale agli scioperi, che sono governati da leggi specifiche (Articolo 40).
Avendo a che fare con la legislazione ordinaria, osserviamo che la regolamentazione del lavoro ha subito profondi cambiamenti negli ultimi settant’anni. Fino alla metà degli anni ‘80, la legislazione in vigore (legge globale 230/1962 e 300/1970, conosciute come lo “Statuto dei lavoratori”) considera chiaramente il normale contratto di impiego come indefinito nel tempo.
I contratti a tempo determinato vengono permessi solo sulla base di condizioni specia- li, come lavori stagionali, sostituzione di lavoratori malati o in maternità, e per lavori straordinari e occasionali. Questa situazione è gradualmente cambiata in favore di una più ampia liberalizzazione dei diversi tipi di contratto a tempo determinato e di una riduzione della sicurezza delle posizioni permanenti. Questo cambio è stato il risultato di numerosi interventi legislativi. Il primo è stato la legge 56/1987, seguita dieci anni più tardi dal cosiddetto “Pacchetto Treu” 5 approvato dal governo di centro-sinistra guidato da Xxxxxx Xxxxx. Nel 2003, l’esecutivo di Xxxxxxxxxx ha approvato la legge 30/2003, anche conosciuta come “Legge Biagi”. Altri cambiamenti importanti verso una maggio- re liberalizzazione del mercato del lavoro sono stati introdotti nel 2012 con la “Riforma Fornero”, e nel 2014-2016, attraverso la riforma composita, chiamata “Jobs Act”, ap- provata dal governo di Xxxxxx Xxxxx.
5 Questa serie di proposte di legge (numero 196, 280 and 468 of 1997) furono approvate grazie al sostegno da parte del Ministro del Lavoro, Xxxxxxx Xxxx.
2.4 Potere sociale
Storicamente, la nascita dei sindacati principali è avvenuta come conseguenza del po- sizionamento di vari partiti anti-fascisti italiani nel contesto della Guerra fredda. Per prima cosa, nel 1948, la Democrazia Cristiana ha abbandonato la CGIL, allora dominata da socialisti e comunisti, per fondare la CISL. Più tardi, nel 1950, i sindacalisti di sinistra occidentali (come i Repubblicani e i Social democratici) hanno fondato la UIL. Pertanto, già nei primi anni ‘50, sono emersi chiaramente i legami politici della CGIL di sinistra con i comunisti (PCI) e Socialisti (PSI), dei centristi della CISL con la Democrazia cristiana (DC) e dei riformisti della UIL con i Repubblicani (PRI) e Social democratici (PSDI). Que- sti legami sono perdurati quasi fino ai primi anni ’90, alla fine della cosiddetta Prima Repubblica.
Dall’altra parte dello spettro politico, sindacati più piccoli, come Cobas, USB, RDB, CUB, SlaiCobas, hanno un evidente orientamento di estrema sinistra, anti-capitalista, anar- chico e comunista. Le loro relazioni con i partiti di sinistra come, Rifondazione Comuni- sta, Potere al Popolo, Sinistra Italiana e il nuovo PCI.
Nel complesso, gli anni Novanta rappresentano un punto di svolta poiché i principali partiti politici si sono sciolti a causa dei processi per corruzione (Xxxxxxx et al. 2003) e lo scenario del sistema partitico è cambiato, insieme a un indebolimento generale della struttura di contrattazione tripartita.
I governi di centrodestra guidati da Xxxxxxxxxx nel 2001 e nel 2008 hanno reintrodotto l’unilateralismo governativo sulle questioni economiche, compresi i tagli al sistema di welfare e la liberalizzazione del mercato del lavoro (Colombo e Regalia 2016). La crisi economica del 2008 e le successive politiche di austerità hanno ulteriormente diminui- to il potere contrattuale dei sindacati, che hanno ricorso alla mobilitazione di protesta come alternativa funzionale (Xxxxxxx e Raniolo 2017). Questo è accaduto meno fre- quentemente sotto i governi sostenuti dal centrosinistra (Andretta 2018). Infatti, i partiti di sinistra sembrano più disposti al dialogo su questioni legate al lavoro e quelli della sinistra radicale sono più presenti nelle strade per manifestare per il diritto a un lavoro dignitoso.
Tuttavia, l’alleanza più solida è quella tra i sindacati e la società civile o le organizza- zioni dei movimenti sociali. Questa relazione ha attraversato varie fasi, segnate da mo- menti significativi di cooperazione (come durante il movimento No Global) e da eventi di rottura significativi. Un mix di conflitto e cooperazione competitiva tende a prevalere tra di loro, mentre una cooperazione stabile prevale tra le organizzazioni ideologica- mente più vicine (come ad esempio CGIL e Arci).
Abbiamo riscontrato che le variabili più esplicative per spiegare questi modelli di inte-
razione sono:
• I campi di azione. La questione può influenzare la volontà delle diverse organiz- zazioni di interagire (ad esempio, la CGIL potrebbe essere più coinvolta nel movi- mento contro la guerra che nella mobilitazione ecologista).
• Le strutture di opportunità politica: l’interazione tra le organizzazioni è fortemente influenzata dal contesto politico e in particolare dalla relazione tra i sindacati con- federali e il governo.
• Il livello organizzativo: la presenza sul campo di protesta di sindacati con un alto livello organizzativo può produrre risorse, ma può anche scoraggiare gli attori più informali con meno risorse.
• La sottocultura politica dei sindacati e delle organizzazioni dei movimenti sociali o della società civile: le radici ideologiche e l’identità politica ci aiutano a compren- dere le interazioni e le strategie dei sindacati e delle organizzazioni dei movimenti sociali.
3. Azioni di protesta dei sindacati nel periodo recente
3.1 Tendenze degli eventi di protesta
Secondo i dati estratti dagli articoli che coprono il periodo che va dal 1° gennaio 2021 al 1° luglio 2022, i sindacati e i lavoratori italiani hanno organizzato 445 eventi di prote- sta. Se si analizza la cronologia di queste proteste (Figura 2), si possono osservare due picchi di attività: il primo tra marzo e giugno 2021 e il secondo tra settembre e novem- bre dello stesso anno. In seguito a questi periodi, c’è stato un significativo declino nelle mobilitazioni dei lavoratori.
Figura 2. PE dei lavoratori e dei sindacati italiani divisi per mese
Il picco iniziale è chiaramente associato al “blocco dei licenziamenti” promulgato dal Governo italiano per proteggere i lavoratori impiegati durante il punto massimo rag- giunto dalla crisi dovuta alla pandemia (si veda anche Xxxxx Xxxxx, 2023).
Il secondo picco è stato raggiunto nei mesi in cui il governo di Xxxxx Xxxxxx, supportato da una vasta maggioranza parlamentare, stava approntando la legge di bilancio, che i sindacati hanno criticato come troppo cauta e inadeguata ad affrontare i problemi economici concreti delle famiglie dei lavoratori già colpiti duramente dalla crisi pan- demica e dall’abrogazione del blocco ai licenziamenti. Durante queste mobilitazioni sono state formalizzate diverse richieste per ottenere misure di sostegno al reddito, politiche fiscali appropriate, investimenti nel lavoro e nelle politiche industriali, supporto ai pensionati e azioni per porre un freno alle delocalizzazioni, causa dei licenziamenti di massa in tutto il paese (Doc. 1). Malgrado il metodo di dialogo sociale seguito da Dra- ghi dal suo insediamento (ANSA, 10 febbraio 2021), le relazioni hanno iniziato a deteri- orarsi con il sollevamento del divieto ai licenziamenti, che esprimeva l’intento di porre fine alle entrate dei cittadini, e delle misure delineate nella prima legge di bilancio del Governo (ANSA, 27 novembre 2021).
3.2 Organizzazioni leader, temi, obiettivi, forme di azione, coalizioni
I sindacati hanno dato inizio a circa il 60% degli EP dei lavoratori, agito come co-pro- motori in almeno 7% dei casi ed erano meri partecipanti nel 4%. Tuttavia, in più del 27% dei casi, i lavoratori si sono mobilitati senza il loro supporto (Tabella 3).
La maggior parte delle proteste sono state organizzate dai principali sindacati confe- derali, con la CGIL in cima alla lista. I sindacati di base di sinistra erano presenti al 18% degli PE, i sindacati indipendenti apolitici a circa il 10%, mentre i sindacati di destra solo al 3%. Specificamente, il 16% degli PE sono stati portati avanti da organizzazioni dei lavoratori informali e l’8% da altre organizzazioni della società civile, mentre i partiti politici erano presenti solo all’1% di questi (Tabella 2).
Tabella 2 Composizione organizzativa delle mobilitazioni dei lavoratori
CGLI | 182 | 40.9 |
CiSL | 153 | 34.4 |
UIL | 157 | 35.3 |
Leftist Grass-roots Unions | 78 | 17.5 |
Rightwing Unions | 14 | 3.1 |
A-political Unions | 43 | 9.7 |
Workers’ Informal Org. | 70 | 15.7 |
Political Parties | 6 | 1.2 |
CSOs-SMOs | 35 | 7.9 |
I lavoratori del settore privato sono più attivi (69%) rispetto a quelli del settore pubblico. All’interno del settore privato, approssimativamente il 25% delle proteste erano guidate dai lavoratori dei trasporti, seguiti dai metalmeccanici e da altri lavoratori industriali a circa il 20%. Nel settore pubblico, gli impiegati nel sistema di welfare locale, regionale e nazionale sono stati i più attivi, partecipando al 12% delle proteste.
In termini di modalità d’azione, è importante notare che gli scioperi non sono la più co- mune, tra le prevalenti si contano le marce, i raduni e altre proteste dimostrative. Rep- ertori radicali ma non violenti vengono riportati approssimativamente nel 10% degli PE, mentre istanze di violenza sono molto rare. Infine, la polizia è intervenuta attivamente in 16 PE, ovvero circa il 4% (Tabella 3).
Tabella 3 Il ruolo dei sindacati nelle proteste dei lavoratori
Strike | 152 | 34.2 |
March/Rally | 203 | 45.6 |
Other Demonstrative | 267 | 60 |
Perturbative | 40 | 9 |
Violent | 5 | 0.1 |
Police | 16 | 3.6 |
Non sorprende che le questioni economiche siano in prima linea nelle mobilitazioni dei lavoratori con oltre il 90% degli PE che portano avanti tali rivendicazioni: il 27% di essi affronta le questioni sistemiche come lo status economico, i tagli di bilancio, la pov- ertà e l’ineguaglianza, mentre oltre l’80% delle proteste si concentra sulle condizioni lavorative, la disoccupazione, i salari e in particolare le dimissioni. Di tanto in tanto le richieste relative alle questioni economiche sono collegate a preoccupazioni più ampie sul funzionamento delle istituzioni statali e la qualità della democrazia italiana (circa il 5%), o questioni culturali, come l’ambiente e i diritti civili (approssimativamente il 14%)
3.3 Campagne principali
La mobilitazione dei lavoratori della GKN a Campi Bisenzio, Firenze, si distingue come un chiaro esempio della capacità delle organizzazioni sindacali informali di stabilire campagne durature. Notoriamente, è stata l’unica campagna significativa avviata durante il primo aumento delle controversie lavorative documentate nel pe- riodo di tempo di questo studio. Questa campagna era direttamente associata alla decisione del governo Xxxxxx di concludere il “blocco dei licenziamenti”, entrato in vigore il 1º luglio 2021.
L’e-mail del 9 luglio 2021 che annunciava i licenziamenti arriva in un contesto in cui i lavoratori italiani erano abituati ad affidare la risoluzione delle controversie ai sindacati e alle istituzioni, senza risultati positivi in termini di sicurezza del lavoro, e dove le richieste ecologiche erano spesso percepite come in contrasto con le ri- chieste sociali.
Poco dopo la suddetta e-mail del 9 luglio 2021, i lavoratori della GKN, organizzati sotto il gruppo preesistente noto come il Collettivo di Fabbrica—essenzialmente un’organizzazione sindacale indipendente all’interno dello stabilimento—si sono ri- uniti in un’assemblea permanente all’interno della fabbrica, aperta a tutti coloro che erano disposti a sostenere la loro mobilitazione.
In questa fase iniziale, la consolidazione della relazione tra la fabbrica e il territorio circostante si è rivelata fondamentale. Migliaia di persone dentro e intorno a Firen- ze si sono unite per difendere la fabbrica attraverso manifestazioni e partecipando attivamente alle attività quotidiane dell’assemblea (Il Manifesto 2021). Questa fase si è conclusa con una vittoria parziale quando il Tribunale di Firenze ha revocato il licenziamento collettivo dei lavoratori basandosi su un ricorso legale presentato da FIOM/CGIL, il sindacato dei metalmeccanici più significativo in Italia (GKN 2022, 54; Il Sole 24 Ore 2021a).
Pochi mesi dopo, sotto lo slogan “Insorgiamo,” la mobilitazione si è espansa in tutto il paese, con l’obiettivo non solo di difendere i diritti dei lavoratori della GKN, ma anche di sostenere una società socialmente e climaticamente giusta.
In questa nuova fase, il Collettivo di Fabbrica ha cercato di rafforzare le relazioni con altre controversie lavorative e vari settori dei movimenti sociali, inclusi studenti, disoccupati, donne e gruppi ecologisti (GKN 2022, 54). Insieme, hanno sostenuto la mobilitazione e hanno fatto campagna per la reindustrializzazione ecologica della fabbrica.
Dopo circa tre anni di mobilitazione e ricorsi legali di successo, incluso il più recente contro un nuovo round di licenziamenti annunciato il 1º gennaio 2024, i lavoratori sono riusciti a rimanere all’interno della fabbrica con l’obiettivo di riavviare la pro- duzione (Il Sole 24 Ore 2023). Gli sforzi di raccolta fondi per avviare la riconversione industriale sono nelle fasi finali, con il piano e i brevetti necessari già preparati. L’ul-
xxxx xxxxx prevede negoziati con il governo regionale per facilitare la riconversione fornendo il capitale rimanente necessario per iniziare la produzione.
3.4 Successo dell’azione collettiva sindacale/industriale
Il resoconto sulle mobilitazioni lavorative dal 1° gennaio 2021 e il 1° luglio 2022 indica una strategia significativa in cui le proteste dei lavoratori coincidono con le politiche sul lavoro implementate dal Governo durante la pandemia. Indagini chiave rivelano che le organizzazioni sindacali principali (OSP) sono le prime a istigare gli eventi di protesta (EP), che si concentrano principalmente in scioperi e marce riguardanti le condizioni lavorative e la questione dell’impiego, principalmente contro le aziende. I sindacati di base di sinistra, anche se meno prevalenti, mostrano delle tattiche più conflittuali e un raggio maggiore di preoccupazioni, incluse le questioni economiche sistemiche e i diritti ambientali e civili. Le organizzazioni informali dei lavoratori prendono una dire- zione differente, favorendo le dimostrazioni e le tattiche radicali, e concentrandosi sul sistema economico e su rivendicazioni culturali, sebbene siano meno inclini a colpire direttamente le aziende.
La mobilitazione dei lavoratori della GKN di Campi Bisenzio è un esempio eccellente di come le organizzazioni informali dei lavoratori possano guidare campagne persistenti, dimostrando il potenziale che deriva dall’integrazione tra la sostenibilità ambientale e i diritti dei lavoratori. Questo caso sottolinea il rifiuto dei lavoratori di accettare la perdita del lavoro sotto le false pretese della transizione ecologica ed enfatizza il loro sviluppo proattivo di un modello industriale sostenibile.
Le conclusioni che si possono trarre da questi dati suggeriscono che sindacati e orga- nizzazioni dei lavoratori si stanno adattando alle sfide contemporanee diversificando le loro tattiche ed espandendo i propri obiettivi in modo da includere più ampie questioni sociali. Le implicazioni di un’organizzazione sindacale e la difesa dei diritti e degli inte- ressi dei lavoratori hanno molte sfaccettature:
1. I sindacati sono incoraggiati ad allinearsi maggiormente ai movimenti sociali, incluso quello ambientale e ai gruppi per i diritti civili, per aumentare il loro impatto e l’ampiez- za delle loro rivendicazioni.
2. È evidente la necessità che i sindacati considerino le implicazioni della transizione ecologica sui diritti dei lavoratori e che partecipino attivamente a formare politiche industriali sostenibili.
3. Il successo dei lavoratori della GKN nel bloccare i licenziamenti e nello sviluppare pro- getti “green” sottolinea l’efficacia nel combinare le proteste tradizionali dei lavoratori con un impegno sociale più ampio e con approcci innovativi alla conversione industriale.
Mentre le forme di mobilitazione tradizionali rimangono centrali, l’integrazione delle preoccupazioni ecologiche e sociali tra gli obiettivi dei sindacati potrebbe risultare es- senziale per affrontare il panorama complesso e in continua evoluzione dei diritti dei lavoratori e gli interessi nell’economia contemporanea. Questo approccio potrebbe ri- definire il ruolo dei sindacati e delle organizzazioni dei lavoratori nel promuovere non solo gli interessi dei loro membri ma anche un più ampio benessere sociale.
4. Risultati qualitativi
4.1 Principali problemi e sfide della contrattazione collettiva
Anche se l’Italia è il paese con il più alto livello di contrattazione collettiva in Europa,
secondo l’opinione degli intervistati ci sono diversi problemi che influenzano lo stato del regime industriale italiano e le condizioni di lavoro.
Dall’analisi delle interviste emergono diverse questioni chiave:
1. Rappresentazione e Rappresentanza: C’è un dibattito significativo riguardo a quali organizzazioni siano legittimate a entrare a far parte della contrattazione collettiva. I sindacati principali e le organizzazioni datoriali richiedono l’intervento dello Stato per definire criteri chiari di partecipazione, mentre i sindacati di base si oppongono a tali restrizioni. I sindacati confederali, come CGIL e UIL, criticano la frammentazione della contrattazione collettiva e la presenza dei cosiddetti “sindacati pirata”, sostenendo che porterebbero a contratti al di sotto dello standard e danneggerebbero i diritti dei lavo- ratori. Tuttavia, i sindacati di base affermano che questa critica è una mossa strategica che esclude i sindacati popolari tra i lavoratori e con un approccio più conflittuale.
2. Salario minimo: L’assenza di un salario minimo statutario in Italia e divenuta una questione controversa, e molti sindacati sostengono la sua messa in atto. L’USB, in par- ticolare, ha sostenuto una campagna per un salario minimo a € 10/ora, mentre CGIL e UIL hanno sostenuto l’introduzione di un salario minimo a € 9/ora, anche se con meno entusiasmo. Le organizzazioni datoriali e l’UGL sono contrarie al salario minimo statu- tario, sostenendo che gli accordi collettivi superano tale soglia e che per migliorare le condizioni dei lavoratori ci si dovrebbe concentrare a estendere la copertura della con- trattazione collettiva invece che imporre il salario minimo.
