L’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE CON APPORTO DELLA SOLA PRESTAZIONE LAVORATIVA
L’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE CON APPORTO DELLA SOLA PRESTAZIONE LAVORATIVA
a cura di
Xxxxx Xxxxxx - Ispettorato Provinciale del Lavoro Xxxxxx
Xxxxxxxx Xxxxx - INPS Catania
Xxxxxx Xxxxxxxxx – INPS Catania
Il contratto di associazione in partecipazione, nella forma dell'apporto del- la sola prestazione lavorativa, rappresenta un valido strumento contrat- tuale, quale fattispecie alternativa, sia al rapporto di lavoro subordinato, sia alle collaborazioni coordinate e continuative che, come noto, dal 24 ot- tobre 2003 devono essere qualificate da un progetto.
Le considerazioni esposte sono frutto del pensiero degli autori e non impegnano l'Ammi- nistrazione Pubblica di appartenenza
Prefazione
La sentenza della Cassazione del 24/2/11 n. 4524, pone lo spunto, ancora una volta, per discutere, nell'ambito dell'ispezione del lavoro, sulle differenze qualificatorie così come sancite dagli articoli 2549 e 2094 del c.c.
L'associazione in partecipazione, data la vicinanza del modello partecipativo ad altri con- tratti, è stata usata spesso in modo anomalo e contrario rispetto ai principi per i quali l'i- stituto è stato previsto.
La dottrina nel tempo, ha articolato delle definizioni come "Negozio di credito qualificato" (Caroselli, l'Associazione in partecipazione, Padova 1930) o "Contratto sui generis assimi- labile ad un rapporto di credito" (Grandi, L'associazione in partecipazione, Milano 1939), al fine di distinguerlo dal rapporto di società.
La giurisprudenza sembra risolvere in maniera diversa liti che appaiono simili; vedasi fra le tante il tribunale di Ragusa 8/5/2009 e tribunale di Catania 3/7/1985, per controversie insorte tra insegnante e scuole private: nel primo caso si riconoscono gli elementi tipici dell'art. 2094 c.c., e quindi l'inserimento organico del lavoratore nell'impresa; nel secon- do, all'opposto, non si riconosce il potere disciplinare ma solo il coordinamento dell'attivi- tà didattica da parte del titolare (gli insegnanti ricevevano acconti mensili, un conguaglio a fine anno ed erano a loro disposizione i libri contabili).
Ma è la Giurisprudenza di Cassazione degli ultimi anni che aiuta nel ragionamento, inda- gando sulle figure tipicamente esecutive come camerieri, addetti alle vendite (specie nei supermercati), addetti alle pulizie ecc. Nei casi concreti infatti sono esplorati tutti gli indi- ci tipici del rapporto di lavoro (associativo o subordinato) considerati nella loro complessi- tà e non singolarmente, per raggiungere un principio valido nell'uno o nell'altro senso.
Si dovrà, ai fini qualificatori, riferirsi inevitabilmente al comportamento di fatto tenuto dalle parti, ma è pur vero che nei casi di particolare complessità il Giudice terrà conto an- che del "nomen iuris" assegnato dalle parti, ossia della libera volontà delle medesime.
Dalle considerazione di carattere generali e dai vincoli, peraltro codicistici, non emergono dubbi interpretativi sugli elementi tipici dell’associazione in partecipazione, fra i quali la presentazione del rendiconto e il controllo dell'associato sulla gestione dell'associante, nella valutazione complessiva degli indici di base.
Delicato e impegnativo si presenta dunque, l'intervento ispettivo, xxxx come sempre a valutare il caso concreto ed anche a difendere l'interesse del contraente debole in pre- senza di un contratto scritto e l'acquiescenza dello stesso contraente svantaggiato.
Indice
In breve | pag. | 4 |
Aspetti giuridici e normativi | “ | 4 |
Il rendiconto | “ | 6 |
La certificazione del contratto | “ | 7 |
Differenze con il contratto di lavoro subordinato | “ | 7 |
Lavoratore dipendente e associato in partecipazione | “ | 8 |
Patrimoni destinati e associazione in partecipazione | “ | 9 |
Aspetti contributivi | “ | 10 |
Aspetti fiscali | “ | 10 |
Legislazione | “ | 10 |
Prassi | “ | 11 |
In breve
Il contratto di associazione in partecipazione è un negozio giuridico tipico regolato dal Codice Civile agli articoli dal 2549 al 2554 (Nozione; Pluralità di associazioni; Diritti ed obblighi dei terzi; Diritti dell'associante e dell'associato; Divisioni degli utili e delle perdi- te; Partecipazioni agli utili ed alle perdite).
