GLI OBBLIGHI INFORMATIVI IN MATERIA DI CONTRATTO DI VIAGGIO. DALLA DISCIPLINA GENERALE DEL CONTRATTO ALLA NORMATIVA DELL’UNIONE EUROPEA
Università degli Studi di Sassari Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Dottorato di ricerca in Scienze Giuridiche
XXXII Ciclo (A.A. 2018-2019)
GLI OBBLIGHI INFORMATIVI IN MATERIA DI CONTRATTO DI VIAGGIO. DALLA DISCIPLINA GENERALE DEL CONTRATTO ALLA NORMATIVA DELL’UNIONE EUROPEA
Tutor: Tesi di:
Xxxx.xx Xxxx. Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx Xxxxxx
Coordinatore del Corso di Dottorato: Xxxxx.xx Prof. Xxxxxxx X. Xxxxxxxx Pinto
LE FONTI NORMATIVE IN MATERIA DI TURISMO 6
1.1 Il diritto comunitario originario 7
1.2 Le fonti internazionali e la Convenzione di Bruxelles sul contratto di viaggio del 1970 10
1.3 Il diritto comunitario derivato 12
1.3.1 La direttiva 90/314/CEE 12
1.3.2 La direttiva 2015/2302/UE 15
2.2 Il D. Lgs n. 111 del 17 marzo 1995 e il codice del consumo 24
2.3 Il Codice del turismo, D. Lgs 23 maggio 2011 n. 79 27
2.4 Il D. Lgs. 21 maggio 2018 n. 62 31
1. I doveri di buona fede e correttezza 33
2. Gli obblighi informativi 38
3. Gli obblighi informativi nel diritto europeo dei contratti 42
5.3 La direttiva 2015/2302/UE e il D. Lgs. 62/2018 di recepimento 58
1. La forma del contratto. Dal principio di libertà delle forma al neoformalismo negoziale 66
3. La forma dei contratti di viaggio. 82
I RIMEDI ALL’INADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI INFORMATIVI 89
1. La frammentarietà dei rimedi in materia di violazione degli obblighi informativi. 90
2. La tutela “in natura” delle posizioni contrattuali 92
4. L’annullabilità del contratto. 99
5. L’esperibilità del rimedio della nullità. 103
6. Le norme imperative dettate in materia di informazione nei contratti di viaggio. Una nullità virtuale di protezione? 110
Conclusioni 114
Bibliografia 119
Premessa.
La disciplina positiva in materia di turismo ha subito nel corso degli ultimi decenni una significativa evoluzione, che rispecchia gli enormi mutamenti del fenomeno dal punto di vista sociologico. Essa si articola su vari livelli, internazionale, comunitario, nazionale e regionale e si prefigge di tutelare e contemperare i rilevantissimi interessi coinvolti.
Appare utile quindi cercare di riassumere a grandi linee l’evoluzione del fenomeno turistico nell’ultimo secolo al fine di comprendere la ratio dei numerosi interventi normativi.
Il turismo può essere definito come l’insieme di attività ricreative e culturali che un soggetto svolge spostandosi dal luogo in cui abitualmente dimora e nel quale farà rientro una volta esaurita l’attività turistica1. Esso rappresenta un fenomeno rilevante nella vita di un individuo, come espressione del suo benessere psico fisico e come strumento di arricchimento culturale e educativo.
Fino alla metà del Novecento il turismo era sostanzialmente un fenomeno elitario, destinato a pochi privilegiati che possedevano i mezzi necessari per acquistare singoli servizi turistici, nettamente distinti tra loro. In questo quadro fattuale la conseguenza a livello normativo era un totale disinteresse nei confronti dello stesso, potendosi applicare alle poche fattispecie di “viaggio” le norme in materia di trasporto di persone.
Nel dopoguerra, intorno alla seconda metà del Novecento, la possibilità di viaggiare si diffuse tra strati più ampi di popolazione, favorita dalla sempre maggiore stabilità internazionale e dalla esponenziale crescita economica dei paesi industrializzati. Il turismo diventò quindi un fenomeno di massa e riguardò principalmente la classe media, la quale tentava di adeguare la vacanza alle proprie capacità di spesa e al proprio livello di cultura. In risposta a tali esigenze gli operatori turistici iniziarono a fornire servizi standardizzati e non modificabili, predisponendo metodi organizzativi che consentivano di ridurre i costi dei
1 Xxxxx Xxxxx Xxxxxxx, Diritto pubblico del turismo, Pacini Giuridica, 2017, p. 11
trasporti, ad esempio attraverso i voli charter, i quali negli anni 70 superarono numericamente i voli di linea.
La diffusione del turismo di massa e l’accessibilità allo stesso da parte di una sempre più ampia fetta di popolazione hanno fatto in modo che aumentasse in maniera esponenziale anche la sua importanza nell’ambito delle attività economiche e imprenditoriali. Si è in tal modo iniziata ad avvertire la necessità di regolare il fenomeno turistico, fenomeno che interferisce con numerose altre materie rilevanti quali l’ambiente, la cultura e l’economia, attraverso una disciplina sempre più specifica, che si adattasse ai mutamenti sociologici e che avesse come fine sia quello di promuovere lo sviluppo del turismo che quello di regolamentare il rapporto che si crea tra chi offre un servizio turistico, a cui viene richiesto il possesso di specifici requisiti e il cliente che ne usufruisce, in un’ottica di tutela della parte più debole2 .
Dagli anni 50 fino all’ultimo decennio del Novecento si affacciarono le prime importanti normative sovranazionali tendenti a disciplinare le peculiarità che il turismo andava ad assumere e in questi anni si delineò la prima definizione di pacchetto turistico.
Negli ultimissimi anni del secolo scorso il turismo subì invece una sorta di inversione di tendenza, che vedeva il turista- viaggiatore sempre più attento alle proprie esigenze culturali e sempre meno disposto ad adeguarsi a modalità di viaggio preconfezionate dagli operatori del settore. Si passò così dal servizio standardizzato, che caratterizzava il turismo di massa degli anni precedenti, alla ricerca del prodotto personalizzato, creato appositamente dall’operatore in base alle esigenze del turista o creato personalmente dal turista stesso attraverso la scelta di singoli servizi.
Elemento peculiare del turismo degli ultimi decenni è la quasi scomparsa dei voli charter e l’avvento dei voli low cost, che consentono di raggiungere mete remote con una spesa contenuta e hanno contribuito quindi alla sempre maggiore
2 Primula Xxxxxxxx, I pacchetti turistici dopo la riforma, Dike, 2018, p. 1
internazionalizzazione del turismo. Inoltre la possibilità di prenotare e acquistare direttamente i singoli servizi attraverso internet e non tramite agenzie e la possibilità di combinare i diversi servizi in maniera autonoma in modo da soddisfare le proprie esigenze di viaggio, oltre alla già menzionata internazionalizzazione del turismo, hanno reso necessario per il legislatore comunitario intervenire per armonizzare le normative dei diversi stati e tutelare il viaggiatore sia all’interno che all’esterno dei confini del proprio paese.
CAPITOLO 1
LE FONTI NORMATIVE IN MATERIA DI TURISMO
1 Le fonti sovranazionali.
1.1 Il diritto comunitario originario
Il diritto internazionale e quello comunitario non si sono occupati della materia del turismo sin dal principio. A livello di diritto comunitario originario, il Trattato Istitutivo della CEE del 1957 non lo menzionava tra le materie espressamente attribuite alla competenza della Comunità Europea. Il trattato si inseriva in un contesto sociologico nel quale il turismo ancora non era molto sviluppato tra la popolazione, ma al contrario rappresentava un fenomeno elitario, pertanto il suo mancato inserimento tra le competenze della Comunità non appariva criticabile.
Nonostante l’importante trasformazione del turismo e la sua massificazione, avvenuta a partire dal dopoguerra fino agli anni 90, neanche l’Atto Unico Europeo del 1986 prendeva in considerazione il turismo tra le materie di competenza della Comunità Europea.
È solo con il Trattato Istitutivo dell’Unione Europea di Maastricht nel 1992 che il turismo viene compreso nelle materie oggetto dell’azione comunitaria, senza tuttavia anche in tale sede dargli autonoma rilevanza. Il TUE infatti prevedeva che l’azione dell’Unione si estendesse anche all’adozione di “misure in materia di energia, protezione civile e turismo” e non prevedeva quindi l’adozione di azioni mirate all’attuazione di una politica unitaria in materia.
Nonostante la lacuna normativa, data la trasversalità della materia, l’Unione Europea ha potuto disciplinare importanti aspetti del turismo in occasione di interventi normativi in ambito di altre politiche comunitarie quali ad esempio, trasporti, ambiente, economia, salute, lavoro e cultura, prendendo sempre maggiore coscienza del ruolo fondamentale del turismo nell’integrazione tra popoli, quale strumento di sviluppo della persona umana, strumento di progresso e di coesione sociale3. In tale presa di coscienza ha rivestito un ruolo fondamentale la Corte di Giustizia la quale in occasione di numerose pronunce ha avuto modo di sottolineare che il turismo consente di attuare i principi comunitari e di assicurare
3 X. Xxxxxxxxxxxxx – X. Xxxxxxx, Manuale di diritto del turismo, Giappichelli, 2012, pp. 33 e ss.
le libertà di circolazione di persone, servizi, merci e capitali che rappresentano le libertà fondamentali dell’Unione. Infatti, l’adozione di misure tendenti a favorire il turismo comporta anche l’attuazione della libertà di circolazione delle persone tra gli stati dell’Unione e la libertà per gli operatori economici autorizzati di prestare i servizi turistici in un qualsiasi Stato membro, in condizioni di parità con tutti gli altri operatori. I turisti infatti vengono qualificati come fruitori di servizi dalla costante interpretazione della corte di Giustizia, tra tante si veda Corte Giust. 31.01.1984, C-286/82 e C- 26/83 nella quale si afferma “La libera prestazione di servizi comprende la libertà, per i destinatari di servizi, di recarsi in un altro Stato membro per fruire xxx di un servizio, senza essere impediti da restrizioni, anche in materia di pagamenti. I turisti, i fruitori di cure mediche e coloro che effettuano viaggi di studio o d’affari vanno considerati destinatari di servizi”.
Secondo la giurisprudenza richiamata quindi le attività collegate al turismo vanno qualificate come “servizi” e si inseriscono a pieno titolo nella realizzazione dei principi fondamentali dell’azione dell’Unione.
L’Unione Europea ha quindi progressivamente compreso l’importanza del turismo quale strumento di coesione sociale e di crescita economica e ha adottato numerose iniziative per favorirne lo sviluppo. È del 1994 la risoluzione del Parlamento Europeo sulla relazione della Commissione riguardante le azioni comunitarie a favore del turismo nella quale si auspica l’adozione da parte dell’Unione di una vera e propria politica autonoma e unitaria in materia di turismo4 che tenga conto anche dei risvolti della materia stessa in altri rilevantissimi ambiti, già citati, quali la tutela dell’ambiente, l’economia, l’occupazione e la cultura.
Sono seguiti numerosi interventi programmatici volti a sollecitare la revisione del Trattato e l’inserimento del turismo tra le materie di competenza dell’Unione,
4 Risoluzione del 15.12.1994 con la quale il Parlamento, constatando che il Trattato non contiene un capitolo specifico sul turismo “insiste affinché nell’ambito della imminente revisione del Trattato sull’Unione Europea venga inserito, nel rispetto del principio di sussidiarietà, un titolo specifico sul turismo che stabilisca una politica europea del turismo autonoma, multidisciplinare e multidimensionale che contenga e coordini nella sua pianificazione parametri ambientali, economici, socio-occupazionali e culturali”.
quali il cd. Libro verde sul turismo, con il quale si valutava la possibilità di attuare una politica comune agli Stati membri.
Con il progetto di una Costituzione Europea il turismo fu finalmente previsto come materia espressa di azione dell’Unione. All’art. I-17 si includeva tra i settori che, seppur di competenza degli Stati membri, poteva essere oggetto di azioni di sostegno, di coordinamento e di completamento dell’Unione. All’art. I-281 si affermava che l’Unione avesse il compito di completare le azioni degli Stati membri in materia turistica5. La politica delineata dalla Costituzione era quindi una politica di sostegno a quella degli Stati membri competenti all’adozione di misure in materia di turismo, secondo il principio di sussidiarietà. Tuttavia, la Costituzione Europea non venne mai adottata.
Solo con il Trattato di Lisbona del 1997 si ebbe una nuova fase di attenzione nei confronti della materia del turismo. Essa venne espressamente inserita tra le materie di competenza dell’azione dell’Unione, attraverso una modifica del Trattato contenuta all’art. 2 che recita “l’Unione ha competenza a svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri. I settori di tali azioni, nella loro finalità europea, sono i seguenti: a) tutela e miglioramento della salute umana, b) industria, c) cultura, d) turismo, e) istruzione, formazione professionale, gioventù e sport, f) protezione civile, cooperazione amministrativa”. In base a questo enunciato venne così modificato anche il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) che all’art. 195 riprendeva quasi testualmente il testo dell’art. I-281 della Costituzione Europea6.
5 Art. I-281 “L’Unione completa l’azione degli Stati membri nel settore del turismo, in particolare promuovendo la competitività delle imprese dell’Unione in tal senso. A tal fine l’azione dell’Unione intende: a) incoraggiare la creazione di un ambiente propizio allo sviluppo delle imprese in detto settore; b) favorire la cooperazione tra Stati membri, in particolare attraverso lo scambio delle buone pratiche. La legge o la legge quadro europea stabilisce le misure specifiche destinate a completare le azioni svolte negli Stati membri al fine di realizzare gli obiettivi di cui al presente articolo, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”.
6 Art. 195 TFUE “L’Unione completa l’azione degli Stati membri nel settore del turismo, in particolare promuovendo la competitività delle imprese dell’Unione in tale settore. A tal fine l’azione dell’Unione intende: a) incoraggiare la creazione di un ambiente propizio allo sviluppo delle imprese in detto settore; b) favorire la cooperazione tra Stati membri, in particolare
In seguito all’espresso riconoscimento del turismo come materia dell’azione dell’Unione, allo stesso viene data sempre maggiore importanza. È del 2010 la comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo ed al Comitato delle Regioni dal titolo “L’Europa, prima destinazione turistica mondiale – un nuovo quadro politico per il turismo europeo”. I principali obiettivi contenuti nella comunicazione sono:
1) Stimolare la competitività del settore turistico in Europa
2) lo sviluppo di un turismo sostenibile, responsabile e di qualità
3) Consolidare l’immagine e la visibilità dell’Europa come insieme di
destinazioni sostenibili e di qualità
4) Massimizzare il potenziale delle politiche e degli strumenti finanziari
dell’UE per lo sviluppo del turismo.
1.2 Le fonti internazionali e la Convenzione di Bruxelles sul contratto di viaggio del 1970
La materia del turismo è stata oggetto di attenzione da parte non solo dell’Unione Europea ma anche della comunità internazionale. Vanno menzionate, tra le più importanti organizzazioni, l’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) e l’Istituto Internazionale per la Unificazione del Diritto Privato, UNIDROIT.
L’OMT, con sede a Madrid, rappresenta la più alta istituzione in materia di turismo e, pur essendo un’organizzazione autonoma, è stata riconosciuta dall’ONU da un accordo di cooperazione entrato in vigore nel 19777. Atti tipici di tale organizzazione sono le dichiarazioni, i pareri e le raccomandazioni, tutti atti che, pur non essendo vincolanti, sono estremamente utili per indirizzare le scelte
attraverso lo scambio delle buone pratiche. Il Parlamento Europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le misure specifiche destinate a completare le azioni svolte negli Stati membri al fine di realizzare gli obiettivi di cui al presente articolo, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”.
7 X. Xxxxxxxxxxxxx – X. Xxxxxxx, Manuale di diritto del turismo, cit., p. 26
degli Stati in materia turistica internazionale. Obiettivi dell’OMT sono lo sviluppo e la promozione del turismo sia dal punto vista economico che sociopolitico, con un occhio di riguardo agli interessi dei Paesi in via di sviluppo.
L’UNIDROIT invece ha la funzione di procedere all’unificazione del diritto privato. Tale organizzazione ha predisposto una importante Convenzione Internazionale sul Contratto di viaggio, CCV, firmata a Bruxelles nel 1970, la quale ha rappresentato il primo atto con cui si è cercato di dare una definizione di contratto di viaggio, una regolamentazione dello stesso e una tutela internazionale al viaggiatore8. In particolare la CCV ha avuto il merito di distinguere tra “contratto di organizzazione di viaggio”, definito come il contratto tramite il quale una persona si impegna a suo nome a procurare a un’altra per mezzo di un prezzo globale, un insieme di prestazioni comprendente il trasporto, il soggiorno separato dal trasporto o qualunque altro servizio che ad essi si riferisca e “contratto di intermediario di viaggio”, inteso come qualunque contratto tramite il quale una persona si impegna a procurare a un’altra, per mezzo di un prezzo, sia un contratto di organizzazione di viaggio, sia uno dei servizi separati che permettono di effettuare un viaggio o un soggiorno qualsiasi. Tale distinzione vale ancora oggi a distinguere le figure di organizzatore e intermediario.
Nonostante lo sforzo apprezzabile, la CCV è rimasta sostanzialmente inapplicata a causa della ratifica da parte di un numero molto esiguo di Stati tra i quali, in Europa, solo il Belgio e l’Italia.
Inoltre, la Convenzione appare applicabile solo ai contratti di viaggio internazionali, nei quali cioè l’esecuzione del viaggio si ha in uno stato diverso da quello nel quale il contratto è stato stipulato. Infatti, l’Italia all’atto della ratifica, avvenuta con legge n. 1084/1977, si è avvalsa della riserva prevista dall’art. 40 lett. a) della medesima Convenzione.
8 X. Xxxxxxxxx, Contratti e responsabilità nel codice del turismo, in Il Corriere Giuridico, 1/2012, Ipsoa, p. 6
1.3 Il diritto comunitario derivato
A livello di diritto comunitario derivato sono stati numerosi gli atti normativi adottati in materia di turismo, sia in forma di regolamenti che di direttive. Per quello che interessa l’argomento di studio della presente tesi e cioè la nuova normativa in materia di pacchetti turistici si segnalano i più importanti, la direttiva 90/314 /CEE concernente i viaggi, le vacanze e i circuiti tutto compreso e la direttiva 2015/2302/UE sui pacchetti turistici.
1.3.1 La direttiva 90/314/CEE.
Si colloca temporalmente prima del trattato di Maastricht e quindi prima della modifica del trattato istitutivo e dell’inserimento ufficiale del turismo tra le materie di competenza Comunitaria. L’emanazione della direttiva è una conseguenza della presa di coscienza del ruolo fondamentale del turismo nel garantire la libera fruizione dei servizi e la circolazione degli stessi nel mercato interno della Comunità. Essa recepisce gli orientamenti della Corte di Giustizia in materia e accoglie i suggerimenti della Commissione per dare impulso a una politica unitaria in materia di turismo.
Le motivazioni che hanno reso necessaria l’emanazione della direttiva e le sue finalità sono esposte nelle considerazioni che precedono la parte dispositiva, ma è l’art. 1 della stessa che dichiara formalmente “la presente direttiva ha lo scopo di riavvicinare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli stati membri concernenti i viaggi, le vacanze e i giri turistici tutto compreso venduti o offerti in vendita nel territorio della Comunità”.
Al primo considerando il Consiglio prende atto del fatto che il settore turistico rappresenta una componente essenziale del mercato interno, il cui completamento è uno dei principali obiettivi seguiti dalla Comunità. Al secondo considerando si afferma che “in materia di viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso, esistono notevoli divergenze tra gli stati membri, sia sul piano normativo, sia per quanto riguarda la prassi corrente, il che comporta ostacoli alla libera prestazione dei
servizi tutto compreso e distorsioni della concorrenza tra gli operatori stabiliti
nei diversi stati membri”.
La direttiva prende quindi le mosse dalla constatazione del fatto che la disparità normativa e relativa alla prassi in materia di viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso, che rappresentano una parte essenziale dell’attività turistica, scoraggia gli operatori turistici e i consumatori rispettivamente a fornire e ad acquistare servizi tutto compreso in uno stato membro diverso da quello di appartenenza9. Tale fattore dissuasivo è particolarmente diffuso nei servizi tutto compreso rispetto ad altri servizi, dato l’impegno anche economico che viene richiesto al consumatore al momento dell’acquisto10.
Lo scopo della direttiva è quello di rimuovere gli ostacoli che impediscono la creazione di un mercato unico in tema di servizi turistici, in modo che operatori e consumatori possano rispettivamente offrire ed acquistare servizi turistici liberamente in ogni stato membro, anche diverso da quello di appartenenza, a beneficio dei cittadini degli stati membri, ma anche dei turisti di paesi terzi.
Le considerazioni preliminari riguardano poi le particolari tutele che il consumatore deve ricevere. Sono previsti stringenti obblighi informativi a carico dell’organizzatore e del venditore a favore del viaggiatore. In particolare, l’art. 3 stabilisce che nella descrizione del servizio tutto compreso fornita dall’organizzatore o dal venditore non vi debbano essere informazioni ingannevoli e che nell’opuscolo informativo, ove presente, le informazioni siano chiare e precise, nonché vincolanti per il medesimo organizzatore o venditore.
L’art. 4 al comma 1 elenca una serie di informazioni che devono essere fornite prima della conclusione del contratto mentre al comma 2 le informazioni che
9 Considerando n. 8 dir. CE/314/90: “Le norme che tutelano il consumatore presentano disparità nei vari stati membri le quali dissuadono i consumatori di un determinato stato membro dall’acquisto di servizi tutto compreso in un altro stato membro”
10 Considerando n. 9 dir. CE/314/90: “Considerando che tale fattore dissuasivo scoraggia particolarmente i consumatori dall’acquisto di servizi tutto compreso al di fuori del proprio stato membro; che ciò avviene in misura maggiore di quanto avvenga per l’acquisto di altri servizi, dato che il carattere particolare delle prestazioni fornite nell’ambito di un servizio tutto compreso presuppone in generale il pagamento anticipato di somme considerevoli e la fornitura delle prestazioni in uno stato diverso dallo stato di residenza del consumatore”
devono essere fornite prima dell’inizio del viaggio. Il consumatore deve avere una copia delle clausole contrattuali relative al servizio, enunciate per iscritto o in qualsiasi maniera accessibile.
Deve essere prevista inoltre la possibilità di cedere la prenotazione di un servizio tutto compreso a un terzo interessato, nonché il diritto di recesso prima della partenza. Il prezzo del servizio non deve essere soggetto a revisione, a meno che non sia espressamente previsto e soltanto a determinate condizioni.
La direttiva si prefigge inoltre di definire in modo chiaro i diritti del consumatore nel caso in cui l’organizzatore annulli il servizio prima della partenza e nel caso in cui organizzatore e/o venditore si rendano responsabili dell’inadempimento delle obbligazioni contrattuali nella fase esecutiva del contratto. Infine, nel considerando n. 21 è enunciata la necessità di garantire la possibilità di proporre reclami e si sancisce che l’organizzatore o il venditore dovrebbero essere tenuti a dare opportune garanzie per il caso di insolvenza o fallimento.
Nonostante il grande contributo della direttiva in esame nel tentativo di disciplinare in maniera uniforme il fenomeno dei viaggi tutto compreso, in seguito al recepimento di tale atto normativo sono residuate delle cd. zone grigie non coperte dalla disciplina. Ciò in quanto la direttiva CE/314/90 riguardava i pacchetti preconfezionati, predisposti interamente dall’organizzatore o dal venditore e rivolti a un numero indeterminato di viaggiatori che vi aderivano senza poter apportare alcuna modifica, acquistati presso un’agenzia, solitamente sulla base di un catalogo illustrativo11. Al contrario, negli anni immediatamente successivi all’emanazione della direttiva, ha preso piede la tendenza ad abbandonare i pacchetti preconfezionati e a preferire combinazioni di servizi turistici realizzate “su misura” per il singolo viaggiatore, sulla base dei suoi gusti e delle sue preferenze. Tale pacchetto su misura continuava a essere realizzato da soggetti professionisti, ma sempre più dal viaggiatore in autonomia, grazie alle
11 X. Xxxxxxxx, I pacchetti turistici dopo la riforma. Commento organico al D. Lgs. 21 maggio 2018 n. 62 di modifica del codice del turismo, Dike, 2018, p. 5
nuove modalità di acquisto on-line rese possibili dall’avvento di internet. Le cd. zone grigie di cui si parlava prima sono quindi i pacchetti personalizzati e creati dal professionista o dal viaggiatore in autonomia, attraverso l’acquisto di singoli servizi turistici scollegati tra loro e che, non rientrando nella disciplina della direttiva 90/314/CEE, si trovavano sprovvisti di disciplina.
1.3.2 La direttiva 2015/2302/UE
A distanza di 15 anni dalla precedente, gli importanti mutamenti del settore turistico, di cui si è appena detto, hanno portato il Consiglio ad emanare una nuova direttiva sui pacchetti turistici. La vecchia normativa infatti, contenuta nella direttiva 90/314/CEE, mal si adattava a disciplinare un fenomeno che non corrispondeva più alla realtà dei fatti presente al momento della sua emanazione.
Come già detto in premessa e nel paragrafo precedente, gli anni trascorsi dall’emanazione della direttiva del 1990 al 2015, sono stati caratterizzati da una inversione di tendenza relativa alla modalità di viaggio maggiormente praticata. La novità principale è l’avvento di Internet e la possibilità per il viaggiatore di poter combinare i singoli servizi turistici in maniera autonoma, senza dover necessariamente ricorrere alle agenzie di viaggio. Il turista ha la possibilità di personalizzare il programma di viaggio in base ai propri gusti e di non aderire ai pacchetti preconfezionati e standardizzati che hanno caratterizzato la fase precedente. La direttiva 2015/2302/UE interviene proprio per disciplinare le nuove combinazioni di servizi turistici realizzate grazie ai cambiamenti intervenuti dalla fine del secolo scorso e nella cd. “era digitale”.
L’obiettivo della direttiva è enunciato all’art. 1 e consiste nel “contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato e più uniforme possibile di protezione dei consumatori, mediante il riavvicinamento di taluni aspetti delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli stati membri in materia di contratti tra viaggiatori e professionisti relativi a pacchetti turistici e servizi turistici collegati”.
I motivi che hanno portato a un nuovo intervento del Consiglio sono esplicati nei considerando introduttivi e preliminari. In questi il Consiglio riconosce che la precedente direttiva 90/314/CEE ha contribuito in maniera importante a fornire una tutela ai consumatori in materia di pacchetti turistici, con particolare riferimento agli obblighi di informazione, alla responsabilità dell’esecuzione del pacchetto e a quella nel caso di insolvenza dell’organizzatore o del venditore.
