Contract
IL COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
- Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx Presidente
- Avv. Xxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Membro designato dalla Banca d'Italia
- Prof.ssa Avv. Xxxxx X. Xxxxxx Membro designato dalla Banca d'Italia (Estensore)
- Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario
- Avv. Xxxxxx Estrangeros Membro designato da Confindustria di concerto con Confcommercio,
Confagricoltura e Confartigianato
nella seduta del 17 luglio 2012, dopo aver esaminato:
• il ricorso e la documentazione allegata;
• le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
• la relazione istruttoria della Segreteria tecnica.
FATTO
I fatti oggetto di controversia attengono alla stipula di un leasing immobiliare, relativi conteggi e condizioni di riscatto. In data 09.10.2002 la società attualmente ricorrente aveva, infatti, sottoscritto con l’odierna convenuta un contratto di locazione finanziaria della durata di 120 mesi, che prevedeva canoni indicizzati all’Euribor 3 mesi 365. Successivamente, prima del termine di scadenza del leasing, le parti addivenivano ad operazione di riscatto su richiesta della ricorrente. Con nota del 17.01.2012 la medesima società, assistita dal proprio legale, inoltrava peraltro reclamo nei confronti dell’odierna resistente lamentando di aver riscontrato, in relazione al leasing immobiliare in precedenza concluso, “un notevole scostamento tra le cifre rimborsate e/o addebitate per indicizzazione trimestrale e quelle effettivamente dovute”. La reclamante indicava in tal sede di aver quantificato una differenza a proprio favore di “Euro 10.963,70 oltre Iva nel periodo dal 09.10.2002 al 22.02.2011”; conseguentemente invitava l’intermediario a prendere contatti per una soluzione bonaria della vertenza.
L’intermediario riscontrava il reclamo con missiva del 15.02.2012 nella quale, dopo aver riepilogato le condizioni economiche del leasing e riportato la clausola contrattuale relativa all’indicizzazione dei canoni, segnalava innanzitutto di aver provveduto a fatturare trimestralmente “gli adeguamenti derivanti dalle variazioni dell’indice di riferimento – Euribor 3 mesi 365 – rilevato alla scadenza di ogni singolo canone”; oltre a ciò,
l’intermediario sottolineava che il riscatto anticipato del leasing non era previsto dal contratto originario, ma frutto di successiva negoziazione con conseguente facoltà concessa dal medesimo intermediario. Proprio in tal sede, la società istante aveva sottoscritto una specifica dichiarazione di rinuncia a qualsivoglia contestazione per le somme versate in corso di rapporto.
Non soddisfatta di quanto osservato dall’intermediario, la società cliente presentava ricorso all’ABF il 20.03.2012; nel ricorso si precisava ulteriormente che la clausola di contratto relativa all’ammortamento indicava una specifica modalità di determinazione dell’indicizzazione, clausola che veniva riprodotta in ricorso e in base alla quale, in particolare, si prevedeva che fosse individuato un preciso piano finanziario con canoni variabili il cui indice di base per l’indicizzazione avrebbe dovuto prevedere il tasso indicato nel contratto stesso (lettera L) con la previsione di ulteriori soluzioni in caso di variazioni dell’indice e conseguente adeguamento del piano finanziario. Peraltro, la ricorrente rilevava che proprio l’applicazione in concreto dell’indicata clausola di indicizzazione avrebbe comportato, secondo le analisi svolte da un consulente di fiducia all’uopo incaricato, “delle anomalie nell[a] compilazione delle fatture/note di credito relative al calcolo dell’indicizzazione trimestrale, per un importo di euro 10.963,70 oltre iva”. Nonostante tali calcoli rammostrati, lamenta la ricorrente che l’intermediario aveva respinto il reclamo sulla scorta della già richiamata clausola di non contestazione. Ritenendo, al contrario, tale clausola inefficace e comunque vessatoria, la ricorrente chiede all’ABF il rimborso dei seguenti importi: i) Euro 10.963,70 oltre Iva “dovuti ad errori sul calcolo dell’indicizzazione”; ii) Euro 1.267,97 oltre Iva per rivalutazione; iii) Euro 1.435,94 per interessi legali; iv) Euro 1.250,00 oltre Iva per oneri legali come da notula allegata al ricorso.
