COLLEGIO DI BOLOGNA
COLLEGIO DI BOLOGNA
composto dai signori:
(BO) MARINARI Presidente
(BO) XXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) LOMBARDI Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) MERUZZI Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(BO) XXXXXXXXXX Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXX XXXXX XXXXXXXX
Seduta del 11/05/2021
FATTO
Con ricorso presentato in data 12 novembre 2020, il ricorrente ha affermato che, con atto di quietanza consegnato in data 10 ottobre 2016, veniva formalizzata la definizione di tutti i rapporti pendenti inter partes con impegno da parte dell’intermediario alla cancellazione delle ipoteche gravanti sull’immobile di proprietà del ricorrente e della sua ex moglie; che tale accordo era stato concluso con un rappresentante della società X (ora incorporata nell’intermediario resistente) con l’unica finalità di procedere spontaneamente alla vendita del bene di proprietà del ricorrente (in comunione con la ex-moglie) al fine di estinguere i contratti di mutuo ***961 e ***289, all’epoca in essere con l’intermediario resistente; che restava inteso tra le parti che l’eventuale eccedenza rispetto al saldo residuo del mutuo, sarebbe stata consegnata ai venditori-mutuatari; che l’accordo aveva ad oggetto il conferimento di un mandato al servicer di procedere alla vendita bonaria dell’immobile al miglior prezzo di mercato; che, al contrario, ha visto svendere l’immobile al prezzo equivalente del debito residuo al momento in essere con l’intermediario; che, infatti, a fronte di un valore dell’immobile pari a circa € 160.000,00 (doc. 2) quest’ultimo è stato venduto a 87.000,00 euro, oltre le commissioni; che tale risultato, com’è apprezzabile ictu oculi, ha costituito un indubbio vantaggio per l’intermediario al quale ha fatto da
contraltare un lucro cessante in capo al contraente–consumatore: infatti, quest’ultimo avrebbe ben potuto vendere l’immobile ad un prezzo più alto rispetto al debito residuo vantato con l’istituto di credito; che, ad ogni modo, a quella data veniva confermato che tutti i rapporti (compresi anche i rapporti di conto corrente sul quale giravano le rate del mutuo) erano definiti; che nel luglio del 2020 – intenzionato a comprare una nuova automobile – veniva a conoscenza di risultare segnalato a sofferenza per complessivi 9.371,00 euro; che, con reclamo del 22 luglio 2020, chiedeva la cancellazione retroattiva delle informazioni illegittimamente segnalate nella Centrale Rischi presso Banca d'Italia perché illegittima per insussistenza dei presupposti formali e sostanziali e – al contempo – avanzava formale richiesta, ai sensi del 119 T.U.B. volta a ottenere copia del contratto di servicing stipulato con la società X al fine di poter dimostrare e quantificare l’illegittimo comportamento posto in essere dalla stessa; copia del contratto di mutuo ***961 e ***289; copia della comunicazione di messa in mora e contestuale segnalazione a sofferenza. Quanto alla richiesta documentale, l’intermediario dirottava il Cliente presso la filiale di riferimento; ritenendo insoddisfacente la risposta dell’Intermediario, avanzava un nuovo reclamo in data 1° settembre 2020 (doc. 6) reiterando la richiesta della documentazione e chiedendo che gli venisse recapitata a mezzo pec “dietro pagamento del dovuto che dovrà essere previamente comunicato”. Tale richiesta trova la sua motivazione in quanto attualmente risiede a L*** e, anche in ossequio alla normativa primaria e secondaria sull’emergenza sanitaria COVID-19, appare più ragionevole ottenere tale documentazione in via telematica; con successiva comunicazione del 24 settembre 2020 l’intermediario confermava quanto già rappresentato nella prima risposta (doc. 7) ovvero di recarsi in filiale; si faceva, comunque, parte diligente prendendo contatti con la Filiale a mezzo pec in data 5 ottobre 2020, alla quale però non ha mai ricevuto alcuna risposta. La parte ricorrente ha, poi, affermato, in diritto, di essere stata oggetto di una erronea segnalazione del ricorrente in Centrale Rischi per mancanza dei presupposti formali e sostanziali, in quanto la segnalazione a sofferenza riguarda un debito in realtà insussistente in quanto oggetto di accordo con l’istituto segnalante, la prova di tale accordo è da rinvenire nella quietanza consegnata in occasione della vendita dell’immobile in forza del quale la Banca ha promesso la definizione in via bonaria di tutte le pendenze. Peraltro, l’estinzione dell’obbligazione deve essere presunta dal comportamento omissivo dell’istituto di credito che si è ostinato a non produrre alcuna documentazione, nonostante le numerose richieste avanzate sia all’Ufficio Reclami che alla filiale ove il rapporto era stato acceso (peraltro a seguito di espressa indicazione del primo). Altro elemento di fatto dal quale è possibile presumere l’illegittimità della segnalazione per estinzione del debito è la manifestata volontà di non voler consegnare e/o allegare alle risposte dei reclami la comunicazione di messa in mora e preavviso di iscrizione a sofferenza. Infatti, ha sostenuto il ricorrente che la situazione economico-patrimoniale del ricorrente non corrisponde affatto alla definizione di sofferenza offerta dalla Circolare di Banca d’Italia (cap. II,