Tuttavia, il Consiglio prende atto del fatto che i mutamenti nella prassi di prenotazione dei servizi turistici è notevolmente mutata negli anni, grazie soprattutto all’avvento di internet e che la vecchia normativa non è più sufficiente a disciplinare tutte le fattispecie di pacchetti turistici che vengono creati nella realtà dai singoli viaggiatori, che si collocano così in una zona grigia12. Tutto ciò nonostante lo sforzo interpretativo della Corte di Giustizia che in certe pronunce aveva esteso la tutela offerta dalla direttiva CE/314/90 anche ai pacchetti turistici personalizzati seppur offerti dall’agenzia di viaggio. La Corte infatti nella causa 30.04.2002, X000/00, Xxxx Xxxx, Viagens e Turismo S.A. c. Xxxxxxx Xxxxxx Xxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx stabiliva che “l’espressione tutto compreso di cui all’art. 2, punto 1, della direttiva del Consiglio 13 giugno 1990, 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze e i circuiti tutto compreso, deve essere interpretata nel senso che essa include i viaggi organizzati da un’agenzia di viaggi su domanda del consumatore o di un gruppo ristretto di consumatori o conformemente alle loro richieste” e che “l’espressione prefissata combinazione di cui all’art. 2, punto 1, della direttiva del Consiglio 13 giugno 1990, 90/314/CEE deve essere interpretata nel senso che essa include le combinazioni di servizi turistici
12 Considerando n. 2 dir. UE/2302/2015: “Da quando è stata adottata la direttiva 90/314/CEE, tale mercato ha subito profondi cambiamenti. Ai canali di distribuzione tradizionali si è aggiunto Internet, che è diventato un mezzo sempre più importante attraverso il quale vengono offerti o venduti servizi turistici. Questi ultimi non sono solo combinati nella forma tradizionale di pacchetti preconfezionati, ma sono anche sempre più personalizzati. Molte di queste combinazioni di servizi turistici si trovano giuridicamente in una zona grigia o non rientrano affatto nell’ambito di applicazione della direttiva 90/314/CEE. La presente direttiva intende estenderne la tutela onde tener conto di questi sviluppi, aumentare la trasparenza e rafforzare la certezza giuridica per viaggiatori e professionisti”.
effettuate al momento in cui il contratto viene stipulato tra l’agenzia di viaggi e il cliente”.13
Nella direttiva 2015/2302/UE si riprendono alcune considerazioni già svolte nella direttiva del 1990 per quanto riguarda la necessità di armonizzare le differenti normative degli Stati membri al fine di creare un mercato comune interno in materia di servizi turistici e favorirne la circolazione. Si ribadisce l’importanza fondamentale del turismo quale strumento per attuare le libertà fondamentali dell’unione, consistenti nella circolazione dei servizi e delle persone.
Si dà atto che nonostante l’apprezzabile contributo della precedente normativa la stessa aveva lasciato una grande libertà agli stati membri nel recepimento delle norme, che di conseguenza ha comportato una grande divergenza tra le normative interne. Si considera che “attualmente nell’Unione non è ancora pienamente sfruttata la dimensione transfrontaliera del mercato dei pacchetti turistici. Le disparità delle norme che tutelano i viaggiatori nei vari Stati membri disincentivano i viaggiatori di uno Stato membro ad acquistare pacchetti e servizi turistici collegati in un altro Stato membro e, analogamente scoraggiano organizzatori e venditori in uno Stato membro dal vendere tali servizi in un altro Stato membro. Per consentire a viaggiatori e professionisti di beneficiare appieno del mercato interno, assicurando un elevato livello di protezione dei consumatori in tutta l’Unione, è necessario ravvicinare ulteriormente le legislazioni degli Stati membri relative ai pacchetti e servizi turistici collegati”14.
13 Corte di Giustizia, 30.04.2002, X000/00, Xxxx Xxxx, Viagens e Turismo S.A. c. Xxxxxxx Xxxxxx Xxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx, con nota di C.F. Xxxxxxxxx in Il Diritto Marittimo, 2004-I, p. 457 e ss.. La Corte veniva adìta sulle seguenti due questioni pregiudiziali: 1) “se i viaggi organizzati dalle agenzie su domanda e iniziativa di un consumatore o di un gruppo ristretto di consumatori e conformemente alle loro richieste, comprensivi del trasporto e dell’alloggio in un complesso turistico ad un prezzo tutto compreso e di una durata superiore alle 24 ore o comprensiva di un pernottamento, rientrino nell’ambito di applicazione dell’art. 2, punto 1, della direttiva sui viaggi organizzati”, 2) “se l’espressione prefissata combinazione contenuta in detta disposizione possa essere interpretata con riferimento al momento in cui il contratto viene stipulato tra l’agenzia e il cliente”.
14 Considerando n. 6 dir. 2015/2302/UE.
Si è reso necessario quindi un nuovo intervento per armonizzare le normative interne degli stati e cercare di creare un mercato unico in materia di prestazione dei servizi turistici.
La direttiva 2015/2302/UE interviene con una disciplina innovativa su diversi aspetti già toccati dalla normativa precedente.
Una prima novità è rappresentata dal destinatario della tutela della nuova direttiva che non è più semplicemente il “consumatore”, ma, in un’accezione più ampia, il “viaggiatore”. Infatti, pur essendo il turista e il viaggiatore consumatori ai sensi del diritto dell’Unione, la direttiva prende atto che non sempre è agevole distinguere tra consumatori e rappresentanti di piccole imprese o liberi professionisti che agiscono sì nell’ambito dell’attività lavorativa, ma di fatto operano come se fossero semplici consumatori. Tali soggetti appaiono meritevoli della medesima tutela offerta ai consumatori.
Al contrario la direttiva non si applica a quei soggetti che definiscono le modalità di viaggio secondo accordi generali i quali non hanno diritto al livello di protezione stabilito per i consumatori15. Mentre quindi ai sensi del diritto dell’Unione il discrimine per identificare un consumatore rispetto a un non consumatore è l’agire del consumatore al di fuori della propria attività lavorativa, ai sensi della direttiva in commento la tutela di protezione a favore del viaggiatore si applica non solo ai consumatori veri e propri ma anche a chi agisce per scopi professionali ma al di fuori di accordi generali.
All’art. 3 si dà una definizione di pacchetto turistico innovativa rispetto alla normativa precedente. Mentre infatti la direttiva 90/314/CEE definiva il servizio tutto compreso come “la prefissata combinazione di almeno due degli elementi in appresso, venduta o offerta in vendita ad un prezzo forfettario, laddove questa prestazione superi le 24 ore o comprenda una notte: trasporto, alloggio, altri servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio che costituiscono una
15 Considerando n. 7 dir. 2302/2015/UE: “la presente direttiva dovrebbe applicarsi a coloro che viaggiano per scopi professionali, compresi i liberi professionisti, o ai lavoratori autonomi o altre persone fisiche, qualora non definiscano le modalità di viaggio in base a un accordo generale”.
parte significativa del tutto compreso”, la direttiva 2015/2302/UE introduce numerosi elementi di novità.
La direttiva definisce come servizio turistico a) il trasporto di passeggeri, b) l’alloggio non facente intrinsecamente parte del trasporto dei passeggeri e non a fini residenziali, c) il noleggio di auto, di altri veicoli a motore ai sensi dell’art. 3 punto 11) della direttiva 2007/46 CE del Parlamento Europeo e del Consiglio oppure di motocicli che richiedono una patente di guida di categoria A a norma dell’articolo 4 paragrafo 3 lettera c) della direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, d) qualunque altro servizio turistico non facente intrinsecamente parte di un servizio turistico ai sensi delle lettere a), b) o c).
Per pacchetto turistico invece, ai sensi della nuova direttiva, si intende la combinazione di almeno due tipi diversi di servizi turistici ai fini dello stesso viaggio o della stessa vacanza se:
a) Xxxx servizi sono combinati da un unico professionista, anche su richiesta del viaggiatore o conformemente a una sua selezione, prima che sia concluso un contratto per tutti i servizi
b) indipendentemente dal fatto che siano conclusi contratti separati con singoli fornitori di servizi turistici, tali servizi sono: i) acquistati presso un unico punto vendita e tali servizi sono stati selezionati prima che il viaggiatore acconsenta al pagamento; ii) offerti, venduti o fatturati a un prezzo forfettario o globale; iii) pubblicizzati o venduti sotto la denominazione pacchetto o denominazione analoga; iv) combinati dopo la conclusione di un contratto con cui il professionista autorizza il viaggiatore a scegliere tra una selezione di tipi diversi di servizi turistici; v) acquistati presso professionisti distinti attraverso processi collegati di prenotazione online ove il nome del viaggiatore, gli estremi del pagamento e l’indirizzo di posta elettronica sono trasmessi dal professionista con cui è concluso il primo contratto a uno o più professionisti e il contratto con quest’ultimo o questi ultimi professionisti è concluso al più tardi 24 ore dopo la conferma della prenotazione del primo servizio turistico.
In primo luogo, la direttiva introduce un ulteriore servizio turistico, non compreso nei testi normativi precedenti, in presenza del quale si può avere un pacchetto turistico se combinato con almeno un altro dei servizi turistici già noti: il noleggio di auto o di altri veicoli.
Inoltre, rispetto al testo della CCV, perché si abbia un pacchetto turistico non è più necessaria la contemporanea presenza di tutti gli elementi descritti – trasporto, soggiorno, servizi che ad essi si riferiscono- ma è sufficiente la combinazione anche solo di due dei suddetti elementi, con la conseguenza che di pacchetto tristico si può parlare anche laddove non sia presente un trasporto16. È questo, ad avviso di chi scrive, un primo elemento di grande novità, che allontana la nozione di pacchetto turistico dalla concezione classica per la quale esso si risolveva sostanzialmente in un contratto di trasporto di persone, con conseguente applicazione della scarna disciplina in materia.
Inoltre, la direttiva 2015/2302/UE introduce l’elemento temporale, per il quale si può parlare di pacchetto turistico solo se la prestazione relativa alla combinazione di almeno due degli elementi suddetti non è inferiore alle 24 ore o comprende una notte.
Inoltre, la lettera d) dell’art. 3 punto 1 indica in maniera generica qualunque altro servizio turistico non facente intrinsecamente parte di un servizio turistico ai sensi delle lettere a), b) o c). Tale formulazione ad avviso di chi scrive consente di personalizzare i pacchetti turistici con l’inclusione di servizi turistici non accessori ai servizi turistici descritti esplicitamente dalla norma, scelti dal viaggiatore in sede di formulazione del pacchetto turistico. In questo modo la normativa accoglie e positivizza l’interpretazione estensiva data dalla corte di Giustizia con la quale si consentiva l’applicazione della normativa sui pacchetti preconfezionati anche alle combinazioni di servizi turistici personalizzate da viaggiatore e professionista.
16 X. Xxxxxxxxx- X. Xxxxx, I contratti relativi alla fornitura di servizi turistici, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxx, vol. XXX, La tutela del consumatore, Xxxxxxxxxxxx, 2009, p. 377
La direttiva distingue inoltre tra i pacchetti e i servizi turistici collegati che non formano un pacchetto e che non necessitano della relativa tutela, affermando che è necessario che il viaggiatore sappia quale forma di collegamento acquistare e quale tutela è collegata ad ognuno di essi.
Di particolare interesse, anche ai fini del presente scritto, è il capo relativo agli obblighi di informazione di cui si parlerà più approfonditamente nei capitoli successivi. L’art. 5 prevede stringenti obblighi contrattuali in capo all’organizzatore e al venditore da adempiere prima della conclusione del contratto. Tutte le suddette informazioni hanno carattere vincolante. Inoltre, l’art.
7 comma 2 prevede che determinate informazioni precontrattuali vengano riportate nel contenuto del contratto. L’onere della prova relativo all’adempimento degli obblighi informativi è posto in capo al professionista.
La direttiva inoltre prevede la possibilità per il viaggiatore di cedere a terzi il pacchetto, di recedere dallo stesso prima dell’inizio dello stesso, mentre per gli organizzatori la possibilità di apportarvi modifiche unilaterali, salva la facoltà del viaggiatore di recedere qualora queste vadano a modificare in maniera sostanziale le caratteristiche dei servizi turistici compresi.
La direttiva all’art. 13 in materia di responsabilità dell’esecuzione del pacchetto prevede la responsabilità dell’organizzatore. Lascia tuttavia agli Stati membri la possibilità di porre a carico anche del venditore tale responsabilità.
L’art. 23 sancisce il carattere imperativo della direttiva.
2. Le fonti interne
2.1. La Costituzione
La Costituzione Repubblicana non contiene alcun riferimento espresso alla materia del turismo, tuttavia essa trova riconoscimento indiretto in numerose disposizioni che riguardano diritti fondamentali della persona e che sono strettamente connessi ad essa.
In primo luogo, si ritiene che il turismo rappresenti una modalità di espressione e sviluppo della personalità umana. In quanto tale trova tutela nell’art. 2 Cost. e nell’art. 3 Cost. per cui è compito dello Stato garantire lo svolgimento di tale attività e l’accesso alla stessa di tutti i cittadini, rimuovendo gli ostacoli di tipo economico o sociale, secondo il principio di uguaglianza sostanziale17.
Un rilevantissimo interesse coinvolto nella materia turistica è senza dubbio il diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost. secondo diverse accezioni. In primo luogo, in quanto l’attività turistica deve essere svolta senza tradursi in un nocumento alla salute, ma al contrario spesso essa è tesa al mantenimento e al recupero della stessa (si pensi al turismo termale) intesa come benessere non solo fisico ma anche psico-fisico18.
Strettamente collegati all’attività turistica sono inoltre i beni della cultura e dell’ambiente, tutelati dall’art. 9 Cost. Il turismo infatti non può consistere in un danno al patrimonio culturale e ambientale, ma al contrario il più delle volte contribuisce alla sua salvaguardia.
Strettamente connesse sono anche le libertà fondamentali di circolazione e soggiorno (art. 16 Cost.), riunione (art. 17 Cost.) e associazione (art. 18 Cost.).
Non meno importante risulta la libertà di iniziativa economica privata di cui all’art. 41 Cost., nei limiti fissati dalla medesima disposizione. L’esercizio delle attività turistiche infatti è tutelato in quanto mezzo di produzione e scambio di
17 P. M. Xxxxxxx, op. cit., p. 41
18 Xxxxxx, p. 43
beni e servizi, la cui libertà rappresenta come visto un principio fondamentale
dell’Unione Europea.
La materia del turismo figurava espressamente nella vecchia formulazione dell’art. 117 Cost., precedente alla riforma del titolo V attuata con la legge costituzionale del 2001, nel quale si affidava alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni la materia del Turismo e dell’industria alberghiera.
Con la riforma l’espressione “turismo e industria alberghiera” è stata eliminata dall’art. 117 Cost. La competenza regionale in materia successivamente alla riforma, quindi, sembrerebbe a prima vista più ampia, in quanto, se nella formulazione precedente essa era collocata nella competenza regionale concorrente, pertanto soggetta alla definizione statale dei principi fondamentali, nell’attuale formulazione sembrerebbe compresa nella competenza regionale esclusiva o residuale, non essendo compresa espressamente in quella esclusiva statale o in quella concorrente19.
La competenza legislativa regionale sembrerebbe così piena e non soggetta neanche alla definizione dei principi fondamentali, ma a ben vedere essa soggiace a numerosi limiti, dovuti all’attribuzione alla competenza statale di materie trasversali che toccano anche la materia turistica. Ad esempio, in tema di tutela della concorrenza la materia turistica è attratta nella potestà legislativa esclusiva dello Stato. Allo stesso modo compete allo Stato in via esclusiva anche la disciplina in materia di giurisdizione e norme processuali e ordinamento civile20 e penale ai sensi del comma 1 lett. l) dell’art. 117 Cost. Il medesimo comma alla lett. s) prevede poi la legislazione esclusiva dello Stato anche in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, materie queste che come si è visto in precedenza, hanno una strettissima connessione con la materia turistica.
19 X. Xxxxxxxxxxxxx – X. Xxxxxxx, Manuale di diritto del turismo, cit., p. 7
20 X. Xxxxxx, Il diritto del turismo nell’ordine giuridico di mercato, Giappichelli, p. 21 secondo la quale “in linea di principio si deve escludere che le Regioni possano esercitare la competenza normativa esclusiva ad esse attribuita nella materia turistica dalla Costituzione con riferimento alla disciplina dei rapporti tra privati. Infatti, l’art. 117 Cost. riserva alla competenza esclusiva dello Stato la normazione in materia di ordinamento civile”.
In altre materie invece lo Stato ha competenza legislativa concorrente, come per la disciplina delle professioni21, o dell’urbanistica/ governo del territorio e quindi anche per questi aspetti, qualora riguardassero la materia turistica, la competenza regionale sarebbe limitata dalla fissazione dei principi fondamentali da parte della legge statale.
La competenza regionale esclusiva pertanto si ridurrebbe a quegli aspetti del turismo che non sono coinvolti in materie comprese nella potestà legislativa esclusiva statale, né concorrente.
Infine, un ulteriore limite alla potestà legislativa regionale in materia di turismo, di carattere generale, è dato dalla possibilità dello Stato di attrarre a sé le funzioni amministrative nel caso queste non vengano adeguatamente svolte dagli enti territoriali, secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. È opinione comune che in tali casi, per il parallelismo tra funzioni amministrative e legislative, lo Stato avrebbe anche la relativa potestà legislativa. Pertanto, qualora le funzioni amministrative degli enti territoriali in materia di turismo non fossero adeguatamente svolte, lo Stato avocando a sé la funzione avrebbe anche il potere di dettarne la disciplina positiva22.
2.2 Il D. Lgs n. 111 del 17 marzo 1995 e il codice del consumo
Con il D. Lgs. 111 del 1995 è stata recepita all’interno del nostro ordinamento la direttiva 90/314/CEE. Con l’atto di recepimento non si è però provveduto a dare una disciplina organica della materia che tenesse conto anche della normativa preesistente23. Xxxx, la delega prevedeva espressamente che fossero fatte salve le disposizioni più favorevoli al consumatore contenute nella Convenzione di
21 X. Xxxxxxxxxxxxx – X. Xxxxxxx, Manuale di diritto del turismo, cit., p. 11, La Corte Costituzionale con sentenze n. 222 del 2008 e n. 271 del 2009, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della disciplina dettata dalla regione Xxxxxx-Romagna istitutiva di una nuova professione di animatore turistico afferma che “l’attribuzione della materia delle professioni alla competenza dello Stato prescinde dal settore nel quale l’attività professionale si esplica e corrisponde all’esigenza di una disciplina uniforme sul piano nazionale che sia coerente anche con l’ordinamento comunitario”.
22 Ibidem, p. 9
23 X. Xxxxxxxxx- X. Xxxxx, I contratti relativi alla fornitura di servizi turistici, cit., p. 377
Bruxelles del 1970 facendo sorgere così difficoltà nel coordinamento delle due discipline.
Il D. lgs. 111/1995 è confluito senza sostanziali modifiche nel D. Lgs. 6 settembre 2005 n. 206, cd. Codice del Consumo, dove ha trovato collocazione negli articoli da 82 a 100. Quest’ultimo rappresenta un provvedimento volto a riordinare la normativa in materia di tutela del consumatore, tutela che ha come fulcro la sua informazione e attraverso questa si prefigge l’obiettivo di migliorare il funzionamento del mercato e gli standard qualitativi di prodotti e servizi24.
Per quanto riguarda la definizione di “pacchetto turistico”, all’art. 84 del cod.
cons. si manteneva inalterata quella data dalla direttiva 90/314/CEE.
All’art. 83 cod. cons. si definiscono l’organizzatore, il venditore e l’intermediario di viaggio. Rilevante è la definizione data dalla lett. c), che delinea la figura specifica di “consumatore di pacchetti turistici” come “l’acquirente o il cessionario di pacchetti turistici o qualunque persona anche da nominare, purché soddisfi tutte le condizioni richieste per la fruizione del servizio, per conto della quale il contraente principale si impegna ad acquistare, senza remunerazione, un pacchetto”. La figura del consumatore è quindi ampliata facendovi rientrare anche il soggetto che acquista ma che ne riserva la fruizione a terzi25.
Rispetto al testo della direttiva 90/314/CEE, la disciplina di attuazione introduce un importante elemento di novità, riguardante la forma del contratto. L’art. 85 del codice del consumo afferma infatti che il contratto debba essere stipulato in forma scritta in termini chiari e precisi. Al consumatore deve poi essere rilasciata una copia del contratto sottoscritto o timbrato dall’organizzatore o dal venditore. Sul punto la dottrina e la giurisprudenza si sono interrogati sul ruolo del requisito formale e cioè se la forma scritta fosse richiesta ad substantiam o ad probationem. Tra le diverse opinioni a favore dell’una o dell’altra, la dottrina ha
24 Per approfondimenti sul Codice del Consumo si vedano X. Xxxxx Xxxxxx, La codificazione di settore: il codice del consumo, in Rassegna di diritto civile, 2005, p. 879 e ss.; AA.VV., Codice del consumo, Commentario, a cura di X. Xxxx – X. Xxxxx Xxxxxx, Napoli, 2005; X. Xxxx, Il Codice del consumo. Il commento, in I contratti, 2005, p. 1047 e ss.; AA.VV., Codice del consumo, a cura di X. Xxxxxxx, coordinato da X. Xxxxxxxx – X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000;
25 X. Xxxxxxxxx- X. Xxxxx, I contratti relativi alla fornitura di servizi turistici, cit., p. 383
concluso nel senso che se il legislatore avesse voluto stabilire la forma ai fini della prova lo avrebbe disposto in una specifica previsione normativa, che nel caso di specie manca26. Parte della dottrina e una certa giurisprudenza di merito hanno prospettato una forma ad substantiam27, ma a ben vedere anche questa interpretazione è stata abbandonata in favore di una forma di protezione28, di cui si parlerà più approfonditamente.
La disciplina del codice del consumo pone stringenti obblighi informativi precontrattuali a carico dell’organizzatore o del venditore, ponendo altresì il divieto espresso di fornire informazioni ingannevoli. L’inottemperanza a tale obbligo, oltre a dare luogo alle responsabilità in materia di responsabilità contrattuale di cui si dirà più avanti, configura l’illecito di pubblicità ingannevole, come affermato dalla giurisprudenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato29.
Sempre a proposito dei doveri di informazione è previsto che, qualora venga messo a disposizione un opuscolo informativo a favore del viaggiatore, opuscolo quindi non obbligatorio, le informazioni ivi contenute siano vincolanti per l’organizzatore e per il venditore secondo le rispettive responsabilità.
Ulteriori norme sanciscono la possibilità di cedere il contratto a terzi (art. 89 cod. cons.), di modificare le condizioni contrattuali da parte dell’organizzatore o del venditore prima della partenza dandone pronta comunicazione scritta al
26 Ibidem, p. 39
27 Ibidem, p. 384; Trib. Bari, 08.08.2000 secondo la quale “il contratto di vendita di pacchetto turistico comprensivo di viaggio e soggiorno o servizi turistici non accessori ai primi due elementi, richiede la forma scritta ad substantiam”, con nota di X. Xxxxx, Pacchetti turistici: forma del contratto, danno da vacanza rovinata e limite risarcitorio, in Dir. Trasp., 2001, p. 783; X. Xxxxxxxx, I contratti di viaggio, Cedam, 2008, p. 22
28 X. Xxxxxxxxx- X. Xxxxx, I contratti relativi alla fornitura di servizi turistici, cit., p. 385; X. Xxxxxxxxxx- X. Xxxxxxx, La Vendita di pacchetti turistici. La direttiva 13 giugno 1990 n. 90/314/CEE e il D. Lgs 17 marzo 1995 n. 111, Torino, 1998, p. 41; X. Xxxxx, sub art. 85 in AA.VV., Codice del Consumo, commentario, a cura di X. Xxxx- X. Xxxxx – Xxxxxx, Napoli, 2005, p. 573
29 X. Xxxxxxxx, I contratti di viaggio, cit., p. 24 che riporta Garante Conc. E mercato, 18.05.1995,
n. 3045, in Riv. Dir. Ind. 1996, II, p. 74 secondo la quale “costituisce pubblicità ingannevole la descrizione di un albergo inserita nel catalogo di un viaggio organizzato recante informazioni non veritiere sulla categoria e sulle caratteristiche dell’albergo stesso”.
viaggiatore (art. 91), la possibilità per quest’ultimo di recedere dal contratto (art.
90).
La responsabilità dell’organizzatore e del venditore è sancita dall’art. 93 codice del consumo. Essi sono tenuti al risarcimento del danno secondo le rispettive responsabilità anche nel caso in cui si siano avvalsi di terzi prestatori di servizi.
Sono infine previste tutele per il viaggiatore contro l’insolvenza del professionista, quali l’obbligo di assicurazione e l’istituzione di un fondo di garanzia.
2.3 Il Codice del turismo, D. Lgs 23 maggio 2011 n. 79
Con il D. Lgs. 79/2011 è stato approvato il “codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo”, il cd. Codice del Turismo, con il quale il legislatore intendeva semplificare e riorganizzare la materia del turismo, coordinare le disposizioni vigenti ed eliminare eventuali sovrapposizioni e contraddizioni30 in un contesto normativo molto complicato, “caratterizzato da una serie di leggi delega e relative modificazioni, nonché da principi e criteri direttivi individuati in parte per relationem, ossia con rinvio a quelli di altra legge delega”31.
Il capo I del titolo VI è dedicato ai contratti del turismo organizzato e in esso è stata trasfusa la disciplina prima contenuta negli articoli da 82 a 100 del codice del consumo, nel quale a sua volta era stata trasfusa la disciplina contenuta nel D. Lgs 111/1995 di recepimento della direttiva 90/314/CEE.
Nella relazione illustrativa al nuovo codice, il turista viene definito come un consumatore di tipo speciale32, “un consumatore non attrezzato a risolvere i problemi che si pongono durante la vacanza in un luogo lontano dalla sua dimora
30 X. Xxxxxxxxx, Contratti e responsabilità nel codice del turismo, cit., p. 9
31 P.M. Xxxxxxx, xxx., x. 00
00 X. Xxxxxxxxx, I contratti del turismo organizzato, in X. Xxxxxxxxxxxxx – X. Xxxxxxx, Manuale di diritto del turismo, cit., p. 313; X. Xxxxx, Xxxxxxxxx asimmetrici, codici di settore e tutela del contraente debole, in Obbligazioni e contratti, p. 442; X. Xxxxxxxx, I pacchetti turistici dopo la riforma, cit., p. 16
abituale e genericamente incline a subire il disservizio pur di non perdere il poco
tempo a disposizione per rilassarsi”.
