L’usura sopravvenuta nel contratto di mutuo e la gestione delle sopravvenienze contrattuali
L’usura sopravvenuta nel contratto di mutuo e la gestione delle sopravvenienze contrattuali
Diplomarbeit
Zur Erlangung des akademischen Grades Magister der Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx Xxxxxxx-Franzens-Universität Innsbruck
Eingerichtet bei: Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx Rechtswissenschaftliche Fakultät
von: Xxxxxxxx Xxxxxxx
Innsbruck, Juni 2019
Indice
1. Introduzione 5
2. Il contratto di mutuo: struttura e rimedi tipici contro la clausola usuraria 6
3. Disposizioni in materia di usura: la legge 108 del 1996 7
3.1.Contenuti della riforma 7
0.0.Xx problema: la c.d. “usura sopravvenuta” 11
0.0.Xx prima reazione giurisprudenziale 13
4. L’interpretazione autentica del legislatore 16
0.0.Xx decreto legge 394 del 2000 16
0.0.Xx questione di legittimità 18
4.3.Orientamenti 21
5. La sentenza 24675 del 2017 23
6. L’usura sopravvenuta come squilibrio sopravvenuto del sinallagma 27
7. Lo scioglimento del contratto squilibrato 29
8. Clausole di salvaguardia, indicizzazione, revisione 32
9. Clausole di rinegoziazione 34
10. La rinegoziazione nel diritto internazionale e i singoli istituti dell’ordinamento interno con analoga struttura 37
11. La presupposizione 39
12. L’obbligo di rinegoziare 41
12.1. Il problema della gestione delle sopravvenienze e il dibattito internazionale 41
12.2. L’obbligo di rinegoziare come integrazione derivante dalla buona fede in executivis 43
13. Obbligo di rinegoziare e intervento del giudice 45
14. Conclusioni 49
15. Abstract 52
16. Bibliografia 55
1. Introduzione
Quest’opera si occuperà di analizzare il fenomeno dell’usura sopravvenuta rapportata al contratto di finanziamento per eccezione: il mutuo. Per comprendere a fondo la rilevanza e l’attualità del problema, il lavoro si articolerà in una prima parte ricostruttiva di quello che è il dibattito avviatosi all’indomani dell’emanazione della l. 108 del 1996, fino ad arrivare alla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 24675 del 2017. La seconda parte dell’opera cercherà invece di vagliare, alla luce degli strumenti giuridici che l’ordinamento nazionale ed internazionale mette a disposizione, le possibili soluzioni ad un problema che, a detta di dottrina e parte della giurisprudenza, le Sezioni Unite non hanno chiarito in maniera esaustiva.
In particolare si andrà ad analizzare la legge 108 del 1996, individuandone i contenuti essenziali e la – dibattuta – ratio. Il fatto che tale legge fornisca dei margini interpretativi ampi è chiaramente attestato dalla prassi. Lo stesso legislatore dovette intervenire pochi anni dopo con una norma di interpretazione autentica che, tuttavia, visto il panorama giurisprudenziale che a tale intervento è seguito, non ha comunque portato la chiarezza sperata. Tali orientamenti giurisprudenziali, contrastanti tra loro, verranno presi singolarmente in considerazione. Successivamente, verranno delineati i tratti essenziali dell’intervento cui fu chiamata la Corte costituzionale nell’anno 2002. In tale occasione, il giudice costituzionale dovette rispondere ai dubbi di legittimità sollevati nei confronti del d.l. 394 del 2000, interpretazione autentica della l. 108 del 1996.
La ricostruzione della vicenda si chiude, in un prima battuta, con la fondamentale sentenza n. 24675 del 2017 da parte delle Sezioni Unite.
L’intervento di legittimità, per quanto fondamentale nel chiarire alcuni punti della vicenda, non è privo di zone grigie, non del tutto chiare agli occhi dell’interprete. Infatti, chiarita la diversità tra il fenomeno dell’usura sopravvenuta e il reato di usura in quanto tale, la fattispecie sembra rientrare nell’ambito del trattamento delle sopravvenienze contrattuali. Essendo inammissibile relegare la problematica all’ambito dell’irrilevanza giuridica, dagli spunti dati dalla Cassazione, si cercherà di mettere in luce di quali strumenti possa servirsi il mutuatario nel caso in cui il tasso d’interessi pattuito superi, in corso d’esecuzione del contratto, il tasso soglia. Tenendo a mente il riferimento della Cassazione alla buona fede in executivis, contenuto nell’art. 1375 c.c., si cercherà di
indagare se il contratto possa essere integrato in corso d’opera. Relativamente al mezzo d’integrazione del rapporto, in particolare, verranno analizzate le potenzialità della rinegoziazione, sia di fonte convenzionale, sia legale. Indipendentemente dalla fonte da cui scaturisce l’obbligo di ridiscutere gli assetti contrattuali, esso presenta delle difficoltà limitatamente alla sua coercibilità. Pertanto, in conclusione di ragionamento, si cercherà di definire se il principio di buona fede nell’esecuzione dei contratti sia in grado di imporre, indipendentemente da una precedente manifestazione di volontà, la riconduzione ad equità del contratto. Al fine di giungere a tale risultato, si valuteranno quali poteri siano riconducibili in capo al giudice quale soggetto in grado di realizzare, con il suo intervento, quello che le parti avrebbero conseguito con un corretto utilizzo degli strumenti rinegoziativi che l’ordinamento mette a disposizione.
2. Il contratto di mutuo: struttura e rimedi tipici contro la clausola usuraria
“Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro (o di altre cose fungibili), e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità” (art. 1813 c.c.). L´art. 1813 del codice civile apre il capo XV del Libro IV con la disciplina del contratto di mutuo. In particolare, viene messo in evidenza il mutuo avente per oggetto una somma di denaro. In tal caso, essendo l’obbligazione in esso dedotta di carattere pecuniario, il mutuante si libererà dal vincolo restituendo una somma pari all’entità della prestazione in denaro eseguita dal mutuante, cioè il capitale dato a mutuo (art. 1277 c.c.)1. Già chiaro ai giuristi classici era il fatto che il denaro fosse un bene naturalmente fecondo ed i frutti da esso derivanti, le “usurae”, ossia letteralmente “ciò che derivava dall’uso del denaro”, non erano ancora caratterizzate dall’alone negativo che oggi richiama uno “sproporzionato vantaggio” conseguente al prestito di capitale2. Tale principio entra nel codice con l´art. 1282 c.c. secondo cui i crediti aventi ad oggetto una somma di denaro, qualora liquidi ed esigibili, producono interessi di pieno diritto. All´obbligo di restituire quanto ricevuto si somma, per il mutuante, l´obbligo accessorio di pagare gli interessi3. Il divieto generale di
1 X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, Napoli, 2015, 605,1161; X. XXXXXXXX, Delle obbligazioni pecuniarie: art. 1277-1284, in Comm. x.x. Xxxxxxxx e Branca, Bologna, 2011, 153.
2 T. DALLA XXXXXXX, Obbligazioni pecuniarie. Struttura e disciplina dei debiti di valuta, Padova, 2012, 287, 288.
3 X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, op. cit., 1158.
anatocismo, ad eccezione dei due casi disciplinati dalla legge, evita al medesimo soggetto di pagare gli interessi sugli interessi già maturati che, al pari delle quote di capitale, sarebbero comunque liquidi ed esigibili4. Il mutuo si presume oneroso; ciò non toglie che le parti siano libere di stabilirne la gratuità – nel qual caso il mutuatario dovrà semplicemente restituire il capitale ricevuto. Le parti potranno comunque stabilire un tasso d´interessi c.d. convenzionale5. Se non lo fanno, il tasso d´interessi applicati al contratto di mutuo è quello legale (art. 1284 comma 2 c.c.). L´autonomia delle parti nel decidere il tasso da apporre al contratto non è esente da vincoli. L´ordinamento infatti, ai fini di tutelare la libertà morale e patrimoniale del soggetto debole del rapporto, fissa un limite massimo che il tasso convenzionale può raggiungere (Art. 2 c.1 l. 108/1996). Tra i vari scenari ipotizzabili è proprio con il superamento di tale limite – c.d. tasso soglia – che si manifesta l´usura, reato penale e allo stesso tempo illecito civile (art. 644 c.p., art. 1815 comma 2 c.c.). Prima di analizzare più da vicino le modalità con le quali il tasso soglia opera, sembra necessario ricordare i rimedi che il codice propone in caso di usura. Il rimedio civile specifico in tema di mutuo è oggi contenuto nel secondo comma dell´art. 1815 c.c., con il quale il legislatore sancisce la nullità della sola clausola usuraria. In conseguenza di ciò non sono più dovuti interessi e il mutuo, originariamente oneroso, muta il proprio titolo in gratuito, sicché il mutuante non può minimamente trarre profitto dall´aver dato in godimento una propria somma di denaro6.
3. Disposizioni in materia di usura: la legge 108 del 1996
3.1. Contenuti della riforma
La gravità del fenomeno usurario, comincia ad essere percepita in maniera più evidente soprattutto a partire dagli inizi degli anni ’907. La disciplina precedente prevedeva una riduzione automatica del tasso usurario al limite legale (art. 1284 c.c.)8. Ai fini dell’individuazione della fattispecie era inoltre sempre necessaria anche una
4 Il riferimento è all’assenza di usi contrari che legittimino l’anatocismo e alla presenza degli altri presupposti contenuti nell’art. 1283 c.c.
5 X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, op. cit., 1158.
6 X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, op. cit., 1159.
7 Fondazione Antiusura Interesse Uomo per Unioncamere, Studio conoscitivo sul fenomeno dell’usura. Sulle tracce di un crimine invisibile, reperibile su xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxx.xxx?xxxxxxxxxxxxx&xxxxxx00-xxxxxx-xxxxxxxxxxx-xxx-xxxxxxxx- dellusura&option=com_docman&Itemid=682, (10.10.2018), 7 ss.
8 X. XXXXXXXX, Delle obbligazioni pecuniarie: art. 1277-1284, op. cit., 510.; X. XXXXXXXXXXXX,
Nullità e rescissione dei contratti usurari, Napoli, 2011, 19 ss.
componente soggettiva, e quindi il rilievo di uno stato di bisogno e di un approfittamento9. Al legislatore venne richiesto un intervento celere, volto ad aggiornare la disciplina in tema di usura, ritenuta insufficiente a contrastare la situazione10. Fu così proposta la legge n. 108 del 7 Marzo 1996, “Disposizioni in materia di usura”. Rilevanti ai fini del tema qui trattato nonché elementi centrali della legge sono sostanzialmente tre interventi: la riformulazione dell´articolo 644 c.p., la riscrittura del secondo comma dell’art. 1815 c.c., l’introduzione di un autonomo meccanismo di calcolo del quantitativo di interessi oltre il quale ogni tasso superiore pattuito dalle parti è considerato usuraio (art. 1, 2, 4 l.108 del 1996). Il volto del reato d´usura post riforma è ora caratterizzato da una pluralità di fattispecie11. In tal sede sembra rilevare solamente il caso in cui un soggetto si faccia “dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità, interessi […] usurari” (Art. 644 c.1 c.p.; Artt. 106-107 d.lgs. 1 settembre 1993, n.385). L’usurarietà del tasso d’interesse, ossia la sua quantificazione in misura superiore al tasso soglia, implica inevitabilmente una controprestazione dell’usurato avente ad oggetto una somma monetaria superiore ad un massimo consentito. Manifestazioni diverse dello stesso reato sono l’usura monetaria soggettiva, che consiste in una prestazione di denaro che rimane al di sotto del tasso soglia, a cui si somma però una componente soggettiva oppure l’usura reale, oggettiva e soggettiva, che si sostanzia in vantaggi diversi, non riconducibili ad una prestazione monetaria12. Relativamente al tema qui trattato e nell’ottica del contratto di mutuo, rileverà solamente l’usura monetaria c.d. “oggettiva” o “in concreto”13.
Il nuovo testo dell’art. 1815 comma 2 c.c. va a modificare la disciplina precedente, secondo la quale l’apposizione di un interesse eccessivo al contratto di mutuo veniva
9 X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxx e rescissione dei contratti usurari, op. cit., p. 19 ss.; Cass. 8 settembre 1966, n. 2345 secondo cui “La nullità del negozio per la pattuizione di interessi usurari può essere denunciata o rilevata di ufficio anche in sede di illegittimità, purché nel giudizio di merito siano stati accertati tutti gli elementi che integrano gli estremi del reato di cui all’art.644 c.p.”.
10 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, in Giust. Civ., 2014, 885 ss.
11 X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxx e rescissione dei contratti usurari, op. cit., 41 ss.
12 X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxx e rescissione dei contratti usurari, op. cit., 43 ss.
13 X. XXXXXXXX/E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale. I delitti contro la persona, Bologna, 2013, 219.
punita con la riduzione automatica al limite legale (art. 1284 c.c.)14. La sanzione era quindi meno severa rispetto a quella attuale, in conseguenza della quale il mutuante, per quanto riguarda l’aspetto civilistico, riacquista solo il capitale messo a disposizione e non più la quota d’interessi fino al tasso legale.
Ultimo elemento innovativo consiste nell’introduzione di un limite oltre il quale si ricade inevitabilmente nel reato di usura (art. 2 l.108/1996). Onde evitare che l’imposizione autoritativa di un tasso soglia non esulasse dal prendere in considerazione le dinamiche del mercato, esso è pensato come tasso mobile, mutevole nel tempo15. Individuata una determinata categoria omogenea di operazioni creditizie – nel caso qui trattato il mutuo, sia a tasso fisso che variabile – viene calcolata una media fra i vari tassi d’interesse applicati sul mercato dai vari istituti di credito relativamente alla medesima operazione (Art. 2 comma1 L. 108/1996; d.lgs. 25 settembre 2017, n.229)16. Il valore medio che ne deriva, denominato tasso effettivo globale medio (Tegm), corretto, integrato e raddoppiato sarà il tasso soglia non superabile da qualsivoglia manifestazione di volontà delle parti (Art. 2 c.1 e c.4 L. 108/1996). Nonostante l’obiettivo del legislatore fosse quello di conferire chiarezza e linearità alla disciplina, introducendo una grandezza oggettiva in grado di individuare in maniera certa l’interesse usurario, la continua variabilità nel tempo di tale indice ha presentato tutta una serie di ostacoli in ambito applicativo17. Oltre alla principale difficoltà nel coniugare nuova disciplina e contratti già in essere al momento in cui la legge è stata introdotta, problema che sarà trattato in quest’opera e di cui si parlerà approfonditamente in seguito, ulteriori criticità sono emerse limitatamente alle voci che contribuiscono alla formazione dei tassi medi globali. Queste ultime costituiscono le entità alla base del calcolo del tasso soglia, valore che verrà poi confrontato con il tasso del singolo contratto di mutuo. Uno dei primi quesiti postosi riguardava essenzialmente la rilevanza degli interessi moratori ai fini del calcolo del Tegm18. Se gli interessi di
14 La vecchia formulazione del 2° comma dell’articolo 1815 recitava: “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi"; X. XXXXXXXX, Delle obbligazioni pecuniarie. Art. 1277-1284, op. cit., 510.
15 A. XXXXXXXX, Usura e sanzioni civili: assetti ancora instabili, in Foro it., 2014, 149.
16 X. XXXXXX, L’usura sopravvenuta tra abuso economico e tendenze dirigiste, Xxxx, 0000, 20.
17 E. QUADRI, La nuova legge sull´usura: profili civilistici, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 62 ss.; A. XXXXXXXX, Usura e sanzioni civili: assetti ancora instabili, op. cit., 149.
18 X. X. XXXXXXXX, A commento della comunicazione Banca d´Italia 3.7.2013: usura e interessi moratori, 08.07.2013, xxxx://xxxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxXxxx/000.xxx.
mora non vengono presi in considerazione ai fini del calcolo del tasso soglia, logica vorrebbe che gli stessi non fossero presi in considerazione ai fini del calcolo dell’interesse convenzionale. Appare infatti incoerente confrontare due termini disomogenei tra loro. Tale pratica si è tuttavia sempre verificata19. La giurisprudenza di legittimità ha pragmaticamente sancito sin dall’inizio un principio di omogeneità degli interessi che permette di confrontare il tasso convenzionale del singolo mutuo (Teg convenzionale) con il tasso definito trimestralmente dal decreto ministeriale (Tegm incrementato e raddoppiato ex. art. 2 l. 108/1996)20. Opinione contrastante è tuttavia presente in dottrina e presso il collegio di coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario21. Tale polo sottolinea come le voci costitutive le due grandezze – tasso convenzionale e tasso soglia – per poter essere messe a confronto devano “essere simmetriche”, ossia formate dalle stesse componenti22. Tale critica diventa di estrema attualità a partire dal decreto ministeriale del 25 marzo 2003, nel quale la Banca d’Italia afferma per la prima volta di non tener conto degli interessi moratori ai fini del calcolo del Tegm23. In compenso è a partire da questo momento che in ogni decreto trimestrale compare un’ulteriore indicazione ossia “l’indagine statistica condotta […] a fini conoscitivi dalla banca d’Italia e dall’Ufficio italiano dei cambi” secondo cui “la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”(art. 3 comma 4 dei decreti ministeriali a partire dal Marzo 2003)24. Il quadro finale risulta quindi riassumibile in questi termini. In sede applicativa la giurisprudenza di legittimità è ferma nel rilevare l’unicità del Tegm25. La legge distingue per categorie di operazioni simili e ricollega ad ognuna un tasso d’interesse
19 X. XXXXXXXXX, Xxxxx e interessi moratori: ratio legis e disapplicazione del tasso soglia, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, VI, 740 ss.