Il contratto di associazione in partecipazione prevede che l'associante attribuisca all'as- sociato, una quota degli utili dell'impresa, o di uno o più affari, in cambio di un determi- nato apporto, che nel caso in esame è costituito dalla sola prestazione lavorativa dell'as- sociato.
L'associante non può attribuire per la stessa impresa o affare, partecipazioni ad altri sen- za il preventivo consenso degli associati già presenti.
La gestione dell'impresa, o dell'affare, resta sempre prerogativa dell'associante che è comunque tenuto a presentare all'associato il rendiconto del singolo affare o il rendiconto annuale se la gestione si protrae per più di un anno.
L'associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili ma nel limi- te del proprio apporto.
L'associazione in partecipazione va tenuta distinta dalla partecipazione agli utili.
La partecipazione agli utili, è una forma di determinazione della retribuzione, che trova applicazione nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato e che è contemplata dall'arti- colo 2102 del codice civile (per sgombrare il campo da ogni possibile diversa interpreta- zione, si nota che l'articolo 2102 del codice civile, in merito alla partecipazione agli utili, si riferisce espressamente al "prestatore di lavoro").
Con il contratto di associazione in partecipazione l'associante attribuisce all'associato una quota di utile della sua impresa, o di uno o più affari, quale corrispettivo di un determina- to apporto.
Aspetti giuridici e normativi
Il contratto di associazione in partecipazione è un contratto tipico, consensuale, aleatorio e a prestazioni corrispettive.
Non si riscontra, nel prevalente orientamento giurisprudenziale, l'assegnazione del con- tratto di associazione in partecipazione nel novero dei contratti associativi o con comu- nione di scopo.
L'apporto dell'associato, che deve avere sempre carattere strumentale per lo svolgimento dell'affare o dell'esercizio dell'impresa, non determina né la costituzione di un nuovo sog- getto, né la formazione di un patrimonio autonomo, né la comunione dell'affare o dell'im- presa, la cui gestione resta sempre esclusiva prerogativa dell'associante.
E' l'associante che fa propri gli utili, salvo l'obbligo, nei rapporti interni, di liquidare all'as- sociato la quota spettante per contratto.
L'aleatorietà del contratto, emerge in funzione della posizione dell'associato, che vede di- pendere il corrispettivo del suo apporto, dall'eventuale realizzazione di utili dall'esercizio dell'impresa o dallo svolgimento dell'affare, e per tanto si pone, a carico dell'associato, l'assunzione di un rischio di impresa.
Elementi essenziali del contratto sono, dunque:
1. attività imprenditoriale dell'associante;
2. natura aleatoria del compenso dell'associato;
3. l'assenza di un rapporto associativo.
L'articolo 2553 del codice civile statuisce, salvo specifica previsione contrattuale, che l'associato partecipi alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma nel limi- te massimo del valore del suo apporto.
Le parti hanno quindi la possibilità di determinare la partecipazione alle perdite in misura diversa da quella pattuita per gli utili, sino al escluderla del tutto.
In questo caso si dà luogo ad un contratto di cointeressenza impropria, che si contraddi- stingue appunto dalla partecipazione dell'interessato agli utili con esclusione della parte- cipazione alle perdite.
Il contratto di cointeressenza, sia nella sua forma propria, qualificata dalla partecipazione dell'associato agli utili ed alle perdite senza il corrispettivo di un determinato apporto, sia nella forma impropria, qualificata dall'apporto ma con l'esclusione dell'associato alla par- tecipazione alle perdite, si differenza dal contratto di società.
Si differenzia sia per la mancanza di un autonomo patrimonio comune, determinato dai conferimenti dei singoli soci, sia per l'assenza di una gestione in comune, stante che l'im- presa è esercitata dal solo associante mentre l'associato può esercitare, ove espressa- mente pattuito, solo il controllo sulla gestione dell'impresa o sullo svolgimento del singolo affare (Corte di Cassazione 23 gennaio 1996 n. 503).