In dottrina ci si è chiesti il motivo della collocazione della disciplina dei contratti turistici in un testo di legge diverso rispetto a quello riguardante tutti i consumatori in generale. La ragione potrebbe trovarsi nel fatto che la direttiva 90/314/CEE avrebbe, dal punto di vista soggettivo, un’applicazione più ampia rispetto a quella del codice del consumo33. Infatti, mentre la disciplina consumeristica generale trova applicazione ai contratti conclusi tra un professionista e un consumatore, secondo la nozione ristretta ivi contenuta, le norme della Direttiva 314/90/CEE, si applicano ai contratti aventi ad oggetto la fornitura di un servizio turistico tutto compreso, stipulato da un organizzatore o un venditore e un consumatore, quest’ultimo inteso però non secondo l’accezione ristretta di cui al codice del consumo, bensì secondo un’accezione più ampia che non tiene conto del fatto che la controparte dell’organizzatore o del venditore sia una persona fisica o un ente e che agisca per scopi estranei all’attività professionale34. A livello definitorio, infatti, si parla di “intermediario” al posto di quello di “venditore”, di “turista” in luogo di quello di “consumatore di pacchetto turistico”, “volendo così circoscrivere la tutela ivi apprestata ad un determinato settore della contrattualistica di consumo, ma anche significare, ai fini della tutela ivi prefigurata, l’irrilevanza della qualità di persona fisica del contraente e per converso la rilevanza della finalità di acquisto del pacchetto turistico”35.
In sostanza si tratta di un intervento legislativo volto a raccogliere in un unico testo tutte le norme, privatistiche e pubblicistiche, relative a un settore, quello dei
33 G. De Cristofaro, La disciplina dei contratti turistici aventi ad oggetto pacchetti turistici nel codice del turismo (D. Lgs. 23 maggio 2011 n. 79): profili di novità e questioni problematiche, in Studium iuris, 2011, I, Cedam, p. 1144
34 Ivi
35 X. Xxxxxxxx, I pacchetti turistici dopo la riforma, cit., p. 24; X. Xxxxx – X. Xxxxxxxxx, La disciplina del codice del turismo, in Diritto del Turismo, Giappichelli, Torino, p. 171
servizi turistici36, comprese quelle a tutela del consumatore prima contenute nel codice del consumo.
Questa trasposizione di norme dal codice del consumo al codice del turismo non significa che alla materia del turismo non debbano essere applicate le tutele del consumatore. L’art. 32 comma 3 del D. Lgs 79/2011 stabilisce che “per quanto non previsto dal presente capo, si applicano le disposizioni del codice del consumo di cui al D. Lgs 6 settembre 2005 n. 206”. In sostanza, relativamente ai contratti turistici, per gli aspetti non trattati dal codice del turismo, si applicherebbe la disciplina generale del codice del consumo, ma solo per quei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore che rientrino nelle definizioni dell’art. 3 codice del consumo37. Per questi il codice del consumo continuerebbe a rappresentare la parte generale applicabile a tutti i consumatori, compresi i consumatori-turisti, i quali poi sarebbero soggetti alle tutele specifiche della normativa di settore, di cui al codice del turismo38. Secondo un’altra opinione39, la nozione di “turista” corrisponderebbe invece a quella di consumatore.
Viene innovata anche la nozione di pacchetto turistico: “i pacchetti turistici hanno ad oggetto i viaggi, le vacanze, i circuiti tutto compreso, le crociere turistiche, risultanti dalla combinazione, da chiunque ed in qualunque modo realizzata, di almeno due degli elementi di seguito indicati, venduti od offerti in vendita ad un prezzo forfetario: a) trasporto; b) alloggio; c) servizi turistici non accessori al trasporto o all'alloggio di cui all'articolo 36, che costituiscano, per la soddisfazione delle esigenze ricreative del turista, parte significativa del pacchetto turistico”.
36 Ibidem, p. 1146.
37 Ivi
38 X. Xxxxxxxxx, Contratti e responsabilità nel codice del turismo, cit., p. 9
39 Xxxxxx, p. 20, “Dai considerando, emerge che le finalità dell’intervento comunitario si giustificano (anche) in vista di un innalzamento della tutela del turista quale soggetto tipico destinatario della normativa di protezione e risponde, dunque, in tutto e per tutto, al consumatore così come definito anche dalla normativa interna”.
A parte menzionare espressamente le crociere turistiche, che soprattutto nella seconda metà del secolo scorso rappresentavano la modalità di viaggio più diffusa e praticata, il codice del consumo applica la nozione di pacchetto turistico alla combinazione dei servizi ivi descritti da chiunque e in qualunque modo realizzata. Nell’ottica quindi di tutelare sempre di più il viaggiatore - consumatore, si ritiene applicabile la normativa sui pacchetti turistici anche a quelle combinazioni di servizi realizzate non solo dalle agenzie di viaggio tradizionali, ma da chiunque altro. Tale modifica rispetto alla normativa precedente deriva dalla presa di coscienza del fatto che, grazie all’avvento di internet, il viaggiatore ha la possibilità di prenotare direttamente i servizi turistici senza l’intermediazione di un agente apposito, quali le agenzie di viaggio tradizionali. Non si fa più riferimento inoltre all’elemento temporale, per cui per pacchetto si intende anche la combinazione di servizi turistici inferiore alle 24 ore o che non comprenda un pernottamento.
L’art. 43 comma 1 sancisce che “si considerano inesatto adempimento le difformità degli standard qualitativi del servizio promessi o pubblicizzati”, dove il termine “pubblicizzati va inteso nel senso più ampio possibile e non limitato, quindi, alla pubblicità in senso stretto; andranno quindi ricomprese le informazioni rese tramite l’opuscolo informativo e qualsiasi altro mezzo in fase precontrattuale, di stipula e in corso di esecuzione”40.
Viene menzionato e disciplinato espressamente il danno da vacanza rovinata e vengono mantenute disposizioni a tutela del consumatore quali l’obbligo di polizza e le altre garanzie facoltative.
Per quanto riguarda la disciplina rimasta immutata rispetto alla precedente, in questa rientrano le disposizioni sulla forma del contratto, che deve essere redatto in forma scritta in termini chiari e precisi.
40 Ivi
Rimangono sostanzialmente invariati anche gli obblighi informativi in capo al professionista e a favore del consumatore, i quali però sono elencati in maniera più dettagliata.
2.4 Il D. Lgs. 21 maggio 2018 n. 62
Il D. Lgs 62/2018 è l’atto normativo con il quale è stata recepita in Italia la direttiva 2015/2302/UE e che va a sostituire la normativa del codice del turismo, inserendo la nuova disciplina negli articoli da 32 a 48.
Come già detto quando si è parlato del contenuto della direttiva, anche il D. Lgs di recepimento ha accolto la nozione più ampia di “viaggiatore” in luogo di quella di “turista”, comprendendo anche le persone fisiche che agiscono nell’ambito dell’attività professionale.
La nozione di pacchetto turistico è modificata nel senso indicato dalla direttiva 2302/2015/UE e di cui si è già parlato. Gli obblighi di informazione nei confronti del viaggiatore sono stringenti e vincolanti per i professionisti in capo ai quali sono posti. La forma del contratto è libera e non più scritta, ma una copia del contratto deve essere consegnata su supporto durevole, in conformità a quanto stabilito dall’art. 5 della direttiva. Il nuovo testo dell’art. 36 cod. tur. indica quale deve essere il contenuto del contratto in modo più ampio e dettagliato rispetto alla precedente formulazione “prevendendo precisazioni aggiuntive, nell’ottica di una più ampia tutela del viaggiatore”41.
Per quanto riguarda le ipotesi di modifica del pacchetto, l’art. 40 limita i casi di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali a quelle per le quali il professionista ha fatto espressa riserva.
Vengono riproposte le norme della direttiva in materia di diritto di recesso del viaggiatore, diritto di recesso del professionista e aumento del prezzo.
41 X. Xxxxxxxx, I pacchetti turistici dopo la riforma, cit., p. 39
CAPITOLO 2
GLI OBBLIGHI INFORMATIVI
1. I doveri di buona fede e correttezza
Nella normativa in materia turistica di cui si è parlato nel capitolo precedente, gli obblighi informativi posti a tutela del viaggiatore sono elencati in maniera specifica e dettagliata. Tuttavia, essi, anche se non esplicitati, sono doveri presenti in ogni regolamento contrattuale e derivano dalla presenza nel nostro ordinamento di clausole generali, nello specifico quelle di buona fede (art. 1375 c.c.) e correttezza (art. 1175 c.c.), delle quali è opportuno parlare per comprendere il fondamento degli obblighi di informazione.
La buona fede è richiamata in diverse disposizioni del Codice civile sul contratto, come l’art. 1337 che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede durante le trattative, l’art. 1358 che impone il medesimo dovere in pendenza della condizione sospensiva eventualmente apposta, l’art. 1366 in materia di interpretazione e infine l’art. 1375 che afferma che il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.
La buona fede menzionata in tutte le disposizioni citate è la buona fede oggettiva42, che si sostanzia in un modello di comportamento e consiste nel dovere di comportarsi secondo un modello socialmente apprezzabile e riconosciuto come positivo. “La buona fede tuttavia non impone un comportamento a contenuto prestabilito. Essa è piuttosto una clausola generale che richiede comportamenti diversi, positivi od omissivi, in relazione alle concrete circostanze di attuazione del rapporto”43. Il comportamento secondo buona fede è posto dagli articoli citati come un vero e proprio obbligo giuridico, diretto al perseguimento di determinati fini. È una clausola generale, applicabile a ogni tipo di regolamento contrattuale, il cui contenuto non viene determinato a
42 La buona fede oggettiva si distingue dalla buona fede soggettiva, che riguarda invece uno stato intellettivo del soggetto definito come ignoranza di ledere l’altrui diritto o errore. Sulla distinzione tra buona fede oggettiva quale comportamento e buona fede quale fattore psicologico
X. Xxxxx, La buona fede nella teoria dei fatti giuridici di diritto privato, Torino, 1949, p. 17 e X. Xxxxxxxxxxx, La buona fede in senso soggettivo nel sistema del diritto privato, in Studi sulla buona fede, Milano, 1975, p. 77 e ss.
43 C. M. Xxxxxx, La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale, in
Rivista di diritto civile, 1983, I, p. 206
priori dal legislatore, ma che al contrario si concretizza in diversi comportamenti specifici a seconda del caso in cui interviene e soltanto nel momento in cui viene concluso un contratto.
La buona fede è concettualmente correlata al dovere di cui all’art. 1175 c.c. che impone al debitore e al creditore di comportarsi secondo le regole della correttezza. Quest’ultima riguarda maggiormente la considerazione dell’utilità dell’altra parte44 e comporta l’obbligo di attuare quei comportamenti tesi a facilitare il raggiungimento dell’interesse della controparte e agevolare l’esecuzione dell’assetto contrattuale.
Appare quindi chiaro come le regole di buona fede oggettiva e correttezza riguardino entrambe un dovere di comportamento, che viene posto in capo a un soggetto nel momento in cui egli intende realizzare un determinato assetto di interessi, attraverso la conclusione di un contratto e sono essenzialmente tese a favorire l’accordo, impedendo che una parte approfitti dell’altra.
Nel Codice civile, come già visto, il dovere di buona fede riguarda sia la fase precontrattuale45 sia l’esecuzione del contratto46. Nella prima, in cui si forma la volontà delle parti, il comportamento secondo buona fede tende a fare in modo che le stesse arrivino all’accordo e concludano il contratto in maniera consapevole, mentre nella seconda, in cui le parti hanno già raggiunto l’accordo contrattuale e devono adempiere le rispettive obbligazioni il dovere di comportarsi secondo buona fede è teso a dare corretta esecuzione allo stesso. La buona fede quindi pervade tutta la materia contrattuale, dalle trattative fino all’esecuzione.
Da qui il carattere strumentale di tali doveri, che tendono a fare in modo che le parti realizzino gli interessi per i quali intendono stipulare un contratto o lo hanno già stipulato. Più precisamente in capo a ogni parte è posto il dovere di comportarsi secondo buona fede e correttezza per far sì che l’altra parte realizzi
44 Ibidem, p. 210
45 Art. 1337 c.c. secondo il quale “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.
46 Art. 1375 c.c. “il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”
gli interessi che si prefigge con il contratto, in una visione altruista e solidaristica del regolamento contrattuale.
E infatti sono espressione del dovere di solidarietà sancito dalla carta costituzionale e posto in capo a tutti i cittadini all’art. 2 Cost., il quale in via generale richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. L’art. 41 Cost. ne parla invece nell’ambito dell’iniziativa economica privata e ne mette in risalto l’utilità sociale.
Con riferimento al rapporto contrattuale esprime una concreta esigenza di solidarietà che può indicarsi come solidarietà contrattuale47. Il superamento della concezione egoistica della contrattazione privata attraverso l’imposizione dei doveri di solidarietà comporta che ciascuna parte non miri soltanto alla realizzazione dei propri interessi, ma al contrario si adoperi perché l’altra parte realizzi i propri e ne agevoli in ogni modo il raggiungimento. Ne consegue che il comportamento secondo buona fede e correttezza è un dovere imposto per evitare che una parte approfitti della debolezza altrui a proprio vantaggio e che garantisce l’adempimento del dovere generale di solidarietà, del quale risulta una specificazione che si concretizza nel singolo contratto in un comportamento determinato.
In particolare, nella fase precontrattuale e di interpretazione si sostanzia nella lealtà del comportamento, mentre nell’esecuzione assume un’accezione anche di salvaguardia48, del contratto e dell’interesse della controparte. “In definitiva, la clausola di buona fede nell’esecuzione del contratto fa obbligo alla singola parte di attivarsi, ponendo in essere gli atti o le attività necessarie, al fine di salvaguardare l’interesse della controparte, ovverosia al fine di consentire che il contratto realizzi appieno il programma economico che le parti hanno convenzionalmente stabilito”49.
47 C. M. Xxxxxx, La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale, cit., p.
209
48 Ivi
49 G.M. Uda, La buona fede nell’esecuzione del contratto, Xxxxxxxxxxxx, 2004, p. 91
Nonostante, come detto, la clausola di buona fede non abbia un contenuto prestabilito, ma al contrario si tratti di una clausola volta a esplicarsi in comportamenti specifici in relazione al singolo contratto, è possibile identificare alcuni comportamenti – tipo che ne sono manifestazione. Corrisponde al dovere di comportarsi secondo buona fede, ad esempio, compiere atti giuridici o materiali non previsti inizialmente, ma che si rendono necessari per salvaguardare l’interesse della controparte, modificando in caso il proprio comportamento, salvo che non comportino un sacrificio eccessivo per la parte onerata o, ancora, informare la controparte di tutte le circostanze rilevanti per l’esecuzione del contratto e di cui sia venuta a conoscenza una sola parte. Quest’ultimo è il fondamentale dovere di informazione.
È utile fare un brevissimo cenno su come materialmente le clausole generali di buona fede e correttezza entrino a far parte del regolamento contrattuale e abbiano forza vincolante50. È ammesso in dottrina e giurisprudenza che esse siano da annoverare tra le fonti di integrazione del contratto, ai sensi dell’art. 1374 c.c. secondo il quale il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi o l’equità. Nonostante la apparente tassatività delle fonti di integrazione del contratto si è rilevato che la norma posta dall’art. 1375
c.c. non potrebbe escludere l’integrazione di altre fonti legali, ma che al contrario
escluda solo l’integrazione da parte di altre fonti extralegali51.
La buona fede pertanto è fonte di integrazione del contratto, non esclusa dall’elenco di cui all’art. 1374 in quanto disposizione di legge dello stesso rango, ancorché autonoma52. Essa ha come effetto quindi quello di inserire nel
50 C.M. Xxxxxx, La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale, cit., p. 206, secondo il quale la buona fede potrebbe imporre alle parti di operare diversamente da quanto stabilito dal contratto e che la prevalenza conseguirebbe al carattere di ordine pubblico della stessa.
51 X. Xxxxxx, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969, p. 118
52 G.M. XXX, La buona fede nell’esecuzione del contratto, cit., p. 127 secondo il quale l’art. 1374 c.c. non può considerarsi norma in bianco, e quindi la buona fede non rileva come fonte di integrazione del contratto in forza della non esclusione (e quindi dell’implicito richiamo) dall’elenco di cui all’art. 1374 c.c.. Essa piuttosto rappresenta una fonte di integrazione autonoma, posta dalla disposizione di legge dell’art. 1375 c.c.
regolamento contrattuale obblighi che le parti non avevano espressamente previsto, accessori, ulteriori e distinti dalle obbligazioni principali volute dalle parti.
Essi, a causa dell’ingresso nel contratto tramite l’art. 1375 c.c. sono suscettibili di inadempimento e di relativa responsabilità. Tuttavia, non insistendo direttamente sulla realizzazione dell’assetto contrattuale, essi costituiranno inadempimento solo in caso di mancato funzionamento del regolamento contrattuale.
2. Gli obblighi informativi
L’obbligo di informazione è un esempio ricorrente e fondamentale di comportamento nel quale si esplica il dovere di buona fede tendente a salvaguardare l’interesse della controparte. Esso solitamente, tranne nei casi specifici che si vedranno più avanti, non è espressamente contenuto e menzionato né nel regolamento contrattuale convenzionale né è previsto espressamente dalla legge53. Xxxxxx, come già detto, dall’adempimento dei doveri posti dalle clausole generali.
Si sostanzia nel dovere di comunicare all’altro contraente tutte le informazioni utili che riguardano il contratto, sia nella fase precontrattuale, in modo che il soggetto possa formare correttamente la propria volontà, sia nella fase successiva, in modo che le parti possano dare corretta esecuzione agli accordi presi. In una accezione specialistica “l’informazione integra un obbligo posto a carico di taluni soggetti quando entrano in rapporto con altri, come avviene nelle trattative contrattuali o nella presentazione di beni o servizi oggetto di rapporti giuridici”54. Essa quindi è strumentale alla corretta formazione della volontà delle parti (nell’informazione precontrattuale) o alla conoscenza delle modifiche intervenute nella fase successiva alla conclusione del contratto e quindi alla realizzazione degli interessi sottesi al contratto stesso e al suo corretto funzionamento55.
53 C.M. Xxxxxx, La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale, cit., p.
213
54 Xxxx Xxxxxxxxx, voce Informazione, in Dig. Civ., IX, Torino 1993, p. 421, dà altre definizioni di Informazione, “in un primo senso, contenutistico, per informazione si intende qualsiasi dato rappresentativo della realtà che viene conservato da un soggetto oppure comunicato da un soggetto a un altro. In un secondo senso, funzionalistico, sotto il termine informazione si ricomprendono quelle attività di comunicazione al pubblico svolte da taluni mezzi, quali la stampa, la radio e la televisione”.
55 Xxxx Xxxxxxxxx, voce Informazione, cit., p. 423, “volendo redigere un elenco di questi obblighi di informazione esso sarebbe interminabile: il civilista vi è abituato per consuetudine con la responsabilità precontrattuale ed il dovere di correttezza nelle trattative, con la conoscibilità delle condizioni generali, con la convocazione delle assemblee, con il consenso informato. (…) Qui la nozione di informazione assume un dignificato diverso: importa soprattutto il suo contenuto, che però è variabile in relazione a quelle che possono essere le aspettative, gli interessi o i diritti dell’altra parte. Essa va fornita perché la formazione della volontà non sia inficiata da ignoranza; ma anche perché il soggetto possa utilizzare correttamente il bene o il servizio.”
Gli obblighi informativi, per la generalità dei contratti, non hanno necessità di essere inseriti espressamente nel contratto, in quanto derivanti dal dovere di buona fede e già solo per questo cogenti. Essi sono posti a carico e a favore di entrambe le parti contrattuali, senza necessità che vi sia una parte tutelata maggiormente rispetto all’altra.
E infatti, il legislatore del 1942 nel dettare la disciplina del contratto si è ispirato ai principi dell’autonomia contrattuale, sulla base della quale le parti possono determinare liberamente il contenuto del contratto, e di uguaglianza formale, sul presupposto che entrambe abbiano la medesima forza contrattuale e agiscano su un piano di parità. A tali regole erano previste poche eccezioni riguardanti quei contratti in cui vi era una sostanziale iniquità o un vantaggio di un contraente che si fosse approfittato di una situazione di debolezza della controparte.
Come eccezione a tale regola generale si pongono quei contratti in cui una parte, per la sua posizione, si trova in una situazione fisiologica di debolezza. Tale debolezza può essere di tipo economico, ma molto più frequentemente è di tipo informativo, per cui una parte si trova ad avere un bagaglio di informazioni e conoscenze notevolmente inferiore a quello della controparte e si trova così a non comprendere appieno tutte le conseguenze giuridiche che potrebbero derivare dall’atto posto in essere.
Prendendo atto di questa sostanziale disparità tra le parti, si sono individuati i cd. “contratti asimmetrici”56, descritti appunto come quei contratti nei quali le parti non si trovano in posizione di parità, ma al contrario una di esse si trova in una posizione di sostanziale disparità informativa, non disponendo degli stessi
56 X. Xxxxx, Contratti asimmetrici, codici di settore e tutela del contraente debole, cit., p. 440, “Con la locuzione contratto asimmetrico si suole definire un nuovo paradigma contrattuale governato da regole che divergono in modo significativo da quelle dettate dal contratto di diritto comune. Caratteristica fondamentale del contratto asimmetrico è la contrapposizione tra due soggetti di mercato dotati di diversa forza contrattuale. Paradigmatico, al riguardo, risulta l’esempio del consumatore che si pone in posizione di fisiologica, strutturale debolezza rispetto al professionista”. Si vedano anche Xxxxxxxxx A.M., voce Contratto asimmetrico, in Enc. Xxxx., Xxxxxx, V, 2012, p. 375
mezzi posseduti dalla controparte per comprendere appieno il regolamento di interessi che si va a delineare con il contratto e l’eventuale rischio sotteso allo stesso.
Tali situazioni si rinvengono maggiormente nei contratti conclusi da un professionista da un lato e di un singolo che acquista beni o servizi per uso strettamente personale dall’altro. Nell’ambito di tali contratti infatti, i doveri di informazione vengono identificati come strumento principale di protezione della parte debole57, avendo come fine quello di riequilibrare le posizioni e la cd. asimmetria informativa. In tali contratti inoltre, solitamente non si ravvisa una vera e propria fase precontrattuale, la quale presupporrebbe l’esistenza di trattative individuali. Molti contratti sono infatti predisposti dal professionista sulla base di un modello valido per un numero indeterminato di singoli contratti, diretti a un numero anch’esso indeterminato di controparti, dove non c’è spazio per le richieste specifiche del singolo consumatore.
La disciplina dettata dal Codice civile per questi contratti è quella dei cd. contratti per adesione, nei quali il contenuto è predisposto secondo condizioni generali di contratto da parte di un professionista e sono disciplinati dall’art. 1341 c.c., che stabilisce “le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”. Stando al tenore letterale della norma la tutela del contraente che aderisce alle condizioni generali di contratto, sarebbe soddisfatta dalla mera conoscibilità delle informazioni. Tale norma infatti impone al soggetto che predispone il contratto l’obbligo di mettere a disposizione della controparte le informazioni utili per determinarne il contenuto, imponendo obblighi di forma
57 M.L. Chiarella, Contrattazione asimmetrica. Segmenti normativi e costruzione unitaria, Xxxxxxx, 2016, p. 53 “la tutela del consumatore sarebbe riconducibile allo status di protezione, situazione che evidenzia una particolare condizione di debolezza del soggetto nei confronti degli appartenenti alle cd. categorie forti” e dottrina ivi richiamata X. Xxxx, Status e capacità: la costruzione giuridica delle differenze individuali, Bari, 1993, p. 37, X. Xxxx – X. Xxxxx, voce Consumatore (protezione del) nel diritto civile, in Dig. Disc. Priv., Sez. Civ., XV, Appendice, Torino, 1997, p. 556
all’atto dichiarativo: “la dichiarazione non può essere liberamente esternata ma deve necessariamente essere configurata in modo tale da essere conoscibile”58. Di conseguenza secondo l’art. 1341 c.c. “l’aderente, in concreto, potrà conoscere o meno queste clausole, ma in ogni caso avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza: resta, dunque, completamente a suo carico l’onere di procurarsi l’informazione”59.
La disciplina dell’art. 1341 c.c. rappresenta una prima disciplina dei contratti standardizzati, tra parti non aventi la medesima forza contrattuale60, pur non facendo alcun riferimento alla figura del consumatore, che si andrà a delineare in seguito.
L’impostazione del codice del 1942 dunque, che considera i contraenti su un piano di parità e che per questo motivo non introduce espressamente norme di protezione a favore di una parte nei confronti dell’altra, ma dispone obblighi di buona fede e correttezza a carico di entrambe, non risulta adatta a disciplinare i contratti asimmetrici61. In sostanza nella disciplina generale del contratto, il contraente che si trova in una posizione svantaggiata dal punto di vista economico o informativo, quello che in seguito verrà definito “consumatore” non era considerato a priori contraente debole62 e nei contratti predisposti mediante condizioni generali di contratto la tutela contro la disparità informativa era rappresentata dalla mera conoscibilità delle informazioni messe a disposizione dal predisponente, che tuttavia non escludeva l’onere di informarsi.
58 X. Xxxxx Xxxxxx, Il diritto all’informazione: dalla conoscibilità al documento informativo, in
Rivista di diritto privato, 2/2004, p. 362.
59 Ibidem, p. 362.
60 X. Xxxxxxxxx – X. Xxxxx, La tutela del consumatore, in Trattato di diritto privato, cit., p. 1
61 X. Xxxx, Il ruolo dell’informazione nella tutela del consumatore, in Rivista critica del diritto privato, 1987, p. 826, secondo il quale “anche in materia di condizioni generali di vendita, per lo più praticate mediante moduli o formulari predisposti dalle imprese, i controlli possibili sulla base della disciplina vigente non sono sufficientemente adeguati agli scopi della tutela del consumatore, qui considerato come contraente debole”.
62 Ibidem, p. 4
3. Gli obblighi informativi nel diritto europeo dei contratti
La spinta verso una tutela specifica del consumatore è arrivata dai numerosi interventi in materia dell’Unione Europea, che se ne è occupata fin dal principio63. La tutela del consumatore è un obiettivo fondamentale dell’Unione Europea, che lo ha sancito all’art. 153 del Trattato UE stabilisce che: “Al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi”. La norma pone dei principi fondamentali, recepiti come si
vedrà in seguito dalla normativa interna.
In primo luogo, l’art. 153 Trattato UE menziona alcuni diritti fondamentali, quali la salute, la sicurezza e gli interessi economici e li mette in relazione con il diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi. Ciò significa in primo luogo che “il mercato non è un valore in sé, ma che deve essere regolato anche per realizzare valori esistenziali”64. In secondo luogo, la norma stabilisce i mezzi di tutela del consumatore, identificandoli nell’informazione, nell’educazione e nella pubblicità65.