3. Altre sfide alla contrattazione collettiva: Il resoconto sottolinea anche altre preoc- cupazioni quali il dumping salariale, i tempi lunghi di rinnovo dei contratti, la natura variabile del lavoro nel paese e la necessità di estendere la contrattazione collettiva a settori lavorativi nuovi e precari. Viene anche posta grande enfasi sulla necessità di in- novazione e sviluppo delle risorse umane nel mercato del lavoro italiano per migliorare la produttività e la competitività.
4.2 Le motivazioni dei partner sociali per partecipare alla contrattazione collettiva
Tutti i partner sociali considerano la contrattazione collettiva uno strumento neces- sario, nonché il migliore, per regolare le condizioni di lavoro, tanto che anche i sin- dacati esclusi cercano di essere riconosciuti al tavolo delle trattative con l’obiettivo di firmare i CCNL. In ogni caso, secondo l’opinione di vari partner sociali, i modelli e gli attori che devono essere coinvolti nella contrattazione collettiva sono diversi.
Nel regime industriale italiano, i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro sono al centro del processo di contrattazione collettiva, e gli altri attori raramente partecipano alle negoziazioni. La consolidazione di un modello bilaterale di con- trattazione è l’obiettivo delle organizzazioni dei datori di lavoro (Int. Federmec- canica, Int. Ebret) che considerano questo tipo di negoziazione positiva sia per le imprese che per i lavoratori. Gli stessi attori istituzionali chiave nel campo del lavoro riconoscono la centralità di questo modello, in cui lo Stato sembra giocare un ruolo marginale, ma menzionano anche i potenziali rischi:
La contrattazione è il prodotto di un confronto tra due parti private, ognuna con i propri poteri di persuasione e le proprie armi negoziali nei confronti dell’altra. Di conseguenza, i risultati di quella contrattazione possono essere oggetto di un com- promesso in cui le parti devono rinunciare reciprocamente a qualcosa. Ma poiché non c’è un regolatore pubblico in questo ambito a garantire determinati aspetti della contrattazione, rimane uno strumento interamente nelle mani delle organiz-
zazioni private. (Ministero del Lavoro)
D’altra parte, i sindacati vorrebbero in alcuni casi un intervento pubblico nel campo della contrattazione collettiva, come per l’imposizione di un salario minimo, come abbiamo visto in precedenza.
Quello che emerge chiaramente è che l’evoluzione delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva è profondamente connessa ai rapporti di potere. Mentre in passato le organizzazioni dei datori di lavoro erano costrette a negoziare dalla forza del movimento operaio, oggi queste stesse organizzazioni hanno una posizio- ne strategica in questa contrattazione e vogliono ottenere i loro risultati sfruttando questa posizione privilegiata:
Che sia la globalizzazione, il fatto che il conflitto tra capitale e lavoro non sia più centrale, il fatto che il contesto sia radicalmente cambiato, o che sia ora il merca- to a comandare, siamo entrati in una fase totalmente diversa, dove l’equilibrio di potere sta cambiando radicalmente, e quindi anche la contrattazione si sta indebo- lendo. […] Sulla base di questo ragionamento, Confindustria ha scelto di mantenere viva questa relazione con le controparti, perché è più dinamica, più immediata, più vicina ai miei problemi, ed evitare di trovarsi in una giungla che nessuno è in grado di controllare o, peggio ancora, in una situazione in cui sono di fatto alla mercé di ciò che decide il legislatore (Confindustria).
Nel complesso, mentre tutti gli attori sociali condividono l’importanza di normaliz- zare il lavoro attraverso la contrattazione collettiva, gli obiettivi e le modalità che ciascun attore si prefigge dipendono dall’identità, dalle visioni e dalle strategie. Inoltre, i rapporti di forza tra le parti sembrano essere la variabile più importante nel determinare l’esito della contrattazione collettiva.
4.3 Opinioni sulla contrattazione collettiva da parte di altri attori sociali
Tra gli altri attori coinvolti nella nostra ricerca, c’è una convinzione assoluta sull’impor- tanza dello strumento della contrattazione collettiva, e la questione della rappresentan- za è enfatizzata da questi attori (storicamente più vicini alla CGIL) come un problema:
“Il fatto che in questo paese non ci sia ancora una legge sulla rappresentanza sindacale è un problema, perché ci sono sindacati che insieme rappresentano quasi 10 milioni di lavoratori e lavoratrici, che contano tanto quanto quelli che rappresentano 50.000 quando va bene” (ARCI).
Anche per il Partito Democratico (PD), il metodo di selezione per determinare i parte- cipanti idonei a impegnarsi nella contrattazione collettiva riveste un’importanza signif- icativa. Questo solleva la questione fondamentale di chi dovrebbe essere autorizzato a rappresentare i lavoratori. Il PD riconosce l’importanza strategica delle negoziazioni collettive e nazionali:
“Il metodo dei contratti collettivi è sicuramente utile per il nostro Paese. […] Sono stati fatti importanti contratti collettivi, ad esempio, per quanto riguarda la protezione dei lavoratori durante il periodo COVID. Questi accordi, a volte coinvolgendo il governo come terza parte, hanno permesso il mantenimento delle attività in modo sicuro anche prima che fossero stabiliti protocolli più strutturati” (Partito Democratico).
Ma “ci troviamo davanti alla mancanza simultanea di un quadro di riferimento, sia in termini di regolamentazione sia in termini di accordi più generali riguardanti il tema della rappresentanza” (Partito Democratico).
Su campagne specifiche come quella per il salario minimo, alcuni di questi attori hanno
unito le forze, chiedendo l’introduzione di una misura che migliorerebbe la contrattazi- one collettiva.
4.4 Come si raggiungono i contratti collettivi
I sindacati utilizzano principalmente due strategie per negoziare i contratti collettivi: il dialogo sociale e la protesta. La principale differenza qui è rappresentata dal tipo di sindacato, dalla sua cultura politica e dalla sua posizione strategica all’interno del regime industriale. Infatti, la questione precedentemente menzionata della rappresen- tanza incide sui modelli di interazione tra i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro: mentre i sindacati confederali hanno uno spazio privilegiato per impostare i tav- oli di negoziazione, i sindacati di base sono esclusi da questi tavoli e, di conseguenza, ricorrono alla protesta per imporre una negoziazione mirata all’apertura della contrat- tazione collettiva di secondo livello.
Nel complesso, CGIL, UIL e UGL ci riportano risultati abbastanza positivi del dialogo sociale con le organizzazioni dei datori di lavoro riguardo a diversi settori e specifiche congiunture, come quella pandemica.
“Nella fase pandemica, le relazioni trilaterali sono state fruttuose e hanno portato al congelamento dei licenziamenti, a un coinvolgimento importante e incisivo nella stip- ulazione di protocolli tripartiti riguardanti l’organizzazione del lavoro e della produzi- one, l’adozione dello smart working, le condizioni di lavoro sicure, ecc.” (CGIL).
In ogni caso, il dialogo sociale non si dimostra sempre sufficiente e il ruolo del conflitto e in particolare dello sciopero è riconosciuto come centrale dalle organizzazioni stesse.
“Dobbiamo riportare il conflitto industriale nell’arena di un confronto che, secondo le dinamiche volontaristiche del dialogo sociale trilaterale, non ha dimostrato negli ultimi anni di poter garantire un tempestivo rinnovo dei contratti e dei salari in linea con quelli europei” (CGIL).
D’altra parte, come accennato sopra, i sindacati di base – anche a causa della loro posizione marginalizzata nelle relazioni industriali – privilegiano un repertorio d’azione più radicale. Data la natura intrinsecamente asimmetrica delle relazioni industriali, il conflitto è considerato come fondamentale per riequilibrare le relazioni di potere es- istenti tra le organizzazioni dei datori di lavoro e i lavoratori. In questo senso, scioperi a oltranza, picchetti, blocchi di merci, sono forme di lotta non solo riconosciute come necessarie ma piuttosto frequenti nel repertorio dei sindacati di base, che – attraverso questo repertorio – hanno ottenuto importanti risultati in termini di contratti collettivi di secondo livello.
“Quello che dobbiamo fare è il conflitto. L’USB, i sindacati conflittuali riescono in qual- che modo a interagire quando, insieme alle relazioni di potere date dal radicamento nei magazzini e nella catena di approvvigionamento, combinano conflitto, sciopero, blocco delle merci e tutte le forme creative che nel corso degli anni i facchini e i corrieri sono riusciti a mettere in atto innovando un po’ la creatività che è stata tipica dei met- almeccanici. Non c’è un giudizio morale, i padroni non sono buoni o cattivi, i padroni sono padroni. Noi scioperiamo contro i professionisti del profitto [...] o vincono loro o vinciamo noi” (USB).
“Lo sciopero si basa anche sui picchetti che bloccano persone e merci, e se fai picchetti, se fai le lotte tradizionali, che altri come la CGIL e la CISL non fanno più, ottieni subito risultati [...] in poco tempo il datore di lavoro è costretto a dover negoziare con noi pro-
prio per non perdere sul mercato dal punto di vista competitivo” (SI.Cobas).
Per cambiare le dinamiche di potere, a volte questi sindacati di base si impegnano in processi di costruzione di coalizioni che hanno portato a importanti risultati (vedi Mappa della Contrattazione Collettiva di Successo). Tuttavia, questo approccio non è universalmente accettato all’interno dei sindacati, con alcuni che lo vedono come inef- ficace per la negoziazione effettiva.
5. Sommario
5.1 Fattori negativi e positive per la contrattazione collettiva: meccanismi di successo per migliorare la contrattazione collettiva
I sindacati in Italia beneficiano di un sistema di contrattazione collettiva solido e diffuso, con un alto tasso di copertura in termini di accordi collettivi. Tuttavia, un fattore nega- tivo che influenza la contrattazione collettiva, come sottolineato da quasi tutti i rappre- sentanti sindacali, è legato al processo di globalizzazione. Questo processo ha portato alla diminuzione del potere delle associazioni dei lavoratori e all’aumento del potere negoziale delle aziende. I rappresentanti sindacali lamentano la progressiva riduzione dei diritti e dei salari dei lavoratori nel tempo a causa di queste tendenze.
È significativo che anche alcuni rappresentanti delle associazioni imprenditoriali e altre organizzazioni della società civile riconoscano questo processo:
“Sia che si tratti della globalizzazione, del fatto che il conflitto tra capitale e lavoro non è più centrale, del contesto che cambia, o del mercato che ora prende il comando, sia- mo entrati in una fase completamente diversa in cui l’equilibrio di potere si sta spostan- do drasticamente, indebolendo così la contrattazione” (Confindustria).
“Le condizioni di lavoro sono peggiorate significativamente, con una precarizzazione del lavoro e una moltiplicazione dei contratti di lavoro. Questo declino è attribuito all’in- debolimento della forza lavoro nel suo complesso” (Arci).
Tutti i sindacati, eccetto la CISL, concordano sul fatto che l’introduzione di un salario minimo li aiuterebbe a rafforzare i loro guadagni sostanziali nella contrattazione col- lettiva.
La capacità delle aziende di uscire dai mercati nazionali indebolisce anche il potere rappresentativo dei gruppi di interesse imprenditoriale e delle loro principali federa- zioni, come Confcommercio, Confindustria e CNA. Sebbene le federazioni dei gruppi di interesse imprenditoriale possano influenzare il contenuto degli accordi collettivi, c’è consenso tra tutti gli attori riguardo all’indebolimento dell’intero sistema di rappresen- tanza degli interessi in Italia, come avviene altrove.
Un’altra questione che è percepita positivamente da alcuni attori consolidati e negati- vamente dalle organizzazioni di base è il sistema di rappresentanza nella contrattazio- ne collettiva. C’è un dibattito significativo su quali organizzazioni siano ritenute legitti- mate a partecipare alla contrattazione collettiva.
I principali sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro sostengono l’intervento pubblico per stabilire criteri chiari per la partecipazione. Al contrario, i sindacati di base si oppongono a tali restrizioni. I sindacati confederali come CGIL e UIL criticano la frammentazione della contrattazione collettiva e la presenza di quelli che definiscono “sindacati pirata”. Sostengono che questi sindacati possono portare a contratti peggio- rativi e minare i diritti dei lavoratori.
D’altra parte, i sindacati di base affermano che questa critica è una mossa strategica volta a escludere i sindacati che sono popolari tra i lavoratori e hanno un approccio più conflittuale.
Come abbiamo visto, la protesta è una risorsa che i sindacati utilizzano per affrontare quelli che percepiscono come problemi di contrattazione collettiva: i sindacati principali usano la “leva” della protesta per aumentare la loro legittimità all’interno della società civile, negoziare i contenuti dell’accordo collettivo, soprattutto quando le controparti ritardano il loro rinnovo; e contrastare le politiche governative che sono percepite come impattanti negativamente sulle loro comunità; mentre i sindacati di base utilizzano le proteste per aumentare il loro numero di iscritti, includendo spesso i cosiddetti “outsi- der” e supportando le loro rivendicazioni, e poi per bilanciare la loro mancanza di ac- cesso istituzionale al processo di contrattazione. Inoltre, in tre dei casi di successo degli accordi collettivi, la mobilitazione delle proteste è stata fondamentale: nella campagna GKN illustrata in precedenza, nell’introduzione di un accordo collettivo per i “rider” e nell’applicazione dell’accordo collettivo nel settore della logistica e dei trasporti ai la- voratori contrattualizzati come multi-servizi.
Infine, sia i sindacati che le organizzazioni datoriali concordano sulla necessità di un intervento statale che obblighi le aziende ad applicare l’accordo collettivo raggiunto per il loro settore.
Romania
Xxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxx
1. La contrattazione collettiva in Romania
In Romania, la traiettoria della contrattazione collettiva nel tempo riflette una trasfor- mazione significativa, caratterizzata dal passaggio da un sistema solido con un’alta densità sindacale a un quadro più frammentato e decentrato. All’inizio degli anni No- vanta, la Romania vantava una densità sindacale di circa l’80%, indicativa di un forte panorama di contrattazione collettiva. Questo periodo è stato caratterizzato da un ap- proccio centralizzato alla contrattazione collettiva, principalmente a livello settoriale, che ha garantito un’ampia copertura e l’uniformità degli standard lavorativi nei vari settori.
Tuttavia, negli anni successivi si è assistito a un costante declino della densità sindacale, che negli ultimi tempi è scesa a circa il 23%. Questo calo può essere attribuito a diversi fattori, tra cui la ristrutturazione economica post-comunista, l’espansione dell’econo- mia informale e le modifiche legislative che hanno indebolito il sistema di contrattazio- ne collettiva. In particolare, il requisito legale per la contrattazione collettiva settoriale, pur essendo in vigore, raramente si è concretizzato in accordi effettivi, indicando un divario significativo tra politica e pratica.
Con lo spostamento dell’attenzione verso la contrattazione a livello aziendale, il pano- rama della contrattazione collettiva in Romania ha subito ulteriori cambiamenti. Questa transizione è stata segnata da una diminuzione della copertura dei contratti collettivi di lavoro. Nel 2019, il tasso di copertura si è attestato al 48%, una cifra che ha subito un forte calo fino a circa il 32% nel 2020. Questa riduzione della copertura evidenzia le sfide che la contrattazione collettiva deve affrontare in Romania, tra cui la frammen- tazione delle unità di contrattazione, la diminuzione dell’influenza dei sindacati e i più ampi cambiamenti nel mercato del lavoro.
Questi sviluppi sottolineano le complesse dinamiche in atto nel sistema di contrattazio- ne collettiva rumeno. Il passaggio da un approccio di contrattazione settoriale centra- lizzato a un quadro più decentrato a livello aziendale ha implicazioni per la copertura della contrattazione collettiva e per il mercato del lavoro in generale. Questa evoluzione riflette tendenze più ampie nelle relazioni di lavoro, indicando la necessità di strategie di adattamento per migliorare l’efficacia della contrattazione collettiva nel rispondere alle esigenze dei lavoratori e dei datori di lavoro.
2. Risorse di potere dei sindacati rumeni
2.1. Potere strutturale
Le condizioni politiche ed economiche che danno forma alle risorse di potere del lavoro in Romania hanno subito trasformazioni significative, soprattutto dopo la caduta del regime comunista nel 1989. Il rapporto tra partiti politici e sindacati, insieme ai cambia- menti dei paradigmi economici, ha svolto un ruolo cruciale nel definire il panorama del potere del lavoro.
Nell’immediata era post-comunista, i sindacati sono stati fondamentali nella transizione da entità controllate dallo Stato a meccanismi che rappresentano gli interessi dei lavo-
ratori. Questo periodo è stato caratterizzato da un alto livello di attivismo, con i sinda- cati che hanno organizzato importanti proteste dei lavoratori per ottenere influenza sul nuovo panorama del lavoro. Tuttavia, la transizione ha portato anche sfide, come la pri- vatizzazione delle fabbriche statali e il graduale passaggio da un’economia industriale a un’economia basata sui servizi, che ha allineato la Romania al modello più ampio dell’Unione Europea. Questi cambiamenti hanno avuto un impatto sulle negoziazioni settoriali e, di conseguenza, sulle dinamiche di potere tra lavoratori e datori di lavoro.
Il coinvolgimento politico è stato caratterizzato da sfide complesse per i sindacati ru- meni. Sebbene le disposizioni di legge impediscano apparentemente ai sindacati di impegnarsi in attività politiche, si sono verificati casi di collaborazione tra sindacati e partiti politici. Tali relazioni sono state talvolta strategiche, con l’obiettivo di ottenere leggi sul lavoro favorevoli o sostegno elettorale. Tuttavia, hanno anche suscitato criti- che da parte degli iscritti al sindacato, che considerano tale coinvolgimento politico un tradimento del ruolo primario dei sindacati come rappresentanti degli interessi dei lavoratori.
L’efficacia del dialogo sociale in Romania è sotto esame da anni, spesso descritto come rigido e inefficiente sia a livello nazionale che nelle valutazioni internazionali. Le mo- difiche legislative e la struttura del sistema di relazioni industriali hanno contribuito a questa inefficienza. In particolare, la riforma del dialogo sociale del 2011 e i suoi effetti continui hanno ridotto significativamente la copertura della contrattazione collettiva a livello settoriale, mentre la contrattazione collettiva a livello aziendale non ha raggiunto i risultati desiderati. Questa inefficienza è aggravata dall’assenza di una cultura del dia- logo sociale, dalla mancanza di obiettivi nazionali chiari a sostegno del dialogo sociale a tutti i livelli e dagli ostacoli giuridici alla costituzione di sindacati e al raggiungimento della rappresentatività.
Un problema importante è l’assenza di parti sociali rappresentative in vari settori, che impedisce un dialogo sociale e una contrattazione collettiva efficaci. Questa situazione è indicativa delle sfide più ampie affrontate dal movimento sindacale in Romania, dove le risorse di potere del lavoro, modellate da condizioni strutturali, politiche ed economi- che, sono limitate dai cambiamenti legislativi, dalla frammentazione economica e dalla neo-liberalizzazione dell’economia.
2.2. Potere organizzativo
Il potere organizzativo del lavoro in Romania è definito da fattori complessi e da uno scenario in evoluzione. Inizialmente, all’indomani della caduta del comunismo nel 1989, la Romania ha assistito a una significativa proliferazione dei sindacati, che riflette un aumento del potere organizzativo. Nel 1990 sono emersi i primi sindacati liberi e indi- pendenti, simbolo di una ritrovata libertà e autonomia dal controllo statale che aveva caratterizzato l’era comunista.