Sulla verifica dell'autenticità di un rapporto di associazione in partecipazione è intervenu- to il decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276 che all'articolo 86 comma 2, che pre- stando attenzione a due elementi essenziali del contratto in questione: la partecipazione e il corrispettivo, recita: "Al fine di evitare fenomeni elusivi della disciplina di legge e con- tratto collettivo, in caso di rapporti di associazione in partecipazione resi senza una effet- tiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora, il lavoratore ha diritto ai tratta- menti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione corrispondente del medesimo settore di attività, o in mancanza di contratto collettivo, in una corrispondente posizione secondo il contratto di settore analogo, a meno che il datore di lavoro, o committente, o altrimenti utilizzatore non comprovi, con idonee attestazioni o documentazioni, che la prestazione rientra in una delle tipologie di lavoro disciplinate nel presente decreto ovvero in un contratto di la- voro subordinato speciale o con particolare disciplina, o in un contratto nominato di lavo- ro autonomo, o in altro contratto espressamente previsto nell'ordinamento".
Il legislatore, quindi, in mancanza di determinate condizioni (effettiva partecipazione ed adeguata erogazione), ha posto una presunzione iuris tantum in ordine all'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; presunzione risolvibile qualora il "non più associante" rie- sca a dimostrare "con idonee attestazioni o documentazioni" che la prestazione è ricon- ducibile a tipologie di lavoro specificatamente previste dalla cosiddetta legge Biagi, o in un contratto di lavoro subordinato speciale, o in un contratto di lavoro autonomo, o co- munque in altro contratto espressamente previsto dall'ordinamento legislativo.
La "effettiva partecipazione", che viene riconosciuta all'associato in partecipazione, non può essere confusa con la partecipazione alle scelte imprenditoriali ed alla gestione del- l'impresa o alla conduzione dell'affare, stante che a norma dell'articolo 2552 del codice civile, queste spettano esclusivamente all'associante.
La partecipazione che resta quindi nella disponibilità dell'associato in partecipazione, de- ve necessariamente identificarsi con quelle prerogative che il legislatore ha voluto ricono- scergli: la reale partecipazione agli utili, il diritto al rendiconto, il diritto di veto all'ingres- so di altri associati e l'esercizio di eventuali altre forme di controllo enunciate nel contrat- to.
Per quanto riguarda le "adeguate erogazioni", bisogna considerare che queste non pos- sono riferirsi alla garanzia di un compenso sicuramente riconosciuto (parametrato o me- no con i contratti collettivi nazionali di lavoro od adeguato ai sensi dall'articolo 36 della Costituzione).
Una interpretazione in tal senso verrebbe a scontrarsi con in principi generali in materia di associazione in partecipazione che, come già sopra esplicitato, presenta tra i suoi ca- ratteri distintivi ed essenziali la aleatorietà del compenso, aleatorietà che viene necessa- riamente meno quando si presenta la certezza di un compenso, anche se minimo; allora
le "adeguate erogazioni" non possono far riferimento che alla liquidazione dell'esatta mi- sura del corrispettivo spettante all'associato, stabilita in funzione della sua prestazione.
Lo stesso associato può controllare l’esatta misura del corrispettivo, esaminando il dovu- to rendiconto.
Considerato che il rendiconto è sostanzialmente il conto economico (ex perdite e profitti) il cui controllo comporta il concreto esame di tutti documenti ascritti, l'associato in parte- cipazione realizza con questa operazione, l'esercizio di quel minimo diritto di controllo che il codice civile gli riserva.
Il rendiconto
Il diritto al rendiconto rappresenta funzione essenziale dell'associazione in partecipazio- ne, di sorta che la sua sussistenza conduce alla stessa qualificazione della fattispecie e rappresenta quella forma minima di partecipazione che può tuttavia essere ulteriormente allargata in via negoziale dalle parti.
Il rendiconto è, allo stesso tempo, sia requisito essenziale ai fini del controllo, sia requisi- to sostanziale ai fini della corretta qualificazione e valutazione degli elementi che distin- guono l'associazione in partecipazione dal lavoro subordinato.
Il legislatore, se da un lato è stato determinato e risoluto affermando l'obbligatorietà e la inderogabilità del diritto al rendiconto, dall'altro non ha fornito elementi sull'estensione del suo contenuto e sulle conseguenze derivanti da eventuali inosservanze.
Riguardo al contenuto, proprio in virtù della funzione sostanziale della norma, non appare sufficiente, ai fini dell'esercizio del controllo (quindi di una corretta e compiuta valutazio- ne), il solo prospetto contabile; il Conto Economico infatti, mostra i risultati dell'esercizio con una rappresentazione formale e non sostanziale; presenta una quadro di sintesi ca- ratterizzato da saldi numerici generalizzati, che non permettono, presi da soli, la piena conoscenza degli accadimenti aziendali.