sez. 3, § 9), così come delineata dalla giurisprudenza di legittimità e arbitrale: il ricorrente infatti ricopre un importante ruolo nell’Arma dei Carabinieri, non ha mai avuto alcuna problematica con il ceto bancario e, in generale, con alcun creditore, gode di un ottimo stipendio e conduce una vita senza alcuna privazione nella città di ***. In giurisprudenza è stato precisato che grava sull’intermediario segnalante l’onere di dimostrare, in sede giudiziale, i criteri che hanno giustificato tale appostazione (cfr., ex multis, Tribunle di Napoli del 1° dicembre 2017 e Tribunle di Belluno del 22 marzo 2018). Nel caso di specie la Banca non ha minimamente motivato ed esposto nelle risposte ai reclami le ragioni che hanno giustificato un così grave provvedimento, e, inoltre, non ha ricevuto alcun preavviso di segnalazione e ciò ha impedito di contestare tempestivamente la dichiarata situazione di insolvenza e il credito vantato dall’intermediario. Per la giurisprudenza costante il preavviso costituisce presupposto di validità della segnalazione a sofferenza in C.R., la cui omissione giustifica un risarcimento del danno in capo all’odierno ricorrente; l’onere di fornire la prova della ricezione da parte del cliente incombe sull’intermediario segnalante.
In merito al risarcimento del danno patrimoniale e non, per quanto concerne il danno patrimoniale, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che la condanna generica al risarcimento dei danni patrimoniali non richiede sostegno probatorio in ordine all’esistenza in concreto di un danno, ma soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di esso (cfr. Cassazione, Sez. I, 26 ottobre 2017, n. 25512), ove, sul danno non patrimoniale, l’orientamento maggioritario in giurisprudenza ha chiarito che il danno da lesione dell’immagine sociale della persona che si vede ingiustamente indicata come insolvente presso la Centrale dei rischi «costituisce un danno reale che deve essere risarcito senza necessità per il danneggiato di fornire la prova della sussistenza» (ex multis Cass. Sez. III, 4 giugno 2007, n. 12929; Cass. Sez. I, 24 maggio 2020, n. 12626). la giurisprudenza più recente, in tema di mezzi di prova utilizzabili, ha altresì chiarito che nel caso in cui venga lamentato un danno, patrimoniale o non patrimoniale, da illegittima segnalazione «È ammessa la prova per presunzioni dell’esistenza del danno, purché le allegazioni siano puntali e complete». (Cass., Sez. III, 15 aprile 2015, n. 7661). Nel caso di specie, l’esistenza del danno è dimostrata dalla circostanza che la segnalazione persiste come minimo dall’ottobre del 2016; che non è mai stata soggetta a rettifiche o segnalazioni ulteriori, neppure telefoniche; che appartiene all’Arma dei Carabinieri, con servizio di alto grado anche in ambasciate estere, ed è sottoposto al Codice disciplinare e di condotta, così come previsto dal D.lgs. 15 marzo 2010
n. 66, e al Regolamento interno che all’art. 732, comma 6 stabilisce espressamente che: «6. Per il personale dell'Arma dei Carabinieri costituisce grave mancanza disciplinare: […] d) non onorare i debiti o contrarli con persone moralmente o penalmente controindicate.»; che non ha mai ricevuto un addebito nella sua carriera e attualmente vive in uno stato di profonda angoscia in quanto il recupero forzoso del credito viene solitamente notificato anche alla Caserma di appartenenza e tale notifica comporta l’apertura di un
procedimento disciplinare; che le conseguenze di tale provvedimento determinano immediatamente una ricaduta negativa in termini di future promozioni o scatti di stipendio; che, in tema di quantum risarcibile, sulla scorta dei precedenti giurisprudenziali in casi analoghi (cfr. Trib. di Modena 20 marzo 2012 su Resp. Civ., 2012, il danno è da quantificare in una somma pari al debito erroneamente segnalato e, pertanto, in complessivi € 9.371, oltre rivalutazione ed interessi; che, in ogni caso, il ricorrente chiede che il danno non patrimoniale sia quantificato in via equitativa ai sensi del 1226 c.c.