20 Cass. civ. 22 Aprile 2000, n. 5286; C. cost. 25 febbraio 2002, n. 29; Cass. civ. 4 aprile 2003, n. 5324;
Cass. civ. 25 gennaio 2011, n.1748.
21 X. XXXXXXXXX, Xxxxx e interessi moratori: ratio legis e disapplicazione del tasso soglia, op. cit., 2015, VI, 740 ss.; A. XXXXXXXX, Usura e sanzioni civili: assetti ancora instabili, op. cit., 151; Arbitro Bancario Finanziario, 28 marzo 2014, n.1875.
22 Arbitro Bancario Finanziario, 28 marzo 2014, n.1875.
23 Si riporta il testo del decreto ministeriale del 25.03.2003, il quale afferma come “in assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, la Banca d´Italia adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo”; X. X. Xxxxxxxx, A commento della comunicazione Banca d´Italia 3.7.2013: usura e interessi moratori, op. cit. 24 X. X. Xxxxxxxx, A commento della comunicazione Banca d´Italia 3.7.2013: usura e interessi moratori, op. cit.
25 Cass. civ. 9 gennaio 2013, n. 350.
proprio, tuttavia non differenzia il tasso in base alle diverse fasi della medesima operazione – nel caso di specie fase fisiologica e, successivamente alla scadenza della rata, patologica (art. 2 comma 1 L.108/1996)26. Xxxxxxxx e giurisprudenza di merito, contemperando il loro iniziale dissenso, hanno accolto la tesi per cui gli interessi moratori rilevano nel calcolo del Tegm, essendo essi per così dire rappresentati dall’indicazione percentuale – derivante dalla suddetta indagine conoscitiva – che accompagna il tasso contenuto in ogni decreto ministeriale a partire dal 200327. Senza approfondire ulteriormente il tema si fa presente come voci in dottrina suggeriscano una possibile disarticolazione del tasso, differenziandolo all’interno della singola categoria di operazioni creditizie in base alla singola fase in cui si trova il contratto28. Limitatamente al tema qui trattato rileva come entrambe le tipologie di interessi fin qui descritte contribuiscano a descrivere il tasso contrattuale e siano quindi suscettibili di dare vita al fenomeno dell’usura sopravvenuta29.
3.2. Il problema: la c.d. “usura sopravvenuta”
La L. 108/1996 all´art. 2 introduce come detto un limite soglia, oltre il quale ogni pattuizione convenzionale di un diverso tasso d´interesse risulta illecita, usuraria appunto. Il legislatore specifica chiaramente come il Tegm (Tasso effettivo globale medio) sia il valore medio derivante dall´analisi svolta dal Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d´Italia e l´Ufficio italiano dei cambi, “degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari” iscritti negli appositi elenchi “dei tassi d´interesse praticati da questi ultimi per operazioni della stessa natura” (art. 2 c.1 L.108/1996). Tale valore, ritoccato a seconda delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento e raddoppiato, fissa il limite oltre il quale l´art 644 c.p. rinviene il reato di usura. Il tasso soglia così determinato dipende direttamente dal valore medio posto alla sua base, valore rilevato dal Ministero del Tesoro ogni tre mesi (art. 2 c.1
26 X. XXXXXXXXX, Xxxxx e interessi moratori: ratio legis e disapplicazione del tasso soglia op. cit., 740 ss.
27 Trib. Milano, 3 dicembre 2014; Trib. Cremona, 30 ottobre 2014;T rib. Padova, 27 gennaio 2015; TURCO A., Il tasso soglia usurario e il contratto di mutuo, in Riv. Not., 2005, p. 265 ss., 284 ss.
28 X. XXXXXXXXX, Xxxxx e interessi moratori: ratio legis e disapplicazione del tasso soglia, op. cit., 740 ss.
29 La giurisprudenza di legittimità presenta infatti numerosi esempi nei quali le due tipologie di interessi rilevano indistintamente ai fini del rilievo di un tasso convenzionale superiore al tasso soglia, a titolo esemplificativo Cass. civ. 11 gennaio 2013, n. 602.
L.108/1996). Proprio il rilievo del tasso d’interesse massimo applicabile mediante questo meccanismo “mobile”30 dovrebbe, ed è la ratio sottesa dalla legge, combattere efficacemente la fattispecie criminosa, armonizzando i contenuti del contratto a quella che è l’attuale condizione del mercato del credito31. Sennonché il legislatore, forse per la necessità di regolare il più velocemente possibile la questione, date le pressioni a cui era sottoposta il Governo ad inizio degli anni ‘90, non sembra essere stato così lungimirante da prevedere alcune ricadute pratiche della legge32. All´indomani dell´introduzione della nuova normativa, il nuovo meccanismo di calcolo del tasso soglia dovette applicarsi anche ai negozi già in essere all´entrata in vigore della novella, con la conseguenza che, in determinati casi, il tasso d´interesse fino a quel momento lecito risultò improvvisamente essere superiore al tasso soglia frutto del nuovo meccanismo di calcolo33. Tuttavia, la questione presentava un problema anche e soprattutto per i contratti stipulati dopo la legge in questione, per due aspetti34. Il contratto di mutuo implica un finanziamento, la messa a disposizione di un capitale che verrà restituito in un arco di tempo ampio35. Il tasso convenzionale rimane fisso, mentre il parametro di liceità varia nel tempo (art. 2 l.108/1996). Ne deriva che il tasso convenzionale potrebbe, in corso d’esecuzione del contratto, ritrovarsi ad essere superiore al tasso d’interesse consentito. Esemplificando, i mutui sorti dopo il `96 e quindi sottoposti alla disciplina sopraesposta potrebbero presentare un determinato tasso d´interesse pattuito dalle parti anche molto vicino al tasso soglia di riferimento, definito nel trimestre in cui il contratto viene in essere. Oscillazioni del mercato oppure cambiamenti nel panorama politico-economico potrebbero influenzare la politica di banche e istituti autorizzati e conseguentemente la loro predisposizione alla concessione del credito36. Quest’ultima si traduce nella variazione dei tassi applicati al mutuo. Se dall´analisi dei vari tassi qualificanti la medesima categoria creditizia risulta un abbassamento del tasso medio, la stipula, sempre ipoteticamente, di un determinato tipo
30 A. XXXXXXXX, Usura e sanzioni civili: assetti ancora instabili, op. cit., 149.
31 C. Cost. 25 Febbraio 2002, n.29; E. QUADRI, La nuova legge sull´usura: profili civilistici, op. cit., 62,64.
32 X. XXXXXX, L’usura sopravvenuta tra abuso economico e tendenze dirigiste, op. cit., 20.
33 X. XXXXXX, L’usura sopravvenuta tra abuso economico e tendenze dirigiste, op. cit., 34 ss.; E. GIANFELICI/F. XXXXXXXXXX, Le misure contro l’usura: Xxxxxx e tassi usurari, Milano, 2004, 188 ss. 34 X. XXXXXX, L’usura sopravvenuta tra abuso economico e tendenze dirigiste, op. cit., 19.
35 X. XXXXXX, L’usura sopravvenuta tra abuso economico e tendenze dirigiste, op. cit., 19.
36 X. XXXXXX, L’usura sopravvenuta tra abuso economico e tendenze dirigiste, op. cit., 18.
di mutuo “costa meno” al mutuatario, il quale dovrà pagare un tasso d´interesse minore rispetto al periodo in cui i xxxxx si alzeranno e le banche pretenderanno, per stipulare lo stesso identico mutuo, interessi maggiori. L´andamento del mercato del credito si traduce infatti nel tasso medio rilevato dal Ministero37. Il problema per il mutuatario si pone appunto in presenza di un abbassamento generalizzato dei predetti tassi, singolarmente apposti dai vari istituti di credito alla singola operazione creditizia. In tale circostanza, l´abbassamento conseguente del tasso soglia potrebbe causare l´usurarietà di un tasso convenzionale che, inferiore al limite soglia al momento della pattuizione, diviene usurario nel corso dell´esecuzione del contratto. La situazione che si prospetta è quella in cui la banca o chi per lei continui a riscuotere, in un momento successivo alla stipula del contratto, interessi che, afferenti a un contratto sorto ex novo in quel trimestre, provocherebbero la nullità della clausola che li deduce e la gratuità del mutuo. Riassumendo, l´introduzione della nuova legge crea due degenerazioni applicative che provocano altrettanti fenomeni definiti in un primo momento, e come poi si vedrà impropriamente, usurari38. Rientrano dunque sotto l’appellativo di usura sopravvenuta sia quei contratti già in essere al momento dell´entrata in vigore della legge del `96 la quale, definendo autoritativamente il nuovo tasso d´interesse lecito, rende illecito quello convenzionale precedente; sia i contratti di mutuo successivi alla legge i quali, pur nascendo validi, prevedono un interesse divenuto successivamente superiore al tasso soglia. Il fatto che il tasso soglia rispetti il limite al momento della pattuizione ma finisca per sforarlo nel corso del rapporto è in definitiva un problema che la nuova legge sembra aver ignorato39.
3.3. La prima reazione giurisprudenziale
All´indomani dell´emanazione della l. 108/1996 la giurisprudenza, trovatasi dinanzi ad un mutuo caratterizzato da tasso divenuto usurario, aveva a disposizione essenzialmente due mezzi. L´uno di natura penale (art. 644 c.p.), attraverso il quale il legislatore sanzionava la dazione o promessa d´interessi usurari con le rispettive conseguenze penali, l´altro di stampo civilistico (art. 1815 comma 2 c.c.), volto ad azzerare gli
37 Cass. civ.19 Ottobre 2017, n. 24675.
38 X. XXXXXXXXXXXX, L’usura sopravvenuta al vaglio delle Sezioni unite, in Giur. It., 2018, 42.
39 G. OPPO, Lo squilibrio contrattuale tra diritto civile e diritto penale, in Riv. Dir. civ., 1999, 536.
interessi dovuti. Punto di partenza certo è la fissazione del limite oltre il quale il tasso si considera usuraio (art. 2 comma 1 l. 108/1996). Ancora, la novella del ´96 poté essere applicata non solo agli interessi sopra soglia pattuiti ad inizio rapporto ma anche a quegli interessi che usurari lo erano diventati solamente al tempo della dazione ossia del pagamento: in tal senso si muove la Cassazione negli anni ´200040, evidenziando come la l.108 fosse “di immediata applicazione nei correlativi rapporti”41. In altri termini alla legge venne attribuita efficacia ex nunc, caratteristica che le permetteva di regolare i rapporti “limitatamente alla regolamentazione degli effetti ancora in corso”42. I criteri della novella del ´96 volti a rinvenire l´usurarietà oggettiva del tasso si applicarono dunque a tutti quei rapporti sorti anteriormente all´entrata in vigore della legge. A tale conclusione la giurisprudenza di legittimità pervenne facendo proprie le correnti dottrinali secondo cui, essendo tali contratti ancora “vitali”43, ossia idonei a produrre effetti in maniera differita nel tempo, rimangono suscettibili in qualunque momento di una valutazione riguardo la loro liceità44. Tale interpretazione era già stata anticipata dalle sezioni penali della Cassazione stessa, le quali avevano individuato anche nella dazione degli interessi il momento della consumazione del reato, affermando chiaramente come “la dazione effettiva di essi […] non costituisce un post factum non punibile”45. Sulla base di questi presupposti la Suprema Corte legittimava l´applicazione della disciplina anti-usura e, assodata l´applicazione della norma penale (art. 644 c.p.), si trattava di cogliere la ricaduta sanzionatoria in ambito civile46, dove manca una nozione autonoma di usura47. Dal punto di vista applicativo ciò implica che in tutti quei casi in cui si rinviene usura secondo gli estremi dell´art. 644 c.p. segue a “cascata” l´illecito civile48. Infatti, se da un lato l´art. 1815, comma 2°, c.c. si limita a sancire la conseguenza di interessi usurari applicati al mutuo, dall´altro non vi è traccia di cosa
40 Cass. civ. 2 febbraio 2000, n. 1126; Cass. civ. 17 Novembre 2000, n. 14899; Cass. civ. 22 Aprile 2000,
n. 5286.
41 Cass. civ. 2 febbraio 2000, n. 1126.
42 Cass. civ. 17 novembre 2000, n. 14899.
43 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 887.
44 Così Cass. civ. 22 aprile 2000, n. 5286 dove il giudice afferma che “la dottrina ha osservato […] che l’obbligazione d’interessi non si esaurisce in una sola prestazione, concretandosi in una serie di prestazioni successive […] il momento rilevante è la dazione e non la stipula del contratto”.
45 Cass. pen. 19 ottobre 1998, n. 11055.
46 Così Cass. civ. 22 aprile 2000, n. 5286 secondo cui “ai fini della qualificazione usuraria dell’interesse, il momento rilevante è la dazione”.
47 X. XXXXXXXX, Delle obbligazioni pecuniarie: art. 1277-1284 op. cit., 510-511.
48 E. QUADRI, La nuova legge sull´usura: profili civilistici, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 97,98.
significhi “interesse usurario”. Medesima assenza di autonomia applicativa è rinvenibile nella legge 108/1996, la quale individua gli estremi per rinvenire un tasso eccessivo, usurario appunto, quantificando semplicemente il dettato imperativo della norma penale49. Tanto basta per permettere a quest´ultima di etichettare a tutti gli effetti come reato di usura tutti quegli interessi che al momento del pagamento risultano superiori al tasso soglia oggettivamente imposto dalla legge (art. 2 comma 4 l. 108/1996). La Cassazione optò per una soluzione in chiave sanzionatoria del problema, sostenendo che la nuova legge aveva ridotto l’ammontare delle prestazioni d’interesse. In particolare, le vie percorse sono riconducibili alla combinazione degli istituti della nullità parziale (art. 1419, comma 2°, c.c.) e della sostituzione automatica di clausole (art. 1339 c.c.)50. Tale approccio parte dal presupposto che una declaratoria di nullità totale del contratto produrrebbe infatti delle conseguenze eccessivamente gravose nei confronti del mutuatario, vincolato allo scomodo obbligo di restituire l’intero capitale ricevuto a mutuo51. È altresì difficilmente ipotizzabile che una Banca – o chi per essa – si renda disponibile a “concedere” un mutuo sapendo che i tassi d’interesse dedotti verranno in un determinato futuro ridimensionati, diminuiti fino al livello del tasso soglia o addirittura azzerati52. Preclusa tale via non rimase che l’alternativa offerta dal secondo comma dell’art. 1419 c.c. L’operatività della norma è tuttavia subordinata alla presenza di un’altra norma imperativa in grado di colmare la lacuna lasciata dalla clausola nulla (art. 1339 c.c.)53. Quest’ultima fu rinvenuta nelle disposizioni della l.108, in particolare nel tasso soglia stabilito trimestralmente con decreto dal Ministero del Tesoro (art. 2
49 L’art. 2, comma 4, L.108/1996 non fa altro che dare sostanza a quanto stabilito dall’art. 644 c.p., affermando come “Il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà”.
50 Cass. civ. 17 novembre 2000, n. 14899 si ritrovano le parole del giudice: “questa Corte ha osservato che, pur dovendosi ritenere in via di principio che il giudizio di validità vada condotto alla stregua della normativa in vigore al momento della conclusione del contratto, tuttavia, […] diviene insostenibile la tesi che subordina l’applicabilità dell’art. 1419, comma 2°, codice civile all’anteriorità della legge rispetto al contratto, perché l’inserimento ex art. 1339 codice civile del nuovo tasso incontra l’unico limite che si tratti di prestazioni non ancora eseguite, in tutto od in parte”.
51 G. OPPO, Lo squilibrio contrattuale tra diritto civile e diritto penale, op. cit., 542; X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxx e rescissione dei contratti usurari, op. cit., 58.
52 E. XXXXX, Xxxxx usurari, mutui a tasso fisso, contratto aleatorio e riflessi sulle operazioni di cartolarizzazione dei crediti, in Giur. it., 2001, I, 313.
53 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 886.
comma 2 L.108/1996)54. La sostituzione automatica del tasso soglia al tasso usurario avrebbe eliminato l’illiceità. Non solo, oltre alla tesi legata alla nullità parziale della clausola, la Corte affermò altresì come il combinato disposto degli artt. 1419, comma 2°, c.c. e 1339 c.c. fosse sufficiente a rendere la clausola inefficace, semplicemente elidendola in quanto contraria a norma imperativa di legge55, senza porsi alcun problema riguardo un possibile contenuto sostitutivo56.
4. L’interpretazione autentica del legislatore
4.1. Il decreto legge 394 del 2000
La soluzione che sembrava potersi consolidare fu sconvolta da un nuovo intervento legislativo. Le ricostruzioni giurisprudenziali presentate nel capitolo precedente prestarono infatti fin da subito il fianco ad una serie di critiche della dottrina57. Queste ultime indussero un successivo intervento del legislatore che, nonostante fosse mosso da motivazioni ulteriori rispetto alle discrasie sistematiche che tali teorie presentavano in punto di diritto, andò a scalfire fortemente le speranze di tutti quei prenditori che ormai speravano in una diminuzione o restituzione di una quota degli interessi applicati al proprio contratto. Con il decreto legge n.394 del 29 dicembre 2000 si afferma come si intendano “usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”. L´interpretazione autentica del legislatore potrebbe sembrare del tutto inaspettata, in quanto essa profilò una soluzione del tutto opposta rispetto a quella data finora dalla giurisprudenza di legittimità58. Tuttavia, ad una più attenta ricostruzione dei fatti, risalta la lettera scritta dal Governatore della Banca d’Italia al Ministro del Tesoro all’indomani dell’emanazione della sentenza n. 14899/2000 della Corte di Cassazione. In essa viene descritto come il «rischio mutui», prodotto da quella decisione nei confronti delle banche italiane, ammontasse a una
54 Cass. civ. 17 novembre 2000, n. 14899 afferma: “si può ben ritenere che la sopravvenuta L. n. 108/96 […] sia di immediata applicazione nei correlati rapporti”.