La densità sindacale ha raggiunto il suo picco nei primi anni Novanta con circa l’80% della forza lavoro sindacalizzata. Questa alta densità sindacale ha significato una forte base organizzativa per il lavoro, fornendo ai sindacati un sostanziale potere di contrat- tazione e influenza. Tuttavia, negli anni successivi si è assistito a un costante declino degli iscritti ai sindacati. Nel 2021, gli iscritti ai sindacati erano scesi a circa 1,5 milioni, pari a circa il 20% della forza lavoro totale. Questo calo rispetto al picco dei primi anni Novanta è attribuito a diversi fattori, tra cui l’impatto delle riforme economiche, la cre- scita dell’economia informale e le sfide al sistema di contrattazione collettiva.
Nonostante il calo della densità sindacale, il sistema sindacale rumeno rimane relativa-
mente forte rispetto ad altri Paesi dell’Europa centrale e orientale, con una densità sin- dacale che oscilla ancora tra il 20 e il 25% della forza lavoro. Il panorama organizzativo dei sindacati in Romania è oggi caratterizzato dalla presenza di cinque confederazioni principali: CNSLR-Frăţia, BNS, CNS Cartel Alfa, CSDR e CSN Meridian, ognuna con un numero simile di iscritti e una serie di federazioni affiliate. Circa 1,3 milioni di persone sono affiliate a questi sindacati, un dato comprovato dall’obbligo per le confederazioni di comunicare il numero di iscritti per ottenere lo status di rappresentante nazionale.
Il quadro giuridico che regola i sindacati e le loro attività comprende la Costituzione rumena, il Codice del lavoro e leggi specifiche sul dialogo sociale. I sindacati hanno la flessibilità di formarsi e registrarsi, affiliandosi potenzialmente a federazioni e confede- razioni tra settori o territori. Questo contesto normativo sostiene la struttura organizza- tiva e le capacità operative dei sindacati, consentendo un certo grado di adattabilità e resilienza di fronte alle mutevoli dinamiche del mercato del lavoro.
Nonostante i numerosi ostacoli, i sindacati continuano a difendere i diritti dei lavoratori e le migliori condizioni di lavoro, svolgendo un ruolo importante nel mercato del lavoro rumeno.
2.3. Potere istituzionale
Il potere istituzionale del lavoro in Romania riflette sia l’evoluzione storica che i recenti cambiamenti legislativi che modellano il panorama delle relazioni di lavoro e delle at- tività sindacali.
Il quadro giuridico rumeno che disciplina i sindacati e la contrattazione collettiva ha subito una trasformazione significativa, in particolare con l’adozione della nuova legge sul dialogo sociale (SDL 367/2022), che ha sostituito la precedente normativa coperta dalla legge 62/2011 sul dialogo sociale. Questa nuova legge ha introdotto diversi cam- biamenti chiave volti a facilitare un processo di contrattazione collettiva più efficace. Ha ridotto la soglia richiesta a un sindacato per diventare rappresentativo, consentendo a un sindacato di essere considerato rappresentativo se comprende almeno il 35% dei dipendenti in un rapporto di lavoro legale con l’azienda, rispetto alla precedente soglia del 50%+1. Inoltre, le condizioni per la costituzione di un sindacato sono state rese più flessibili e la legge estende la possibilità di iscriversi a un sindacato anche ai lavoratori disoccupati o autonomi, anche se non saranno presi in considerazione per determinare la rappresentatività del sindacato.
Il processo di contrattazione collettiva in Romania è ora obbligatorio sia a livello azien- dale, se l’unità ha almeno 10 dipendenti, sia a livello settoriale. Il processo di negozia- zione deve essere completato entro 45 giorni di calendario, a meno che entrambe le parti non concordino una proroga. Si tratta di un’iniziativa volta a migliorare la copertu- ra e l’efficacia dei contratti collettivi nei diversi settori e a livello aziendale. Nonostante queste modifiche normative, nella pratica la contrattazione collettiva settoriale vede pochissimi accordi, evidenziando una discrepanza tra il quadro giuridico e la sua attua- zione.
Le istituzioni del dialogo sociale, compresi i dialoghi bipartiti e tripartiti, sono state ridefinite e mirano a promuovere un ambiente costruttivo per le relazioni di lavoro. Il dialogo sociale bipartito è inteso come un dialogo autonomo senza coinvolgimento del governo, incentrato sulla contrattazione collettiva obbligatoria o sulla consultazione tra governo, sindacati e datori di lavoro per le questioni economiche e sociali. Il Ministero del Lavoro descrive le impostazioni del dialogo sociale tripartito come consultazioni e scambi di informazioni reciproche a diversi livelli, finalizzati a una forma più avanzata
di negoziazione del partenariato sociale.
Nonostante questi quadri legislativi e istituzionali volti a sostenere i diritti dei lavoratori e la contrattazione collettiva, le sfide persistono. L’efficacia del dialogo sociale in Ro- mania è stata messa in discussione, con critiche che sottolineano la mancanza di una cultura del dialogo sociale, l’assenza di obiettivi nazionali a sostegno del dialogo e le barriere legali che rendono difficile la costituzione di sindacati e la contrattazione col- lettiva settoriale.
Il nuovo SDL 367/2022 offre la speranza di migliorare il dialogo sociale e la contrattazio- ne collettiva, ma l’efficacia di questi cambiamenti è ancora tutta da verificare, in quan- to gli aspetti dipendono dall’attuazione e dall’impegno attivo di tutte le parti sociali.
2.4. Potere sociale
Il potere sociale del lavoro in Romania implica relazioni complesse tra sindacati, altre organizzazioni e partiti politici. I sindacati si sono impegnati in varie forme di coalizioni e relazioni per rafforzare la propria influenza e promuovere i propri interessi. Queste relazioni hanno svolto un ruolo significativo nel plasmare il potere sociale dei sindacati e la loro capacità di negoziare condizioni più favorevoli per i lavoratori.
I sindacati hanno formato coalizioni con una serie di altre organizzazioni per rafforzare la loro posizione negoziale. Ciò include la collaborazione con le organizzazioni della società civile e i movimenti sociali, che ha permesso ai sindacati di estendere la loro influenza al di là del luogo di lavoro e di impegnarsi in questioni sociali e politiche più ampie. Tali coalizioni hanno permesso ai movimenti sindacali di amplificare la propria voce e di esercitare una maggiore pressione sui datori di lavoro e sui politici.
Il rapporto tra sindacati e partiti politici in Romania è stato caratterizzato da coopera- zione e tensione. Alcuni sindacati hanno stretto alleanze strategiche con i partiti politici, utilizzando il loro sostegno elettorale per ottenere leggi e politiche del lavoro favore- voli. Ad esempio, il CNSLR Frăția ha stretto diversi accordi di cooperazione con il Partito socialdemocratico, mentre il BNS ha collaborato con il Partito Grande Romania e suc- cessivamente con un’alleanza politica di centro-destra. Queste alleanze hanno talvolta portato i leader sindacali a passare a ruoli politici, rendendo ancora più confusa la linea di demarcazione tra la difesa del lavoro e l’impegno politico. Tuttavia, questi coinvol- gimenti politici hanno anche suscitato critiche all’interno degli iscritti al sindacato, che alcuni considerano un allontanamento dal ruolo primario dei sindacati come rappre- sentanti dei lavoratori.
Nonostante i vantaggi strategici, l’impegno politico dei sindacati presenta degli incon- venienti. Le critiche mosse dagli iscritti ai sindacati nei confronti delle alleanze politiche indicano una tensione tra il perseguimento dell’influenza politica e il mantenimento dell’attenzione alla rappresentanza degli interessi dei lavoratori.
Il potere sociale del lavoro, attraverso coalizioni e relazioni politiche, è stato un aspetto critico della strategia del lavoro per rafforzare la propria influenza.
3. Azioni di protesta dei sindacati nel periodo recente
Le azioni collettive dei sindacati in Romania rivelano un panorama di protesta e mobili- tazione attiva contro varie sfide socio-economiche.
3.1. Tendenze degli eventi di protesta
Le azioni collettive dei sindacati sono state una parte significativa dei movimenti sinda- cali, con un’abbondanza di attività di questo tipo nel 2021 e nel 2022. Questo periodo ha visto un panorama dinamico di eventi di protesta, guidati da organizzazioni leader con obiettivi e temi chiari, attraverso varie forme di azione e talvolta formando coali- zioni per un impatto più ampio.
I primi mesi del 2021 hanno visto un’impennata delle attività di protesta, con un picco a gennaio e febbraio. In questo periodo si sono verificati rispettivamente 24 e 18 eventi, a indicare un livello più elevato di lamentele legate al lavoro e un forte richiamo all’a- zione da parte dei sindacati. Questa impennata iniziale può essere attribuita al dete- rioramento delle condizioni di lavoro, esacerbato dalla pandemia di Covid-19. Questa situazione ha giocato un ruolo significativo nel determinare le condizioni di lavoro e nel plasmare l’andamento delle manifestazioni di protesta nei primi mesi del 2021. La pan- demia ha portato a un deterioramento delle condizioni di lavoro per molti lavoratori, che a sua volta ha portato a un aumento del malcontento. In questo periodo si sono ve- rificate proteste direttamente collegate a problemi di salute e sicurezza, evidenziando l’impatto immediato della pandemia sul settore del lavoro. Ad esempio, i dipendenti del settore sanitario hanno organizzato proteste sotto il coordinamento della “Solidarity in Health Federation”, concentrandosi sulla salute e la sicurezza dei lavoratori del loro settore.
Con l’avanzare della pandemia, che ha comportato molte restrizioni, si è osservata una netta diminuzione degli eventi di protesta durante i mesi primaverili ed estivi, in parti- colare da aprile a giugno.
La tendenza alla fluttuazione delle attività di protesta è proseguita con un aumento del numero di proteste nei mesi di novembre e dicembre 2021, indicando una ripresa delle preoccupazioni legate al lavoro. Questa ripresa sottolinea il panorama dinamico delle questioni lavorative in Romania, dove l’intensità delle proteste è variata in risposta alle mutevoli condizioni socio-economiche e politiche.
Le politiche economiche e sociali del governo, in particolare l’attuazione di misure di austerità, hanno contribuito in modo significativo all’aumento delle proteste. Queste misure sono state accolte da una diffusa disapprovazione da parte di diversi sindaca- ti. Le richieste di aumento dei salari, di migliori condizioni di lavoro e di una maggiore protezione sociale sono state al centro delle proteste del 2021 e del 2022, riflettendo gli sforzi persistenti dei sindacati per sfidare le politiche di austerità del governo.
3.2. Organizzazioni leader, target, tema, forme di azione, coalizioni
Il panorama sindacale rumeno è dominato da una serie di organizzazioni chiave che hanno svolto un ruolo centrale nella mobilitazione delle proteste. Queste organizzazioni sono state determinanti nell’affrontare un’ampia gamma di questioni, dalle condizioni di lavoro e disoccupazione alla discriminazione in vari settori, tra cui la sanità, l’istruzio- ne e la pubblica amministrazione.
La Health Solidarity Federation e la Sanitas Federation sono state tra le organizzazioni che nel 2021 hanno avviato azioni significative per migliorare le condizioni di lavoro e sfidare la discriminazione nel settore sanitario.
La Confederazione nazionale dei sindacati “Cartel ALFA” è emersa come una forza si- gnificativa, organizzando una grande manifestazione il 27 gennaio 2021, che ha richia- mato oltre 10.000 partecipanti.
Nel corso del 2022, organizzazioni come la Federazione dei sindacati liberi dell’istruzio- ne e la Federazione nazionale dei sindacati amministrativi hanno guidato le proteste, con i sindacati del settore dell’istruzione che hanno mobilitato oltre 100.000 parteci- panti in uno sciopero di avvertimento il 19 gennaio 2022. L’affluenza ha sottolineato la disponibilità dei dipendenti ad aumentare le loro richieste se le autorità non avessero risposto.
L’uso strategico di diverse forme di protesta – dagli scioperi alle manifestazioni, fino alle petizioni – evidenzia l’adattabilità e la pianificazione tattica dei sindacati. In partico- lare, il 15 giugno 2022, la Federazione Sanitas ha organizzato una manifestazione con
10.000 partecipanti, evidenziando le sfide che il settore sanitario deve affrontare in un contesto di preoccupazioni economiche e politiche sistemiche.
I temi ricorrenti di queste proteste sottolineano l’urgente necessità di affrontare le sfide economiche e politiche, riflettendo un più ampio panorama di malcontento socio-eco- nomico in Romania. Le collaborazioni e le coalizioni hanno svolto un ruolo significati- vo nell’amplificare l’impatto di queste proteste. Ad esempio le proteste hanno spesso coinvolto più di un attore organizzato, indicando una coalizione o un partenariato; le coalizioni più comuni sono state quelle tra le principali federazioni sindacali e tra le fe- derazioni sindacali non principali/di base.
Un aspetto degno di nota di queste proteste è stata la loro focalizzazione settoriale e la capacità di unire diversi settori sotto cause comuni. Ad esempio, lo sforzo di collabora- zione tra la Confederazione Nazionale dei Sindacati “Cartel ALFA” e la Federazione dei Sindacati Liberi dell’Istruzione ha esemplificato una posizione unitaria contro le sfide alle condizioni di lavoro e ai diritti dei lavoratori, ponendo l’accento su questioni come la disoccupazione e la discriminazione.
3.3. Principali campagne di protesta
Gli anni 2021 e 2022 sono stati segnati da una serie di importanti campagne di protesta organizzate da diverse organizzazioni sindacali, federazioni e confederazioni in tutta la Romania. Queste proteste hanno messo in luce le profonde preoccupazioni per le questioni sistemiche e le condizioni di lavoro che hanno interessato diversi settori. La gamma di forme di protesta – che vanno dalle manifestazioni, alle marce, ai cortei, agli scioperi e alle petizioni – ha dimostrato la versatilità strategica dei sindacati nel dare voce alle loro richieste e nel coinvolgere l’interesse pubblico.
Durante questo periodo, le principali campagne di protesta hanno riguardato i settori dell’istruzione e della sanità.
I primi giorni del 2021 hanno segnato il passo, con federazioni come la Health Solidarity Federation e la Sanitas Federation che hanno avanzato richieste sostanziali per miglio- rare le condizioni di lavoro e affrontare la disoccupazione e la discriminazione nel set- tore sanitario. I loro sforzi concertati hanno gettato le basi per lo slancio del movimento sindacale nell’affrontare le questioni critiche specifiche del settore.
Il 27 gennaio 2021, la Confederazione nazionale dei sindacati “Cartel ALFA” ha orga- nizzato un’importante manifestazione che ha richiamato in piazza oltre 10.000 parte- cipanti. Questo evento è stato un momento critico, che ha raccolto il sostegno dell’opi- nione pubblica contro questioni sistemiche già note, tra cui i tagli al bilancio e lo status quo economico.
Il settore dell’istruzione ha protestato il 22 dicembre 2021, con oltre 100.000 dipendenti che hanno espresso le loro rimostranze attraverso una petizione al governo, manife- stando insoddisfazione per gli stipendi e segnalando una potenziale “proroga” della
situazione scolastica per il primo semestre. Questo approccio con petizione, unito a uno sciopero di avvertimento il 19 gennaio 2022, ha sottolineato la disponibilità del settore a inasprire le proprie rivendicazioni se le autorità non lo avessero preso in considera- zione.
La Federazione Sanitas, che rappresenta i lavoratori del settore sanitario, ha messo in mostra una strategia di protesta multiforme. Degna di nota è stata la manifestazione del 15 giugno 2022, con 10.000 partecipanti, che ha messo in evidenza la miriade di sfide che il settore sanitario deve affrontare.
3.4. Il successo delle azioni collettive dei sindacati
Il periodo da gennaio 2021 ad agosto 2022 comprende 138 eventi di protesta, che riflettono l’impegno di 43 organizzazioni uniche. Organizzazioni come la Federazione Publisind, la Confederazione sindacale nazionale Cartel ALFA e il sindacato dei poliziotti rumeni Diamantul, tra le altre, sono state in prima linea, sostenendo questioni che van- no dalle iniquità salariali al miglioramento delle condizioni di lavoro e della protezione sociale. Con circa 30 azioni che hanno coinvolto più di un attore organizzato, il periodo ha visto un’alleanza strategica tra le principali federazioni sindacali, le federazioni sin- dacali di base, i collettivi di lavoratori informali e, in rare occasioni, i partiti politici.
L’efficacia di queste azioni collettive varia. Alcune azioni hanno portato a negoziati o a modifiche delle politiche, mentre altre si sono limitate a portare le questioni alla ribalta dell’attenzione pubblica e governativa. Pertanto, le loro azioni hanno svolto un ruolo cruciale nel sensibilizzare l’opinione pubblica, nel plasmare il discorso pubblico e, in alcuni casi, nell’influenzare le discussioni e i risultati politici.
4. Risultati qualitativi
Le interviste condotte con i vari attori coinvolti nel processo di contrattazione collettiva (CC) offrono prospettive interessanti sui principali problemi e sfide, sulle motivazioni che spingono le parti sociali a partecipare, sui punti di vista degli altri attori e sulle mo- dalità di raggiungimento degli accordi collettivi.
4.1. Principali problemi e sfide della contrattazione collettiva
Il processo di contrattazione collettiva si trova ad affrontare diverse sfide, con i sindaca- ti privi di contratti collettivi che incontrano notevoli difficoltà a causa di una legislazione restrittiva che ostacola la loro capacità di avviare e impegnarsi efficacemente nella contrattazione collettiva. I datori di lavoro, d’altro canto, spesso si mostrano riluttanti ad avviare trattative, percependo gli accordi formali come limitanti. I sindacati con con- tratti collettivi evidenziano la mancanza di contratti nazionali completi e sottolineano la necessità di rafforzare il dialogo. L’assenza di contratti collettivi porta a una contrat- tazione frammentata e a incoerenze nelle condizioni di lavoro tra i vari settori. Le orga- nizzazioni dei datori di lavoro si trovano ad affrontare sfide quali la scarsa chiarezza dei settori di negoziazione e la mancanza di inviti all’impegno da parte dei sindacati, oltre ai frequenti cambiamenti nei salari e nelle condizioni di lavoro che creano instabilità.
4.2. Le motivazioni che spingono le parti sociali a partecipare alla contrat- tazione collettiva
La partecipazione delle parti sociali alle CC è motivata da varie ragioni. Il motivo prin- cipale per cui i sindacati si impegnano nelle CC è quello di garantire accordi globali che salvaguardino i diritti dei lavoratori e promuovano condizioni di lavoro eque. I sindacati
mirano a stabilire condizioni di lavoro stabili che contribuiscano a relazioni sindacali armoniose. Danno priorità alla definizione di accordi nazionali e settoriali per garantire una copertura e una protezione uniformi per tutti i lavoratori, affrontando le disparità e le incongruenze tra i diversi settori.