Quanto alla mancata consegna della documentazione richiesta ai sensi dell’art. 119 T.U.B., il ricorrente sostiene che, nonostante si sia fatto parte diligente inviando una richiesta scritta alla filiale di Olbia, quest’ultima non ha mai risposto; che la richiesta di documentazione mediante un appuntamento fisico in filiale non solo appare un mero strumento per aggravare di ulteriori costi il Cliente ma, oltretutto, appare irragionevole in virtù della normativa emergenziale sanitaria che impone a tutti i cittadini e, a maggior ragione agli intermediari qualificati, di adottare tutte le misure necessarie per ridurre gli spostamenti e i contatti fisici. Alla luce di quanto precede, il ricorrente ha chiesto al Collegio la condanna del resistente, previo accertamento della illegittima segnalazione presso la CR, «alla refusione dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti […] quantificati nella misura minima» di 9.371,00 euro, «o di diversa maggiore o minor somma che riterrà di giustizia, oltre alla refusione delle spese del presente ricorso», oltre alla riconsegna della documentazione richiesta con il reclamo del 22 luglio 2020.
Nel controdedurre, l’intermediario ha eccepito, in via preliminare, che la propria carenza di legittimazione passiva in quanto il credito è rientrato in una operazione di cessione di crediti pro soluto individuati in blocco perfezionata in data 1/07/2020 in favore di altra società, di cui è stata data notizia mediante pubblicazione in G.U.. Nel merito, ha poi affermato che la correttezza delle segnalazioni effettuate, anche in presenza di trattative con il ricorrente, che confermano come lo stesso fosse perfettamente a conoscenza della propria posizione debitoria avendo già ricevuto a maggio 2015 la comunicazione di costituzione in mora nonché l’avvenuta notifica a suo carico di un atto di precetto e successivamente di un pignoramento immobiliare sin da giugno/luglio 2015; che successivamente, preso atto di precedenti tentativi posti in essere da parte di società mandatarie per il recupero del credito nonché della grave situazione di insolvenza come sopra descritta in forza dell’esecuzione immobiliare avviata ai danni del ricorrente, ha proceduto alla classificazione a sofferenza della posizione in questione nel settembre 2017 in ottemperanza alle vigenti disposizioni normative emanate in materia dalla Banca d’Italia (Circolare 139/1991); che, secondo la giurisprudenza costante dei Collegi ABF, il preavviso di segnalazione a sofferenza nella CR non costituisce condizione di legittimità della segnalazione a sofferenza, ma ha esclusivamente valenza informativa; che, quanto alla presunta dichiarazione liberatoria rilasciata dalla Banca ed allegata al ricorso, la stessa si riferisce solo ai rapporti di mutuo cointestato con altro nominativo e non alle esposizioni derivanti da c/c e carta di credito
intestati unicamente al ricorrente; che, per quanto riguarda la richiesta di documentazione, il ricorrente è stato più volte invitato, ma senza esito, a ritirare la documentazione richiesta presso l’Agenzia di competenza, previo pagamento di quanto stabilito dalle norme che regolano la trasparenza bancaria. Da ultimo, in relazione alla richiesta di risarcimento di presunti danni subiti, il ricorrente non ha fornito alcuna prova dell’esistenza e consistenza di tali danni né del nesso di causalità tra il lamentato comportamento della banca e il danno. La resistente ha, quindi, richiesto al Collegio di «dichiarare il ricorso inammissibile per carenza della legittimazione passiva della Banca» e, in subordine, la legittimità della segnalazione in CR.