55 Il riferimento è qui all’art. 644 c.p.
56 Cass. civ. 2 febbraio 2000, n. 1126; Cass. civ. 17 Novembre 2000, n. 14899.
57 F. DI MARZIO, Il trattamento dell´usura sopravvenuta tra validità, illiceità e inefficacia della clausola d´interessi, op. cit., 3110.
58 Il metro di paragone rimane sempre quello costituito dal nucleo fondamentale di sentenze di legittimità e quindi Xxxx. civ. 2 febbraio 2000, n. 1126; Cass. civ. 17 Novembre 2000, n. 14899; Cass. civ. 22 Aprile
2000, n. 5286.
somma oscillante tra quindicimila e cinquantamila miliardi; conseguentemente si temevano disfunzioni gravi per il sistema economico e finanziario, non da ultimo per il fatto che un avvenimento di tale portata provocherebbe la fuga degli investitori esteri, in primis della Banche straniere che avrebbero potuto ritenere eccessivamente pericoloso operare in Italia59. L’estensione della forza incriminatrice della norma penale veniva così ristretta al solo momento della pattuizione degli interessi, non avendo più alcuna rilevanza il momento della dazione degli stessi60. È stata descritta nei capitoli precedenti la dipendenza della disciplina sanzionatoria civile dall´applicazione a monte della norma penale. Al che sorge però il problema di come potessero rilevare sul piano civile fattispecie comunque usurarie che, tuttavia, l´art. 644 c.p. non sanziona più61. Il problema era posto in ragione del rilievo che un giudizio di liceità si incardina sistematicamente nell´ordinamento giuridico come analisi volta a rinvenire il vizio genetico del contratto, non il vizio funzionale62. A critiche parzialmente simili si presta anche un’ulteriore ipotesi prospettata, ossia quella di rinvenire una soluzione in termini di inefficacia sopravvenuta della clausola contrattuale. Basata sui medesimi presupposti legislativi – artt. 1419, comma 2°, e 1339 c.c. – e volta a superare la difficoltà per cui una declaratoria di nullità non possa spingersi così in la nel tempo fino a minacciare il pagamento degli interessi stessi, tale impostazione pecca tuttavia nella sua sostanza. La disciplina dell´inefficacia sopravvenuta è ricavata da quella della nullità63. Ne deriva che anche in tal caso risalta l´assenza di regole volte colmare la lacuna lasciata aperta dalla inefficacia della clausola del contratto, ricadendovi così nel medesimo problema e nelle medesime difficoltà applicative64. Ulteriore spunto è offerto dalla proposta di ricorrere dalla conversione del contratto nullo in un rapporto diverso, questa volta valido (art. 1424 c.c.)65. La tesi in questione non sembra aver trovato seguito, non essendo rinvenuto contratto diverso dal mutuo, contenente però i medesimi requisiti di
59 XXXXXXXXXXX, Banche: può essere rilevata d’ufficio dal giudice la nullità degli interessi sui mutui non esauriti. Il rischio di dover restituire le somme incassate potrebbe far saltare l’intero sistema creditizio, in Giur. it., 2001, 133.
60 F. DI MARZIO, Il trattamento dell´usura sopravvenuta tra validità, illiceità e inefficacia della clausola d´interessi op. cit., 3107.
61 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 886 ss.
62 X. XXXXXXXXX, voce Invalidità (dir. priv.), in Enc. Dir., XXII, Milano 1972, 593.
63 G. OPPO, Lo squilibrio contrattuale tra diritto civile e diritto penale, op. cit., 536.
64 F. DI MARZIO, Il trattamento dell´usura sopravvenuta tra validità, illiceità e inefficacia della clausola d´interessi, op. cit., 3111.
65 E. QUADRI, Usura e legislazione civile, in Corr. giur., 1999, 890 ss.
sostanza e forma, volto a perseguire il medesimo scopo voluto dalle parti. Nonostante le varie teorie giurisprudenziali non offrano alcuna soluzione soddisfacente, cionondimeno esse testimoniano uno scontento generale per la situazione in cui numerosi prenditori di somme a mutuo si sono trovati. Fondamentalmente, ciò appare figlio del mancato coordinamento tra la sanzione penale e il suo corrispettivo civile66, che rende inappagante la riforma della l.108/199667. Sulla base di tali presupposti, mentre parte della giurisprudenza si è semplicemente appiattita al contenuto del decreto legge, un secondo filone si muoveva in direzione opposta, discostandosi dal dato normativo costituito dal d.l. 394/2000.
4.2. La questione di legittimità
L’art. 1 del d.l. n.394 del 29 dicembre 2000, poi convertito in legge n. 24 del 28 Febbraio 2001 è stato infatti oggetto d’impugnativa costituzionale. Si può già anticipare che, con la sentenza n. 29 del 25 febbraio 2002, tutti o quasi i motivi dei rimettenti sono stati considerati inammissibili o infondati68. La Corte rileva infatti solamente una illegittima traslazione di un paio di giorni dell’efficacia del decreto legge stesso, fatto del tutto irrilevante a confronto delle questioni sollevate dai rimettenti69. Le ragioni fondamentali della questione partivano dalla constatazione che la norma, definita interpretativa, sarebbe stata in realtà innovativa, modificando le disposizioni della l.10870. Al dettato normativo del ’96 il ciclo giurisprudenziale del 2000 aveva attribuito, nonostante la Corte avesse proclamato il contrario, efficacia retroattiva, permettendo alle forme di censura in esso contenute di operare anche nei confronti di tutti quei rapporti sorti e cristallizzatisi precedentemente alla sua entrata in vigore71. Di conseguenza, il contenuto delle clausole d’interessi poteva essere immediatamente ridimensionato e riportato entro i ranghi definiti dalle “disposizioni in tema di usura” o
66 G. OPPO, Lo squilibrio contrattuale tra diritto civile e diritto penale, in Riv. Dir. civ., 1999, 533.
67 G. OPPO, Lo squilibrio contrattuale tra diritto civile e diritto penale, in Riv. Dir. civ., 1999, 533 ss.
68 C. Cost. 25 febbraio 2002, n.29.
69 A. XXXXXXX, La rilevanza della pattuizione degli interessi o vantaggi usurari nella sentenza n.29 del 2002 della Corte costituzionale, in Giur. cost., 2002, 237.
70 C. Cost. 25 febbraio 2002, n.29.
71 A. XXXXXXX, La rilevanza della pattuizione degli interessi o vantaggi usurari nella sentenza n.29 del 2002 della Corte costituzionale, op. cit., 236.
addirittura del tasso legale72. Alla base di tale ragionamento c’era, lo ricordiamo, una determinata esegesi dell’art. 644 c.p., per la quale il fatto rilevante penalmente era attribuito non solo a chi si facesse “promettere” ma anche a chi si facesse “dare” degli interessi sopra soglia (art. 644-ter c.p.)73. Nella sentenza costituzionale opera un ragionamento radicalmente opposto. Secondo lei, la logica del decreto legge sarebbe quella per cui il “farsi dare” della norma penale rileva solo limitatamente ai casi in cui una prestazione avente ad oggetto degli interessi usurari non sia preceduta da alcuna pattuizione, non essendo esso finalizzato all’estendere l’applicazione del giudizio sanzionatorio ad entrambi i momenti del rapporto – pattuizione e dazione74. In altre parole, la Corte evidenzia come i caratteri di irretroattività che erano stati attribuiti alla legge 108 in realtà non avessero alcun tipo di fondamento75. Il disposto normativo opera solo ed esclusivamente per i contratti a venire, conseguenza questa inevitabile se all’attenzione della normativa possono risaltare solo delle pattuizioni di clausole, e non il pagamento delle medesime pattuite in epoca precedente76. Ribadendo tale concetto, la Corte conferma e rinsalda dunque il contenuto del d.l. 394/2000.
A detta della Corte l’intervento del legislatore in via interpretativa è conforme ai criteri di ragionevolezza. La sottoposizione a tale esame del decreto-legge è necessaria per giustificare l’operato del legislatore77. Infatti, qualora tale principio guida non fosse presente nella regola, essa, in rapporto a fattispecie in cui un contrasto giurisprudenziale non è riscontrabile, non potrebbe intervenire, come nel caso di specie78. Tuttavia, sul punto la Corte sembra essersi espressa in maniera alquanto sbrigativa, non spiegando in maniera esaustiva le motivazioni che hanno sorretto la decantata ragionevolezza della
72 Così il primo filone giurisprudenziale di legittimità degli anni 2000, Cass. civ. 2 febbraio 2000, n. 1126; Cass. civ. 17 Novembre 2000, n. 14899; Cass. civ. 22 Aprile 2000.
73 Sulla qualificazione precedente del momento commissi delicti il riferimento è sempre Xxxx. civ. 22 Aprile 2000, n. 5286.
74 C. Cost. 25 febbraio 2002, n.29.
75 C. Cost. 25 febbraio 2002, n.29; A. XXXXXXX, La rilevanza della pattuizione degli interessi o vantaggi usurari nella sentenza n.29 del 2002 della Corte costituzionale, op. cit., 238 ss.
76 A. XXXXXXX, La rilevanza della pattuizione degli interessi o vantaggi usurari nella sentenza n.29 del 2002 della Corte costituzionale, op. cit., 238 ss.
77 C. cost. 22 novembre 2000, n. 525; C. cost. 11 giugno 1999, n. 229; G. OPPO, Gli interessi usurari tra Costituzione, leggi e mercato, in Giur. cost., 2002, 216.
78 Ricordiamo come una linea di pensiero univoca e concorde caratterizzasse il ciclo giurisprudenziale del 2000, nel senso di un’applicazione estensiva della norma al momento della dazione o comunque della rilevanza, dal punto di vista sanzionatorio, degli interessi superiori al livello soglia stabilito dalla L. 108/1996.
decisione79. Quest’ultima, secondo le critiche dei commentatori, sembra essere rinvenuta in ragioni di carattere politico-discrezionale, più che da effettivi chiarimenti riguardanti la conformità del decreto ai principi costituzionali80.
Nemmeno il principio di uguaglianza sarebbe violato81. Il fatto che si crei una differenza di trattamento nei confronti di soggetti che si trovano nella stessa situazione, sarebbe semplicemente dovuto alla successione delle leggi nel tempo. Inevitabile dunque, che determinati mutuatari si siano trovati in condizioni più favorevoli rispetto ad altri82.
Successivamente, è ingiustificato l’affidamento fatto da tutti quei prenditori che si sono difesi in giudizio, rifiutandosi di pagare interessi usurari secondo la nuova legge, fondando la propria difesa sulle decisioni di legittimità del 200083. Oltre ad essere difficilmente individuabile il danno, una corrente giurisprudenziale sufficientemente consolidata non era presente84.
La Corte afferma inoltre come un decreto di tale calibro sia finalizzato a proteggere gli interessi dei risparmiatori costretti a richiedere un credito. Non essendo quest’ultimo suscettibile di modificazioni, relativamente alla somma d’interessi, durante l’esecuzione del contratto, la banca opera in condizioni di maggiore certezza85. Ne deriva una
79 La Corte definisce la norma d’interpretazione autentica “del tutto coerente con il generale principio di ragionevolezza”.
80 Nella sentenza non sono rinvenuti passaggi in cui emerge chiaramente la ragionevolezza dell’interpretazione data dal legislatore. L’intervento data da quest’ultimo è ritenuta ragionevole perché finalizzata ad interpretare in maniera differente la L. 108/1996, attribuendole una ratio diversa rispetto a quella veicolata dalla Cassazione fino a quel momento. Ne deriva che la valutazione di ragionevolezza si risolve nella verifica, da parte della Corte costituzionale, della “chiarezza” e “linearità” dell’ulteriore interpretazione, data dal legislatore con decreto-legge. Così facendo rimane privo di esauriente risposta il quesito dei ricorrenti, ossia la ragionevolezza del decreto limitatamente alle conseguenze che esso implica dal punto di vista pratico, per i mutuatari, sul piano civilistico. Ci riferiamo all’irragionevolezza alla base del fatto che la Banca continui a richiedere il pagamento di somme d’interessi in realtà semplicemente usurarie; X. XXXXXX, L’interpretazione autentica in materia i tassi usurari a vaglio della Corte costituzionale, in Giur. cost., 2002, 258 ss.
81 La violazione dell´art. 3 cost. deriverebbe da “un ingiustificato trattamento di favore” in base al quale le banche, limitatamente ai mutui sorti prima del 1996, non ancora estinti, potrebbero continuare a riscuotere gli interessi pattuiti ma diventati usurari, mentre per mutui identici stipulati dopo l’entrata in vigore della L. 108/1996, le medesime sarebbero vincolate a riscuotere dei tassi inferiori al tasso soglia.
82 La Corte afferma: “se la lamentela riguarda la diversa condizione tra clienti della banca, non è rilevante”.
83 I ricorrenti rivendicano, a riguardo, la violazione dell´art. 24 Cost.
84 X. XXXXXX, L’interpretazione autentica in materia i tassi usurari a vaglio della Corte costituzionale, op. cit., p. 250,251; X. XXXXXXXXX, Dalla “diversità nell´indistinzione” all`enunciazione di tests di giudizio propri delle leggi di interpretazione autentica: la Corte varca il Rubicone?, in Giur. cost., 2002, 235.
85 A. XXXXXXXX, Usura e sanzioni civili: assetti ancora instabili, op. cit., 933 ss.
maggiore disponibilità nella concessione di somme a mutuo e, conseguentemente, un più ampio accesso al credito per i risparmiatori.
Nel respingere l’ultimo motivo d’impugnazione dei ricorrenti, la Corte ribadisce le condizioni di necessità ed urgenza che hanno spinto il legislatore ad intervenire con un decreto-legge86.
4.3 Orientamenti
Né l’intervento del legislatore, né quello della Corte costituzionale, furono però in grado di chiarire definitivamente le idee in tema di usura sopravvenuta. Ciò è attestato dal “variopinto” panorama giurisprudenziale che ha caratterizzato tutto il nuovo secolo, almeno fino all´ottobre 2017. A partire dalla pubblicazione del d.l. 394/2000, la stessa giurisprudenza di legittimità è infatti divisa in due poli sostanziali.
Il primo di essi si è mantenuto aderente all’interpretazione autentica del legislatore. L’usura è rinvenuta solamente al tempo della pattuizione, così come definito dal decreto legge del 2000. Conseguentemente, i criteri contenuti nella legge 108/1996 volti a rilevare l´usurarietà del tasso d’interesse non possono trovare applicazione per quanto riguarda le pattuizioni anteriori all´entrata in vigore della legge stessa, non presentando tale normativa alcun carattere di retroattività87. Ne deriva che è garantita stabilità anche futura al contratto, non più suscettibile di essere dichiarato illecito, poiché ogni variazione successiva del tasso convenzionale non influenza minimamente le sorti del contratto. La pretesa del mutuante avente ad oggetto interessi eventualmente superiori al limite consentito risulta lecita, per converso il mutuante che non li pagherà sarà inadempiente. In tal senso, sinteticamente esposta, la giurisprudenza di legittimità ha offerto nel corso degli anni numerosi esempi88. Così si è espresso anche l’ABF, il quale,
86 I presupposti di necessità e urgenza sono presenti essenzialmente in forza di due ragionamenti. Il primo limitatamente al fatto che il decreto sia stato convertito in legge. La conversione in legge ordinaria implica il controllo garantistico successivo sul decreto, svolto dal Parlamento. Successivamente la Corte ricorda il motivo che ha spinto il legislatore ad intervenire: l’eccezionale caduta dei tassi d’interesse, riguardanti i mutui a tasso fisso, avvenuta nel biennio 1998-1999, ha fatto si che tali contratti diventassero eccessivamente onerosi. Tale caduta, verificatasi in Italia e in Europa ebbe natura strutturale. Un intervento volto a riequilibrare le sorti del contratto si rese perciò necessario.
87 C. Cost. 25 febbraio 2002, n.29; A. XXXXXXX, La rilevanza della pattuizione degli interessi o vantaggi usurari nella sentenza n.29 del 2002 della Corte costituzionale, op. cit., 238 ss.
88 Cass. civ. 26 giugno 2001, n. 8742; Cass. Civ. 24 settembre 2002, n. 13868; Cass. civ. 13 dicembre 2002, n. 17813; Cass. civ. 25 Marzo 2003, n. 4380; Cass. Sez. 19 Marzo 2007, n. 6514; Cass. civ., 17 dicembre 2009, n. 26499; Cass. civ., 27 settembre 2013, n. 22204; Cass. civ. 19 gennaio 2016, n. 801.
descrivendo efficacemente la situazione creatasi, afferma come i “mutui non usurari al tempo della stipula conquisterebbero una sorta di patente d’immunità”89. La conclusione pratica che si può derivare è l´inconfigurabilità dell’usura sopravvenuta90.