Il diritto all’informazione nel contesto del diritto comunitario ha così rango
costituzionale, in quanto sancito da una norma fondamentale e in quanto il comma
3 del medesimo articolo individua lo strumento di attuazione dell’obiettivo costituzionalmente sancito66 nel ravvicinamento delle legislazioni.
63 Già nella risoluzione del Parlamento europeo del 1969 e nella Carta Europea di protezione dei consumatori, la tutela del consumatore veniva posta tra gli interessi della comunità Europea. L’atto unico europeo del 1986 ha inserito nel Trattato di Roma esplicite norme riguardanti la tutela dei consumatori. Infine, il Trattato di Maastricht del 1992 ha inserito nel trattato di Roma un apposito capo dedicato alla protezione dei consumatori.
64 X. Xxxxx Xxxxxx, Il diritto all’informazione: dalla conoscibilità al documento informativo, cit., p. 353
65 Ibidem, p. 353
66 X. Xxxxxxxxxx – X. Xxxxxxxxx, Manuale di diritto privato europeo, tomo II, Proprietà, obbligazioni, contratti, Milano, p. 392
L’educazione del consumatore si può definire come l’attività volta a fargli apprendere una effettiva conoscenza del mercato e delle sue dinamiche, “un’attività tesa a rendere percepibile il funzionamento del mercato inteso come luogo nel quale ogni scambio deve svolgersi in modo sicuro e ordinato, tale da considerare, o quanto meno da rispettare, il rapporto di equilibrata integrazione che deve sussistere fra gli aspetti economici e le ulteriori istanze espresse dalla società civile”67. L’educazione in questo senso è un concetto più ampio rispetto a quello di informazione, in quanto mira a favorire la conoscenza del mercato e dei suoi meccanismi da parte del consumatore, al fine di consentirgli di effettuare scelte autonome.
Nell’accezione posta dal diritto comunitario, l’informazione è un diritto. Le regole dell’informazione consentono al destinatario di effettuare una scelta tra le diverse offerte che il mercato xxxxxxx00. Ed è per questo motivo che l’informazione si pone alla base del corretto funzionamento della concorrenza e di tutto il mercato, con la conseguenza che “nell’attuale contesto economico vi è concordia di opinioni nell’indicare nelle asimmetrie informative una delle forme più rilevanti di fallimento del mercato”69. È proprio per gli importanti condizionamenti prodotti sul funzionamento del mercato che il diritto dei consumatori viene qualificato come un sottosistema della disciplina della concorrenza e del mercato e che “la lotta per la giustizia contrattuale è la lotta per il funzionamento del mercato”70.
Il diritto a essere informati, così come descritto dalla norma comunitaria e come recepito dall’ordinamento interno, denota un cambio di prospettiva rispetto alla normativa di cui all’art. 1341 c.c., nella quale era il contraente aderente alle condizioni della controparte, a doversi attivare per conoscere le informazioni utili,
67 Ibidem, p. 356
68 A.M. Xxxxxxxxx, Contratto asimmetrico, cit., p. 375 “un consumatore libero di scegliere deve essere anche informato e consapevole, in quanto per essere capaci occorre poter intendere, ma ciò non accade, solitamente o pienamente, a causa delle condizioni opportunistiche presenti nel mercato che l’ordinamento deve riequilibrare”.
69 X. Xxxxxxxxxx – X. Xxxxxxxxx, Manuale di diritto privato europeo, p. 361
70 X. Xxxxx- X. Xx Xxxx, Il Contratto, Torino, 2004, p. 26
le quali venivano semplicemente messe a disposizione dal predisponente. Nella nuova prospettiva, il diritto all’informazione è un diritto a essere informati dalla controparte, l’attività di informazione è posta quindi a carico di chi predispone il contenuto del contratto e deve essere realizzata in modo da garantire non la mera conoscibilità ma l’effettiva conoscenza e ridurre così le asimmetrie informative71.
Contrariamente a quanto contenuto nel Codice civile, ispirato all’uguaglianza formale dei contraenti e al principio liberistico, nel quale il corretto funzionamento del mercato era garantito dalla assoluta libertà e autonomia contrattuale, la normativa europea garantisce l’uguaglianza sostanziale delle parti72, per la quale gli squilibri tra le stesse devono essere colmate attraverso tutele specifiche per le parti deboli.
Si capisce pertanto che in tale ottica di tutela, non sia più sufficiente che i doveri di protezione, nella specie di informazione, siano genericamente contenuti nel richiamo alla vigenza della clausola della buona fede, che come detto, non ha contenuto predeterminato. Lasciare l’individuazione dei singoli doveri all’interprete infatti, lascia spazio a una incertezza nella tutela della parte debole. Al contrario, per avere certezza del fatto che le informazioni arrivino al contraente in posizione di debolezza e che si sostanzino in un comportamento verificabile e tangibile, nella normativa europea a tutela del consumatore i doveri di informazione vengono esplicitati, elencati in maniera dettagliata, riportati espressamente nel contenuto del contratto e stabiliti a priori dallo stesso legislatore.
Grazie all’intervento del diritto comunitario quindi la tutela del consumatore, attraverso la sua informazione, da successiva, cioè volta a rimediare ad eventuali squilibri già in essere, diventa preventiva73, diretta a orientare le scelte del
71 Xxxxxx, p. 363 “si tenta in tal modo di realizzare il superamento di quello sforzo fisico, oltre che economico, che procura l’onere di accedere all’informazione, cercando, quindi, di ridurre il problema delle asimmetrie informative”.
72 X. Xxxxxxxxx – X. Xxxxx, La tutela del consumatore, in Trattato di diritto privato, diretto da
X. Xxxxxxx, vol. XXX, p. 3
73 X. Xxxxx Xxxxxx, Il diritto all’informazione: dalla conoscibilità al documento informativo, cit., p. 350
consumatore nella fase precedente alla conclusione del contratto e con la chiara finalità di prevenire i conflitti. Gli obblighi informativi, da generici e non contenuti nel regolamento contrattuale, diventano specifici, facenti parte del contenuto del contratto e vincolanti, come si vedrà in seguito. L’individuazione dei doveri di informazione non è rimessa ex post alla valutazione dell’interprete, ma è compiuta dal legislatore a monte, nel momento stesso in cui detta la disciplina positiva di determinati contratti nei quali ravvisa posizioni del contraente debole particolarmente critiche.
Il ruolo centrale dell’informazione, che pervade il diritto europeo, è tipico della teoria della scelta razionale, secondo la quale il consumatore, adeguatamente informato, sia capace di compiere scelte razionali e soddisfacenti. L’uomo informato arriverebbe ad una decisione consapevole e il più possibile libera. Ne deriva che l’informazione che assume maggiore importanza è quella precontrattuale74.
74 M. L. Chiarella, Contrattazione asimmetrica. Segmenti normativi e costruzione unitaria, cit.,
p. 55. È opportuno dare atto della presenza di un diverso approccio, il quale mette in discussione l’adeguatezza dello strumento dell’informazione al fine di tutelare il soggetto contraente debole, il quale non opera in maniera razionale nelle scelte consumeristiche. È questo l’approccio seguito dalla behavioural law and economics, per la quale si veda tra gli altri X. Xxxxxxx, Behavioural law and economics. Problemi di policy, assetti normativi e di vigilanza, Xxxxxx, Xxxxxx Xxxxxx, 0000;
X. Xxxxx Xxxxxxx, X. Xxxxx (a cura di), Oltre il soggetto razionale. Fallimenti cognitivi e razionalità limitata nel diritto privato, Roma, Roma tre-press, 2014; X. Xxxxx, La nullità virtuale del contratto dopo la sentenza Rordorf, in Danno e resp., 2008
4. Il Codice del consumo.
Come detto, per lungo tempo la disciplina del codice del 1942 sui contratti standard è rimasta l’unica a dare una forma, seppur embrionale, di tutela al consumatore. Il nostro ordinamento si è dotato di una disciplina unitaria in materia di tutela del consumatore solo con il D. lgs 6 settembre 2005 n. 206 dietro le forti pressioni dell’Unione Europea. Le prime istanze di tutela del consumatore infatti hanno fatto ingresso nella normativa nazionale grazie al diritto comunitario in diversi settori specifici, ad esempio con il D. Lgs 111/1995 di recepimento della direttiva 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze e i circuiti tutto compreso. In sostanza quindi nel nostro ordinamento, prima dell’emanazione del codice del consumo, non si rinveniva una disciplina omogenea in materia di tutela del consumatore, ma erano presenti norme settoriali derivanti dalla normativa comunitaria.
L’art. 1 del Codice del consumo recepisce i principi fondamentali espressi dalla normativa comunitaria e in particolare dall’art. 153 del Trattato Istitutivo della CEE, e, in ossequio a questi, si pone come fine quello di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti75.
All’art. 3 viene data una definizione generale di consumatore, come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale svolta”. Tale definizione riprende il testo dell’art. 1469 bis Codice civile, abrogato dall’entrata in vigore del codice del consumo.
75 Art. 1 D. Lgs 6.9.2005 n. 206 “Nel rispetto della costituzione ed in conformità ai principi contenuti nei trattati istitutivi delle Comunità europee, nel Trattato dell’Unione europea, nella normativa comunitaria con particolare riguardo all’art. 153 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea, nonché nei trattati internazionali, il presente codice armonizza e riordina le normative concernenti i processi di acquisto e consumo, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti”. M. L. Chiarella, Contrattazione asimmetrica. Segmenti normativi e costruzione unitaria, cit., p. 47, X. Xxxx, Il Codice del Consumo, in I Contratti, 2005,
p. 1047, X. Xxxxxxxxx, Codice del consumo, in Corr. Merito, 2006, p. 15, X. Xxxxx, Codice del consumo. Una pagina nuova nella tutela consumeristica. Prime riflessioni sulla tutela in materia di clausole abusive, in Il Corriere Giuridico, 2005, p. 1749
Il Codice del consumo mette un punto fermo in tema di definizione del consumatore, fino ad allora definito in modo estremamente vario dalle diverse direttive successive all’art. 153 del Trattato di Maastricht. In esse il consumatore veniva identificato come persona che acquista o utilizza beni o servizi, persona che accede al credito, investitore, utente. Il dato comune si poteva rinvenire nella non professionalità del consumatore rispetto alla controparte76. Nel diritto comunitario il consumatore aveva una definizione residuale, in quanto non imprenditore e non professionista, veniva identificato in contrapposizione con un soggetto che presentava caratteristiche opposte77. Il consumatore era cioè tale nel momento dell’atto di consumo, non prima né dopo78.
La definizione di consumatore contenuta nel codice del consumo fa riferimento esclusivamente alla persona fisica79. Sono escluse dalla definizione le persone giuridiche, ma anche i professionisti, gli artigiani e i piccoli imprenditori80.
Il minimo comune denominatore di tutte le figura è l’uso esclusivamente personale dei beni o servizi acquistati, con la conseguenza che non vi è consumatore quando l’uso di tali beni o servizi è professionale.
76 X. Xxxxxxxxx – X. Xxxxx, La tutela del consumatore, in Trattato di diritto privato, cit., p. 11
77 X. Xxxxxxxxx, Disciplina dei contratti turistici e danno da vacanza rovinata, Milano, 2009, p.
45, X. Xxxx, Ancora sulla definizione di consumatore, in Contratti, 2005, p. 205
78 X. Xxxxxxxxxxxxx, Consumer protection, teoria dell’atto di consumo ed il centenario del
codice di commercio, in Giurisprudenza Commerciale, 1982, I, p. 776
79 Per approfondimenti sulla definizione di consumatore si vedano X. Xxxx, voce Consumatore, (tutela del), in Novissimo Dig. It., Xxxxxxxxx, II, Torino, 1981, p. 516 e ss.; X. Xxxx-Xxxxxxxxx, voce Consumatore (tutela del), in Enc. Giur. Treccani, VIII, Roma, 1988, p. 1 e ss.; X. Xxxxxxxxx, Per una sintesi unitaria nella difesa del consumatore, in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. 000 x xx.
00 Tale esclusione ha suscitato numerose critiche in dottrina. Dal novero dei soggetti esclusi dalla definizione di consumatore si annoverano anche gli enti senza scopo di lucro, i quali di fatto operano nelle medesime condizioni di una persona fisica, in condizione di debolezza. Tuttavia, sia la Corte di Giustizia che la Corte costituzionale sono rimasta salde nel ritenere che per consumatore debba essere intesto solo la persona fisica. La Corte Costituzione, con sentenza n. 469 del 22.11.2002, con nota di C. Perfumi, La nozione di consumatore tra ordinamento interno, normativa comunitaria ed esigenze di mercato, in Danno e responsabilità, 2003, p. 701, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1469 bis comma 2 c.c. per contrasto con gli artt. 3, 25 e 41 Cost. nella parte in cui non equiparava al consumatore le piccole imprese e quelle artigiane, afferma che la finalità della norma è quella di tutelare i soggetti privi della competenza a negoziare, competenza che invece avrebbero, proprio per l’abitualità dell’attività svolta, i professionisti, i piccoli imprenditori e gli artigiani. Si è ritenuto quindi che gli enti siano sempre dotati di maggiore forza contrattuale e operino sempre con professionalità.
La nozione di consumatore generale di cui all’art. 3 trova applicazione, come la relativa disciplina, ogniqualvolta non ve ne sia una speciale dettata per un altro settore81. E infatti la figura del consumatore non appare unitaria e riconducibile alla sola definizione del codice del consumo, ma al contrario vi sono diverse figure di consumatori, in relazione a ogni specifico settore82. Vi sarà ad esempio il turista-consumatore di pacchetti turistici.
Il Codice precisa all’art. 5 che “si intende per consumatore o utente anche la persona fisica alla quale sono dirette le informazioni commerciali”, anticipando così la tutela alla fase precedente la conclusione del contratto e non più solo alla fase di esecuzione83.
Il fulcro della tutela del consumatore secondo la normativa del codice del consumo è la sua informazione84. Già il Consiglio dell’Unione Europea con la risoluzione del 13.07.1992, oltre al già citato art. 153 del trattato CE, aveva osservato che la realizzazione del mercato interno non poteva prescindere da una politica di tutela che comprendesse l’educazione e l’idonea informazione del consumatore, sottolineando anche la necessità di una adeguata informazione a tutela della libertà di scelta.
L’educazione dei consumatori è contenuta nell’art. 4 comma 1 del codice del consumo ed è “orientata a favorire la consapevolezza dei loro diritti ed interessi, lo sviluppo dei rapporti associativi, la partecipazione ai procedimenti amministrativi, nonché la rappresentanza negli organismi esponenziali”. Essa è tesa a consentirgli di valutare liberamente e consapevolmente l’acquisto del bene o del servizio e di essere in grado di riconoscere i meccanismi pubblicitari e
81 X. Xxxxxxxxx – A Musio, La tutela del consumatore, cit., p. 16
82 È consumatore di pacchetti turistici ai sensi dell’art. 83 comma 1 l. c) del Codice del consumo “l’acquirente, il cessionario di un pacchetto turistico o qualunque persona anche da nominare, purché soddisfi le condizioni richieste per la fruizione del servizio, per conto della quale il contraente principale si impegna ad acquistare senza remunerazione un pacchetto turistico”.
83 X. Xxxxxxxxx – X. Xxxxx, La tutela del consumatore, cit., p. 16
84 X. Xxxxx, Xxxxxxxxx asimmetrici, codici di settore e tutela del contraente debole, cit., p. 440 “In tali rapporti, in particolare, vi è una presunta ignoranza dei termini dello scambio e l’asimmetria fonda lo squilibrio sulla mancanza di adeguata informazione”.
valutare le caratteristiche dei beni e servizi offerti85. La norma mira a far partecipare il consumatore alle dinamiche del mercato, mediante l’acquisto di una maggiore consapevolezza derivante dall’accresciuta informazione e dalla aggregazione negli organismi rappresentativi.
L’educazione del consumatore avviene essenzialmente tramite una sua adeguata informazione. E infatti l’asimmetria dei contratti del consumatore si sostanzia in una disparità informativa nella quale da un lato il professionista è a conoscenza di tutte le caratteristiche del prodotto o servizio offerto al consumatore mentre quest’ultimo sostanzialmente è all’oscuro di tutto, non avendo la posizione per poter accedere a tali informazioni86. In altre parole “uno dei due è un outsider, è cioè privo delle conoscenze specifiche e delle capacità tecnico-organizzative che consentono il controllo della prestazione caratteristica a lui presentata”87.
Gli obblighi posti a carico del professionista riguardano quindi i meccanismi di formazione dei prezzi, le tecniche di concorrenza e di pubblicità, le clausole contrattuali, in particolare quelle vessatorie, la possibilità di esercitare il diritto di recesso. Ma anche le qualità, le caratteristiche e le condizioni di sicurezza dei prodotti.
Tutti questi obblighi ricorrono già nella fase precontrattuale nella quale il consumatore valuta, in base alle informazioni che gli vengono date, se concludere o meno il contratto. È necessario dunque assicurarsi che le informazioni vengano effettivamente date e arrivino al consumatore.
85 A. G. Parisi, L’educazione e l’informazione del consumatore, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxx, vol. XXX, La tutela del consumatore, p. 36
86 A. G. Parisi, L’educazione e l’informazione del consumatore, cit., p. 40 secondo la quale “uno dei fattori distorsivi che producono lo squilibrio che sussiste tra le parti nel contratto col consumatore è proprio la diversa disponibilità di informazioni e conoscenze: essa penalizza il contraente debole, impedendo per lo più l’esatta percezione e valutazione del rischio contrattuale ed inducendolo ad effettuare sovente un acquisto non conveniente. E’ opinione condivisa che tale asimmetria informativa, senza adeguati correttivi, condurrebbe inevitabilmente al fallimento del mercato”.
87 X. Xxxxx, Regolazione del mercato e interessi di riferimento: dalla protezione del consumatore alla protezione del cliente, in Riv. Dir. Priv., 2010, p. 25, richiamato da M.L. Chiarella, Contrattazione asimmetrica. Segmenti normativi e costruzione unitaria, cit., p. 58
Rispetto ai contratti comuni rientranti nella fattispecie dell’art. 1341 c.c., il codice del consumo compie un passo in avanti, dettando una disciplina speciale che prevede che non sia più sufficiente una mera conoscibilità di tutte le informazioni utili a compiere una scelta consapevole, ma una conoscenza effettiva, che provenga dal soggetto professionista e sia diretta al consumatore. In sostanza viene esplicitato un obbligo di informare il consumatore che è posto in capo al professionista. Non è più il consumatore a dover chiedere le informazioni, ma è onere del professionista fornirle, in modo chiaro e comprensibile88.
In questo senso si esprime l’art. 5 del Codice del consumo, il quale prevede gli obblighi generali di informazione e recita:
“1. Fatto salvo quanto disposto dall’art. 3, comma 1, lettera a), ai fini del presente titolo, si intende per consumatore o utente anche la persona fisica alla quale sono dirette le informazioni commerciali.
2. Sicurezza, composizione e qualità dei prodotti e dei servizi costituiscono contenuto essenziale degli obblighi informativi.
3. Le informazioni al consumatore, da chiunque provengano, devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto anche conto delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore”.
L’art. 6 invece detta il contenuto minimo delle informazioni, l’art. 7 le modalità di indicazione, l’art. 9 riguarda l’uso della lingua italiana. Interessante appare quanto stabilito dall’art. 8 che afferma che “sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente capo i prodotti oggetto di specifiche disposizioni
88 X. Xxxxx Xxxxxx, Il diritto all’informazione: dalla conoscibilità al documento informativo, cit., p. 362; X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxx, I contratti relativi alla fornitura di servizi turistici, cit., p. 386 “Se il documento contrattuale non prevede tali elementi informativi deve ritenersi non più operante il disposto dell’art. 1341 comma 1 c.c. che, come è noto, impone all’aderente l’obbligo di informarsi, utilizzando la diligenza del buon padre di famiglia. Se, cioè, normalmente le condizioni contrattuali sono vincolanti per l’aderente anche se, non avendole conosciute, le avrebbe potute conoscere se si fosse diligentemente informato, ciò non vale se è il professionista a dover fornire delle informazioni al turista e non l’ha fatto”.
contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norma
nazionali di recepimento”.
La norma riguarda i rapporti tra l’ambito di applicazione dell’art. 6 e la normativa comunitaria, stabilendo che la disposizione dell’art. 6 riveste un ambito di applicazione generale, regolando fattispecie non disciplinate in modo specifico da altre norme. Xxx esistano disposizioni comunitarie che regolano le informazioni a tutela del consumatore in un ambito specifico, si applicheranno queste ultime e l’art. 6 in via sussidiaria89.
89 X. Xxxxxx Elmi, Codice del Consumo, Commentario, a cura di X. Xxxxxxx, Cedam, 2007, p.
92
5. I contratti di viaggio.
Con l’espressione contratto di viaggio si individua l’accordo tra chi opera professionalmente nel settore dei servizi turistici e chi agli stessi è interessato e si caratterizza per la qualità di uno dei contraenti e per la natura delle prestazioni dedotte in contratto90.
Il Codice civile del 1942 non disciplinava il contratto turistico, esso rappresentava un contratto atipico, seppur socialmente tipico91, sottoposto al vaglio di meritevolezza dell’interesse di cui all’art. 1322 comma 2 c.c. e avente quale causa concreta la finalità turistica92. Di conseguenza, in tale frangente, gli obblighi informativi derivavano dai generali doveri di buone fede e correttezza, al pari di tutti i contratti.
La prima definizione di contratto (di viaggio) turistico si è avuta con la Convenzione di Bruxelles del 1970 che distingueva tra contratto di organizzazione di viaggio e contratto di intermediario di viaggio. Con la stessa venivano posti
90 X. Xxxxxxx, voce Contratto turistico, in Dig. Disc. Priv., sez. civ., IV, Torino, 1989, p. 295
91 Ivi, “in tale prospettiva non è inutile ricordare i termini del dibattito che, prima, ha affrontato il problema di una possibile sussunzione in una delle figure tipiche disciplinate dal codice poi, muovendo dalla constatata atipicità del contratto pure in presenza di una tipicità sociale, ha richiamato, quali possibili schemi della disciplina applicabile, le regole del mandato ovvero dell’appalto, del contratto a favore di terzi e, ancora, ha suggerito di prescindere da una valutazione unitaria per considerare singolarmente le prestazioni”.
92 S. D’Urso, Il contratto di trasporto turistico, in Trasporti e turismo. Profili privatistici, 2016, Xxxxxxx, p. 113; Cass. Civ. Sez. III, 24 luglio 2017 n. 16315 relativamente ai contratti di viaggio “tutto compreso” afferma “nei contratti di viaggio vacanza tutto compreso (…) la finalità turistica (o scopo di piacere) non è un motivo irrilevante ma si sostanzia nell’interesse che lo stesso è funzionalmente volto a soddisfare, connotandone la causa concreta e determinando, perciò, l’essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero. Ne consegue che l’irrealizzabilità di detta finalità per sopravvenuto evento non imputabile alle parti determina, in virtù della caducazione dell’elemento funzionale dell’obbligazione costituito dall’interesse creditorio (ai sensi dell’art. 1174 c.c.), l’estinzione del contratto per sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione, con esonero delle parti dalle rispettive obbligazioni”, con nota di X. Xxxxx Priscoli, Contratti di viaggio e rilevanza della finalità turistica, in Danno e responsabilità, 2008, II, Xxxxx, p. 851 secondo il quale concorda con l’interpretazione data dalla Suprema Corte e afferma “se infatti ci si fosse limitati a valutare il contratto con le lenti della teoria tradizionale della causa in astratto, la causa del contratto sarebbe stata rappresentata semplicemente dallo scambio di un viaggio organizzato contro un prezzo, e la finalità turistica sarebbe rimasta condannata a svolgere un ruolo di motivo privo di rilevanza, con la conseguenza che la sopravvenuta perdita di interesse alla prestazione a seguito del pericolo di contrarre una pericolosa malattia tropicale non avrebbe legittimato lo sfortunato aspirante turista a sciogliersi dal contratto senza pagare alcun danno al tour operator”.
obblighi informativi a carico delle parti professioniste, indicati all’art. 6 della
Convenzione93.
Un primo elenco degli obblighi informativi a carico del professionista e a tutela del turista si rinviene nella Direttiva 314/90/CEE94, il cui contenuto è stato poi trasfuso, senza sostanziali modifiche nel Codice del Consumo.
93 Art. 6 Convenzione di Bruxelles del 1970: “Il documento di viaggio contiene le seguenti indicazioni: a) luogo e data di emissione; b) nome e indirizzo dell’organizzatore di viaggi; c) nome del viaggiatore o dei viaggiatori e, se il contratto è stato effettuato da un’altra persona, nome di quest’ultima; d) luoghi e date di inizio e termine del viaggio come pure dei soggiorni; e) tutte le precisazioni necessarie relative al trasporto, al soggiorno come pure a tutti gli altri servizi accessori compresi nel prezzo; f) se è il caso, il numero minimo di viaggiatori richiesto; g) il prezzo globale corrispondente a tutti i servizi previsti nel contratto; h) circostanza e condizioni in cui il viaggiatore potrà chiedere l’annullamento del contratto; i) qualunque clausola che stabilisca una competenza arbitrale stipulata ai sensi dell’art. 29; j) la dichiarazione che il contratto è sottoposto, nonostante qualsiasi clausola contraria, alle disposizioni della presente convenzione; k) tutte le altre indicazioni che le parti, di comune accordo, giudicano utile inserire.”
94 L’art. 3 della direttiva 314/90/CEE recita: “1. Qualsiasi descrizione del servizio tutto compreso fornita dall’organizzatore o dal venditore al consumatore, il prezzo nonché tutte le altre condizioni applicabili al contratto non debbono contenere indicazioni ingannevoli.
2. Qualora venga messo a disposizione del consumatore un opuscolo, esso deve indicare in maniera leggibile, chiara e precisa il prezzo, nonché le informazioni adeguate per quanto riguarda: a) la destinazione, i mezzi, le caratteristiche e le categorie di trasporto utilizzati; b) la sistemazione in albergo o altro tipo di alloggio, l’ubicazione, la categoria o il livello di comfort e le caratteristiche principali della stessa, la sua approvazione e classificazione turistica ai sensi della regolamentazione dello Stato membro di destinazione interessato; c) i pasti forniti (meal plan); d) l’itinerario: e) le informazioni di carattere generale concernenti le condizioni applicabili ai cittadini dello Stato o degli Stati membri in questione in materia di passaporto e visti e le formalità sanitarie necessarie per effettuare il viaggio e il soggiorno;
f) l’importo o la percentuale del prezzo da versare come acconto e le scadenze per il versamento del saldo; g) l’indicazione che occorre un numero minimo di partecipanti per effettuare il servizio tutto compreso e, in tal caso, la data limite di informazione del consumatore in caso di annullamento. Le informazioni contenute nell’opuscolo impegnano l’organizzatore o il venditore, a meno che: - prima della conclusione del contratto siano state chiaramente comunicate al consumatore modifiche delle prestazioni stesse; l’opuscolo deve fare esplicito riferimento a quanto sopra; - si apportino successivamente modifiche in seguito ad un accordo tra le parti del contratto.”