Al fine di garantire il carattere essenziale voluto dal legislatore, e cioè l'effettivo esercizio del controllo, occorre:
- un conteggio analitico;
- una relazione contenente la descrizione dei fatti rilevanti ai fini del risultato dell'attivi- tà;
- l'accesso alla documentazione;
- il diritto ad ogni eventuale ed ulteriore spiegazione o chiarimento.
Un altro aspetto che, ai nostri fini, interessa il rendiconto e i suoi contenuti, riguarda al- cune questioni circa la qualificazione dell'utile, in senso civilistico o fiscale (stante che l'articolo 2554 del codice civile, richiamando l'articolo 2102, sembra aver voluto espres- samente riservare il calcolo sugli utili netti ai “prestatori di lavoro”).
Nelle imprese, non tutto l'utile è destinato a dividendo;
- una parte è destinata ai Fondi di Riserva (ordinario, straordinario, ecc.);
- una parte è destinata al rimborso azioni;
- una parte è destinata a ricoprire eventuali perdite degli anni precedenti;
e inoltre, ancora prima della formazione dell'utile di esercizio intervengono alcuni fattori che modificano sensibilmente il risultato economico.
Posto che l'utile è la differenza algebrica tra costi e ricavi di esercizio, occorre verificare quali costi e quali ricavi devono essere considerati e contabilizzati ai fini delle specifiche e particolari esigenze del contratto di associazione in partecipazione.
Premesso che i normali costi e ricavi della gestione caratteristica dell'esercizio (acquisto e/o vendita di merci, utenze, affitti, carburanti ecc.) non pongono particolari problemi, si
riscontrano perplessità in merito ad alcune specifiche voci contabili, quali ad esempio le quote da destinare ai fondi per rischi ed oneri, le quote destinate ai fondi accesi per im- mobilizzazioni materiali e/o immateriali, e tutte quelle quote la cui valutazione è lasciata alla "stima prudenziale" dell'imprenditore, "stima prudenziale" che può essere quantifica- ta entro prestabiliti parametri normativi o liberamente determinata
Per tutto quanto sopra, al fine di evitare l'insorgere di controversie in merito al rendicon- to (visto che il bilancio civilistico è diverso dal bilancio fiscale e che l'uso spregiudicato delle “stime prudenziali” può determinare una maggiore o minore quota di utile), è op- portuno che in sede contrattuale si proceda con la massima prudenza e con la precisa in- dicazione di tutti quei parametri necessari a valutare la effettiva partecipazione e la giu- sta erogazione.
La certificazione del contratto
Il DLgs 10 settembre 2003 n. 276, al fine di risolvere le complesse questioni in ordine al- la qualifica di figure contrattuali che si pongono al confine tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, ed allo scopo di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione ha intro- dotto l'istituto della certificazione dei contratti di lavoro.
Per tutto quanto più sopra evidenziato, gli elementi utili alla certificazione del contratto di associazione in partecipazione, cioè gli elementi indispensabili per la corretta definizione di un rapporto di lavoro come quello in parola, possono essere sintetizzati come segue:
- apporto dell'associato;
- quota di partecipazione agli utili, con la precisazione di ogni parametro necessario a valutare una effettiva partecipazione ed adeguate erogazioni a chi lavora;
- eventuale partecipazione alle perdite;
- indicazioni in ordine al controllo che può esercitare l'associato ed al diritto al rendi- conto periodico;
- autonomia dell'associato nello svolgimento dell'attività dedotta nel contratto per la verifica della subordinazione, intesa come un vincolo più ampio rispetto al generico potere dell'associante di impartire direttive ed istruzioni al cointeressato all'impresa o all'affare.
Differenze con il contratto di lavoro subordinato
Considerato che nel contratto di associazione in partecipazione in oggetto, l'apporto del- l'associato si concretizza in una prestazione di lavoro, è importante individuare gli ele- menti che contraddistinguono la fattispecie in esame, che per quanto tali, utili alla diffe- renziazione con il lavoro subordinato.