Un secondo orientamento interpretativo, non piegandosi al disposto del decreto confermato dalla conversione in legge e dal controllo della Corte costituzionale, persisteva invece nel ricercar soluzioni volte a colpire il contenuto dell’obbligazione d’interessi, divenuta eccessiva secondo le disposizioni relative al nuovo tasso soglia. Le ipotesi prospettatesi ripartivano da quelle già proposte alla fine del secolo scorso, e miravano a rinvenire l’illiceità della sola clausola d’interessi rivendicando l’autonomia della disciplina civilistica dall´attuazione dei rimedi penali91. Un primo gruppo di decisioni fa un semplice riferimento al ciclo di sentenze precedente all’emanazione del decreto legge92. In esse, la clausola viene definita illegittima o comunque priva di effetto, indipendentemente dall’anteriorità della stipulazione rispetto all’entrata in vigore della legge. In tal modo il mutuatario sarebbe tenuto a pagare gli interessi nella misura del tasso soglia oppure addirittura nella semplice misura legale, in ogni caso a un tasso “diverso” da quello originariamente pattuito e ora divenuto usurario93. Altre sentenze facevano invece riferimento all’inefficacia sopravvenuta della clausola contenente interessi usurari. Mentre in alcune di esse quest’ultima risulta rilevabile d’ufficio94, in altri casi essa sembra essere subordinata all’opposizione giudiziale di parte95. In tali pronunce la Corte di legittimità ammette l’ininfluenza della normativa antiusura relativamente ai contratti precedenti, ma ancora produttivi di effetti, tuttavia non può fare a meno di rilevare l’inefficacia ex nunc di tutte quelle clausole che deducono interessi oltre la soglia imposta trimestralmente96. La nuova disciplina volta a combattere il fenomeno usurario è ritenuta non retroattiva, e non in grado di modificare
89 Arbitro Bancario Finanziario, 3 aprile 2013, n.1796.
90 Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675.
91 G. OPPO, Lo squilibrio contrattuale tra diritto civile e diritto penale, op. cit., 542.
92 Cass. civ. 13 giugno 2002, n. 8442; Cass. civ. 25 maggio 2004, n. 10032.
93 Cass. civ. 25 maggio 2004, n. 10032.
94 Cass. civ. 11 gennaio 2013, n. 602; Cass. civ. 11 gennaio 2013, n. 603.
95 Cass. civ. 25 febbraio 2005, n. 4092; Cass. civ. 25 febbraio 2005, n. 4093; Cass. civ. 14 marzo 2013, n.
6550; Cass. civ. 31 gennaio 2006, n. 2140.
96 Cass. civ. 25 febbraio 2005, n. 4092.
le clausole appartenenti a contratti sorti prima della sua entrata in vigore97. Ciò non toglie che la contrarietà alla norma imperativa, manifestatasi in un contratto di durata, non possa portare all’inefficacia della clausola non appena essa superi il limite imposto dalla statuizione trimestrale del Ministro del Tesoro98.
Un successivo contributo, a rinforzo di tale orientamento, è poi fornito dalla Cassazione, quando, nell’affermare la sostituzione del tasso usurario con il tasso-soglia, approfondisce ulteriormente il contenuto dell´intervento ermeneutico del legislatore. Secondo il giudice, il decreto legge 394/2000 escluderebbe il rimedio penale (art. 644 c.p.) e l´inevitabile conseguenza civile (art. 1815 comma 2 c.c.), lasciando praticabili tutta una serie di altre soluzioni, variamente articolate, volte a ridurre il contenuto dell’obbligazione d’interessi99. È necessario sottolineare come l’ABF – anch’esso intervenuto in tema – giunga a conclusioni in linea con questo orientamento. Attribuendo alla legge 108 del 1996 una funzione calmieratrice del mercato del credito, la disciplina antiusura diventa mezzo attraverso il quale il legislatore pone un limite massimo alle negoziazioni, impedendo che queste ultime possano “strappare verso l’alto […] il prezzo del credito” e influenzare così il mercato100. È comprensibile che, sull’onda di tale impostazione, vi sia una maggiore predisposizione ad intervenire in tutti quei casi in cui una prestazione pecuniaria esorbiti il limite massimo imposto autoritativamente dal legislatore, poco importi il momento del rapporto in cui tale sforamento si verifica.
5. La sentenza 24675 del 2017
Con sentenza n. 24675 del 19 ottobre 2017 la Cassazione ha dato una svolta importante al dibattito. Per darne adeguato conto, è utile dividere l’intervento della Suprema Corte in due parti. Mentre la prima, per quanto discutibile, è contraddistinta da una sostanziale chiarezza contenutistica, la conseguenza che ne deriva, e quindi la seconda parte, sembra lasciare aperti tutta una serie di interrogativi, la cui risposta va ricercata in altri
97 C. Cost. 25 febbraio 2002, n.29; A. XXXXXXX, La rilevanza della pattuizione degli interessi o vantaggi usurari nella sentenza n.29 del 2002 della Corte costituzionale, op. cit., 238 ss.
98 Si precisa che non tutte le sentenze in richiamate abbiano precipuamente ad oggetto un contratto di mutuo, bensì contratti che presentano problematiche affini come il contratto di conto corrente, ad esempio Xxxx. civ. 25 febbraio 2005, n. 4092.
99 Cass. civ. 12 aprile 2017, n. 940.
100 Arbitro Bancario Finanziario, 10 gennaio 2014, n.77.
luoghi dell’ordinamento o nell´opera di ben altri poteri dell’ordinamento giuridico, su tutti quello legislativo101.
Il primo elemento di novità riguarda una ferma presa di posizione della Corte, sulla sorte di tutti quei mutuatari costretti a dover pagare somme d’interessi superiori al corrente tasso massimo applicabile. Avendo a mente i due orientamenti prospettati nei capitoli precedenti, ossia quello volto a negare l’applicazione della normativa antiusura non solo ai contratti già in essere al tempo dell’introduzione della norma ma, anche a quelli successivi caratterizzati da sopravvenienze in corso di esecuzione del rapporto, e quello volto a sanzionare gli interessi oltre soglia, riducendoli in vario modo, la Cassazione afferma a chiare lettere come “debba darsi continuità al primo dei due orientamenti giurisprudenziali […] che nega la configurabilità dell’usura sopravvenuta”102. Il presupposto alla base di tale conclusione è costituito dal fatto che il divieto dell’usura è contenuto solamente nell’art. 644 c.p.103. Il giudice è poi vincolato all’interpretazione autentica data dal legislatore, in primis inerente al dettato della norma penale, il che impone di qualificare un comportamento usurario solo se – limitatamente all’usura bancaria – quest’ultimo presenta i requisiti descritti da tali disposizioni normative. In particolare, ai fini della disciplina anti-usura, sarebbe rilevante solamente il tasso d’interesse convenzionale che supera il tasso soglia al momento della pattuizione, non quello che lo faccia solo successivamente.
Ne deriva come sia “impossibile affermare […] che il superamento del tasso soglia dell’usura al tempo del pagamento, da parte del tasso convenzionale inferiore a tale soglia al momento della pattuizione, comporti la nullità o l’inefficacia della corrispondente clausola contrattuale o comunque l’illiceità della pretesa del pagamento del creditore”.104
Effettivamente, anche in dottrina si afferma come l’usura sopravvenuta poco presenti i connotati di un intento criminoso105. Il superamento del tasso d’interesse fino al suo debordare nell’ambito del non lecito dipende infatti alternativamente dall’intervento del legislatore – nel caso dei contratti già in essere al momento dell’entrata in vigore della
101 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 885 ss.
102 Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675.
103 Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675.
104 Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675.
105 X. XXXXXXXXXXX, La saga (a sfaccettature multiple) dell´usurarietà sopravvenuta tra regole e principi, in Corr. Giur., 2017, 601 ss.
l.108/1996 – oppure dalle fluttuazioni del mercato – nel caso dei contratti sorti dopo il 1996 con xxxxx originario sotto soglia. In entrambi i casi la onerosità dipende dunque da meccanismi esterni e apparentemente estranei alla volontà delle parti, o meglio del mutuante. Questa conclusione non fa altro che rimarcare l’opinione già consolidatasi in giurisprudenza penale, la quale nega la configurabilità dell’usura sopravvenuta106. Le varie teorie, dottrinali prima e giurisprudenziali poi, che avevano dato vita alle ipotesi dell’illiceità sopravvenuta del tasso d’interesse oltre soglia finiscono dunque per soccombere, a causa della loro stonatura con il sistema rimediale, oltre che per la necessità manifestatasi di tutelare esigenze politico-economiche maggiori.
Terminati tali rilievi, la Cassazione espone un approccio diverso al problema. Nonostante la richiesta di interessi superiori al tasso soglia non possa più dirsi illecita, cionondimeno la pretesa potrebbe, in determinate circostanze, considerarsi scorretta107. La scorrettezza consisterebbe nel fatto che, il farsi dare una somma d’interessi superiore al limite massimo imposto dalla legge, significherebbe per il creditore conseguire un guadagno superiore a quello che ogni altro creditore, nelle medesime condizioni e nel medesimo trimestre, possa conseguire108. Chiaramente, qualora un tasso d’interesse usurario sia presente al momento della pattuizione, l’impossibilità di trarre un simile profitto dalla messa a disposizione della stessa somma di denaro è dovuta allo sbarramento imposto dalla normativa antiusura. Il riferimento normativo, utile a rilevare la scorrettezza della prestazione, è rappresentato dal principio di buona fede oggettiva nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.)109. La Corte prosegue, sottolineando da un lato come tale tesi dottrinale non sia autosufficiente, al contempo, tuttavia, presenta ulteriori elementi per sviluppare un’ipotesi risolutiva in tale direzione. A riguardo, è richiamato un dovere di solidarietà, da cui il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto deriva, tutelato costituzionalmente (art. 2 cost.). In conseguenza di un tale dovere, e quindi in attuazione del principio di buona fede in
106 Cass. Pen. 16 gennaio 2013, n. 8353.
107 A riguardo la Corte: “[…] sarebbe scorretto pretendere il pagamento di interessi a un tasso divenuto superiore alla soglia dell´usura come determinata al momento del pagamento stesso [..]”
108 Così Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675: “[…] in quel momento quel xxxxx non potrebbe essere promesso dal debitore e il denaro frutterebbe al creditore molto di più di quanto frutti agli altri creditori.”
109 Ancora Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675: “L’illiceità della pretesa è stata argomentata da una parte della dottrina anche su basi diverse, ossia valorizzando […] il principio di buona fede oggettiva nell’esecuzione dei contratti”.
executivis, ciascuna delle parti nel rapporto sarebbe tenuta a comportarsi in maniera tale da preservare gli interessi dell’altra, indipendentemente dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o persino da quanto stabilito da singole norme di legge110. L’apparente antitesi espositiva trova successivamente chiarimento. È pur valido, infatti, il ricorso al principio di correttezza e buona fede, esso tuttavia non è in grado di operare aprioristicamente, e quindi “nell’esercizio in sé considerato dei diritti scaturenti dal contratto, bensì nelle particolari modalità di tale esercizio in concreto, che siano appunto scorrette in relazione alle circostanze del caso”111. La buona fede opera in via integrativa, conseguentemente essa non può operare automaticamente e indistintamente in ogni situazione, in ragione del fatto che il dovere che nasce in capo alla parte può essere in contrasto con un diritto che ad essa viene legittimamente riconosciuto dalla legge o dalla valida manifestazione di volontà delle parti stesse. Ne deriva, sempre a detta della Corte, come tale principio operi solo in presenza di determinate circostanze. A conclusioni del tutto simili era giunto l`ABF con decisione risalente ad alcuni anni prima112. In quest’ultima il collegio di coordinamento, presa visione della problematica, dopo aver escluso i rimedi proposti dalla nuova disciplina antiusura, si esprime dichiarando l’inammissibilità della prestazione d’interessi maggiore alla soglia lecita ammessa dall’ordinamento113.
La Corte, così come l’ABF in precedenza, riprende allora lo spunto derivante dalla giurisprudenza costituzionale, là dove essa afferma come, nonostante i rimedi della l. 108/1996 non possano venire in aiuto, nulla impedisca che ulteriori istituti e strumenti di tutela del mutuatario, secondo la disciplina generale dei rapporti contrattuali offerta dal codice, possano trovare applicazione114.
110 A sostegno di tale principio la sentenza richiama espressamente numerose altre decisioni: Xxxx. civ. 30 luglio 2004, n. 14605; Cass. civ. 6 agosto 2008, n. 21250; Cass. civ. 25 novembre 2008, n. 28056; Cass.
civ. 22 gennaio 2009, n. 1618; Cass. civ. 10 novembre 2010, n. 22819.
111 Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675.
112 Arbitro Bancario Finanziario, 10 gennaio 2014, n.77.
113 “Non è comunque ammissibile che il cliente sia tenuto a versare interessi in una misura che, al momento in cui essi devono essere corrisposti, è considerata in termini di antigiuridicità nell´ordinamento” così Arbitro Bancario Finanziario, 10 gennaio 2014, n.77.
114 Prima di giungere alle conclusioni, il giudice di legittimità, nel 2017, non può far altro che compiere un’opera ricostruttiva e ordinatoria di tutti gli interventi che, da diversi pulpiti, erano intervenuti sulla questione nel ventennio precedente, su tutti Corte costituzionale e dottrina limitatamente alla funzione della buona fede.
Tale riferimento della Corte costituzionale è stato interpretato in un primo momento nel senso che, l’escludere i rimedi tipici della norma penale e della conseguente sanzione civile della gratuità, non implicava l’esclusione di altri rimedi volti a comminare l’illiceità della clausola115. Così si svilupparono gli orientamenti giurisprudenziali volti a sanzionare il tasso d’interesse eccessivo. Nel 2017 la Cassazione reinterpreta tuttavia le parole del giudice costituzionale. In tal modo, i rimedi che rimangono percorribili non sono tanto in chiave sanzionatoria, bensì si rifanno a delle contromisure ben diverse che nulla hanno a che fare con l’illiceità declinata nelle sue varie forme (nullità e inefficacia sopravvenute su tutte).
Con tale sentenza la Corte ha dato dunque risposta solamente ad uno dei due interrogativi sollevati, e cioè a quello inerente all’ampiezza della legge antiusura e all’estensione dei rimedi in essa contenuta. Quanto all’interrogativo relativo ai mezzi concreti offerti – o meglio rimasti – nell’ordinamento per riportare il tasso convenzionale divenuto usurario entro il limite massimo di volta in volta stabilito oggettivamente dalla legge, esso è lasciato all’interprete. Non solo: rinvenuto l’istituto in grado di operare chirurgicamente sul solo tasso d’interesse apposto al contratto senza intaccare l’esistenza dell’intero rapporto occorre ancora chiedersi a quale valore di riferimento debba essere ricondotto il tasso applicato116.
6. L’usura sopravvenuta come squilibrio sopravvenuto del sinallagma
La problematica descritta dall’usura sopravvenuta delinea un rapporto in cui l’iniziale equilibrio contrattuale, così come deciso dalle parti al momento della pattuizione, viene meno. Il mutamento della situazione originaria è dovuto al manifestarsi di una c.d. sopravvenienza, evento che provoca uno squilibrio nel sinallagma. Nel caso dell’usura sopravvenuta, tale evento è rappresentato alternativamente o dall’intervento eteronomo del legislatore o dall’abbassamento dei tassi medi, evento che genera l’abbassamento del tasso soglia e, conseguentemente, l’eccessività della somma d’interessi rispetto al limite massimo consentito dalla legge. Nonostante le risposte possibili al mutamento della situazione iniziale siano plurime, esse possono essere raggruppate in tre categorie.
115 Da ultimo si veda Cass. civ. 12 aprile 2017, n. 9405.
116 X. XXXXXXXXXXX, La saga (a sfaccettature multiple) dell´usurarietà sopravvenuta tra regole e principi, op. cit., 601 ss.; X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 885 ss.
Nel primo caso lo squilibrio rimane a carico della parte a svantaggio della quale l’evento si verifica. In alternativa, l’evento sopravvenuto potrebbe costituire causa di scioglimento del contratto. Da ultimo, le parti potrebbero decidere di ridefinire l’assetto contrattuale, rinnovando la manifestazione di volontà iniziale. A riguardo, è lecito indagare se un intervento del giudice sia in grado di sostituire la manifestazione del consenso delle parti alla rinegoziazione degli assetti contrattuali117.
Limitatamente alla prima ipotesi, per così dire, risolutiva del problema, qualora la sopravvenienza porti alla rottura dell’equilibrio, tale per cui il mutuatario sia costretto a pagare una somma d’interessi superiore al massimo stabilito dalla normativa antiusura, contromisure di sorta non sembrano essere ammesse. Infatti, in accordo con il principio dei “pacta sund servanda”, alla manifestazione di volontà delle parti, cristallizzatasi nel contratto di mutuo, viene data rilevanza assoluta, tanto che gli equilibri definiti rimangono intoccabili per tutta la durata del rapporto118. Il contratto non è suscettibile di modificazioni e la pretesa di ricevere il pagamento di interessi, derivante da fonte valida ed efficace essendo stato il contratto originariamente conforme ai dettami della norma antiusura, è del tutto lecita119. Condividendo tale teoria, e attribuendo così sacralità all’accordo delle parti, si dovrebbe concludere che, nella stesura del contratto di mutuo, le parti ripartiscano il rischio contrattuale per tutta la durata del rapporto. Conseguentemente, avendo il mutuatario accettato indirettamente il rischio di una futura sopravvenienza negativa nei suoi confronti, non potrà venir meno all’adempimento dei doveri nascenti dal contratto. La stessa Cassazione, almeno fino a quando l’ordinamento non sia in grado di offrire una soluzione più completa, sembra tendere in questa direzione120. In assenza di rimedi concreti legati all’operare della buona fede, altre soluzioni non sembrano essere proposte. Ne deriva che le clausole d’interessi, essendo “in sé” valide, sono anche efficaci121. Come evidenziato in dottrina, una simile ipotesi
117 X. X. XXXXXX, La rinegoziazione dei mutui. Studio n. 696-2008/C, 30.10.2008, xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxxx/xxxxx/000.xxx, (17.03.2019).