L’art. 4: “1. a) L’organizzatore e/o il venditore fornisce al consumatore, per iscritto o in qualsiasi altra forma appropriata, prima della conclusione del contratto, le informazioni di carattere generale concernenti le condizioni applicabili ai cittadini dello Stato membro o degli Stati membri in questione di passaporti e visti in particolare per quanto riguarda i termini per ottenerli, nonché le informazioni relative alle formalità sanitarie necessarie per effettuare il viaggio ed il soggiorno; b) L’organizzatore e/o il venditore deve fornire al consumatore, per iscritto o in qualsiasi altra forma appropriata, in tempo prima dell’inizio del viaggio, le informazioni seguenti: i) orari, località di sosta intermedia e coincidenze; posto assegnato al viaggiatore, per esempio, cabina o cuccetta sulla nave, carrozza con cuccette o vagone letto sul treno; ii) nome, indirizzo e numero di telefono della rappresentanza locale dell’organizzatore e/o del venditore o, se non esiste, nome, indirizzo e numero di telefono degli uffici locali suscettibili di
Mentre la direttiva riporta le informazioni secondo una corretta sequenza temporale, partendo da quelle che devono essere fornite prima della stipula del contratto e quindi nella fase precontrattuale e successivamente quelle che devono essere contenute nel contratto di viaggio e ancora successivamente quelle da fornire prima dell’inizio del viaggio, il codice del consumo inverte la sequenza95. L’art. 86 cod. cons. riporta le informazioni che devono essere contenute nel contratto di viaggio già stipulato, l’art. 87 le informazioni da fornire dopo la conclusione ma prima dell’inizio del viaggio nonché il divieto di informazioni ingannevoli e infine l’art. 88 prevede il contenuto dell’opuscolo informativo e dell’informazione precontrattuale.
Quest’ultimo non è obbligatorio ma, qualora sia predisposto, vincola l’organizzatore e/o il venditore in relazione alle rispettive responsabilità, “in altri termini nei contratti di viaggio tutto compreso il contenuto contrattuale non può essere difforme da quanto pubblicizzato”96, tranne il caso in cui le modifiche abbiano fatto oggetto di espressa riserva.
5.2 Il Codice del turismo.
Gli articoli da 82 a 100 del codice del consumo sono stati abrogati dal D. Lgs. 23 maggio 2011 n. 79, con il quale è stato adottato il Codice del turismo, nel quale è stata trasfusa la disciplina relativa ai pacchetti turistici. La disciplina dei contratti turistici ha quindi trovato collocazione nel testo volto a riordinare le diverse norme di legge in materia e, per quello che qui interessa, gli obblighi informativi sono riportati negli articoli 36, 37 e 38.
aiutare il consumatore in caso di difficoltà; Se tali rappresentanti e organismi non esistono, il consumatore deve in ogni caso disporre di un numero di telefono di emergenza o di qualsiasi altra informazione che gli consente di entrare in contatto con l’organizzatore e/o il venditore; iii) per i viaggi e soggiorni di minorenni all’estero, informazioni che consentano di stabilire un contatto diretto con il giovane o il responsabile locale del suo soggiorno; iv) informazioni sulla sottoscrizione facoltativa di un contratto di assicurazione che copra le spese di annullamento da parte del consumatore o di un contratto di assistenza che copra le spese di rimpatrio in caso di incidenti o malattie.”
95 X. Xxxxxxxxxx – X. Xxxxxxx, La vendita di pacchetti turistici, cit., p. 48
96 X. Xxxxxxxxx – X. Xxxxx, I contratti relativi alla fornitura di servizi turistici, cit., p. 389
Neanche il codice del turismo ha elencato gli obblighi informativi nella giusta sequenza logica, in quanto le informazioni precontrattuali sono disciplinate dall’art. 38, dopo quelle relative al contenuto del contratto97. L’art. 36 contiene un elenco dettagliato di tutte le informazioni che devono essere inserite nel contratto98 e riprende testualmente l’art. 85 del codice del consumo. Tali informazioni, essendo inserite nel contratto saranno date per iscritto, vista la prescrizione di forma di cui all’art. 35 (che prevede che il contratto sia redatto in forma scritta in termini chiari e precisi), in modo da renderne immediatamente conoscibile e trasparente al consumatore il contenuto99. Diversamente rispetto alla generalità dei contratti standard, nel caso dell’art. 36 è la legge che stabilisce il mezzo attraverso il quale il predisponente delle condizioni generali deve renderle conoscibili al consumatore100.
97 X. Xx Xxxxxxxxxx, La disciplina dei contratti aventi ad oggetto pacchetti turistici, nel codice del turismo: profili di novità e questioni problematiche, cit., p.
98 Art. 36 D. Lgs 79/2011 “Il contratto contiene i seguenti elementi: a) destinazione, durata, data d’inizio e conclusione, qualora sia previsto un soggiorno frazionato, durata del medesimo con relative date di inizio e fine; b) nome, indirizzo, numero di telefono ed estremi dell’autorizzazione all’esercizio dell’organizzatore o dell’intermediario che sottoscrive il contratto; c) prezzo del pacchetto turistico, modalità della sua revisione, diritti e tasse sui servizi di atterraggio, sbarco e imbarco nei porti ed aeroporti e gli altri oneri posti a carico del turista;
d) importo, comunque non superiore al venticinque per cento del prezzo, da versarsi all’atto della prenotazione, nonché il termine per il pagamento del saldo; il suddetto importo è versato a titolo di caparra ma gli effetti di cui all’art. 1385 del codice civile non si producono qualora il recesso dipenda da fatto sopraggiunto non imputabile, ovvero sia giustificato dal grave inadempimento della controparte; e) estremi della copertura assicurativa obbligatoria e delle ulteriori polizze convenute con il turista; f) mezzi, caratteristiche e tipologie di trasporto, data, ora luogo della partenza e del ritorno, tipo di posto assegnato; g) ove il pacchetto turistico includa il trasporto aereo, il nome del vettore e la sua eventuale non conformità alla regolamentazione dell’Unione europea; h) ove il pacchetto turistico includa la sistemazione in albergo, l’ubicazione, la categoria turistica, il livello, l’eventuale idoneità all’accoglienza di persone disabili, nonché le principali caratteristiche, la conformità alla regolamentazione dello Stato membro ospitante, i pasti forniti; i) itinerario, visite, escursioni o altri servizi inclusi nel pacchetto turistico, ivi compresa la presenza di accompagnatori e guide turistiche; l) termine entro cui il turista deve essere informato dell’annullamento del viaggio per la mancata adesione del numero minimo di partecipanti eventualmente previsto; m) accordi specifici sulle modalità di viaggio espressamente convenuti tra l’organizzatore e l’intermediario e il turista al momento della prenotazione; n) eventuali spese poste a carico del turista per la cessione del contratto ad un terzo; o) termine entro il quale il turista deve presentare reclamo per l’inadempimento o l’inesatta esecuzione del contratto; p) termine entro il quale il turista deve comunicare la propria scelta in relazione alle modifiche delle condizioni contrattuali di cui all’art. 41.”
99 X. Xxxxxx, Il contratto di vendita di pacchetto turistico, cit., p. 185
100 Ibidem, p. 186
L’art. 37 riguarda ulteriori informazioni che devono essere fornite nel corso delle trattative e comunque prima della conclusione del contratto per iscritto101 relative a passaporti, visti e obblighi sanitari. Al secondo comma viene specificato il fondamentale divieto di fornire informazioni ingannevoli. Tale norma ripropone il contenuto dell’art. 87 del codice del consumo.
L’art. 38 amplia ulteriormente l’elenco delle informazioni precontrattuali e dispone che siano racchiuse nell’opuscolo informativo102, a cui vengono parificati,
101 Art. 37 D. Lgs 79/2011 Informazione del turista: “1. Nel corso delle trattative e comunque prima della conclusione della conclusione del contratto, l’intermediario o l’organizzatore forniscono per iscritto informazioni di carattere generale concernenti le condizioni applicabili ai cittadini dello Stato membro dell’Unione Europea in materia di passaporto e visto con l’indicazione dei termini per il rilascio, nonché gli obblighi sanitari e le relative formalità per l’effettuazione del viaggio e del soggiorno. 2. Prima dell’inizio del viaggio l’organizzatore e l’intermediario comunicano al turista per iscritto le seguenti informazioni: a) orari, località di sosta intermedia e coincidenze; b) generalità e recapito telefonico di eventuali rappresentanti locali dell’organizzatore o dell’intermediario ovvero di uffici locali contattabili dal turista in caso di difficoltà; c) recapito telefonico dell’organizzatore o dell’intermediario utilizzabile in caso di difficoltà in assenza di rappresentanti locali; d) per i viaggi ed i soggiorni di minorenne all’estero, recapiti telefonici per stabilire un contatto diretto con questi o con il responsabile locale del suo soggiorno; e) la facoltà di sottoscrivere un contratto di assicurazione e copertura delle spese sostenute dal turista per l’annullamento del contratto o per il rimpatrio in caso di incidente o malattia. 3. Quando il contratto è stipulato nell’imminenza della partenza, le indicazioni contenute nel comma 1 devono essere fornite contestualmente alla stipula del contratto. 4. È fatto comunque divieto di fornire informazioni ingannevoli sulle modalità del servizio offerto, sul prezzo e sugli altri elementi del contratto qualunque sia il mezzo mediante il quale dette informazioni vengono comunicate al turista”.
102 Art. 38 D. Lgs 79/2011 Opuscolo informativo: “L’opuscolo indica in modo chiaro e preciso: a) la destinazione, il mezzo, il tipo, la categoria di trasporto utilizzato; b) la sistemazione in albergo o altro tipo di alloggio, l’esatta ubicazione con particolare riguardo alla distanza dalle principali attrazioni turistiche del luogo, la categoria o il livello e le caratteristiche principali con particolare riguardo agli standard qualitativi offerti, la sua approvazione e classificazione dello Stato ospitante; c) i pasti forniti; d) l’itinerario; e) le informazioni di carattere generale applicabili al cittadino di uno Stato membro dell’Unione Europea in materia di passaporto e visto con indicazione dei termini per il rilascio, nonché gli obblighi sanitari e le relative formalità da assolvere per l’effettuazione del viaggio e del soggiorno; f) l’importo o la percentuale di prezzo da versare come acconto e le scadenze per il versamento del saldo; g) l’indicazione del numero minimo di partecipanti eventualmente necessario per l’effettuazione del viaggio tutto compreso e del termine entro il quale il turista deve essere informato dell’annullamento del pacchetto turistico; h) i termini, le modalità, il soggetto nei cui riguardi si esercita il diritto di recesso ai sensi degli articoli da 64 a 67 del decreto legislativo 6 settembre 2005 n. 206, nel caso di contratto negoziato fuori dei locali commerciali o a distanza; i) gli estremi della copertura assicurativa obbligatoria, delle eventuali polizze assicurative facoltative a copertura delle spese sostenute dal turista per l’annullamento del contratto o per il rimpatrio in caso di incidente o malattia, nonché delle eventuali ulteriori polizze assicurative sottoscritte dal turista in relazione al contratto. 2. Le informazioni contenute nell’opuscolo vincolano l’organizzatore e l’intermediario in relazione alle rispettive responsabilità, a meno che le modifiche delle condizioni ivi indicate
ai sensi del comma 3, le informazioni ed i materiali illustrativi divulgati su supporto elettronico o per via telematica. Con riferimento all’opuscolo informativo, il codice del turismo ha espunto dall’art. 38 rispetto alla normativa precedente, l’inciso “ove posto a disposizione del consumatore” che lasciava intendere la facoltatività dello stesso. L’opuscolo quindi sembra diventare obbligatorio e non costituisce più il contenuto di una mera facoltà103, ma secondo altra parte della dottrina rimarrebbe una facoltà dell’organizzatore e non uno specifico obbligo precontrattuale104.
Le informazioni fornite nell’opuscolo e in generale con le forme scritte di cui si parlerà in seguito, non escludono che l’organizzatore sia tenuto a fornirne altre che si rendano necessarie nel caso concreto. Operano sempre e comunque infatti le clausole generali di buona fede e correttezza105.
Tutte le previsioni in materia di obblighi informativi non prevedono alcunché in ordine alle conseguenze alla loro violazione, che si risolverebbero quindi nella possibilità di domandare il risarcimento dei danni all’organizzatore o al venditore che si sia reso responsabile106.
La trasfusione della disciplina relativa ai contratti di viaggio nel codice del
turismo ha fatto in modo che non fosse più applicabile l’art. 143 cod. cons. che
non siano comunicate per iscritto al turista prima della stipulazione del contratto o vengano concordate dai contraenti, mediante uno specifico accordo scritto, successivamente alla stipulazione. 3. Sono parificati all’opuscolo le informazioni ed i materiali illustrativi divulgati su supporto elettronico o per via telematica”.
103 X. Xxxxxx, Il contratto di vendita di pacchetto turistico, cit., p. 189
104 X. Xxxxxxxxx, Diritto del turismo, Utet, p. 291
105 In questo senso si è espressa Corte Appello Napoli, Sez. III n. 2502 del 09.05.2019, in risposta all’eccezione dell’appellante secondo il quale l’art. 87 del D. lgs 206/2005 prevede esclusivamente l’obbligo di dare informazioni di carattere generale concernenti le condizioni applicabili ai cittadini dello Stato membro dell’Unione Europea e non riguardo alla documentazione necessaria per l’espatrio dei cittadini extra Unione, la Corte rileva che “a siffatta lettura riduttiva della norma ha dato puntuale risposta il tribunale, evidenziando che quel riferimento origina dalla matrice europea della legislazione e discende dalla finalità di uniformare la normativa applicabile in detto ambito, ma non significa che, negli obblighi facenti capo all’organizzatore del viaggio o al venditore, non sussista quello, anche in base alla clausola generale di buona fede e correttezza che impronta di sé l’intera disciplina dei contratti, di fornire esaustivamente tutte le informazioni occorrenti per la buona riuscita del viaggio”.
106 X. Xx Xxxxxxxxxx, La disciplina dei contratti aventi ad oggetto pacchetti turistici, nel codice del turismo: profili di novità e questioni problematiche, cit., p. 1282
prevedeva “I diritti attribuiti al consumatore dal codice sono irrinunciabili. È nulla ogni pattuizione in contrasto con le disposizioni del codice”. Questa norma si riferisce infatti, in maniera inequivocabile, ai soli diritti attribuiti al consumatore dal codice, da intendersi il codice del consumo. Nel Codice del turismo al contrario, non risulta alcuna norma che dichiari irrinunciabili i diritti attribuiti, di modo che i limiti all’autonomia negoziale, anche in fatto di contenuto del contratto, dovrebbero derivare dalla previsione espressa di norme del codice del turismo, o dalla operatività delle norme sulle clausole vessatorie107. Tale normativa è stata abrogata dall’entrata in vigore del D. lgs n. 62/2018 che ha recepito la direttiva 2015/2302/UE.
5.3 La direttiva 2015/2302/UE e il D. Lgs. 62/2018 di recepimento
La normativa relativa ai contratti turistici contenuta nel codice del turismo è stata modificata e integrata dal D. Lgs 21 maggio 2018 n. 62 che ha recepito in Italia la direttiva 2015/2302/UE relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati e di cui riporta fedelmente il testo.
La disciplina degli obblighi di informazione è contenuta negli articoli 34, 35 e
36 del codice del turismo, che li disciplinano a partire dall’informativa precontrattuale fino alle informazioni che entrano a far parte del contenuto del contratto. Anche la nuova normativa è ispirata ai principi fondamentali della necessità che il consumatore sia informato e che non sia informato in maniera ingannevole108. L’art. 34, così come modificato, riporta il contenuto dell’art. 5 della direttiva e riguarda le informazioni precontrattuali da fornire al viaggiatore109. Esse risultano maggiormente dettagliate rispetto alla vecchia
107 X. Xx Xxxxxxxxxx, La disciplina dei contratti aventi ad oggetto pacchetti turistici, nel codice del turismo: profili di novità e questioni problematiche, cit., p. 1147
108 Sara D’Urso, Il contratto di trasporto turistico, cit., p. 146
109 Art. 34 D. Lgs 23 maggio 2011 n. 79, Informazioni precontrattuali. “1. Prima della conclusione del contratto di pacchetto turistico o di un’offerta corrispondente, l’organizzatore e, nel caso in cui il pacchetto sia venduto tramite un venditore, anche quest’ultimo, forniscono al viaggiatore il pertinente modulo informativo standard di cui all’allegato A, parte I o parte II, al presente codice, nonché le seguenti informazioni: a) le caratteristiche principali dei servizi
formulazione della norma. La prima modifica di rilievo è il mancato riferimento all’opuscolo informativo, superato da canali più moderni e che garantiscono un tempestivo aggiornamento delle informazioni110, per far luogo a un modulo informativo standard. Inoltre, tramite il richiamo all’allegato A, si dispone che al
turistici, quali: 1) la destinazione o le destinazioni del viaggio, l’itinerario e i periodi di soggiorno con relative date e, se è incluso l’alloggio, il numero di notti comprese; 2) i mezzi, le caratteristiche e le categorie di trasporto, i luoghi, le date e gli orari di partenza e ritorno, la durata e la località di sosta intermedia e le coincidenza; nel caso in cui l’orario esatto non sia ancora stabilito, l’organizzatore e, se del caso, il venditore, informano il viaggiatore dell’orario approssimativo di partenza e ritorno; 3) l’ubicazione, le caratteristiche principali e, ove prevista, la categoria turistica dell’alloggio ai sensi della regolamentazione del paese di destinazione; 4) i pasti forniti; 5) le visite, le escursioni o altri servizi inclusi nel prezzo totale pattuito del pacchetto; 6) i servizi turistici prestati al viaggiatore in quanto membro del gruppo e, in tal caso, le dimensioni approssimative del gruppo; 7) la lingua in cui sono prestati i servizi; 8) se il viaggio o la vacanza sono idonei a persone a mobilità ridotta e, su richiesta del viaggiatore, informazioni precise sull’idoneità del viaggio o della vacanza che tenga conto delle esigenze del viaggiatore; b) la denominazione commerciale e l’indirizzo geografico dell’organizzatore e, ove presente, del venditore, i loro recapiti telefonici e indirizzi di posta elettronica; c) il prezzo totale del pacchetto comprensivo di tasse e tutti i diritti, imposte e altri costi aggiuntivi, ivi comprese le eventuali spese amministrative e di gestione delle pratiche, oppure, ove questi non siano ragionevolmente calcolabili prima della conclusione del contratto, un’indicazione del tipo di costi aggiuntivi che il viaggiatore potrebbe dover ancora sostenere; d) le modalità di pagamento, compresi l’eventuale importo p percentuale del prezzo da versare a titolo di acconto e il calendario per il versamento del saldo, o le garanzie finanziarie che il viaggiatore è tenuto a pagare o fornire; e) il numero minimo di persone richiesto per il pacchetto e il termine di cui all’art. 41 comma 5, lettera a), prima dell’inizio del pacchetto per l’eventuale risoluzione del contratto in caso di mancato raggiungimento del numero; f) le informazioni di carattere generale concernenti le condizioni in materia di passaporto e visti, compresi i tempi approssimativi per l’ottenimento dei visti e le formalità sanitarie del paese di destinazione; g) le informazioni sulla facoltà per il viaggiatore di recedere dal contratto in qualunque momento prima dell’inizio del pacchetto dietro pagamento di adeguate spese di recesso o, se previste, delle spese di recesso standard richieste dall’organizzatore ai sensi dell’art. 41, comma 1; h) le informazioni sulla sottoscrizione facoltativa o obbligatoria di un’assicurazione che copra le spese di recesso unilaterale dal contratto da parte del viaggiatore o le spese di assistenza, compreso il rientro, in caso di infortunio, malattia o decesso; i) gli estremi della copertura di cui all’art. 47, commi 1, 2 e 3. 2. Per i contratti di pacchetto turistico di cui all’art. 33, comma 1, lettera d), stipulati per telefono, l’organizzatore o il professionista fornisce al viaggiatore le informazioni standard di cui all’allegato A, parte II, al presente decreto e le informazioni di cui al comma 1. 3. Con riferimento ai pacchetti acquistati presso professionisti distinti di cui all’articolo 33, comma 1, lettera c), numero 2.4, l’organizzatore e il professionista a cui sono trasmessi i dati garantiscono che ciascuno di essi fornisca, prima che il viaggiatore sia vincolato da un contratto o da un’offerta corrispondente, le informazioni elencate al comma 1, nella misura in cui esse sono pertinenti ai rispettivi servizi turistici offerti. Contemporaneamente l’organizzatore fornisce inoltre le informazioni standard di cui all’allegato A, parte III, al presente codice. 4. Le informazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 sono fornite in modo chiaro e preciso e, ove fornite per iscritto, devono essere leggibili.”
110 Sara D’Urso, Il contratto di trasporto turistico, cit., p. 148
viaggiatore vengano fornite tutte le informazioni relative ai diritti esercitabili a seconda dei diversi contratti che è possibile stipulare111.
Il successivo articolo 35 espressamente dispone che “1. Le informazioni fornite al viaggiatore ai sensi dell’art. 34 comma i lett. a), c), d) e) e g), formano parte integrante del pacchetto turistico e non possono essere modificate salvo accordo esplicito delle parti”. Di tutte le informazioni contenute all’art. 34 quindi ve ne sono altre che entrano di diritto a far parte del contratto e altre che seppur essenziali nella fase precontrattuale possono non essere comprese nell’accordo.
L’art. 35 prosegue stabilendo che “2. L’organizzatore e il venditore comunicano al viaggiatore tutte le modifiche delle informazioni precontrattuali in modo chiaro ed evidente prima della conclusione del contratto di pacchetto turistico”. Infine, prevede un rimedio a favore del viaggiatore che non abbia ricevuto determinate informazioni sui costi del pacchetto, stabilendo che “3. Se l’organizzatore e il venditore non hanno ottemperato agli obblighi in materia di informazione sulle imposte, sui diritti o su altri costi aggiuntivi di cui all’art. 34 comma 1 lett. c), prima della conclusione del contratto di pacchetto turistico, il viaggiatore non è tenuto al pagamento di tali costi”.
Tale disposizione, che riprende l’art. 6 della direttiva, non va quindi a disciplinare in senso proprio la modalità di conclusione del contratto di viaggio ma piuttosto rende esplicito il principio della trasparenza in funzione della certezza giuridica. Infatti, laddove si stabilisce che talune informazioni costituiscano parte integrante del contratto, si sottolinea la necessità che il viaggiatore manifesti un consenso consapevole e informato112.
111 L’allegato I prevede diversi moduli informativi standard, uno nella parte A per i contratti di pacchetto turistico ove sia possibile l’uso di collegamenti ipertestuali, uno nella parte B per i contratti di pacchetto turistico in situazioni diverse da quelle della parte A) e uno nella parte C) qualora l’organizzatore trasmetta dati a un altro professionista ai sensi dell’art. 3, punto 2), lettera B), punto v).
000 X. Xxxxxxxx, Xx contenuto e la forma del contratto di viaggio, in La nuova disciplina europea dei contratti di viaggio. La direttiva 2015/2302/UE e le prospettive della sua attuazione nell’ordinamento italiano, a cura di X. Xxxxxxx, Jovene, 2017
L’art. 36 infine fissa il contenuto del contratto di pacchetto turistico113, in maniera più dettagliata e ampia rispetto alla precedente formulazione, nell’ottica di una maggiore tutela del viaggiatore114.
Non è più prevista l’informazione del termine entro il quale è possibile proporre i reclami, ma è previsto che il reclamo avvenga senza ritardo. Allo stesso modo non è prevista l’informazione sull’annullamento del viaggio per la mancata
113 Art. 36 D. Lgs 23 maggio 2011 n. 79. Contenuto del contratto di pacchetto turistico e documenti da fornire prima dell’inizio del pacchetto. “1. I contratti di pacchetto turistico sono formulati in un linguaggio semplice e chiaro e, ove in forma scritta, leggibile. 2. Al momento della conclusione del contratto di pacchetto turistico o, comunque, appena possibile, l’organizzatore o il venditore fornisce al viaggiatore una copia o una conferma del contratto su supporto durevole.
3. Il viaggiatore ha diritto a una copia cartacea qualora il contratto di pacchetto turistico sia stato stipulato alla contemporanea presenza fisica delle parti. 4. Per quanto riguarda i contratti stipulati fuori dai locali commerciali, definiti all’art. 45, comma 1, lettera h), del D. Lgs. 6 settembre 2006 n. 205, una copia o la conferma del contratto di pacchetto turistico è fornita al viaggiatore su carta o, se il viaggiatore acconsente, su un altro supporto durevole. 5. Il contratto di pacchetto turistico o la sua conferma riportano l’intero contenuto dell’accordo, che contiene tutte le informazioni di cui all’art. 34, comma 1, nonché le seguenti: a) le richieste specifiche del viaggiatore accettate dall’organizzatore; b) una dichiarazione attestante che l’organizzatore è responsabile dell’esatta esecuzione di tutti i servizi turistici inclusi nel contratto ai sensi dell’art. 42 ed è tenuto a prestare assistenza qualora il viaggiatore si trovi in difficoltà ai sensi dell’art. 45;
c) il nome e i recapiti, compreso l’indirizzo geografico, del soggetto incaricato della protezione in caso di insolvenza; d) il nome, l’indirizzo, il numero di telefono, l’indirizzo di posta elettronica e, se presente, il numero di fax del rappresentante locale dell’organizzatore, di un punto di contatto o di un altro servizio che consenta al viaggiatore di comunicare rapidamente ed efficacemente con l’organizzatore per chiedere assistenza o per rivolgere eventuali reclami relativi a difetti di conformità riscontrati durante l’esecuzione del pacchetto; e) il fatto che il viaggiatore sia tenuto a comunicare, senza ritardo, eventuali difetti di conformità rilevati durante l’esecuzione del pacchetto ai sensi dell’art. 42 comma 2; f) nel caso di minori, non accompagnai da un genitore o altra persona autorizzata, che viaggiano in base a un contratto di pacchetto turistico che include l’alloggio, le informazioni che consentono di stabilire un contatto diretto con il minore o il responsabile del minore nel suo luogo di soggiorno; g) informazioni riguardo alle esistenti procedure dei reclami e ai meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie (ADR – Alternative Dispute Resolution), ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2005 n. 206 e, se presente, all’organismo ADR da cui il professionista è disciplinato e alla piattaforma di risoluzione delle controversie online ai sensi del regolamento UE n. 524/2013; h) informazioni sul diritto del viaggiatore di cedere il contratto a un altro viaggiatore ai sensi dell’art. 38. 6. Con riferimento ai pacchetti turistici acquistati presso professionisti distinti di cui all’art. 33, comma 1, lettera b) n. 2.4, il professionista a cui i dati sono trasmessi informa l’organizzatore della conclusione del contratto che porterà alla creazione di un pacchetto e fornisce all’organizzatore le informazioni necessarie ad adempiere ai suoi obblighi. L’organizzatore fornisce tempestivamente al viaggiatore le informazioni di cui al comma 5 su un supporto durevole. 7. Le informazioni di cui ai commi 5 e 6 sono presentate in modo chiaro e preciso. 8. In tempo utile prime dell’inizio del pacchetto, l’organizzatore fornisce al viaggiatore le ricevute, i buoni e i biglietti necessari, le informazioni sull’orario della partenza previsto e il termine ultimo per l’accettazione, nonché gli orari delle soste intermedie, delle coincidenze e dell’arrivo.”