Riguardo ai conteggi per la quantificazione del rimborso relativo ai canoni, la società ha precisato, unitamente al ricorso, di essersi avvalsa di “un programma finanziario ritenuto veritiero, non avendo la possibilità di agire sul piano di ammortamento originale che l’intermediario si è rifiutato di fornire in quanto viene ritenuto «documento non fornibile». Ha soggiunto di aver riscontrato l’utilizzo, da parte della resistente, di quotazioni euribor superiori a quelle reali per l’esercizio 2009.
A fronte di ciò, l’intermediario ha trasmesso le proprie controdeduzioni, via PEC, il 07.05.2012. Dopo aver ribadito che il riscatto in via anticipata dell’immobile concesso in leasing alla ricorrente “è il frutto di una negoziazione ad hoc con l’utilizzatore e non costituisce l’esercizio di diritti contrattualmente previsti”, ha riportato testualmente la clausola pattuita al momento del riscatto secondo la quale “La parte acquirente dichiara che ogni somma, essendo stata pattiziamente e di comune accordo concordata tra le parti, pagata per canoni, interessi, spese, commissioni e qualsivoglia altro titolo in dipendenza del contratto di locazione finanziaria sopra citato, resta acquisita dalla parte venditrice senza contestazione alcuna da parte della stessa parte acquirente”. Detta clausola avrebbe, a dire della resistente, natura di negozio di accertamento e, in quanto tale, renderebbe priva di “giustificazione la richiesta della cliente di vedersi riconoscere asserite somme a titolo di indicizzazioni per il periodo antecedente alla stipula dell’atto di riscatto anticipato”.
La convenuta ha poi disconosciuto “per mero tuziorismo difensivo … il prospetto allegato dal[la] cliente al ricorso, trattandosi di documento non contrattuale”, nonché il suo contenuto, “che non … [trova] riscontro in alcuna previsione contrattuale”.
Precisando, infine, che il contratto di locazione finanziaria “non contiene quale allegato il
«piano di ammortamento», ma reca evidenza del solo piano finanziario”, ha concluso chiedendo all’ABF di “dichiarare infondato il ricorso e, pertanto, respingere lo stesso”.
DIRITTO
Come esposto in narrativa, la controversia sottoposta a vaglio della seduta odierna del Collegio concerne un contratto di leasing immobiliare, in relazione al quale la società ricorrente, dopo aver provveduto al riscatto, contesta l’errato calcolo di indicizzazione dei canoni variabili, così come rilevati a seguito di specifica analisi contabile.
Va precisato, innanzitutto, che il contratto in questione è stato perfezionato il 09.10.2002, con durata di 120 mesi e diritto di opzione per l’acquisto dell’immobile per la parte utilizzatrice odierna ricorrente, alla scadenza della locazione medesima. Le parti hanno, però, convenuto il riscatto in via anticipata della proprietà dell’immobile a favore della società istante, stipulando il relativo atto di compravendita in data 22.02.2011.
In primo luogo, pertanto, in base ai fatti descritti ed ai documenti prodotti, il Collegio ritiene che la controversia rientri parzialmente nella competenza temporale dell’ABF. Infatti, secondo l’orientamento costante dei tre Collegi, in caso di controversia avente ad oggetto un rapporto di durata sorto anteriormente al 1° gennaio 2007, ma ancora efficace (i.e. produttivo di effetti) successivamente a tale data, occorre avere riguardo al petitum onde verificare se esso si fonda su vizi genetici del rapporto (nel quale caso vi sarà incompetenza temporale), oppure su una divergenza tra le parti che riguarda effetti del negozio giuridico prodottisi successivamente al 1° gennaio 2007 (nel qual caso vi sarà competenza temporale). Nel caso di specie, le richieste della ricorrente, riferite ad un rapporto contrattuale sorto nel 2002, trovano origine solo in parte in fatti (pagamento del canone di locazione) accaduti anteriormente al 1° gennaio 2007, essendo in questione previamente la natura ed il valore della clausola sottoscritta al riscatto, così come avvenuto nel 2011. Si precisa, in ogni caso, che l’intermediario non ha formulato alcuna eccezione in merito all’incompetenza, ratione temporis, dell’ABF.