118 X. XXXXXXXXX, L’onerosità sopravvenuta nell’evoluzione storica e nel sistema attuale, in Comm. x.x., xxxxxxx xx X. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 6 ss.
119 X. XXXXXXXXX, L’onerosità sopravvenuta nell’evoluzione storica e nel sistema attuale, op. cit., 1995, 6 ss.
120 In assenza di rimedi concreti legati all’operare della buona fede, altre soluzioni non sembrano essere proposte. Essendo le clausole d’interessi “in sé” valide, sono anche efficaci.
121 Cass. Civ., 24675/2017.
risolutiva non sembra soddisfacente122. Con decisione successiva a quella della Cassazione, l’ABF si vede costretto a condividere la linea guida fissata dalla Suprema Corte, almeno fino a quando non intervenga utilmente il legislatore123. Nonostante il collegio di coordinamento riaffermi come il problema dell’usura sopravvenuta non possa essere risolto in tali termini, esigenze di credibilità costringono gli arbitri ad uniformarsi al dettato della Cassazione124.
7. Lo scioglimento del contratto squilibrato
Una seconda macro-categoria di reazioni al problema trattato prevede che una delle parti richieda lo scioglimento del rapporto giuridico divenuto diseconomico125. Di tale richiesta sarà, con molta probabilità, protagonista colui che subisce le conseguenze negative della sopravvenienza, nel caso di specie il mutuatario. Si premette che il ricorso allo scioglimento del contratto, nonostante sia la soluzione più favorevole alla tutela della concorrenza nei mercati, molto spesso costituisce la soluzione più scomoda per il singolo. Ai costi transattivi che conseguono ad ogni attività negoziale, si somma il dispendio di risorse necessario a perseguire per altre vie il medesimo obiettivo, non più realizzabile con il contratto sciolto126.
Un primo doveroso riferimento sembra essere fatto alla disciplina della rescissione del contratto per lesione c.d. ultra dimidium (art. 1448 c.c.). L’istituto, se non altro nella mente del legislatore del ’42, nasce come rimedio civilistico corrispondente al reato penale di usura ex 644 c.p.127. Tuttavia, la sostanziale diversità nel definire l’usura, sanzionata dalle regole in questione, ha inevitabilmente portato all’impossibilità di rendere i due istituti interscambiabili128. Conseguentemente, data la compresenza del
122 X. XXXXXXXX, Usura sopravvenuta. C’era una volta?, in Xxxx.xx., 2017, 3285.
123 ABF 7440/2018: “In definitiva, il perseguimento delle esigenze indicate dal Collegio rimettente potrà avvenire solo a seguito di appropriato intervento del legislatore, ma non in via interpretativa”.
124 ABF 7440/2018: “L’ABF é tenuto a decidere secondo diritto; al vertice della giurisdizione in Italia è posta la Suprema Corte di Cassazione […] A ciò consegue che sarebbe davvero singolare che il Collegio di Coordinamento sostanzialmente “riformasse” una decisione di tale organismo enunciando principi di diritto in contrasto; ove ciò avvenisse, l’ABF si collocherebbe automaticamente fuori dal sistema, con inevitabili ricadute sulla sua autorevolezza e sulla credibilità delle sue decisioni”.
125 X. X. XXXXXX, La rinegoziazione dei mutui. Studio n. 696-2008/C, op. cit.
126 X. X. XXXXXX, La rinegoziazione dei mutui. Studio n. 696-2008/C, op. cit.
127 X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxx e rescissione dei contratti usurari, op. cit., 13.
128 Inizialmente, difficoltà applicative emersero per il fatto che l’elemento soggettivo della norma penale, dolo come intenzione, sembrava superare per entità l’approffittamento dello stato di bisogno rinvenuto nell’art. 1448 c.c. cfr. X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxx e rescissione dei contratti usurari, op. cit., 16.
rimedio speciale offerto dall’art. 1815, comma 2, c.c., il ricorso alla rescissione si è dimostrato negli anni estremamente limitato, tanto che non solo è oggi confinato a rimedio generale dell’ordinamento, ma voci in dottrina ipotizzano la sua abrogazione129. Se è pur vero che la rescissione non ha prodotto gli effetti sperati nel regolare gli effetti del reato di usura dal punto di vista civile, si è tuttavia già evidenziato come l’usura sopravvenuta vada a circoscrivere un rapporto contrattuale divenuto sperequato, esulando dal perseguire la repressione di un intento criminale. Ci si chiede, dunque, se il rimedio, indipendentemente dal suo rapporto con la fattispecie usuraria, possa essere utile nel riportare ad equità il rapporto. La risposta sembra essere negativa. Indipendentemente dal fatto che la fattispecie, affinché l’istituto possa operare, deve presentare tutta una serie di requisiti, che renderebbero la rescissione del tutto inadeguata a fornire risposta soddisfacente alla pluralità di casi possibili, il vizio che il legislatore ha inteso sanzionare è genetico, non funzionale, e pertanto non applicabile in casi dove la sproporzione nel sinallagma si è manifestata solo successivamente130.
Un ulteriore rimedio ipotizzabile muove dal presupposto che il contratto di mutuo sia un contratto oneroso a prestazioni corrispettive. La presenza di tali elementi permetterebbe all’istituto della risoluzione per eccessiva onerosità della prestazione di operare (art. 1467 c.c.). Limitatamente al primo aspetto, il mutuo si presume oneroso131. Per quanto riguarda l’aspetto della corrispettività, dubbio sorge nel momento in cui si cerca di identificare la prestazione del mutuante. Quest’ultimo, secondo alcuni, non avrebbe alcun obbligo, implicando il contratto solamente un dovere del mutuatario di corrispondere gli interessi e restituire il capitale ricevuto132. Tuttavia, tale ostacolo sembra superabile e la corrispettività del mutuo è generalmente accettata, se non altro in
129 Dopo l’intervento della l. 108/96, l’istituto della rescissione perde ulteriormente importanza, divenendo l’usura monetaria ex 644 c.p. obiettivamente individuabile con il superamento del tasso soglia e perdendo ogni connotazione soggettiva. Dal punto di vista applicativo, applicando l’art. 1448 c.c. sul piano civile, determinate fattispecie criminose ex 644 c.p. non sarebbero state sanzionate. Ne deriva come la xxx xxxxx xxxxxxx xxxxxxxx (xxx. 1815, comma 2, c.c.) sia stata pressoché sempre preferita alla rescissione del rapporto contrattuale. Così X. DE POLI, Azione generale di rescissione per lesione, in Comm. c.c., diretto da X.
X. Xxxxxxxx, Milano, 2015, 241 ss. In senso contrario X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxx e rescissione dei contratti usurari, op. cit., 55 ss.
130 I requisiti sarebbero la lesione oltre la metà, stato di bisogno e approfittamento cfr. X. XXXXXXX,
Manuale di diritto privato, op. cit., p. 1016.
131 X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, op. cit., 1158.
132 X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, op. cit., 1158; la tesi è giustificabile solamente in adesione alla teoria secondo cui il mutuo abbia natura reale e la consegna sia momento perfezionativo del contratto, e non obbligo nascente da un contratto che, in tal caso, per il suo perfezionamento avrebbe richiesto meramente la manifestazione del consenso.
tutti quei casi in cui l’eccessiva onerosità della prestazione vada a ripercuotersi esclusivamente sul mutuatario133. Ciò detto, la norma opera in tutti quei frangenti in cui la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa al momento dell’esecuzione, per fatti straordinari o imprevedibili, in ogni caso non riconducibili all’operato del contraente. Affinché si possa parlare di squilibrio patrimoniale manifestatosi al momento dell’esecuzione, il contratto deve produrre i suoi effetti in maniera continuata o periodica, come di fatto il mutuo. La risoluzione del contratto si presenta come mezzo attraverso il quale il mutuatario, eccessivamente onerato, può sciogliersi dal vincolo precedentemente assunto. Tuttavia, il venir meno del rapporto potrebbe comportare altrettante spese e scomodità al mutuatario, su tutte quella di pagare il capitale residuo non ancora restituito134. L’istituto risulta maggiormente interessante per la parte svantaggiata, nel momento in cui viene analizzato non tanto come mezzo finalizzato a sciogliere il vincolo, bensì come possibilità per giungere ad una rinegoziazione delle clausole contrattuali. A proposito, l’art. 1467, comma 3, c.c. prevede che la parte contro la quale è proposta la risoluzione abbia la possibilità di evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni contrattuali. Sotto questo diverso punto di vista, la regola rappresenta un mezzo di rinegoziazione sui generis135. La banca ha la facoltà di paralizzare l’azione del debitore, aprendo una trattativa di rinegoziazione che potrebbe avere luogo prima o durante il processo136. Anche in questo caso, l’ipotesi risolutiva presenta delle perplessità. Innanzitutto, la possibilità di rinegoziazione rimane discrezione della parte che dallo squilibrio ha tratto vantaggio, per la semplice ragione che quest’ultima potrebbe non avere le risorse necessarie per adeguare il contratto a condizioni a lei più sconvenienti137. Conseguentemente, le sorti del mutuatario, costretto a pagare degli interessi superiori al tasso soglia, rimangono sempre e comunque subordinate alla discrezionalità della banca. Qualora invece si volesse considerare il mutuo quale contratto dal quale derivano obbligazioni a carico di una sola parte, il mutuatario, sarebbe ipotizzabile l’applicazione dell’art. 1448 c.c. In tal
133 X. XXXXXXXXXXX, L’autonomia privata e i suoi limiti, in Giur. it.. 1999, 72.
134 Capitale che molto probabilmente, si ricorda, sarà già stato investito e pertanto non più a disposizione del mutuatario.
135 X. XXXXX, La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, op. cit., 244.
136 X. XXXXX, Eccessiva onerosità sopravvenuta e problemi di gestione del contratto nel diritto comparato, in Dig. disc. priv., Sez. civ., VII, Torino, Utet, 1991, 241 ss.
137 X. XXXXX, Eccessiva onerosità sopravvenuta e problemi di gestione del contratto nel diritto comparato op. cit., 241 ss.
senso, la parte onerata avrebbe la possibilità di chiedere la modificazione della prestazione o delle modalità di esecuzione della stessa. Il fondamento logico, ossia la natura unilaterale del contratto di mutuo, sembra essere interpretazione ancora troppo dibattuta in dottrina138. Pertanto, su tali basi scricchiolanti, non sembra ipotizzabile la formulazione di una tesi risolutiva soddisfacente.
8. Clausole di salvaguardia, indicizzazione, revisione
Il comma 3 dell’art. 1467 c.c. introduce un rimedio dinamico, consistente nella possibilità di mantenere in vita il contratto, sopperendo alle sperequazioni che stravolgono l’equilibrio del rapporto sinallagmatico. Non a caso, la disciplina della risoluzione stessa è volta a vanificare gli effetti di un patto che, seppur concluso validamente, è soggetto a degli eventi che impediscono alle parti di perseguire i fini che si erano prefissate139. La regola parte dunque dal presupposto che, durante l’esecuzione del rapporto, in particolare quando la produzione di effetti operi in maniera periodica o comunque differita nel tempo, potrebbero verificarsi tutta una serie di accadimenti imprevisti e straordinari che mutano l’equilibrio originario. Tuttavia, potrebbe anche accadere che le parti, lungimiranti, prevedano già al momento della pattuizione quali sarebbero i casi in cui il contratto, mutato a causa di un evento esterno, non rappresenti più gli interessi che esse volevano perseguire con la pattuizione stessa. Più precisamente, già al momento della pattuizione, i contraenti individuano i parametri esterni a cui la prestazione, non più conforme a quanto previsto, sarà adeguata automaticamente140. Tale previsione si sostanzia in una serie di clausole che confluiscono nel rapporto contrattuale. Un esempio potrebbe essere costituito dalle c.d. clausole di salvaguardia. Queste ultime intervengono, nel caso del mutuo, ogni qualvolta la somma di interessi, che il mutuatario sarà obbligato a pagare, supera il limite descritto dal tasso soglia141. L’operare della clausola ricondurrà il tasso alla misura del massimo consentito. In dottrina si rileva come un meccanismo simile sia nella prassi molto applicato e abbia il merito di prevenire con successo il fenomeno
138 X. X. XXXXXX, La rinegoziazione dei mutui. Studio n. 696-2008/C, op. cit.
139 X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, op. cit., 1023.
140 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 414.
141 X. XXXXXXXXXX, Il costo del credito tra clausole di salvaguardia anti-usura e commissioni di massimo scoperto, op. cit., 42; limitatamente al tasso soglia si richiama l’art. 2 L. 108/1996.
dell’usura sopravvenuta142. Riconducibili al medesimo schema, sono le clausole di indicizzazione o di adeguamento automatico, nonché quelle di revisione143. Nelle prime, come accade per le clausole di salvaguardia, il trattamento della sopravvenienza viene preso in carico dal rinvio ad elementi certi e controllabili come indici, prezzi, valori144. Le clausole di revisione, nonostante a volte possano essere impropriamente assimilate a quelle di rinegoziazione, prevedono altresì il rinvio a criteri determinati preventivamente145. Il discrimine tra queste ultime e le clausole di indicizzazione o salvaguardia, sarebbe rinvenuto nel fatto che, mentre le prime operano automaticamente, la revisione necessita di una manifestazione della volontà negoziale, onere di cui molto probabilmente dovrà prendersi carico il mutuante146.
Nonostante ciò, nemmeno la soluzione appena proposta sembra essere in grado di esaurire la varietà delle manifestazioni possibili del problema. Innanzitutto, l’ipotesi non sembra riguardare i mutui a tasso fisso. Essi, infatti, non presentano la variabilità del tasso, elemento che permette di volta in volta di assorbire gli effetti del calo dei tassi medi147. Ulteriormente, la presenza di una clausola di salvaguardia implica inevitabilmente una manifestazione di volontà di entrambe le parti al momento della stipula, aspetto del tutto eventuale.
Ciò che accomuna tutte le ipotesi appena esposte, è l’alto grado di specificità che le caratterizza per quanto riguarda la modificazione del contenuto contrattuale. Ne deriva che, anche qualora la questione giungesse davanti al giudice, il suo intervento non sarebbe esposto a difficoltà di sorta. La forte analiticità e precisione delle clausole consente al giudice di effettuare un intervento meccanico148. In tal modo, esso non sarà esposto al rischio di sostituire la sua volontà a quella delle parti nella definizione del contenuto del contratto, non operando alcun tipo di discrezionalità tale da mettere in discussione la libertà contrattuale dei contraenti.
142 X. XXXXXXXXXX, Il costo del credito tra clausole di salvaguardia anti-usura e commissioni di massimo scoperto, op. cit., p. 43.
143 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 414.
144 Pensiamo, su tutti, al tasso Euribor.
145 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze op. cit., 414. 146 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze op. cit., 414. 147 X. XXXXXXXX, Usura sopravvenuta. C’era una volta?, op. cit., 3283.
148 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 414.
9. Clausole di rinegoziazione
La volontà delle parti di regolare eventuali evenienze future che minino l’equilibrio del contratto potrebbe manifestarsi sottoforma di una clausola di rinegoziazione. Innanzitutto, il vincolarsi ad un rinegoziare futuro si differenzia dalle varie clausole di indicizzazione. Mentre con le prime le parti regolano già in principio, al tempo della stipula, le conseguenze di una sopravvenienza futura, vincolandosi a rinegoziare i contraenti si riservano di gestire l’evento sopravvenuto in futuro149. Qualora un evento sperequativo del sinallagma si verifichi o, più precisamente, si verifichino i presupposti, contenuti nella clausola, per i quali le parti avevano precedentemente manifestato la loro volontà a rinegoziare, esse saranno obbligate a riaprire le trattative limitatamente ai punti interessati. In questa seconda ipotesi, chiaramente, manca il rinvio ad un fattore esterno certo, in grado di riportare il contratto ad equità. Tale lacuna dovrà infatti essere riempita dalla successiva manifestazione di volontà delle parti. La clausola di rinegoziazione, volutamente, è contraddistinta da una maggiore genericità150. Con essa, le parti esprimono un interesse a manifestare in futuro la loro volontà, in maniera corrispondente a quelle che saranno le condizioni concrete prodotte dall’evento sopravvenuto. I contraenti si riservano la prerogativa di valutare successivamente se il contratto possa ancora rappresentare un’utilità nei loro confronti, senza che esso continui indisturbato a produrre effetti, differenti perché meccanicamente modificati dall’operare di un indice esterno151. Definiti i contorni della rinegoziazione, sembra opportuno spostare l’attenzione sull’oggetto dell’obbligo di rinegoziare derivante dalla medesima clausola contrattuale. Fondamentalmente, ci si interroga se la buona fede, principio alla base dell’obbligo in questione, vincoli le parti a concludere un contratto modificato, equo, oppure si limiti a imporre loro di riaprire le trattative e di tentare una nuova ridefinizione degli interessi152. In tale passaggio, riecheggia il monito della Cassazione, nel punto in cui i giudici richiamano la rivalutazione della buona fede in executivis153.
149 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 414. 150 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 415. 151 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 420. 152 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 418. 153 Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675.