114 X. Xxxxxxxx, I pacchetti turistici dopo la riforma, op. cit., p. 39
adesione del numero minimo di partecipanti, ma nulla vieta all’autonomia contrattuale di inserire tale indicazione. Si fa espresso riferimento alla possibilità di definizione alternativa delle controversie.
In sostanza la nuova normativa stabilisce la necessità che le informazioni importanti, relative alle caratteristiche principali dei servizi turistici o ai prezzi, siano vincolanti e che non vi sia più necessità di prevedere norme specifiche sugli opuscoli, viste le nuove tecnologie della comunicazione che consentono facili aggiornamenti. È invece opportuno consentire le modifiche delle informazioni precontrattuali e comunicarle al viaggiatore115.
Esaminando gli articoli 34, 35 e 36 si evince che tra tutte le informazioni
precontrattuali elencate all’art. 34, solo quelle di cui al comma 1, lettere a), c), d),
e) e g) sarebbero vincolanti, in quanto espressamente richiamate dall’art. 35 che stabilisce che le stesse facciano parte integrante del contratto e non possano essere modificate salvo accordo delle parti. Al contrario, le informazioni precontrattuali di cui al comma 1 lettere b), f) e h) non sarebbero vincolanti. Tuttavia, esse devono far parte del contenuto del contratto, ai sensi dell’art. 36 il quale richiama tutte le informazioni di cui all’art. 34 comma 1, lettere da a) a h). Secondo tale ultima norma il contenuto del contratto deve essere conformato sulle informazioni precontrattuali.
Si nota una divergenza quindi tra l’art. 36 il quale stabilisce che tutte le informazioni di cui all’art. 34, comma 1, lettere da a) a h) entrino a far parte del contenuto del contratto (e in quanto tali siano vincolanti) e l’art. 35 il quale stabilisce che solo le informazioni di cui all’art. 34, comma 1, lettere a), c), d), e) e g) siano vincolanti116.
Vi sarebbe allora una distinzione tra le informazioni che entrano automaticamente nel regolamento contrattuale e che sarebbero quelle richiamate dall’art. 35 cod. tur. e quelle che non vi rientrano automaticamente. Per queste
115 Così considerando n. 26.
000 X. Xxxxxxxx, Xx Direttiva 2015/2302/UE, Contenuto e forma del contratto di viaggio, in
Rivista di diritto civile, 6/2017, p. 1629
ultime si potrebbe allora ipotizzare un’applicazione della normativa generale dei contratti ex art. 1341 comma 1 c.c., pertanto in caso di divergenza tra le informazioni precontrattuali e le condizioni generali di contratto predisposte dal professionista prevarrebbero queste ultime117. Esse non avrebbero la capacità di integrare e/o modificare il contratto come invece la avrebbero quelle vincolanti richiamate dall’art. 35 cod. tur.
Il legislatore comunitario inoltre per la prima volta prevede una sanzione espressa alla inottemperanza degli obblighi informativi in materia di imposte, diritti o altri costi aggiuntivi di cui all’art. 34, comma 1, lettera c) prima della conclusione del contratto e prevede che il viaggiatore non è tenuto al pagamento di tali costi. Se quindi prima della conclusione del contratto non viene fornita al viaggiatore l’informazione precontrattuale relativa alle imposte, ai costi e agli altri costi aggiuntivi, l’eventuale clausola inserita nel regolamento contrattuale non sarà vincolante, anche ai sensi dell’art. 23, par. 3 della direttiva che prevede che “le clausole contrattuali o dichiarazioni del viaggiatore che escludano o limitino, direttamente o indirettamente, i diritti derivanti dalla presente direttiva o il cui scopo sia eludere l’applicazione della presente direttiva non vincolano il viaggiatore”118.
La direttiva 2015/2302/UE all’art. 23 stabilisce il carattere imperativo della direttiva e reintroduce la clausola della irrinunciabilità dei diritti previsti dalle norme nazionali che la recepiscono, clausola ribadita infatti dall’art. 51 sexies comma 2 del codice del turismo così come modificato dal D. Lgs di recepimento n. 62/2018,
L’irrinunciabilità dei diritti era prevista dal codice del consumo all’art. 143, pertanto fino a quando la disciplina dei pacchetti turistici era in esso contenuta, i diritti attribuiti al turista-consumatore erano da considerarsi irrinunciabili.
117 Ibidem, p. 1630.
118 Ibidem, p. 1624.
Con la trasfusione delle norme nel codice del turismo al contrario, si è ritenuto che l’irrinunciabilità non operasse più, fino appunto all’ultima modifica attuata in base al recepimento della direttiva 2015/2302/UE.
Il comma 3 del medesimo art. 51 sexies dispone che eventuali clausole contrattuali o dichiarazioni del viaggiatore che escludano o limitino, direttamente o indirettamente, i diritti derivanti dal D. Lgs 62/2018 o il cui scopo sia eludere l’applicazione delle disposizioni ivi contenute, non vincolano il viaggiatore.
Le norme sull’imperatività delle disposizioni contenute nella direttiva e nel decreto di recepimento, lasciano supporre che in caso di violazione delle norme che attribuiscono diritti al viaggiatore, la sanzione possa andare oltre il mero risarcimento del danno.
Infatti, è lo stesso legislatore che prevede la non vincolatività delle eventuali clausole contrattuali o dichiarazioni contrarie, dettando una norma che allude alla nullità delle stesse.
Dall’esame delle regole informative contenute nella direttiva è lecito desumere che la stessa si connota per un’informazione procedimentalizzata119, che preveda cioè specifiche fasi di informazione del viaggiatore, che coincidono con quella precontrattuale e con quella di esecuzione del contratto, che abbia contenuti dettagliati e rispondenti a certi canoni quantitativi e qualitativi.
119 X. Xxxxx, Il processo informativo nella commercializzazione dei contratti di viaggio, in La nuova disciplina europea dei contratti di viaggio. La direttiva 2015/2302/UE e le prospettive della sua attuazione nell’ordinamento italiano, a cura di X. Xxxxxxx, Jovene, 2017, p. 33; X. Xxxxx, L’informazione precontrattuale: dalle clausole generali alla procedimentalizzazione dell’informazione (e ritorno), in Scritti in Onore di Xxxxx Xxxxxxxx, a cura di Xxxxxxxxxxx, Napoli, 2012, p. 1253. X. Xx Xxxxxxxxxx, La disciplina degli obblighi informativi precontrattuali nel codice del consumo riformato, in Nuove l. civ. comm., 2014, p. 922 e ss.
CAPITOLO 3
LA FORMA INFORMATIVA
1. La forma del contratto. Dal principio di libertà delle forma al neoformalismo negoziale.
Nella materia dei contratti turistici si assiste a un nuovo vigore dell’elemento formale del negozio giuridico. La normativa in materia di obblighi informativi infatti, sia interna che comunitaria, solitamente impone che le informazioni che devono essere fornite al viaggiatore, siano riportate in un documento scritto, anche qualora il contratto non debba necessariamente essere stipulato in tale forma.
Tale caratteristica, presente non solo nei contratti turistici ma in generale nei contratti asimmetrici, rappresenta una controtendenza al principio della libertà delle forme che pervade la disciplina dei contratti in generale nell’impianto del Codice civile del 1942 e del quale è utile parlare per sommi capi.
La forma di un atto si può definire come il modo in cui questo si esteriorizza e si rende percepibile nel mondo giuridico120. Forma è quindi una manifestazione socialmente e normativamente significativa121 che rende qualsiasi atto riconoscibile al mondo esterno. Da tale definizione deriva che qualsiasi atto, per essere riconoscibile, debba avere una forma122. Il formalismo giuridico è composto da una serie di caratteristiche che fissano modalità e requisiti al compimento di un atto, come ad esempio i requisiti di forma richiesti per gli atti giuridici123.
Nella disciplina codicistica dei contratti, in particolare nell’art. 1325 c.c., la forma infatti rileva, in uno suo primo significato, come elemento strutturale del contratto quando “risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”.
120 X. Xxxxx, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, Xxxxxxx, 2011, p. 5
121 Ibidem, p. 6; Xxxxxx, voce Manifestazione (teoria generale), in Enc. Dir., XXV, Milano, 1975, p. 443 per cui “una teoria giuridica della manifestazione ha dunque per oggetto specifico quei fatti umani che indicano per allusione o richiamo altri fatti. Questi fatti umani, si è visto, hanno carattere materiale, sono atteggiamenti o contegni materialmente sensibili dell’uomo. Essi, come il significato originario della parola suggerisce, consistono in un facere; sono fatti, con maggiore esattezza terminologica, comportamenti.”.
122 A. Xxxxxxx, voce Forme del negozio giuridico, in Dig. Civ., VIII, P. 443
123 X. Xxxx, voce Formalismo giuridico, in Dig. Disc. Priv., VIII, P. 433
Sulla base di tale norma si è affermato nel nostro ordinamento il principio della libertà di forma, inteso come possibilità di scelta tra le diverse forme qualora la legge non ne richieda espressamente una specifica. La disposizione dell’art. 1325, dove considera la forma un requisito del contratto soltanto quando la legge lo richieda espressamente e subordini alla sua presenza la validità stessa dell’atto, è stato considerato dalla dottrina più risalente124 come un’eccezione al principio in questione di libertà delle forme.
Il principio della libertà delle forme e l’art. 1325 n. 4 si porrebbero così in rapporto di genere a specie. In altre parole, quest’ultima sarebbe norma eccezionale, con tutte le relative conseguenze anche in materia di applicazione analogica.
Secondo la dottrina più recente al contrario125, non esisterebbe nel nostro ordinamento una regola in merito alla forma del contratto e di conseguenza l’art. 1325 c.c. n. 4 non rappresenterebbe un’eccezione. Vi sarebbero invece due modelli, uno debole avente come requisiti l’accordo, la causa e l’oggetto e l’altro forte, nel quale a questi tre si aggiungerebbe la forma ove richiesta126. In sostanza “la forma è immanente in qualsiasi negozio giuridico, tanto nelle fattispecie deboli che nelle fattispecie cd. forti e che la progressione normativa dall’una all’altra condizione strutturale, più generale la prima, meno generale ovvero speciale la seconda, non costituisce eccezione a una regola, ma specifica e ulteriore applicazione di essa”127. La libertà di forme significa quindi non assenza di forme, ma al contrario libertà di scelta tra forme equipollenti. Non essendo
124 X. Xxxxxxxxxx, voce Forma degli atti (dir. priv.), in Enc. Dir., XVII, Milano, 1969, p. 990 che distingue una species costituita dalla forma vincolata o solenne che dà luogo ai negozi formali o solenni. “Come conseguenza il principio di libertà delle forme è inteso nel senso che – malgrado la forma sia sempre essenziale – i soggetti sono liberi di impiegare quella che ritengono più opportuna, mentre soltanto per eccezione la legge stabilisce forme determinate”.
125 A. Palazzo, voce Forme del negozio giuridico, cit., p. 443; X. Xxxxx, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, cit. p. 9 e dottrina richiamata da entrambi, in particolare X. Xxxx, Studi sul formalismo negoziale, Milano, 1997, p. 89.
126 A. Palazzo, voce Forme del negozio giuridico, cit., p. 443
127 X. Xxxxx, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, cit. p. 16 che riprende Irti, Idola Libertatis. Tre esercizi sul formalismo giuridico, Milano, 1985 e Id., Studi sul formalismo negoziale, Padova, 1997, p. 89
quindi l’art. 1325 n. 4 c.c. norma eccezionale, sarebbe anche suscettibile di
applicazione analogica.
È la legge che talvolta prescrive, per il compimento di un atto, una determinata forma, nelle fattispecie cd. a forma vincolata e in alcuni ulteriori casi subordina alla sua presenza la validità stessa dell’atto.
Come si è detto, nei casi di cui all’art. 1325 n. 4 c.c., il legislatore richiede l’adozione della forma ai fini della validità dell’atto, cioè ad substantiam. Tutti questi casi sono anche ipotesi di cd. forma vincolata, ma, secondo autorevole dottrina, viceversa non tutti i casi di forma vincolata sono anche ad substantiam128.
Infatti, in altri casi, la legge richiede l’adozione di una determinata forma solo ai fini della prova del relativo atto, ad probationem. Sempre di forma vincolata si tratta, ma non viene richiesta per la validità dell’atto, che è già valido ed efficace da sé. Semplicemente si richiede che le parti ripetano la dichiarazione negoziale nella forma stabilita dal legislatore, affinché si possa raggiungere la finalità probatoria prevista129.
In altri casi, gli atti possono essere realizzati con qualsiasi forma, non chiedendo la legge l’adozione di una specifica. Sono questi gli atti a cd. forma libera.
128 Xxxxxxxxxx, voce Forma degli atti (dir. priv.), cit., p. 993, secondo il quale “Allorché si dice che la forma costituisce un mezzo vincolato di esteriorizzazione dell’atto umano si fa ovviamente riferimento al paradigma della cosiddetta forma ad substantiam. Il che, diciamo subito, è esattissimo, a condizione però – è necessario immediatamente soggiungere – che l’ambito della forma ad substantiam venga rigorosamente delimitato. Devesi invero contestare l’esattezza della posizione tradizionale, che vi fa rientrare ogni espressione di forma vincolata, diversa da quella ad probationem. Come vedremo infatti, da un canto la cosiddetta forma ad substantiam – per la sua stessa natura eccezionale – deve essere ristretta ai casi espressamente indicati dal legislatore, e dall’altro l’ordinamento conosce una serie di situazioni nelle quali il legislatore non assegna alla forma vincolata la rigorosa funzione di condizionare la rilevanza giuridica dell’atto.”
129 Ivi, “Il concetto di forma ad probationem è stato adoperato per spiegare talune situazioni nelle quali il legislatore, dopo aver lasciato libere le parti di porre in essere il negozio senza alcuna forma solenne, prescrive l’uso di una forma solo per il raggiungimento di certe finalità. In tali situazioni la forma vincolata riguarda perciò la ripetizione ovvero la dichiarazione ricognitiva del negozio, le quali devono necessariamente esprimersi nella forma stabilita dal legislatore, affinché possano raggiungere la finalità prevista”.
C’è allora da chiedersi il motivo per il quale la legge preveda che alcuni atti debbano essere realizzati in una determinata forma, appunto vincolata e non rimette la scelta al soggetto che agisce.
La risposta è in ciò, che la forma del negozio giuridico non è solo requisito strutturale dello stesso, ma ha anche una valenza funzionale, funzionale all’efficacia dell’atto. In altre parole, la forma dell’atto è strettamente collegata agli effetti che da quell’atto scaturiscono e il rapporto tra forma ed effetti è rigido e predeterminato quando la forma è vincolata, mentre è variabile quando la forma è libera130.
In sostanza il legislatore impone una determinata forma quando vuole essere certo che l’atto produca determinati effetti. Gli ordinamenti primitivi e il diritto romano erano pervasi da un rigido formalismo in base al quale ogni atto veniva realizzato secondo una determinata modalità ed era produttivo di effetti predeterminati131. Nel diritto moderno tale formalismo ha lasciato spazio a manifestazioni più libere sia nella forma che negli effetti.
Il Codice civile del 1942, come si è detto, lascia al singolo soggetto la libertà di scelta riguardo alla forma migliore da adottare per la realizzazione di un atto o di un negozio giuridico. In alcuni particolari casi la legge dispone al contrario determinati requisiti formali. Sono questi i casi in cui il negozio produce degli effetti particolarmente importanti in capo a chi lo attua.
La scelta codicistica quindi, di vincolare alcuni atti al rispetto di una determinata forma, solitamente scritta, risponde a una certa logica, “quella della gravità e della serietà degli effetti giuridici”132. Il legislatore vuole richiamare l’attenzione del soggetto sull’importanza e la serietà degli effetti che conseguono all’atto, imponendo limiti di forma e sottraendo l’atto alla libertà di scelta della manifestazione.
130 X. Xxxxx, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, cit., p.
39
131 Per approfondimenti sul diritto romano si vedano X. Xxxxxxx, Lineamenti di diritto privato
romano, 2001, Torino, X. Xxxxxxx-Xxxx, Istituzioni di diritto romano, 1975, Napoli, X. Xxxxxxx,
Diritto privato romano, 1988, Napoli
132 Ibidem, p. 41
Si vuole in sostanza che il contraente sia consapevole delle conseguenze del proprio atto. Non è una mera casualità che i requisiti formali siano stabiliti dall’ordinamento per i negozi che comportano una restrizione della sfera giuridica del soggetto agente o un suo impegno particolarmente gravoso.
Non meraviglia quindi che “il rispetto di rigorose formalità non rappresenta un obiettivo del legislatore nel caso di negozi ad efficacia estintiva, giacché una situazione di dovere a carico di un soggetto o di potere a favore di altri si estingue e si costituisce lo stato di libertà”133.
La forma che maggiormente assicura una piena consapevolezza degli effetti è indubbiamente quella scritta134. È lo stesso Codice civile che all’art. 1325 n. 4 c.c. impone la forma ad substantiam relativamente agli atti elencati nell’art. 1350 c.c., intitolato “Atti che devono farsi per iscritto” e che riguardano disposizioni patrimoniali relative a diritti reali, che certamente comportano una importante modifica della sfera giuridica del soggetto agente. Ovviamente la grande rilevanza di tali atti di disposizione nell’impianto del Codice civile è rapportata al periodo di emanazione del codice stesso, nel quale la ricchezza era prettamente immobiliare.
Oltre che per gli atti di disposizione di diritti reali immobiliari, l’art. 1350 n. 13
c.c. si riferisce agli altri atti specialmente indicati dalla legge.
Si richiede così la forma scritta135, nella specie l’atto pubblico, negli atti
costitutivi di associazioni e fondazioni, nelle convenzioni matrimoniali, nei patti
133 Ibidem, p. 42
134 Ibidem, p. 33
135 Il Codice civile indica due modelli di forma scritta, l’atto pubblico di cui all’art. 2699 c.c. e la scrittura privata di cui all’art. 2702 c.c. Il primo è l’atto formato da un pubblico ufficiale, notaio o altro autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, avente natura complessa in quanto formato da un soggetto terzo rispetto al contenuto negoziale, per approfondimenti M. E. La Torre, Contributo alla teoria giuridica del documento, Milano, 2004, p. 118. Gode di efficacia probatoria privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c. in quanto fa piena prova fino a querela di falso della provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza. La scrittura privata è lo scritto redatto e sottoscritto da un soggetto privato. Vedi Torrente – Xxxxxxxxxxx, Manuale di diritto privato, Milano, 2009, p. 236, anche se lo scritto è dattiloscritto o stampato o redatto da terzi, essenziale è la sottoscrizione del privato, che assume la paternità del testo e la responsabilità del contenuto.
di famiglia, nelle donazioni, tutti atti che comportano rilevanti modifiche patrimoniali.
La forma scritta consente di cristallizzare il contenuto dell’atto nei documenti i quali a loro volta si pongono come fonti di cognizione degli atti medesimi136.
Il formalismo negoziale ha pertanto come utilità in primo luogo quella di attirare l’attenzione del soggetto agente sulla serietà e importanza dell’atto che sta compiendo. In secondo luogo, la forma, scritta in particolare, fissa il contenuto dell’atto e fa in modo che questo sia conoscibile e verificabile anche a distanza di tempo. Si pone cioè come strumento di garanzia della certezza dei rapporti giuridici137.
In tutti questi casi, essendo la forma richiesta a pena di nullità, non rilevano contenuti negoziali diversi, che non abbiano la forma richiesta138 o che siano esterni all’atto formale, come quelli a cui si fa rinvio in tutto o in parte attraverso la cd. relatio che secondo autorevole dottrina non sarebbe quindi ammessa nei negozi formali139.
Il principio della libertà delle forme, come sopra descritto, è un principio presente anche nell’ordinamento comunitario. Tuttavia, quest’ultimo ha contribuito in maniera importante ad una evoluzione del neo-formalismo negoziale. Con tale denominazione si identifica il fenomeno di rinnovata attenzione e di largo ricorso alla forma negoziale, presente in numerosi interventi legislativi. È un fenomeno che distingue i contratti del consumatore dal modello di contratto di diritto comune. La contrapposizione non è però tra forma negoziale libera ed eccezioni a tale modello, in quanto il fenomeno non riguarderebbe forme
136 X. Xxxxx, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, cit., p.
27
137 Ibidem, p. 45 e ivi richiamato C.M. Xxxxxx, Diritto civile, 3. Il contratto, p. 278 “Una
dichiarazione orale è percepita solo dai presenti e la prova di essa e del suo contenuto rimane generalmente affidata alla parola e alla memoria di coloro che l’hanno ascoltata. La scrittura affida invece la dichiarazione a un mezzo durevole di conoscenza”.
138 X. Xxxxx, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, cit., p.
53
139 Secondo la dottrina più risalente la relatio non si adatta ai negozi formali in quanto il
contenuto negoziale non potrebbe realizzarsi in una forma diversa da quella prescritta.
negoziali richieste ad substantiam actus e non contribuirebbe a una rinascita del formalismo inteso come il formalismo degli ordinamenti antichi. Esso piuttosto riguarda il collegamento tra forma e prescrizioni a contenuto obbligatorio che devono necessariamente essere inserite nel contratto, con una determinata forma appunto, Si tratta di una imposizione all’interno del contratto, di elementi “di cui si vuole che il contraente debole abbia piena contezza”140.
140 X. X’Xxxxx, voce Formazione del contratto, in Enc. Dir. Xxxxxx, II, 2, Milano, 2008, p. 582
2. La forma informativa
Come si è avuto modo di vedere nel paragrafo precedente, i casi in cui è imposta una determinata forma dell’atto negoziale, ad substantiam o ad probationem, sono i casi in cui l’atto che si realizza comporta determinati effetti in capo al soggetto agente. Con la forma si vuole richiamare l’attenzione del soggetto sulla gravità e serietà degli effetti che conseguono all’atto stesso.
A livello comunitario si assiste invece al mutamento della nozione di forma, o meglio a un suo ampliamento. Essa non viene più vista solo come “contenitore” dell’atto, come rivestimento esterno del contenuto negoziale, ma assume un diverso significato che comprende le formalità legate non solo al contenuto ma anche alla contrattazione. In altre parole, la forma non riveste solo il contenuto del negozio, ma riveste anche il procedimento e le modalità di formazione dello stesso.
La forma non è più solo selettiva degli effetti che produce il negozio, come visto nelle forme di efficacia ad substantiam e ad probationem, ma diventa anche protettiva degli interessi di una classe di soggetti che si trovano a concludere determinati contratti in una posizione sfavorevole.
Come visto nel secondo capitolo quando si è parlato degli obblighi informativi, l’esigenza di tutelare una determinata categoria di soggetti si rinviene maggiormente nei cd. contratti asimmetrici, nei quali le parti risultano essere in una posizione di notevole disparità, soprattutto dal punto di vista informativo.
Si è anche visto che proprio la normativa comunitaria impone in tali contratti che al contraente debole vengano fornite rigorose e dettagliate informazioni. Come nella normativa relativa ai pacchetti turistici, il più delle volte la normativa richiede che tali informazioni vengano date per iscritto e in maniera chiara e precisa.
Si ribadisce anche in questa sede che quindi l’informazione del soggetto debole è fondamentale al fine di farlo addivenire a una decisione consapevole in merito al contratto che andrà a concludere. La normativa comunitaria oltre a stabilire la tipologia di informazioni che deve essere fornita, si preoccupa di stabilire anche il
modo, la forma appunto, attraverso la quale l’informazione deve arrivare al soggetto tutelato. La forma quindi diventa il mezzo, il veicolo attraverso la quale l’informazione arriva al destinatario.
È così che la forma quindi non ha più soltanto la funzione di far riflettere il soggetto agente sugli effetti del contratto e sugli interessi in gioco, ma anche quella di tutelare la posizione di chi manifesta quegli interessi e la sua libertà di scelta.
La forma in questa veste di protezione tutela sia le istanze personalistiche del consumatore, che quelle del mercato in generale. Se infatti, come già detto, la libertà di scelta del contraente, il quale forma il suo convincimento a concludere un negozio giuridico sulla base anche delle informazioni ricevute, è il presupposto per il corretto svolgimento della concorrenza, quest’ultimo a sua volta consentirà anche al mercato di funzionare correttamente. L’asimmetria informativa infatti favorisce la fissazione unilaterale del prezzo dei beni e dei servizi, favorendo altresì i monopoli141.
Si delinea in sostanza una terza forma del contratto, dopo quelle di efficacia ad substantiam e ad probationem, quella di protezione chiamata “forma informativa” o anche “forma-contenuto”142.
Questa viene in rilievo nei contratti asimmetrici, di cui si è già illustrato il contenuto, quei contratti nei quali un contraente, di solito il consumatore, si trova a dover contrattare in una posizione di debolezza informativa, in quanto si trova sprovvisto di informazioni, detenute invece dal professionista che predispone un numero indeterminato di contratti sostanzialmente tutti di contenuto uguale. Il consumatore che non è in possesso di informazioni adeguate si trova inoltre nella posizione sfavorevole di dover affrontare notevoli costi per procurarsele.
141 X. Xxxx, La forma informativa nel diritto contrattuale europea. Verso una nozione procedurale di contratto, Napoli, 2008, p. 251
142 Si vedano X. Xxxxx, Il Contratto, Milano, Xxxxxxx, p. 211; X. Xxxxxxxxx, Profili della forma nella nuova legislazione sui contratti, Napoli, Esi, 1999, p. 59; X. Xxxxxx, Vincoli di forma e disciplina del contratto. Dal negozio solenne al nuovo formalismo, Milano, Xxxxxxx, 2008, p. 127.