Le organizzazioni dei datori di lavoro partecipano alle CC con l’obiettivo di mantene- re la flessibilità e la capacità di rispondere alle esigenze specifiche dei diversi settori. Spesso sottolineano la necessità di definizioni settoriali chiare e la capacità di adattare le condizioni di lavoro ai cambiamenti del contesto aziendale. Pur riconoscendo i van- taggi dei contratti collettivi nello stabilire condizioni di lavoro chiare e stabili, alcuni da- tori di lavoro considerano gli accordi formali come potenzialmente limitanti o onerosi, preferendo mantenere un certo grado di flessibilità.
Le autorità statali considerano la contrattazione collettiva come un meccanismo essen- ziale, in linea con le direttive europee, che mira a trovare un equilibrio tra la tutela dei diritti dei lavoratori e gli imperativi economici. Il ruolo dello Stato è quello di creare un quadro giuridico e normativo favorevole alle CC, assicurando che le trattative si svol- gano all’interno di un insieme di regole predefinite che tutelino i diritti dei lavoratori e tengano conto delle esigenze dei datori di lavoro.
Le organizzazioni della società civile sostengono il processo di riforma del mercato del lavoro sostenendo i diritti dei lavoratori, la giustizia sociale e le pratiche di lavoro eque. Il loro coinvolgimento è spesso di supporto e di facilitazione, fornendo formazione, in- formazioni e piattaforme per il dialogo tra gli attori del mercato del lavoro.
4.3. Opinioni sulla contrattazione collettiva da parte di altri attori
Diversi attori (come le autorità statali e la società civile) hanno prospettive diverse sulla CC. Alcuni (lo Stato) vedono il processo come allineato agli standard europei, concen- trandosi sulla creazione di un quadro giuridico che faciliti la CC e il dialogo sociale. Altri (la società civile) pongono l’accento sulle iniziative di educazione e sensibilizzazione per rafforzare il processo di contrattazione, mantenendo un ruolo di supporto attraver- so la collaborazione e la difesa dei diritti dei lavoratori.
4.4. Come si raggiungono i contratti collettivi
Gli accordi collettivi vengono raggiunti prevalentemente attraverso un dialogo sociale attivo tra i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro. Questo dialogo è il mecca- nismo principale attraverso il quale gli accordi collettivi sono stati raggiunti con succes- so, come evidenziato dalle risposte alle interviste. Tuttavia, il processo di negoziazione è influenzato anche da sfide quali la reattività della leadership, la disponibilità dei datori di lavoro a negoziare e la necessità di contratti completi. Pertanto, i fattori chiave che influenzano il processo di stipula dei contratti collettivi sono il dialogo sociale attivo, la reattività della leadership, la partecipazione dei datori di lavoro, la trasparenza e il quadro giuridico, nonché l’uso delle controversie collettive.
L’aspetto fondamentale nel raggiungimento dei contratti collettivi è l’impegno attivo di entrambe le parti nel dialogo sociale. Si tratta di discussioni e negoziazioni costruttive che sono cruciali per la conclusione positiva dei contratti collettivi.
La disponibilità dei leader, compresi i rappresentanti dei dirigenti e dei datori di lavoro, a impegnarsi in un dialogo significativo gioca un ruolo fondamentale per il successo della negoziazione.
Un ostacolo noto è la mancanza di reale volontà e interesse da parte di alcuni datori di lavoro a partecipare attivamente al processo di contrattazione collettiva, che può
ostacolare il raggiungimento di un accordo.
La trasparenza nei negoziati e l’aderenza ai quadri giuridici sono essenziali per creare fiducia tra le parti e garantire risultati negoziali equi e conformi alla legge.
Pur non essendo il metodo principale, la mobilitazione, le proteste o gli scioperi sono tattiche riconosciute nel panorama della contrattazione collettiva, sostenute da quadri giuridici e indirettamente facilitate dalla società civile attraverso lo sviluppo di capacità e la diffusione di informazioni.
5. Sintesi
La nostra analisi della contrattazione collettiva in Romania ha rivelato che le cause strutturali e i processi a lungo termine hanno plasmato in modo significativo la con- trattazione del lavoro, riflettendo un’interazione dinamica di quadri istituzionali, leggi, ambienti politici, opinione pubblica, sistemi economici, globalizzazione, densità sinda- cale e altri fattori. Meccanismi come le azioni concrete, le pratiche e le strategie dei sindacati, le negoziazioni con le parti sociali, l’organizzazione di azioni collettive come proteste e scioperi, l’influenza sui partiti politici o su alcune correnti politiche e la costru- zione di coalizioni con la società civile e i movimenti sociali complicano ulteriormente questo panorama.
Il contesto giuridico e politico-economico della Romania costituisce una base fonda- mentale per il funzionamento dei sindacati e della contrattazione collettiva. Le prin- cipali fonti dell’attuale quadro legislativo, tra cui la Costituzione rumena, il Codice del lavoro e la Legge sul dialogo sociale (SDL), hanno subito diverse modifiche nel corso degli anni per adattarsi all’evoluzione delle esigenze del dialogo sociale e delle relazio- ni sindacali. Tuttavia, il panorama legislativo ha dovuto affrontare delle sfide, in parti- colare con l’SDL 62/2011, che ha decentrato la contrattazione collettiva e indebolito il ruolo delle parti sociali, provocando critiche diffuse per la riduzione dei diritti sindacali e la promozione della discriminazione.
La nuova SDL 367/2022 rappresenta un cambiamento significativo per affrontare queste preoccupazioni, riducendo la percentuale richiesta per la rappresentatività sindacale e rendendo più facile la creazione di sindacati, con l’obiettivo di migliorare il processo di contrattazione collettiva. Questo cambiamento, insieme alla reintroduzione della pos- sibilità di un contratto collettivo nazionale di lavoro, segna un momento cruciale nelle relazioni di lavoro in Romania, attenuando potenzialmente alcuni degli impatti negativi osservati nel quadro giuridico precedente.
I sindacati hanno utilizzato una serie di meccanismi per muoversi efficacemente nel panorama della contrattazione collettiva. Tra questi la mobilitazione degli iscritti al sin- dacato per sostenere le loro posizioni durante le trattative, l’organizzazione di scioperi, interruzioni del lavoro e altre forme di azione sindacale, o l’utilizzo di dati e ricerche per sostenere le loro posizioni di contrattazione. Tali strategie sono fondamentali nel contesto delle difficoltà storiche e attuali della Romania nell’avviare azioni sindacali a causa delle rigide disposizioni legislative. La recente SDL n. 367/2022 introduce norme più permissive per l’organizzazione di proteste e scioperi, riflettendo un panorama giu- ridico in evoluzione più favorevole alle azioni collettive del lavoro.
Il rafforzamento dei meccanismi di contrattazione collettiva richiede uno sforzo concer- tato da parte di tutte le parti interessate per affrontare gli ostacoli identificati e sfrutta- re gli aspetti positivi del sistema attuale. Le iniziative di collaborazione, il miglioramento del quadro giuridico e gli sforzi educativi sono meccanismi chiave (di successo) per promuovere un ambiente di contrattazione collettiva più inclusivo ed efficace.
Croazia
Xxxxx Xxxxx
1. Contrattazione collettiva e sindacati in Croazia
Secondo gli ultimi dati disponibili alla fine del 2021 (Bagić 2022) erano in vigore 580 contratti collettivi che regolavano i diritti di circa 670.000 dipendenti (il 47% di tutti i lavoratori). Il numero di contratti collettivi e di lavoratori coperti è leggermente au- mentato rispetto al 2014 (rispettivamente da 570 e 640.000). Tuttavia, la copertura è diminuita (dal 53 al 47%) a causa della crescita sproporzionata dell’occupazione nei settori e nelle imprese in cui la contrattazione collettiva è meno presente o assente. Si è registrato un calo minore nella copertura della contrattazione collettiva dal 2000 al 2009 (dal 65 al 61%) e un calo maggiore dal 2009 al 2014 (dal 61 al 53%), quest’ultimo in gran parte dovuto alla cancellazione del contratto collettivo a livello industriale per il commercio al dettaglio e all’ingrosso nel 2013. Attualmente sono in vigore solo tre accordi a livello di settore: edilizia, ospitalità e turismo, industria del legno e della carta.
Oltre al ruolo degli accordi a livello di settore, le differenze nella copertura della con- trattazione collettiva per settore NACE (Figura 1) possono essere spiegate in gran parte dal divario tra pubblico e privato. I settori industriali con quote elevate di occupazione nel settore pubblico o di imprese di proprietà pubblica hanno un’alta copertura di con- trattazione collettiva. Due contratti collettivi coprono quasi tutti i dipendenti i cui stipen- di sono pagati dal bilancio statale (per i servizi pubblici e per i funzionari e dipendenti statali). All’estremità inferiore dello spettro il settore industriale più grande in termini di quota di occupazione è quello manifatturiero, dove la tendenza negativa della coper- tura della contrattazione collettiva è stata più forte a causa dei processi di ristruttura- zione che hanno estrinsecato la contrattazione collettiva sostituendo e frammentando le vecchie imprese.
Figura 3 Copertura della contrattazione collettiva per settore.
Fonte: Bagić (2022)
2. Le risorse energetiche del lavoro
2.1. Fattori strutturali
I fattori economici strutturali non hanno favorito la contrattazione collettiva, soprat- tutto la frammentazione dell’economia croata. I fattori di diminuzione della densità sindacale, secondo Xxxxxxxxx et al. (2023), possono essere facilmente applicati anche alla diminuzione della copertura della contrattazione collettiva: l’aumento della quota di occupazione nelle micro, piccole e medie imprese del settore privato, la scompar- sa delle industrie tradizionali con un alto tasso di sindacalizzazione, il pensionamento dei lavoratori più anziani e la mancanza di interesse per i sindacati tra i lavoratori più giovani, l’alta prevalenza di contratti a tempo determinato tra i lavoratori più giovani, la crescita delle piattaforme digitali e del lavoro a progetto, l’aumento del numero di lavoratori autonomi, l’ampia esternalizzazione dei servizi ausiliari e il numero crescente di persone che lavorano tramite agenzie per l’impiego temporaneo.
Le sfide emergenti sono il boom della forza lavoro straniera (circa 173.000 permessi di lavoro rilasciati nel 2023) e l’aumento del numero di lavoratori che forniscono servizi sociali attraverso progetti della società civile, per lo più finanziati dall’UE, che hanno condizioni di lavoro significativamente peggiori rispetto alle loro controparti del settore pubblico.
2.2. Panorama organizzativo
Il movimento sindacale croato è molto frammentato a tutti i livelli (Xxxxxxx & Vukorepa 2014), a differenza della parte datoriale rappresentata da un’associazione, l’Associa- zione croata dei datori di lavoro (Hrvatska udruga poslodavaca, HUP). Nel 2023 i sinda- cati registrati erano 640, ma il numero stimato di sindacati attivi era di circa 250 (Bagić & Xxxxxxx 2023). Di questi, 109 sono membri delle tre confederazioni sindacali attual- mente rappresentative, ossia confederazioni rappresentate nell’organismo nazionale tripartito, il Consiglio economico e sociale, che conferisce loro il diritto di influenzare la regolamentazione relativa alla contrattazione, ma non di partecipare direttamente alla contrattazione collettiva. La confederazione più antica tra le tre è l’Unione dei sinda- cati autonomi della Croazia (SSSH, Savez samostalnih sindikata Hrvatske), fondata nel maggio 1990 dagli ex sindacati socialisti e dai nuovi sindacati istituiti già nel 1989. L’in- tenzione originaria di formare un movimento sindacale monolitico attraverso la SSSH è fallita, poiché i nuovi sindacati hanno lasciato la SSSH per fondare nuove confederazio- ni sindacali (Bagić 2010).
Altre confederazioni hanno perso la loro rappresentatività nel 2013 e nel 2017 a seguito del cambiamento della legislatura che ha innalzato l’asticella della rappresentatività delle confederazioni sindacali nel 2012 e nel 2014.
2.3. Quadro istituzionale
Gli stakeholder e gli esperti nutrono dubbi sul ruolo delle confederazioni sindacali per diversi motivi (focus group in Samardžija et al 2017). In primo luogo, le confederazioni in Croazia si contendono i membri tra loro, non essendo specializzate in particolari settori o professioni. In secondo luogo, il dialogo sociale tripartito è stato giudicato precario e infruttuoso nei momenti critici, come nel caso del boicottaggio del Consiglio economico e sociale del 2014 da parte delle confederazioni sindacali, che hanno giudicato inac- cettabile e unilaterale il modo in cui è stata adottata la legge sul lavoro (Xxxxxx 2015), senza però riuscire a fermarlo e a migliorare il ruolo delle parti sociali nella formulazio- ne della nuova legislazione.
Oltre alla rappresentatività delle confederazioni sindacali nel dialogo sociale tripartito, il secondo e probabilmente più importante aspetto della rappresentatività è quello dei sindacati. In Croazia, “solo un sindacato rappresentativo può negoziare e conclude- re contratti collettivi. Quando più sindacati operano al livello in cui viene negoziato il contratto collettivo, tutti i sindacati che operano a quel livello possono stabilire con un accordo scritto quale sindacato considerano rappresentativo. Se non raggiungono un accordo, la rappresentatività viene determinata dalla Commissione per la determina- zione della rappresentatività. Un criterio statutario utilizzato dalla Commissione per de- terminare quale sindacato sia rappresentativo richiede che un sindacato abbia almeno il 20% del numero totale di dipendenti sindacalizzati impiegati al livello in cui viene determinata la rappresentatività” (Xxxxxxx 2023: 117-118). Legare il diritto di parteci- pazione e il grado di rappresentanza nella contrattazione collettiva ai criteri numerici relativi all’adesione, nel primo tentativo legislativo del 2012, ha provocato insoddisfa- zione nel frammentato panorama sindacale (Gotovac 2023). Si è trattato comunque di un miglioramento rispetto ai precedenti conflitti sulla composizione dei comitati di negoziazione per i quali non esistevano criteri e procedure (Potočnjak 2016). La rappre- sentatività è ancora una questione controversa tra i sindacati croati e una caratteristica importante del quadro istituzionale dei sindacati in Croazia, per cui merita una discus- sione più approfondita. Le questioni più recenti riguardanti la rappresentatività sono menzionate nelle sezioni successive.
Il paragrafo successivo di Xxxxx caratterizza ulteriormente il quadro giuridico della con- trattazione collettiva in Croazia: “[...] I datori di lavoro non possono contestare il diritto sindacale alla contrattazione collettiva. Solo i sindacati possono contestare il diritto alla contrattazione collettiva con altri sindacati se ritengono che non siano rappresentati-
vi. I datori di lavoro, tuttavia, non sono obbligati a concludere un contratto collettivo o ad avviare una contrattazione collettiva, ma i sindacati hanno il diritto di esercitare pressioni sui datori di lavoro attraverso scioperi per costringerli ad avviare negoziati. Una volta concluso un contratto collettivo, entrambe le parti possono annullarlo prima della scadenza; secondo la legge sul lavoro, un contratto collettivo può contenere di- sposizioni sulla validità dell’accordo dopo la sua scadenza. Se non viene concordato diversamente, l’accordo è valido per altri tre mesi dopo la scadenza” (Bagić 2019: 99).
Il numero relativamente ridotto e in calo di contratti collettivi a livello di settore può essere in parte attribuito alle modifiche legislative. La nuova legge sul lavoro del 2014 ha introdotto il test obbligatorio dell’interesse pubblico e la decisione del ministro di estendere un contratto collettivo all’intero settore. Non è più sufficiente che il sindacato firmatario e l’associazione dei datori di lavoro presentino una richiesta congiunta di estensione di un contratto. La legge sulla rappresentatività del 2012 limitava l’efficacia dei contratti collettivi a soli tre mesi dopo la loro scadenza, un limite fortemente conte- stato dai sindacati e solo marginalmente mitigato dall’aggiunta di casi eccezionali nella legge sul lavoro del 2014. La seconda ragione alla base della debolezza della contratta- zione a livello settoriale in Croazia è la struttura sfavorevole dell’associazione dei datori di lavoro e l’autonomia delle associazioni di categoria. In particolare, le associazioni dei datori di lavoro con i loro organi esecutivi non corrispondono alla classificazione nazio- nale delle industrie che definisce la possibile estensione dei contratti collettivi settoriali, né corrispondono alle assegnazioni settoriali dei sindacati. Ciò ostacola notevolmente la contrattazione collettiva settoriale (Bagić 2019). In terzo luogo, la HUP ha ripetuta- mente espresso la propria riluttanza a incoraggiare i propri membri a partecipare alla contrattazione collettiva settoriale (Galić 2022).
2.4. Potere sociale
I sindacati in Croazia hanno un passato difficile con i partiti politici. All’inizio degli anni Novanta, dopo i cambiamenti democratici, la più grande confederazione sindacale (SSSH) organizzò una serie di scioperi e proteste per chiedere l’adeguamento dei salari con l’inflazione, che furono accolti con reazioni ostili dalle autorità e dal partito al go- verno Unione Democratica Croata (Hrvatska demokratska zajednica, HDZ).
Nella seconda metà degli anni Novanta, le confederazioni sindacali hanno preso strade diverse per quanto riguarda la collaborazione con i partiti politici. Alcune confederazio- ni, tra cui la SSSH, hanno stabilito stretti legami con i partiti di opposizione di centro e di centro-sinistra, mentre altre hanno insistito sul fatto che i sindacati dovessero rimanere politicamente neutrali. La collaborazione delle confederazioni sindacali con il Partito Socialdemocratico (Socijaldemokratska partija Hrvatske, SDP), il più grande partito di opposizione all’HDZ, non ha dato i suoi frutti in seguito, nel periodo di crisi e di ripresa 2011-2015, quando l’SDP era in carica, il dialogo sociale tripartito si è deteriorato (Sa- mardžija et al 2017) e quando lo Stato ha cancellato unilateralmente alcuni bonus per i dipendenti del settore pubblico. C’è stata anche una disputa sul fatto che fossero state soddisfatte le condizioni per revocare i tagli salariali precedentemente concordati tra i sindacati del settore pubblico e il governo come necessaria misura temporanea di crisi (si veda Xxxxxxxxxx et al, 2017). Dopo tutti questi eventi tumultuosi, “circa dieci anni fa, [...] tutte le confederazioni hanno gradualmente preso le distanze da tutti i partiti politici” (Xxxxx & Xxxxxxx 2023: 220). Nel 2010 è stato fondato un nuovo partito con il
sindacalismo in primo piano nel suo programma politico e con un importante leader sindacale Xxxxxxxx Xxxxx come fondatore (il Partito Laburista Croato, Hrvatski laburi- sti). Dopo i risultati promettenti delle elezioni parlamentari del 2011, il partito ha perso consensi e oggi è marginale. Nel periodo più recente, l’unico caso degno di nota di co- operazione politica tra sindacati e partiti politici è la collaborazione tra Novi sindikat, un sindacato generale indipendente presente nella maggior parte dei settori economici e non affiliato alla confederazione, e il Fronte dei lavoratori (Radnička fronta, RF), un partito di estrema sinistra con un deputato nell’assemblea del Parlamento croato del 2020-2024 (Xxxxxxxx Xxxxxx).