In sede di repliche, il ricorrente ha affermato, per quanto riguarda l’eccezione del difetto di legittimazione passiva, che la stessa appare priva di pregio in quanto il soggetto passivamente legittimato è indubbiamente l’intermediario che ha proceduto alla segnalazione; sulla pendenza di presunte trattative e sulla raccomandata A/R di costituzione in mora, contesta fermamente che vi siano mai state trattative con la società Y, così come affermato da controparte che non fornisce alcuna prova a riguardo; quanto alla raccomandata A/R, non ha mai ricevuto tale comunicazione, né ha mai sottoscritto la cartolina; anzi la documentazione prodotta attesta che dal 27.04.2015 al 17.05.2015 non si trovava a L***; che l’Istituto di Credito, pienamente in possesso di tutte le sottoscrizioni, avrebbe dovuto verificare la corrispondenza della sottoscrizione apposta; che la differenza risulta palese, come è possibile constatare dalla lettura dei documenti che la stessa banca ha prodotto, nonché dalla procura alle liti; disconosce, dunque, la sottoscrizione apposta sulla cartolina e segnala che sta predisponendo esposto/querela contro lo spedizioniere al fine di accertare le responsabilità penali in relazione al fatto accaduto; formula anche una richiesta di indennizzo in quanto tale comportamento gli ha arrecato un grave ed irreparabile danno;
in ogni caso, anche a voler considerare che la lettera di messa in mora sia stata correttamente recapitata al destinatario, quest’ultima non costituisce comunque condizione di legittimità della segnalazione; per quanto riguarda la richiesta di documentazione, la resistente ha prodotto documenti estranei all’oggetto della richiesta, che riguarda il contratto di servicing con cui la società X ha provveduto alla contabilizzazione dell’importo di 82.000,00 euro; che gli atti di precetto e di pignoramento prodotti da controparte sono totalmente ininfluenti rispetto all’oggetto del ricorso e sono affetti da un difetto di notifica che, stante la loro natura recettizia, determina la loro invalidità ab origine. Dipoi, a differenza di quanto sostenuto dall’intermediario, il ricorrente ha affermato di aver preso contatti con la filiale di riferimento, come dimostra la comunicazione a mezzo pec del 5 ottobre 2020 cui non è mai seguita alcuna risposta (doc. 12). Da ultimo, quanto alla richiesta risarcitoria, nel rimandare alle considerazioni svolte in sede di ricorso, evidenzia che sia il danno patrimoniale che quello non patrimoniale sono stati dimostrati ed argomentati.