Una prima teoria espone la possibilità che la clausola di rinegoziazione veicoli un obbligo di giungere ad un nuovo accordo154. In tal senso, la buona fede nell’esecuzione del rapporto vincolerebbe una parte a preservare gli interessi dell’altra. La piena autonomia inerente all’an della stipulazione, ossia l’esternazione di volontà di forza tale da portare le parti alla conclusione del contratto, contraddistinguerebbe solo la fase precontrattuale, fino all’effettiva stipula appunto155. Successivamente, nel momento in cui i contraenti devono, in ragione della clausola, ridefinire il contratto, essi non sarebbero più completamente liberi, bensì sarebbe loro preclusa la possibilità di non continuare più il rapporto. Questo, in forza dei caratteri ben diversi che contraddistinguono la buona fede intervenuta in tale fase del rapporto. Il principio assume una diversa importanza, in conseguenza del fatto che la fase contrattuale e rinegoziativa in cui esso opera è momento in cui le parti sono - o dovrebbero - essere animate da uno spirito di collaborazione volto a realizzare l’obiettivo comune del mantenimento in vita del patto 156. Per converso, assume valore determinante il momento della conclusione del contratto, momento in cui viene prestato un consenso che non può venire meno in futuro. Un tale ragionamento si presta a critiche 157. Dal punto di vista applicativo, una coercizione del mancato obbligo di contrarre risulterebbe del tutto difficoltosa. Il giudice, nell’applicazione dell’art. 2932 c.c., oltre a rilevare l’obbligo di prestare il consenso, dovrebbe anche predeterminare il contenuto del contratto che la parte, se adempiente, avrebbe dovuto stipulare158. Tale operazione non sembra tuttavia praticabile. Per definizione la clausola di rinegoziazione permette alle parti di poter rivedere gli accordi contrattuali, in un eventuale futuro, a condizioni mutate. Conseguentemente, la clausola che fissasse analiticamente i requisiti per riportare ad equità il contratto, ricadrebbe nell’alveo in un regime di trattamento del
154 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 419.
155 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 422.
156 La buona fede che opera nella fase di rinegoziazione, ex artt. 1175 e 1375 c.c., sarebbe molto diversa da quella che opera nella fase prenegoziale, ex. 1337 c.c. Le due fasi sono animate da un atteggiamento radicalmente diverso assunto dalle parti. Se nel rinegoziare prima della stipulazione si riscontra un conflitto di fondo, nel rinegoziare esso non sussiste più, sostituito dalla volontà di mantenere produttivo il contratto. Così M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 419 ss.
157 X. XXXXX, Il contratto, Milano, 2001, 1047.
158 Per poter condannare all’esecuzione dell’obbligo specifico, chiaramente, il giudice deve aver ben chiaro quale sia tale obbligo alla cui esecuzione è condannata la parte.
tutto diverso, affine a quello richiamato in ambito di clausole di salvaguardia159. Al giudice verrebbe così richiesto di ricostruire un’ipotetica fattispecie contrattuale rinegoziata, a lui necessaria per la condanna all’esecuzione specifica, corrispondente al contratto che le parti avrebbero ri-stipulato qualora la rinegoziazione si fosse svolta con successo. Sennonché, tale risultato rappresenta proprio ciò che le parti non sono state in grado di conseguire pur disponendo di un’ampia libertà contrattuale. Tale lacuna dovrebbe essere colmata dall’intervento del giudice, giungendo all’inaccettabile conclusione che un terzo si adopera nel definire il contenuto dell’atto, ciò che dovrebbe essere massima espressione dell’autonomia contrattuale. Ulteriormente, ammettendo che la clausola di rinegoziazione contenga un obbligo di trattare, qualora tuttavia permangano le difficoltà di dare una sostanza a tale dovere, la clausola rischierebbe, per il suo contenuto indeterminato, di essere dichiarata nulla160. Dell’ipotesi interpretativa descritta, se pur secondaria, vi è riscontro nella giurisprudenza di merito161. Per questi motivi, in dottrina prevale la tesi secondo cui l’obbligo derivante dalla clausola di rinegoziazione si esaurirebbe nel mero svolgimento delle trattative secondo buona fede162. Il comportamento delle parti sarebbe così ineccepibile quando esse diano vita ad una trattativa leale e collaborativa, indipendentemente che essa porti ad un risultato positivo. A contrario, dalla rottura ingiustificata delle contrattazioni o in presenza di trattative c.d. maliziose ci sarebbero gli estremi per un risarcimento163. Nonostante l’apparente iniziale chiarezza, anche tale teoria interpretativa presenta delle incertezze. Anche nel caso non vi fossero dubbi riguardo la violazione dell’obbligo contrattuale, rimarrebbe problematica la definizione del danno risarcibile. I motivi rimangono quelli legati alla libertà contrattuale che le parti si riservano con la clausola di rinegoziazione. Il giudice, essendogli preclusa l’individuazione di un parametro di riferimento utile a valutare la gravità del comportamento della parte inadempiente, non è in grado di
159 Si è già illustrato come, nel caso della revisione, l’intervento a cui è tenuto il giudice è del tutto meccanico.
160 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze op. cit., 422.
161 Trib. Bari, ord. 31.07.2012.
162 La clausola non darebbe in nessun caso la garanzia del mantenimento del rapporto, così M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze op. cit., 419; X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 894 ss.
163 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 419.
stabilire il conseguente danno risarcibile164. Ne deriva, su tutti, l’inapplicabilità dell’esecuzione in forma specifica165.
La clausola di rinegoziazione, in potenza, potrebbe incentivare le parti a ridefinire gli assetti contrattuali squilibrati e portare al mantenimento del rapporto in essere. Qualora, durante tale procedimento, venga meno la disponibilità a ritrattare di uno dei contraenti, la mancata collaborazione potrebbe rendere vani gli sforzi volti a perseguire un effetto manutentivo del contratto, non rappresentando tale comportamento un obbligo coercibile. In aggiunta, si noti come l’intero ragionamento prenda in considerazione l’inserimento a priori nel contratto di una clausola, quindi elemento presente solo qualora le parti decidano liberamente di inserirlo nel regolamento contrattuale. Ancora una volta la soluzione rimane vincolata all’iniziativa delle parti, pertanto eventuale e non in grado di operare autonomamente in tutti i casi in cui il problema dell’usura sopravvenuta si presenti.
10. La rinegoziazione nel diritto internazionale e i singoli istituti dell’ordinamento interno con analoga struttura
Le norme che regolano i rapporti commerciali a livello internazionale denotano una maggiore predisposizione alla rinegoziazione del rapporto contrattuale. Di rilievo sembrano essere innanzitutto i Principi Unidroit166. Il testo normativo tratta nel particolare situazioni in cui uno dei contraenti versi in condizione di c.d. hardship, ossia squilibrio contrattuale dovuto, tra le ipotesi contemplate dall’articolo, all’aumento di una delle prestazioni167. Ne consegue che, la parte svantaggiata, in seguito al verificarsi dell’evento sopravvenuto, nonostante non possa astenersi dal dare comunque seguito al
164 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze op. cit., 419.
165 Ancora, non potendo obbligare una parte a porre in essere un comportamento indefinito. La difficoltà nella quantificazione del danno escluderebbe il ricorso anche all’art. 1226 c.c., il quale potrebbe permettere al giudice di intervenire in via equitativa quando il danno non è definito nel suo ammontare e non, come nel caso di specie, quando si è in presenza di una mera “ipotesi di danno”; M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, in Nuova giur. civ. comm., II, 2017, 420.
166 X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, in Riv. dir. civ., 2002, 78.
167 In particolare la fattispecie l’hardship implica il verificarsi di eventi che modificano l’equilibrio del contratto, verificatisi successivamente alla conclusione dello stesso, non suscettibili di essere ragionevolmente presi in considerazione dalla parte svantaggiata al momento della conclusione del contratto, estranei alla sfera di controllo della parte danneggiata e per i quali quest’ultima non aveva assunto alcun rischio contrattuale. Così Principi Unidroit dei contratti commerciali internazionali, art. 6.2.2.
contratto e quindi all’esecuzione della prestazione, ha tuttavia la possibilità di chiedere la rinegoziazione del contratto. Il giudice, valutata la richiesta motivata della parte, avrà non solo la possibilità di optare per la risoluzione del rapporto, ma anche e soprattutto quella di modificare il contratto al fine di “ripristinare l’equilibrio originario”168. Sostanzialmente identici per contenuto, anche i Principles of European Contract Law redatti dalla Commissione Lando169. In aggiunta a quanto già chiaramente espresso dai Principi Unidroit, la Commissione Xxxxx afferma la possibilità in capo al giudice di condannare al risarcimento dei danni colui che si rifiuti o non collabori secondo buona fede e correttezza al pieno sviluppo delle trattative170. Contrariamente a quanto è previsto dalla disciplina della risoluzione del contrato ex art. 1467 c.c., il rimedio della rinegoziazione assume un’importanza maggiore, se non altro per il determinante fatto che l’attivazione del procedimento volto al mantenimento in vita del rapporto è messo a disposizione della parte su cui la sperequazione pesa. Fonti internazionali quali i Principi Unidroit e i principi definiti dalla Commissione Lando rappresentano un tentativo di codificare a livello sovranazionale dei principi comuni ad una pluralità si Stati. La presenza, in tali codificazioni, di riferimenti alla rinegoziazione, denota il bisogno comune ad una pluralità di ordinamenti, di regolare le sorti dei contratti sperequati. I principi sovranazionali non solo predispongono un terreno del tutto favorevole alla rinegoziazione, tanto da renderla pressoché sempre possibile se non addirittura obbligatoria, ma affidano al giudice dei poteri integrativi qualora i contraenti non giungano ad una nuova soluzione comune171. Tuttavia, essi assumono efficacia normativa vincolante solo ed esclusivamente qualora essa sia loro attribuita dalla manifestazione di volontà delle parti medesime172. L’attenzione si sposta quindi all’ambito nazionale. Struttura normativa del tutto simile è presente in determinati istituti dell’ordinamento italiano. Il codice civile, in tema di appalto, prevede la possibilità, non solo per l’appaltatore ma anche per il committente, di chiedere la revisione del prezzo relativo alla prestazione, qualora quest’ultima sia divenuta
168 Principi Unidroit dei contratti commerciali internazionali, art. 6.2.3.
169 X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 78.
170 In tal caso la conseguenza è comunque quella già conosciuta, per quanto riguarda ordinamento interno, limitatamente all’inottemperanza dell’obbligo derivante dalla clausola di rinegoziazione; Principles of European Contract law, art. 6:111.
171 X. X. XXXXXX, La rinegoziazione dei mutui. Studio n. 696-2008/C, op. cit.
172 X. XXXXX, La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, op. cit., 245.
eccessivamente onerosa in seguito al verificarsi di circostanze imprevedibili173. La medesima opportunità di ridefinire i contenuti contrattuali in corso d’esecuzione caratterizza una serie di leggi speciali174. Esempi sono rinvenuti in tema di lavori pubblici, in materia di locazioni abitative e locazioni della pubblica amministrazione175. Per quanto riguarda una determinata categoria di mutui, a tasso agevolato, la legge prevede che i destinatari dei contributi possano richiedere all’istituto mutuante la rinegoziazione del contratto, al fine di ricondurre la somma d’interessi eccessiva, al tempo del dovuto pagamento, alla misura del tasso medio applicato nella medesima data176.
11. La presupposizione
Nel tentativo di risolvere la questione relativa alle sopravvenienze contrattuali, oltre alla rinegoziazione, spesso è richiamata anche la teoria della presupposizione177. Sembra necessario riprenderne i tratti fondamentali, sia per definire le differenze sostanziali con la rinegoziazione, sia per indagare se effettivamente possa risultare utile limitatamente all’usura sopravvenuta. Innanzitutto, essa ha natura giurisprudenziale, non è rinvenuta in alcun testo legislativo. In secondo luogo, essa deriva dall’elaborazione della pandettistica tedesca, e solo successivamente viene ripresa dalla giurisprudenza italiana178. La c.d. teoria del “Wegfall der Geschäftsgrundlage“ si basa sul fatto che i contraenti, al momento della stipulazione, hanno una determinata rappresentazione di quello che sarà il rapporto contrattuale179. Un evento sopravvenuto, tale da creare l’eccessiva onerosità di una della prestazioni, non rispecchierebbe più il sinallagma così come concepito originariamente dalle parti. Pertanto, la conclusione che si ricava è quella per cui, dopo il verificarsi dell’evento destabilizzante, si crea un assetto di interessi differente, dato il quale le parti non avrebbero stipulato. Conseguentemente, è
173 Ex. art. 1664 c.c. la possibilità di rinegoziare è possibile quando l’aumento di una prestazione supera il decimo del prezzo totale convenuto e il contratto è suscettibile di revisione può essere accordata solo per la differenza che eccede il decimo.
174 X. XXXXX, La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, in Giust. Civ., 2010, III, 245.
175 Nell’ordine L. 24 dicembre 1993, n. 537, art.6 c. 28; L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 2 c.5; L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 55 c.9
176 L. 15 maggio 1999, n. 133, art. 29.
177 X. XXXXX, La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, op. cit., 236.
178 Cass. Civ. 24 marzo 1998, n. 3083 e successivamente Cass. Civ. 23 settembre 2004, n. 19144.
179 X. XXXXXXXXX, L’onerosità sopravvenuta nell’evoluzione storica e nel sistema attuale, op. cit., 12.
come se venisse a mancare la volontà delle parti dopo l’evento sopravvenuto. È in questo contesto che il giudice tedesco, storicamente, si auto-attribuisce il potere di intervenire sul contratto, ridefinendolo e riportandolo ad equità180. Una reazione di tale calibro, sembra derivare dalla necessità di superare la mancata collaborazione offerta dalle parti nel divenire a nuova pattuizione181. L’impostazione di fondo viene ripresa e descritta in ambito italiano con la presupposizione. Quest’ultima descrive una situazione, di fatto o di diritto, che possa ritenersi tenuta presente dai contraenti al momento della manifestazione del loro consenso alla stipula, come presupposto comune avente valore determinante ai fini del mantenimento del vincolo182. Il venir meno della detta situazione chiaramente non è conseguenza della volontà di alcun soggetto del rapporto. Sennonché, riflettendo sulla struttura della presupposizione, la dottrina rinviene un legame con la causa del contratto. La Cassazione stessa descrive quest’ultima come lo scopo pratico perseguito dal contrarre183. Ne deriva che, interpretata la causa in tal senso, la circostanza sopravvenuta, se dotata di forza tale da produrre una modifica sostanziale del contratto, comporta che il contratto non persegua più il fine che le parti si erano prefissate. La circostanza che viene meno, presupposta appunto, rileverà come modifica della causa, comportando la mancata produzione di effetti del contratto ex art. 1414 c.c.184. Da un lato, viene meno la portata innovativa della teoria della presupposizione, la quale conduce a delle conseguenze già realizzabili attraverso altri istituti dell’ordinamento, dall’altro la stessa non comporta un rimedio manutentivo, fine ultimo del mutuatario oberato dagli interessi soprasoglia. Nonostante presupposizione e rinegoziazione cerchino di assicurare che il contratto continui a perseguire gli interessi dei contraenti, si rimarca la differenza del primo rimedio con il secondo, quest’ultimo, esclusivamente, finalizzato a mantenere in vita il rapporto divenuto sperequato in corso di esecuzione185.
180 Il potere giurisdizionale si attribuisce tale prerogativa con intensità maggiore a partire dal secondo dopoguerra. A riguardo X. XXXXXXXXX, L’onerosità sopravvenuta nell’evoluzione storica e nel sistema attuale, op. cit., 250.
181 X. XXXXXXXXX, L’onerosità sopravvenuta nell’evoluzione storica e nel sistema attuale, op. cit., 250.
182 X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, Napoli, 2015, 947.
183 Cass. Civ. 8 maggio 2006, n. 10490.
184 X. XXXXX, La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, op. cit., 243.
185 Si aggiunge tuttavia che dubbi emergono riguardo la possibilità di conferire cittadinanza alla teoria nel nostro ordinamento, dato che, ammettere la presupposizione in ambito contrattuale vorrebbe dire andare
12. L’obbligo legale di rinegoziazione
12.1. Il problema della gestione delle sopravvenienze e il dibattito internazionale
Gli incentivi alla rinegoziazione rimangono frammentari e legati a singoli istituti, lontani dal fornire una disciplina di carattere generale. I rimedi ablativi, volti a far venir meno un contratto sperequato, potrebbero presentare una soluzione qualora il rapporto sia diventato insostenibile per una delle parti. Tuttavia, considerate le ulteriori conseguenze che potrebbero derivare in capo ai contraenti, in particolare le scomodità per la parte debole, sembra preferibile insistere nell’individuare un espediente di carattere manutentivo186. In particolare, i contratti di durata, come nel caso di specie il mutuo, hanno inevitabilmente delle esigenze maggiori rispetto a negozi che esauriscono i loro effetti in maniera istantanea. Da un lato sembra doveroso far salvi gli effetti già prodottisi fino a quel momento, risultando, del tutto sconveniente per il mutuatario dover restituire tutta la somma ricevuta a mutuo. Dall’altro, se un rapporto produce effetti in un arco di tempo prolungato, aumenta la probabilità che su di esso agiscano gli eventi più vari. L’analisi dell’usura sopravvenuta è l’esempio di come la legge, offrendo una disciplina univoca sia per i contratti ad efficacia istantanea e differita nel tempo, non riesca ad offrire soluzioni differenziate in rapporto alle diverse necessità derivanti dall’utilizzo di forme contrattuali con esigenze diverse187. Il fatto che i contraenti decidano di rinegoziare, come rimedio di carattere manutentivo in potenza efficace, rimane caratterizzato da un’intrinseca fragilità, sia che esso derivi dalla mera volontà delle parti, sia che tale volontà si cristallizzi in una clausola di rinegoziazione 188. Ci si chiede, dunque, se al medesimo risultato, già presente in svariate discipline speciali, si possa pervenire anche quando il consenso dei contraenti manchi. L’interrogativo inerisce alla possibilità di trovare all’interno dell’ordinamento un fondamento giuridico
ad aggiungere degli elementi essenziali del contratto; X. XXXXX, La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, op. cit., 250.