I risultati più tangibili della cooperazione dei sindacati con le organizzazioni della so- cietà civile sono tre azioni democratiche dirette di successo, volte a impedire le riforme neoliberiste proposte dal governo senza consultare le parti sociali. Due iniziative popo- lari a livello nazionale nel 2014 hanno bloccato il piano del governo di esternalizzare tutti i servizi ausiliari del settore pubblico e il piano di monetizzazione delle autostrade di proprietà pubblica, cioè di darli in concessione per 40 anni a un partner privato (per i dettagli si veda Xxxxxxxxxx et al 2017: 30-31). Una terza iniziativa referendaria di successo, che ha riunito i sindacati e la società civile, si è svolta nel 2019 per opporsi al piano del governo di innalzare l’età pensionabile legale a 67 anni.
Il potere sociale dei sindacati si manifesta nel sostegno pubblico. Un sondaggio su un campione randomizzato e rappresentativo a livello nazionale di lavoratori dipendenti (1.000 intervistati) condotto dalla SSSH nel dicembre 2021 ha mostrato che l’82% dei lavoratori dipendenti sostiene in linea di principio l’operato dei sindacati, il 91% ritiene che i contratti collettivi siano uno strumento utile per regolare i rapporti con i datori di lavoro e il 90% ritiene che il governo debba incoraggiare la contrattazione collettiva con le sue politiche e leggi (SSSH 2022).
3. Azioni collettive dei sindacati nel periodo recente
Gli anni Novanta sono stati un periodo di intense attività di sciopero e protesta per i sin- dacati croati, a partire dal 1993 con uno sciopero generale che ha posto fine all’accor- do tra i sindacati e il governo sulla sospensione delle azioni collettive durante la guerra.
Nei primi anni del nuovo millennio, quando un governo socialdemocratico ha sostituito quello di centro-destra, anche il numero di scioperi è stato elevato, per poi diminuire fino alla fine del periodo 2000-2017 per il quale sono disponibili dati sistematici (The Ar- chive of Workers’ Struggles6 ; Dolenec et al 2020). Le azioni collettive si sono attenuate soprattutto nel settore privato, mentre i sindacati del settore pubblico sono rimasti più attivi negli scioperi e nelle proteste per i contratti collettivi. La più grande azione collet- tiva degli ultimi cinque anni è il più lungo sciopero del personale scolastico nella storia della Croazia, avvenuto nell’autunno del 2019, che è durato 36 giorni lavorativi e ha incluso diverse proteste pubbliche nella piazza principale di Zagabria. Lo sciopero è ini- ziato con una piccola protesta dei due maggiori sindacati scolastici che hanno chiesto un aumento del 6,11% dei coefficienti che definiscono lo stipendio base7 . Dopo che due
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7 Non si tratta di un contratto collettivo, ma di un regolamento governativo sui coefficienti di complessità del lavoro nei servizi pubblici. Nei servizi pubblici e negli uffici statali croati, lo stipendio base è determinato come multiplo della base salariale e del coefficiente di complessità del lavoro. Mentre le basi salariali sono oggetto di contrattazione collettiva an- nuale tra il governo e i sindacati del settore pubblico, i coefficienti sono soggetti a decisioni unilaterali del governo sui regolamenti. Le pressioni sui coefficienti da parte dei sindacati, in particolare nel 2019 e nel 2023, sono avvenute al di fuori di qualsiasi procedura legalmente definita.
offerte del governo sono state rifiutate dai sindacati, è stato concordato che l’aumento richiesto per il personale docente sarebbe avvenuto in tre turni fino al primo gennaio 2021, mentre il personale non docente è stato escluso dagli aumenti dei coefficienti ed è stato promesso un supplemento di stipendio nei contratti collettivi. Nel corso del 2023 e del 2024 si è verificata una serie di controversie nella contrattazione collettiva delle aziende locali di gestione dei rifiuti nelle principali città croate. Le vertenze a Zagabria, Spalato e Fiume sono sfociate in scioperi brevi e riusciti e si sono risolte con significa- tivi aumenti dei diritti materiali dei lavoratori nei contratti collettivi. Più recentemente, nel maggio 2024, la proclamazione di uno sciopero nell’azienda di gestione dei rifiuti di Zara ha portato a un aumento salariale senza precedenti del 30%. I sindacati della gestione dei rifiuti hanno sottolineato il grande deficit di forza lavoro nel loro settore come l’unico fattore che rende inevitabile per la dirigenza il riconoscimento delle loro richieste.
Il 2023 è stato un anno notevole per le azioni collettive per molte altre ragioni. Ha visto uno dei rari scioperi di solidarietà nella storia della Croazia, in 11 filiali del sindacato dei lavoratori del traffico (Sindikat prometa i veza Hrvatske) a sostegno dei lavoratori dell’azienda di manutenzione delle strade pubbliche della contea di Šibenik-Knin, con il fondamentale supporto organizzativo e logistico della confederazione sindacale SSSH. L’anno è stato segnato dalla preparazione della prima regolamentazione globale dei coefficienti di complessità del lavoro che definiscono i salari dei dipendenti pubblici e dei funzionari statali dopo 23 anni, che ha causato molte manifestazioni di insoddisfa- zione da parte dei sindacati del settore pubblico, che hanno espresso richieste, minacce di sciopero e trattative con il governo in qualità di datore di lavoro al di fuori del quadro giuridico per la contrattazione collettiva (con i sindacati del settore sanitario in prima linea in quest’ultimo aspetto). Tra tutti questi eventi, si è verificato uno sciopero signifi- cativo con conseguenze sorprendenti. I funzionari giudiziari e il personale ausiliario dei tribunali hanno scioperato per due mesi dietro a un sindacato non rappresentativo, che è stato ritenuto legale dalla Corte Suprema nel giugno 2023. Ciò è contrario all’interpre- tazione della rappresentatività nella prassi giudiziaria fino a quel momento, in quanto uno sciopero in Croazia è legale solo se riguarda i salari non pagati o la contrattazione collettiva, mentre a sua volta solo i sindacati rappresentativi possono partecipare alla contrattazione collettiva. Gotovac (2023) ha definito la decisione della Corte Suprema come un “cambiamento nell’architettura del diritto del lavoro collettivo” indesiderato e tacitamente introdotto, criticando al contempo l’articolo 205 della legge sul lavoro citata dalla Corte Suprema per il fatto che comporta la possibilità di una terza base giuridica del diritto di sciopero oltre ai salari non pagati e alla contrattazione collettiva, formulata vagamente come “protezione e promozione dei diritti economici e sociali”.
Al momento in cui scriviamo, nel maggio 2024, uno dei sindacati dei lavoratori dell’istru- zione precoce e prescolare (Sindikat obrazovanja, medija i kulture) è in sciopero negli asili di tre città croate, il primo sciopero nell’istruzione prescolare nella storia della Cro- azia indipendente, con una reazione molto ostile da parte delle autorità locali respon- sabili della gestione e del finanziamento dell’istruzione prescolare. Il sindacato chiede che i contratti collettivi con le autorità locali garantiscano ai lavoratori dell’istruzione prescolare un livello di condizioni materiali e lavorative pari a quello dei lavoratori delle scuole elementari gestite e finanziate a livello centrale, come previsto dalla legge sull’i- struzione precoce e prescolare ma raramente riscontrato nella pratica, poiché i governi locali non hanno destinato risorse sufficienti all’istruzione prescolare. L’esito, auspica- bilmente positivo, di queste azioni collettive avrebbe conseguenze di vasta portata sul settore.
Mentre le azioni collettive dei sindacati del settore pubblico si concentrano sulla con-
trattazione collettiva, uno sciopero in un’azienda tessile privata Varteks nel maggio 2024 sembra continuare la lunga tradizione di scioperi del settore privato in Croazia: 600 lavoratori chiedono i loro salari non pagati e di mantenere la produzione attiva.
4. La contrattazione collettiva nel periodo recente
Bagić (2022) fornisce una caratterizzazione completa della contrattazione collettiva in Croazia sulla base dei dati alla fine del 2021, individuando quattro diversi “modelli con- solidati di pratiche di contrattazione collettiva” che coesistono in Croazia. Il primo mo- dello si riscontra nel settore pubblico, in un processo relativamente coordinato di con- trattazione a due livelli nei servizi pubblici (dove esiste un contratto collettivo di base per tutti i servizi pubblici e una serie di accordi a livello di settore) e di contrattazione a un livello negli uffici statali. La contrattazione è regolare e si concentra sui salari: la base salariale è oggetto di contrattazione annuale e alcuni diritti materiali (integrazioni salariali) sono oggetto di accordi a livello di settore nei servizi pubblici, generalmente conclusi per quattro anni. Tuttavia, il governo si riserva il diritto di decidere unilateral- mente i coefficienti salariali. Esiste una notevole conflittualità in quanto i sindacati del settore pubblico hanno un notevole potenziale di sciopero.
Il secondo modello si riscontra in due settori con accordi a livello settoriale: l’edilizia e l’ospitalità. Oltre alla contrattazione a livello settoriale, esiste anche una contrattazione a livello aziendale, più spesso nelle grandi e medie imprese dei due settori (alla fine del 2021 si contavano 40 accordi a livello aziendale nell’edilizia e 75 nell’ospitalità). En- trambi gli accordi a livello settoriale affrontano il tema dei salari definendo i minimi per gruppi di professioni. Nel settore alberghiero e della ristorazione, la contrattazione ha un ciclo regolare di due anni, mentre nel settore delle costruzioni la regolarità è minore, in quanto gli accordi sono stipulati a tempo indeterminato. D’altra parte, gli accordi nel settore delle costruzioni vengono modificati relativamente spesso e l’accordo settoriale prevede l’armonizzazione dei diritti materiali ogni due anni. La contrattazione non è coordinata né tra questi due settori né con altri settori. Il livello di conflittualità è basso. Tuttavia, viene spesso sottolineato in pubblico dai sindacati, ma anche da alcuni datori di lavoro, che la copertura nell’edilizia e nell’ospitalità è in gran parte solo nominale, perché mancano meccanismi di controllo sull’applicazione degli accordi nelle micro, piccole e medie imprese, che spesso pagano i salari illegalmente (senza tasse e contri- buti). Per questo motivo, l’ultimo emendamento al contratto collettivo per l’edilizia del marzo 2024, una volta esteso al settore per decisione del ministro, conferirà ai sindacati dell’edilizia l’autorità pubblica di controllare il pagamento dei salari in conformità con i contratti collettivi, oltre all’ispezione del lavoro. Questo testimonia un alto livello di cooperazione tra le parti sociali del settore edile.
I primi due modelli centralizzati rappresentano circa due terzi dell’intera copertura del- la contrattazione collettiva in Croazia (circa 250.000 lavoratori nel settore pubblico e
200.000 nell’edilizia e nell’ospitalità) con solo 4 contratti collettivi (senza contare i 115 accordi che elaborano ulteriormente i diritti a livelli inferiori nei settori inclusi).
Gli altri due modelli sono decentrati: si riferiscono alla contrattazione a livello aziendale in altri settori. Bagić ha definito il primo di questi due modelli decentrati “contrattazione aziendale regolare”. Sebbene gli accordi di questo modello siano incentrati sui salari e sulla loro correzione, questo modello comprende pratiche di contrattazione frammen- tate con cicli di contrattazione non coordinati e molto vari (da annuali a cicli che durano più di tre anni). L’ultimo modello manca di regolarità ed è chiamato “contrattazione aziendale obsoleta”. È presente relativamente spesso nelle aziende di proprietà pubbli- ca con lo Stato centrale o l’amministrazione locale al tavolo dei datori di lavoro. Dei 460
accordi a livello aziendale non coperti da accordi di livello superiore, circa il 45% non è stato aggiornato per tre anni o più e può essere attribuito con certezza al modello della “contrattazione aziendale obsoleta”.
5. Principali problemi e sfide
Poiché circa la metà di tutti i contratti collettivi non affronta in modo sano il livello sa- lariale, che è una delle sfide principali della contrattazione collettiva in Croazia (Bagić 2019: 103-105), la quota di contrattazione a livello aziendale che non consente ai lavo- ratori di partecipare alla distribuzione del valore aggiunto in modo tempestivo e com- pleto e quindi non raggiunge il suo scopo primario è ancora più alta. Esistono numerosi accordi che prevedono cicli di contrattazione regolari, ma senza stabilire con precisione i livelli salariali e i criteri per la loro correzione. Si parla invece di altri diritti materiali, come le gratifiche natalizie e le ferie, i premi giubilari, ecc.
Una sfida importante è quella di aumentare la disponibilità dei datori di lavoro a parte- cipare alla contrattazione collettiva, soprattutto per quanto riguarda i salari. L’ostacolo della struttura sfavorevole della HUP, con associazioni di categoria dei datori di lavoro frammentate e autonome, rimane in sospeso. Tuttavia, partendo dal presupposto che i datori di lavoro non faranno i primi passi critici per aumentare la copertura della con- trattazione collettiva, ai sindacati sono state rivolte raccomandazioni (Bagić 2022) per investire maggiori sforzi in tre direzioni: consolidare le loro azioni nella contrattazione collettiva con programmi a livello di sindacato e confederazione con un’agenda più ambiziosa, aumentare il loro potenziale di conflitto da un lato e impegnarsi a raggiun- xxxx un consenso con i datori di lavoro sull’importanza della contrattazione collettiva nella gestione delle dinamiche del mercato del lavoro dall’altro, sfruttando la carenza di lavoratori senza precedenti nel mercato del lavoro croato.
L’ostacolo legale implicito per lo sciopero legato alla contrattazione collettiva, ricono- sciuto come tale nella prassi giudiziaria, è persino più alto dell’ostacolo per la rappre- sentatività stessa, ossia la partecipazione alla contrattazione collettiva. In particolare, l’accordo collettivo e quindi lo sciopero sono validi solo se i sindacati firmatari riunisco- no almeno il 50% degli iscritti ai sindacati rappresentativi. Gotovac (2023) ritiene che questa percentuale sia inaccettabile e che porti a una situazione in cui i datori di lavoro possono concludere un accordo collettivo con i sindacati più numerosi, indipendente- mente dalla loro reale capacità di esercitare pressioni per proteggere e promuovere gli interessi dei loro membri. Gotovac ha fatto l’esempio ipotetico di una compagnia aerea che potrebbe concludere un contratto collettivo con un sindacato che riunisce il perso- nale ausiliario e di terra, escludendo così la possibilità di uno sciopero legale da parte di un sindacato che riunisce il personale di cabina, l’unico in grado di fermare l’attività con uno sciopero. Inoltre, rimane aperta la questione giuridica più ampia della limitazione del diritto di sciopero alla sola caratteristica della rappresentatività, comunque questa venga definita giuridicamente.
Fermare la tendenza alla diminuzione della densità sindacale è una sfida difficile. Una delle vie indirette tentate per rafforzare la contrattazione collettiva è stata la conces- sione di diritti speciali ai membri dei sindacati che hanno negoziato i contratti collettivi (necessariamente sindacati rappresentativi): l’emendamento previsto per il 2022 alla legge sul lavoro prevedeva il diritto di ottenere diritti finanziari per i membri di questi sindacati fino al doppio dell’importo medio annuale della quota di iscrizione al sinda- cato. L’emendamento è stato respinto come incostituzionale dalla Corte costituzionale croata nel giugno 2023 per motivi di discriminazione. Questa iniziativa legale ha esa- cerbato le tensioni già esistenti tra i sindacati. Una contrattazione collettiva più efficace
e inclusiva sarebbe probabilmente più vantaggiosa per la densità sindacale rispetto ai diritti speciali concessi ai membri dei sindacati rappresentativi.
6. Sintesi
La Croazia condivide con molti altri paesi europei le principali forze strutturali che inci- dono negativamente sulla contrattazione collettiva e sulla densità sindacale. Tra que- ste, le più importanti sono la frammentazione dell’economia e il relativo cambiamento del panorama lavorativo che sfugge al movimento sindacale, tra cui la crescita del lavoro autonomo, il lavoro tramite agenzie interinali e piattaforme digitali e, più recen- temente, la forte crescita della forza lavoro straniera. I criteri di rappresentatività come prerequisito legale per la contrattazione collettiva e gli scioperi legati alla contrattazio- ne sono considerati troppo rigidi e scoraggianti sia dai leader sindacali che dagli esperti legali.
L’aspetto positivo è che l’opinione pubblica è molto favorevole ai sindacati e alla con- trattazione collettiva. Anche la carenza di lavoratori favorisce la contrattazione collet- tiva, come testimoniano gli accordi nell’edilizia e nell’ospitalità, nonché le ultime azioni collettive di grande successo nella gestione dei rifiuti. La densità sindacale relativamen- te alta nel settore pubblico contribuisce al successo della contrattazione collettiva.
L’elemento di maggior impatto di una contrattazione collettiva di successo da parte dei sindacati è il potenziale di sciopero nel settore pubblico. D’altra parte, la costruzione di una cooperazione a lungo termine con i datori di lavoro sembra funzionare nel settore delle costruzioni, dove i datori di lavoro e i sindacati cercano di risolvere insieme il pro- blema dell’economia sommersa, rendendo così significativi gli accordi collettivi. Infine, i sindacati che si sono concentrati sull’argomento più importante della contrattazione, ovvero il salario, hanno avuto maggiori probabilità di raggiungere il loro scopo princi- pale, contrariamente alla pratica purtroppo diffusa in Croazia di contrattare su elemen- ti di secondaria importanza.
Francia
Xxxxxx Xxxxxxxx
1. Relazioni industriali e sindacati in Francia
Il panorama sindacale francese è oggi comunemente chiamato gruppo degli 8 com- posto da: CFDT, CGT, FO, CFTC, CFE-CGC, UNSA, FSU e Solidaires. Alla luce del crescente riconoscimento della nozione di “rappresentatività” e delle sue recenti evoluzioni, que- sto gruppo viene generalmente ridotto a 5 (in ordine di rappresentatività): CFDT, CGT, FO, CFE-CGC e CFTC. La nozione di rappresentatività ha svolto un ruolo crescente nella storia delle relazioni industriali in Francia, dando luogo a un ciclo elettorale ripetuto che mobilita gran parte delle risorse delle organizzazioni sindacali ancora in campagna elettorale.