DIRITTO
Il Collegio, pronunciandosi sulla legittimità della segnalazione in CR e sul risarcimento del danno, osserva che la segnalazione in contestazione riguarda esposizioni debitorie derivanti da un rapporto di c/c acceso presso l’intermediario resistente, nonché da un contratto relativo a una carta di credito, come da evidenze documentali allegate (v. lettera di messa in mora e richiesta di carta di credito). La parte ricorrente ha versato in atti la visura CR relativa al mese di ottobre 2019, da cui si desume che l’intermediario convenuto ha segnalato il nominativo del ricorrente nella categoria “a sofferenza” della Centrale Rischi per l’importo di 9.317,00 euro, e, per quanto concerne la permanenza della segnalazione, ha riferito che tale segnalazione «persiste come minimo dall’ottobre del 2016», ove l’intermediario resistente afferma, invece, di aver proceduto alla classificazione a sofferenza della posizione nel settembre 2017. A fronte di quanto sinora descritto, in forza del quale la parte ricorrente contesta la legittimità della segnalazione sia sotto il profilo formale che sostanziale, occorre preliminarmente valutare la questione posta soffermandosi sull’eccezione sollevata dall’intermediario convenuto sulla carenza di legittimazione passiva del resistente. Difatti, in via preliminare, l’intermediario ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, argomentando di aver ceduto il credito oggetto di segnalazione ad una società terza nell’ambito di un’operazione di cessione di crediti in blocco perfezionatasi il 1 luglio 2020, come da specifica notizia datane mediante pubblicazione sulla G.U., Parte II, n. 84 del 18 luglio 2020. Sul punto, il Collegio rileva che l’intermediario stesso dichiara di aver disposto la segnalazione “a sofferenza” del nominativo del ricorrente nel mese di settembre 2017, che è perdurata almeno sino al mese di ottobre 2019, come emerge dalla visura CR depositata dalla parte ricorrente. A riguardo è dirimente osservare che, sebbene le Istruzioni per gli intermediari creditizi sulla Centrale Rischi della Banca d’Italia (Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991) specificano che l’ente tenuto alla segnalazione alla Centrale Rischi è l’intermediario titolare del credito, «[…] occorre altresì rammentare che, conformemente alla Circolare della Banca d’Italia n. 139/1991 e ai precedenti ABF, è anche vero che ciascun intermediario può essere chiamato a rispondere per le segnalazioni che ha effettuato, indipendentemente dal fatto che la posizione debitoria del soggetto segnalato sia stata successivamente trasferita ad un altro soggetto. Pertanto, posto che la segnalazione del ricorrente è stata effettuata dall’intermediario resistente prima della cessione, come affermato dallo stesso intermediario e confermato dal prospetto della Centrale dei Rischi allegato al ricorso, deve affermarsi la legittimazione passiva del resistente con riferimento esclusivo alle segnalazioni da questo effettuate (in questi termini, Collegio di Roma, decisione n. 17870/2019)» (cfr. Collegio di Bari, n. 12789 del 2020). Alla stregua di quanto precede, pertanto, l’attuale resistente risulta essere legittimato passivo nel presente ricorso.
Passando al merito della questione, e, in particolar modo, alla esistenza del credito, la prima censura mossa da parte ricorrente concerne l’illegittimità dell’iscrizione del proprio nominativo in CR in ragione
dell’avvenuta estinzione del debito oggetto di segnalazione. E invero, il ricorrente deduce che tutti i rapporti in essere con l’intermediario, compresi i rapporti di c/c, sono stati oggetto di definizione bonaria con l’atto di quietanza del 10 ottobre 2016 per come allegato in atti. Si evidenzia che tale documento si riferisce esclusivamente ai rapporti di mutuo ***961 e 289 rispetto ai quali prevede che l’odierna resistente, «a seguito della contabilizzazione dell’importo di euro 82,000 […] si intenderà soddisfatta di ogni pretesa vantata nei confronti della parte mutuataria […] non avendo più nulla a pretendere nei confronti della parte mutuataria».
La parte ricorrente lamenta, inoltre, la mancata ricezione del preavviso di segnalazione, e, a riguardo, l’intermediario non ha fornito prova né dell’invio né della ricezione da parte della ricorrente di comunicazioni contenenti il predetto preavviso di segnalazione. Ad ogni modo, secondo il consolidato orientamento dell’Arbitro, l’invio del preavviso al cliente non costituisce un requisito di legittimità della segnalazione a sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia, ma rappresenta tutt’al più un obbligo di trasparenza, la cui violazione può giustificare una eventuale pretesa risarcitoria (cfr., sul tema, ex multis, Collegio di Bologna, decisione n. 33 del 3 gennaio 2020, e, in senso conforme, Collegio di Roma, decisione n. 12179 del 0000, x Xxxxxxxx xx Xxxxxx, decisione n. 1444 del 2020).