186 X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 65; X. XXXXXXXXXXXX, L’usura sopravvenuta al vaglio delle Sezioni unite, op. cit., 46.
187 X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 65.
188 Come visto nel capitolo precedente, per la buona riuscita della rinegoziazione contrattuale, le parti devono manifestare non solo il consenso iniziale, ma tale propensione alla collaborazione deve perdurare sostanzialmente fino a quando non si giunga a nuova stipulazione.
che imponga, alla parte che trae beneficio dall’evento sopravvenuto, il tollerare una diminuzione della prestazione a lei dovuta189. Il dibattito relativo al trattamento delle sopravvenienze ha riscosso maggiore interesse a partire dagli anni’80 190. Allora, non solo la giurisprudenza statunitense ha cominciato a confrontarsi con la problematica derivante dai long-terms contract, ma anche in ambito europeo sono emerse le prime contromisure191. Xxxxx d’interesse sembra essere, su tutte, la riforma interna all’ordinamento tedesco. Quest’ultimo, così come i principi a livello internazionale, si è dimostrato particolarmente incline ad incorporare la soluzione della rinegoziazione come strumento utile a regolare le sopravvenienze che colpiscono i contratti di lunga durata192. In seguito a riforma avvenuta nel 2002, il legislatore ha previsto che, qualora le circostanze poste a fondamento del contratto mutino notevolmente in corso d’esecuzione del rapporto e alla luce di tali avvenimenti le parti non sarebbero giunte alla conclusione del contratto, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, il sinallagma è soggetto ad adeguamento. Qualora quest’ultimo non sia possibile o implichi un perdita eccessiva per una della parti, la parte svantaggiata potrà recedere dal contratto o disdire il rapporto di durata193. Ne deriva così la codificazione di un dovere generale di ridefinire i contenuti contrattuali, c.d. “Anpassung des Vertrags”.
189 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 896.
190 X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 2002, 78.
191 Il riferimento è al caso ALCOA, avente ad oggetto un contratto di trasformazione e fornitura di alluminio, pertanto ad efficacia continuata, la cui prestazione diventa eccessivamente onerosa a causa dello scoppio della crisi petrolifera in Medio Oriente; X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 78.
192 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 896.
193 § 313 Störung der Geschäftsgrundlage: “Haben sich Umstände, die zur Grundlage des Vertrags geworden sind, nach Vertragsschluss schwerwiegend verändert und hätten die Parteien den Vertrag nicht oder mit anderem Inhalt geschlossen, wenn sie diese Veränderung vorausgesehen hätten, so kann Anpassung des Vertrags verlangt werden, soweit einem Teil unter Berücksichtigung aller Umstände des Einzelfalls, insbesondere der vertraglichen oder gesetzlichen Risikoverteilung, das Festhalten am unveränderten Vertrag nicht zugemutet werden kann. Einer Veränderung der Umstände steht es gleich, wenn wesentliche Vorstellungen, die zur Grundlage des Vertrags geworden sind, sich als falsch herausstellen. Ist eine Anpassung des Vertrags nicht möglich oder einem Teil nicht zumutbar, so kann der benachteiligte Teil vom Vertrag zurücktreten. An die Stelle des Rücktrittsrechts tritt für Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx das Recht zur Kündigung“.
12.2. L’obbligo di rinegoziare come integrazione derivante dalla buona fede in executivis
Il dibattito svoltosi nel decennio compreso tra l’inizio degli anni ’80 e inizio anni ’90 mise in luce le particolari problematiche legate ai contratti di lunga durata. Mentre il panorama europeo ha dimostrato come altri Stati si siano posti il problema in maniera costruttiva e con un atteggiamento proiettato al futuro, l’ordinamento italiano ha continuato a perseverare nel ricorrere all’istituto della risoluzione194. Tuttavia, parte della dottrina cerca di rinvenire un obbligo generale di rinegoziare, conscia dell’inadeguatezza insita nella disciplina dell’art. 1467 c.c., nel punto in cui non consente alla parte svantaggiata di imporre la ridiscussione del contenuto contrattuale195.
Alla base del pensiero in questione risulta determinante il principio di buona fede.
Per quanto riguarda la prestazione d’interessi divenuta eccessivamente onerosa, il ragionamento impostato è volto, in un primo momento, a giustificare l’inesigibilità della stessa limitatamente alla somma eccedente il tasso xxxxxx000. Tuttavia, un’interpretazione in tal senso è funzionale a giustificare l’inefficacia parziale di quanto è dovuto al mutuante e, pertanto, si ricade in una soluzione in chiave sanzionatoria rientrante nel novero di quelle già escluse dalla Cassazione nel 2017197. Nonostante ciò, la predetta inesigibilità di parte del dovuto, potrebbe essere anche conseguenza dell’opera della buona fede, rinvenuta agli artt. 1175 e 1375 c.c., e pertanto rappresentare non tanto la conseguenza di un qualche tipo di illiceità presente nel contratto, bensì la contromisura presa dalle parti in conseguenza del fatto che un evento esterno ha alterato l’equilibrio iniziale presente nel sinallagma198. In particolare, l’attenzione si concentra sul secondo riferimento normativo. In forza del dualismo tra
194 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 895; X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 78.
195 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 896.
196 L’inesigibiltà deriverebbe dal venir meno del fondamento giuridico alla base della prestazione d’interessi superiore al tasso soglia. A tale soluzione l’autore giunge evidenziando come il risultato sia frutto di una fattispecie complessa, derivante dal dettato dell’art. 1815, comma 2, c.c., il quale, pur legittimamente rivolgendosi solo al momento della pattuizione d’interessi, avrebbe un effetto indiretto di tale portata al momento della dazione; X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 895.
197 Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675.
198 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 894.
contenuto ed effetti del contratto, la sopravvenienza definita come usura sopravvenuta è facilmente riconducibile all’ambito applicativo dell’art. 1375 c.c., relativo all’esecuzione del contratto199. Proseguendo, si evidenzia come la dottrina ricostruisca, servendosi della buona fede, un mezzo di integrazione di quanto già pattuito dalle parti che prende forma nell’obbligo legale di rinegoziazione200. Infatti, la buona fede, come manifestazione del principio costituzionale di solidarietà, impone l’impegno alla collaborazione reciproca delle parti nello sviluppo dei rapporti di cui sono partecipi201. Oltretutto, la solidarietà tra i contraenti è definita come mezzo potenzialmente in grado di perseguire, come fine ultimo, l’interesse della parte anche qualora ciò importi il contrasto con norme di legge o con quanto disposto da ulteriori regole contrattuali202. Il principio, assimilabile alla correttezza nell’esecuzione del contratto, è fonte di obblighi per i contraenti e, nel caso di specie, imporrebbe ad essi di ridiscutere il contenuto del patto quando esso non sia più equo. Il valore del principio di buona fede e la sua funzione integrativa ai fini dell’esecuzione del contratto sono riconosciuti non solo dalle ricostruzioni della dottrina ma anche riprese, e pertanto confermate, dalla Cassazione relativamente ai mutui oggetto di usura sopravvenuta203.
Sembra necessario valutare se il monito della Suprema Corte, attraverso il quale la stessa cerca di porre le basi per un approccio alternativo al problema dell’usura sopravvenuta, con i contributi fin’ora apportati prenda corpo e si riempia di contenuti. Ci si chiede se sia ipotizzabile che l’”integrazione” cui fa riferimento il giudice possa sostanziarsi in un obbligo legale di rinegoziare le clausole contrattuali, presente all’interno dell’ordinamento, derivante dalla buona fede in executivis e in grado di costringere le parti a riportare la prestazione d’interessi, divenuta eccessivamente onerosa, entro i limiti del livello soglia. Almeno in via di prima approssimazione, parte della dottrina giunge alla conclusione che il debitore, grazie alla buona fede, possa
199 X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, op. cit., 787; Art. 1375 c.c.: “il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”.
200 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 894.
201 Art. 2 Cost.: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
202 Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675.
203 X. XXXXXXXXXX, La buona fede oggettiva, Napoli, 2013, 16; Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675.: “la buona fede è criterio d’integrazione del contenuto contrattuale rilevante ai fini dell’esecuzione del contratto stesso (art. 1375 c.c.) vale a dire della realizzazione die diritti da esso scaturenti”.
esigere dal creditore “modifiche tollerabili”, tali per cui l’interesse del primo è mantenuto, mentre quello del secondo non è compromesso204.
Inoltre, si ricorda che il principio di buona fede e correttezza opera nella fase esecutiva del contratto. Coerentemente, la Cassazione, nel proporre la buona fede come motore del meccanismo d’integrazione del rapporto, non fa altro che riaffermare la sua decisione di fondo, secondo la quale la fattispecie dell’usura sopravvenuta caratterizza un rapporto che potrebbe essere divenuto squilibrato, non un rapporto illecito. Pertanto, in qualità di principio integrativo dei diritti scaturenti dal contratto, essa deve valutare di volta in volta qualora siano effettivamente violati gli interessi del mutuatario. In tal modo, si giustificherebbe quanto è affermato in sentenza, nel punto in cui si nota come l’art. 1375 c.c., e il principio in esso contenuto, non siano sempre e comunque violati in tutti i casi in cui il tasso d’interesse superi la soglia massima consentita dalla legge, ma l’inesigibilità della richiesta del mutuante deva essere valutata alla luce delle circostanze concrete che accompagnano il singolo caso205. In caso contrario, l’applicazione del principio di buona fede in rapporto ad un indice meramente quantitativo quale il tasso soglia, contrasterebbe con il fine ultimo cui si mira, ossia il ristabilire l’equità nel rapporto venuta meno in seguito all’evento sopravvenuto206.
13. Obbligo di rinegoziazione e intervento eteronomo del giudice
Qualora si volesse effettivamente rinvenire nella rinegoziazione del contratto l’integrazione prevista dal giudice di Cassazione, sembra opportuno approfondire il tema dal punto di vista della sua applicabilità in concreto. Limitatamente alla fonte dell’obbligo si è già dato modo di trattare. Quest’ultimo, senza dubbio, può derivare dalla volontà espressa delle parti ed avere natura convenzionale. Ulteriormente, parte della dottrina sembra rinvenire nell’ordinamento un obbligo legale di rinegoziazione. Nonostante tale teoria non sia priva di argomentazioni contrastanti, per la coerenza che la contraddistingue, si dà per assodata, in maniera tale da poter costituire base certa per
204 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit.., 2014, 894.
205 Cass. Civ. 19 ottobre 2017, n. 24675: “la violazione del canone di buona fede non è riscontrabile nell’esercizio in sé considerato dei diritti scaturenti dal contratto, bensì nelle particolari modalità di tale esercizio in concreto, che siano appunto scorrette in relazione alla circostanze del caso”.
206 Si ipotizza un tasso d’interesse pattuito immediatamente al di sotto del tasso soglia corrente che, durante il corso del rapporto aumenta leggermente sforando il limite. In tal caso sembra inopportuno, tenuto conto della circostanze, parlare di uno squilibrio eccessivo tale da considerare contraria a buona fede la pretesa della prestazione d’interessi.
il ragionamento a seguire207. La dottrina si è impegnata, nel corso degli anni, al fine di ritrovare nell’ordinamento degli elementi in grado di responsabilizzare al massimo le parti, obbligandole a riaprire il dialogo quando un evento sopravvenuto, imprevedibile, avesse fatto venir meno l’equità del sinallagma208. Al culmine di tali sforzi si presenta, tuttavia, un ostacolo non facile da superare. Il quesito riguarda la natura del suddetto obbligo, se esso deduca una mera obbligazione di mezzi oppure imponga il conseguimento di un risultato, consistente nella stipulazione di un nuovo contratto, equo209. Il riferimento è funzionale al tema della coercibilità dell’obbligo di rinegoziare. In particolare, ipotesi di derivazione dottrinale è quella di legittimare l’applicazione dell’art. 2932 c.c.210. Quest’ultimo permetterebbe al mutuatario di ricorrere al giudice qualora la sua richiesta di rinegoziare i termini contrattuali non sia adempiuta dalla controparte. Infatti, qualora l’obbligo di rinegoziare si riduca al fornire la mera disponibilità di riaprire le trattative, non presente la necessità di giungere a nuovo accordo, anche una mancata collaborazione porterebbe nella peggiore delle ipotesi ad un risarcimento del danno per responsabilità pre-contrattuale211. In questo caso, poco utile sembra essere il risarcimento, dato che il mutuatario sarà costretto alternativamente a sopportare gli effetti a lui sfavorevoli del contratto iniquo oppure, dove possibile, a sciogliere il vincolo con tutte le scomodità del caso. In tal senso, l’obbligo potrebbe definirsi incoercibile in forma specifica. Optando diversamente per l’applicazione dell’art. 2932 c.c., e quindi abbandonato il campo della responsabilità pre-contrattuale, il mutuatario potrebbe costringere giudizialmente il mutuante a stipulare un contratto modificato. L’ipotesi in questione porta con sé delle difficoltà di fondo, legate
207 Argomento contrario alla presenza di un obbligo legale di rinegoziare è rinvenuto nell’art. 1467 c.c. stesso. L’articolo rappresenterebbe l’unica via per la quale l’ordinamento permetterebbe di addivenire alla rinegoziazione. Conseguentemente, non sarebbe possibile affermare l’esistenza di un obbligo legale, essendo ciò in contrasto con norma di legge. I sostenitori della rinegoziazione come obbligo legale, interpretano il dettato dell’art. 1467 c.c. come norma essenzialmente dispositiva, pertanto non in grado di rappresentare alcuna sorta di ostacolo; XXXXX X., La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, in Giust. Civ., 2010, III, 246.
208 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 896.
209 X. X. XXXXXX, La rinegoziazione dei mutui. Studio n. 696-2008/C, op. cit.; X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 894.
210 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 896; X. XXXXX , La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, op. cit., 247.
211 La mancata collaborazione significherebbe qui un rifiuto limitatamente a nuove trattative o il porre in essere un comportamento solo superficialmente collaborativo; X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 897; Artt. 1337 e 1338 c.c.
essenzialmente all’entità dei poteri del giudice e al rapporto tra essi e l’autonomia privata relativa alla stipulazione dei contratti212.
L’ordinamento italiano, regolando la disciplina dei contratti, si ispira essenzialmente a principi liberisti, in forza dei quali le parti sono potenzialmente libere di stipulare dei contratti ingiusti213. Inoltre, la volontà delle parti, così come manifestatasi al momento della pattuizione, è ricoperta spesso da un velo di sacralità che si giustifica nell’attuazione del principio del c.d. pacta sund servanda 214. Dati tali presupposti, l’intervento del giudice nell’atto di modificare il contenuto contrattuale non sembra privo di complicazioni. Infatti, rendere coercibile l’obbligo di rinegoziare significa mettere nelle condizioni il giudice, non solo di valutare le proposte fatte dalle parti, ma anche di modificarle in maniera tale da renderle conformi ad equità. In tal senso si sostanzia una forma di integrazione eteronoma del contenuto contrattuale, derivante dalla buona fede, con la quale una delle parti sarebbe costretta a mantenere in vita, anche contro il suo volere, un contratto a condizioni modificate e non più sperequate a suo favore215. Gran parte della dottrina, sembra tuttavia non tollerare un intervento del giudice caratterizzato da così ingente invasività. Da un lato perché il contratto è per antonomasia manifestazione di volontà dei contraenti, dall’altro per il fatto che rimettere la modifica delle sopravvenienze all’equità del giudice, implicherebbe il rischio di una pluralità di orientamenti giurisprudenziali non più controllabile216. Inoltre, si sottolinea come l’ordinamento, qualora preveda il ricorso all’equità del giudice, inserisca tale prerogativa in apposita norma di legge217. In tema di mutui ed usura sopravvenuta, una tutela giurisdizionale in tal senso non è rinvenuta in nessuna regola.
I sostenitori della coercibilità dell’obbligo di rinegoziare, non sembrano considerare insuperabili le resistenze che, apparentemente, l’ordinamento presenta. Innanzitutto,
212 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 897.
213 X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxx e rescissione dei contratti usurari, op. cit., 125.
214 XXXXXXXXXXX P., L’autonomia privata e i suoi limiti, op. cit., 230; Art. 1372 c.c.
215 X. X. XXXXX, Eterointegrazione del contratto e potere correttivo del giudice, Assago, 2010, 32; Per un inquadramento di fondo sul rapporto tra autonomia privata ed eteronomia contrattuale si veda anche X. XXXXXXXXXXX/ X. XXXXXX, Autonomia negoziale e autonomia contrattuale, Napoli, 2000, 327.
216 X. X. XXXXX, Eterointegrazione del contratto e potere correttivo del giudice, op. cit., 24; X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 75.