Le relazioni industriali in Francia sono state storicamente definite dai conflitti sociali durante il diciannovesimo e il ventesimo secolo, con l’avvento dell’era industriale. La contrattazione collettiva è diventata la pietra angolare della risoluzione dei conflitti tra datori di lavoro e lavoratori, illustrando l’onnipresenza del concetto di relazioni di pote- re in Francia. L’indebolimento dei conflitti sociali si accompagna alla nascita della con- trattazione collettiva, in particolare a livello settoriale (rami professionali), con una pri- ma legge sui contratti collettivi nel 1919. L’ascesa del contratto collettivo all’indomani della Seconda guerra mondiale si inserisce nel sistema giuridico francese, in particolare nel diritto sociale, caratterizzato dalla gerarchia delle norme e dal principio di favo- re. Inizialmente complementare, la contrattazione collettiva delle imprese si affermerà gradualmente per competere con la contrattazione collettiva settoriale attraverso la messa in discussione del principio di favore gradualmente eroso dalle leggi Auroux del 1982 e portato al suo parossismo con le ordinanze del 2017. Queste ordinanze fina- lizzano il processo strutturale di inversione della gerarchia delle norme avviato dalla legge n. 2016-1088 dell’8 agosto 2016 con la motivazione di rispondere alle sfide di competitività della globalizzazione. Questo processo di decentramento “caotico” della contrattazione collettiva è stato accompagnato da una crescente “razionalizzazione” degli organi di rappresentanza dei lavoratori all’interno delle aziende, ora all’interno di un unico organismo denominato Comitato Economico e Sociale, e da violazioni del principio di libera nomina dei delegati sindacali. Questi due fenomeni hanno portato a un indebolimento dei sindacati, con una drastica riduzione del numero di mandati sin- dacali e, di conseguenza, delle ore di delega necessarie per la loro missione all’interno dell’azienda ma anche all’interno degli organi sindacali.
Questi fenomeni hanno portato anche a un inasprimento delle condizioni della con- trattazione collettiva all’interno delle aziende, con un aumento del numero di temi da negoziare, con conseguente diluizione delle competenze sindacali necessarie e minori risorse per i negoziatori. Infine, i recenti sviluppi legislativi in Francia, e in particolare le ordinanze del 2017, hanno anche rafforzato la capacità del datore di lavoro di aggirare i sindacati e il CSE attraverso, in particolare, i referendum aziendali, ovvero la consulta- zione diretta dei lavoratori senza passare attraverso la contrattazione collettiva.
Al di là di questi fenomeni nel 2014 è stato avviato un processo di ristrutturazione dei settori professionali per porre rimedio alla dispersione convenzionale, per potenziare la contrattazione collettiva dei settori e per mettere in comune le loro risorse. Questo pro- cesso riflette una caratteristica centrale della contrattazione collettiva, ovvero il signi- ficativo interventismo delle autorità pubbliche. Questo interventismo si è storicamente
espresso attraverso l’estensione amministrativa automatica dei contratti collettivi di filiale. In conclusione va menzionato anche il progressivo riconoscimento della contrat- tazione collettiva nel servizio pubblico, dalle norme adottate e imposte unilateralmen- te dall’amministrazione pubblica alla consultazione degli organismi rappresentativi dei lavoratori negli accordi di servizio pubblico negoziati in tutti e tre i settori del servizio pubblico: statale, ospedaliero e territoriale. L’atto II della riforma del diritto del lavoro annunciata dal governo per l’autunno 2024 potrebbe causare un’interruzione della con- trattazione collettiva in Francia.
2. La contrattazione collettiva in Francia
Il tasso di copertura della contrattazione collettiva in Francia è storicamente elevato, ma la sua misurazione esatta è oggetto di diverse stime a geometria variabile. Secon- do l’OIL, utilizzando solo i dati del Ministero del Lavoro francese, il tasso di copertura variava dal 96,1% al 98% tra il 2004 e il 2018. Il tasso del 98% per la Francia nel 2018 è ripreso anche dall’OCSE con il supporto del suo database OCSE/AIAS ICTWSS. L’OCSE utilizza come unità di misura la percentuale di dipendenti aventi diritto a negoziare e definisce il tasso di copertura convenzionale come il numero di dipendenti coperti dai contratti collettivi in vigore rispetto al numero di dipendenti aventi diritto. I sindacati francesi hanno espresso dubbi sulla metodologia utilizzata e sul tasso indicato.
Per mettere in prospettiva anche il tasso di copertura della contrattazione collettiva, dobbiamo ricordare i principali dati sulla sindacalizzazione in Francia. L’ultima misu- ra della densità sindacale in Francia, operata nel 2019 dal Ministero del Lavoro, è del 10,3% in generale o -0,9% dal 2013. Questa densità è scesa al 18,4% nel settore pub- blico e al 7,8% nel settore privato. L’altro dato da mettere in prospettiva è il numero di aziende che hanno avviato un ciclo di contrattazione collettiva, pari al 17,8% nel 2021.
Per mettere in prospettiva i recenti dati sulla contrattazione collettiva, sono necessari ulteriori dati sui salari in Francia. Il salario minimo legale era di 1.398,70 euro netti al mese nel giugno 2024. Secondo gli ultimi dati, nel 2022 il salario medio era di 2.630 euro netti al mese e quello mediano di 2.150 euro netti al mese.
I nuovi dati relativi al 2022 confermano un forte aumento della contrattazione collettiva settoriale con 1.495 accordi industriali conclusi (rispetto ai 1.063 del 2021), tra cui cin- que nuovi contratti collettivi. L’80% dei contratti collettivi di settore è stato modificato o integrato da un emendamento nel corso dell’anno. Il Ministero del Lavoro ribadisce una copertura della contrattazione collettiva del 98% per il 2022. I principali temi negoziati rimangono i salari (691 emendamenti contro i 377 del 2021), la parità professionale e salariale tra uomini e donne (389 accordi contro i 231 del 2021) e i sistemi di bonus e au- menti (244 accordi contro i 151 del 2021), tutti in crescita. Questo dinamismo si inserisce in un contesto nazionale caratterizzato dalla crisi del costo della vita che ha causato aumenti automatici del salario minimo legale, facendo scattare l’obbligo legale di rive- dere al rialzo i minimi salariali convenzionali per adeguarli a quelli del salario minimo legale. Il 46% degli accordi industriali riguardava esclusivamente i salari. Gli altri temi maggiormente trattati dalla contrattazione collettiva del settore sono la formazione professionale (133 testi), la protezione sociale integrativa (102 testi), i contratti di lavo- ro (78 testi) e l’orario di lavoro (62 testi).
Il bilancio della contrattazione collettiva per il 2022 mostra anche un grande dinami- smo della contrattazione collettiva nelle aziende, tutte le aziende, comprese le PMI, con 33.010 accordi conclusi, ovvero +15% di accordi conclusi in un anno per un totale di 88.870. I principali temi discussi a livello aziendale sono: (1) Risparmi dei dipendenti, partecipazione, condivisione degli utili (44,2%) (2) Salari, bonus (22,4%) (3) Orario di
lavoro (19,5%) (4) Diritti sindacali, IRP, espressione dei dipendenti (6,9%) (5) Parità pro-
fessionale (6,7%) (6) Condizioni di lavoro (6,7%) (7) Altro: protezione sociale integrati- va, occupazione, formazione professionale, classificazione (8,3%).
I dati rimangono stabili per quanto riguarda i firmatari di accordi e modifiche all’interno delle aziende: Il 51,3% degli accordi e degli emendamenti è concluso da rappresentanti sindacali (percentuale che sale al 73% degli accordi al netto dei risparmi dei dipenden- ti); il 25,8% è concluso da referendum con una maggioranza di due terzi dei dipendenti; l’11,5% da rappresentanti eletti senza mandato e il 10% da rappresentanti eletti o da dipendenti con mandato. Per quanto riguarda la ripartizione per azienda, il 63% degli accordi e degli emendamenti viene concluso in aziende con più di 50 dipendenti, il 12% in aziende con 21-50 dipendenti, il 7% in aziende con 11-20 dipendenti e il 18% in azien- de con 1-10 dipendenti. Per quanto riguarda il telelavoro, la contrattazione collettiva è leggermente diminuita del 23% rispetto all’anno precedente, ma continua ad avere un livello relativamente alto, rappresentando il 62% degli accordi relativi alle condizioni di lavoro. Mentre il numero di accordi collettivi per il telelavoro è aumentato da 390 nel 2017 a 4.750 nel 2021, è sceso a 3.660 nel 2022.
3. Sindacati e mobilitazioni in Francia
Molteplici riforme pensionistiche hanno costellato la storia sociale francese, provocan- do grandi mobilitazioni sindacali. La nuova riforma delle pensioni è entrata in vigore il primo settembre 2023, mentre le precedenti riforme del 1993 (sul periodo di contribu- zione, sul tasso di sostituzione, sulla cessazione dell’indicizzazione dei salari), del 2003 (sull’età pensionabile legale, su bonus, malus e fattori di rischio), del 2010 (sull’età pensionabile legale, sul periodo di contribuzione) e del 2014 (sui fattori di rischio, sul periodo di contribuzione, sui contributi sociali) non sono ancora pienamente in vigore.
In sintesi, gli elementi principali di questa nuova riforma pensionistica sono: (i) l’esten- sione dell’età pensionabile legale da 62 a 64 anni (67 anni con il sistema premiale) (ii) l’aumento dell’anzianità contributiva a 43,5 anni (iii) l’eliminazione della maggior parte dei regimi pensionistici speciali, in particolare per i lavoratori di prima occupazione (iv) l’istituzione di un indice degli anziani.
Un primo tentativo di riforma prima della pandemia Covid-19 è stato vanificato dai sindacati. Le organizzazioni sindacali hanno avviato un movimento sociale a partire da settembre 2019 contro la riforma attraverso una prima intersindacale composta da CGT, FO, FSU, Solidaires e dalle principali organizzazioni studentesche e liceali (UNEF, FIDL, MNL, UNL) con un conflitto sociale che si è cristallizzato nel trasporto pubblico particolarmente colpito dall’abolizione dei regimi speciali negoziati in passato. Questa intersindacale è cresciuta con l’annuncio di diverse mobilitazioni e scioperi a partire da dicembre 2019, con l’adesione della CFE-CGC e di alcuni sindacati della CFDT e dell’UN- SA. Diverse forti giornate di mobilitazione punteggiano il mese di dicembre, unendosi alle cifre della mobilitazione del 2010 contro un’altra riforma delle pensioni e oltre le cifre del movimento sociale contro la riforma del diritto del lavoro del 2016 e del 2017. Verranno inoltre battuti record storici di sciopero, in particolare nel trasporto ferrovia- rio.
Il governo annuncia una “sospensione” della riforma a causa della pandemia di Co- vid-19, tornerà con un disegno di legge completamente diverso a partire dal 10 gen- naio 2023. Riprende così la mobilitazione sindacale, sulle ceneri della protesta sociale iniziata nel 2019, e saranno in tutto 14 le giornate di mobilitazione nazionale e interpro- fessionale che si terranno tra il 19 gennaio e il 6 giugno 2023 promosso da più sinda- cati con il gruppo degli 8 e tutte le organizzazioni studentesche e giovanili. Queste 14
giornate sono integrate da scioperi e altre azioni collettive in molti settori di attività e nelle aziende. La mobilitazione sindacale culminerà con la mobilitazione di 3,5 milioni di lavoratori nelle strade di tutta la Francia il 7 e il 23 marzo 2023. Questa mobilitazione sarà comunque storica per diversi motivi:
- 14 giorni con una mobilitazione storica nei piccoli centri e nei villaggi, in contrasto con le precedenti mobilitazioni incentrate sulle grandi città e sulla capitale
- Scioperi in aree strategiche nonostante le restrizioni al diritto di sciopero/ai livelli mi- nimi di servizio
- Costruzione di una riforma sindacale alternativa per le pensioni e ripetuti tentativi di spingere una riforma alternativa attraverso il dialogo sociale e le consultazioni pubbli- che.
- Attuazione del contenzioso strategico sul contenuto e la forma della riforma
- Continua la mobilitazione sindacale senza precedenti dal basso (GA ecc.)
Nonostante questa storica mobilitazione, la riforma delle pensioni è entrata in vigore il primo settembre 2023 e continua a essere contestata nei tribunali man mano che ven- gono pubblicati i decreti attuativi. Alcuni commentatori, tuttavia, parlano di successo della mobilitazione sindacale per i seguenti motivi:
- Basarsi sul successo della precedente mobilitazione per il 2019, indipendentemente dalla pandemia di Covid-19.
- Utilizzo di diversi strumenti digitali innovativi: petizione online, mappatura interattiva delle proteste e degli scioperi, ampia comunicazione sui social network, questionari online, ecc.
- Unità storica del movimento sindacale nel contesto delle elezioni professionali
- Sviluppo di un’alternativa sindacale con il supporto di un progetto della CES, il so- stegno di diversi accademici e la costruzione sulla base delle valutazioni e dei pareri dell’organismo nazionale di dialogo sociale sulle pensioni.
- Solidarietà sindacale su larga scala: lettere di solidarietà, partecipazione di sindacati stranieri (CES, CSI, federazioni sindacali, confederazioni, ecc.) alle mobilitazioni in Fran- cia, azioni di solidarietà all’estero (Belgio, Spagna, ecc.).
4. Quale futuro per i sindacati in Francia?
Gli sconvolgimenti dell’ultimo minuto, l’instabilità politica causata dallo scioglimento dell’Assemblea nazionale il 9 giugno 2024 rischiano di ridisegnare le mappe con pos- sibili ripercussioni più ampie sull’agenda sociale e sul diritto al sindacato e alla con- trattazione collettiva. Queste sfide future metteranno alla prova l’unità del movimento sindacale francese, già ripetuta di fronte alla riforma dell’assicurazione contro la disoc- cupazione proposta dall’esecutivo nel maggio 2024, ma la cui posta in gioco è destina- ta a crescere.
Xxxxxxx
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1. Introduzione
Il progetto finanziato dalla Commissione europea, Improving Collective bargaining in the European Union (Migliorare la contrattazione collettiva nell’Unione Europea), ana- lizza il funzionamento della contrattazione collettiva in cinque Stati membri dell’UE, oltre a informazioni di supporto provenienti da altri due Stati membri. Sebbene l’Irlanda non sia un partner del progetto, si spera che questo documento possa fornire informa- zioni utili che possano contribuire agli obiettivi del progetto.
Il progetto è importante anche nel contesto della Direttiva 2022/2041 sui salari minimi adeguati nell’Unione europea (Commissione europea 2022), che deve essere recepita nelle legislazioni nazionali degli stati membri entro novembre 2024. Oltre ad affrontare la necessità di un salario minimo per i lavoratori a bassa retribuzione, la direttiva stabi- lisce anche altri due obiettivi chiave per la contrattazione collettiva: a) la promozione della contrattazione collettiva per settore di attività; e b) la definizione di un obiettivo di copertura della contrattazione collettiva dell’80%.
Nel contesto irlandese, l’obiettivo di questa direttiva è importante nel momento in cui le parti sociali rivalutano la contrattazione collettiva dopo gli accordi centralizzati tri- partiti e l’emergere di un duplice approccio: a) accordi a livello di settore pubblico e
b) contrattazione a livello di impresa nel settore privato. La presente direttiva e la sua promozione della clausola di maggiore copertura della contrattazione collettiva sono:
... probabilmente la cosa più progressista dal punto di vista dei diritti dei lavora- tori che sia uscita dall’Unione Europea negli ultimi due decenni... In poche paro- le, obbligherà il governo a cercare di promuovere la contrattazione collettiva tra sindacati e datori di lavoro, negoziando sulle retribuzioni sia a livello locale che a livello settoriale (Irish Times 2023).
Un altro importante sviluppo recente è stato il rapporto di un gruppo di lavoro di alto livello, istituito dal Governo, sotto gli auspici del Forum economico dei datori di lavoro (LEEF) per rivedere la contrattazione collettiva e il panorama delle relazioni industriali. Il gruppo ha presentato un rapporto nell’ottobre 2022, formulando alcune importanti raccomandazioni per migliorare la contrattazione collettiva.
Il presente documento, pertanto, si propone di fornire una panoramica di come la di- rettiva e le raccomandazioni contenute nel rapporto LEEF potrebbero avere un impatto sulla contrattazione collettiva nei rapporti di lavoro irlandesi, all’interno di uno scenario già in evoluzione.
2. Forza lavoro irlandese
Le indagini sulla forza lavoro dell’Ufficio centrale di statistica (IFL) mostrano che nel primo trimestre 2024 c’erano 2.819.400 persone di età compresa tra 15 e 89 anni nella forza lavoro. Di queste, 2.700.400 erano occupate (74%), il numero più alto dall’inizio delle rilevazioni nel 1998. Il tasso di disoccupazione è del 4%, con 121.200 persone in cerca di occupazione (primo trimestre 2024).
Sebbene la pandemia di Covid-19 abbia causato una situazione unica del mercato del lavoro, i settori occupazionali chiave in cui la pandemia ha avuto un impatto minimo
sono:
a) la produzione di prodotti chimici e farmaceutici
b) produzione di nuove tecnologie e sviluppo di software
c) i social media
d) servizi finanziari
e) il settore della produzione e della trasformazione di alimenti indigeni.
Pertanto, le opportunità di lavoro in questi settori sono principalmente nei posti di la- voro ad alta qualificazione e alto reddito, mentre coloro che lavorano in settori come il turismo, l’ospitalità e i servizi di “assistenza”, dove sono richieste competenze inferiori, hanno sofferto in modo sproporzionato durante la pandemia. I dati dell’IFL mostrano che i tassi di “sovraqualificazione” (coloro che lavorano in posti di lavoro al di sotto del loro livello di istruzione e qualificazione) hanno continuato a essere preoccupanti, rispetto ad altri Stati membri dell’UE ad alto reddito (Ufficio centrale di statistica 2024). I dati mostrano inoltre che quasi tutti gli indicatori sul lavoro precario sono aumentati, per cui i posti di lavoro disponibili per i lavoratori più giovani, tra cui il lavoro part-time, la sottoccupazione, i contratti temporanei e altro ancora, sono peggiorati rispetto alle condizioni precedenti alla crisi economica e finanziaria tra il 2008 e il 2012.
L’analisi dell’IFL mostra anche una significativa disuguaglianza nella crescita delle re- tribuzioni dal 2010, con le occupazioni associate alle retribuzioni e alla formazione più elevate che determinano moderati aumenti salariali medi per l’economia nel suo com- plesso, mentre i redditi di gran parte della metà inferiore dei lavoratori rimangono sta- tici. Ciò è confermato anche dall’indagine SILC del 2022 (Central Statistics Office 2023).
3. Partner sociali irlandesi
3.1. Sindacati
L’ICTU è l’unica organizzazione sindacale dell’isola d’Irlanda, con 45 sindacati affiliati. Rappresenta i sindacati in entrambe le parti dell’isola d’Irlanda. In effetti, a livello in- ternazionale, l’ICTU è insolita in quanto ha come membri anche sindacati stranieri (del Regno Unito), che operano sia nella Repubblica d’Irlanda (RoI) che nell’Irlanda del Nord (NI). Molti di questi sindacati e, di fatto, i sindacati con sede nella RoI, hanno iscritti in entrambe le parti dell’isola. È inoltre importante notare che la NI ha sviluppato le pro- prie strutture e un particolare sistema di relazioni industriali, diverso da quello della RoI e della GB8 .