Quanto al presupposto sostanziale per l’apposizione a sofferenza, il ricorrente ne contesta la legittimità, sebbene costituisca orientamento costante dell’ABF quello secondo il quale, ai fini della segnalazione a sofferenza, l’intermediario è tenuto a operare una valutazione complessiva dell’esposizione debitoria del cliente, finalizzata a verificare se quest’ultima possa considerarsi alla stregua di una stabile e consolidata incapacità di costui di onorare i propri debiti (cfr. Collegio di Coordinamento, decisione n. 611 del 2014). Nel caso di specie, infatti, l’intermediario ha affermato di aver proceduto alla segnalazione “a sofferenza” del nominativo del ricorrente tenuto conto di precedenti tentativi di recupero del credito non andati a buon fine e della grave situazione di insolvenza testimoniata anche dalla procedura di esecuzione immobiliare intrapresa nei confronti del ricorrente. A riprova di ciò, ha allegato la lettera di costituzione in mora del 5 maggio 2015, nonché evidenzia della notifica al ricorrente di un atto di precetto e di un atto di pignoramento immobiliare. Non risulta invece evidenza dei richiamati tentativi di recupero del credito, il cui effettivo esperimento è messo in discussione dal ricorrente in sede di repliche. Il ricorrente, al fine dimostrare l’insussistenza dei requisiti per l’apposizione a sofferenza, ha evidenziato di beneficiare di un ottimo stipendio in ragione dell’importante ruolo che ricopre nell’Arma dei Carabinieri e di non aver mai avuto problematiche nei confronti di alcun creditore, e a riprova dell’attività lavorativa svolta ha allegato un attestato di servizio del 10 novembre 2020. Alla stregua di quanto precede parrebbe pacifica, allora, la presenza dei requisiti per l’appostazione a sofferenza in CR in quanto il resistente, conformandosi alla decisione del Collegio di Coordinamento n. 611 del 2014 ha operato «una valutazione complessiva dell’esposizione debitoria del cliente, finalizzata a verificare se quest’ultima possa
considerarsi alla stregua di una stabile e consolidata incapacità di costui di onorare i propri debiti», che ha ritenuto effettivamente sussistere.
Sebbene, poi, la parte ricorrente chieda il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, asseritamente subiti a causa della segnalazione in CR, il Collegio, ritenendo infondate le domande sul merito, non è chiamato a pronunciarsi.
In merito, infine, alla richiesta del resistente di consegna di documentazione, in via telematica e senza applicazione di oneri a suo carico, questi si riferisce alla copia del contratto di mutuo ***961 e ***289, alla copia del contratto di servicing stipulato con la società X (ora incorporata nell’odierna resistente) al fine di gestire la procedura di vendita del bene offerto in garanzia, e alla copia della comunicazione di messa in mora e contestuale segnalazione a sofferenza. A riguardo, l’intermediario, unitamente alla memoria difensiva, ha allegato copia del contratto di mutuo ***961 e ***289 e copia della comunicazione di messa in mora, mentre non consta alcuna evidenza dell’avvenuta consegna del contratto di servicing anch’esso oggetto della richiesta documentale formulata dal ricorrente. Sebbene, pertanto, dalla documentazione afferente alla fase di reclamo, emergesse che l’intermediario avrebbe invitato il ricorrente a ritirare la documentazione richiesta presso la filiale di riferimento, il ricorrente ha affermato di aver richiesto alla predetta filiale l’invio dei documenti in questione all’indirizzo pec del legale senza che tale richiesta fosse oggetto di riscontro. Tuttavia, alla luce di quanto sopra formulato, il Collegio ritiene che le richieste di ostensione documentale formulate dalla ricorrente non siano accoglibili.
Quanto alla richiesta di indennizzo formulata in sede di repliche, la parte ricorrente ha disconosciuto la sottoscrizione apposta sulla ricevuta di consegna della lettera di messa in mora e ha lamentato la mancata verifica da parte dell’intermediario della corrispondenza di tale sottoscrizione con gli specimen di firma in suo possesso. Si rileva, sul punto, che le Disposizioni ABF escludono la possibilità di ampliare, in sede di repliche, la domanda formulata con il ricorso, prevedendo testualmente che «Entro il termine perentorio di 25 giorni dalla ricezione delle controdeduzioni, il cliente può trasmettere una memoria di replica. Resta comunque preclusa la possibilità di ampliare la domanda iniziale» (Sez. VI, § 1), con conseguente inammissibilità delle nuove domande formulate in sede di repliche (cfr., ex multis, Collegio di Milano, decisione n. 204 del 2020).
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1