La normativa comunitaria è andata in soccorso al consumatore come visto, prevedendo obblighi informativi pregnanti in capo al professionista, per cui non è più il consumatore a doversi attivare con l’uso dell’ordinaria diligenza, come disposto dalla normativa interna all’art. 1341 c.c. ma è il professionista a dover informare precisamente e dettagliatamente la controparte. Con la forma informativa l’informazione viene rivestita di una determinata forma, che solitamente come si vedrà in seguito è scritta, la quale prevede determinati requisiti di espressione.
La politica comunitaria interviene in maniera decisa per riequilibrare quelle posizioni di disparità informativa, attraverso “1. La trasmissione di un numero determinato di informazioni che standardizzano il regolamento contrattuale secondo un procedimento formalizzato, soprattutto nelle relazioni B2C; 2. La qualità delle informazioni, chiare e comprensibili, esatte ed adeguate etc., per permettere un controllo di qualità sul contenuto del contratto”.
Il fine è quello di colmare il deficit informativo creando un consenso informato143, attraverso la previsione di una determinata forma e di requisiti qualitativi dell’informazione.
Per quanto riguarda la forma, il legislatore comunitario solitamente evita di prescrivere forme per l’intero contratto, la prescrizione riguarda solo l’informazione. Si può quindi verificare che le parti siano libere di concludere il contratto scegliendo la forma che appare più idonea, ma gli obblighi informativi soggiacciano a una forma particolare, solitamente scritta o comunque testuale anche su supporto durevole, come si vedrà in seguito.
Tuttavia, non è sufficiente che l’informazione arrivi al consumatore e che attraverso la forma scritta sia suscettibile di plurime consultazioni anche a distanza di tempo dalla conclusione del contratto. È necessario infatti che l’informazione venga compresa dal destinatario e a tal fine è indispensabile che
143 Ibidem, p. 254
presenti certi standard qualitativi che la rendono immediatamente comprensibile. È questo il principio di trasparenza contrattuale.
La forma informativa pone quindi dei requisiti di stile che fanno in modo che l’informazione abbia una certa qualità, cioè che sia “chiara, adeguata, precisa, completa, comprensibile”144.
I primi interventi del legislatore comunitario, con i quali si fissavano requisiti qualitativi all’informazione, si sono avuti negli anni 80145. Con la direttiva 90/314/CEE in materia di viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso, si stabiliva che le informazioni contenute nell’opuscolo informativo dovessero essere “leggibili, chiare e precise” (art. 3 comma 2) e “enunciate per iscritto o in ogni altra forma comprensibile ed accessibile”.
Per informazione leggibile si intende l’informazione resa in maniera visivamente chiara, senza il ricorso a testi eccessivamente lunghi o a caratteri di testo troppi piccoli, che scoraggino la lettura146. La chiarezza invece si riferisce al linguaggio, ai termini utilizzati nel testo informativo, e richiede l’utilizzo di termini di uso comune, non di conoscenza esclusiva del professionista147. La precisione riguarda la concentrazione delle informazioni e la loro specificità riguardo al negozio da concludere, senza riferimenti extra testuali che renderebbero difficoltosa la reperibilità delle informazioni da parte del consumatore148.
La comprensibilità e l’accessibilità riguardano invece non tanto le caratteristiche del testo, ma le caratteristiche soggettive di colui al quale le informazioni sono dirette, il suo livello di istruzione e le sue qualità psico- fisiche149.
144 X. Xxxx, La forma informativa nel diritto contrattuale europea. Verso una nozione procedurale di contratto, cit., p. 255
145 Dir. 84/450/CEE in cui si obbliga il professionista a fornire un’informazione veritiera e corretta, dir. 87/102/CEE in cui si richiede che l’informazione sia adeguata.
146 X. Xxxx, La forma informativa nel diritto contrattuale europea. Verso una nozione procedurale di contratto, cit., p. 258
147 Ivi
148 Ivi
149 Ibidem, p. 259
Tutte queste caratteristiche sono state poi riassunte nella locuzione “chiara e comprensibile” relativa alle clausole vessatorie e contenuta nella direttiva 93/13/CEE. In seguito a tale direttiva la locuzione ricorrerà in tutte le direttive in materia di protezione del consumatore, con qualche variante150, tanto che si è sostenuto che il principio di chiarezza e comprensibilità che ne deriva sia un principio autonomo riconducibile secondo alcuni al principio di trasparenza, secondo altri a quello di buona fede.
Oltre ai suddetti requisiti, alcune disposizioni fissano requisiti linguistici, come la direttiva sulla multiproprietà 94/47/CEE, dove si enuncia che il contratto e il documento informativo devono essere redatti nella lingua o in una delle lingue dello stato membro in cui risiede l’acquirente. Come si è visto nel capitolo secondo, anche il codice del consumo all’art. 9 prevede l’uso della lingua italiana.
La disciplina comunitaria prevede che il professionista fornisca un nucleo di informazioni base, uguale per tutti i contratti dei consumatori, oltre ad informazioni specifiche relative ai singoli tipi contrattuali151. Le informazioni comuni riguardano le identità dell’operatore e del professionista, la descrizione delle prestazioni reciproche, i diritti del consumatore, in modo particolare quello di recesso.
Illustrati i requisiti formali dell’informazione, è opportuno invece analizzare i requisiti formali del mezzo attraverso il quale le informazioni vengono fornite al consumatore.
Come già detto anche l’ordinamento comunitario accoglie il principio della libertà delle forme, salvo poi stabilirne di determinate per il compimento di alcuni atti.
La legislazione comunitaria, imponendo requisiti formali, intende tutelare i soggetti più deboli, garantire la certezza dei traffici giuridici e soddisfare esigenze di celerità e speditezza contrattuale. La forma prescritta in relazione agli obblighi informativi è solitamente quella scritta. Essa infatti è funzionale al regime di
150 Ivi
151 Ibidem, p. 308
pubblicità delle informazioni ed è il mezzo per assicurare che venga rispettato il contenuto minimo del contratto, che questo contenuto possa essere sempre consultato e conservato dalle parti. Consente infine la verifica della regolarità dell’accordo contrattuale.
In molte disposizioni in materia di tutela del consumatore e in relazione alla forma veicolo di informazioni, la forma scritta viene equiparata ad altre forme che anche se non scritte, consentano che le informazioni rimangano accessibili e consultabili per lungo tempo. Così il legislatore comunitario fa riferimento a ogni “altro supporto duraturo”, “mezzo di comunicazione durevole”, “qualsiasi altra forma appropriata”152, tutti strumenti che consentano un possesso durevole delle informazioni in capo al consumatore153.
Con l’introduzione del supporto durevole si è introdotta una nuova forma informativa, sempre scritta ma su un diverso supporto, che sarebbe il luogo in cui l’informazione è riportata e può essere consultata. Così il supporto può essere cartaceo o informatico. Il legislatore quindi se da un lato si è adeguato all’evoluzione informatica che necessariamente ha permeato tutto gli scambi commerciali e anche la materia consumeristica, da un lato, stabilendo che il supporto debba essere duraturo ha voluto frenare la labilità dei moderni mezzi informatici, suscettibili di rapida cancellazione.
Il concetto di supporto durevole è contenuto della direttiva 2002/65/UE sul commercio a distanza dei servizi finanziari ai consumatori, all’art. 2 lett. f) nel quale si afferma che “supporto duraturo: è qualsiasi strumento che permetta al consumatore di memorizzare informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere agevolmente recuperate durante un periodo di tempo adeguato ai fini cui sono destinate le informazioni stesse e che consenta la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate”.
152 La direttiva 90/314/CEE all’art. 4 comma 1 richiede che l’organizzatore o il venditore forniscano al consumatore, prima della conclusione del contratto, le informazioni di carattere generale concernenti le condizioni applicabili ai cittadini degli Stati membri in materia di visti e passaporti, per iscritto o in qualsiasi altra forma appropriata.
153 X. Xxxx, La forma informativa nel diritto contrattuale europea. Verso una nozione procedurale di contratto, cit., p. 315
Sono supporti durevoli i dischetti informatici, i Cd-Rom, i DVD e l’hardware
del computer nei quali sono contenuti i messaggi di posta elettronica.
La forma elettronica ha quindi ormai sostituito la vecchia forma scritta cartacea, della quale si considera equivalente quando ha le medesime caratteristiche in fatto di diretta accessibilità, conservazione del documento e delle informazioni ivi contenute e permetta la riflessione sulle condizioni contrattuali.
La materia della forma contrattuale è stata oggetto di studio da parte del gruppo di ricerca Acquis, che studia l’acquis communautaire ovvero l’insieme del diritto, degli obblighi giuridici e degli obiettivi politici che accomunano gli Stati membri dell’Unione Europea. Esso ha il compito di raccogliere i principi in materia contrattuale presenti nei vari atti dell’Unione Europea, in modo particolare nei trattati, regolamenti, direttive e pronunce della Corte di Giustizia e del Tribunale di primo grado.
Attraverso l’individuazione di un minimo comune denominatore delle varie disposizioni sparse negli atti di diritto originario e derivato quindi il gruppo Acquis ha ricavato dei principi applicabili alla materia contrattuale generale.
Tra questi è presente il principio di libertà delle forme, soggetto come visto a numerose “eccezioni” presenti per determinati scopi tra i quali quello informativo per i quali è prevista la forma scritta. In alcune ipotesi è solo l’informazione a dover rivestire forma scritta, in altre la forma scritta è richiesta per l’intero contratto.
Il gruppo Acquis ha cercato di colmare le lacune in materia di forma presenti nella normativa comunitaria, nella quale tra la massima intangibilità di forma, quella orale e quella più rigorosa, quella scritta, vi era uno spazio vuoto154.
L’Acquis, nei principi in materia di contratti in generale dell’Unione, ha quindi individuato diversi livelli formali. Un primo grado di forma si individua nella forma testuale, intendendo “un testo espresso in caratteri alfabetici o in altri caratteri intellegibili, su ogni supporto che permetta la lettura, l’archiviazione
154 Ibidem, p. 346
delle informazioni contenute e la loro riproduzione in forma tangibile. Questa prima forma, meno rigida, si ritrova in quelle disposizioni in cui i contenuti devono essere meramente portati a conoscenza del destinatario, per cui è sufficiente che questo abbia la possibilità di prenderne visione155.
La forma testuale è espressa con caratteri alfabetici o numerici, su qualsiasi supporto anche non durevole. Non è necessario quindi che il testo sia suscettibile di conservazione. La forma testuale manca della peculiarità dell’immodificabilità.
Un secondo grado di forma è individuato nel supporto durevole, che riprendendo la direttiva 2002/65/CE, è definito come “ogni supporto che consente l’archiviazione di informazioni, in modo che siano accessibili per la consultazione futura durante un periodo di tempo adeguato agli scopi cui le informazioni sono preordinate e che consente la riproduzione senza alterazioni delle informazioni archiviate”. Rispetto alla forma testuale, il secondo grado di forma è quello che consente l’archiviazione delle informazioni contenute e la loro non modificabilità da parte di chi le emette. Esso consente di consultare nuovamente i contenuti anche a distanza di tempo da quando sono stati forniti.
Un terzo grado di forma è individuato in quella “per iscritto”, “una proposizione in forma testuale su di un supporto durevole viene qualificata per iscritto se il testo è archiviato su carta o su altro mezzo tangibile in modo permanente e con caratteri immediatamente leggibili”. Questo terzo livello di forma coniuga i primi due e dispone che il supporto sia tangibile. La forma scritta è richiesta per numerosi contratti specifici, tra i quali i contratti di viaggio tutto compreso, dai quali è stata ricavata la regola specifica in materia di forma per tali tipologie di contratto156.
155 Ibidem, p. 347
156 Mentre la direttiva 90/314/CEE richiede la forma scritta solamente per gli obblighi informativi, la regola elaborata nei principi Acquis prevede che “i contratti di viaggio tutto compreso devono essere redatti per iscritto e devono includere tutte le informazioni richieste. Lo scritto su supporto cartaceo può essere sostituito da un’altra forma testuale su supporto durevole, ragionevolmente accessibile per l’utente. Quest’ultimo ha diritto di ricevere una copia del contratto”. Lo scopo è quello di provare i contenuti del contratto, del quale le informazioni fanno parte, come nelle direttive in materia di multiproprietà e di credito al consumo.
Il diritto comunitario tuttavia, non prevede alcuna specifica sanzione per il mancato rispetto della forma scritta. Si ritiene comunque che in ambito comunitario la forma prevista ai fini della validità del contratto, ad substantiam, sia recessiva157. Ciò in quanto la forma non riguarda più solo il modo di esternare la volontà, ma il modo in cui si addiviene alla stipulazione del contratto, in tutte le fasi. “il contratto non risulta formale per sé, ma perché contiene informazioni da fornire in una determinata forma”158.
Un quarto grado di forma riguarda le diverse firme159.
Non è previsto invece, nella legislazione comunitaria, un livello di forma forte, equiparabile all’atto pubblico dell’ordinamento interno. Per un grado di forma rigido infatti, il diritto comunitario rinvia a quello interno dei vari stati membri160. Alla luce di quanto detto si può affermare che il diritto comunitario dia una grande rilevanza alla forma nel diritto contrattuale, creando una nuova forma che non abbia più soltanto riguardo all’efficacia del contratto, ma anche funzione di
tutela delle parti deboli.
Nella forma cd. informativa viene in luce un’altra funzione di forma, una “forma modulo” la quale, secondo alcuni non può essere scambiata come forma del contratto161. Essa sarebbe piuttosto una forma perequativa, che cerca di ristabilire l’equilibrio contrattuale tra parti non egualmente forti, ma non un terzo tipo di forma solenne162.
157 X. Xxxx, La forma informativa nel diritto contrattuale europea. Verso una nozione procedurale di contratto, cit., p. 372
158 Ivi
159 Manuale “significa il nome della persona o il segno che rappresenta la persona scritto personalmente allo scopo di autentificazione”; elettronica “significa dati in forma elettronica allegati o connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di autentificazione”; elettronica avanzata “significa una firma elettronica che soddisfi i seguenti requisiti: è unicamente riferibile al firmatario, è idonea ad identificare il firmatario, è creata con mezzi sui quali il firmatario può conservare il proprio controllo esclusivo, è collegata ai dati cui essa si riferisce in modo tale che ogni modifica successiva di tali dati sia rintracciabile”.
160 B. Pasa, La forma informativa nel diritto contrattuale europea. Verso una nozione procedurale di contratto, cit., p. 379
161 X. Xxxxxxxxxxx, voce Neoformalismo contrattuale, cit., p. 777
162 Ivi
3. La forma dei contratti di viaggio.
La Convenzione di Bruxelles del 1970 non stabilisce requisiti formali per la conclusione del contratto di viaggio. All’art. 5 dispone che “l’organizzatore di viaggi è tenuto a rilasciare un documento di viaggio portante la sua firma che può essere sostituito da un timbro”. Del pari, anche gli obblighi informativi non sono soggetti a limiti formali. L’art. 6 comma 1 stabilisce il contenuto delle informazioni contenute nel documento di viaggio, mentre al comma 2 stabilisce che “qualora tutte o una parte delle indicazioni previste al paragrafo 1 figurino in un programma consegnato al viaggiatore, il documento di viaggio potrà contenere un semplice riferimento ad esso; qualsiasi modifica a tale programma dovrà essere menzionata nel documento di viaggio”.
Stando alla lettera della norma quindi, in primo luogo non è necessario che il contratto di viaggio rivesta una forma particolare, in quanto le informazioni di cui all’art. 6 comma 1 devono essere contenute nel documento di viaggio, che non corrisponde necessariamente al contratto163. E infatti il documento di viaggio deve portare la sottoscrizione solamente dell’organizzatore, che può essere sostituita da un suo timbro, laddove se corrispondesse al contratto di viaggio dovrebbe recare le sottoscrizioni di entrambe le parti.
La CCV non prevede requisiti di forma neanche per le informazioni elencate all’art. 6 comma 1. Queste devono normalmente essere contenute nel documento di viaggio, ma è ammessa la possibilità che siano contenute altresì in un altro documento al quale il documento di viaggio fa riferimento. È ammessa quindi la relatio.
Pare abbastanza chiaro che la forma prevista dalla Convenzione di Bruxelles non sia richiesta ai fini della validità del contratto, il quale come visto può essere anche orale, salvo poi consegnare una copia del documento di viaggio al turista.
Resta da chiedersi se può essere qualificata come forma ad probationem, ai fini della prova del contratto. A sostegno della forma ad probationem
163 X. Xxxxxx, Il diritto del turismo nell’ordine giuridico di mercato, cit., p. 180
sembrerebbe la disposizione dell’art. 7 che prevede che “il documento di viaggio fa fede, fini a prova contraria, delle condizioni del contratto”164. C’è chi al contrario ha sostenuto che la forma richiesta dalla CCV non sia ad probationem, stando al fatto che l’inosservanza non comporterebbe la preclusione degli altri mezzi di prova, ma soltanto l’applicazione della normativa generale165.
In sostanza, nella normativa della CCV le informazioni non necessariamente entrano a far parte del contenuto del contratto, potendo essere collocate nel documento di viaggio o in una fonte esterna allo stesso. La mancata osservanza non avrebbe effetti sulla validità del contratto di viaggio.
Maggiori limiti formali sono stabiliti nel Codice del turismo, il quale, all’art. 35 stabilisce che il contratto di vendita di pacchetti turistici è redatto in forma scritta in termini chiari e precisi e che al turista sia rilasciata una copia del contratto stipulato e sottoscritto dall’organizzatore del viaggio.
Nel Codice del turismo ha trovato collocazione la normativa prima contenuta agli articoli da 82 a 100 del codice del consumo, il quale a sua volta conteneva la normativa di recepimento della direttiva 90/314/CEE. Quest’ultima non prevedeva requisiti di forma per il contratto di servizio tutto compreso, ma prevedeva la forma scritta solo per le informazioni contenute nell’opuscolo informativo.
La normativa di recepimento invece e quella successiva, sulla scorta dei principi Acquis166, hanno sancito il requisito formale di tutto il contratto. Il codice del turismo, a differenza della normativa di cui al codice del consumo, non
164 Ivi
000 X. Xxxxxxx, xxxx Contratto turistico, cit., p. 297 “La previsione non attiene, come si è detto, propriamente alla forma quale elemento di validità del contratto ed appare svolgere la funzione di agevolare la posizione del viaggiatore sul piano probatorio in ordine alla prestazione cui ha diritto, ma non costituisce neanche forma ad probationem, in quanto la sua inosservanza più che precludere il ricorso ad altri mezzi di prova – è consentita anzi la prova contraria che, ragionevolmente, non dovrebbe incontrare le limitazioni di cui agli artt. 2722, 2723 c.c. – rende senz’altro applicabile al rapporto la disciplina legale. Dunque, l’aspetto che viene in considerazione è quello dell’efficacia inter partes di condizioni particolari che ove non risultanti dal documento di viaggio non entrano a far parte del regolamento contrattuale che resta disciplinato dalla normativa uniforme”. Roppo, Convenzione Internazionale relativa al contratto di viaggio (CCV), in Nuove leggi civili commentate, 1978, p. 1771
166 Vedi nota n. 133
prevede più che la copia da consegnare al turista possa essere soltanto timbrata dal professionista, ma richiede che la copia del contratto sottoscritta dal professionista. Ciò comporta intanto che il documento che riceve il turista sia necessariamente il contratto di viaggio e non un documento distinto, inoltre che lo stesso abbia valore di scrittura privata ai sensi dell’art. 2702 c.c.167 La ratio della consegna della copia sottoscritta ha finalità informativa168.
La formulazione letterale della norma non sembrerebbe lasciare spazio a dubbi interpretativi sulla qualificazione della forma e sul tipo di effetti. Il riferimento infatti è a tutto il contratto e non solo alla parte informativa. Questo farebbe propendere per una forma ad substantiam, con la conseguenza che l’omessa formalità comporterebbe la nullità del contratto, che sarebbe quindi invalido.
Il medesimo dato letterale fa dubitare che si tratti al contrario di una forma ad probationem169, opinione che infatti risulta minoritaria170. Si è sostenuto infatti che la prescrizione formale ad probationem non è mai utilizzata nella materia consumeristica e in ogni caso dovrebbe risultare da un’esplicita previsione normativa che nel caso in esame manca171.
Secondo una certa giurisprudenza la forma richiesta dal codice del turismo sarebbe ad substantiam, e la sua violazione comporterebbe la nullità del contratto ai sensi dell’art. 1418 c.c.172, ciò in quanto nei contratti turistici la forma avrebbe la funzione di offrire una tutela forte al consumatore e di conoscere immediatamente e con precisione il contenuto del contratto concluso, nonché i diritti e gli obblighi derivanti. Quindi ad avviso di tale opinione l’utilità di provare l’esistenza del contratto, che sottostà all’idea di forma ad probationem, passerebbe
167 In questo senso Cass. Civ. Sez. III, 20.03.2012 n. 4372 secondo la quale “in merito agli operatori turistici, il catalogo informativo rappresenta prova documentale equiparabile alla scrittura privata ex art. 2702 c.c., sottratta alla libera valutazione e al libero convincimento del giudice di merito”.
168 X. Xxxxxx, Il diritto del turismo nell’ordine giuridico di mercato, cit., p. 182
169 Ivi
170 Nel senso di una forma ad probationem si è espressa M.E. La Torre, Il contratto di viaggio tutto compreso, in Giur. Cost., 1996, 1, II, p. 31
171 X. Xxxxxxxxx-X. Xxxxx, I contratti relativi alla fornitura di servizi turistici, in Trattato di diritto privato diretto da X. Xxxxxxx, vol. XXX, La tutela del consumatore, cit., p. 384
172 Ibidem, p. 183
in secondo piano173. Contro la configurazione della forma ad substantiam tuttavia si è obiettato che la previsione della nullità per difetto di forma finirebbe per favorire proprio la parte tenuta al rispetto della formalità174 e inoltre il legislatore ha espressamente previsto i casi in cui al mancato rispetto della formalità informativa consegue la nullità del contratto175.
Secondo la dottrina maggioritaria176 si tratterebbe invece proprio di forma informativa, nel senso inteso dalla normativa comunitaria, con finalità protettive nei confronti del contraente debole, che gli consenta di essere edotto sul contenuto negoziale e sui diritti spettanti.
173 Trib Bari, 8 agosto 2000, in Foro It., 2001, I, p. 2089, “è soprattutto nella ricerca della ratio della disciplina speciale de qua che prende respiro e si consolida la convinzione che la nuova tipologia contrattuale sia assoggettata alla forma scritta ad substantiam. In tale ottica acquista rilievo primario l’indagine sulla funzione dell’atto negoziale: nel senso che l’onere della forma vincolata si ricollega normalmente ad esigenze di ordine generale e di valenza pubblica che il legislatore intende garantire mediante l’aggravamento delle modalità di formazione dell’accordo contrattuale al fine di consentire ai contraenti maggiori possibilità di conoscenza e di riflessione circa gli impegni assunti, in considerazione o della particolare gravità delle conseguenze che possono derivarne o dell’elevata importanza politico-sociale ed economica della materia di riferimento dell’affare o della posizione debole di una determinata categoria di parti. Nel caso di contratti di vendita di pacchetti turistici appare inequivocabile, per un verso, l’alto tasso di rilevanza del turismo nell’economia nazionale ed in quelle di tutti gli Stati membri della Comunità europea, per altro verso l’esigenza di tutela forte del consumatore (…), l’uno e l’altra certamente avvertiti dal legislatore giusta quanto si evince sia dalle premesse esplicative della direttiva 90/314/CEE (…), sia da alcuni tratti caratterizzanti della disciplina nazionale di attuazione, pure da interpretarsi secondo la giurisprudenza comunitaria fortemente permeata da una diffusa istanza di protezione del consumatore, quale fattore di chiarezza e di omogeneizzazione delle discipline degli Stati membri nonché di realizzazione effettiva del mercato comune. In sintesi, è vero che l’ordinamento comunitario punta ormai da tempo e non solo nel settore dei servizi turistici, a garantire condizioni di uniformità e di trasparenza delle regole, a beneficio immediato e diretto della più larga fascia degli utenti del cd. mercato comune (i consumatori) ed in prospettiva della sua piena ed efficace attuazione, non può negarsi che il modo più sicuro per conseguire quella garanzia è costituito nella materia di riferimento, dalla possibilità data al viaggiatore non tanto di dimostrare l’esistenza del contratto al fine di far valere le sue ragioni in una futura sede giudiziale, quanto di conoscere subito e con esattezza i contenuti qualificanti dell’accordo concluso nonché i diritti e le obbligazioni conseguenti, al fine di esperire con immediatezza tutti i rimedi previsti per legge, compresi quelli negoziali, stragiudiziali e precontenziosi. Il che risulta perfettamente coerente con un sistema di stipulazione del contratto in cui la forma scritta sia ad substantiam e non ad probationem”.
174 X. Xxxxxxxxx-X. Xxxxx, I contratti relativi alla fornitura di servizi turistici, cit., p. 385
175 Art. 30 T.U.F.
176 Ivi; Silingardi – Morandi, La vendita di pacchetti turistici, cit., p. 39, Morandi, I contratti di viaggio, in Morandi-Comenale Pinto-La Torre, I contratti turistici, Milano, 2004, X. Xxxxxxxxxx, I pacchetti turistici, Profili giuridici e contrattuali, Milano, 1998, p. 25; X. Xxxxxxxxx, Contratti e responsabilità nel codice del turismo, cit., p. 11
IL Codice del turismo pone anche requisiti formali stilistici, di formulazione delle norme. Infatti, si dispone che sia il contenuto del contratto sia quello dell’opuscolo informativo debba essere indicato in termini “chiari e precisi”. Rimandando a quanto già detto in tema dei requisiti di stile delle informazioni, si può dire in questa sede che tale requisito avvalora ancora di più la tesi che la forma descritta dall’art. 35 sia in realtà ad substantiam177. La formulazione chiara e precisa, espressione del principio di trasparenza, esclude che il contenuto delle informazioni possa essere stabilito mediante riferimento ad altro testo estraneo al contratto, come invece accadeva nei contratti regolati dalla CCV che infatti non poneva requisiti di forma, in quanto come da opinione classica la relatio non sarebbe ammessa nei negozi formali.