Ciò chiarito, e rivolgendosi ora al merito della controversia, si deve previamente sottolineare che in effetti il leasing prevedeva analitiche indicazioni in merito al piano di ammortamento, che pur non si andranno qui a riprodurre se non per quanto di attinenza alla controversia in esame. La ricorrente riferisce di aver riscontrato, solo successivamente alla risoluzione consensuale del leasing avvenuta per effetto del riscatto, un maggiore addebito a suo danno per indicizzazione trimestrale pari ad Euro 10.693,70 oltre Iva, con riferimento all’intera durata del contratto (09.10.2002 – 22.02.2011). Al riguardo, la ricorrente si è premurata di allegare: i) una tabella illustrativa dei conteggi effettuati, comprensiva degli importi chiesti a titolo di rivalutazione ed interessi legali; ii) le note di credito e le fatture emesse dalla convenuta in relazione alle variazioni del canone dal dicembre 2002 al dicembre 2010; iii) le quotazioni del parametro di indicizzazione relative al periodo dal 30.12.2008 al 29.01.2010, avendo rilevato l’utilizzo da parte della resistente di quotazioni superiori a quelle reali per l’anno 2009; iv) il piano di ammortamento ricostruito, per la determinazione della quota di capitale residua, mediante “un programma finanziario ritenuto veritiero”, posto che l’intermediario aveva dichiarato – ed ha ribadito in sede di controdeduzioni – l’inesistenza di un piano di ammortamento in relazione all’operazione qui oggetto di controversia.
Tuttavia, come esposto dall’intermediario resistente, la questione in punto di eventuali calcoli e valutazioni in relazione a quanto precedentemente pagato risulta censurata per effetto della clausola sottoscritta dalla società acquirente in sede di riscatto del leasing a fronte di notaio. Tale clausola, infatti, testualmente riprodotta in narrativa, appare come un pactum de non petendo che, come tale, impedisce al Collegio di effettuare un’ulteriore valutazione tecnica degli importi corrisposti modificando quanto convenuto.
Si tratta, in effetti, di un problema non nuovo nell’ambito delle operazioni di riscatto su leasing immobiliare e, a questo proposito, occorre dunque richiamare quanto deciso in precedenti pronunce del Collegio nonché, da ultimo, anche nella pronuncia n. 2392 del 13 luglio 2012 del Collegio di Milano. In tale decisione, il Collegio, analogamente a quanto avviene oggi, è stato chiamato a valutare proprio una clausola sottoscritta in sede di riscatto. In merito, si è ritenuto che le clausole in questione non possano integrare propriamente un negozio di accertamento per difetto della componente di incertezza che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (cfr. fra le molte Cass. 30 marzo 2009, n. 7640 e Cass. 12 marzo 2008, n. 6739), costituisce indefettibile presupposto per il configurarsi di siffatto negozio. Questo, infatti, è caratterizzato dall’intento di imprimere certezza giuridica ad un precedente rapporto, cui si collega, al fine di precisarne contenuto ed effetti, rendendo definitive ed immutabili situazioni di obiettiva incertezza. Quale strumento alternativo alla transazione (dalla quale si differenzia per la carenza di un sinallagma fra l’aliquid datum e l’aliquid retentum consistendo invece in una semplice cristallizzazione convenzionale della correttezza di uno stato di fatto o di diritto pregresso), siffatto negozio non può prescindere da una situazione di obiettiva incertezza di cui le parti hanno vicendevolmente contezza; incertezza che, invece, non appare né espressamente menzionata ma neppure obiettivamente aliunde desumibile dalla documentazione offerta in comunicazione nell’odierno procedimento.
Le pattuizioni contenute nelle scritture dianzi menzionate, così come nella clausola sottoscritta dall’odierna ricorrente, appaiono viceversa più prossime o ad un pactum de non petendo (clausola che determina l’attuale e perenne inesigibilità del credito – nella specie il credito da restituzione derivante da un ipotetico ricalcolo del dovuto – accordando al debitore il diritto di paralizzarne gli effetti con il sollevamento della relativa eccezione) ovvero, e ciò vale in ispecie soprattutto per il patto contenuto nel rogito di riscatto anticipato del leasing immobiliare dato l’espresso tenore del pattuito, ad una convenzionale rinegoziazione del corrispettivo, rivelandosi in entrambi i casi come clausole limitative della facoltà di contestare o opporre eccezioni (quale ad esempio l’eccezione di compensazione del credito derivante da restituzione di un ipotetico indebito con il credito principale azionato dal creditore), come tali soggette, ai fini della loro efficacia, all’onere di specifica approvazione per iscritto prevista dall’art. 1341 cod. civ. Il superiore assunto deve tuttavia applicarsi distinguendo fra le due tipologie di pattuizioni.