217 Il riferimento è all’art. 1384 c.c. limitatamente alla riduzione d’ufficio da parte del giudice della penale eccessivamente onerosa; X. X. XXXXX, Eterointegrazione del contratto e potere correttivo del giudice, op. cit., 61.
l’intangibilità della volontà delle parti, racchiusa nel contratto, non sembra assumere i caratteri di assolutezza tali da ergerla a regola generale. Preferibile è l’interpretazione per cui, il conferire forza di legge al regolamento pattizio sia mezzo per garantire stabilità alle relazioni intersoggettive e il principio del pacta sund servanda in questione sia, se non altro, da contemperare con altri, nel caso di specie con il principio di solidarietà, eguaglianza e collaborazione218. In risposta a coloro che sottolineano l’eccessiva invasività del giudice nel definire il regolamento contrattuale, si nota come il giudice, intervenendo alla fine del procedimento di rinegoziazione, non vada a surrogare la volontà delle parti, bensì operi proprio a tutela di quello che è stato l’originario volere dei contraenti, in forza del quale essi hanno stipulato, venuto meno in seguito all’avvenimento destabilizzante sopravvenuto219. In tal senso il giudice non fa altro che attuare il risultato al quale le parti sarebbero giunte autonomamente, se avessero svolto correttamente la rinegoziazione220. Inoltre, l’attuazione pratica del principio di proporzionalità sarebbe regolata dalla clausola generale di buona fede, che avrebbe il compito di guidare l’operato del giudice, onde evitare degenerazioni giurisprudenziali221. In aggiunta, doveroso sembra prendere spunto dagli sviluppi relativi al tema della sopravvenienze, di cui si sono resi partecipi ordinamenti stranieri negli ultimi decenni. Oltre alla disciplina tedesca già presa in considerazione, degna di nota è la riforma in tema di obbligazioni e contratti che ha interessato il Libro VI del codice civile olandese222.
L’art. 258 BW attribuisce specificatamente al giudice i poteri di intervenire sui contenuti contrattuali quando questi siano mutati in seguito ad eventi imprevedibili e il mantenimento del contratto, e quindi il continuare ad esigere la prestazione divenuta eccessiva, sarebbe contrario a buona fede223. Anche nel common law nordamericano,
218 XXXXXXXXXXX P., L’autonomia privata e i suoi limiti, op. cit., 230.
219 M. P. PIGNALOSA, Clausola di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, op. cit., 420.
220 X. XXXXX , La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, op. cit., 247.
221 X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 74.
222 X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 80.
223 Si riporta la trduzione dell’art. 258 del Libro VI del codice civile olandese: “Su richiesta di una delle parti, il tribunale può modificare gli effetti di un accordo o scioglierlo in tutto o in parte a causa di circostanze impreviste di natura tale che l'altra parte, secondo criteri di ragionevolezza ed equità, non possa aspettarsi il mantenimento inalterato dell'accordo. La modifica o lo scioglimento può avere effetto retroattivo”.
estremamente ricca di spunti di interesse sembra essere la concezione dei “Relational contracts”, classificazione giuridica che caratterizza i contratti a lungo termine e esprime l’idea di rapporti analizzati dal punto di vista “relazionale”224. Concezione di fondo sarebbe quella per cui in occasione di un contratto destinato a produrre effetti per un tempo prolungato, risulta particolarmente complesso prevedere la totalità degli eventi esterni che potranno ripercuotere i loro effetti sull’equilibrio pattizio. A riguardo, è concepibile che le parti, in ragione di obblighi di solidarietà e cooperazione, siano tenute a modificare il contratto e, qualora ciò non accada la dottrina d’oltre oceano si è comunque schierata a favore dell’intervento giudiziale volto a ristabilire l’equilibrio originario225. Il potere del giudice si basa, e allo stesso tempo ne è regolato, sulla presenza dei c.d. “implied terms”, i quali descrivono un contenuto contrattuale che le parti non potevano prevedere in anticipo ma, se lo avessero fatto, avrebbero definito in tal senso senso226. Anche in tale frangente, il giudice opera interpretando in buona fede le circostanze che caratterizzano il contratto.
14. Conclusioni
Le contromisure adottate in altri ordinamenti si innestano, chiaramente, nel sistema giuridico di appartenenza ed è comprensibile come una loro riproduzione nel nostro ordinamento non sia spesso possibile senza scomodare elementi portanti della disciplina dei contratti227. Tuttavia, sembrano altrettanto doverose almeno due considerazioni. Innanzitutto appare chiara l’insufficienza degli strumenti normativi che la disciplina dei contratti mette a disposizione, essendo il ricorso all’istituto della risoluzione o ad altri strumenti demolitori del tutto inadatti e non in grado di realizzare il mantenimento del rapporto228. In secondo luogo, sembra riduttivo nonché ingenuo non considerare le esigenze diverse che caratterizzano i contratti di lunga durata, costantemente soggetti al rischio che un evento perturbante stravolga improvvisamente l’assetto di interessi che le
224 X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 83.
225 X. XXXXXXX, Xxxxxxx contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 84.
226 X. X. XXXXX, Eterointegrazione del contratto e potere correttivo del giudice, op. cit., 12 ss.
227 Sviluppando la teoria della presupposizione sarebbe come introdurre l’equità come elemento fondamentale del contratto.
228 X. XXXXXXX, L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 885 ss.
parti avevano stabilito a priori229. L’usura sopravvenuta, ormai ricondotta ad una problematica di gestione delle sopravvenienze contrattuali, è la dimostrazione di come tali mancanze continuino a sostanziare un problema esistente per coloro che si vedono costretti a ricorrere al mutuo come mezzo di finanziamento.
La S. 24675 del 2017 ha sicuramente accelerato il dibattito a riguardo, da un lato eliminando qualsiasi riferimento ad una fattispecie di reato, dall’altro orientando il dibattito dottrinale nella giusta direzione. Limitatamente a quest’ultima, si fa riferimento alla buona fede in executivis contenuta nell’art. 1375 x.x. Xxxxxxxxxxx la tematica, la dottrina ha fin da subito recepito le potenzialità della buona fede, elemento che, anche da un punto di vista comparatistico e così come si presenta nel codice civile italiano, non è rinvenibile in altri sistemi legislativi. Un’adeguata valorizzazione del principio medesimo comporterebbe, oltre a raggiungere il medesimo risultato già perseguito in altri Stati, la possibilità di fornire una soluzione agile al problema delle sopravvenienze contrattuali. La dottrina, ragionando in prospettiva di un nuovo diritto dei contratti, sembra prendere in considerazione la struttura dei “Relational contracts” e quindi la concezione del rapporto sinallagmatico come contratto aperto. Dati tali presupposti, il contratto di lunga durata, inabile a trovare una completa definizione al momento della pattuizione, è destinato ad un’integrazione successiva, costante, guidata dalla buona fede. Lo sviluppo, auspicabile, del principio sembra essere quello più favorevole ad adattarsi alla pluralità di casi che la prassi può offrire. Limitatamente all’usura sopravvenuta, l’esercizio della buona fede potrà dunque operare, in un primo momento, costringendo le parti a rinegoziare e ridistribuire il rischio contrattuale gravante in maniera eccessiva sul mutuatario. Successivamente, la buona fede potrà giustificare l’intervento eteronomo del giudice ex. art. 2932 x.x., xx xxxx, xx xxxxxxx xx xxxxxx xxxxxxx utilizzabile quando le parti non giungano alla revisione dell’accordo in maniera autonoma. Certo, è che l’attività integrativa del giudice, pur guidata da riferimenti normativi già presenti come la definizione trimestrale del tasso soglia, potrebbe giovare di un aiuto del legislatore, nel caso in cui quest’ultimo, onde mettere al riparo l’attività giudiziale da critiche relative ad un’intrusione nel rapporto tra privati, fornisca delle
229 XXXXXXX, Rischio contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, op. cit., 86.
ulteriori “regole operative” di cui il giudice possa fruire in tutti quei casi in cui la volontà delle parti risulti insufficiente230.
230 XXXXXXX, Rischio contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto die contratti: dalla presupposizione all‘obbligo di rinegoziare, in Riv. dir. civ., 2002, 84,85; il riferimento è a tutti quei casi in cui i contraenti non giungano a nuova contrattazione al termine del processo di rinegoziazione.
17. Abstract
Diese wissenschaftliche Arbeit befasst sich mit dem Problem des s.g. „nachträglichen Xxxxxx“ in Bezug xxx xxxxx xxx xx xxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, xxx Xxxxxxxxxxxxxxxx. Bezüglich des hier behandelten Themas kommt insbesondere nur das Darlehen in Frage, welches Geld als Objekt des Vertrages beinhaltet. Der Darlehensnehmer kann sich laut italienischem Recht dazu verpflichten, einen geschuldeten Xxxxxxxx xx xxxxxx, xxx xxxxxxxxxxxxx xxx Xxxxxx xxx Xxxxxxxxxxxx entspricht. Mit der Reform des Themas durch die L. 108/1996 fängt eine aufwühlende Geschichte an, die, obwohl sie dank des Urteils des Kassationsgerichtshofes n. 24675/2017 teilweise geklärt wurde, heute noch weder eine definitive noch eine befriedigende Lösung aufweisen kann.
In diesem Kontext spielte vor 1996 die strafrechtliche Tatsache des Wuchers eine wichtige Rolle, in dem durch ihre Anwendung gewisse Darlehen, die von zu hohen Zinsen gekennzeichnet waren, als rechtswidrig definiert wurden. Wesentliche Unterschiede bei der Feststellung der Straftat hat die L. 108/1996 hinzugefügt. Während beim Definieren des Tatbestandes des Wuchers vor 1996 subjektive Elemente, wie beispielsweise die Ausbeutung einer Schwächesituation der/des Darlehensnehmers/in aufzulisten waren, reichte es nach der Reform, eine vorgegebenen, mathematisch gerechnete Zinssatzobergrenze zu überschreiten. Grundlage dafür ist der s.g. Tegm (Tasso Effettivo Globale Medio), der den Durchschnitt der Zinssätze, die unterschiedliche Kreditinstitute für gleiche Finanzierungsprodukte anwenden, darstellt. Somit wird eine mobile Grenze, die sich im Zusammenhang mit der Kreditpolitik der Banken ändert, eingesetzt. Diese dauernd wechselnde Grenze (Synonym) verursacht das Hauptproblem der vorliegenden Arbeit. In dem die angewandten Zinssätze kontinuierlich schwanken, verändert sich automatisch auch die oben genannte Grenze. Aus diesem Grund konnte sich eine Situation ergeben, in der ein rechtskonform abgeschlossener Darlehensvertrag im Laufe der Zeit einen Zinsfuß darstellt, der die Xxxxxxxxxxxx xxx X. 000/0000 xxxxxxxxxxxxx. Eine rechtmäßig zustande kommende Einigung, könnte im Laufe des Vertrages ein ungünstiges Geschäft für den Darlehensnehmer ergeben.
Derartige Schwankungen im Verhältnis der Banken sind heutzutage aufgrund politischer oder wirtschaftlicher Instabilität relativ häufig. Darüber hinaus scheint das Gesetz von
1996 eine ungerechte Situation für Privatleute darzustellen, die während einer Zeit der ungünstigeren Xxxxxx einen Vertrag abgeschlossen haben, in welchem sie noch an die alten Vertragsklauseln gebunden sind, obwohl der gleiche Vertrag, der rein hypothetisch in der Gegenwart ex novo hätte vereinbart werden können, deutlich günstiger für sie gewesen wäre.
Dass die Erneuerung des Gesetzgebers wenigstens fraglich gewesen ist, wird von der widersprüchlichen Anwendung des Gesetzes, bei der Rechtsprechung nachgewiesen.
Die erste Xxxxxxxx der Xxxxxxx führte dazu, dass jegliche Überschreitung der Grenze sanktioniert wurde. Relevant wurde die Interpretation des Gesetzgebers im Rahmen der
l. 108/96 (d.l. 394/2000). Hiermit wurde klargestellt, dass Überschreitungen der gesetzliche Zinsgrenze, die im Laufe des Vertrages vorkommen, keinen Verstoß der L. 108/´96 darstellen.
Ab diesem Zeitpunkt bilden sich unterschiedliche Rechtssprechungsorientierungen heraus, die zeigen, wie die letzte Handlung des Gesetzgebers auf unterschiedliche Weise wahrgenommen wurde. Zum einen sind einige Urteile aufzulisten, in denen das Dekret aus dem Jahr 2000 (danach im Gesetz umgewandelt) umgesetzt wurde, sodass nur eine ursprüngliche Überschreitung der Zinssatzobergrenze sanktioniert wurde. Darüber hinaus, laut Kritiken der Lehre, hätte man all die Verhaltensweisen derjenigen, die nach der Einigung und im Laufe des Vertrages Zinsleistungen, die zum Zeitpunkt der Zahlung (n.b.: die L. 108/1996 führt eine mobile Grenze ein) höher als die vom Gesetz erlaubten Erträge eines Darlehens sind, legalisiert. Da von anderen Richtern die Abwicklung des Problems als ungerecht empfunden wurde, ignorierte ein Teil der Rechtsprechung die Interpretation des Gesetzgebers. In solchen Fällen mussten mehrere Darlehensgeber die vertraglichen Bedingungen an Zinsen ändern, die entsprechenden Leistungen reduzieren und darüber hinaus auf Teile der Erträge für das zur Verfügung gegebenen Kapital verzichten. Solche Entscheidungen nehmen an rechtspolitischer Bedeutung zu, indem die betroffenen Kreditgeber in der Regel Banken sind, die von so imposanten rückwirkenden Erstattungen bedroht sind, dass die Etablierung diese letztgenannten Rechtsprechung schädliche Wirkungen für das gesamte wirtschaftliche System verursacht hätte. Es ist nicht verwunderlich, dass inzwischen auch der Verfassungsgerichtshof aufgerufen wurde. Nichtdestotrotz sind zwei Jahrzehnte vergangen, um einen Fortschritt nachweisen zu können. Das Urteil n. 24675 aus dem
Jahr 2017 des Kassationsgerichtshofes, stellt trotz der Schatten und Unklarheiten einen Wendepunkt in der Problematik dar. Neue Ansätze werden erläutert, in denen das Thema der Regelung der langfristigen Verträge betrachtet wird. Die Hauptfrage lautet nicht mehr, wie Zinssätze, die zu hoch für das geltende Gesetz geworden sind aber zugleich in einem abgeschlossen unveränderbaren Vertrag verankert sind, sanktioniert und dadurch vermindert werden können, sondern wie man mit einer vertraglichen Beziehung umgeht, die wegen ihrer Langfristigkeit immer wieder neue Tatbestände und Situationen aufweist und nicht definitiv und dauerhaft mit einer ursprünglichen Willenserklärung geregelt werden kann. Die Arbeit, die der Frage nachgeht, wie ein flexibler Vertrag geschafft werden könnte, die die Bedürfnisse beider Parteien trotz Änderungen der konkreten Tatbestände auf lange Sicht gewährleistet, analysiert im ersten Moment nationale und internationale Rechtsinstitute, die den Betroffenen die Möglichkeit anbieten, ihren Willen im Laufe des Rechtsverhaltens zu ändern. Nachdem kurz erwähnt wird, wie in anderen Rechtsordnungen das Problem beseitigt wird (u.a. der Wegfall der Geschäftsgrundlage in Deutschland und der Ansatz der „Long Terms Contract“ im Common Law), werden Details des Grundsatzes der Treu und Glauben in executivis laut italienischem Recht behandelt. Dieses Prinzip wurde vom Kassationsgerichthof als Krönung seiner Argumentation erläutert und als Rechtsinstitut bezeichnet, das eine Modifizierung der Vertragsinhalte im Laufe des Rechtsverhaltens begründen könnte. Wie der Grundsatz umgesetzt wird, ist jedoch) nicht vorgesehen. Im Rahmen der Debatte spielt der Kontrast zwischen zwei gegenseitigen Prinzipien eine wichtige Rolle. Zum einen lautet ein altrömischer Grundsatz „Pacta sund servanda“, dt.: „Verträge sind einzuhalten“, zum anderen ist sein Gegensatz „Rebus sich stantibus” zu beachten. In diesem Sinne muss die Einwilligung für das jeweilige Abkommen immer vorhanden sein, auch wenn dies eine Variation der Vertragsinhalte bedeuten würde. Zum Schluss wird die Befugnis des Xxxxxxxx und die Möglichkeit, eine Billigkeitserklärung von ihm zu verlangen, die die Gerechtigkeit im Vertrag wiederbringt aufgezeigt.
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Eidesstattliche Erklärung
Ich erkläre hiermit an Eides statt durch meine eigenhändige Unterschrift, dass ich die vorliegende Arbeit selbstständig verfasst und keine anderen als die angegebenen Quellen und Hilfsmittel verwendet habe. Alle Stellen, die wörtlich oder inhaltlich den angegebenen Quellen entnommen wurden, sind als solche kenntlich gemacht.
Die vorliegende Arbeit wurde bisher in gleicher oder ähnlicher Form noch nicht als Magister-/Master-/Diplomarbeit/Dissertation eingereicht.
Datum Unterschrift
Ringraziamenti
Ringrazio il mio relatore Xxxx. Xxxxxxxx, per la sua disponibilità e per avermi trasmesso, fin dal tempo delle Sue lezioni, il giusto metodo d’approccio alla materia del diritto.
Ringrazio la mia famiglia, per il continuo sostegno, psicologico e finanziario, e per aver compreso e supportato le mie scelte nel corso di questi ultimi anni.
Xxxxxxxxx Xxxxxx, per essermi stata a fianco in ogni momento e per aiutarmi costantemente nell’analizzare, capire e scoprire il mondo con la sua intelligente spensieratezza.
Xxxxxxxxx i miei amici, senza i quali i miei anni di studio sarebbero stati molto più tristi.