Sebbene l’ICTU svolga un ruolo importante nelle relazioni con i governi di RoI e NI, si tratta di un raggruppamento di sindacati indipendenti e autonomi, piuttosto che di una confederazione che domina e dirige i sindacati membri o le federazioni settoriali. Tut- tavia, attraverso l’ICTU il movimento sindacale sviluppa posizioni comuni su questioni di interesse nazionale e comunitario, come la creazione di posti di lavoro, la disoccupazio- ne, la salute e la sicurezza, l’istruzione e il benessere sociale, la riforma delle relazioni industriali e la legislazione. L’ICTU monitora inoltre le attività industriali dei sindacati, soprattutto in caso di probabili scioperi o di controversie intersindacali, e costituisce un canale di solidarietà e sostegno, oltre a fornire servizi attraverso il suo personale addet- to alle relazioni industriali per cercare di risolvere le questioni oggetto di controversia.
8 Il Comitato NI dell’ICTU si occupa delle questioni specifiche relative ai rapporti di lavoro in NI e mantiene i contatti con la Confederazione sindacale del Regno Unito (TUC) sulle questioni relative al Regno Unito.
Rappresenta inoltre il movimento sindacale irlandese a livello europeo e internazionale attraverso la CES, la ITUC, le Federazioni industriali e l’Organizzazione internazionale del lavoro.
I sindacati affiliati all’ICTU contano circa 724.600 iscritti, con una riduzione di 80.000 unità dal 2011. Con il calo dell’occupazione a seguito della crisi economico-finanzia- ria del 2008-2012, anche gli iscritti ai sindacati sono diminuiti. Tuttavia, con la ripresa dell’economia e dei conseguenti livelli occupazionali negli ultimi anni, anche il numero di iscritti ai sindacati è aumentato. Oltre un quarto (26%) degli occupati intervistati nel secondo trimestre del 2021 ha dichiarato di essere iscritto a un sindacato, quindi, nono- stante l’aumento dell’occupazione nei dieci anni dal 2011 al 2021, i dati dell’IFL mostra- no che la sindacalizzazione è scesa dal 31% del 2011. Tuttavia, il numero di iscritti si è mantenuto stabile in questi dieci anni (con un aumento di appena il 3%), mentre i livelli di occupazione nella RoI sono aumentati di oltre il 22%9 . Ciò riflette i cambiamenti nel mercato del lavoro, poiché i sindacati hanno avuto difficoltà a penetrare in molti dei nuovi settori economici in crescita, come l’ICT, l’elettronica, i social media, le aziende farmaceutiche, i servizi finanziari e privati, molti dei quali appartengono a multinazio- nali straniere (soprattutto statunitensi) (Irish Times 2024).
3.2. Datori di lavoro
L’Irish Business and Employers’ Confederation (IBEC) è la principale organizzazione che rappresenta i datori di lavoro nel mercato del lavoro. I suoi membri comprendono circa
7.500 aziende e imprese organizzate attraverso 40 associazioni imprenditoriali e setto- riali, che impiegano circa il 70% dei lavoratori del settore privato in Irlanda.
Il ruolo dell’IBEC è quello di sviluppare e coordinare le politiche economiche, commer- ciali e sociali per i datori di lavoro e di influenzare il processo decisionale nazionale, in modo che le politiche nazionali siano favorevoli alle imprese e all’occupazione. Rappre- senta le imprese e l’industria irlandesi nelle discussioni su questioni di commercio, eco- nomia, finanza, fiscalità, pianificazione e sviluppo, con il governo irlandese, le istituzioni dell’UE (attraverso BusinessEurope) e altre organizzazioni internazionali.
Tutti i settori di attività sono rappresentati dall’IBEC, ad eccezione dell’industria delle costruzioni, che ha una propria organizzazione settoriale dei datori di lavoro, la Con- struction Industry Federation (CIF), che rappresenta 3.000 aziende associate che ope- rano in vari settori dell’edilizia e delle costruzioni, e del settore agricolo, organizzato attraverso l’Irish Farmers Association (IFA) e una serie di organizzazioni di nicchia più piccole.
4. Contrattazione collettiva
4.1. Accordi centralizzati
Gli anni Settanta sono stati l’epoca degli accordi salariali nazionali centralizzati. Verso la fine di quel decennio, questi si sono evoluti in un accordo su due intese nazionali tri- partite, con il governo che si è unito ai negoziati come terzo “partner”. Questi due ac- cordi coprivano tutti gli aspetti delle politiche governative e concordavano gli aumenti massimi delle retribuzioni sia nel settore pubblico che in quello privato10 .
Dopo una breve pausa dovuta a un governo di “destra-centro” che non appoggiava i negoziati cen-
9 Vedi: xxxxx://xxx.xxx.xx/xx/xxxxxx/?xxxxxxxxxxxxxxx%00xxxxxx Tabelle 1 e 2
10 Vedi: xxxx://xxx.xxxx.xxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxx/0000/00000/xxxxxx%00xxxx%0000%0000-000. pdf?sequence=1 Anche: xxxxx://xxx.xxxx.xx/xxxxxx/xxxxx/xxxxx/xxxx-xxxxxxx/0000-00/XXX000.xxx
tralizzati e alla riluttanza dei datori di lavoro a proseguire con gli accordi centralizzati11 . Una serie di accordi tripartiti è stata nuovamente negoziata dal 1987 al 2006, ma nel 2009, a seguito della crisi economica e finanziaria, il governo si è ritirato da questi accordi, con il conseguente ritorno, dopo quasi 40 anni di accordi centralizzati, ai negoziati a livello aziendale e agli accordi del settore pubbli- co12 .
Alla fine di questo periodo, questi accordi nazionali centralizzati si erano allargati ai rappresentanti dell’agricoltura e alle organizzazioni che rappresentavano i settori della comunità e del volontariato, dando vita a negoziati molto complessi e ad accordi estesi che coprivano ogni aspetto della vita irlandese. Questi accordi hanno fatto la differen- za nell’economia irlandese dell’ultimo decennio del ventesimo secolo.
L’era degli accordi nazionali ha visto anche un aumento dei livelli di istruzione attraver- so l’espansione di istituzioni educative e formative, come i Centri di formazione profes- sionale FAS e gli Istituti di tecnologia (IT), nonché l’espansione dei settori farmaceutico, tecnologico e dei social media, che hanno dato lavoro alla crescente forza lavoro istru- ita.
4.2. Forum economico dei datori di lavoro (LEEF)
Dalla fine dell’era degli accordi nazionali, l’unico nuovo accordo formale tripartito è stata la creazione del LEEF, istituito nel 2017 con l’obiettivo di fornire:
... uno spazio per discutere aree di interesse comune che riguardano l’economia, l’occupazione e il mercato del lavoro su base tematica, come la competitività, la creazione di posti di lavoro sostenibili, gli standard del mercato del lavoro e l’uguaglianza e le questioni di genere sul posto di lavoro (Governo irlandese (2024).
Questo forum è composto da rappresentanti del governo, dei datori di lavoro e dei sindacati e costituisce la struttura per il dialogo tripartito sulle questioni economiche e occupazionali che riguardano il mercato del lavoro. Non serve a negoziare, ma a scam- biare di opinioni su questioni chiave relative ai rapporti di lavoro. I datori di lavoro sono rappresentati dall’IBEC e dal CIF, mentre i sindacati dall’ICTU.
Sotto gli auspici del LEEF, nel 2021 il governo ha istituito un gruppo di lavoro di alto livello per rivedere la contrattazione collettiva e il panorama delle relazioni industriali. Il gruppo di lavoro ha pubblicato il suo rapporto nell’ottobre 2022 (Governo irlandese 2022). Ha raccomandato una serie di modifiche relative a a) i comitati paritetici del la- voro e b) le operazioni del tribunale del lavoro. Il gruppo di lavoro ha inoltre raccoman- dato l’emanazione di una legislazione che imponga al datore di lavoro di impegnarsi con un sindacato che rappresenti almeno il 10% di un grado o di una categoria all’inter- no del posto di lavoro; se il datore di lavoro non lo fa e ignora le decisioni del Tribunale del lavoro relative a tale impegno, il sindacato dovrebbe essere in grado di richiedere un’ordinanza del Tribunale del circuito per l’attuazione contro il datore di lavoro.
4.3. Rapporti di lavoro e strutture di risoluzione delle controversie
Come si è detto a pagina 1, le tradizioni e le operazioni irlandesi in materia di rapporti di lavoro sono un’eredità della stretta cultura economica e lavorativa e delle strutture le- gislative ereditate da prima dell’indipendenza nel 1923. Tuttavia, la cultura dei rapporti di lavoro si è evoluta e, pur essendo ancora inquadrata nell’approccio volontaristico, è
11 Anche se questo governo ha portato avanti gli accordi collettivi sugli aumenti salariali e le condi- zioni di lavoro dei lavoratori del settore pubblico.
12 Quest’ultimo accordo tripartito era, infatti, un accordo quadro decennale, fino al 2016, all’interno del quale le retribuzioni I negoziati si svolgeranno ogni 2-3 anni durante il periodo di validità dell’ac- cordo. xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/Xxxxxxx000000Xxxx00.xxx
distintamente irlandese ed è stata fortemente influenzata dall’appartenenza all’UE dal 1973. In questo contesto, lo Stato fornisce le strutture istituzionali per assistere le parti sociali nella gestione dei conflitti sul posto di lavoro e/o settoriali.
Nel 2015, la Workplace Relations Commission (WRC) è stata istituita dal Workplace Re- lations Act, 2015, che ha riunito tutti i servizi per le relazioni sul luogo di lavoro (ad eccezione del Tribunale del lavoro) in un’unica organizzazione. La WRC svolge ricerche sugli sviluppi delle relazioni sul luogo di lavoro e fornisce risultati e informazioni perti- nenti alle Commissioni paritetiche del lavoro e ai Consigli industriali paritetici. Fornisce indicazioni sui Codici di condotta e fornisce consulenza aggiornata ai ministri del gover- no competenti sull’applicazione e sul rispetto della legislazione e dei diritti sul posto di lavoro dell’UE, dell’OIL e degli Stati membri. Inoltre, distribuisce informazioni al grande pubblico in relazione ai diritti del lavoro13 .
4.4. Processo di contrattazione collettiva per le controversie del settore pri-
vato
Quando i negoziatori del datore di lavoro e del lavoratore non riescono a trovare una soluzione reciprocamente accettabile a una controversia, il Servizio di conciliazione della WRC offre loro una struttura indipendente e informale per trovare un accordo. Il coinvolgimento del Servizio di conciliazione è totalmente volontario ed entrambe le parti in causa accettano di partecipare. Le procedure sono presiedute da un facilitatore professionista indipendente del WRC.
Se non è possibile risolvere le questioni oggetto della controversia, il facilitatore può formulare proposte di conciliazione, sulla base delle osservazioni di entrambe le parti, che molto spesso vengono accettate. Il processo di conciliazione è informale e non legalistico. Le parti in causa sono libere di farsi rappresentare da loro stesse o da un sindacato e/o da un’organizzazione datoriale. Sebbene la rappresentanza legale sia sconsigliata, nei casi più complessi è previsto un coinvolgimento legale! Se non si rag- giunge un accordo attraverso la conciliazione, le parti in causa possono scegliere di rivolgersi al Tribunale del lavoro.
4.5. Tribunale del lavoro
Il Tribunale del lavoro, istituito con l’Industrial Relations Act del 1946, è un foro più for- male, quasi giudiziario e contraddittorio e rappresenta la “Corte di ultima istanza”. Il tribunale, composto da un presidente indipendente e da un membro con esperienza sindacale e datoriale, ascolta le osservazioni formali delle parti coinvolte in una con- troversia e, al termine dell’udienza, emette una decisione. In linea con la tradizione volontaristica, una Determinazione non è vincolante per le parti della controversia, ma queste sono (quasi) sempre escluse. Ciascuna delle parti in causa può appellarsi alla High Court contro una decisione della Labour Court, ma solo per una questione di dirit- to. In questi casi, la decisione dell’High Court è definitiva e conclusiva.
4.6. Comitati paritetici del lavoro (JLC)
La legislazione del 1946 ha istituito anche i JLC, con l’intenzione che i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore di attività (principalmente settori a bassa retribuzione) coperti da un JLC e i membri indipendenti nominati dal ministro, stabilisse- ro le condizioni di lavoro e la retribuzione minima per quel particolare settore, concor- dando ed emanando un Employment Regulation Order (ERO). Sebbene questo sistema
13 Vedi: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xx/
abbia funzionato bene per oltre 65 anni, dopo due sfide costituzionali alla legislazione, la legge del 1946 è stata modificata nel 2012 per rispondere alle sentenze della Corte Suprema (Governo irlandese 2018). Il rapporto LEEF ha formulato una raccomandazio- ne relativa alle operazioni di questi Comitati misti del lavoro e alla legislazione esistente con l’obiettivo di rafforzare l’attuazione degli ERO.
4.7. Contrattazione collettiva del settore pubblico
In generale, le funzioni del WRC non si applicano ai dipendenti del settore pubblico o del servizio pubblico. Gli accordi che riguardano questi lavoratori vengono negoziati ogni due anni tra il Comitato per i servizi pubblici (PSC) dell’ICTU e il Dipartimento (Ministero) della spesa pubblica. Diciannove sindacati e associazioni del personale sono membri del PSC e le trattative sono condotte da un gruppo di quattro persone che, attraverso il PSC, si rivolge alle organizzazioni aderenti. All’inizio di quest’anno è stato raggiunto un nuovo accordo che copre il periodo dal primo gennaio 2024 al 30 giugno 2026. Sono
385.000 i dipendenti del settore pubblico coperti da questo nuovo accordo. Oltre ai livelli retributivi, alcuni degli altri punti chiave concordati riguardano:
• Un impegno da parte dei sindacati a impegnarsi con il governo su questioni relative alle tecnologie, all’intelligenza artificiale, alle pratiche di lavoro e all’apprendistato per contribuire alla riforma dei servizi pubblici e al miglioramento della produttività e alla trasformazione del servizio pubblico per la “forza lavoro del futuro”.
• Il governo si occuperà di una serie di raccomandazioni del tribunale del lavoro e di sentenze della WRC ancora in sospeso, in particolare per una serie di dipendenti del servizio sanitario.
• Per quanto riguarda il mantenimento della pace industriale e la risoluzione dei di- saccordi, l’ultima sezione dell’accordo riprende le procedure esistenti nei precedenti accordi del settore pubblico per garantire un ambiente di relazioni industriali stabile che realizzi la pace industriale14 .
5. Salario minimo nazionale / Salario di sussistenza
5.1. Salario minimo
Il salario minimo nazionale è stato introdotto per legge con il National Minimum Wage Act del 2000 ed è stato modificato nel 201515 . Nel loro insieme, queste due leggi stabi- liscono una definizione di “retribuzione” che comprende:
• Cosa è incluso e cosa non è incluso nelle tariffe orarie di retribuzione ai fini della richiesta di un salario minimo
• Quali ore di lavoro sono incluse ai fini della determinazione della retribuzione?
• Quali sono i pagamenti effettuati da un datore di lavoro che non possono essere inclusi nella determinazione del salario minimo?
14 Vedi: xxxxx://xxx.xxxx.xx/xxxxxxxxxxxx/xxxxxxx-xxxxxxxxx-xxxxxxxxxx-xxx-xxxxxxxxxxx-xxxxxxx-xx- quired-transposition-adequate
15 National Minimum Wage (Low Pay Commission) Act), 2015: I due atti, nel loro insieme, sono deno- minati: Leggi sul salario minimo nazionale, 2000 e 2015.
• Quali lavoratori sono esclusi dalla richiesta del salario minimo16 .
In linea con molti altri Stati membri dell’UE (ad esempio Cipro, Francia, Matla e Paesi Bassi), i tassi attuali per coloro che beneficiano di questi tassi più bassi sono i seguenti:17
Gruppo di età
Retribuzione oraria Retribuzione oraria Percentuale del
Tabella 3: Tassi di retribuzione più bassi - Da meno di 18 anni a 20 anni
minima € (gennaio | minima € (da gennaio | salario minimo | |
2023) | 2024) | ||
20 anni e oltre | 11.30 | 12.70 | 100 |
19 anni | 10.17 | 11.43 | 90 |
18 anni | 9.04 | 10.16 | 80 |
Under 18 | 7.91 | 8.89 | 70 |
L’aumento del salario minimo da gennaio 2024 a 12,70 euro l’ora fa parte dei piani del governo per sostituire il salario minimo con un nuovo salario di sussistenza più alto entro il 2026. Questi aumenti sono il secondo di una transizione di quattro anni per allineare il salario minimo al salario di sussistenza.
Un recente studio conclude che, sebbene il numero di occupati con salario inferiore al minimo in Irlanda sia basso, solo l’1,4% di tutti i dipendenti percepirà un salario inferiore al minimo nel 2022, e circa la metà di questi percepirà un “tasso per i giovani”. Il rap- porto sottolinea inoltre che circa l’80% di coloro che percepiscono un salario inferiore al minimo sono studenti con un lavoro! Il rapporto conclude inoltre che qualsiasi riduzione del salario sub-minimo avrebbe:
... si tradurrà in un aumento della retribuzione oraria di circa 15.000 giovani lavoratori, compreso tra l’11% e il 43%, ma allo stesso tempo potrebbe com- portare per alcuni di questi giovani lavoratori, la maggior parte dei quali sono studenti, una riduzione delle ore lavorate o dell’occupazione (Economic and Social Research Institute 2023).
5.2. Un salario di sussistenza
Dal 2014, anno in cui è stato costituito il gruppo tecnico sul salario di sussistenza, ogni anno viene effettuata un’analisi dettagliata del reddito minimo necessario in Irlanda per godere di un tenore di vita dignitoso. Il gruppo tecnico è composto da sindacati, organizzazioni della società civile ed esperti accademici di politiche sociali e del lavoro.
A differenza del salario minimo nazionale, il salario di sussistenza è un tasso di retribuzione basato su dati concreti e fondato sul consenso sociale. È derivato dalla ricerca Consensual Budget Standard, che stabilisce il costo di uno stan- dard di vita minimo essenziale in Irlanda. con un’attenzione ai bisogni, non
ai desideri!18
Ogni anno, questo Gruppo Tecnico analizza i costi di beni di uso quotidiano come cibo, abbigliamento, alloggio ed energia. Valuta il minimo necessario in quattro regioni del
16 La legislazione esclude una serie di lavoratori dal diritto all’intero salario minimo, come ad esem- pio: gli apprendisti; i lavoratori di età pari o inferiore a 20 anni (cioè tra i 15 e i 19 anni); il lavoratore alle dipendenze del coniuge o di un parente stretto; i detenuti impiegati in lavori non commerciali. Per maggiori dettagli si veda:
xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxxxx-xxxxxx-xxx-xxxxxxxxxx/xxx-xxx-xx- ployment/minimum-wage/
17 Dal 1° gennaio 2024.
18 Vedi: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xx/xxxxx/xxx-xxxxxx-xxxx-xxxxxxxxx.xxxx
Paese e per varie tipologie di famiglia19 . La sua valutazione per il 2024, quindi, è che il salario minimo dovrebbe essere di 14,80 euro all’ora, o 590 euro per una settimana di 40 ore - e 2,10 euro all’ora in più rispetto al salario minimo entrato in vigore il primo gennaio 202420. Tuttavia, poiché il governo si è impegnato ad allineare il salario mini- mo e il salario di sussistenza entro il 2026, ha fissato il salario di sussistenza al 60% del salario mediano orario nazionale, come definito dall’indagine Eurostat sui redditi e le condizioni di vita (SILC).