In tal senso, la clausola contenuta nel rogito notarile di riscatto anticipato non può prestarsi alla censura dianzi ipotizzata, essendo principio ricevuto quello per cui le clausole inserite in un atto-contratto notarile, ancorché si conformino alle condizioni poste da uno dei contraenti, non sono qualificabili come predisposte dal medesimo, ai sensi dell’art. 1341 cod. civ., e, quindi, ancorché oggettivamente vessatorie, non abbisognano di specifica approvazione (così Cass. SS.UU., 10 gennaio 1992, n. 193). La presunzione iuris et de iure della natura “negoziata” del contratto stipulato in forma di atto pubblico con ministero di notaio preclude l’applicazione della norma succitata. Del resto, la ricorrente avrebbe potuto verificare prima della sottoscrizione dell’atto di riscatto la congruità complessiva delle condizioni indicate.
In conclusione, il Xxxxxxxx ritiene che la richiesta attuale della ricorrente di ottenere la restituzione delle somme indicate non possa trovare accoglimento.
Ciò chiarito nel merito ed al fine della individuazione di una soluzione all’attuale controversia, il Collegio non può esimersi dal soffermarsi su alcuni elementi emersi dalla ricostruzione dei fatti così come riprodotti in narrativa e nella produzione documentale. In particolare, è stato posto in luce dalla ricorrente come l’intermediario, nonostante le specifiche richieste, non abbia consegnato alla società cliente il piano di ammortamento
che, ad evidenza, è documento essenziale per una completa individuazione delle condizioni economiche dell’accordo.
In proposito, risulta che l’odierna resistente è già stata convenuta innanzi all’ABF per situazioni relative all’erroneo conteggio dei canoni di locazioni finanziarie; ed anche in tali occasioni, veniva in questione, tra le altre problematiche, il rifiuto dell’intermediario di fornire il piano di ammortamento, cui fa cenno nel presente giudizio la società ricorrente pur senza farne oggetto di una domanda specifica. Si ricorda, in relazione a tale problematica, quanto indicato nella pronuncia dell’ABF, Collegio di Milano, n. 644 del 30 giugno 2010, laddove si rammentava che “l’intermediario ha provveduto [solo a controversia insorta e dopo insistenze] a consegnare i conteggi richiesti, rinunziando implicitamente alla strana tesi per cui il piano di ammortamento non costituirebbe documento contrattuale e come tale da occultare al cliente. Tesi che contrasta in modo tanto frontale con il precetto di cui all’art. 1374 c.c. da costituire materia di sorpresa”. Già in tale occasione, l’intermediario era stato avvisato circa l’opportunità di astenersi in futuro dal sollevare eccezioni che non solo urtano contro precetti generali espressi dal codice civile, ma che contraddicono agli obblighi di collaborazione e trasparenza verso la clientela che incombono specificatamente a tutti gli intermediari bancari e finanziari. Il Collegio, soprattutto, aveva in tale occasione sottolineato un principio generalissimo, e cioè che nessun miglioramento di detti rapporti con la clientela può prodursi in assenza della più ampia trasparenza. Ebbene, il Collegio oggi non può che richiamare e ulteriormente sottolineare l’importanza ed essenzialità di quanto sopra osservato.
Risulta, al contrario, che l’intermediario perseveri nella propria tesi e nei propri comportamenti, il che inevitabilmente si traduce, a giudizio del Collegio, in un atteggiamento nel complesso non conforme ai canoni di correttezza e trasparenza nei confronti della clientela. In virtù di ciò, il Collegio invita l’intermediario a provvedere, in futuro, a rendersi maggiormente disponibile sia ad ostendere la documentazione utile ad una corretta e completa ricostruzione di tutto quanto previsto nei contratti con le società e le persone fisiche clienti, consentendo così di porre le basi per un reale miglioramento dei rapporti con la clientela coerente con i criteri ai quali deve ispirarsi l’attività di ogni operatore professionale.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
Il Collegio delibera, altresì, di rivolgere all’intermediario, ai sensi di cui in motivazione, indicazioni utili a favorire le relazioni con la clientela.
IL PRESIDENTE
firma 1