La giurisprudenza ha, fino ad oggi, indirizzato la sua attenzione su tre elementi, cui è ne- cessario aver riguardo, al fine di tener distinti i due istituti:
1. la mancanza del potere disciplinare dell'associante nei confronti dell'associato, con- siderato che la legge, all'opposto, riconosce a quest'ultimo una posizione autonoma (Corte di Cassazione 4 febbraio 2002 n. 1420);
2. l'assunzione di un rischio di impresa da parte dell'associato, nel senso che a fronte di un'attività lavorativa prestata non vi è certezza di corrispettivo che è in funzione del risultato della gestione dell'impresa o dell'affare;
3. il potere di controllo che l'associato esercita sulla gestione economica tramite il ren- diconto della gestione dell'impresa o del singolo affare.
In particolare, ove in un contratto di associazione in partecipazione venisse escluso ogni potere di controllo in capo all'associato, o diversamente fosse previsto per l'associato l'e-
sonero da qualsiasi rischio di impresa, tali condizioni unite ad un inserimento organico del prestatore di lavoro nell'organizzazione aziendale, possono ritenersi sintomatiche di una effettiva natura subordinata del rapporto di lavoro (Corte di Cassazione 4 febbraio 2002 n. 1420).
La stessa Corte si è espressa nuovamente in tal senso, con la sentenza 10 giugno 2005
n. 12261, asserendo che in un'associazione in partecipazione la mancanza di elementi quali l'esposizione dell'associato al rischio d'impresa ed il diritto ad un rendiconto periodi- co comporta il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato; la Corte, dopo aver rilevato che l'osservanza di orari di lavoro e l'assoggettamento alle direttive dell'impren- ditore possono assumere (anche) nel rapporto di lavoro subordinato "sfumature molto at- tenuate a seconda degli aspetti del concreto rapporto di lavoro, come la natura intellet- tuale delle mansioni ed il livello (ricoperto dal lavoratore) nell'ambito dell'azienda", ha stabilito che "ai fini della differenziazione con l'associazione in partecipazione assumono rilievo determinante" elementi quali il diritto dell'associato al rendiconto periodico e la sua esposizione al rischio di impresa.
Invero bisogna rimarcare, che la mancanza di un rischio di impresa in capo all'associato, fa venir meno la caratteristica dell'aleatorietà che, come detto, è tipica del contratto di associazione in partecipazione; oltre a ciò, nel caso in cui l'associante non assolva all'ob- bligo di presentazione del rendiconto, e di conseguenza l'associato non partecipi né alla gestione economica né prenda visione del bilancio, viene di fatto a mancare l'esercizio di quello specifico diritto previsto in favore dell'associato, evidenziandosi così un ulteriore possibile elemento utile al riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato.
La sentenza della Corte di Cassazione 18 febbraio 2009 n. 3894, riassuntiva di parecchi precedenti pronunciamenti, pone un particolare accento sulla necessità di un'attenta os- servazione dello svolgimento del rapporto di associazione in partecipazione, al di là del "nomen juris" assegnato dalle parti, asserendo che "è ben possibile allora che l'espleta- mento della prestazione lavorativa assuma caratteri in tutto simili a quelli della presta- zione lavorativa svolta nel contesto di un lavoro subordinato … e anzi la possibilità che l'apporto della prestazione lavorativa dell'associato abbia connotazioni in tutto analoghe a quelle dell'espletamento di una prestazione lavorativa in regime di lavoro subordinato comporta che il fulcro dell'indagine si sposta soprattutto sulla verifica dell'autenticità del rapporto di associazione.".
Lavoratore dipendente e associato in partecipazione
L’associazione in partecipazione origina una fattispecie negoziale del tutto diversa rispet- to a quella del lavoro subordinato, in quanto presenta, come già visto, tre requisiti total- mente estranei a quest’ultimo, e che invece la avvicinano al lavoro autonomo:
1. assenza di subordinazione dell’associato nei confronti dell’associante, che non ha su di lui poteri disciplinari;
2. partecipazione agli utili e quindi esposizione dell’associato al rischio di impresa fino a non poter percepire alcun corrispettivo per il lavoro prestato;
3. obbligo del rendiconto della gestione dell’associante all’associato.
Dal momento che trattasi di due fattispecie diverse, e che i requisiti di fondatezza delle due, pur delineandone i caratteri distintivi non sono tra loro incompatibili, ovvero la pre- senza degli uni non esclude la presenza degli altri, sembrerebbe possibile dar corso, con la medesima impresa e con il medesimo soggetto, ad un'associazione in partecipazione di uno o più affari contestualmente ad un rapporto di lavoro subordinato.