6. Conclusioni
La contrattazione collettiva in Irlanda negli ultimi sessant’anni ha assunto diverse for- me, dalla contrattazione a livello aziendale agli accordi tripartiti e viceversa!
Per gran parte di questo periodo la contrattazione è stata un processo tripartito, che ha coinvolto il governo, i datori di lavoro e i sindacati. Questo approccio è emerso dagli iniziali accordi salariali nazionali bipartiti degli anni Settanta. Tuttavia, è diventato chia- ro che il coinvolgimento del governo doveva includere discussioni su un’ampia gamma di politiche di sua competenza che avevano un’influenza diretta sull’esito dei negoziati, come la tassazione, il benessere sociale, gli investimenti delle imprese (comprese le politiche di investimento diretto estero), l’istruzione e la formazione, ecc.
Con l’ultimo accordo Verso il 2016: Framework Social Partnership Agreement 2006- 2015, l’ulteriore coinvolgimento delle organizzazioni rappresentative del settore agri- colo e dei rappresentanti della comunità e del volontariato ha esteso l’agenda a tutti gli aspetti della vita irlandese.
Dal crollo di Towards 2016 nel 2009, la contrattazione collettiva ha subito cambiamenti significativi, in primo luogo a causa della crisi economica e finanziaria, che ha portato alla fine di questi accordi nazionali e all’imposizione, tra le altre misure draconiane imposte dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dalla Commissione Europea, etc., di riduzioni salariali per i dipendenti del settore pubblico Questa crisi è stata rapidamente seguita dalla pandemia di Covid-19, proprio mentre l’economia si stava riprendendo, che ha avuto un forte impatto sui rapporti di lavoro, sulle finanze dello Stato e sulla società nel suo complesso.
Un altro problema per il processo di contrattazione collettiva è che, dopo quarant’anni di negoziati centralizzati, c’era poca esperienza di contrattazione a livello aziendale, quindi i negoziatori sindacali e datoriali hanno dovuto reimparare le competenze ne- goziali. Sebbene i team negoziali per la contrattazione nel settore pubblico abbiano già raggiunto un accordo triennale dal 2016, sta emergendo una “nuova” esperienza di contrattazione collettiva e, poiché le previsioni economiche e occupazionali sono positive, c’è un cauto ritorno alla contrattazione a livello aziendale nel settore privato.
Il recepimento della direttiva sul salario minimo adeguato nell’ordinamento irlandese entro il novembre 2024, unitamente alle raccomandazioni contenute nella relazione del gruppo di lavoro LEEF (se attuate), concentrerà nuovamente l’attenzione delle parti sociali e segnerà un’ulteriore evoluzione nella contrattazione collettiva irlandese e nelle relazioni sul posto di lavoro.
19 Vedi: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxx/xxx/xxxxxx_xxxx_0000-00_-_xxxxxxxxxxx income_ tables.pdf
20 Vedi: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxx/xxx/xxxxxx_xxxx_0000-00.xxx
Analisi comparativa
Xxxxxx Xxxxx
In questo capitolo del rapporto comparativo, analizziamo i risultati empirici dei cinque paesi partner principali (Belgio, Bulgaria, Grecia, Italia e Romania) e i rapporti di ricerca a tavolino sui casi dei partner associati (Francia e Croazia) e dell’Irlanda. I risultati mo- strano diversi scenari di dialogo sociale e vari meccanismi per migliorare la contratta- zione collettiva nel contesto di crisi multiple. Sulla base di questi risultati, identifichiamo le sfide e le minacce, le opportunità e le risorse disponibili per i sindacati e discutiamo i meccanismi di successo per aumentare il potere dei sindacati e la copertura e la por- tata della contrattazione collettiva.
1. Sfide e minacce
La globalizzazione neoliberale. I sindacati dell’Unione Europea si trovano ad affrontare sfide strutturali simili a causa della crescente globalizzazione e dei cambiamenti neoli- berali nell’economia. La finanziarizzazione del mercato, il decentramento della produ- zione, la liberalizzazione del mercato del lavoro e l’indebolimento del sostegno statale hanno contribuito al declino dell’influenza dei sindacati. Inoltre, l’aumento delle forme di lavoro non standard, come il lavoro temporaneo e a tempo parziale, complica la ca- pacità dei sindacati di organizzare e rappresentare efficacemente i lavoratori in tutti i settori. Questi ampi processi influenzano la presenza dei sindacati nelle micro e medie imprese private.
La svolta neoliberista degli anni Xxxxxxx-Xxxxxxx ha colpito in modo sproporzionato e in tempi diversi i paesi europei, con gli Stati post-socialisti che hanno subito profonde trasformazioni strutturali e un’emigrazione di massa, che ha contribuito a un massiccio calo degli iscritti ai sindacati nei primi anni della transizione. L’ampia privatizzazione e il passaggio dall’industria a un’economia basata sui servizi, insieme all’assenza di una solida cultura del dialogo sociale tra i datori di lavoro e l’élite politica, hanno minaccia- to a lungo l’influenza dei sindacati nell’Europa centrale e orientale.
Le recenti misure di austerità e le radicali riforme a favore del mercato nei Paesi dell’Eu- ropa meridionale, in particolare in Italia e in Grecia, hanno portato a una riduzione del potere e delle capacità dei lavoratori di organizzarsi e di difendere i propri interessi co- muni. In Grecia, le deregolamentazioni derivanti dalle politiche dei Memoranda hanno portato a un forte spostamento verso la contrattazione individuale e aziendale, a dif- ficoltà nell’avviare processi collettivi, a sentimenti antisindacali da parte delle aziende private, a condizioni di lavoro precarie e a un movimento sindacale sempre più fram- mentato. In Italia, la crisi economica del 2008 e le successive politiche di austerità han- no ulteriormente ridotto il potere contrattuale dei sindacati, che hanno fatto ricorso alla mobilitazione di protesta come alternativa funzionale (Xxxxxxx e Raniolo 2017). Analo- gamente, in Irlanda, dal 2009 la contrattazione collettiva ha subito cambiamenti signi- ficativi a causa della crisi economica e finanziaria, che ha portato alla fine di 40 anni di tradizione di accordi centralizzati. Anche in Bulgaria sono visibili tutti questi effetti negativi, oltre all’erosione della contrattazione settoriale nell’industria. Analogamente, il passaggio alla contrattazione decentrata ha indebolito i sindacati in Romania. Anche la digitalizzazione del lavoro pone delle sfide, come abbiamo osservato con l’uso di telelavoratori in subappalto durante gli scioperi in alcuni settori interessati dai processi di automazione. Ciò rappresenta un’altra minaccia strutturale unica per i sindacati, che potrebbe portare ad azioni collettive meno efficaci in futuro.
Legislazione restrittiva. I quadri giuridici e istituzionali variano da paese a paese. Il Bel-
gio, l’Italia e la Francia hanno una lunga tradizione di relazioni industriali e di dialogo sociale, senza rotture significative almeno dalla metà del ventesimo secolo, che hanno portato a un quadro istituzionale profondamente radicato rispetto agli altri Stati mem- bri, dove le leggi sono state più fluide e soggette a cambiamenti negli ultimi decenni. Ad esempio, il regime di partenariato sociale belga è un sistema ben consolidato at- traverso la legislazione, ad esempio la contrattazione collettiva obbligatoria sul posto di lavoro, i contratti collettivi legalmente vincolanti e la rappresentanza paritaria nei comitati paritetici, con il ruolo cruciale della contrattazione settoriale e del Gruppo dei 10 a livello nazionale, più contratti collettivi di lavoro si applicano allo stesso lavoratore e i contratti collettivi di livello inferiore migliorano la posizione del lavoratore rispetto a quelli di livello superiore.
Nonostante l’elevata copertura dei contratti collettivi, il sistema di contrattazione col- lettiva nazionale italiano è descritto come poco chiaro e non specificato ed è associato a una delle dinamiche salariali più povere d’Europa.
Al contrario, Bulgaria, Romania, Grecia e Croazia hanno subito enormi cambiamenti strutturali dopo la Seconda Guerra Mondiale, poi negli anni Novanta e più recentemen- te dopo la Grande Recessione. Sebbene la legislazione bulgara sia stata gradualmente modificata al fine di migliorarla rimangono alcune sfide. In Bulgaria, i dipendenti pub- blici sono esclusi dalla contrattazione e vi sono limiti al diritto costituzionale di sciopero. In Grecia, un recente intervento legislativo ha introdotto modifiche all’estensione degli accordi collettivi settoriali e professionali, nonché al diritto di sciopero, tra cui il divieto di proteste spontanee e la possibilità di intervento della polizia in caso di distruzione di proprietà. Analogamente, in Francia è in discussione il tentativo di inasprire le condizio- ni per l’esercizio del diritto di sciopero. In Romania, in particolare, la riforma del dialogo sociale del 2011 ha ridotto significativamente la copertura della contrattazione colletti- va a livello settoriale. La buona notizia è che la nuova legge introdotta nel 2022 ha ap- portato diverse modifiche fondamentali volte a facilitare un processo di contrattazione collettiva più efficace, come la riduzione della soglia di rappresentatività richiesta a un sindacato per diventare rappresentativo. Tutti questi casi dimostrano che il quadro giu- ridico è di importanza cruciale per il movimento sindacale.
Il divario di classe. I temi dell’adozione del salario minimo, dell’indicizzazione del sa- lario minimo o dell’allineamento del salario minimo al salario di sussistenza sono un chiaro terreno di scontro tra i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro, che rappresentano gli interessi di classi sociali diverse. Un’altra caratteristica di questa di- visione è la scarsa reattività delle imprese e delle organizzazioni datoriali agli obiettivi dei sindacati di migliorare la contrattazione collettiva. In Romania, ad esempio, alcuni datori di lavoro si dimostrano riluttanti ad avviare trattative, ritenendo che gli accordi formali limitino la flessibilità. In Croazia, la riluttanza dei datori di lavoro a discutere i salari di base come oggetto di contrattazione collettiva spiega perché circa la metà dei contratti collettivi non affronta il livello salariale. L’assenza di un salario minimo legale in Italia è diventata una questione controversa, con la maggior parte dei sindacati che la sostengono, mentre le organizzazioni dei datori di lavoro e il sindacato di destra UGL sono contrari.
Questa situazione potrebbe facilmente creare le condizioni per un aumento dei conflitti sociali e la necessità di un intervento dello Stato nel sistema di dialogo sociale. Non sor- prende che, in questo contesto, un numero significativo di eventi di protesta nel nostro set di dati riguardi i salari, gli stipendi, i licenziamenti, le rivendicazioni sistematiche contro il modello economico, l’austerità e i tagli di bilancio, e che il repertorio di con- testazioni includa azioni industriali militanti, come gli scioperi. Come dimostra il caso greco, alcuni sindacati hanno già iniziato a privilegiare l’identità di classe e le tattiche
militanti come essenziali per esercitare una pressione negoziale sui datori di lavoro, soprattutto nei settori ad alta redditività economica.
Panorama sindacale, composizione sociale e concorrenza. Alcuni casi nazionali dimo- strano che i lavoratori più giovani sono fortemente sottorappresentati tra gli iscritti ai sindacati, il che corrisponde a una tendenza generale in tutta Europa. Ciò influisce sulla composizione sociale, sulle strategie e sull’identità dei sindacati. Un’altra sfida è rap- presentata dalla differenza relativamente elevata di densità e copertura tra il settore pubblico e quello privato. Una terza sfida, molto visibile in Italia, Grecia e Croazia, dove il panorama sindacale comprende attori diversi, è la tensione tra federazioni e confe- derazioni sindacali storiche consolidate e sindacati di base emergenti. I nostri dati sugli eventi di protesta illustrano questa differenza, mostrando come nelle arene competiti- ve (Italia e Grecia), le azioni collettive dei lavoratori da parte dei nuovi sindacati e dei collettivi informali hanno condiviso una parte significativa delle mobilitazioni, rispetto ai loro livelli inferiori di capacità di mobilitazione nel panorama sindacale centralizzato (Belgio e Bulgaria).
2. Fattori positivi e opportunità
Meccanismo di estensione dei contratti collettivi di lavoro. Il suo uso diffuso in Belgio ha portato a una copertura della contrattazione collettiva del 96%. L’estensione dei contratti collettivi riguarda tutte le aziende di un determinato settore o l’intero settore privato. Il Consiglio nazionale del lavoro ha firmato oltre 170 contratti collettivi di lavo- ro, la maggior parte dei quali è stata estesa a tutti i dipendenti del settore privato. In Francia, la spiegazione principale dell’alto tasso di copertura del 98% è il meccanismo di estensione. Sebbene non esistano meccanismi di estensione espliciti, in Italia la tutela costituzionale di un “salario equo” funge da equivalente de facto, poiché la magistra- tura si basa spesso sui contratti collettivi come punto di riferimento per definire i para- metri di un “salario equo”.
Direttiva sul salario minimo adeguato. Il dibattito sulla direttiva rappresenta un’oppor- tunità per i sindacati di riacquistare potere nella contrattazione collettiva. Ciò è parti- colarmente importante in paesi come la Bulgaria e la Romania, dove negli ultimi anni i sindacati hanno partecipato attivamente alla discussione delle riforme giuridiche. I sin- dacati bulgari stanno preparando un pacchetto di modifiche legislative per proteggere il diritto di associazione e di contrattazione. Analogamente, in Irlanda i sindacati perce- piscono la direttiva come un’opportunità per rivalutare la dinamica della contrattazione collettiva nel paese. In Italia tutti i sindacati, tranne uno, percepiscono il salario minimo come un fattore cruciale per migliorare il loro potere contrattuale. In Grecia dato che le politiche dei Memoranda hanno limitato il potere delle parti sociali nel determinare le condizioni salariali del Contratto collettivo nazionale generale (dove il salario minimo è determinato dal Ministro del Lavoro) i sindacati chiedono attivamente il ripristino del quadro pre-Memoranda di libera contrattazione collettiva tra le organizzazioni dei la- voratori e dei datori di lavoro per la definizione del salario minimo.
Struttura delle opportunità politiche. La struttura politica è importante per lo sviluppo del processo di contrattazione e del dialogo sociale. In tutti i Paesi esaminati nel pre- sente studio si sottolinea che c’è una differenza quando il governo al potere è aperto a sostenere le richieste dei sindacati rispetto ai partiti politici esplicitamente o implicita- mente antisindacali. Ciò indica il ruolo del sistema partitico e delle dinamiche delle élite politiche. In Italia, ad esempio, i sindacati trovano maggiori difficoltà quando i partiti di centro-destra sono al governo, e più spazio di negoziazione quando i governi sono sostenuti da partiti di centro-sinistra, come nel caso della gestione della pandemia e del Fondo Nazionale di Ripresa.
La maggior parte degli eventi di protesta in tutti i paesi ha preso di mira le autorità statali nazionali o locali, molto più che le aziende private, soprattutto in Italia contro i governi di centro-destra e negli Stati dell’Europa centrale e orientale. Questo dimostra che le autorità statali sono, di fatto, sfidate a riconquistare l’agency nella risoluzione dei conflitti sociali. Un altro aspetto della struttura delle opportunità politiche riguarda la soglia per i referendum. In Croazia i sindacati si sono mobilitati con successo negli ultimi anni per la raccolta delle firme raggiungendo più della soglia del 10% dell’elet- torato. Tuttavia, questa condizione strutturale varia da un caso all’altro. In Bulgaria, ad esempio, la soglia è stata estesa al 20% degli elettori registrati a favore, ma le proposte devono comunque essere discusse dal Parlamento nazionale.
Densità sindacale. Una maggiore densità sindacale, come quella riscontrata in Bel- gio (50%) e in Italia (40%), è correlata a una maggiore copertura della contrattazione collettiva, evidenziando l’importanza di una forte presenza sindacale per una contrat- tazione collettiva efficace. In entrambi i paesi i sindacati possono contare su risorse umane consistenti e reti di volontari. L’eccezione di questa relazione è la Francia, dove si registra la più bassa densità sindacale in tutti i casi (10,8%), ma la contrattazione rimane con il tasso più alto (98%). Il calo significativo della densità sindacale in tutti gli altri casi: 22% in Irlanda, 20% in Grecia e Romania, 18% in Croazia e 15% in Bulgaria, è correlato alla minore copertura della contrattazione collettiva negli stessi casi. I sin- dacati di questi paesi hanno difficoltà a mantenere i livelli di densità e a migliorare la copertura della contrattazione collettiva. Recentemente il calo si è arrestato, il che sug- gerisce una normalizzazione del tasso di iscrizione ai sindacati e della copertura della contrattazione collettiva. Tuttavia per invertire la tendenza nel lungo periodo i sindacati devono rivitalizzarsi attraverso strategie organizzative innovative per coinvolgere nuovi iscritti, ma anche per aumentare la loro influenza sul processo decisionale e la loro im- magine nella sfera pubblica.
Potere sociale e alleanze tradizionali. Per quanto riguarda il potere sociale e le rela- zioni con gli altri attori sociali abbiamo osservato differenze fondamentali in termini di opportunità e minacce strutturali. La tradizione delle relazioni tra sindacati e altri attori sociali determina le risorse disponibili e le opportunità percepite per la costruzione di coalizioni in ogni paese. Dove negli ultimi decenni sono emersi movimenti sociali pro- gressisti storicamente forti che lottano per la giustizia economica e contro l’austerità e il neoliberismo, come in Italia, Grecia e Francia, ma anche in Belgio, le condizioni per le coalizioni sono più favorevoli. Al contrario negli ex Stati socialisti di Bulgaria e Romania i sindacati devono affrontare una doppia sfida. In primo luogo i nuovi movimenti sociali in entrambi gli Stati hanno mobilitato altre questioni non lavorative come l’ambiente, la lotta alla corruzione e le riforme legislative, e difficilmente si sono identificati con le lotte sindacali (Xxxxxxxx & Rammelt 2020; Dinev 2020). Nonostante l’alto livello di mo- bilitazione sociale, con ondate di proteste significative dal 2012 al 2020, nelle ricerche precedenti è stato individuato un divario tra le proteste per i diritti socio-economici (guidate dai sindacati) e quelle per i diritti politici e civili (guidate dai nuovi movimen- ti sociali). In secondo luogo la forte insoddisfazione nei confronti dei partiti politici e dell’élite politica in generale nell’Europa centrale e orientale, provocata da numerosi scandali di corruzione negli ultimi trent’anni, ha creato un’ardita frontiera tra sindacati e partiti politici.
In questo senso possiamo tracciare due traiettorie di costruzione delle coalizioni. Nei paesi dell’Europa meridionale e occidentale si osserva un movimento trasversale, com- posto da confederazioni e federazioni sindacali, sindacati di base, collettivi di lavorato- ri, movimenti sociali progressisti, giovani, studenti e partiti politici. Tuttavia emergono tensioni significative tra questi attori, con l’eccezione del modello di partenariato socia-