La normativa citata è stata abrogata dal D. Lgs 62/2018 di attuazione della direttiva 2015/2302/UE. In quest’ultima non viene prevista alcuna forma per la conclusione del contratto di viaggio, che torna a essere libera ma accompagnata da specifici obblighi di informazione e di documentazione178. L’art. 36 del codice del turismo, nella nuova formulazione in seguito alle modifiche apportate dal D. Lgs 21 maggio 2018 n. 62 di recepimento della direttiva, afferma che “i contratti di pacchetto turistico sono formulati in un linguaggio semplice e chiaro e. ove in forma scritta, leggibile”. La norma quindi affida alla libertà delle parti la scelta della forma di conclusione del contratto, “risolvendo anche il dubbio interpretativo, sorto sotto la precedente normativa, in ordine alle conseguenza discendenti dal mancato rispetto della forma ivi richiesta”179.
La norma richiede invece determinati requisiti di stile per il linguaggio che deve essere semplice e chiaro, in ossequio al principio di trasparenza di cui si è
177 X. Xxxxxx, Il diritto del turismo nell’ordine giuridico di mercato, cit., p. 187
178 X. Xxxxxxx, Le nuove regole dell’Unione europea sui pacchetti turistici e i servizi turistici collegati nell’esperienza italiana, in Responsabilità civile e previdenza, 4/2019, p. 17. Sul tema anche Xxxxxxxxxxx, Il processo informativo e la forma nella disciplina dei pacchetti turistici, in Vettori (a cura di), Contratto e responsabilità. Il contratto dei consumatori, dei turisti, dei clienti, degli investitori e delle imprese deboli, Padova, 2013, p. 1610.
179 X. Xxxxxxxx, I pacchetti turistici dopo la riforma. Commento organico al D. Lgs 21 maggio 2018 n. 62 di modifica del codice del turismo, cit., p. 37
parlato in precedenza. È previsto in ogni caso che l’organizzatore o il venditore forniscano al viaggiatore una copia o una conferma del contratto su supporto durevole. Quest’ultimo ha preso il posto della copia, presumibilmente cartacea, che doveva essere consegnata al viaggiatore e sottoscritta dal professionista, ai sensi della precedente formulazione. La consegna di una copia cartacea del contratto è prevista al comma terzo dell’art. 36 ove il contratto sia stato stipulato alla contemporanea presenza fisica delle parti, al quarto comma per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali. La consegna di tali copie cartacee non comporta che lo stesso contratto debba essere stipulato per iscritto, ben potendo essere la copia consegnata, copia scritta di un contratto stipulato anche oralmente.
Per quanto riguarda le informazioni precontrattuali, l’art. 34 cod. tur., nella nuova formulazione, prevede che venga fornito al viaggiatore il modulo informativo standard, verosimilmente cartaceo e le altre informazioni specificamente indicate nello stesso articolo, per le quali tuttavia esso non prevede obblighi di forma.
Le informazioni elencate all’art. 34, diventano parte integrante del contratto di pacchetto turistico e sono vincolanti per chi le fornisce, ai sensi dell’art. 35. Le medesime informazioni poi, entrate ai sensi di quest’ultima norma nel contenuto del contratto, vengono contenute anche nella copia del contratto rilasciata su supporto durevole al viaggiatore. È così che queste vengono rivestite della forma di cui all’art. 36 del codice del turismo.
L’inciso “ove in forma scritta” presente nell’art. 36 non lascia dubbi sul fatto che il contratto di pacchetto turistico possa essere concluso anche in una modalità differente da quella scritta. Va da sé quindi che non essendo richiesta una forma specifica, non si ponga il problema dell’esistenza di una forma ad substantiam.
Rimane da vedere se la forma rivestita dalle informazioni della nuova disciplina dettata dagli articoli 34, 35 e 36 possa essere qualificata come “forma informativa” nel senso delineato dal diritto comunitario180.
La ratio è senz’altro informativa, come si è visto nel capitolo secondo, in quanto le informazioni che sono in essi dettagliatamente indicate, mirano, nella fase precontrattuale, a formare la volontà del viaggiatore riguardo al contratto che andrà a stipulare, formando un consenso informato e consapevole circa i vantaggi e gli svantaggi dell’operazione economica. Nella fase di esecuzione del contratto sono invece rivolti a far conoscere al viaggiatore i diritti in materia di assistenza e di rimedi contro l’inadempimento delle obbligazioni del professionista.
In secondo luogo, i requisiti qualitativi richiesti dalle norme citate sono espressione del principio di trasparenza indicato dalla normativa comunitaria.
La direttiva 2015/2302/UE e il D. Lgs n. 62/2018 di recepimento, non chiariscono quale siano i rimedi conseguenti all’inadempimento degli obblighi informativi, per cui è compito dell’interprete individuarli.
L’unica previsione in senso contrario è quella di cui all’art. 35 comma 3 che prevede “se l’organizzatore o il venditore non hanno ottemperato agli obblighi in materia di informazione sulle imposte, sui diritti o su altri costi aggiuntivi di cui all’art. 34 comma 1, lettera c), prima della conclusione del contratto di pacchetto turistico, il viaggiatore non è tenuto al pagamento di tali costi”, previsione della quale è necessario indagare la natura giuridica.
180 Nell’ambito del dibattito dottrinale si veda Xxxxxxxxx, Profili della forma della nuova legislazione sui contratti, Napoli, 1999; Valentino, Obblighi di informazione, contenuto e forma negoziale, Napoli, 1999; Messina, Libertà di forma e nuove forme negoziali, Torino, 2004; Febbrajo, L’informazione ingannevole nei contratti del consumatore, Napoli, 2006; Morelato, Nuovi requisiti di forma del contratto. Trasparenza contrattuale e neoformalismo, Padova, 2006,
p. 49; Xxxxxxx, Formalità e procedimento contrattuale, Milano, 2008, p. 113; Xxxxx Xx Xxxxxxx, La forma del contratto nel sistema di tutela del contraente debole, Napoli, 2013, p. 58; La Rocca, Il problema della forma contrattuale, Torino, 2017, p. 3
CAPITOLO 4
I RIMEDI ALL’INADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI
INFORMATIVI
1. La frammentarietà dei rimedi in materia di violazione degli obblighi informativi.
La normativa comunitaria, non si occupa di individuare i rimedi conseguenti alla violazione degli obblighi informativi e della forma informativa, lasciando quindi il compito agli Stati membri, i quali applicano i rimedi previsti dai rispettivi ordinamenti nazionali.
La direttiva 2015/2302/UE infatti, all’art. 25 intitolato “Sanzioni”, recita “Gli Stati membri fissano le disposizioni relative alle sanzioni applicabili a violazioni di disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive”.
Tale disposizione è una norma suscettibile di essere applicata in maniera diversa dai vari Stati membri a seconda dell’apparato rimediale interno di ognuno di essi, ma che rischia così tuttavia di svilire il processo di armonizzazione181. Così, i rimedi previsti per la violazione dei doveri informativi appaiono frammentati182, quando invece, per la rilevanza degli interessi sottesi, sarebbe opportuna una ricostruzione unitaria. Le norme di attuazione delle direttive infatti prevedono rimedi diversi, che vanno dal diritto di recesso alle sanzioni amministrative, dalla nullità espressa alla ipotizzata nullità virtuale per violazione di norme imperative, salvo in ogni caso il risarcimento del danno183.
Il contratto di viaggio come visto presenta una articolata fase dell’informazione non più solo precontrattuale ma anche relativa alla fase di esecuzione, che assume una notevole importanza ed è fondata sull’imposizione di obblighi specifici utili alla piena comprensione dell’affare. L’informazione assume una dimensione
181 X. Xxxx, La forma informativa nel diritto contrattuale europeo. Verso una nozione procedurale di contratto, cit., p. 402
182 Secondo X. X’Xxxxx, voce Formazione del contratto, cit., p. 590 la diversificazione dei rimedi consegue ai diversi contenuti degli obblighi informativi, i quali non riguardano solo gli elementi essenziali dell’atto, ma anche le modalità di esecuzione e l’informazione del consumatore sui diritti esercitabili e spettanti anche in relazione all’inadempimento della controparte.
183 X. Xxxxxxx, Le asimmetrie informative tra regole di validità e regole di responsabilità, in Rivista di diritto privato, 2/2003, p. 245. In generale sul tema si veda anche X. Xx Xxxx, Asimmetrie informative e rapporti contrattuali, Padova, 2002, p. 248
dinamica, in quanto non è più un rimedio alla asimmetria e alla scarsa consapevolezza delle conseguenze del contratto, ma “si salda anche all’esecuzione del rapporto contrattuale e diventa così uno dei presupposti di un rimedio ulteriore: la responsabilità contrattuale del venditore o dell’organizzatore del pacchetto turistico”184.
In questo senso essa si discosta dalle precedenti soluzioni del diritto contrattuale europeo, che prediligono la regolamentazione della fase precontrattuale e individuano negli obblighi informativi precontrattuali e in altri istituti precedenti alla stipula del contratto, quale il diritto di recesso, gli strumenti idonei alla tutela del consumatore.
La direttiva 2015/2302/UE in maniera innovativa, trasfonde gli obblighi informativi dalla fase precontrattuale a quella di esecuzione del contratto, facendo sì che questi da obblighi accessori diventino obbligazioni contrattuali al pari delle prestazioni principali. Con la conseguenza che i rimedi contro l’inadempimento non si distinguano da quelli predisposti per l’inadempimento delle prestazioni principali.
184 X. Xxxxx – X. Xxxxxxxxx, Diritto del turismo, cit. p. 180
2. La tutela “in natura” delle posizioni contrattuali.
La tutela del viaggiatore non è affidata unicamente alla responsabilità contrattuale e allo strumento risarcitorio. La direttiva 2015/2302/UE e il decreto di attuazione disciplinano altri meccanismi riparatori.
La responsabilità dell’organizzatore è disciplinata dall’art. 13 della direttiva 2015/2302 e dall’art. 42 del decreto di attuazione n. 62/2018. In entrambe le norme si prevede che l’organizzatore sia responsabile dell’esecuzione dei servizi compresi nel pacchetto turistico, indipendentemente dal fatto che egli nella sua opera si sia avvalso di altri fornitori, ai sensi dell’art. 1228 c.c. richiamato dalla normativa interna.
In caso di difetto di conformità tra quanto descritto e quanto effettivamente prestato, il viaggiatore comunica senza ritardo (art. 13 comma 2 dir. 2015/2302) e secondo i tempi conformi a correttezza e buona fede Art. 42 comma 2 D. Lgs 62/2018) gli eventuali difetti di conformità rilevati. In seguito alla denuncia l’organizzatore potrà porre rimedio al difetto di conformità rimediando sostanzialmente all’inadempimento con un adempimento successivo, che assume i tratti del cd. adempimento sanante. L’organizzatore potrà in tal modo eliminare gli effetti dell’inadempimento tramite prestazioni idonee a soddisfare l’interesse del viaggiatore, per la loro equivalenza con le originarie185.
L’istituto appare simile al rimedio previsto in materia di appalto per il quale il committente può chiedere l’esecuzione in conformità al contratto qualora rilevi un’esecuzione non conforme.
Nel caso in cui l’organizzatore non possa eliminare il difetto di conformità egli può offrire al viaggiatore soluzioni alternative di qualità equivalente o superiore rispetto a quelle indicate nel contratto, in modo da farne proseguire l’esecuzione (art. 42 comma 8 D. Lgs 62/2018).
Entrambi i rimedi hanno quindi la funzione di salvare l’esecuzione del contratto o eliminando i difetti della prestazione originaria, nell’adempimento
185 Ivi
sanante o effettuando una prestazione alternativa che soddisfi in eguale maniera
l’interesse del viaggiatore.
Ai sensi dell’art. 42 comma 5, qualora l’inadempimento non sia di scarsa importanza, ai sensi dell’art. 1455 c.c. e l’organizzatore non abbia ovviato al difetto di conformità eliminandolo o fornendo prestazioni alternative, il viaggiatore può risolvere il contratto di diritto e con effetto immediato.
La parte relativa alla responsabilità dell’organizzatore e dei rimedi all’inadempimento è quella che si discosta di più dalla direttiva e che è stata riformulata con maggiore attenzione nei confronti della normativa interna, con i richiami alle norme interne in materia di buona fede e correttezza (art. 1175 e 1375 c.c.), alla responsabilità degli ausiliari (art. 1228 c.c.), alla generale responsabilità del debitore di cui all’art. 1218 c.c. laddove il legislatore intende per difetto di conformità qualsiasi inadempimento dei servizi turistici inclusi in un pacchetto”, secondo l’art. 33 comma 1 lett. p) del codice del turismo così come modificato e infine alla non scarsa importanza dell’inadempimento che giustifica la risoluzione ai sensi dell’art. 1455 c.c.. Il legislatore infatti, rispettando i limiti imposti dalla direttiva, tenta di armonizzare la normativa europea con gli istituti fondamentali dell’ordinamento interno.
3. La tutela risarcitoria.
Il minimo comune denominatore in materi di rimedi alla violazione degli obblighi informativi si può rinvenire nel risarcimento del danno. È comune infatti a tutti gli Stati membri la predisposizione della tutela risarcitoria186.
Per indagare sulla natura della responsabilità e procedere alla qualificazione è necessario anche qui prendere le mosse dalle regole generali dettate dal Codice civile. Come si è visto nel capitolo secondo, i doveri di buona fede e correttezza, all’osservanza dei quali tutti i contraenti sono tenuti in ogni fase della contrattazione, comportano l’ingresso nel regolamento contrattuale di obblighi comportamentali, ulteriori e accessori rispetto alle obbligazioni principali nascenti dal contratto, ma altrettanto cogenti e suscettibili di tutela.
Tali doveri di comportamento, come già detto, mirano a tutelare la sfera giuridica della controparte e a consentirle di realizzare al meglio gli interessi sottesi al contratto. Il dovere di informazione, tra tutti i doveri di comportamento, riveste una posizione di rilievo, in quanto la corretta informazione permette di formare un consenso informato su tutti gli aspetti e i rischi relativi all’operazione economica. Nonostante la intensa diversificazione delle informazioni, in relazione al tipo di contratto al quale sono sottese, si può identificare la ratio comune a tutte le tipologie nella tutela del contraente debole. Le informazioni, procedimentalizzate, come si è visto nel capitolo secondo, in una sequenza determinata, hanno come unico obiettivo quello di mettere in grado il destinatario di effettuare una scelta libera e consapevole187.
Come già detto in svariate occasioni, i doveri di buona fede e correttezza attengono sia alla fase precontrattuale che a quella successiva alla conclusione del contratto e la relativa responsabilità per la loro violazione si atteggia in maniera differente a seconda del momento in cui essa avviene.
186 X. Xxxx, La forma informativa nel diritto contrattuale europeo. Verso una nozione procedurale di contratto, cit., p. 406
187 F. Rende, Le regole di informazione nel diritto europeo dei contratti, in Riv. dir. civ., 2012, p. 206
Il precetto di cui all’art. 1337 c.c., secondo il quale le parti nello svolgimento delle trattative devono comportarsi secondo buona fede, fonda la regola della responsabilità precontrattuale. Durante tale fase la buona fede si sostanzia in un obbligo finalizzato a rendere edotta la controparte su tutte le circostanze e i rischi dell’operazione contrattuale, incidendo sulla corretta formazione del contratto.
È opinione tradizionale in giurisprudenza188 che la responsabilità precontrattuale sia una responsabilità extracontrattuale, in quanto relativa a una violazione di un dovere estraneo al contratto che si ricollega al corretto svolgimento dell’iter che porta alla sua conclusione. Ne deriva l’assoggettamento della responsabilità precontrattuale al termine di prescrizione quinquennale e alle regole in materia di onere della prova. Tuttavia, recentemente si è affermata la diversa tesi che riconduce la responsabilità precontrattuale al modello della responsabilità contrattuale, sostenendo l’applicazione della relativa disciplina189.
In materia di responsabilità precontrattuale inoltre, essendo la buona fede posta a presidio della corretta formazione del consenso che verrà prestato in sede di
188 Per tutte Cass. Civ. Sez. Lavoro, n. 1051 del 25.01.2012, “La responsabilità contrattuale per violazione dell’art. 1337 cod. civ., che costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, la quale si collega alla violazione della regola di condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell’iter formativo del contratto, presuppone che tra le parti siano intercorse trattative per la conclusione di un contratto giunte a uno stadio tale da giustificare oggettivamente l’affidamento nella conclusione del contratto, inoltre che una parte abbia interrotto le trattative così eludendo le ragionevoli aspettative dell’altra, la quale, avendo confidato nella conclusione finale del contratto, sia stata indotta a sostenere spese o a rinunciare ad occasioni più favorevoli, e infine che il comportamento della parte inadempiente sia stato determinato, se non da mala fede, almeno da colpa e non sia quindi assistito da un giusto motivo”. Qualifica la responsabilità ex art. 1337 responsabilità extracontrattuale anche Xxxx. Civ. Sez. III, n. 16735 del 29.07.2011 e la giurisprudenza di merito successiva: App. Milano 10.07.2019, App. Palermo, 11.06.2019, App. Bologna, 09.05.2019, Trib. Milano, sez. X, 11.05.2012
189 Per tutte si veda Cass. Civ., Sez. I, n. 14188 del 12.07.2016 la quale ripercorre l’evoluzione giurisprudenziale che ha portato ad individuare una responsabilità “contatto sociale qualificato” alla quale applicare la disciplina della responsabilità contrattuale. Si tratta di “una forma di responsabilità che si colloca ai confini tra contratto e torto, in quanto radicata in un contatto sociale tra le parti che, in quanto dà adito ad un reciproco affidamento dei contraenti, è qualificato dall’obbligo di buona fede e dai correlati obblighi di informazione e protezione, del resto positivamente sanciti dagli artt. 1175, 1375, 1337 e 1338 c.c.. Viene, per tale via, ad esistenza la figura di un rapporto obbligatorio connotato, non da obblighi di prestazione, come accade nelle obbligazioni che trovano la loro causa in un contratto, bensì da obblighi di protezione, egualmente riconducibili, sebbene manchi un atto negoziale, ad una responsabilità diversa da quella aquiliana e prossima a quella contrattuale, poiché ancorabili a quei fatti ed atti idonei a produrli, costituente la terza fonte delle obbligazioni menzionata dall’art. 1173 c.c..”
conclusione del contratto, si potrebbe ipotizzare anche l’ulteriore rimedio dell’annullabilità del contratto, nei casi più gravi e limitatamente a quanto si dirà in seguito.
Nell’esecuzione del contratto l’obbligo di buona fede, previsto dall’art. 1375 c.c., si atteggia in maniera del tutto differente. In questo caso infatti il contratto si presume correttamente concluso e la buona fede è essenzialmente tesa a realizzare il programma negoziale. L’obbligo di buona fede si concretizza quindi in comportamenti che si sostanziano in veri e propri obblighi contrattuali190, accessori e strumentali rispetto alle obbligazioni principali dedotte nel contratto, suscettibili di inadempimento191, per le quali la tutela sarà essenzialmente risarcitoria192.
Anche sotto questo aspetto, la disciplina prevista in materia di pacchetti turistici si differenzia da quella generale del Codice civile.
Come si è avuto modo di mettere in evidenza infatti, gli obblighi di informazione in materia di pacchetti turistici sono stati esplicitati in maniera sempre più dettagliata dallo stesso legislatore e gli stessi sono stati inseriti di diritto nel regolamento contrattuale. Pertanto, se gli obblighi di informazione relativi alla fase precontrattuale, secondo la disciplina generale del Codice civile e dell’art. 1337 c.c. troverebbero tutela ai sensi delle norme sulla responsabilità extracontrattuale, nella normativa comunitaria in materia di pacchetti turistici potrebbero trovare tutela ai sensi delle norme di cui agli artt. 1218 c.c. e ss., dal
190 Ibidem, p. 395 “Ci sembra si possa sostenere che l’atto dovuto secondo buona fede si presenta come un vero e proprio obbligo contrattuale, attesa la sua natura strumentale rispetto all’obbligazione principale e, più in generale, alla realizzazione del programma economico stabilito dalle parti convenzionalmente, ovverosia, in un’ottica soggettivistica della vicenda contrattuale, alla realizzazione dell’interesse della controparte”.
191 Ibidem, p. 236, “In breve, la buona fede prevista dall’art. 1375 c.c. è funzionalmente diretta all’esatto adempimento delle prestazioni contrattuali; conseguentemente la sua violazione nella fase esecutiva, non consentendo un tale risultato, concretizza un mero inadempimento contrattuale e rimane estranea alla figura dell’invalidità”.
192 Ibidem, p. 466, il risarcimento del danno riguarda solo il pregiudizio derivante dal mancato conseguimento del vantaggio economico legato al contratto e non il mancato compimento dell’atto derivante da buona fede in sé, non risarcibile.
momento che essi entrano obbligatoriamente a far parte del contenuto del contratto.
E difatti, le informazioni fornite e pubblicizzate dall’organizzatore del pacchetto turistico prima della conclusione del contratto, negli opuscoli o in qualsiasi altro documento che deve essere consegnato al viaggiatore, entrano a far parte dello stesso e si pongono come contenuto delle obbligazioni contrattuali. Esse successivamente rappresenteranno il parametro per verificare la corrispondenza tra quanto pubblicizzato e quanto effettivamente prestato.
In questo senso si è espressa la giurisprudenza, che ha affermato che “le omissioni di informazioni rilevanti, da parte del tour operator, costituiscono, a loro volta, violazioni di natura contrattuale e non precontrattuale”193. E infatti le caratteristiche dei servizi turistici effettivamente prestati devono corrispondere a quelle che sono state comunicate al turista già nella fase precontrattuale, in difetto l’organizzatore deve ritenersi responsabile a titolo di inadempimento contrattuale194. Lo stesso vale per le informazioni oggetto di pubblicità195.
Il regime probatorio seguirà quindi la qualifica della responsabilità come contrattuale, pertanto al viaggiatore competere la prova del contratto e l’allegazione dell’inadempimento, mentre al professionista compete la prova liberatoria196. Tale regime è confermato, in materia di obblighi informativi, dalla
193 Cass. Civ. Sez. III, 20 marzo 2012 n. 4372, con nota di X. Xxxxxxxxx, L’adempimento dell’obbligazione di erogazione del servizio turistico…una disciplina itinerante! in Rivista Italiana di diritto del turismo, 2013, p. 344 e ss.
194 Ibidem, p. 349
195 Ibidem, p. 350, “In tema di servizi turistici si osserva che spesso il mezzo pubblicitario fa leva sull’idea di piacevolezza, relax, divertimento ed evasione dal quotidiano, assolvendo, quindi, una tipica funzione pubblicitaria, ma altrettanto spesso trasmette precise informazioni relative ai servizi oggetto del pacchetto, che sono da intendersi concretamente attinenti al bene e/o servizio reclamizzato e alle sue qualità. Inducendo, quindi, il turista a ritenere che il loro contenuto integri i servizi espressamente oggetto del contratto. Le informazioni pubblicitarie aventi queste caratteristiche devono essere considerate, quindi, a tutti gli effetti precisi impegni contrattuali dell’operatore professionale e, quindi, costituiscono parametro di riferimento per il confronto tra le prestazioni complessivamente proposte e quelle effettivamente rese”.
196 Nella responsabilità precontrattuale invece opera un regime probatorio inverso per il quale non è chi interrompe le trattative a dover dimostrare di agire nel rispetto dei canoni di buona fede e correttezza, ma al contrario è la controparte a dover dimostrare che l’interruzione esula dal comportamento secondo buona fede e correttezza. In tal senso Cass. Civ. Sez. III, n. 16735 del 29.07.2011 “La responsabilità precontrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta,
previsione dell’art. 8 della direttiva 2015/2302/UE per cui “l’onere della prova relativo all’adempimento degli obblighi di informazione (…) incombe al professionista”. Egli potrà liberarsi pertanto, secondo le regole ordinarie, dimostrando che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante a causa a lui non imputabile o che il danno è stato verificato da caso fortuito o forza maggiore197.
posta dall’art. 1337 cod. civ. a tutela del corretto dipanarsi dell’iter formativo del negozio, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, cui vanno applicate le relative regole in tema di distribuzione dell’onere della prova. Ne consegue che, qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, grava non su chi recede la prova che il proprio comportamento corrisponde ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull’altra parte l’onere di dimostrare che il recesso esula dai limiti della buona fede e correttezza postulati dalla norma de qua”.
197 È questo il caso delle controversie nate in occasione del tragico attentato del 18 marzo 2015 al Museo del Bardo di Tunisi, nel quale rimasero vittime numerosi turisti sbarcati nella capitale tunisina in occasione di una tappa crocieristica organizzata da un operatore di rilievo internazionale. Tali accadimenti hanno fatto sorgere l’interrogativo sulla responsabilità dell’organizzatore per non aver adeguatamente informato i clienti del rischio di attentati nel luogo di destinazione. Nel caso deciso dal Tribunale di Torino con sentenza n. 5202 del 12.11.2018, la domanda di risarcimento proposta dai familiari di una vittima dell’attentato veniva rigettata. Il caso è disciplinato Dal D. Lgs 79/2011, potendosi la nuova normativa di cui al D. Lgs 62/2018 applicare soltanto ai contratti di pacchetto turistico conclusi dopo il 01.07.2018. Il Tribunale tratta la questione qualificando l’asserita responsabilità del professionista come contrattuale e verificandone l’esistenza dei presupposti. Parte dall’art. 1218 per affermare che, ai fini della liberazione, il debitore deve provare l’impossibilità della prestazione per causa non imputabile e in seguito rileva che nella materia dei pacchetti turistici il codice del turismo pone a carico del professionista specifici obblighi precontrattuali e che in caso di violazione egli possa essere esonerato da responsabilità quando la mancata esecuzione è imputabile al turista o è dipesa dal fatto di un terzo a carattere imprevedibile o inevitabile, ovvero da un caso fortuito o di forza maggiore. Secondo il Tribunale di Torino “rientra nell’ambito della diligenza qualificata richiesta all’operatore turistico professionale, ex art. 1176 comma secondo c.c., quale misura del contenuto dell’obbligazione che si assume nei confronti del viaggiatore e parametro tecnico per valutare se c’è stato l’adempimento, che lo stesso debba compiere ogni sforzo per informarsi, tramite fonti ufficiali, delle condizioni di sicurezza del luogo in cui organizza il viaggio”. Si richiamano quindi ancora una volta le norme in materia di adempimento delle obbligazioni contrattuali. Il tribunale di Torino quindi, accertato che nessun mancato o inesatto adempimento per omissione di informazioni sulle condizioni di sicurezza dell’escursione svolta al Museo del Bardo il 18.03.2015 fosse imputabile al professionista, per avere egli reperito tutte le informazioni dalle fonti ufficiali e avendo agito in condizioni di sicurezza, non potendo prevedere il fatto di terzi a carattere imprevedibile e inevitabile, afferma la non configurabilità della responsabilità contrattuale.