L’esistenza di uno o più affari contemporaneamente, dovrebbe essere utile alla determi- nazione di una linea di confine tra le due fattispecie e, pertanto, permettere di distingue- re le prestazioni riferibili al rapporto di lavoro subordinato da quelle che nascono nell'area del contratto di associazione in partecipazione.
Determinato, o comunque determinabile, il discrimine tra le due fattispecie, occorre che le prestazioni relative al rapporto di lavoro autonomo siano concretamente rese, oltre che formalizzate, in conformità dei requisiti che caratterizzano il contratto di associazione in partecipazione e nel rispetto di tutti gli vincoli connessi tra cui, in primo luogo, quello re- lativo al rendiconto.
Tale vincolo (elemento caratterizzante del contratto di associazione in partecipazione), in quanto connesso ad uno specifico affare non parrebbe essere incompatibile con un rap- porto di lavoro subordinato, proprio perché relativo ad una specifica area e, quindi, real- mente idoneo a non incidere nella sfera di potere che caratterizza il datore di lavoro nel- l'ambito del rapporto di lavoro subordinato; pertanto, in concreto, il diritto al rendiconto potrebbe non essere in conflitto con il potere del datore di lavoro, quando le prestazioni rese come lavoratore dipendente non siano connesse a quelle svolte in qualità di associa- to.
Per le valutazioni espresse, di conseguenza, non parrebbe quindi delinearsi alcuna com- patibilità tra le fattispecie in esame, nel caso in cui l'associazione in partecipazione fosse relativa agli utili dell'impresa e non a quelli di uno o più determinati affari.
In tale ipotesi, la sovrapposizione tra le prestazioni, sarebbe praticamente totale e diffi- cilmente si potrebbe determinare una precisa linea di demarcazione tra le stesse, senza considerare le incongruenze che ne deriverebbero in ordine alla stesura del rendiconto; rendiconto che può trovare ragion d'essere quando riferito ad un specifico affare e diffi- cilmente compatibile, sul piano logico, ancor prima di quello giuridico, con una situazione in cui, in realtà, il potere decisionale, più in generale, e quello di controllo, in particolare, spettano entrambi allo stesso soggetto (datore di lavoro - associante).
Resta chiaro che, si può dar luogo ad un'associazione in partecipazione agli utili in un'im- presa diversa da quella cui si è dipendenti (fermo restando, in capo all’associato nei con- fronti del suo originario datore di lavoro, il rispetto delle disposizioni di contratto e di leg- ge che regolano il rapporto di lavoro subordinato, con particolare riferimento all'obbligo di fedeltà di cui all’articolo 2105 del codice civile e salvo specifica autorizzazione del datore di lavoro).
Patrimoni destinati e associazione in partecipazione
La riforma del diritto societario ha introdotto un nuovo istituto: i " patrimoni destinati ad uno specifico affare”.
L'articolo 4, comma 4, lettera b, legge 3 ottobre 2001 n. 366 dispone: "consentire che la società costituisca patrimoni dedicati ad uno specifico affare, determinandone condizioni, limiti e modalità di rendicontazione, con la possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione ad esso; prevedere adeguate forme di pubblicità; disciplinare il regime di responsabilità per le obbligazioni riguardanti detti patrimoni e la relativa insolvenza".
In questa sede assume particolare importanza uno dei due istituti che, in virtù della di- sposizione di legge sopra richiamata, il DLgs 17 gennaio 2003 n. 6, ha voluto ideare: quello che ha per oggetto la separazione di una quota del patrimonio sociale che viene destinata in via esclusiva ad uno specifico affare.
Risulta agevole delineare una connessione logica tra il "patrimonio destinato ad uno spe- cifico affare” ed il contratto di associazione in partecipazione stipulato per un singolo af- fare.
In tal senso, la definizione dell'affare, e quindi l'ambito operativo dell'associazione in par- tecipazione, sarebbe ben definito, sia sul piano pratico che giuridico, con la conseguenza di ridurre al minimo ogni possibile interpretazione in ordine al "contenuto" dell'affare e, quindi, al connesso diritto dell'associato al relativo rendiconto.
Tutto ciò assume maggior rilievo nell'ipotesi, già precedentemente evidenziata, relativa alla compatibilità di un rapporto di lavoro subordinato ed un contratto di associazione in partecipazione riferiti al medesimo soggetto ed alla medesima impresa; è evidente come la costituzione di un patrimonio destinato, per sua stessa natura riferito ad uno specifico affare, sia determinante per la distinzione, ai fini della qualificazione delle attività relative al lavoro subordinato e quelle che relative al contratto di associazione in partecipazione, con la conseguenza di ridurre al minimo ogni possibile errata interpretazione in ordine al- l'affare e quindi al connesso diritto dell'associato al rendiconto.
Aspetti contributivi
Il DL 30 settembre 2003 n. 269, convertito con modificazioni in legge 24 novembre 2003
n. 326 all'articolo 43 ha istituito la gestione previdenziale in favore degli associati in par- tecipazione; stabilendo: "A decorrere dal 1° gennaio 2004, i soggetti che, nell'ambito del- l'associazione in partecipazione di cui agli articoli 2549, 2550, 2551, 2552, 2553, 2554 del Codice Civile, conferiscono prestazioni lavorative i cui compensi sono qualificati come redditi da lavoro autonomo ai sensi dell'articolo 49, comma 2, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e inte- grazioni, sono tenuti, con esclusione degli iscritti agli albi professionali, all'iscrizione alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.".
La base imponibile dei contributi è individuata dal reddito delle attività determinato con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, quale risulta dalla dichiarazione annuale dei redditi e dagli accertamenti definitivi.
Il 55% del contributo è posto a carico dell'associante mentre il 45% è a carico dell'asso- ciato.
Il versamento dei contributi è posto a cura dell'associante, in base alle stesse regole pre- viste per le collaborazioni coordinate e continuative, ed il versamento è effettuato sugli importi erogati all'associato, anche a titolo di acconto sul risultato della partecipazione, salvo conguaglio in sede di determinazione annuale.
Aspetti fiscali
La fattispecie risulta regolata dall'articolo 53, comma 2, lettera c), del nuovo TUIR che, confermando le precedenti disposizioni del vecchio articolo 49, ha ribadito la natura di redditi di lavoro autonomo per le remunerazioni afferenti contratti di associazione in par- tecipazione contraddistinti da un esclusivo apporto di lavoro da parte dell'associato per- sona fisica; purché tali redditi non risultino dall'esercizio di attività imprenditoriale, ai sensi dell’articolo 48 del TUIR citato.
L’individuazione dei redditi prodotti dall’associato persona fisica, rimane articolata: i red- diti derivanti da associazioni in partecipazione contraddistinte da un esclusivo apporto di lavoro, sono redditi di lavoro autonomo; quelli prodotti per apporto di solo capitale o da apporto misto capitale-lavoro, sono redditi di capitale, regolati dell'articolo 44 del TUIR; quelli prodotti nell'esercizio di attività imprenditoriale, sono da qualificarsi, ai sensi del- l'articolo 48 del TUIR, come redditi d'impresa.
Legislazione
Codice civile
- Art. 2549 (Nozione)
- Art. 2550 (Pluralità di associazioni)
- Art. 2551 (Diritti ed obbligazioni dei terzi)
- Art. 2552 (Diritti dell’associante e dell’associato)
- Art. 2553 (Divisione degli utili e delle perdite)
- Art. 2554 (Partecipazione agli utili e alle perdite)
Xxxxxxx xxx Xxxxxxxxxx xxxxx Xxxxxxxxxx 00 dicembre 1986, n. 917- Approvazione del Testo unico delle imposte sui redditi
- art. 53 (Redditi di lavoro autonomo), comma 2; lett. c).
Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 - Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30
- Art.86 (Norme transitorie e finali), comma 2.
Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito. con modificazioni. in leg- ge 24 novembre 2003, n. 326 -Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici
- Art. 43 (Istituzione della gestione previdenziale in favore degli associati in parteci- pazione)
Prassi
Ministero del Lavoro
- Circolare 20 ottobre 2003 n. 33
- Interpello 5 giugno 2009 n. 49
- Interpello 31 luglio 2009 n. 67
INPS
- Circolare 8 agosto 1989 n. 179
- Circolare 23 marzo 1990 n. 74
- Delibera 12 febbraio 2004 n. 13
- Circolare 20 marzo 2004 n. 57
- Circolare 16 febbraio 2005 n. 30
- Circolare 13 luglio 2005 n. 90
INAIL
- Circolare 7 maggio 1993 n. 28
NB - I riferimenti normativi sopra richiamati possono aver subito, dalla data di loro pub- blicazione, aggiornamenti e modifiche.